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Lampedusa Riprendono gli arrivi dalla Tunisia. La Guardia costiera: «Sono cambiate le rotte, partono anche da Nord» 
Sicilia, sbarcano in mille 
©ansa/di meo 
Idee 
Donne, sempre 
risorsa per 
la democrazia 
Un otto marzo storico, memora-bile, 
di speranza. Per tutte le don-ne, 
dall’infanzia alla vecchiaia, ma 
in particolare per le giovani don-ne. 
Alcuni accadimenti hanno 
catturato l’attenzione e l’imma-ginario 
di tutto il mondo in que-sti 
ultimi mesi. Tra questi, lo scan-dalo 
delle ragazze che si prosti-tuivano 
con un anziano, ricco e 
potente, in proprio e per conto 
terzi. Quindi, la ribellione e il mo-to 
di sdegno che ha attraversa-to 
le donne, di ogni età, convin-zione 
e condizione, portandole in 
centinaia di piazze in Italia e nel 
mondo nella storica manifesta-zione 
del 13 febbraio. Un milione 
di donne in marcia per la dignità. 
Il femminismo è stato un fenome-no 
culturale e sociale di grande ri-levanza 
storica, ancorché mino-ritario 
e d’elite. Ora, la coscienza 
diffusa, finalmente maggioritaria, 
del punto bassissimo toccato dal-la 
politica e dal costume nel no-stro 
paese, ha raggiunto e coinvol-to 
anche molti uomini. E tutti in-sieme 
abbiamo detto “basta”. 
9 772036 443007 
1 0 3 0 8 
Negli ultimi due giorni sono giunti circa 1.600 tunisini, 1.000 solo nella notte tra domenica e lunedì. Tra loro anche una donna 
tedesca fuggita con sua figlia da un marito violento. Il Centro d’accoglienza dell’isola è saturo 
Rieccoci 
Manifestazioni in tutto il mondo per la giornata delle donne. In Italia 
torna in 100 piazze “Se non ora quando” 
Segue a pagina 7 
Otto marzo 
Dabbous a pagina 2 
Sped. in Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB - Roma 
Anno VI - n. 56 - martedì 8 marzo 2011 - E 1,00 
Nordest 
Le Dolomiti e 
il comprensorio 
sciistico della 
discordia 
pagine 10 e 11 
Lucia Coppola, consigliere 
comunale Verdi Trento 
Servizi alle pagine 4, 5, 6 e 7 
Gheddafi 
contrattacca 
Nuove stragi 
Annalena Di Giovanni 
Biotestamento Viareggio 3 Brasile Dalle città Proposte 
Parità di genere 
Una priorità 
della politica 
L’8 marzo 2011 assume in Italia un 
significato particolare, di maggio-re 
consapevolezza e meno retorica 
distratta del solito. Saranno i cen-to 
anni passati dalla prima giorna-ta 
internazionale della donna e le 
numerose classifiche che metto-no 
l’Italia in fondo alla classifica, 
saranno gli innumerevoli scandali 
parapolitici con avvenenti e prez-zolate 
ragazze al centro dell’atten-zione 
e il successo della manife-stazione 
“se non ora quando” del 
13 febbraio scorso, ma sulla que-stione 
femminile c’è un certo mo-vimento 
e la sensazione che, dav-vero, 
non si può continuare cosi 
e che sono le donne che devono 
darsi una mossa per prime. 
Tutti in piazza 
contro una legge 
incostituzionale 
«Non ci rassegniamo al ddl Ca-labrò 
sul testamento biologico e 
chiediamo l’avvio di un’indagine 
conoscitiva parlamentare sull’eu-tanasia 
clandestina». Lo han-no 
gridato ieri mattina i militan-ti 
del partito Radicale e dell’As-sociazione 
Luca Coscioni in un 
sit in che dalle 11 alle 15 ha oc-cupato 
piazza Montecitorio e ha 
richiamato centinaia di persone. 
E mentre con una maratona ora-toria 
si chiedeva lo stop per una 
legge da “Stato etico”, ai banchet-ti 
si raccoglievano le firme per la 
petizione sull’indagine conosci-tiva. 
Domani si replica. L’inizia-tiva, 
hanno spiegato i Radicali, è 
il simbolo «di un dibattito che si 
deve aprire nel Paese». 
Monica Frassoni, co-presidente 
del Partito verde europeo 
Laura Cipriani 
Al via le perizie per la strage 
ferroviaria che due anni fa 
provocò 33 morti e 25 feriti. 
Il processo inizierà nel 2012 
ma già rischia la prescrizione 
9 
Nuovo avanti tutta per la 
diga di Belo Monte. L’alta 
corte ribalta la sentenza di 
blocco dei lavori emessa 
due settimane fa 
12-13 
Milano: arriva il nucleare in 
salsa padana 
Napoli: la città è stanca dei 
trasformisti e dei Consiglieri 
comunali voltagabbana 
Clima 
Emanuele Bompan 
Salta il vertice 
di Mexico City. 
«Così i negoziati 
sono a rischio» 
l 2011 non sta prendendo una buona piega per i negoziati in-ternazionali 
sul clima. Tra gli esperti dei think tank ambien-talisti 
di Washington da settimane serpeggia il malumore, do-po 
le dichiarazioni del negoziatore americano per il clima, Todd 
I 
Stern, il quale, nei giorni scorsi avrebbe negato ogni possibilità di 
un accordo legalmente vincolante nel 2011. «Non sarà possibile 
siglare un impegno vincolante durante il prossimo negoziato sul 
clima di dicembre a Durban (South Africa)», ha annunciato Stern. 
«Cina, India ed altri non sono pronti a firmare un accordo con dei 
vincoli legali», dimenticando di specificare che anche il suo Paese 
avrebbe grosse difficoltà a far approvare al Congresso un trattato 
o un accordo sul clima. 
Segue a pagina 3 Segue a pagina 8 
Segue a pagina 7 
Se c’è una certezza ormai, nella 
crisi libica, è che durerà a lungo. E 
che Gheddafi, non è più ridotto al-la 
sola roccaforte di Tripoli presa 
d’assalto dalle forze della Coalizio-ne 
del 17 febbraio. Se i ribelli, for-ti 
dell’adesione dell’esercito e de-cisamente 
superiori in numero ri-spetto 
ai fedelissimi e ai mercena-ri, 
in questi giorni sono riusciti ad 
appropriarsi degli arsenali del Co-lonnello 
prima che questi riuscis-se 
a bombardarli, adesso Ghedda-fi 
sta ridisegnando la mappa del-le 
conquiste spingendosi ad est ol-tre 
Sirte, il luogo d’origine del suo 
clan. Ieri l’offensiva ha colpito an-cora 
Az Zawiyah e Misurata ma 
soprattutto la via fra Bir Jawad e 
il porto petrolifero di Ras Lanuf. 
Il bilancio sarebbe di 12 morti da 
entrambi i lati e 42 feriti, «per la 
maggior parte colpiti da fuoco 
amico», specificava la corrispon-dente 
Jackie Rowland da Brega. 
Secondo la stampa araba gli sforzi 
di mediazione andrebbero avanti, 
con Gheddafi pronto a negoziare 
l’esilio in cambio dell’incolumità; 
ma il compromesso per ora sem-bra 
improbabile. 
Segue a pagina 2 
Libia
2 martedì 8 marzo 2011 
>>Primo Migrazioni 
© de grandis/LaPresse 
lunedì - dimostrano che l’allarme 
che abbiamo lanciato era assolu-tamente 
fondato». Maroni ha an-che 
reso noto che sarebbero riap-parse 
le organizzazioni crimina-li 
che in passato operavano in Li-bia, 
nel sud della Tunisia, notizia 
ancora non pervenuta ai media 
tunisini come confermato da Sa-mira 
Khiari Kchaou, giornalista di 
uno dei quotidiani più diffusi nel 
Paese, el Chourouk. «Con il nuo-vo 
governo stanno aumentando 
i pattugliamenti delle coste», di-ce 
la cronista, «soprattutto a Zar-zis, 
ma di fatto in Tunisia si conti-nua 
a sminuire molto il fenomeno 
migratorio verso Lampedusa. Al-cune 
associazioni umanitarie so-no 
riuscite a dire addirittura che 
sull’isola ne sarebbero arrivati so-lo 
un migliaio». Da metà genna-io 
invece sono stati almeno 6mi-la. 
Tra questi anche tanti minori: 
nell’ultimo flusso, quello dei mil-le, 
ce ne sono almeno 25. «Ma po-trebbero 
essere molti di più», av-verte 
Tareke Brahane di Save The 
Children. «Siamo troppo impe-gnati 
nel soccorso degli sbarchi, 
al momento, le operazioni di indi-viduazione 
dei minori vanno a ri-lento 
». Tranne che per qui tre pic-coli 
di 4, 7 e 8 anni, arrivati con le 
loro mamme. Una bimba è euro-pea. 
Frutto di un matrimonio mi-sto 
finito male: sua madre, una 
cittadina tedesca, due giorni fa ha 
colto l’occasione per fuggire dal 
marito tunisino che l’avrebbe rele-gata 
in casa. 
Migrazioni Oltre 1.600 persone negli ultimi due giorni sono giunte sull’isola. Il ministro 
Maroni lancia l’allarme sui trafficanti di uomini: «Si sono spostati dalla Libia alla Tunisia» 
Riprendono gli sbarchi 
Emergenza a Lampedusa 
Susan Dabbous 
L 
Conflitti 
avora senza sosta la Guar-dia 
costiera di Lampedusa. 
Da due giorni sono ripre-si 
gli sbarchi a ritmi serra-ti: 
14 solo tra le 19:00 di domenica 
e l’alba di lunedì scorso, con a bor-do 
un totale di 1.169 tunisini, tut-ti 
in buone condizioni di salute. 
Ieri, poi, gli arrivi sono continua-ti 
per tutto il giorno, almeno fino 
alle cinque del pome-riggio 
quando, contat-tato 
il Comandate An-tonio 
Morana, ha dato 
notizia di altri sette av-vistamenti. 
«Il numero 
delle persone a bordo 
potrebbe essere di 4 o 
al massimo 500. Quelli 
che arrivano a Lampe-dusa 
Tra i migranti 
anche una 
donna tedesca 
fuggita con la 
figlia di 4 anni 
dal marito 
tunisino 
– dice il comandante – pro-vengono 
tutti da rotte che parto-no 
dal Sud della Tunisia, chi inve-ce 
è sbarcato a Pantelleria è par-tito 
da Nord». Il riferimento è a 
quella piccolissima imbarcazione 
con 7 persone trovate poi a giro-vagare 
per le strade di Pantelleria, 
non attrezzata per un’emergenza. 
Dal centro d’accoglienza di Lam-pedusa, 
invece, l’amministrato-re 
delegato della struttura, Cono 
Galipò, fa sapere che la situazione 
può rimanere sotto controllo, no-nostante 
si ormai satura, «solo se 
si continuano i trasferimenti. Ieri 
– ha detto – ne sono partiti 360. 
Nel centro ne rimangono ancora 
1.123. Ma i numeri cambiano di 
ora in ora. La rapidità dei trasfe-rimenti 
è strategicamente impor-tante 
in vista del famigerato eso-do 
biblico». Ovvero il flusso mi-gratorio 
senza precedenti paven-tato 
dal capo del Viminale, Rober-to 
Maroni, che ci è costato il rim-provero 
sui «falsi allarmismi» da 
parte dell’Unione europea. Ora 
però il ministro leghista sem-bra 
potersi prendere la sua pic-cola 
rivincita: «Gli sbarchi di que-sta 
notte – ha detto riferendosi a 
Conflitti In Libia crescono le pressioni per un intervento militare anti regime. Ma il fedele 
alleato degli Usa, l’Arabia Saudita, ora deve far fronte al crescente scontento interno 
Gheddafi contrattacca 
è guerra di posizione 
Di Giovanni dalla prima 
Se l’Italia frena sul coinvolgi-mento 
militare dichiarando di 
essere in trattativa con il gover-no 
provvisorio di Benghasi, la 
Nato intanto insiste sull’emer-genza, 
parlando di stragi e vin-colando 
l’intervento al sì Onu. A 
monte rimane la questione del-la 
No Fly Zone, approvata fino-ra 
dal Senato Usa ma ben lon-tana 
dall’essere messa in opera. 
Anche se alcune frange dei ribel-li 
vedono positivamente l’idea di 
impedire le incursioni dell’avia- 
zione di Gheddafi, controllare 
lo spazio aereo libico compor-terebbe 
blindare militarmente 
i confini con centinaia di mez-zi 
e migliaia di uomini con co-sti 
enormi. 
Intanto nel mediterraneo porta-erei 
e truppe continuano a muo-versi 
verso la Tripolitania. An-che 
l’ex premier maltese Karme-nu 
Mifsud Bonnici ha dichiarato 
ad Al Jazeera di non credere as-solutamente 
che i sofisticati ve-livoli 
occidentali giunti a Malta 
in questi giorni siano stati instal-lati 
solo per favorire l’evacuazio-ne 
dei cittadini stranieri in Libia: 
«Sono nella nostra isola per os-servare 
la Libia in previsione di 
un intervento militare, stanno 
solo sfruttando la situazione per 
i propri fini». Ma un piano d’in-tervento 
Nato, a quanto pare, 
non è la sola carta per paesi co-me 
gli Stati uniti, forti di un’alle-anza 
di ferro con un regno come 
l’Arabia Saudita, che da anni in-veste 
milioni di dollari in arsena-li. 
Ieri un articolo firmato da Ro-bert 
Fisk segnalava una precisa 
richiesta di intervento da parte 
di Washington nei confronti di 
Riyadh, incaricata di armare i ri-belli 
di Benghazi in via del tutto 
discrezionale. Ma Fisk, che nei 
giorni scorsi è stato fra i pochi 
giornalisti occidentali ad assiste-re 
ai massacri dei manifestanti 
sciiti in Bahrain – l’isola connes-sa 
alla zona dei pozzi petroliferi 
sauditi da mezz’ora di autostra-da 
artificiale -, ha visto con i pro-pri 
occhi come mai al momento 
il re Abdallah non è in grado di 
accontentare gli alleati america-ni: 
i carri armati sauditi sono sta-ti 
stanziati a Mananma per re-primere 
le proteste sciite contro 
l’alleato, il re del Bahrain. E men-tre 
le proteste continuano, l’on-da 
di rivolte sembra aver conta-giato 
anche l’altra sponda, ovve-ro 
quel dieci per cento di cittadi-ni 
sauditi sciiti che venerdì pros-simo 
vorrebbero marciare per I 
propri diritti e contro l’oppres-sione. 
Il re saudita sta correndo 
ai ripari proibendo ogni manife-stazione 
e per venerdì si preve-de 
già una cruenta repressione 
di qualsiasi dissenso; repressio-ne 
che richiederà anche lo stan-ziamento 
di una forza militare. 
Insomma più che preoccuparsi 
di aiutare gli alleati occidentali 
in Libia, Riyadh adesso ha il ro-vello 
di proteggere i propri poz-zi 
dall’ondata di rivoluzioni de-mocratiche 
che sembra colpire il 
resto del mondo arabo, ed evita-re 
che il petrolio, già salito a 106 
dollari in reazione alle vicende 
libiche, finisca col raddoppiare 
la corsa per via degli eventi nel 
Golfo. 
Mercati Politica 
La crisi libica non accenna a migliorare, togliendo - secondo una stima 
della Agenzia Internazionale per l’Energia - circa un milione di barili di 
petrolio al giorno dal mercato. In Arabia Saudita il malcontento trape-la 
sempre più sul web. L’incertezza ha spinto il petrolio Wti fino a 107 
dollari ieri, spingendo tutte le borse in territorio negativo. Le attese di 
inflazione portano i mercati a scontare rialzi dei tassi di interesse, con 
un conseguente riduzione della crescita economica nel mondo. 
Sale il petrolio 
per la crisi, 
scendono le borse 
Il sindaco 
de L’Aquila: 
«Mi dimetto» 
© Ansa
martedì 8 marzo 2011 3 
piano>> 
Giustizia 
© Sanesi/LaPresse 
Diritti 
dello Stato, Rete ferroviaria italia-na 
(Rfi), Trenitalia, Fs Logistica e 
Cima Riparazioni. Ieri gli indagati, 
tra cui l’amministratore delegato 
delle Ferrovie Mauro Moretti, non 
erano in “aula”. C’erano solo gli av-vocati, 
riaccendendo la rabbia di 
chi ha perso i proprio cari. «Pen-so 
si vergognino parecchio dimo-strando 
una mancanza di dignità 
per non avere il coraggio di guar-darci 
negli occhi», commenta Da-niela 
Rombi, presidente 
dell’Associazione fami-liari 
delle vittime di Via-reggio. 
«È un giorno im-portante 
ma nessuno 
mi restituirà mia moglie 
e i miei figli», ammet-te 
Marco Piagentini che 
ha riportato ustioni sul 
95 per cento del corpo, 
perdendo i figli Luca (5 anni), Lo-renzo 
(2 anni e mezzo) e la moglie 
Stefania. Per l’avvocato Alfonso 
Stile, che difende l’ad di Rfi Miche-le 
Mario Elia, «il rispetto si mani-festa 
in un’altra maniera, non con 
una presenza fisica inutile e priva 
di significato». 
ell’area fieristica di Luc-ca 
è stato affidato ieri ai 
periti l’incidente proba-torio 
per la strage di Via-reggio. 
L’incidente ferroviario che 
il 29 giugno 2009 provocò la morte 
di 33 persone e il ferimento di altre 
25. I risultati arriveranno il 2 no-vembre, 
mentre il 21 aprile verrà 
fissato il calendario dei 21 accer-tamenti 
irripetibili sugli elemen-ti 
del treno e della rete ferrovia-ria 
coinvolti nel disastro e l’even-tuale 
simulazione dell’incidente. 
Un lavoro complesso non fattibi-le 
in tribunale che ha portato il gip 
di Lucca Simone Silvestri a sce-gliere 
i padiglioni del Lucca Con-gressi 
e Fiere. Esami che dovran-no 
accertare la causa del deraglia-mento 
del convoglio e della rottu-ra 
della ferrocisterna da cui fuo-riuscì 
il Gpl: a squarciare il carro 
potrebbe essere stato un picchet-to, 
una “deviata zampa di lepre” di 
uno scambio o la scarsa manuten-zione. 
Inoltre la raccolta anticipa-ta 
delle prove, prima dell’avvio del 
dibattimento, richiederà tempo e 
il processo potrebbe iniziare non 
prima del 2012. A dirlo è lo stesso 
presidente del Tribunale di Lucca, 
Gabriele Ferro, che calcola i tem-pi 
dei vari passaggi: fine incidente 
probatorio entro «luglio altrimen-ti 
a metà ottobre», udienza preli-minare 
e rinvii a giudizio «genna-io- 
febbraio 2012» e dibattimento 
«alle soglie dell’estate» con termi- 
Strage di Viareggio 
Il giorno della perizia 
Alessandro De Pascale 
N 
Giustizia Alla Fiera di Lucca inizia l’incidente probatorio che stabilirà le cause del disastro. I 38 
indagati, tra cui l’ad di Ferrovie Moretti, non partecipano. Processo nel 2012 a rischio prescrizione 
Il capo dello Stato Giorgio Napolitano incontra i familiari delle vittime della strage 
ne «fine 2012 o inizio 2013». Pec-cato 
che il maxi processo (349 
parti offese, 8 aziende e 38 indaga-ti) 
per incendio e disastro ferrovia-rio 
colposi, lesioni e omicidio col-posi 
e mancata valutazione dei ri-schi, 
potrebbe finire su un bina-rio 
morto chiamato prescrizione. 
Ancora di più se il governo appro-verà 
la legge sul “processo breve”: 
«Se durerà più di due anni c’è il ri-schio 
che il reato di omicidio col-poso 
plurimo cada in prescrizio-ne 
», denuncia Enrico Rossi, pre-sidente 
della Regione Toscana 
(parte civile) e commissario dele-gato 
alla ricostruzione (3,8 milio-ni 
di euro erogati sui 10 destinati 
dal governo a superstiti e familiari 
delle vittime). Potrebbero cavarse-la 
così Gatx Rail Austria (proprie-taria 
dei 14 vagoni coinvolti), Gatx 
Rail Germania, Officina Jungen-thal 
di Hannover, Gruppo Ferrovie 
Diritti Sit in dei Radicali e della Coscioni per aprire un dibattito pubblico e contro il ddl 
Calabrò. Emma Bonino: «La posizione pilatesca del Pd è un sostanziale via libera alla norma» 
Cipriani dalla prima i «Dibattito finora impedito - di-chiarano 
Biotestamento, una legge 
i Radicali - per la paura 
che i partiti hanno di quel 66% di 
italiani favorevoli alla legalizzazio-ne 
dell’eutanasia e di quel 77% di 
favorevoli al testamento biologi-co 
». In piazza c’era anche Carlo 
Troilo, dirigente dell’Associazione 
Coscioni, in sciopero della fame: 
«è una battaglia che mi ha spinto 
fino al digiuno dopo che mio fra-tello, 
malato terminale di leuce-mia, 
si è buttato dal quarto piano 
dopo aver cercato invano un me-dico 
che mettesse fine al suo dolo-re 
». «L’iniziativa di Carlo è impor-tante 
- ha sottolineato Gianfran-co 
Spadaccia ex parlamentare e 
dirigente storico radicale – perché 
con questa protesta sta cercan-do 
di dialogare con i suoi ex com-pagni 
socialisti che sono passati 
a Forza Italia e poi alla Pdl e ora 
in parlamento sostengono que-sta 
legge». «è drammatico che ri- 
contro l’80% degli italiani 
spetto al fine vita non decidano i 
cittadini, ma i medici, Sacconi, il 
governo, chiunque ma non loro», 
ha detto la radicale Emma Boni-no, 
vicepresidente del Senato, che 
ha definito «sconcertante» il fatto 
che «non ci sia nessuna forma di 
mobilitazione. Noi vogliamo gua-dagnare 
tempo e vogliamo che la 
gente sia informata su queste co-se, 
non dobbiamo decidere né io, 
né Marco Pannella: ogni cittadino 
deve poter scegliere per se stes-so 
». Inoltre la Bonino ha definito 
“pilatesca” la posizione del Pd, che 
«ancora una volta decide di non 
decidere. Il loro è un sostanziale 
via libera alla legge della maggio-ranza. 
Perché limitarsi alla richie-sta 
di sospensiva dà il senso di una 
battaglia proforma, di una non-battaglia 
». Inoltre Bonino chiede 
spazi informativi della tv pubbli-ca: 
«Nel tempo che ci sarà da qui 
al voto, vogliamo che sia data am-pia 
e imparziale informazione agli 
italiani. Tutte le posizioni devo-no 
essere rappresentate, compre-sa 
la nostra». Richiesta subito ac-colta 
dal senatore Vincenzo Vi-ta 
del Pd che si è fatto portavoce 
della proposta alla commissione 
di Vigilanza della Rai per uno spa-zio 
adeguato in tv per il dibattito 
sul testamento biologico. «Il plu-ralismo 
è anche quello dei temi, - 
ha spiegato - la Rai, se è un ser-vizio 
pubblico, deve dare spazio 
anche a questo dibattito, perché 
il voto a Montecitorio sia il frutto 
di una conoscenza reale dell’argo-mento 
e non delle posizioni fazio-se 
dei vari Minzolini». Pannella ha 
ricordato Giovanni Paolo I: «do-vette 
pregare non Dio, ma il suo 
Vaticano per poter tornare “nel-la 
casa del padre”». «Questa è una 
legge contro il testamento biologi-co 
– ha dichiarato Marco Cappa-to, 
segretario dell’Associazione Lu-ca 
Coscioni - contro la Costituzio-ne 
e contro la volontà dell’80% de-gli 
italiani. L’unica possibilità che 
ha di passare è se l’opposizione 
non farà l’opposizione e se non ci 
saranno confronti su questo tema 
nei grandi spazi di “disinformazio-ne” 
di Rai e Mediaset». Infine una 
stoccata al Pd, perché «è parados-sale, 
se non ridicolo - ha concluso 
Cappato - che chi parla della no-stra 
Costituzione come la più bel-la 
del mondo non sia qui in piazza 
a manifestare». 
Inizieranno oggi una serie di incontri allo Sviluppo economico, tra il 
ministro Paolo Romani, le banche e le imprese. Il tema sono gli in-centivi 
alle energie rinnovabili dopo che le associazioni di categoria 
hanno denunciato le conseguenze «particolarmente gravi» del nuo-vo 
decreto. Ieri sotto la Prefettura di Firenze c’è stato un sit in degli 
ambientalisti e del centrosinistra per ribadire la propria contrarietà 
al testo “ammazza-rinnovabili”, al grido «non spengiamo il futuro». 
Il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente ha annunciato ieri, nell’aula 
del Consiglio comunale, le sue dimissioni. E raggiunto al telefono da 
un’emittente locale le ha definite «vere e irrevocabili». A scatenare 
la reazione del primo cittadino è stata la mancanza del numero lega-le 
in aula mentre si discuteva la delibera sulla riorganizzazione delle 
società partecipate. Poco probabile, se le dimissioni verranno con-fermate, 
il voto insieme alle prossime amministrative di maggio. 
Rinnovabili 
Ancora proteste 
Nuovo vertice 
allo Sviluppo 
L’Associazione 
familiari delle 
vittime: «Non 
sono in aula 
perché penso 
si vergognino 
parecchio»
>>Otto A Caracas, il cuore verde e 
rosa della rivolta femminile 
4 martedì 8 marzo 2011 
Diritti 
©Barbara Meo Evoli 
Diritti Nella capitale venezuelana termina oggi la prima Conferenza mondiale delle donne di base. Migliaia di persone 
giunte da oltre trenta Paesi per quattro giorni dedicati alle problematiche di genere, ma anche alle questioni ambientali 
Barbara Meo Evoli da Caracas 
A 
cento anni dall’istituzio-ne 
dell’otto marzo, ol-tre 
mille donne di più 
di trenta Paesi del mon-do 
si sono ritrovate a Caracas 
per rivendicare i propri diritti. 
La prima Conferenza mondiale 
delle donne di base, iniziata il 4 
marzo, termina oggi con un cor-teo. 
È il primo incontro interna-zionale 
non istituzionale e auto-finanziato 
con la finalità di di-scutere 
delle problematiche di 
genere. Molti i temi toccati nei 
workshop organizzati nell’in-contro: 
dalla sessualità alla vio-lenza, 
dalla femminilizzazione 
della miseria alla discriminazio-ne 
sul lavoro, dalla tratta all’in-quinamento. 
«Noi donne sia-mo 
più sensibili ai 
danni arrecati alla 
natura» afferma la 
venezuelana De-yanira 
Aguilva del 
Fronte delle donne 
d’avanguardia so-cialista 
Manueli-ta 
Sáenz. «Abbiamo percepito il 
danno enorme che governi e im-prese 
stavano arrecando all’am-biente 
e oggi siamo sempre più 
presenti negli organi destinati 
alla difesa del territorio», sostie-ne 
con soddisfazione facendo ri-ferimento 
anche alla sua parte-cipazione 
nella Commissione 
per l’operazione di recupero del 
fiume Aragua, ad ovest di Cara-cas. 
Anche Eylen Yildiz, la dele-gata 
della Turchia del Movimen-to 
democratico delle donne, 
concorda con Aguilva: «Noi non 
siamo contro l’uomo, ma contro 
la dominazione dell’uomo, insie-me 
dobbiamo lottare per la dife-sa 
dell’ambiente – dice -. Le don-ne, 
che da tempo hanno smesso 
di stare più zitte, stanno gesten-do 
sempre più iniziative per la 
tutela delle risorse naturali». 
Alla Conferenza partecipano 
membri di collettivi, organiz-zazioni 
sociali e sindacali, mo-vimenti 
femministi e donne e 
uomini presenti a titolo indivi-duale 
che si battono per la tu-tela 
dei diritti di genere. Sfortu-natamente, 
a varie delegazioni 
provenienti da continenti diver-si 
non è stato permesso di usci-re 
dal proprio Paese a causa del-la 
mancata concessione di vi-sti. 
Così sono mancate all’appel-lo 
varie nazioni importanti. Ol-tre 
ai quattro paesi promotori 
dell’incontro (Ecuador, Argenti-na, 
Venezuela e Germania), che 
hanno cominciato a riunirsi nel 
2007, sono presenti Messico, Co- 
lombia, Romania, 
Olanda, Francia, 
Repubblica domi-nicana, 
Svizzera, 
Bangladesh, India, Mali, Indone-sia, 
Egitto, Marocco, Serbia, Su-dafrica, 
Kurdistan, Irak, Austria, 
Brasile, Iran, Portogallo, Belgio, 
Turchia, Cile, Perù, Eritrea, Filip-pine, 
Usa e Italia. 
Nell’inaugurazione dell’evento 
le partecipanti hanno posto in 
evidenza come le donne, anche 
se provengono da paesi molto 
distanti e diversi tra di loro, sof-frono 
le stesse discriminazioni 
e affrontano problemi molto si-mili. 
Tra tutti i flagelli mondiali 
la violenza contro le donne per 
esempio è la più equamente ri-partita: 
la si trova in tutti i pae-si, 
in tutti i continenti e presso 
tutti i gruppi sociali, economici, 
religiosi e culturali. Questa Con-ferenza 
è infatti finalizzata sia a 
ricordare le conquiste sociali e 
politiche e a far sì che si esten-dano 
al maggior numero di pa-esi 
del mondo che a progettare 
nuovi strumenti contro le dicri-minazioni 
ancora oggi esisten-ti. 
Tra le lotte principali portate 
avanti dalle donne della delega-zione 
argentina vi è infatti quel-la 
diretta all’applicazione della 
legge per eliminare la violenza 
di genere. «Solo nel 2010 vi so-no 
stati 260 femminicidi denun-ciati 
sui giornali – afferma Clelia 
Iscaro, 83 anni e tutta una vita 
nei movimenti femministi – ma 
molti altri non sono stati inda-gati 
». Secondo l’ultimo rappor-to 
di Amnesty International, la 
prima causa di morte delle don-ne 
di età compresa fra i 16 e i 44 
anni è la violenza. Un’altra del-le 
grandi battaglie delle delega-te 
dell’Argentina è quella per la 
depenalizzazione dell’interru-zione 
di gravidanza: «Ogni gior-no 
e mezzo muore una donna a 
causa della pratica dell’aborto 
clandestino – denuncia Iscaro -. 
L’illegalità obbliga le donne del-le 
classi umili ad abortire in pes-sime 
condizioni igienico-sanita-rie, 
mentre coloro che hanno le 
possibilità economiche pagano 
una clinica privata». 
Anche la delegata turca Yildiz 
pone l’accento sulla tragedia dei 
femminicidi che, in particolare 
nel suo paese, colpisce le don-ne 
che si ribellano alle decisio-ni 
prese dalla propria famiglia 
per lei. «Le donne devono chie-dere 
l’autorizzazione al padre e 
ai fratelli per sposarsi – spiega 
con tono duro – e spesso non 
denunciano neanche le violenze 
che subisono». Poi non nascon-de 
l’arretratezza del proprio Pa-ese 
relativamente all’uguaglian-za 
di diritti fra generi: «Le donne 
sono ancora viste come un og-getto 
e non come un individuo, 
ma fortunatamente la mentali-tà 
sta cambiando. La rivoluzio-ne 
dell’Islam, che ha già avviato 
un cambiamento nell’approccio 
alla relazione uomo-donna, de-ve 
essere promossa dal suo in-terno 
». 
Gloria Sibongile Mtshinise del 
Abanqobi Women Together del 
Sudafrica rileva come la prima 
lotta delle donne sia quella con-tro 
la femminizzazione della po-vertà. 
«Siamo oppresse doppia-mente 
– afferma senza segni di 
rassegnazione -: sia da un siste-ma 
Un momento della Conferenza mondiale delle donne di base 
di produzione ingiusto sia 
come donne. La prima battaglia 
intrapresa dalla maggior parte 
delle sudafricane – conclude – 
è quella per procurarsi un pez-zo 
di pane per sé e per la sua fa-miglia. 
Solo dopo aver provve-duto 
alle necessità primarie la 
donna può pensare a lottare per 
i suoi diritti». Concordando con 
Sibongile, anche Angela D’Ales-sandro 
della casa d’accoglien-za 
Lucha y Siesta di Roma rive-la 
come in Italia da tempo i mo-vimenti 
femministi popolari sia-no 
morti e la rivendicazione dei 
diritti delle donne sia diventa-ta 
un hobby delle “radical chic”. 
«A seguito dello scandalo Ruby, 
stiamo assistendo a una spetta-colarizzazione 
della mercifica-zione 
del corpo femminile – af-ferma 
con tono deciso –. È im-portante 
oggi risvegliare i movi-menti 
provenienti dal basso per 
ricominciare la lotta per le pari 
opportunità che si è fermata do-po 
le grandi conquiste degli anni 
’70 del divorzio e dell’aborto gra-tuito 
». Secondo l’altra delegata 
italiana alla Conferenza, l’ex bri-gatista 
Geraldina Colotti, i mo-vimenti 
femministi italiani si so-no 
spenti negli anni ’80 anche 
per il venir meno dei movimen-ti 
radicali di sinistra. Poi sottoli-nea 
intravedendo un barlume di 
speranza: «La manifestazione 
del 13 febbraio a Roma contro 
la rappresentazione delle donne 
come nudo oggetto di scambio 
sessuale, che ha visto la presen-za 
di oltre un milione di persone 
è stato un buon inizio». 
Una delle promotrici della Con-ferenza, 
Cecilia Jaramillo del-la 
Confederazione delle donne 
equatoriane per il cambiamen-to 
(Confemec), pone in rilievo la 
diversità delle esperienze condi-vise 
tra le partecipanti, una ca-ratteristica 
che ha determina-to 
una grande ricchezza di pro-poste. 
Relativamente alla grave 
assenza di oltre 400 colombiane 
iscritte alla Conferenza, dovuta 
alla mancata concessione dei vi-sti 
per la quale avrebbe dovuto 
mediare il comitato promotore, 
afferma: «È stato un problema 
politico dovuto ai cattivi rappor-ti 
diplomatici intercorrenti tra 
Venezuela e Colombia». È d’ac-cordo 
con Jaramillo, Karola Ku-cken 
dell’Organizzazione delle 
donne tedesche, sull’importante 
scambio di idee che si è attuato 
grazie alla Conferenza e ricorda 
come oggi la donna sia un mo-tore 
importante dei movimenti 
che lottano contro le ingiustizie 
nel mondo, anche nel territorio 
mediorientale. Tutte le delegate 
infine hanno sottolineato come, 
a cento anni dall’inizio della lot-ta 
per l’emancipazione femmi-nile 
avviata da Clara Zetkin, sia 
fondamentale costruire un mo-vimento 
internazionale di don-ne 
che sia propulsore della dif-fussione 
di una coscienza fem-minista. 
La delegata 
argentina: 
«Nel 2010, 260 
femminicidi 
denunciati nel 
Paese. E molti altri 
rimasti invisibili» 
Secondo Amnesty 
International, la 
prima causa di 
morte per le donne 
di età compresa tra 
i 16 e i 44 anni 
è la violenza
marzo>> martedì 8 marzo 2011 5 
L’esperto Salute 
Dove va la 
bioetica italiana 
Breve colloquio con Luca Mari-ni, 
docente di diritto internazio-nale 
alla Sapienza di Roma e vi-ce 
presidente del Comitato na-zionale 
per la bioetica (Cnb). 
Dopo la pronuncia sull’obiezio-ne 
di coscienza il Cnb è stato ac-cusato 
di eccessiva prossimità al-le 
posizioni del Governo sui te-mi 
della bioetica. In particolare 
quelli relativi all’inizio della vita 
umana. Qual è la sua opinione? 
Il Cnb è un organo di consulen-za 
del Governo. Questo ruolo 
può essere interpretato ed eser-citato 
in molti modi, ma og-gi 
occorre prendere atto delle 
ambiguità derivanti dalla coesi-stenza 
dell’attuale Cnb con una 
componente governativa muni-ta 
istituzionalmente di deleghe 
in materia di bioetica e, quin-di, 
legittimata a operare diretta-mente 
in questo ambito. 
Il sottosegretario del ministero 
della Salute Eugenia Roccella è lo 
sponsor principale della cosiddet-ta 
agenda bioetica del Governo. 
Nella storia ventennale del Cnb 
non c’era mai stata una figura si-mile 
ed è possibile che, in queste 
condizioni, i pareri del Comita-to 
rischino di essere strumenta-lizzati 
o indirizzati a sostegno di 
orientamenti biopolitici preco-stituiti, 
secondo la classica “stra-tegia 
della foglia di fico”. 
Ha fatto molto discutere il parere 
positivo del Cnb sull’obiezione di 
coscienza dei farmacisti. Peral-tro, 
non esiste una legge sull’obie-zione 
che dunque al momento 
non può essere “rivendicata”, tan-to 
meno dal Cnb. 
Certo che no. Si tratta di un orga-nismo 
di consulenza scientifica e 
i suoi pareri non possono vinco-lare 
alcuno. Ciò deve essere chia-ro 
a tutti, anche a coloro che non 
condividono i suoi pareri. Tutta-via, 
può darsi che certi soggetti 
considerino riduttivo il fatto che 
il Cnb sia un organo non decisio-nale 
e che si sforzino di incremen-tarne 
le competenze, soprattutto 
sul piano mediatico e comunica-tivo. 
È umano e comprensibile 
che sia più gratificante far parte 
di un organismo dotato di poteri 
vincolanti, ma, ripeto, non è que-sto 
il caso del Comitato. 
Ritiene il Cnb sufficientemente 
autonomo dalla politica? 
L’autonomia del Cnb, almeno sul 
piano culturale e scientifico, do-vrebbe 
essere assicurata proprio 
dal suo ruolo puramente consul-tivo 
e non decisionale. Da questo 
punto di vista ritengo che la “ten-tazione 
decisionista” del Cnb di 
oggi, come è avvertita da taluni, 
stia aprendo la strada a una even-tuale 
authority, che però non of-frirebbe 
maggiori garanzie di in-dipendenza 
di quelle che è in gra-do 
di offrire un organismo di con-sulenza 
scientifica. Del resto, le 
polemiche di questi giorni evi-denziano 
ancora molta confusio-ne 
sul ruolo del Comitato. f.t. 
Salute Alta tensione in Regione a causa della proposta di legge del centrodestra per la “riqualifica” 
dei centri sociosanitari. La ginecologa Anna Pompili: «Una norma che mortifica il genere femminile» 
Consultori, nel Lazio 
c’è aria di controriforma 
Federico Tulli 
L 
Intervista 
a proposta di legge regio-nale 
sulla “riqualifica” dei 
consultori nel Lazio è un 
tipico esempio di come 
in Italia la separazione tra Stato e 
Chiesa sia un processo ancora in 
gran parte incompiuto, e del fat-to 
che siano le donne per prime 
a dover subire l’idiosincrasia alla 
secolarizzazione che caratterizza 
le nostre istituzioni. 
Come nel caso della fecondazione 
assistita e del testamento biologi-co 
(per non dire delle intromissio-ni 
di governo nelle vicende della 
pillola abortiva Ru486 e di quel-la 
contraccettiva “del giorno do-po”), 
la proposta di legge che por-ta 
il nome di Olimpia Tarzia (con-sigliera 
della lista civica Polverini 
e presidente Movimento per la vi-ta), 
infatti, sembra uscita diretta-mente 
dalla penna di un “intellet-tuale” 
residente Oltretevere. «Già 
dai primi articoli si capisce che 
non si sta parlando di “riqualifica-zione”, 
ma di smantellamento dei 
consultori familiari così come ve-nivano 
istituiti dalla legge 405 del 
1975» spiega a Terra la ginecologa 
Anna Pompili riferendosi in parti-colare 
ai commi 1 e 3: “La Regione 
riconosce il valore primario del-la 
famiglia quale società natura-le 
fondata sul matrimonio e quale 
istituzione finalizzata al servizio 
della vita (…) e tutela la sua uni-tà, 
la fecondità, la maternità e l’in-fanzia 
» (art.1); e «la Regione tute-la 
la vita nascente ed il figlio con-cepito 
come membro della fami-glia 
» (art.3). «Mortificando il ge-nere 
al quale appartiene - prose-gue 
Pompili che ha appena pub-blicato 
Contraccezione (L’Asino 
d’oro) un saggio scritto a quattro 
mani col collega Carlo Flamigni - 
l’onorevole Tarzia si fa strumento 
di un’etica superiore (ovviamente 
quella che alberga sull’altra spon-da 
del Tevere), che considera le 
donne delle poverette che devo-no 
essere amorevolmente prese 
per mano e accompagnate nel lo-ro 
destino naturale di mogli, ma-dri, 
puerpere, un ruolo che si può 
esplicare solo all’interno di una 
famiglia, inevitabilmente “fonda- 
ta sul matrimonio”». 
A novembre 2010, durante una 
delle tante Conferenze sulla fa-miglia 
organizzate dal centro de-stra 
per recuperare la “stima” del-le 
gerarchie ecclesiastiche (si era 
ai tempi delle prime indiscrezioni 
sul caso Ruby) l’onorevole Tarzia 
disse che la sua legge - oggi arena-ta 
in Regione e inapplicabile per-ché 
priva delle necessarie coper-ture 
finanziarie - sarà utilizzata 
come traccia per la riforma dei 
consultori in tutte le regioni. In 
precedenza la vice presidente del 
Senato, la radicale Emma Bonino, 
aveva avvertito: «Questa legge è 
un test nazionale e fa parte della 
campagna orchestrata dal centro-destra 
sui grandi temi relativi alla 
vita, che in Italia vengono chiama-ti 
“etici” e che invece sono i temi 
della libertà. Campagna avviata a 
luglio 2010 da Polverini, Formigo-ni 
e Cota» (rispettivamente presi-dente 
del Lazio, della Lombardia 
e del Piemonte) e «rilanciata da 
Berlusconi» con l’agenda gover-nativa 
sulla bioetica. Un progetto, 
questo, che seguendo il solco an-tiscientifico 
tracciato dalle gerar-chie 
ecclesiastiche, si pone come 
primario obiettivo quello di spo-stare 
il momento dell’inizio della 
vita umana alla fase embrionale. 
Sulla pelle delle donne, passando 
per i consultori “benedetti” ideati 
dalla Tarzia. 
Intervista A colloquio con Maria De Vinci, psichiatra della Asl RM A e componente 
della Consulta consultori Roma. «Queste strutture non sono assolutamente degli “abortifici» 
Un servizio da difendere 
Alessia Mazzenga 
L 
a legge regionale del La-zio 
15/76 che ha istitu-ito 
i consultori familia-ri 
va modificata. è quan-to 
vorrebbe farci credere la consi-gliera 
e vice presidente della con-federazione 
Consultori familia-ri 
di ispirazione cristiana, Olim-pia 
Tarzia. Ne parliamo con la psi-chiatra 
Maria De Vinci, dal 1985 
in servizio al consultorio roma-no 
di S. Martino della Battaglia e 
membro della Consulta consul-tori 
Roma, che oggi inaugura la 
nuova sede di via della Penitenza. 
Un organismo di partecipazione 
istituito dal Comune nel 1994 per 
garantire il rispetto dei diritti de-gli 
utenti dei consultori ed espri-mere 
pareri sulle politiche socia-li 
e sanitarie. 
Dottoressa De Vinci i consul-tori 
pubblici nascono anche 
per applicare la legge 194/78 
sull’interruzione volontaria 
di gravidanza, eppure nel cen-trodestra 
c’è chi li ha definiti 
“abortifici”. Qual è in realtà la 
loro funzione? 
Noi dobbiamo applicare la legge 
194. è un fatto istituzionale ma 
devo dire che in quanto a coeren-za, 
rispetto degli individui e della 
loro libertà di scelta, questa nor-ma 
è tra le migliori al mondo. Noi 
operatori non dissuadiamo, né 
convinciamo nessuno. Le donne 
che arrivano con questa decisione 
fanno dei colloqui con gli esperti, 
ma la scelta definitiva spetta a lo-ro. 
Come prevede la legge. 
è vero che fin dai primi anni di 
attività dei consultori gli abor-ti 
sono diminuiti considerevol-mente. 
Sì, in pochi anni gli aborti diminu-irono 
del 60 per cento rispetto a 
prima del 1984-1985 e quelli clan-destini 
sparirono quasi del tutto. 
Come è stato possibile? 
Perché abbiamo iniziato a fa-re 
prevenzione. Il nostro primo 
obiettivo era quello di evitare le 
gravidanze indesiderate e di sepa-rare 
dalla procreazione il rappor-to 
sessuale inteso come coinvol-gimento 
emotivo e affettivo. Nel 
rispetto di una maternità e pater-nità 
consapevoli e responsabili. E 
ci siamo riusciti. 
Lei ha detto che prevenzione si-gnifica 
anche aiutare gli adole-scenti 
a capire la differenza tra 
i metodi anticoncezionali e la 
Ru486, che è una pillola abor-tiva. 
Quali altri servizi vengo-no 
offerti? 
Sono state sviluppate particolari 
specialità, come la psicologia cli-nica, 
individuale e di gruppo, la 
ginecologia, la ostetricia e l’infer-mieristica 
specialistica, l’assisten-za 
sociale e la pediatria. La carat-teristica 
è di non rivolgersi a per-sone 
ammalate come succede in 
un ambulatorio ma alla fetta di 
popolazione sana che però si aiu-ta 
a non ammalarsi, soprattutto 
di malattie psichiche. 
Questi servizi essenziali sono 
stati fino oggi garantiti a tutti 
da una legge “laica”. Cosa acca-drebbe 
con la nuova norma che 
vuole far entrare nei consultori 
le associazioni religiose? 
Da noi vengono sia credenti di 
qualsiasi culto sia atei. Non occo-re 
un’altra legge perché quella che 
c’è è di grande attualità. Bastereb-be 
applicarla fino in fondo.
6 martedì 8 marzo 2011 
>>Otto Donne, sulle loro spalle 
il destino del mondo 
Rossella Anitori 
S 
e le donne delle zone ru-rali 
avessero le stesse op-portunità 
degli uomini 
in termini di accesso alla 
terra, alla tecnologia e ai servi-zi 
finanziari, la produzione agri-cola 
aumenterebbe e il numero 
di persone che soffrono la fame 
nel mondo si ridurrebbe note-volmente. 
Il rapporto sullo 
Stato dell’alimenta-zione 
e dell’agricol-tura 
della Fao (Sofa 
2011), stilato in oc-casione 
della gior-nata 
internaziona-le 
della donna, sot-tolinea 
il ruolo del 
le discendenti di Eva nella lotta 
contro la povertà. 
«Se vogliamo vincere in mo-do 
sostenibile la battaglia con-tro 
la fame bisogna promuovere 
l’uguaglianza tra i generi e ascol-tare 
la voce delle donne a ogni li-vello 
decisionale». Così Jacques 
Diouf, direttore generale del-la 
Fao. Il dossier dell’organizza-zione 
Onu per l’alimentazione e 
l’agricoltura stima che se nei Pa-esi 
in via di sviluppo ci fosse pa-rità 
tra i sessi nel comparto agri-colo 
la produzione potrebbe au-mentare 
del 30 per cento e circa 
150 milioni di persone verrebbe-ro 
sottrarre alla morsa della fa-me. 
Ma non solo: «dare più sol-di 
alla donne - aggiunge Diouf - 
investendo nel capitale umano 
è una strategia efficace per mi-gliorare 
le condizioni di salute, 
l’alimentazione e la scolarizza-zione 
dei bambini». 
A fargli eco è Marco De Pon-te, 
segretario generale di Actio-nAid: 
«La strada per ridurre la 
fame passa dall’uguaglianza tra 
uomini e donne nell’accesso non 
soltanto alla proprietà della ter-ra, 
ma anche al credito, ai mer-cati, 
alle tecnologie e a una ade-guata 
formazione, che oggi vie-ne 
preclusa alle donne in molti 
paesi del Sud del mondo». 
Nonostante il ruolo cruciale che 
ricoprono all’interno dei rispet-tivi 
nuclei famigliari rurali, spie-ga 
ActionAid nel dossier Il Pa-ne 
e le Rose, presentato ieri alla 
Provincia di Roma, le contadi-ne 
spesso non ricevono adegua-to 
sostegno da parte delle istitu-zioni 
locali e nazionali, non ven-gono 
riconosciute come sog-getti 
economici da coinvolgere 
nei programmi di sviluppo ru-rale, 
e devono spesso affrontare 
discriminazioni nella proprie-tà 
e nell’eredità della terra. Ba-sti 
pensare al caso dell’Uganda, 
dove le donne ottengono appe-na 
il 9 per cento del credito agri-colo, 
o al Malawi dove solo il 7 
per cento delle capofamiglia ri-ceve 
un sostegno per la pro-pria 
attività. Pur nelle differen-ze 
di contesto le condizioni di 
vita delle donne che lavorano 
nel settore agricolo presentano 
aspetti simili: «Nonostante il ri-conoscimento 
globale del ruo-lo 
svolto dalle donne - conclude 
Del Ponte –, mancano sia a livel-lo 
globale che nazionale, politi-che 
che consentano alle agricol-trici 
di sviluppare il loro poten-ziale 
come motore del cambia-mento 
». L’appello che la Fao ri-volge 
quindi ai decisori politi-ci 
è volto ad eliminare ogni for- 
© ap images 
Opportunità Se nei Paesi in via di sviluppo ci fosse parità tra i generi, la produzione agricola 
aumenterebbe e il numero di persone che soffrono la fame si ridurrebbe. Il Rapporto della Fao 
ma di discriminazione contro 
le donne, promuovendo la par-tecipazione 
delle agricoltrici in 
mercati più efficienti, flessibili 
e produttivi. «In occasione del-la 
giornata internazionale della 
donna - ha concluso Djouf -, la 
speranza di tutti deve essere di 
poter presto tradurre tutto que-sto 
in realtà». 
Appuntamenti 
Cento piazze 
nell’Italia 
che protesta 
Sondaggi Niente soldi, fama o potere: in cima ai desideri delle donne la possibilità di lasciare 
tutto e girare il mondo. Lo afferma un sondaggio del sito melarossa . Secondo: shopping illimitato 
Un sogno? Viaggiare 
libera intorno al mondo 
M ollare tutto e tutti e 
tà, leggerezza e la voglia di pren-dere 
partire per un viag-gio 
intorno al mondo 
lasciandosi alle spal-le 
gli impegni familiari e lavora-tivi, 
sempre più pressanti e diffi-cili 
da conciliare: è questo il pri-mo 
desiderio che le donne espri-merebbero 
al famoso mago del-la 
lampada; una strofinata e via, 
alla ricerca del relax, senza meta 
ne ambizioni professionali da in-seguire 
e tanto meno bambini da 
cambiare. è quanto emerge dal 
sondaggio lanciato dal sito me-larossa. 
it, che in occasione del-la 
Festa della donna ha chiesto a 
migliaia di utenti di svelare come 
cambierebbero la propria vita se, 
per magia, ne avessero l’oppor-tunità. 
I risultati del sondaggio 
non lasciano dubbi: una donna 
su quattro sceglierebbe di stac-care 
la spina, fuggendo da tutto 
per fare il giro del mondo. Liber- 
le distanze da una vita sem-pre 
più frenetica sono quindi le 
esigenze più sentite dalle donne, 
spesso costrette, per scelta o per 
necessità, a fare i salti mortali per 
conciliare lavoro, vita familiare e 
bisogni personali. 
Seguono, tra le priorità femmini-li, 
la bellezza e la cura del proprio 
look e del proprio corpo: il 18% 
delle donne si è infatti lasciata in-cantare 
da una giornata di shop-ping 
senza limiti di spesa, il 15% 
ha espresso il desiderio di avere 
uno stilista/truccatore/personal 
trainer sempre a disposizione, 
mentre il 9% sogna di poter man-giare 
di tutto senza ingrassare di 
un etto. Di scarso appeal, inve-ce, 
la politica, che nella classifica 
delle preferenze si piazza all’ot-tavo 
posto con appena il 4% del-le 
donne attratte dalla possibi-lità 
di diventare un leader e gui-dare 
il proprio Paese. Solo quin-to 
l’amore, con l’8% delle donne 
che ha dichiarato di voler spo-sare 
l’uomo che ama e fare un fi-glio, 
addirittura nona la realizza-zione 
professionale, simboleggia-ta 
da una promozione sul lavoro 
a cui appena il 4% delle donne ha 
ammesso di aspirare. Poche an-che 
le donne in cerca di fama: ap-pena 
il 6% sogna di scrivere un li-bro 
di successo. Prevalgono, in-somma, 
desideri pratici, concre-ti: 
una vita con ritmi meno stres-santi, 
un aspetto più gradevole e 
qualche comodità in più. Anche 
a confronto con il sogno roman-tico 
per eccellenza: pochissime 
donne infatti hanno espresso il 
desiderio di una cena a due con il 
proprio attore preferito, appena il 
2% delle preferenze. Addio quin-di 
a George Clooney e Brad Pitt al 
lume di candela, e... barra dritta 
verso nuovi lidi. 
Jacques Diouf 
(direttore generale 
Fao): «Per 
combattere la 
povertà bisogna 
promuovere 
l’uguaglianza» 
Oggi in tutta Italia si festegge-rà 
la festa della donna. Molte 
le iniziative in campo: 
A Roma, il comitato Se Non 
Ora Quando invita tutti alla 
manifestazione di piazza vit-torio 
Emanuele i “Rimettia-mo 
al mondo l’Italia”, dalle ore 
16.00 con interventi dal palco, 
performance sul lavoro, sul-la 
danza e sullo sport, oltre a 
proiezioni di video e musica 
dal vivo. Partecipano: Claudia 
Pandolfi, Valeria Golino, To-sca, 
Paola. 
Due le celebrazioni a Firen-ze, 
in piazza Santa Maria No-vella, 
dove il comune, insie-me 
alla festa della donna ce-lebrerà 
la cerimonia in ricor-do 
del 67° anniversario del 
trasporto dei fiorentini verso 
Mauthausen (8 marzo 1944). 
Incontri, seminari, riflessio-ni, 
laboratori a Napoli con 
Donna 2010 al Maschio An-gioino. 
A Milano il gruppo 
milanese che ha messo in 
piedi la fortunata manifesta-zione 
del 29 gennaio in piaz-za 
Scala promuove un sit-in 
(alle 18) in piazza Mercanti. 
Tutte con un fiocco rosa in-vece 
a Perugia, dove a piaz-za 
della Repubblica, (dalle 
16.00 alle 18.00) ci saranno 
musica e letture .
martedì 8 marzo 2011 7 
Lotte femminili Dall’Italia dove si scende in massa per dire “basta” alla cultura del bunga, alle rivolte maghrebine, 
dalle iraniane come la Ebadi, alle ragazze col velo di piazza Tahrir. Partigiane, rivoluzionarie, sempre nel futuro 
tà. Ogni popolo, in tempi e modi 
diversi, ha contribuito con impe-gno 
e sacrifici alla loro afferma-zione. 
Le donne sono state parte 
attiva di tutti i movimenti di libe-razione: 
dalla schiavitù, dalla di-scriminazione 
razziale ed etnica, 
dai genocidi, dalla dominazione 
coloniale. Giovani donne com-batterono 
nella Resistenza nel 
nostro paese, per affermare nel-la 
Costituzione la parità uomo - 
donna, il diritto di voto, eserci-tato 
per la prima volta solo nel 
1946. Giovani par-tigiane, 
come Tina 
Anselmi, sono sta-te 
la linfa vitale, il 
collante, l’immagi-ne 
del cambiamen-to 
del dopo guerra 
e della ricostruzio-ne, 
nelle istituzio-ni 
democratiche. E 
Riprese le piazze, 
parole d’ordine: 
fantasia e utopia. Ma 
con la concretezza 
del quotidiano, 
competenze 
e saperi 
continuarono negli anni le loro 
battaglie per il diritto di famiglia, 
l’autodeterminazione delle don-ne, 
la parità di salario, la tutela 
del lavoro. 
In tempi recenti, nel resto del 
mondo, altre donne coraggiose, 
come la giornalista Politkovska-ja, 
hanno pagato con la vita l’aver 
denunciato il genocidio in Cece- 
Nelle ultime settimane, le rivol-te 
contro i regimi dittatoriali nel 
Nord Africa, in particolare in Tu-nisia, 
Egitto e Libia. I loro con-traccolpi 
hanno raggiunto l’Iran, 
con rinnovate, coraggiose mani-festazioni 
e conseguenti, feroci 
repressioni. La partita non è si-curamente 
chiusa e sono certa 
che anche lì non mancheranno 
altre sorprese. Il dato unifican-te, 
in Italia e negli altri paesi te-sté 
nominati, è il ruolo avuto dal-le 
donne: protagoniste attive, lu-cide, 
presenti, determinanti. Ab-biamo 
visto in televisione tante 
ragazze, alcune con il velo, altre 
con lunghi capelli sciolti e jeans, 
organizzare e guidare manifesta-zioni 
di piazza, farsi carico del-la 
logistica, dell’ordine nel disor-dine 
della rivolta, delle relazioni 
con la stampa e le televisioni, col 
resto del mondo. La stessa figlia 
di Rafsanjani è stata arrestata. 
Dall’Italia, umiliata e ferita, all’al-tra 
sponda del Mediterraneo in 
lotta per la libertà: aspirazioni 
profonde e comuni, parole co-me 
“dignità, lavoro, uguaglianza 
di diritti”. Dall’Italia al Maghreb, 
modalità simili nell’organizzare 
il dissenso, assenza di capi con-clamati, 
di organizzazioni stori-che, 
di partiti. Al loro posto, re-ti 
paritarie di comunicazione: in-ternet, 
cellulari, sms, immagi-ni 
su youtube, video amatoriali. 
Tutto è iniziato in Tunisia, con 
il pubblico suicidio mediante il 
fuoco di un ambulante, laureato. 
Un ragazzo, venditore di frutta, 
vessato dalla polizia di regime. 
Mentre in Italia un altro ambu-lante 
si dava fuoco e moriva per-ché 
preso di mira da alcuni agen-ti 
della polizia municipale, in Si-cilia, 
con la confisca del suo ban-chetto. 
La disperazione per non 
poter più provvedere alla sua fa-miglia 
ha indotto l’immigrato al-la 
disperata decisione di farla fi-nita. 
Ho ancora negli occhi e nel cuo-re 
il volto di pietra, dilavato dal 
pianto e scavato dal dolore, del-la 
madre Rom, accarezzata dalla 
mano leggera e dalla commozio-ne 
palpabile del presidente Na-politano, 
che in quel momento, 
davvero intensamente, tutti ci 
rappresentava; di quella madre, 
e di quel padre, che hanno per-so 
quattro figli nel rogo della loro 
baracca insicura, ai margini dei 
marzo>> 
Donne, sempre risorsa democratica 
margini del vivere civile. Da un 
viadotto a un ponte, dai campi 
rasi al suolo dalle ruspe alle ster-paglie 
e al gelo dell’inverno. 
Tre fuochi, dunque, da non di-menticare, 
che bruciano le no-stre 
menti, che accendono il bi-sogno 
profondo di cambiamento, 
devono rappresentare un nuovo 
inizio. Dopo decenni di disquisi-zioni 
sullo scontro di civiltà, sul 
relativismo culturale, sulla de-mocrazia 
“patrimonio dell’occi-dente”, 
da espor-tare 
sulla canna 
del fucile, sulla 
condizione della 
donna (velo, bur-ka, 
topless, tan-ga, 
famiglia e ha-rem), 
scopria-mo 
che le donne 
aspirano, in tutto 
il mondo, a libertà, dignità e ri-spetto, 
all’accesso all’istruzione e 
al lavoro, all’assistenza nella cura 
e nell’educazione dei figli. 
Scopriamo, in questi giorni, che i 
valori fondanti della convivenza 
non sono monopolio e appannag-gio 
dell’Occidente. Vi sono valori 
che dobbiamo considerare come 
patrimonio comune dell’umani- 
Proposta Secondo la co-presidente del Partito Verde europeo è tempo di riaprire il dibattito 
sulle quote rosa. Servono subito regole per le istituzioni e i partiti. Le esperienze europee 
Parità di rappresentanza 
Un impegno politico 
Frassoni dalla prima permettano di scendere sotto del 
Non è chiaro se questo si tradur-rà 
in qualche risultato concreto, 
ma è evidente che è davvero ur-gente 
darsi un programma serio 
di lavoro in modo trasversale e il 
più possibile condiviso tra le don-ne 
e gli uomini attivi in politica e 
nella società. E in questo senso, 
dal Partito verde europeo, vorrei 
fare una proposta di azione con-creta 
e cioè l rilancio della discus-sione 
delle quote rosa. Si sta di-scutendo 
in Parlamento una pro-posta 
sui consigli di amministra-zione, 
ma non mi pare che ci sia 
nulla sulla rappresentanza politi-ca. 
Penso che sia arrivato il mo-mento 
di rilanciare davvero que-sto 
tema, di modo che alle pros-sime 
elezioni non sia più possibi-le 
rimanere ai livelli infimi di og-gi. 
è necessario che ci siano rego-le 
elettorali o di partito che non 
40% a nessuno dei due generi per 
le prossime elezioni. Lo stesso di-casi 
per i posti di presidenti delle 
commissioni e per i posti di dire-zione 
delle amministrazioni pub-bliche. 
L’esperienza di questi ul-timi 
100 anni dimostra in mo-do 
chiarissimo che le quote sono 
state l’unico strumento che ha 
veramente funzionato per rias-sorbire 
in tempi abbastanza bre-vi 
le disuguaglianze di rappresen-tanza. 
Altro tema molto sensibi-le 
é quello della leadership e del-la 
direzione dei partiti politici. Io 
penso che ci sia un modo sem-plice 
che funziona davvero e da 
molti anni che deve essere alme-no 
discusso in Italia: la doppia le-adership 
e la parità di rappresen-tanza 
di genere negli organi diri-genti 
dei partiti. In Europa i verdi 
la praticano da anni, con risultati 
positivi per due sostanziali ragio-ni. 
La prima è che l’elezione del 
“leader” è in realtà l’elezione di 
“una squadra”, con evidenti van-taggi 
per la trasparenza e la qua-lità 
della leadership stessa. Nella 
mia esperienza di co-Presidente 
prima del Gruppo parlamentare 
e oggi del Partito Verde europeo 
questa dimensione di condivisio-ne 
e di reciproco sostegno è mol-to 
importante anche come meto-do 
dell’azione politica. In Germa-nia 
i Verdi, che oggi sono stabil-mente 
oltre il 20% nei sondaggi 
(percentuale più che doppia dei 
tempi di Fischer), hanno quattro 
leaders riconosciuti e perfetta-mente 
complementari, i due co- 
Presidenti al Parlamento e i due 
co-Presidenti del partito. In Fran-cia, 
è stata la leadership congiun-ta 
di Cohn-Bendit e Cecile Duf-flot 
che ha permesso ai Verdi di 
uscire dal cono d’ombra in cui 
erano caduti. La seconda ragione 
è che in questo modo la dimen-sione 
della parità “di genere” della 
leadership politica è sempre evi-dente 
e presente, e diventa pro-gressivamente 
un elemento nor-male 
del lavoro di partito, accet-tato 
dai media, dal resto della po-litica 
e dai militanti che, alme-no 
per quanto riguarda i Verdi, la 
considerano come un fattore di 
identità irrinunciabile. Infine, la 
presenza nei media va fortemen-te 
riequilibrata. In Italia nessuno 
balza sulla sedia se tutti gli invi-tati 
sono maschi o se l’unica don-na 
presente in sala è una bellissi-ma 
senza nessuna competenza. 
Anche questo deve cambiare, ma 
è evidente che sono soprattut-to 
le donne che devono preten-dere 
questo cambiamento: come 
dimostrano gli ultimi cento anni 
nulla, e men che meno la libertà 
e la dignità delle donne, cade dal 
cielo. 
nia e il regime dispotico e corrot-to 
di Putin; hanno difeso con co-raggio 
attivisti e manifestanti in 
Iran, come Shirin Ebadi, premio 
Nobel per la pace. Sono le donne 
di Plaza de Majo, in Argentina, a 
cui il dittatore Videla ha sottrat-to 
figli e nipoti, le donne palesti-nesi 
e le pacifiste israeliane, alla 
ricerca di un punto di incontro 
nella loro terra, contesa e dila-niata 
dai conflitti; sono le donne 
che nelle nostre istituzioni e fuo-ri 
da esse si battono per la giu-stizia 
e contro la sopraffazione, 
come Daria Bonfietti, presiden-te 
della associazione dei fami-liari 
delle vittime di Ustica. Sono 
Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, 
e la madre del giovane Federico 
Aldovrandi, entrambi uccisi dal-la 
violenza gratuita di chi avreb-be 
dovuto proteggerli. è la ma-dre 
della giornalista Ilaria Alpi, 
assassinata in Somalia perché 
indagava sul traffico dei rifiuti 
tossici. E sono le giovani opera-ie, 
ricercatrici, insegnanti, preca-rie, 
madri, studentesse, pensio-nate 
che sostengono i figli disoc-cupati. 
Sono loro che, in questo 
momento assai difficile, si impe-gnano 
ogni giorno con decoro e 
dignità per se stesse e per le lo-ro 
famiglie, portando sulle spalle 
il peso, anche psicologico e uma-no, 
della crisi economica. Dopo 
anni di solitudine, arretramen-to, 
oscuramento di sogni e biso-gni, 
si cominciano finalmente a 
vedere i segni di un grande cam-biamento 
nelle donne di tutte le 
età e di tutte le condizioni, che si 
avvalgono della capacità di usa-re 
attivamente tutti i mezzi che 
questa civiltà ha creato per co-municare, 
condividere, discute-re 
e mobilitare. 
Le donne si sono riprese le piaz-ze, 
le parole d’ordine, la fantasia 
e l’utopia. Hanno nelle loro ma-ni 
la concretezza del vivere quo-tidiano, 
ma anche competenze 
e professionalità, saperi. Hanno 
occhi lucidi di commozione, al-cune 
sul viso i segni del tempo, 
che segnano l’orgoglio della ma-turità 
e la naturalezza dell’invec-chiare. 
Hanno le facce gioiose e 
fresche delle ragazze, i loro co-lori 
accesi. Raccontano che un 
mondo migliore, per tutti, è pos-sibile! 
E così, dopo un entusiasman-te 
13 febbraio, buon “8 marzo”! 
E che sia un giorno festoso, di ri-flessione, 
poesia, musica e paro-le. 
Di affettività, di amicizia e di 
incontro. E ancora di testimo-nianza. 
Un giorno speciale e nor-male 
a un tempo, saldamente 
piantato nel terreno ancora fred-do 
dell’inverno, come un ramo di 
mimosa, impalpabile e lumino-so. 
Profumato di vita e destinato 
a non sfiorire mai. 
Coppola dalla prima
8 martedì 8 marzo 2011 >>Esteri>> 
Clima, salta il meeting 
«Negoziati in pericolo» 
Usa Il 14 marzo si sarebbe dovuto tenere a Mexico City un incontro tra 40 Paesi per far partire 
l’attesissimo Green Climate Fund. Manomissione o strategia di America Latina e Stati asiatici? 
Bompan dalla prima 
Per gli Usa la soluzione riman-gono 
gli impegni volontari e il per-seguimento 
del pacchetto di azio-ni 
(finanziamenti, foreste, trasferi-mento 
tecnologico) per contenere 
l’aumento della temperatura sot-ti 
i 2°C. Le associazioni ambien-taliste 
però rifiutano di cedere al 
compromesso. Per l’esperta di po-litiche 
sul clima del Wwf Interna-tional 
Tasneem Essop «bisogna 
che a Durban si cerchi l’accordo 
legalmente vincolante. Se ci sono 
solo impegni volontari chi decide-rà 
cosa fare? Ci sarà una disparità 
tra gli impegni presi e quello che 
la scienza richiede per evitare il 
disastro ambientale». Un esperto 
di climate policy di Washington, 
che preferisce rimanere anoni-mo, 
ha confermato 
a Terra il peggiora-mento 
della situa-zione 
a Capitol 
Hill, sede del Con-gresso 
americano, 
Una fonte Usa 
rivela: «Troppi 
nuovi eletti sono 
molto inesperti 
e schierati contro 
le politiche contro 
il global warming» 
con l’avvento della 
nuova legislazione 
a gennaio. «Trop-pi 
sono inesperti e 
ideologicamente schierati contro 
le politiche sul cambiamento cli-matico 
e l’ambiente in generale» 
ha dichiarato. «La Casa Bianca si 
trova in una situazione ancor più 
complicata oggi che in passato». Il 
14 marzo intanto si sarebbe dovu- 
to tenere a Mexico city un incon-tro 
con rappresentanti di 40 Pae-si 
aderenti al negoziato per dare 
vita all’attesissimo Green climate 
fund (Gcf): 100 miliardi di dollari 
all’anno entro il 2020 e 30 già en-tro 
il 2012 per aiutare i Paesi meno 
sviluppati ad attuare una low car-bon 
economy per fermare il global 
warming. Ma in un comunicato 
pervenuto ieri dall’Unfccc, la Con-venzione 
quadro Onu sui cambia-menti 
climatici, questo meeting 
sarebbe stato sospeso e, secon-do 
indiscrezioni, dovrebbe ripren-dere 
ai primi di aprile, durante un 
round intermedio di negoziati a 
Bangkok oppure in altra sede a fi-ne 
mese, segno che permangono 
tensioni anche su questioni che 
sembravano essere superate. La 
by Alberto Dassasso 
I l d e s i g n 
è f i c o . 
I l r i c i c l o 
è a r t e . 
s o l o s u 
w w w . e c o t v . i t 
ragione della sospensione sareb-be 
da imputare al gruppo dei Pa-esi 
asiatici e dell’America latina, 
che non avrebbero deciso qua-li 
rappresentanti inviare al mee-ting 
di marzo ristretto a 40 dele-gazioni. 
Necessità tecniche o stra-tegia? 
Se il Green Climate Fund 
rallenta, altri piani Onu per il cli-ma 
zoppicano. Come il mercato 
delle emissioni, uno dei mecca-nismi 
market-oriented del proto-collo 
di Kyoto, creato per rendere 
economicamente sostenibile il ta-glio 
delle emissioni di Co2. La se-gretaria 
dell’Unfccc, Christina Fi-gueres 
ha lanciato un avvertimen-to 
lo scorso 2 marzo durante una 
conferenza a Tokyo: «il futuro del 
mercato globale delle emissioni 
potrebbe essere messo in dubbio 
se non si raggiunge quest’anno un 
accordo per sostituire o estendere 
il Protocollo di Kyoto oltre la sua 
data di scadenza, il 2012.» Senza 
infatti dei tetti ai gas serra sarebbe 
difficile mantenere un valore sta-bile 
della CO2 scambiata sui mer-cati 
come quello Europeo, Ets. Il 
luogo dell’annuncio non è casua-le, 
dato che il Giappone, firmata-rio 
del Protocollo, ha dichiarato 
a dicembre, insieme ad Australia 
e Canada, di non voler siglare al-cuna 
estensione. Ovunque insom-ma 
si leggono segni inequivocabi-li 
in cui gli aruspici dei negoziati 
vedono sventura. Ma 9 mesi sepa-rano 
dall’incontro in Sud Africa, il 
tempo per trovare nuove idee non 
manca. 
© ap images
martedì 8 marzo 2011 9 
Brasile Il giudice Olindo Menezes, membro dell’alta Corte investita del caso, ha rovesciato 
il verdetto del tribunale che 2 settimane fa aveva ordinato la sospensione dei lavori di costruzione 
zon research institute ha cal-colato 
che durante i suoi pri-mi 
10 anni di attività la chiu-sa 
emetterà 112 milioni di me-tri 
cubi di anidride carboni-ca, 
oltre ai 780mila che verreb-bero 
generati durante la co-struzione 
e la connessione al-la 
rete energetica nazionale. 
Altro fattore da considerare è 
quello delle grandi quantità di 
metano generato dalle larghe 
fasce di foresta pluviale che ver-ranno 
sommerse e andranno in 
decomposizione, unitamente 
alla necessità di utilizzare fon-ti 
altamente impattanti come 
il carbone e il le-gno 
per l’alimenta-zione 
della struttu-ra. 
Le analisi con-dotte 
da un grup-po 
di esperti con-trari 
alla costru-zione 
di Belo Mon-te 
hanno dimo-strato 
come lo stu-dio 
di impatto ambientale ef-fettuato 
dalle autorità sia sta-to 
scritto ad hoc per favori-re 
l’approvare del progetto. 
La deviazione del corso del-le 
acque del fiume Xingu, han-no 
avvertito gli scienziati, ri-durrà 
drasticamente il suo flus-so 
in un tratto di oltre cento 
chilometri, con la conseguen-te 
estinzione di molte specie 
animali e vegetali e il definitivo 
stravolgimento dell’intero eco-sistema 
della regione. 
© ap images 
Esteri>> 
Diga di Belo Monte 
È scontro tra i giudici 
Paolo Tosatti 
N 
uovo avanti tutta per 
la diga brasiliana di Be-lo 
Monte. Una sentenza 
emessa da una delle al-te 
corti brasiliane ha rovescia-to 
il verdetto del tribunale che 
due settimane fa aveva ordina-to 
la sospensione dei lavori di 
costruzione dello sbarramento 
sul fiume Xingu, segnando l’en-nesima 
svolta nell’intricato iter 
di approvazione del controver-so 
progetto. 
A decidere il blocco delle ope-razioni 
era stato il giudice fe-derale 
Ronaldo 
Desterro, soste-nendo 
che il via 
libera conces-so 
dall’Ibama, 
l’Agenzia brasilia-na 
per l’ambien-te, 
fosse stato in 
realtà rilasciato 
dietro pressioni 
del consorzio incaricato della 
realizzazione, il Norte Energia. 
La decisione del magistrato 
elencava 29 condizioni di tu-tela 
ambientale non soddisfat-te 
dalla chiusa, tra cui il recu-pero 
di aree degradate e la pre-disposizione 
di misure speci-fiche 
volte a garantire la navi-gabilità 
dei fiumi della zona. 
Ma la sentenza di Desterro è 
stata ora superata da quella del 
giudice Olindo Menezes, mem-bro 
dell’alta corte federale in- 
vestita della questione, secon-do 
il quale non sussiste la ne-cessità 
di sanare anticipata-mente 
tutte le irregolarità esi-stenti 
per dare inizio ai lavori. 
Un parere che, è facile preveder-lo, 
darà origine a nuove conte-stazioni 
da parte degli ambien-talisti 
e delle popolazioni indi-gene 
interessate dal progetto, 
ormai da anni mobilitati contro 
la sua realizzazione. 
Situata nel cuore dell’Amazzo-nia, 
nello Stato nordorienta-le 
del Pará, Belo Monte è pro-gettata 
per essere la terza di-ga 
più grande al mondo, dopo 
quella cinese del-le 
Tre Gole e quella 
di Itaipu, che sorge 
al confine tra Bra-sile 
e Paraguay. De-viando 
di oltre 60 
miglia il corso del 
fiume Xingu, uno 
dei principali af-fluenti 
del Rio del-le 
Amazzoni, e sommergendo 
oltre 500 chilometri quadrati 
di foresta, il progetto prevede 
la realizzazione di uno sbarra-mento 
lungo oltre 6 chilometri, 
in grado, secondo le stime del-le 
autorità, di generare 11mi-la 
megawatt di energia idroe-lettrica, 
sufficienti ad alimen-tare 
23 milioni di abitazioni. 
Numeri impressionanti, utiliz-zati 
sia dall’ex presidente Lu-la 
che dal nuovo capo di Stato 
Dilma Rousseff come promesse 
tangibili dello straordinario svi-luppo 
che il Brasile conoscerà 
nei prossimi anni. 
Come spesso accade, tuttavia, le 
cifre sbandierate da un governo 
sono altra cosa rispetto a quel-le 
con cui la popolazione do-vrà 
fare concretamente i conti. 
Movimenti e organizzazioni per 
la difesa dell’ambiente non han-no 
mai smesso di sottolineare 
come la costruzione della chiu-sa 
distruggerà l’ambiente natu-rale 
della regione, condannan-do 
a morte o al trasferimento 
forzato i 50mila indigeni che vi-vono 
attualmente nella zona e 
che dalle sue ter-re 
ricavano il loro 
sostentamento. 
Diversi studi han-no 
inoltre dimo-strato 
che l’im-pianto 
potrà fun-zionare 
a pieno 
regime solo per 
pochi mesi l’anno, 
mentre nella restante parte del 
tempo la scarsità d’acqua com-porterà 
una drastica riduzio-ne 
della sua capacità operativa. 
Secondo queste stime la pro-duzione 
media della diga si at-testerà 
mediamente sui 4.400 
megawatt, appena il 40 per cen-to 
della sua capacità nominale. 
All’enorme impatto ambienta-le 
e alla scarsa efficienza della 
struttura si aggiunge poi il pro-blema 
dell’inquinamento che 
essa genererà. Il National ama- 
A decidere 
il blocco 
delle operazioni 
era stato 
il magistrato 
federale Ronaldo 
Desterro 
Una volta 
realizzata sarà 
la terza più grande 
chiusa al mondo 
dopo quella delle 
Tre Gole e quella 
di Itaipu 
Libano 
Manifestazioni 
e proteste 
«Spegnete la televisione e 
scendete da quel balcone», 
hanno urlato ieri in 20mila 
per le strade di Beirut. Fra 
loro, oltre a famiglie col pas-seggino 
e reduci della guer-ra 
civile, sono sfilati anche 
dotti musumani e preti. È la 
“Rivoluzione libanese”, or-mai 
giunta alla sua seconda 
settimana: un gruppo di ra-gazzi 
di ogni provenienza e 
di entrambi gli schieramen-ti 
politici (sia pro che contro 
Hezbollah) hanno chiama-to 
i concittadini a marciare 
a oltranza contro un siste-ma 
settario in cui ogni liba-nese 
vota, studia, lavora e si 
sposa in base a quale delle 
18 confessioni religiose ap-partiene 
per nascita. 
Nazioni Unite 
Allarme crisi 
umanitarie 
Per assistere donne e bam-bini 
intrappolati nelle crisi 
umanitarie, in 32 Paesi del 
mondo, servono 1,4 miliar-di 
di dollari. Questo è l’ap-pello 
lanciato dall’Unicef 
nel suo Rapporto sull’azio-ne 
umanitaria per i bam-bini 
(Humanitarian action 
for children report). «Inve-stire 
nei bambini e raffor-zare 
la resilienza dei Paesi 
e delle comunità che vivo-no 
ai margini», ha spiegato 
Hilde Johnson, vice Diret-tore 
generale dell’organiz-zazione, 
«non solo riduce 
la loro strada per il recupe-ro, 
ma contribuisce anche 
ad aumentare la capacità 
di gestione dei rischi». 
Egitto 
Violazione 
della privacy 
È stata definita la maggior 
violazione della privacy nel-la 
storia. Sono i milioni di fi-le, 
conversazioni telefoni-che 
di comuni cittadini, e-mail, 
password e pedina-menti 
emersi in Egitto dopo 
che, fra venerdì e domenica, 
le stazioni di polizia di Ales-sandria, 
Assiut e Cairo sono 
state occupate dai manife-stanti. 
Da settimane, nono-stante 
lo scioglimento del 
governo Shafiq, gli archivi 
della sicurezza continuava-no 
a venire distrutti da in-cendi 
misteriosi proprio ora 
che una serie di processi per 
violazioni dei diritti umani 
da parte del passato regime 
dovrebbe avere inizio.
Terra Nord Est A cura di Riccardo Bottazzo, 
10 martedì 8 marzo 2011 
Dolomiti, “bollino” Unesco a rischio 
Giannandrea Mencini, Calogero Lo Giudice 
Il caso Polemiche sul progetto del comprensorio sciistico Cadore-Civetta. Si perderebbe il riconoscimento di “patrimonio dell’umanità” 
l’ipotizzato collegamento Moe-na 
– Passo di Costalunga, l’Une-sco 
sarebbe costretta a togliere 
il patrocinio di tutela alle Dolo-miti 
intere. E tutti sappiamo co-me 
l’Unesco pretenda coerenza 
nella gestione dei patrimoni, in 
questo caso sotto il profilo del-la 
tutela geologica e paesaggi-stica 
». Appuntamento quindi al-le 
ore 8 del 13 marzo al parcheg-gio 
di Passo Staulanza in Val Zol-dana 
per poi raggiungere con le 
ciaspole e gli sci d’alpinismo il ri-fugio 
città di Fiume sotto il Pel-mo. 
Alle 14 poi sempre al passo 
Staulanza il dibattito pubblico. 
Libri Presentata a Venezia “Fatti e misfatti di idraulica lagunare”, opera dell’ingegner Luigi D’Alpaos 
Riccardo Bottazzo 
A 
chi gli chiede da che 
parte sta, Luigi D’Alpa-os 
risponde senza esi-tazione: 
«Da quella del-la 
laguna». Una laguna che non 
si può salvare, spiega - proprio 
lui che è uno dei più grandi in-gegneri 
idraulici d’Europa – sol-tanto 
applicando tecniche inge-gneristiche 
ma che va sempre 
inserita in un contesto più am-pio 
di tutela, che tenga conto di 
tutta la complessa morfologia 
lagunare. E per ascoltare l’inge-gner 
D’Alpaos, allievo prediletto 
di Augusto Ghetti, padre nobile 
della celebrata scuola idraulica 
del’università di Padova, alme-no 
300 persone, martedì scorso, 
hanno affollato palazzo Fran-chetti, 
uno dei salotti buoni di 
Venezia, in occasione della pre-sentazione 
del suo ultimo libro 
“Fatti e misfatti di idraulica la-gunare”, 
edizioni Ivsla. E dicia- 
Giannandrea Mencini 
è 
una stagione ricca di 
polemiche quella del-la 
montagna bellune-se. 
Prima la polemi-ca 
paradossale intorno al logo 
delle Dolomiti Unesco, quattro 
torrioni stilizzati e molto simi-li 
ai grattacieli di Manhattan su 
sfondo rosso, scelto l’anno scor-so 
fra ben 400 proposte dal Con-siglio 
di Amministrazione Dolo-miti 
Unesco e, dopo una rivol-ta 
popolare, rimesso in discus-sione 
anche per motivi pratici, 
presentava delle problematiche 
tecniche nella riproduzione su 
manifesti di grandi dimensioni 
e pertanto andava modificato. 
Poi la discutibile approvazione 
da parte della Giunta regiona-le 
del Veneto del parere positi-vo 
della commissione regiona-le 
Via sul progetto “Passante Al-pe- 
Adria-Belluno – Cadore” che 
comporterà il prolungamento 
dell’asse autostradale da Pon-te 
nelle Alpi a Perarolo di Cado-re 
ovvero 20 Km di tracciato, 25 
metri di sezione, doppia corsia 
per senso di marcia e tre svin-coli 
(Pian de Vedoja, Longaro-ne 
e Perarolo di Cadore). Opera, 
conclusa secondo le previsio-ni 
a inizio 2017, contestata da-gli 
ambientalisti, dai comitati 
locali e da alcune amministra-zioni 
cadorine. Oggi l’impattan-te 
progetto di realizzazione del 
comprensorio sciistico Cadore- 
Civetta che metterebbe in col-legamento 
San Vitro di Cado-re 
a Selva di Cadore. Il Proget-to, 
realizzato dalla Alpi Consult 
per conto della Impianti Scoter 
di San Vito di Cadore, prevede 
come ha spiegato il Presidente 
di Mountain Wilderness Fausto 
De Stefani «la costruzione di un 
nuovo comprensorio sciistico 
che partendo da Chiapuzza a 
San Vito scavalca la montagna 
per arrivare nella Val Fiorenti-na 
attraverso la costruzione di 
otto nuovi impianti, sedici piste 
di sci, quattro ski bar, quattro ri-storanti- 
rifugi. Si tratta di un to-tale 
di 26.694 metri di piste, di 
12.249 metri di impianti, di tre 
vasche di accumulo di risor-sa 
idrica ciascuna della capaci-tà 
di 5.000 metri cubi, di un ba-cino 
di accumulo di 30.000 me-tri 
cubi di acqua, oltre 20 chilo-metri 
di viabilità di accesso al-la 
rete impiantistica, parcheggi 
per circa 15/18.000 metri qua-drati, 
magazzini interrati per il 
ricovero dei mezzi battipista, 
un nuovo anello in quota per lo 
sci di fondo». La capienza totale 
delle persone trasportate è pre-vista 
in 15.000 giornaliere, una 
media valutata tra i 1500 e 2000 
ospiti al giorno, 2.150.000 pas-saggi 
annui, il costo di realizza-zione 
valutabile sugli 80 milioni 
di euro, il costo di esercizio an- 
Dalla parte della laguna 
mo subito che i “misfatti” per-petrati 
nell’ultimo mezzo secolo 
sono molti di più dei “fatti”. Il li-bro 
di D’Alpaos è un atto d’accu-sa 
senza scampo contro la po-litica 
del cemento e delle gran-di 
opere che ha devastato il de-licato 
ecosistema lagunare. Uno 
atto di accusa tanto più spie-tato 
in quanto scritto col lin-guaggio 
tecnico dello scienzia-to 
più che con quello romantico 
dell’ambientalista. «Ci auguria-mo 
che questo libro – ha spiega-to 
Gianfranco Bettin, assessore 
all’ambiente del Comune di Ve-nezia, 
prima di passare la parola 
a D’Alpaos - ci aiuti a tracciare le 
linee di interventi futuri per sal-vaguardare 
la laguna e si comin-cia 
a tener conto dell’ambien-te 
lagunare nel suo complesso: 
Venezia non va salvata dalle sue 
acque ma va salvata con le sue 
acque». La distruttiva apertu-ra 
del canale lei petroli, i proget-ti 
approvati per stralci con la fi-losofia 
“prima fai e poi aggiusta”, 
le barene artificiali «che tutto 
sono – ha commentato D’Alpa-os 
- ma non barene», il Mose as-solutamente 
inutile di fronte al 
previsto innalzamento del livel-lo 
dell’Adriatico ma cha sta tra-sformando 
la laguna in un brac-cio 
di mare aperto, la mancata 
apertura delle valli da pesca. So-no 
solo gli esempi più eclatan-ti 
dei mali che stanno ucciden-do 
quel fragile equilibrio che nel 
corso dei secoli ha fatto nasce-re 
la laguna veneziana. «La la-guna 
ha sempre avuto tre nemi-ci: 
il mare, la terra e l’uomo – ha 
concluso Luigi D’Alpaos, citan-do 
l’eminente ingegnere idrau-lico 
del Cinquecento Cristoforo 
Sabbadino -: negli ultimi anni il 
ruolo dell’uomo è stato prepon-derante. 
Proprio nel momento 
in cui i progressi scientifici of-frivano 
la possibilità di interve-nire 
con giudizio, la politica ha 
scelto di non tener conto del pa-rere 
degli idraulici e degli scien-ziati 
ma di farsi portatrice di in-teressi 
particolari. Non discuto 
che spetti alla politica prende-re 
le decisioni finali, ma la cono-scenza 
del problema e non l’in-teresse 
economico privato do-vrebbe 
stare alla base e guidare 
le sue scelte. Questo non è sta-to 
fatto. Oggi, di fronte ad una 
situazione oramai compromes-sa 
per tanti versi, mi auguro che 
gli interessi particolari vengano 
abbandonati e si cominci a di-fendere 
come un bene comune 
quello che ancora rimane della 
laguna dei dogi». 
nuo – ammortamenti compresi 
– di 6.100.000 euro. «Si sconvol-gono 
oltre 100 ettari di territo-rio 
alpino - sottolinea De Stefa-ni 
-, però non troviamo indica-zioni 
su come si intende inter-venire 
per tutelare beni preziosi 
come gli Habitat di rete Natura 
2000, le zone umide, le torbie-re. 
Nelle zone Sic, come del re-sto 
per l’area del Pelmo riferita a 
Dolomiti patrimonio dell’uma-nità, 
non vi è nessun riferimen-to 
a piani di gestione attivi te-si 
al miglioramento delle ric-chezze 
naturalistiche che ven-gono 
intaccate. Nemmeno una 
riga ci illustra le potenzialità 
di sviluppo qualitativo dell’area 
grazie alla tutela internaziona-le 
dell’Unesco». Mountain Wil-derness 
ha presentato delle os-servazioni 
preliminari allo stu-dio 
di fattibilità del nuovo com-prensorio 
sciistico Cadore-Ci-vetta 
inviandole alla Regione 
Veneto e ai Comuni di San Vi-to 
e di Selva di Cadore conte-stando 
in generale le valuta-zioni 
ambientali, economiche, 
energetiche e turistiche dell’in-tero 
studio. Contro tale proget-to 
il movimento ambientalista 
ha organizzato una grande ma-nifestazione 
per il 13 marzo tro-vando 
l’adesione di associazio-ni 
nazionali quali Legambiente, 
Wwf, Vas, Italia Nostra e di cen-tinaia 
di alpinisti veneti. Anche 
gli alpinisti trentini, ha fatto sa-pere 
in una nota Luigi Casano-va 
sempre di Mountain Wilder-ness, 
parteciperanno all’inizia-tiva 
sottolineando la preoccu-pazione 
che «qualora questi im-pianti 
venissero realizzati, as-sieme 
al collegamento fra Mon-te 
Elmo e la Croda Rossa (Val 
Pusteria, ndr), o l’albergo a set-te 
stelle ai piedi del sasso Piatto 
a Selva di Valgardena, o ancora 
Un atto d’accusa verso 
la politica del cemento e 
delle grandi opere che ha 
devastato l’ecosistema. 
Gianfranco Bettin: 
«Questo testo ci deve 
aiutare per il futuro»
Terra Nord Est martedì 8 marzo 2011 11 
Energia A Papozza la Agri.capital vuole costruire una centrale. Il Movimento 5 stelle si mobilita: «Quell’impianto è una trappola» 
Rovigo, il biogas delle polemiche 
Nic Perle 
P 
rima ha conquistato la 
Germania costruendo 
dal 2004 ben 87 impian-ti 
a biogas ed ora visto il 
successo dell’impresa. La Agri. 
capital si appresta a mettere 
piede anche nel Veneto. La ter-ra 
da occupare per una centra-le 
da 999 Kw è a Papozze, pic-colo 
comune del rodigino. Qui 
non molto lontano dal Delta del 
Po, i campi si estendono all’in-finito. 
Per Agri.capital è un po-sto 
ideale per realizzare un im-pianto 
che consente di vende- 
Mobilitazioni Anche in Veneto tanti appuntamenti per le donne che vogliono parlare della vita reale e costruire un vero cambiamento 
Otto marzo, Carnevale al femminile 
Maria Fiano 
D 
onne in piazza, oggi 8 
marzo, ultimo giorno di 
carnevale. 
Donne in piazza al gri-do 
di “Reddito, diritti, libertà, 
dignità”. Guardano alle piaz-ze 
gremite del 13 febbraio scor-so, 
dove donne e uomini han-no 
ribadito il loro no alle politi-che 
del governo Berlusconi e al-le 
politiche, tutte italiane, del-la 
doppia morale. Una giorna-ta 
di mobilitazione straordina-ria, 
quella del 13 febbraio, che 
in tutte le città ha saputo e vo- 
luto denunciare il progressivo 
restringimento dei diritti e de-gli 
spazi di libertà dovuto al-le 
politiche adottate negli ulti-mi 
anni da governi di centro-destra 
così come di centrosini-stra: 
dimissioni in bianco in ca-so 
di gravidanza, legge 40 sulla 
procreazione assistita, innalza-mento 
dell’età pensionabile, il 
pacchetto sicurezza, i tagli che 
coinvolgono strutture sanita-rie 
e annessi consultori, limita-zione 
della pillola RU486, inser-zione 
di obiettori di coscienza 
all’interno delle strutture pub-bliche 
come più volte ventilato 
dalla Regione Veneto. 
Ecco perché in quest’ultimo 
giorno di Carnevale, le donne 
hanno deciso di non fare festa 
ma di scendere in piazza. Ap-puntamento 
a Padova e in al-tre 
città del Veneto guardando 
al presente: per parlare della vi-ta 
reale e costruire un reale per-corso 
di cambiamento. Il nes-so 
Berlusconi-Marchionne ac-compagna 
slogan e comunica-ti 
ma anche una riflessione pro-fonda 
che mette insieme attac-co 
ai diritti, privatizzazione dei 
beni comuni: le misure adotta-te 
per rispondere alla crisi, da 
Marchionne alla ministra Gel-mini, 
passando per i drammati-ci 
tagli ai servizi sociali rappre-sentano, 
infatti, un minaccio-so 
attacco alle autonomie a al-la 
libertà che vede nelle misu-re 
adottate il tentativo di utiliz-zare 
la crisi economica per riaf-fermare 
il controllo sulle scelte, 
sui corpi, sul presente e anche 
sul futuro. 
E proprio il presente ci dice che 
nel 2010 sono state 127, il 6,7 
per cento in più rispetto all’an-no 
precedente, le donne uc-cise 
in Italia. La maggior par-te 
di queste sono donne italia-ne 
(78%), così come la maggior 
parte degli uomini che le han-no 
uccise (79%). Nella stragran-de 
maggioranza dei casi si trat-ta 
di mariti (22%), compagni, 
conviventi (9%) o ex (23%), ma 
anche figli (11%) e padri (2%). 
In Italia tra il 10 e il 13% della 
popolazione femminile vive in 
una condizione di estrema po-vertà: 
il 40% di queste donne ha 
un’età compresa fra i 19 e i 24 
anni. Oltre 104 mila donne so-no 
state tagliate fuori dall’indu-stria 
negli ultimi 24 mesi. Il 54% 
dei lavoratori subordinati so-no 
donne: a loro sono delegate 
mansioni sempre più margina-li 
nell’organizzazione del lavoro 
e sono le prime ad essere espul-se 
dai processi produttivi. Sta-to, 
famiglia e società scarica-no 
sulle donne i costi principali 
della crisi economica: venendo 
così a mancare tutti quei ser-vizi 
di cui il pubblico dovrebbe 
farsi carico le donne si vedono 
costrette a svolgere il ruolo di 
ammortizzatore sociale. 
Sette ginecologi su dieci, negli 
re l’energia all’Enel e di ricavare 
0,25 cent a kw/h. L’amministra-tore 
delegato della società, Iva-no 
Boaretti, raggiunto al telefo-no 
non conferma e non smen-tisce 
di aver avviato contat-ti 
con i proprietari terrieri per 
ottenere in affitto i campi. Ser-vono 
almeno 400 ettari coltiva-ti 
a mais per produrre l’energia 
necessaria e i contratti devono 
durare 15 anni altrimenti il bu-siness 
salta. Per il Movimento 
locale 5 stelle sono invece cer-ti 
i problemi che porta con sè 
un impianto a biogas di queste 
dimensioni. «Da quando se ne 
parla - afferma il portavoce del 
movimento Giuseppe Dalpas-so 
- l’affitto dei terreni è aumen-tato. 
Più gravi e seri sono inve-ce 
i danni ambientali che crea 
l’impianto. Il via vai di camion 
per il trasporto del cereale pro-durrebbe 
una quantità impres-sionante 
di inquinamento (ani-dride 
solforosa, diossine…) e la 
coltivazione intensiva del mais, 
favorita e sostenuta dalla chi-mica, 
produrrà nel tempo la de-sertificazione 
della terra e l’in-quinamento 
delle false idri-che. 
Un impianto a biogas è una 
trappola per l’agricoltura e nul-la 
ha a che vedere con l’ecolo-gia 
». Ivano Boaretti è di tutt’al-tro 
avviso e spiegherà le buone 
ragioni del progetto nel corso di 
un convegno il 25 marzo pro-mosso 
con la collaborazione 
del Comune di Papozze. Priva-to 
e pubblico già d’accordo alla 
faccia dell’opinione dei cittadi-ni? 
«A pensar male si fa pecca-to 
- chiosa Dalpasso - e sicura-mente 
in quella sede sapremo il 
punto di vista dell’amministra-zione 
comunale dato che fino 
ad oggi il sindaco pur sollecita-to 
pubblicamente a fornire no-tizie, 
si è trincerato dietro una 
Niente festa ma denuncia 
delle tante politiche 
liberticide di centrodestra 
e centrosinistra: legge 
40, tagli ai consultori, 
limitazione 
della RU486 
spessa coltre di silenzio». L’ap-puntamento 
è per il 25 marzo 
ma intanto è sempre AgriCapi-tal 
a fornire una possibile sup-porto 
al sindaco: «Il nostro im-pianto 
- afferma Boaretti - con-sente 
alle amministrazioni co-munali 
di risparmiare in un an-no 
almeno 50 mila euro di bol-letta 
energetica». «Ecco, siamo 
alle solite - replicano quelli del 
Movimento cinque stelle -: ci 
“offrono” soldi per pagare alcuni 
servizi in cambio di esalazioni, 
di inquinamento perché anche 
i biogas emettono inquinanti». 
In Germania, ricorda Ivano Bo-aretti, 
«nessuno si è lamentato 
o si lamenta: i nostri impianti 
sono efficienti non inquinano e 
non hanno ciminiere. Il biogas 
è una fonte energetica rinno-vabile 
prodotta dalla fermenta-zione 
del mais». Sarà forse così 
ma non si spiega come mai nel 
Veneto è un fiorire di impianti 
(per ora sulla carta) da realizza-re 
a biogas o a biomassa che le 
popolazioni però non vogliono. 
Nel padovano a Conselve e a 
Bribano se ne parla da mesi, i 
cittadini sono contrari mentre 
la politica si divide. Nel bellu-nese 
il dibattito ha fatto capoli-no 
qualche settimana fa. A Tri-chiana 
è stata avviata una rac-colta 
di firme contro il proget-to 
per una centrale a biogas. Vi-ceversa, 
ad Auronzo, entro l’an-no 
potrebbe concludersi l’iter 
per l’installazione a Misurina di 
una centrale a biomassa. 
ospedali italiani, sono obietto-ri 
di coscienza rispetto all’abor-to, 
una situazione che ostacola 
sempre di più i diritti e le tute-le 
riconosciuti alle donne dalla 
legge 194. In Veneto, ad esem-pio, 
la percentuale di obietto-ri 
tra i ginecologi si alza sino a 
raggiungere l’80.8%. 
Tra gli appuntamenti previ-sti, 
a Padova critical mass alle 
ore 10:30 in piazza dei Signori. 
A Venezia, tra le maschere e i 
coriandoli di un carnevale de-dicato, 
almeno nel titolo, alla 
Città delle Donne, il collettivo 
Electronigirls dà appuntamen-to 
a tutti al SaLE Docks questa 
sera a partire dalle ore 22 per 
una serata di elettronica tut-ta 
al femminile e con l’obietti-vo 
di far conoscere le pioniere 
di questo genere musicale. 
Scendono in piazza le donne, 
oggi 8 marzo. Donne capaci di 
guardare verso il futuro: se non 
sempre quando?
12 martedì 8 marzo 2011 
Terra Milano A cura di Anna Pellizzone ed Erica Sirgiovanni 
Politica Presentato nella sede del Consiglio regionale il Comitato per il “No” al referendum. Con il via libera di Lega Nord e Pdl 
Arriva il nucleare in salsa padana 
© LaPresse 
Erica Sirgiovanni 
L 
oro si definiscono «am-bientalisti 
non fondamen-talisti 
spinti da un ecologi-smo 
non talebano». E per 
dimostrarlo hanno deciso di co-stituire 
un comitato per soste-nere 
le ragioni del ‘No’ al referen-dum 
sul nucleare. L’associazione 
Fare Ambiente ha scelto la sede 
del consiglio regionale lombar-do, 
per organizzare ieri un incon-tro 
dal titolo fin troppo esplicito: 
‘’Nucleare: energia pulita, econo-mica 
e sicura’’. A fare gli onori di 
casa, anche se in qualità di udi-tore, 
Giosuè Frosio, esponente di 
punta del carroccio e Presiden-te 
della Commissione ambien-te 
del Consiglio Regionale che ha 
espresso il proprio personale pa-rere 
a favore del ritorno al nucle-are. 
Tra i relatori, oltre a Vincenzo 
Pepe, presidente dell’associazio-ne 
Fare Ambiente, anche il depu-tato 
Paolo Russo (Pdl), presiden-te 
della commissione Agricoltu-ra 
della Camera. Tra i più acce-si 
nel perorare la causa pro-nu-clearista 
si è distinto Franco Bat-taglia, 
docente di Chimica Am-bientale 
all’Università degli studi 
di Modena, convinto sostenitore 
dell’atomo. Battaglia non perde 
occasione per definire le energie 
rinnovabili «un’illusione che non 
risolve il problema dell’approvvi-gionamento 
energetico». La scel-ta 
della Lombardia per il debutto 
del Comitato per il “No” non sem-bra 
casuale. Proprio questa regio- 
Economia Sempre più imprese investono sulla qualità ambientale e sociale. Con il favore dei consumatori 
La sostenibilità che vince 
Flora Cappelluti 
M 
a la sostenibilità vie-ne 
realmente integra-ta 
dalle aziende nella 
gestione della filiera? 
E qual è il reale impatto sulle de-cisioni 
di acquisto dei consuma-tori? 
A queste domande ha cer-cato 
di rispondere la ricerca “Per 
una filiera sostenibile: il punto di 
vista di imprese e consumatori”, 
che la Fondazione Sodalitas - in 
collaborazione con GfK Eurisko 
che ha condotto l’indagine - ha 
presentato in anteprima a Mila-no. 
La ricerca quali-quantitati-va 
è stata sviluppata dal Labora-torio 
Pmi, con la partecipazione 
dell’organismo internazionale di 
certificazione Bureau Veritas, e 
da Filiera Sostenibile, composto 
da quattro imprese che hanno 
saputo ripensare il loro model-lo 
di business attorno alla soste-nibilità: 
Filca Cooperative, Gam 
Edit, Mazzali e Palm. 
Per l’indagine è stato preso in 
considerazione un campione di 
500 consumatori rappresentati-vi 
della popolazione italiana e di 
183 imprese nazionali. Nella fa-se 
qualitativa sono stati inoltre 
intervistati individualmente ot-to 
responsabili acquisti di im-prese 
che aderiscono a Fonda-zione 
Sodalitas. «L’obiettivo del-la 
ricerca era quello di compren-dere 
come la sostenibilità venga 
realmente integrata dalle azien-de 
nella gestione della filiera e 
come impatti sulle decisioni di 
acquisto dei consumatori - ha 
dichiarato a Terra Ugo Castella-no, 
consigliere delegato di Fon-dazione 
Sodalitas - È significa-tivo 
infatti che la ricerca sia sta-ta 
promossa da un laboratorio 
interamente composto da Pmi. 
Una volta tanto sono le picco-le 
e medie realtà italiane a rap-presentare 
l’avanguardia del si-stema 
imprenditoriale». Dalla 
ricerca è emerso che la sosteni-bilità 
è ormai un valore di riferi-mento 
per il 58% delle Pmi inter-vistate 
ed è più diffusa tra quel-le 
che operano anche sui merca-ti 
esteri. Solo in un quarto delle 
aziende del campione esiste at-tualmente 
un responsabile della 
sostenibilità/CSR, che nella gran 
maggioranza dei casi (71%) ri-porta 
direttamente al top mana-gement 
(amministratore delega-to, 
direttore generale o Consiglio 
di Amministrazione). Per quanto 
riguarda i consumatori invece, la 
maggioranza (63%) ha già senti-to 
parlare di sostenibilità, anche 
se solo il 19% (giovani, con istru-zione 
medio-alta) ritiene di co-noscerne 
davvero il significato, 
con una prevalenza degli aspet-ti 
ambientali (83%) su quelli so-ciali 
(64%). Oggi, dato importan-te, 
già un quarto dei consumato-ri 
italiani sceglie quali prodotti 
acquistare anche in base alla so-stenibilità 
della filiera e tre quar-ti 
dei consumatori dichiara la di-sponibilità 
a pagare di più per un 
prodotto garantito. L’attenzio-ne 
alla filiera è giudicata in pro-spettiva 
importante per tutte le 
categorie di prodotto ma in par-ticolare 
per i prodotti alimenta-ri 
(71%) e per i detersivi (65%). 
In questa fase un ruolo decisi-vo 
spetta alla comunicazione, in 
grado di consolidare una cultu-ra 
della sostenibilità e fornire in-dicazioni 
chiare sui comporta-menti 
da mettere in atto. I con-sumatori 
chiedono infatti un’in-formazione 
più completa e affi-dabile: 
solo il 19%, infatti, la con-sidera 
soddisfacente. 
ne, infatti, insieme a Piemonte, 
Campania e Veneto (tutte a gui-da 
Pdl e Lega) il 3 marzo scorso 
aveva strizzato l’occhio all’atomo, 
a differenza delle altre regioni che 
avevano espresso un no secco al 
decreto relativo ai criteri per la 
localizzazione degli impianti nu-cleari, 
Il dibattito si era già acce-so 
nell’ottobre dello scorso an-no, 
quando l’allora neo Ministro 
dello sviluppo economico Paolo 
Romani, aveva aperto al nuclea-re 
preannunciando la possibilità 
che una delle nuove centrali, po-tesse 
essere costruita proprio nel-la 
nostra regione. «La Lombardia 
ha praticamente raggiunto l’auto-sufficienza 
energetica quindi in 
questo momento non c’è bisogno 
di centrali di nessun tipo», aveva 
dichiarato Formigoni subito do-po. 
Lasciando però aperti mol-ti 
margini di dubbio sulle reali in-tenzioni 
della maggioranza del 
Pirellone. Già allora, infatti, si la-sciava 
trasparire l’apertura all’ato-mo 
fortemente voluto da Berlu-sconi 
che con il passare dei gior-ni 
è puntualmente arrivata. «La 
presenza di Florio certifica come 
la Lega Nord si stia allineando al-la 
linea nuclearista - ha dichiara-to 
a Terra Gabriele Sola, consi-gliere 
regionale dell’Italia dei Va-lori, 
che da giorni guardava con 
sospetto all’incontro di ieri matti-na- 
noi siamo dell’idea che il nu-cleare 
sia una scelta cara solo a 
determinate lobby, evidentemen-te 
una forza come la Lega che si 
definiva popolare e popolana ha 
modificato la propria idea avvi-cinandosi 
a quei centri e a quegli 
intrecci di potere che guardano 
con estremo interesse a questo 
tipo di soluzione. Ora siano coe-renti 
e spieghino al loro elettora-to 
che una delle centrali potreb-be 
essere situata proprio nella lo-ro 
cara Padania». 
I risultati della ricerca 
promossa dalla 
Fondazione Sodalitas. 
Il 58% delle Pmi punta 
sulle filiere eco-solidali. 
Il ruolo centrale 
dell’informazione 
Info: milanoterranews@gmail.com 
In fondo 
Expo? Meglio 
su due ruote 
Marco Menichetti* 
e Stefano Bettera** 
Lo diciamo ormai da anni: 
mentre l’Europa corre, la 
mobilità sostenibile a Mi-lano 
è ferma alle promes-se. 
Londra, ultima arrivata 
nel servizio di bici pubbli-che, 
è già all’avanguardia e 
si sta preparando alle Olim-piadi 
del 2012. Il paralleli-smo 
con la Milano dell’Ex-po 
è immediato. La capita-le 
inglese ha puntato sulle 
due ruote con 8mila veicoli 
in bike sharing, 12 autostra-de 
della bici e le “Boris bi-kes”, 
di cui il sindaco Boris 
Johnson è il primo sponsor 
e utilizzatore. Ma non so-lo: 
la rete della metropolita-na 
è tutta rinnovata ed è già 
in funzione la Oyster Card, 
una carta per i mezzi pub-blici, 
la rete suburbana fer-roviaria 
ed altri servizi di 
mobilità. Più la usi e più si 
abbassa il costo del singo-lo 
viaggio, con la possibilità 
di effettuare un numero illi-mitato 
di utilizzi ad un co-sto 
totale sempre minore di 
qualsiasi altro abbonamen-to 
o singolo biglietto. A Mi-lano, 
grazie a Legambiente, 
è operativa la prima Cen-trale 
di Mobilità italiana, 
che offre sempre più servi-zi, 
prodotti di mobilità inte-grata, 
come il bikesharing 
e il carsharing, informazio-ni 
e suggerimenti a chi vuo-le 
muoversi in maniera so-stenibile 
a Milano e Monza. 
Uno strumento fondamen-tale 
sarà anche il primo ma-nuale 
europeo sul bikesha-ring 
che i partner del pro-getto 
europeo Obis (tra cui, 
per l’Italia, Legambiente e 
Ecoistituto Alto Adige) pre-senteranno 
a Praga a giu-gno: 
un prontuario per la 
progettazione e lo svilup-po 
del servizio. Londra, co-me 
Barcellona o Berlino so-no 
esempi che indicano be-ne 
la strada che Milano de-ve 
ancora percorrere per di-ventare 
una metropoli at-tenta 
su tutto il proprio ter-ritorio 
alle biciclette. Riu-scirà 
la prossima ammini-strazione 
a fare anche l’Ex-po 
delle due ruote? 
* Responsabile Centrale 
di Mobilità di Legambiente 
(www.centralemobilita.it); 
** Ufficio stampa 
Legambiente
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  • 1. Lampedusa Riprendono gli arrivi dalla Tunisia. La Guardia costiera: «Sono cambiate le rotte, partono anche da Nord» Sicilia, sbarcano in mille ©ansa/di meo Idee Donne, sempre risorsa per la democrazia Un otto marzo storico, memora-bile, di speranza. Per tutte le don-ne, dall’infanzia alla vecchiaia, ma in particolare per le giovani don-ne. Alcuni accadimenti hanno catturato l’attenzione e l’imma-ginario di tutto il mondo in que-sti ultimi mesi. Tra questi, lo scan-dalo delle ragazze che si prosti-tuivano con un anziano, ricco e potente, in proprio e per conto terzi. Quindi, la ribellione e il mo-to di sdegno che ha attraversa-to le donne, di ogni età, convin-zione e condizione, portandole in centinaia di piazze in Italia e nel mondo nella storica manifesta-zione del 13 febbraio. Un milione di donne in marcia per la dignità. Il femminismo è stato un fenome-no culturale e sociale di grande ri-levanza storica, ancorché mino-ritario e d’elite. Ora, la coscienza diffusa, finalmente maggioritaria, del punto bassissimo toccato dal-la politica e dal costume nel no-stro paese, ha raggiunto e coinvol-to anche molti uomini. E tutti in-sieme abbiamo detto “basta”. 9 772036 443007 1 0 3 0 8 Negli ultimi due giorni sono giunti circa 1.600 tunisini, 1.000 solo nella notte tra domenica e lunedì. Tra loro anche una donna tedesca fuggita con sua figlia da un marito violento. Il Centro d’accoglienza dell’isola è saturo Rieccoci Manifestazioni in tutto il mondo per la giornata delle donne. In Italia torna in 100 piazze “Se non ora quando” Segue a pagina 7 Otto marzo Dabbous a pagina 2 Sped. in Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB - Roma Anno VI - n. 56 - martedì 8 marzo 2011 - E 1,00 Nordest Le Dolomiti e il comprensorio sciistico della discordia pagine 10 e 11 Lucia Coppola, consigliere comunale Verdi Trento Servizi alle pagine 4, 5, 6 e 7 Gheddafi contrattacca Nuove stragi Annalena Di Giovanni Biotestamento Viareggio 3 Brasile Dalle città Proposte Parità di genere Una priorità della politica L’8 marzo 2011 assume in Italia un significato particolare, di maggio-re consapevolezza e meno retorica distratta del solito. Saranno i cen-to anni passati dalla prima giorna-ta internazionale della donna e le numerose classifiche che metto-no l’Italia in fondo alla classifica, saranno gli innumerevoli scandali parapolitici con avvenenti e prez-zolate ragazze al centro dell’atten-zione e il successo della manife-stazione “se non ora quando” del 13 febbraio scorso, ma sulla que-stione femminile c’è un certo mo-vimento e la sensazione che, dav-vero, non si può continuare cosi e che sono le donne che devono darsi una mossa per prime. Tutti in piazza contro una legge incostituzionale «Non ci rassegniamo al ddl Ca-labrò sul testamento biologico e chiediamo l’avvio di un’indagine conoscitiva parlamentare sull’eu-tanasia clandestina». Lo han-no gridato ieri mattina i militan-ti del partito Radicale e dell’As-sociazione Luca Coscioni in un sit in che dalle 11 alle 15 ha oc-cupato piazza Montecitorio e ha richiamato centinaia di persone. E mentre con una maratona ora-toria si chiedeva lo stop per una legge da “Stato etico”, ai banchet-ti si raccoglievano le firme per la petizione sull’indagine conosci-tiva. Domani si replica. L’inizia-tiva, hanno spiegato i Radicali, è il simbolo «di un dibattito che si deve aprire nel Paese». Monica Frassoni, co-presidente del Partito verde europeo Laura Cipriani Al via le perizie per la strage ferroviaria che due anni fa provocò 33 morti e 25 feriti. Il processo inizierà nel 2012 ma già rischia la prescrizione 9 Nuovo avanti tutta per la diga di Belo Monte. L’alta corte ribalta la sentenza di blocco dei lavori emessa due settimane fa 12-13 Milano: arriva il nucleare in salsa padana Napoli: la città è stanca dei trasformisti e dei Consiglieri comunali voltagabbana Clima Emanuele Bompan Salta il vertice di Mexico City. «Così i negoziati sono a rischio» l 2011 non sta prendendo una buona piega per i negoziati in-ternazionali sul clima. Tra gli esperti dei think tank ambien-talisti di Washington da settimane serpeggia il malumore, do-po le dichiarazioni del negoziatore americano per il clima, Todd I Stern, il quale, nei giorni scorsi avrebbe negato ogni possibilità di un accordo legalmente vincolante nel 2011. «Non sarà possibile siglare un impegno vincolante durante il prossimo negoziato sul clima di dicembre a Durban (South Africa)», ha annunciato Stern. «Cina, India ed altri non sono pronti a firmare un accordo con dei vincoli legali», dimenticando di specificare che anche il suo Paese avrebbe grosse difficoltà a far approvare al Congresso un trattato o un accordo sul clima. Segue a pagina 3 Segue a pagina 8 Segue a pagina 7 Se c’è una certezza ormai, nella crisi libica, è che durerà a lungo. E che Gheddafi, non è più ridotto al-la sola roccaforte di Tripoli presa d’assalto dalle forze della Coalizio-ne del 17 febbraio. Se i ribelli, for-ti dell’adesione dell’esercito e de-cisamente superiori in numero ri-spetto ai fedelissimi e ai mercena-ri, in questi giorni sono riusciti ad appropriarsi degli arsenali del Co-lonnello prima che questi riuscis-se a bombardarli, adesso Ghedda-fi sta ridisegnando la mappa del-le conquiste spingendosi ad est ol-tre Sirte, il luogo d’origine del suo clan. Ieri l’offensiva ha colpito an-cora Az Zawiyah e Misurata ma soprattutto la via fra Bir Jawad e il porto petrolifero di Ras Lanuf. Il bilancio sarebbe di 12 morti da entrambi i lati e 42 feriti, «per la maggior parte colpiti da fuoco amico», specificava la corrispon-dente Jackie Rowland da Brega. Secondo la stampa araba gli sforzi di mediazione andrebbero avanti, con Gheddafi pronto a negoziare l’esilio in cambio dell’incolumità; ma il compromesso per ora sem-bra improbabile. Segue a pagina 2 Libia
  • 2. 2 martedì 8 marzo 2011 >>Primo Migrazioni © de grandis/LaPresse lunedì - dimostrano che l’allarme che abbiamo lanciato era assolu-tamente fondato». Maroni ha an-che reso noto che sarebbero riap-parse le organizzazioni crimina-li che in passato operavano in Li-bia, nel sud della Tunisia, notizia ancora non pervenuta ai media tunisini come confermato da Sa-mira Khiari Kchaou, giornalista di uno dei quotidiani più diffusi nel Paese, el Chourouk. «Con il nuo-vo governo stanno aumentando i pattugliamenti delle coste», di-ce la cronista, «soprattutto a Zar-zis, ma di fatto in Tunisia si conti-nua a sminuire molto il fenomeno migratorio verso Lampedusa. Al-cune associazioni umanitarie so-no riuscite a dire addirittura che sull’isola ne sarebbero arrivati so-lo un migliaio». Da metà genna-io invece sono stati almeno 6mi-la. Tra questi anche tanti minori: nell’ultimo flusso, quello dei mil-le, ce ne sono almeno 25. «Ma po-trebbero essere molti di più», av-verte Tareke Brahane di Save The Children. «Siamo troppo impe-gnati nel soccorso degli sbarchi, al momento, le operazioni di indi-viduazione dei minori vanno a ri-lento ». Tranne che per qui tre pic-coli di 4, 7 e 8 anni, arrivati con le loro mamme. Una bimba è euro-pea. Frutto di un matrimonio mi-sto finito male: sua madre, una cittadina tedesca, due giorni fa ha colto l’occasione per fuggire dal marito tunisino che l’avrebbe rele-gata in casa. Migrazioni Oltre 1.600 persone negli ultimi due giorni sono giunte sull’isola. Il ministro Maroni lancia l’allarme sui trafficanti di uomini: «Si sono spostati dalla Libia alla Tunisia» Riprendono gli sbarchi Emergenza a Lampedusa Susan Dabbous L Conflitti avora senza sosta la Guar-dia costiera di Lampedusa. Da due giorni sono ripre-si gli sbarchi a ritmi serra-ti: 14 solo tra le 19:00 di domenica e l’alba di lunedì scorso, con a bor-do un totale di 1.169 tunisini, tut-ti in buone condizioni di salute. Ieri, poi, gli arrivi sono continua-ti per tutto il giorno, almeno fino alle cinque del pome-riggio quando, contat-tato il Comandate An-tonio Morana, ha dato notizia di altri sette av-vistamenti. «Il numero delle persone a bordo potrebbe essere di 4 o al massimo 500. Quelli che arrivano a Lampe-dusa Tra i migranti anche una donna tedesca fuggita con la figlia di 4 anni dal marito tunisino – dice il comandante – pro-vengono tutti da rotte che parto-no dal Sud della Tunisia, chi inve-ce è sbarcato a Pantelleria è par-tito da Nord». Il riferimento è a quella piccolissima imbarcazione con 7 persone trovate poi a giro-vagare per le strade di Pantelleria, non attrezzata per un’emergenza. Dal centro d’accoglienza di Lam-pedusa, invece, l’amministrato-re delegato della struttura, Cono Galipò, fa sapere che la situazione può rimanere sotto controllo, no-nostante si ormai satura, «solo se si continuano i trasferimenti. Ieri – ha detto – ne sono partiti 360. Nel centro ne rimangono ancora 1.123. Ma i numeri cambiano di ora in ora. La rapidità dei trasfe-rimenti è strategicamente impor-tante in vista del famigerato eso-do biblico». Ovvero il flusso mi-gratorio senza precedenti paven-tato dal capo del Viminale, Rober-to Maroni, che ci è costato il rim-provero sui «falsi allarmismi» da parte dell’Unione europea. Ora però il ministro leghista sem-bra potersi prendere la sua pic-cola rivincita: «Gli sbarchi di que-sta notte – ha detto riferendosi a Conflitti In Libia crescono le pressioni per un intervento militare anti regime. Ma il fedele alleato degli Usa, l’Arabia Saudita, ora deve far fronte al crescente scontento interno Gheddafi contrattacca è guerra di posizione Di Giovanni dalla prima Se l’Italia frena sul coinvolgi-mento militare dichiarando di essere in trattativa con il gover-no provvisorio di Benghasi, la Nato intanto insiste sull’emer-genza, parlando di stragi e vin-colando l’intervento al sì Onu. A monte rimane la questione del-la No Fly Zone, approvata fino-ra dal Senato Usa ma ben lon-tana dall’essere messa in opera. Anche se alcune frange dei ribel-li vedono positivamente l’idea di impedire le incursioni dell’avia- zione di Gheddafi, controllare lo spazio aereo libico compor-terebbe blindare militarmente i confini con centinaia di mez-zi e migliaia di uomini con co-sti enormi. Intanto nel mediterraneo porta-erei e truppe continuano a muo-versi verso la Tripolitania. An-che l’ex premier maltese Karme-nu Mifsud Bonnici ha dichiarato ad Al Jazeera di non credere as-solutamente che i sofisticati ve-livoli occidentali giunti a Malta in questi giorni siano stati instal-lati solo per favorire l’evacuazio-ne dei cittadini stranieri in Libia: «Sono nella nostra isola per os-servare la Libia in previsione di un intervento militare, stanno solo sfruttando la situazione per i propri fini». Ma un piano d’in-tervento Nato, a quanto pare, non è la sola carta per paesi co-me gli Stati uniti, forti di un’alle-anza di ferro con un regno come l’Arabia Saudita, che da anni in-veste milioni di dollari in arsena-li. Ieri un articolo firmato da Ro-bert Fisk segnalava una precisa richiesta di intervento da parte di Washington nei confronti di Riyadh, incaricata di armare i ri-belli di Benghazi in via del tutto discrezionale. Ma Fisk, che nei giorni scorsi è stato fra i pochi giornalisti occidentali ad assiste-re ai massacri dei manifestanti sciiti in Bahrain – l’isola connes-sa alla zona dei pozzi petroliferi sauditi da mezz’ora di autostra-da artificiale -, ha visto con i pro-pri occhi come mai al momento il re Abdallah non è in grado di accontentare gli alleati america-ni: i carri armati sauditi sono sta-ti stanziati a Mananma per re-primere le proteste sciite contro l’alleato, il re del Bahrain. E men-tre le proteste continuano, l’on-da di rivolte sembra aver conta-giato anche l’altra sponda, ovve-ro quel dieci per cento di cittadi-ni sauditi sciiti che venerdì pros-simo vorrebbero marciare per I propri diritti e contro l’oppres-sione. Il re saudita sta correndo ai ripari proibendo ogni manife-stazione e per venerdì si preve-de già una cruenta repressione di qualsiasi dissenso; repressio-ne che richiederà anche lo stan-ziamento di una forza militare. Insomma più che preoccuparsi di aiutare gli alleati occidentali in Libia, Riyadh adesso ha il ro-vello di proteggere i propri poz-zi dall’ondata di rivoluzioni de-mocratiche che sembra colpire il resto del mondo arabo, ed evita-re che il petrolio, già salito a 106 dollari in reazione alle vicende libiche, finisca col raddoppiare la corsa per via degli eventi nel Golfo. Mercati Politica La crisi libica non accenna a migliorare, togliendo - secondo una stima della Agenzia Internazionale per l’Energia - circa un milione di barili di petrolio al giorno dal mercato. In Arabia Saudita il malcontento trape-la sempre più sul web. L’incertezza ha spinto il petrolio Wti fino a 107 dollari ieri, spingendo tutte le borse in territorio negativo. Le attese di inflazione portano i mercati a scontare rialzi dei tassi di interesse, con un conseguente riduzione della crescita economica nel mondo. Sale il petrolio per la crisi, scendono le borse Il sindaco de L’Aquila: «Mi dimetto» © Ansa
  • 3. martedì 8 marzo 2011 3 piano>> Giustizia © Sanesi/LaPresse Diritti dello Stato, Rete ferroviaria italia-na (Rfi), Trenitalia, Fs Logistica e Cima Riparazioni. Ieri gli indagati, tra cui l’amministratore delegato delle Ferrovie Mauro Moretti, non erano in “aula”. C’erano solo gli av-vocati, riaccendendo la rabbia di chi ha perso i proprio cari. «Pen-so si vergognino parecchio dimo-strando una mancanza di dignità per non avere il coraggio di guar-darci negli occhi», commenta Da-niela Rombi, presidente dell’Associazione fami-liari delle vittime di Via-reggio. «È un giorno im-portante ma nessuno mi restituirà mia moglie e i miei figli», ammet-te Marco Piagentini che ha riportato ustioni sul 95 per cento del corpo, perdendo i figli Luca (5 anni), Lo-renzo (2 anni e mezzo) e la moglie Stefania. Per l’avvocato Alfonso Stile, che difende l’ad di Rfi Miche-le Mario Elia, «il rispetto si mani-festa in un’altra maniera, non con una presenza fisica inutile e priva di significato». ell’area fieristica di Luc-ca è stato affidato ieri ai periti l’incidente proba-torio per la strage di Via-reggio. L’incidente ferroviario che il 29 giugno 2009 provocò la morte di 33 persone e il ferimento di altre 25. I risultati arriveranno il 2 no-vembre, mentre il 21 aprile verrà fissato il calendario dei 21 accer-tamenti irripetibili sugli elemen-ti del treno e della rete ferrovia-ria coinvolti nel disastro e l’even-tuale simulazione dell’incidente. Un lavoro complesso non fattibi-le in tribunale che ha portato il gip di Lucca Simone Silvestri a sce-gliere i padiglioni del Lucca Con-gressi e Fiere. Esami che dovran-no accertare la causa del deraglia-mento del convoglio e della rottu-ra della ferrocisterna da cui fuo-riuscì il Gpl: a squarciare il carro potrebbe essere stato un picchet-to, una “deviata zampa di lepre” di uno scambio o la scarsa manuten-zione. Inoltre la raccolta anticipa-ta delle prove, prima dell’avvio del dibattimento, richiederà tempo e il processo potrebbe iniziare non prima del 2012. A dirlo è lo stesso presidente del Tribunale di Lucca, Gabriele Ferro, che calcola i tem-pi dei vari passaggi: fine incidente probatorio entro «luglio altrimen-ti a metà ottobre», udienza preli-minare e rinvii a giudizio «genna-io- febbraio 2012» e dibattimento «alle soglie dell’estate» con termi- Strage di Viareggio Il giorno della perizia Alessandro De Pascale N Giustizia Alla Fiera di Lucca inizia l’incidente probatorio che stabilirà le cause del disastro. I 38 indagati, tra cui l’ad di Ferrovie Moretti, non partecipano. Processo nel 2012 a rischio prescrizione Il capo dello Stato Giorgio Napolitano incontra i familiari delle vittime della strage ne «fine 2012 o inizio 2013». Pec-cato che il maxi processo (349 parti offese, 8 aziende e 38 indaga-ti) per incendio e disastro ferrovia-rio colposi, lesioni e omicidio col-posi e mancata valutazione dei ri-schi, potrebbe finire su un bina-rio morto chiamato prescrizione. Ancora di più se il governo appro-verà la legge sul “processo breve”: «Se durerà più di due anni c’è il ri-schio che il reato di omicidio col-poso plurimo cada in prescrizio-ne », denuncia Enrico Rossi, pre-sidente della Regione Toscana (parte civile) e commissario dele-gato alla ricostruzione (3,8 milio-ni di euro erogati sui 10 destinati dal governo a superstiti e familiari delle vittime). Potrebbero cavarse-la così Gatx Rail Austria (proprie-taria dei 14 vagoni coinvolti), Gatx Rail Germania, Officina Jungen-thal di Hannover, Gruppo Ferrovie Diritti Sit in dei Radicali e della Coscioni per aprire un dibattito pubblico e contro il ddl Calabrò. Emma Bonino: «La posizione pilatesca del Pd è un sostanziale via libera alla norma» Cipriani dalla prima i «Dibattito finora impedito - di-chiarano Biotestamento, una legge i Radicali - per la paura che i partiti hanno di quel 66% di italiani favorevoli alla legalizzazio-ne dell’eutanasia e di quel 77% di favorevoli al testamento biologi-co ». In piazza c’era anche Carlo Troilo, dirigente dell’Associazione Coscioni, in sciopero della fame: «è una battaglia che mi ha spinto fino al digiuno dopo che mio fra-tello, malato terminale di leuce-mia, si è buttato dal quarto piano dopo aver cercato invano un me-dico che mettesse fine al suo dolo-re ». «L’iniziativa di Carlo è impor-tante - ha sottolineato Gianfran-co Spadaccia ex parlamentare e dirigente storico radicale – perché con questa protesta sta cercan-do di dialogare con i suoi ex com-pagni socialisti che sono passati a Forza Italia e poi alla Pdl e ora in parlamento sostengono que-sta legge». «è drammatico che ri- contro l’80% degli italiani spetto al fine vita non decidano i cittadini, ma i medici, Sacconi, il governo, chiunque ma non loro», ha detto la radicale Emma Boni-no, vicepresidente del Senato, che ha definito «sconcertante» il fatto che «non ci sia nessuna forma di mobilitazione. Noi vogliamo gua-dagnare tempo e vogliamo che la gente sia informata su queste co-se, non dobbiamo decidere né io, né Marco Pannella: ogni cittadino deve poter scegliere per se stes-so ». Inoltre la Bonino ha definito “pilatesca” la posizione del Pd, che «ancora una volta decide di non decidere. Il loro è un sostanziale via libera alla legge della maggio-ranza. Perché limitarsi alla richie-sta di sospensiva dà il senso di una battaglia proforma, di una non-battaglia ». Inoltre Bonino chiede spazi informativi della tv pubbli-ca: «Nel tempo che ci sarà da qui al voto, vogliamo che sia data am-pia e imparziale informazione agli italiani. Tutte le posizioni devo-no essere rappresentate, compre-sa la nostra». Richiesta subito ac-colta dal senatore Vincenzo Vi-ta del Pd che si è fatto portavoce della proposta alla commissione di Vigilanza della Rai per uno spa-zio adeguato in tv per il dibattito sul testamento biologico. «Il plu-ralismo è anche quello dei temi, - ha spiegato - la Rai, se è un ser-vizio pubblico, deve dare spazio anche a questo dibattito, perché il voto a Montecitorio sia il frutto di una conoscenza reale dell’argo-mento e non delle posizioni fazio-se dei vari Minzolini». Pannella ha ricordato Giovanni Paolo I: «do-vette pregare non Dio, ma il suo Vaticano per poter tornare “nel-la casa del padre”». «Questa è una legge contro il testamento biologi-co – ha dichiarato Marco Cappa-to, segretario dell’Associazione Lu-ca Coscioni - contro la Costituzio-ne e contro la volontà dell’80% de-gli italiani. L’unica possibilità che ha di passare è se l’opposizione non farà l’opposizione e se non ci saranno confronti su questo tema nei grandi spazi di “disinformazio-ne” di Rai e Mediaset». Infine una stoccata al Pd, perché «è parados-sale, se non ridicolo - ha concluso Cappato - che chi parla della no-stra Costituzione come la più bel-la del mondo non sia qui in piazza a manifestare». Inizieranno oggi una serie di incontri allo Sviluppo economico, tra il ministro Paolo Romani, le banche e le imprese. Il tema sono gli in-centivi alle energie rinnovabili dopo che le associazioni di categoria hanno denunciato le conseguenze «particolarmente gravi» del nuo-vo decreto. Ieri sotto la Prefettura di Firenze c’è stato un sit in degli ambientalisti e del centrosinistra per ribadire la propria contrarietà al testo “ammazza-rinnovabili”, al grido «non spengiamo il futuro». Il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente ha annunciato ieri, nell’aula del Consiglio comunale, le sue dimissioni. E raggiunto al telefono da un’emittente locale le ha definite «vere e irrevocabili». A scatenare la reazione del primo cittadino è stata la mancanza del numero lega-le in aula mentre si discuteva la delibera sulla riorganizzazione delle società partecipate. Poco probabile, se le dimissioni verranno con-fermate, il voto insieme alle prossime amministrative di maggio. Rinnovabili Ancora proteste Nuovo vertice allo Sviluppo L’Associazione familiari delle vittime: «Non sono in aula perché penso si vergognino parecchio»
  • 4. >>Otto A Caracas, il cuore verde e rosa della rivolta femminile 4 martedì 8 marzo 2011 Diritti ©Barbara Meo Evoli Diritti Nella capitale venezuelana termina oggi la prima Conferenza mondiale delle donne di base. Migliaia di persone giunte da oltre trenta Paesi per quattro giorni dedicati alle problematiche di genere, ma anche alle questioni ambientali Barbara Meo Evoli da Caracas A cento anni dall’istituzio-ne dell’otto marzo, ol-tre mille donne di più di trenta Paesi del mon-do si sono ritrovate a Caracas per rivendicare i propri diritti. La prima Conferenza mondiale delle donne di base, iniziata il 4 marzo, termina oggi con un cor-teo. È il primo incontro interna-zionale non istituzionale e auto-finanziato con la finalità di di-scutere delle problematiche di genere. Molti i temi toccati nei workshop organizzati nell’in-contro: dalla sessualità alla vio-lenza, dalla femminilizzazione della miseria alla discriminazio-ne sul lavoro, dalla tratta all’in-quinamento. «Noi donne sia-mo più sensibili ai danni arrecati alla natura» afferma la venezuelana De-yanira Aguilva del Fronte delle donne d’avanguardia so-cialista Manueli-ta Sáenz. «Abbiamo percepito il danno enorme che governi e im-prese stavano arrecando all’am-biente e oggi siamo sempre più presenti negli organi destinati alla difesa del territorio», sostie-ne con soddisfazione facendo ri-ferimento anche alla sua parte-cipazione nella Commissione per l’operazione di recupero del fiume Aragua, ad ovest di Cara-cas. Anche Eylen Yildiz, la dele-gata della Turchia del Movimen-to democratico delle donne, concorda con Aguilva: «Noi non siamo contro l’uomo, ma contro la dominazione dell’uomo, insie-me dobbiamo lottare per la dife-sa dell’ambiente – dice -. Le don-ne, che da tempo hanno smesso di stare più zitte, stanno gesten-do sempre più iniziative per la tutela delle risorse naturali». Alla Conferenza partecipano membri di collettivi, organiz-zazioni sociali e sindacali, mo-vimenti femministi e donne e uomini presenti a titolo indivi-duale che si battono per la tu-tela dei diritti di genere. Sfortu-natamente, a varie delegazioni provenienti da continenti diver-si non è stato permesso di usci-re dal proprio Paese a causa del-la mancata concessione di vi-sti. Così sono mancate all’appel-lo varie nazioni importanti. Ol-tre ai quattro paesi promotori dell’incontro (Ecuador, Argenti-na, Venezuela e Germania), che hanno cominciato a riunirsi nel 2007, sono presenti Messico, Co- lombia, Romania, Olanda, Francia, Repubblica domi-nicana, Svizzera, Bangladesh, India, Mali, Indone-sia, Egitto, Marocco, Serbia, Su-dafrica, Kurdistan, Irak, Austria, Brasile, Iran, Portogallo, Belgio, Turchia, Cile, Perù, Eritrea, Filip-pine, Usa e Italia. Nell’inaugurazione dell’evento le partecipanti hanno posto in evidenza come le donne, anche se provengono da paesi molto distanti e diversi tra di loro, sof-frono le stesse discriminazioni e affrontano problemi molto si-mili. Tra tutti i flagelli mondiali la violenza contro le donne per esempio è la più equamente ri-partita: la si trova in tutti i pae-si, in tutti i continenti e presso tutti i gruppi sociali, economici, religiosi e culturali. Questa Con-ferenza è infatti finalizzata sia a ricordare le conquiste sociali e politiche e a far sì che si esten-dano al maggior numero di pa-esi del mondo che a progettare nuovi strumenti contro le dicri-minazioni ancora oggi esisten-ti. Tra le lotte principali portate avanti dalle donne della delega-zione argentina vi è infatti quel-la diretta all’applicazione della legge per eliminare la violenza di genere. «Solo nel 2010 vi so-no stati 260 femminicidi denun-ciati sui giornali – afferma Clelia Iscaro, 83 anni e tutta una vita nei movimenti femministi – ma molti altri non sono stati inda-gati ». Secondo l’ultimo rappor-to di Amnesty International, la prima causa di morte delle don-ne di età compresa fra i 16 e i 44 anni è la violenza. Un’altra del-le grandi battaglie delle delega-te dell’Argentina è quella per la depenalizzazione dell’interru-zione di gravidanza: «Ogni gior-no e mezzo muore una donna a causa della pratica dell’aborto clandestino – denuncia Iscaro -. L’illegalità obbliga le donne del-le classi umili ad abortire in pes-sime condizioni igienico-sanita-rie, mentre coloro che hanno le possibilità economiche pagano una clinica privata». Anche la delegata turca Yildiz pone l’accento sulla tragedia dei femminicidi che, in particolare nel suo paese, colpisce le don-ne che si ribellano alle decisio-ni prese dalla propria famiglia per lei. «Le donne devono chie-dere l’autorizzazione al padre e ai fratelli per sposarsi – spiega con tono duro – e spesso non denunciano neanche le violenze che subisono». Poi non nascon-de l’arretratezza del proprio Pa-ese relativamente all’uguaglian-za di diritti fra generi: «Le donne sono ancora viste come un og-getto e non come un individuo, ma fortunatamente la mentali-tà sta cambiando. La rivoluzio-ne dell’Islam, che ha già avviato un cambiamento nell’approccio alla relazione uomo-donna, de-ve essere promossa dal suo in-terno ». Gloria Sibongile Mtshinise del Abanqobi Women Together del Sudafrica rileva come la prima lotta delle donne sia quella con-tro la femminizzazione della po-vertà. «Siamo oppresse doppia-mente – afferma senza segni di rassegnazione -: sia da un siste-ma Un momento della Conferenza mondiale delle donne di base di produzione ingiusto sia come donne. La prima battaglia intrapresa dalla maggior parte delle sudafricane – conclude – è quella per procurarsi un pez-zo di pane per sé e per la sua fa-miglia. Solo dopo aver provve-duto alle necessità primarie la donna può pensare a lottare per i suoi diritti». Concordando con Sibongile, anche Angela D’Ales-sandro della casa d’accoglien-za Lucha y Siesta di Roma rive-la come in Italia da tempo i mo-vimenti femministi popolari sia-no morti e la rivendicazione dei diritti delle donne sia diventa-ta un hobby delle “radical chic”. «A seguito dello scandalo Ruby, stiamo assistendo a una spetta-colarizzazione della mercifica-zione del corpo femminile – af-ferma con tono deciso –. È im-portante oggi risvegliare i movi-menti provenienti dal basso per ricominciare la lotta per le pari opportunità che si è fermata do-po le grandi conquiste degli anni ’70 del divorzio e dell’aborto gra-tuito ». Secondo l’altra delegata italiana alla Conferenza, l’ex bri-gatista Geraldina Colotti, i mo-vimenti femministi italiani si so-no spenti negli anni ’80 anche per il venir meno dei movimen-ti radicali di sinistra. Poi sottoli-nea intravedendo un barlume di speranza: «La manifestazione del 13 febbraio a Roma contro la rappresentazione delle donne come nudo oggetto di scambio sessuale, che ha visto la presen-za di oltre un milione di persone è stato un buon inizio». Una delle promotrici della Con-ferenza, Cecilia Jaramillo del-la Confederazione delle donne equatoriane per il cambiamen-to (Confemec), pone in rilievo la diversità delle esperienze condi-vise tra le partecipanti, una ca-ratteristica che ha determina-to una grande ricchezza di pro-poste. Relativamente alla grave assenza di oltre 400 colombiane iscritte alla Conferenza, dovuta alla mancata concessione dei vi-sti per la quale avrebbe dovuto mediare il comitato promotore, afferma: «È stato un problema politico dovuto ai cattivi rappor-ti diplomatici intercorrenti tra Venezuela e Colombia». È d’ac-cordo con Jaramillo, Karola Ku-cken dell’Organizzazione delle donne tedesche, sull’importante scambio di idee che si è attuato grazie alla Conferenza e ricorda come oggi la donna sia un mo-tore importante dei movimenti che lottano contro le ingiustizie nel mondo, anche nel territorio mediorientale. Tutte le delegate infine hanno sottolineato come, a cento anni dall’inizio della lot-ta per l’emancipazione femmi-nile avviata da Clara Zetkin, sia fondamentale costruire un mo-vimento internazionale di don-ne che sia propulsore della dif-fussione di una coscienza fem-minista. La delegata argentina: «Nel 2010, 260 femminicidi denunciati nel Paese. E molti altri rimasti invisibili» Secondo Amnesty International, la prima causa di morte per le donne di età compresa tra i 16 e i 44 anni è la violenza
  • 5. marzo>> martedì 8 marzo 2011 5 L’esperto Salute Dove va la bioetica italiana Breve colloquio con Luca Mari-ni, docente di diritto internazio-nale alla Sapienza di Roma e vi-ce presidente del Comitato na-zionale per la bioetica (Cnb). Dopo la pronuncia sull’obiezio-ne di coscienza il Cnb è stato ac-cusato di eccessiva prossimità al-le posizioni del Governo sui te-mi della bioetica. In particolare quelli relativi all’inizio della vita umana. Qual è la sua opinione? Il Cnb è un organo di consulen-za del Governo. Questo ruolo può essere interpretato ed eser-citato in molti modi, ma og-gi occorre prendere atto delle ambiguità derivanti dalla coesi-stenza dell’attuale Cnb con una componente governativa muni-ta istituzionalmente di deleghe in materia di bioetica e, quin-di, legittimata a operare diretta-mente in questo ambito. Il sottosegretario del ministero della Salute Eugenia Roccella è lo sponsor principale della cosiddet-ta agenda bioetica del Governo. Nella storia ventennale del Cnb non c’era mai stata una figura si-mile ed è possibile che, in queste condizioni, i pareri del Comita-to rischino di essere strumenta-lizzati o indirizzati a sostegno di orientamenti biopolitici preco-stituiti, secondo la classica “stra-tegia della foglia di fico”. Ha fatto molto discutere il parere positivo del Cnb sull’obiezione di coscienza dei farmacisti. Peral-tro, non esiste una legge sull’obie-zione che dunque al momento non può essere “rivendicata”, tan-to meno dal Cnb. Certo che no. Si tratta di un orga-nismo di consulenza scientifica e i suoi pareri non possono vinco-lare alcuno. Ciò deve essere chia-ro a tutti, anche a coloro che non condividono i suoi pareri. Tutta-via, può darsi che certi soggetti considerino riduttivo il fatto che il Cnb sia un organo non decisio-nale e che si sforzino di incremen-tarne le competenze, soprattutto sul piano mediatico e comunica-tivo. È umano e comprensibile che sia più gratificante far parte di un organismo dotato di poteri vincolanti, ma, ripeto, non è que-sto il caso del Comitato. Ritiene il Cnb sufficientemente autonomo dalla politica? L’autonomia del Cnb, almeno sul piano culturale e scientifico, do-vrebbe essere assicurata proprio dal suo ruolo puramente consul-tivo e non decisionale. Da questo punto di vista ritengo che la “ten-tazione decisionista” del Cnb di oggi, come è avvertita da taluni, stia aprendo la strada a una even-tuale authority, che però non of-frirebbe maggiori garanzie di in-dipendenza di quelle che è in gra-do di offrire un organismo di con-sulenza scientifica. Del resto, le polemiche di questi giorni evi-denziano ancora molta confusio-ne sul ruolo del Comitato. f.t. Salute Alta tensione in Regione a causa della proposta di legge del centrodestra per la “riqualifica” dei centri sociosanitari. La ginecologa Anna Pompili: «Una norma che mortifica il genere femminile» Consultori, nel Lazio c’è aria di controriforma Federico Tulli L Intervista a proposta di legge regio-nale sulla “riqualifica” dei consultori nel Lazio è un tipico esempio di come in Italia la separazione tra Stato e Chiesa sia un processo ancora in gran parte incompiuto, e del fat-to che siano le donne per prime a dover subire l’idiosincrasia alla secolarizzazione che caratterizza le nostre istituzioni. Come nel caso della fecondazione assistita e del testamento biologi-co (per non dire delle intromissio-ni di governo nelle vicende della pillola abortiva Ru486 e di quel-la contraccettiva “del giorno do-po”), la proposta di legge che por-ta il nome di Olimpia Tarzia (con-sigliera della lista civica Polverini e presidente Movimento per la vi-ta), infatti, sembra uscita diretta-mente dalla penna di un “intellet-tuale” residente Oltretevere. «Già dai primi articoli si capisce che non si sta parlando di “riqualifica-zione”, ma di smantellamento dei consultori familiari così come ve-nivano istituiti dalla legge 405 del 1975» spiega a Terra la ginecologa Anna Pompili riferendosi in parti-colare ai commi 1 e 3: “La Regione riconosce il valore primario del-la famiglia quale società natura-le fondata sul matrimonio e quale istituzione finalizzata al servizio della vita (…) e tutela la sua uni-tà, la fecondità, la maternità e l’in-fanzia » (art.1); e «la Regione tute-la la vita nascente ed il figlio con-cepito come membro della fami-glia » (art.3). «Mortificando il ge-nere al quale appartiene - prose-gue Pompili che ha appena pub-blicato Contraccezione (L’Asino d’oro) un saggio scritto a quattro mani col collega Carlo Flamigni - l’onorevole Tarzia si fa strumento di un’etica superiore (ovviamente quella che alberga sull’altra spon-da del Tevere), che considera le donne delle poverette che devo-no essere amorevolmente prese per mano e accompagnate nel lo-ro destino naturale di mogli, ma-dri, puerpere, un ruolo che si può esplicare solo all’interno di una famiglia, inevitabilmente “fonda- ta sul matrimonio”». A novembre 2010, durante una delle tante Conferenze sulla fa-miglia organizzate dal centro de-stra per recuperare la “stima” del-le gerarchie ecclesiastiche (si era ai tempi delle prime indiscrezioni sul caso Ruby) l’onorevole Tarzia disse che la sua legge - oggi arena-ta in Regione e inapplicabile per-ché priva delle necessarie coper-ture finanziarie - sarà utilizzata come traccia per la riforma dei consultori in tutte le regioni. In precedenza la vice presidente del Senato, la radicale Emma Bonino, aveva avvertito: «Questa legge è un test nazionale e fa parte della campagna orchestrata dal centro-destra sui grandi temi relativi alla vita, che in Italia vengono chiama-ti “etici” e che invece sono i temi della libertà. Campagna avviata a luglio 2010 da Polverini, Formigo-ni e Cota» (rispettivamente presi-dente del Lazio, della Lombardia e del Piemonte) e «rilanciata da Berlusconi» con l’agenda gover-nativa sulla bioetica. Un progetto, questo, che seguendo il solco an-tiscientifico tracciato dalle gerar-chie ecclesiastiche, si pone come primario obiettivo quello di spo-stare il momento dell’inizio della vita umana alla fase embrionale. Sulla pelle delle donne, passando per i consultori “benedetti” ideati dalla Tarzia. Intervista A colloquio con Maria De Vinci, psichiatra della Asl RM A e componente della Consulta consultori Roma. «Queste strutture non sono assolutamente degli “abortifici» Un servizio da difendere Alessia Mazzenga L a legge regionale del La-zio 15/76 che ha istitu-ito i consultori familia-ri va modificata. è quan-to vorrebbe farci credere la consi-gliera e vice presidente della con-federazione Consultori familia-ri di ispirazione cristiana, Olim-pia Tarzia. Ne parliamo con la psi-chiatra Maria De Vinci, dal 1985 in servizio al consultorio roma-no di S. Martino della Battaglia e membro della Consulta consul-tori Roma, che oggi inaugura la nuova sede di via della Penitenza. Un organismo di partecipazione istituito dal Comune nel 1994 per garantire il rispetto dei diritti de-gli utenti dei consultori ed espri-mere pareri sulle politiche socia-li e sanitarie. Dottoressa De Vinci i consul-tori pubblici nascono anche per applicare la legge 194/78 sull’interruzione volontaria di gravidanza, eppure nel cen-trodestra c’è chi li ha definiti “abortifici”. Qual è in realtà la loro funzione? Noi dobbiamo applicare la legge 194. è un fatto istituzionale ma devo dire che in quanto a coeren-za, rispetto degli individui e della loro libertà di scelta, questa nor-ma è tra le migliori al mondo. Noi operatori non dissuadiamo, né convinciamo nessuno. Le donne che arrivano con questa decisione fanno dei colloqui con gli esperti, ma la scelta definitiva spetta a lo-ro. Come prevede la legge. è vero che fin dai primi anni di attività dei consultori gli abor-ti sono diminuiti considerevol-mente. Sì, in pochi anni gli aborti diminu-irono del 60 per cento rispetto a prima del 1984-1985 e quelli clan-destini sparirono quasi del tutto. Come è stato possibile? Perché abbiamo iniziato a fa-re prevenzione. Il nostro primo obiettivo era quello di evitare le gravidanze indesiderate e di sepa-rare dalla procreazione il rappor-to sessuale inteso come coinvol-gimento emotivo e affettivo. Nel rispetto di una maternità e pater-nità consapevoli e responsabili. E ci siamo riusciti. Lei ha detto che prevenzione si-gnifica anche aiutare gli adole-scenti a capire la differenza tra i metodi anticoncezionali e la Ru486, che è una pillola abor-tiva. Quali altri servizi vengo-no offerti? Sono state sviluppate particolari specialità, come la psicologia cli-nica, individuale e di gruppo, la ginecologia, la ostetricia e l’infer-mieristica specialistica, l’assisten-za sociale e la pediatria. La carat-teristica è di non rivolgersi a per-sone ammalate come succede in un ambulatorio ma alla fetta di popolazione sana che però si aiu-ta a non ammalarsi, soprattutto di malattie psichiche. Questi servizi essenziali sono stati fino oggi garantiti a tutti da una legge “laica”. Cosa acca-drebbe con la nuova norma che vuole far entrare nei consultori le associazioni religiose? Da noi vengono sia credenti di qualsiasi culto sia atei. Non occo-re un’altra legge perché quella che c’è è di grande attualità. Bastereb-be applicarla fino in fondo.
  • 6. 6 martedì 8 marzo 2011 >>Otto Donne, sulle loro spalle il destino del mondo Rossella Anitori S e le donne delle zone ru-rali avessero le stesse op-portunità degli uomini in termini di accesso alla terra, alla tecnologia e ai servi-zi finanziari, la produzione agri-cola aumenterebbe e il numero di persone che soffrono la fame nel mondo si ridurrebbe note-volmente. Il rapporto sullo Stato dell’alimenta-zione e dell’agricol-tura della Fao (Sofa 2011), stilato in oc-casione della gior-nata internaziona-le della donna, sot-tolinea il ruolo del le discendenti di Eva nella lotta contro la povertà. «Se vogliamo vincere in mo-do sostenibile la battaglia con-tro la fame bisogna promuovere l’uguaglianza tra i generi e ascol-tare la voce delle donne a ogni li-vello decisionale». Così Jacques Diouf, direttore generale del-la Fao. Il dossier dell’organizza-zione Onu per l’alimentazione e l’agricoltura stima che se nei Pa-esi in via di sviluppo ci fosse pa-rità tra i sessi nel comparto agri-colo la produzione potrebbe au-mentare del 30 per cento e circa 150 milioni di persone verrebbe-ro sottrarre alla morsa della fa-me. Ma non solo: «dare più sol-di alla donne - aggiunge Diouf - investendo nel capitale umano è una strategia efficace per mi-gliorare le condizioni di salute, l’alimentazione e la scolarizza-zione dei bambini». A fargli eco è Marco De Pon-te, segretario generale di Actio-nAid: «La strada per ridurre la fame passa dall’uguaglianza tra uomini e donne nell’accesso non soltanto alla proprietà della ter-ra, ma anche al credito, ai mer-cati, alle tecnologie e a una ade-guata formazione, che oggi vie-ne preclusa alle donne in molti paesi del Sud del mondo». Nonostante il ruolo cruciale che ricoprono all’interno dei rispet-tivi nuclei famigliari rurali, spie-ga ActionAid nel dossier Il Pa-ne e le Rose, presentato ieri alla Provincia di Roma, le contadi-ne spesso non ricevono adegua-to sostegno da parte delle istitu-zioni locali e nazionali, non ven-gono riconosciute come sog-getti economici da coinvolgere nei programmi di sviluppo ru-rale, e devono spesso affrontare discriminazioni nella proprie-tà e nell’eredità della terra. Ba-sti pensare al caso dell’Uganda, dove le donne ottengono appe-na il 9 per cento del credito agri-colo, o al Malawi dove solo il 7 per cento delle capofamiglia ri-ceve un sostegno per la pro-pria attività. Pur nelle differen-ze di contesto le condizioni di vita delle donne che lavorano nel settore agricolo presentano aspetti simili: «Nonostante il ri-conoscimento globale del ruo-lo svolto dalle donne - conclude Del Ponte –, mancano sia a livel-lo globale che nazionale, politi-che che consentano alle agricol-trici di sviluppare il loro poten-ziale come motore del cambia-mento ». L’appello che la Fao ri-volge quindi ai decisori politi-ci è volto ad eliminare ogni for- © ap images Opportunità Se nei Paesi in via di sviluppo ci fosse parità tra i generi, la produzione agricola aumenterebbe e il numero di persone che soffrono la fame si ridurrebbe. Il Rapporto della Fao ma di discriminazione contro le donne, promuovendo la par-tecipazione delle agricoltrici in mercati più efficienti, flessibili e produttivi. «In occasione del-la giornata internazionale della donna - ha concluso Djouf -, la speranza di tutti deve essere di poter presto tradurre tutto que-sto in realtà». Appuntamenti Cento piazze nell’Italia che protesta Sondaggi Niente soldi, fama o potere: in cima ai desideri delle donne la possibilità di lasciare tutto e girare il mondo. Lo afferma un sondaggio del sito melarossa . Secondo: shopping illimitato Un sogno? Viaggiare libera intorno al mondo M ollare tutto e tutti e tà, leggerezza e la voglia di pren-dere partire per un viag-gio intorno al mondo lasciandosi alle spal-le gli impegni familiari e lavora-tivi, sempre più pressanti e diffi-cili da conciliare: è questo il pri-mo desiderio che le donne espri-merebbero al famoso mago del-la lampada; una strofinata e via, alla ricerca del relax, senza meta ne ambizioni professionali da in-seguire e tanto meno bambini da cambiare. è quanto emerge dal sondaggio lanciato dal sito me-larossa. it, che in occasione del-la Festa della donna ha chiesto a migliaia di utenti di svelare come cambierebbero la propria vita se, per magia, ne avessero l’oppor-tunità. I risultati del sondaggio non lasciano dubbi: una donna su quattro sceglierebbe di stac-care la spina, fuggendo da tutto per fare il giro del mondo. Liber- le distanze da una vita sem-pre più frenetica sono quindi le esigenze più sentite dalle donne, spesso costrette, per scelta o per necessità, a fare i salti mortali per conciliare lavoro, vita familiare e bisogni personali. Seguono, tra le priorità femmini-li, la bellezza e la cura del proprio look e del proprio corpo: il 18% delle donne si è infatti lasciata in-cantare da una giornata di shop-ping senza limiti di spesa, il 15% ha espresso il desiderio di avere uno stilista/truccatore/personal trainer sempre a disposizione, mentre il 9% sogna di poter man-giare di tutto senza ingrassare di un etto. Di scarso appeal, inve-ce, la politica, che nella classifica delle preferenze si piazza all’ot-tavo posto con appena il 4% del-le donne attratte dalla possibi-lità di diventare un leader e gui-dare il proprio Paese. Solo quin-to l’amore, con l’8% delle donne che ha dichiarato di voler spo-sare l’uomo che ama e fare un fi-glio, addirittura nona la realizza-zione professionale, simboleggia-ta da una promozione sul lavoro a cui appena il 4% delle donne ha ammesso di aspirare. Poche an-che le donne in cerca di fama: ap-pena il 6% sogna di scrivere un li-bro di successo. Prevalgono, in-somma, desideri pratici, concre-ti: una vita con ritmi meno stres-santi, un aspetto più gradevole e qualche comodità in più. Anche a confronto con il sogno roman-tico per eccellenza: pochissime donne infatti hanno espresso il desiderio di una cena a due con il proprio attore preferito, appena il 2% delle preferenze. Addio quin-di a George Clooney e Brad Pitt al lume di candela, e... barra dritta verso nuovi lidi. Jacques Diouf (direttore generale Fao): «Per combattere la povertà bisogna promuovere l’uguaglianza» Oggi in tutta Italia si festegge-rà la festa della donna. Molte le iniziative in campo: A Roma, il comitato Se Non Ora Quando invita tutti alla manifestazione di piazza vit-torio Emanuele i “Rimettia-mo al mondo l’Italia”, dalle ore 16.00 con interventi dal palco, performance sul lavoro, sul-la danza e sullo sport, oltre a proiezioni di video e musica dal vivo. Partecipano: Claudia Pandolfi, Valeria Golino, To-sca, Paola. Due le celebrazioni a Firen-ze, in piazza Santa Maria No-vella, dove il comune, insie-me alla festa della donna ce-lebrerà la cerimonia in ricor-do del 67° anniversario del trasporto dei fiorentini verso Mauthausen (8 marzo 1944). Incontri, seminari, riflessio-ni, laboratori a Napoli con Donna 2010 al Maschio An-gioino. A Milano il gruppo milanese che ha messo in piedi la fortunata manifesta-zione del 29 gennaio in piaz-za Scala promuove un sit-in (alle 18) in piazza Mercanti. Tutte con un fiocco rosa in-vece a Perugia, dove a piaz-za della Repubblica, (dalle 16.00 alle 18.00) ci saranno musica e letture .
  • 7. martedì 8 marzo 2011 7 Lotte femminili Dall’Italia dove si scende in massa per dire “basta” alla cultura del bunga, alle rivolte maghrebine, dalle iraniane come la Ebadi, alle ragazze col velo di piazza Tahrir. Partigiane, rivoluzionarie, sempre nel futuro tà. Ogni popolo, in tempi e modi diversi, ha contribuito con impe-gno e sacrifici alla loro afferma-zione. Le donne sono state parte attiva di tutti i movimenti di libe-razione: dalla schiavitù, dalla di-scriminazione razziale ed etnica, dai genocidi, dalla dominazione coloniale. Giovani donne com-batterono nella Resistenza nel nostro paese, per affermare nel-la Costituzione la parità uomo - donna, il diritto di voto, eserci-tato per la prima volta solo nel 1946. Giovani par-tigiane, come Tina Anselmi, sono sta-te la linfa vitale, il collante, l’immagi-ne del cambiamen-to del dopo guerra e della ricostruzio-ne, nelle istituzio-ni democratiche. E Riprese le piazze, parole d’ordine: fantasia e utopia. Ma con la concretezza del quotidiano, competenze e saperi continuarono negli anni le loro battaglie per il diritto di famiglia, l’autodeterminazione delle don-ne, la parità di salario, la tutela del lavoro. In tempi recenti, nel resto del mondo, altre donne coraggiose, come la giornalista Politkovska-ja, hanno pagato con la vita l’aver denunciato il genocidio in Cece- Nelle ultime settimane, le rivol-te contro i regimi dittatoriali nel Nord Africa, in particolare in Tu-nisia, Egitto e Libia. I loro con-traccolpi hanno raggiunto l’Iran, con rinnovate, coraggiose mani-festazioni e conseguenti, feroci repressioni. La partita non è si-curamente chiusa e sono certa che anche lì non mancheranno altre sorprese. Il dato unifican-te, in Italia e negli altri paesi te-sté nominati, è il ruolo avuto dal-le donne: protagoniste attive, lu-cide, presenti, determinanti. Ab-biamo visto in televisione tante ragazze, alcune con il velo, altre con lunghi capelli sciolti e jeans, organizzare e guidare manifesta-zioni di piazza, farsi carico del-la logistica, dell’ordine nel disor-dine della rivolta, delle relazioni con la stampa e le televisioni, col resto del mondo. La stessa figlia di Rafsanjani è stata arrestata. Dall’Italia, umiliata e ferita, all’al-tra sponda del Mediterraneo in lotta per la libertà: aspirazioni profonde e comuni, parole co-me “dignità, lavoro, uguaglianza di diritti”. Dall’Italia al Maghreb, modalità simili nell’organizzare il dissenso, assenza di capi con-clamati, di organizzazioni stori-che, di partiti. Al loro posto, re-ti paritarie di comunicazione: in-ternet, cellulari, sms, immagi-ni su youtube, video amatoriali. Tutto è iniziato in Tunisia, con il pubblico suicidio mediante il fuoco di un ambulante, laureato. Un ragazzo, venditore di frutta, vessato dalla polizia di regime. Mentre in Italia un altro ambu-lante si dava fuoco e moriva per-ché preso di mira da alcuni agen-ti della polizia municipale, in Si-cilia, con la confisca del suo ban-chetto. La disperazione per non poter più provvedere alla sua fa-miglia ha indotto l’immigrato al-la disperata decisione di farla fi-nita. Ho ancora negli occhi e nel cuo-re il volto di pietra, dilavato dal pianto e scavato dal dolore, del-la madre Rom, accarezzata dalla mano leggera e dalla commozio-ne palpabile del presidente Na-politano, che in quel momento, davvero intensamente, tutti ci rappresentava; di quella madre, e di quel padre, che hanno per-so quattro figli nel rogo della loro baracca insicura, ai margini dei marzo>> Donne, sempre risorsa democratica margini del vivere civile. Da un viadotto a un ponte, dai campi rasi al suolo dalle ruspe alle ster-paglie e al gelo dell’inverno. Tre fuochi, dunque, da non di-menticare, che bruciano le no-stre menti, che accendono il bi-sogno profondo di cambiamento, devono rappresentare un nuovo inizio. Dopo decenni di disquisi-zioni sullo scontro di civiltà, sul relativismo culturale, sulla de-mocrazia “patrimonio dell’occi-dente”, da espor-tare sulla canna del fucile, sulla condizione della donna (velo, bur-ka, topless, tan-ga, famiglia e ha-rem), scopria-mo che le donne aspirano, in tutto il mondo, a libertà, dignità e ri-spetto, all’accesso all’istruzione e al lavoro, all’assistenza nella cura e nell’educazione dei figli. Scopriamo, in questi giorni, che i valori fondanti della convivenza non sono monopolio e appannag-gio dell’Occidente. Vi sono valori che dobbiamo considerare come patrimonio comune dell’umani- Proposta Secondo la co-presidente del Partito Verde europeo è tempo di riaprire il dibattito sulle quote rosa. Servono subito regole per le istituzioni e i partiti. Le esperienze europee Parità di rappresentanza Un impegno politico Frassoni dalla prima permettano di scendere sotto del Non è chiaro se questo si tradur-rà in qualche risultato concreto, ma è evidente che è davvero ur-gente darsi un programma serio di lavoro in modo trasversale e il più possibile condiviso tra le don-ne e gli uomini attivi in politica e nella società. E in questo senso, dal Partito verde europeo, vorrei fare una proposta di azione con-creta e cioè l rilancio della discus-sione delle quote rosa. Si sta di-scutendo in Parlamento una pro-posta sui consigli di amministra-zione, ma non mi pare che ci sia nulla sulla rappresentanza politi-ca. Penso che sia arrivato il mo-mento di rilanciare davvero que-sto tema, di modo che alle pros-sime elezioni non sia più possibi-le rimanere ai livelli infimi di og-gi. è necessario che ci siano rego-le elettorali o di partito che non 40% a nessuno dei due generi per le prossime elezioni. Lo stesso di-casi per i posti di presidenti delle commissioni e per i posti di dire-zione delle amministrazioni pub-bliche. L’esperienza di questi ul-timi 100 anni dimostra in mo-do chiarissimo che le quote sono state l’unico strumento che ha veramente funzionato per rias-sorbire in tempi abbastanza bre-vi le disuguaglianze di rappresen-tanza. Altro tema molto sensibi-le é quello della leadership e del-la direzione dei partiti politici. Io penso che ci sia un modo sem-plice che funziona davvero e da molti anni che deve essere alme-no discusso in Italia: la doppia le-adership e la parità di rappresen-tanza di genere negli organi diri-genti dei partiti. In Europa i verdi la praticano da anni, con risultati positivi per due sostanziali ragio-ni. La prima è che l’elezione del “leader” è in realtà l’elezione di “una squadra”, con evidenti van-taggi per la trasparenza e la qua-lità della leadership stessa. Nella mia esperienza di co-Presidente prima del Gruppo parlamentare e oggi del Partito Verde europeo questa dimensione di condivisio-ne e di reciproco sostegno è mol-to importante anche come meto-do dell’azione politica. In Germa-nia i Verdi, che oggi sono stabil-mente oltre il 20% nei sondaggi (percentuale più che doppia dei tempi di Fischer), hanno quattro leaders riconosciuti e perfetta-mente complementari, i due co- Presidenti al Parlamento e i due co-Presidenti del partito. In Fran-cia, è stata la leadership congiun-ta di Cohn-Bendit e Cecile Duf-flot che ha permesso ai Verdi di uscire dal cono d’ombra in cui erano caduti. La seconda ragione è che in questo modo la dimen-sione della parità “di genere” della leadership politica è sempre evi-dente e presente, e diventa pro-gressivamente un elemento nor-male del lavoro di partito, accet-tato dai media, dal resto della po-litica e dai militanti che, alme-no per quanto riguarda i Verdi, la considerano come un fattore di identità irrinunciabile. Infine, la presenza nei media va fortemen-te riequilibrata. In Italia nessuno balza sulla sedia se tutti gli invi-tati sono maschi o se l’unica don-na presente in sala è una bellissi-ma senza nessuna competenza. Anche questo deve cambiare, ma è evidente che sono soprattut-to le donne che devono preten-dere questo cambiamento: come dimostrano gli ultimi cento anni nulla, e men che meno la libertà e la dignità delle donne, cade dal cielo. nia e il regime dispotico e corrot-to di Putin; hanno difeso con co-raggio attivisti e manifestanti in Iran, come Shirin Ebadi, premio Nobel per la pace. Sono le donne di Plaza de Majo, in Argentina, a cui il dittatore Videla ha sottrat-to figli e nipoti, le donne palesti-nesi e le pacifiste israeliane, alla ricerca di un punto di incontro nella loro terra, contesa e dila-niata dai conflitti; sono le donne che nelle nostre istituzioni e fuo-ri da esse si battono per la giu-stizia e contro la sopraffazione, come Daria Bonfietti, presiden-te della associazione dei fami-liari delle vittime di Ustica. Sono Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, e la madre del giovane Federico Aldovrandi, entrambi uccisi dal-la violenza gratuita di chi avreb-be dovuto proteggerli. è la ma-dre della giornalista Ilaria Alpi, assassinata in Somalia perché indagava sul traffico dei rifiuti tossici. E sono le giovani opera-ie, ricercatrici, insegnanti, preca-rie, madri, studentesse, pensio-nate che sostengono i figli disoc-cupati. Sono loro che, in questo momento assai difficile, si impe-gnano ogni giorno con decoro e dignità per se stesse e per le lo-ro famiglie, portando sulle spalle il peso, anche psicologico e uma-no, della crisi economica. Dopo anni di solitudine, arretramen-to, oscuramento di sogni e biso-gni, si cominciano finalmente a vedere i segni di un grande cam-biamento nelle donne di tutte le età e di tutte le condizioni, che si avvalgono della capacità di usa-re attivamente tutti i mezzi che questa civiltà ha creato per co-municare, condividere, discute-re e mobilitare. Le donne si sono riprese le piaz-ze, le parole d’ordine, la fantasia e l’utopia. Hanno nelle loro ma-ni la concretezza del vivere quo-tidiano, ma anche competenze e professionalità, saperi. Hanno occhi lucidi di commozione, al-cune sul viso i segni del tempo, che segnano l’orgoglio della ma-turità e la naturalezza dell’invec-chiare. Hanno le facce gioiose e fresche delle ragazze, i loro co-lori accesi. Raccontano che un mondo migliore, per tutti, è pos-sibile! E così, dopo un entusiasman-te 13 febbraio, buon “8 marzo”! E che sia un giorno festoso, di ri-flessione, poesia, musica e paro-le. Di affettività, di amicizia e di incontro. E ancora di testimo-nianza. Un giorno speciale e nor-male a un tempo, saldamente piantato nel terreno ancora fred-do dell’inverno, come un ramo di mimosa, impalpabile e lumino-so. Profumato di vita e destinato a non sfiorire mai. Coppola dalla prima
  • 8. 8 martedì 8 marzo 2011 >>Esteri>> Clima, salta il meeting «Negoziati in pericolo» Usa Il 14 marzo si sarebbe dovuto tenere a Mexico City un incontro tra 40 Paesi per far partire l’attesissimo Green Climate Fund. Manomissione o strategia di America Latina e Stati asiatici? Bompan dalla prima Per gli Usa la soluzione riman-gono gli impegni volontari e il per-seguimento del pacchetto di azio-ni (finanziamenti, foreste, trasferi-mento tecnologico) per contenere l’aumento della temperatura sot-ti i 2°C. Le associazioni ambien-taliste però rifiutano di cedere al compromesso. Per l’esperta di po-litiche sul clima del Wwf Interna-tional Tasneem Essop «bisogna che a Durban si cerchi l’accordo legalmente vincolante. Se ci sono solo impegni volontari chi decide-rà cosa fare? Ci sarà una disparità tra gli impegni presi e quello che la scienza richiede per evitare il disastro ambientale». Un esperto di climate policy di Washington, che preferisce rimanere anoni-mo, ha confermato a Terra il peggiora-mento della situa-zione a Capitol Hill, sede del Con-gresso americano, Una fonte Usa rivela: «Troppi nuovi eletti sono molto inesperti e schierati contro le politiche contro il global warming» con l’avvento della nuova legislazione a gennaio. «Trop-pi sono inesperti e ideologicamente schierati contro le politiche sul cambiamento cli-matico e l’ambiente in generale» ha dichiarato. «La Casa Bianca si trova in una situazione ancor più complicata oggi che in passato». Il 14 marzo intanto si sarebbe dovu- to tenere a Mexico city un incon-tro con rappresentanti di 40 Pae-si aderenti al negoziato per dare vita all’attesissimo Green climate fund (Gcf): 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020 e 30 già en-tro il 2012 per aiutare i Paesi meno sviluppati ad attuare una low car-bon economy per fermare il global warming. Ma in un comunicato pervenuto ieri dall’Unfccc, la Con-venzione quadro Onu sui cambia-menti climatici, questo meeting sarebbe stato sospeso e, secon-do indiscrezioni, dovrebbe ripren-dere ai primi di aprile, durante un round intermedio di negoziati a Bangkok oppure in altra sede a fi-ne mese, segno che permangono tensioni anche su questioni che sembravano essere superate. La by Alberto Dassasso I l d e s i g n è f i c o . I l r i c i c l o è a r t e . s o l o s u w w w . e c o t v . i t ragione della sospensione sareb-be da imputare al gruppo dei Pa-esi asiatici e dell’America latina, che non avrebbero deciso qua-li rappresentanti inviare al mee-ting di marzo ristretto a 40 dele-gazioni. Necessità tecniche o stra-tegia? Se il Green Climate Fund rallenta, altri piani Onu per il cli-ma zoppicano. Come il mercato delle emissioni, uno dei mecca-nismi market-oriented del proto-collo di Kyoto, creato per rendere economicamente sostenibile il ta-glio delle emissioni di Co2. La se-gretaria dell’Unfccc, Christina Fi-gueres ha lanciato un avvertimen-to lo scorso 2 marzo durante una conferenza a Tokyo: «il futuro del mercato globale delle emissioni potrebbe essere messo in dubbio se non si raggiunge quest’anno un accordo per sostituire o estendere il Protocollo di Kyoto oltre la sua data di scadenza, il 2012.» Senza infatti dei tetti ai gas serra sarebbe difficile mantenere un valore sta-bile della CO2 scambiata sui mer-cati come quello Europeo, Ets. Il luogo dell’annuncio non è casua-le, dato che il Giappone, firmata-rio del Protocollo, ha dichiarato a dicembre, insieme ad Australia e Canada, di non voler siglare al-cuna estensione. Ovunque insom-ma si leggono segni inequivocabi-li in cui gli aruspici dei negoziati vedono sventura. Ma 9 mesi sepa-rano dall’incontro in Sud Africa, il tempo per trovare nuove idee non manca. © ap images
  • 9. martedì 8 marzo 2011 9 Brasile Il giudice Olindo Menezes, membro dell’alta Corte investita del caso, ha rovesciato il verdetto del tribunale che 2 settimane fa aveva ordinato la sospensione dei lavori di costruzione zon research institute ha cal-colato che durante i suoi pri-mi 10 anni di attività la chiu-sa emetterà 112 milioni di me-tri cubi di anidride carboni-ca, oltre ai 780mila che verreb-bero generati durante la co-struzione e la connessione al-la rete energetica nazionale. Altro fattore da considerare è quello delle grandi quantità di metano generato dalle larghe fasce di foresta pluviale che ver-ranno sommerse e andranno in decomposizione, unitamente alla necessità di utilizzare fon-ti altamente impattanti come il carbone e il le-gno per l’alimenta-zione della struttu-ra. Le analisi con-dotte da un grup-po di esperti con-trari alla costru-zione di Belo Mon-te hanno dimo-strato come lo stu-dio di impatto ambientale ef-fettuato dalle autorità sia sta-to scritto ad hoc per favori-re l’approvare del progetto. La deviazione del corso del-le acque del fiume Xingu, han-no avvertito gli scienziati, ri-durrà drasticamente il suo flus-so in un tratto di oltre cento chilometri, con la conseguen-te estinzione di molte specie animali e vegetali e il definitivo stravolgimento dell’intero eco-sistema della regione. © ap images Esteri>> Diga di Belo Monte È scontro tra i giudici Paolo Tosatti N uovo avanti tutta per la diga brasiliana di Be-lo Monte. Una sentenza emessa da una delle al-te corti brasiliane ha rovescia-to il verdetto del tribunale che due settimane fa aveva ordina-to la sospensione dei lavori di costruzione dello sbarramento sul fiume Xingu, segnando l’en-nesima svolta nell’intricato iter di approvazione del controver-so progetto. A decidere il blocco delle ope-razioni era stato il giudice fe-derale Ronaldo Desterro, soste-nendo che il via libera conces-so dall’Ibama, l’Agenzia brasilia-na per l’ambien-te, fosse stato in realtà rilasciato dietro pressioni del consorzio incaricato della realizzazione, il Norte Energia. La decisione del magistrato elencava 29 condizioni di tu-tela ambientale non soddisfat-te dalla chiusa, tra cui il recu-pero di aree degradate e la pre-disposizione di misure speci-fiche volte a garantire la navi-gabilità dei fiumi della zona. Ma la sentenza di Desterro è stata ora superata da quella del giudice Olindo Menezes, mem-bro dell’alta corte federale in- vestita della questione, secon-do il quale non sussiste la ne-cessità di sanare anticipata-mente tutte le irregolarità esi-stenti per dare inizio ai lavori. Un parere che, è facile preveder-lo, darà origine a nuove conte-stazioni da parte degli ambien-talisti e delle popolazioni indi-gene interessate dal progetto, ormai da anni mobilitati contro la sua realizzazione. Situata nel cuore dell’Amazzo-nia, nello Stato nordorienta-le del Pará, Belo Monte è pro-gettata per essere la terza di-ga più grande al mondo, dopo quella cinese del-le Tre Gole e quella di Itaipu, che sorge al confine tra Bra-sile e Paraguay. De-viando di oltre 60 miglia il corso del fiume Xingu, uno dei principali af-fluenti del Rio del-le Amazzoni, e sommergendo oltre 500 chilometri quadrati di foresta, il progetto prevede la realizzazione di uno sbarra-mento lungo oltre 6 chilometri, in grado, secondo le stime del-le autorità, di generare 11mi-la megawatt di energia idroe-lettrica, sufficienti ad alimen-tare 23 milioni di abitazioni. Numeri impressionanti, utiliz-zati sia dall’ex presidente Lu-la che dal nuovo capo di Stato Dilma Rousseff come promesse tangibili dello straordinario svi-luppo che il Brasile conoscerà nei prossimi anni. Come spesso accade, tuttavia, le cifre sbandierate da un governo sono altra cosa rispetto a quel-le con cui la popolazione do-vrà fare concretamente i conti. Movimenti e organizzazioni per la difesa dell’ambiente non han-no mai smesso di sottolineare come la costruzione della chiu-sa distruggerà l’ambiente natu-rale della regione, condannan-do a morte o al trasferimento forzato i 50mila indigeni che vi-vono attualmente nella zona e che dalle sue ter-re ricavano il loro sostentamento. Diversi studi han-no inoltre dimo-strato che l’im-pianto potrà fun-zionare a pieno regime solo per pochi mesi l’anno, mentre nella restante parte del tempo la scarsità d’acqua com-porterà una drastica riduzio-ne della sua capacità operativa. Secondo queste stime la pro-duzione media della diga si at-testerà mediamente sui 4.400 megawatt, appena il 40 per cen-to della sua capacità nominale. All’enorme impatto ambienta-le e alla scarsa efficienza della struttura si aggiunge poi il pro-blema dell’inquinamento che essa genererà. Il National ama- A decidere il blocco delle operazioni era stato il magistrato federale Ronaldo Desterro Una volta realizzata sarà la terza più grande chiusa al mondo dopo quella delle Tre Gole e quella di Itaipu Libano Manifestazioni e proteste «Spegnete la televisione e scendete da quel balcone», hanno urlato ieri in 20mila per le strade di Beirut. Fra loro, oltre a famiglie col pas-seggino e reduci della guer-ra civile, sono sfilati anche dotti musumani e preti. È la “Rivoluzione libanese”, or-mai giunta alla sua seconda settimana: un gruppo di ra-gazzi di ogni provenienza e di entrambi gli schieramen-ti politici (sia pro che contro Hezbollah) hanno chiama-to i concittadini a marciare a oltranza contro un siste-ma settario in cui ogni liba-nese vota, studia, lavora e si sposa in base a quale delle 18 confessioni religiose ap-partiene per nascita. Nazioni Unite Allarme crisi umanitarie Per assistere donne e bam-bini intrappolati nelle crisi umanitarie, in 32 Paesi del mondo, servono 1,4 miliar-di di dollari. Questo è l’ap-pello lanciato dall’Unicef nel suo Rapporto sull’azio-ne umanitaria per i bam-bini (Humanitarian action for children report). «Inve-stire nei bambini e raffor-zare la resilienza dei Paesi e delle comunità che vivo-no ai margini», ha spiegato Hilde Johnson, vice Diret-tore generale dell’organiz-zazione, «non solo riduce la loro strada per il recupe-ro, ma contribuisce anche ad aumentare la capacità di gestione dei rischi». Egitto Violazione della privacy È stata definita la maggior violazione della privacy nel-la storia. Sono i milioni di fi-le, conversazioni telefoni-che di comuni cittadini, e-mail, password e pedina-menti emersi in Egitto dopo che, fra venerdì e domenica, le stazioni di polizia di Ales-sandria, Assiut e Cairo sono state occupate dai manife-stanti. Da settimane, nono-stante lo scioglimento del governo Shafiq, gli archivi della sicurezza continuava-no a venire distrutti da in-cendi misteriosi proprio ora che una serie di processi per violazioni dei diritti umani da parte del passato regime dovrebbe avere inizio.
  • 10. Terra Nord Est A cura di Riccardo Bottazzo, 10 martedì 8 marzo 2011 Dolomiti, “bollino” Unesco a rischio Giannandrea Mencini, Calogero Lo Giudice Il caso Polemiche sul progetto del comprensorio sciistico Cadore-Civetta. Si perderebbe il riconoscimento di “patrimonio dell’umanità” l’ipotizzato collegamento Moe-na – Passo di Costalunga, l’Une-sco sarebbe costretta a togliere il patrocinio di tutela alle Dolo-miti intere. E tutti sappiamo co-me l’Unesco pretenda coerenza nella gestione dei patrimoni, in questo caso sotto il profilo del-la tutela geologica e paesaggi-stica ». Appuntamento quindi al-le ore 8 del 13 marzo al parcheg-gio di Passo Staulanza in Val Zol-dana per poi raggiungere con le ciaspole e gli sci d’alpinismo il ri-fugio città di Fiume sotto il Pel-mo. Alle 14 poi sempre al passo Staulanza il dibattito pubblico. Libri Presentata a Venezia “Fatti e misfatti di idraulica lagunare”, opera dell’ingegner Luigi D’Alpaos Riccardo Bottazzo A chi gli chiede da che parte sta, Luigi D’Alpa-os risponde senza esi-tazione: «Da quella del-la laguna». Una laguna che non si può salvare, spiega - proprio lui che è uno dei più grandi in-gegneri idraulici d’Europa – sol-tanto applicando tecniche inge-gneristiche ma che va sempre inserita in un contesto più am-pio di tutela, che tenga conto di tutta la complessa morfologia lagunare. E per ascoltare l’inge-gner D’Alpaos, allievo prediletto di Augusto Ghetti, padre nobile della celebrata scuola idraulica del’università di Padova, alme-no 300 persone, martedì scorso, hanno affollato palazzo Fran-chetti, uno dei salotti buoni di Venezia, in occasione della pre-sentazione del suo ultimo libro “Fatti e misfatti di idraulica la-gunare”, edizioni Ivsla. E dicia- Giannandrea Mencini è una stagione ricca di polemiche quella del-la montagna bellune-se. Prima la polemi-ca paradossale intorno al logo delle Dolomiti Unesco, quattro torrioni stilizzati e molto simi-li ai grattacieli di Manhattan su sfondo rosso, scelto l’anno scor-so fra ben 400 proposte dal Con-siglio di Amministrazione Dolo-miti Unesco e, dopo una rivol-ta popolare, rimesso in discus-sione anche per motivi pratici, presentava delle problematiche tecniche nella riproduzione su manifesti di grandi dimensioni e pertanto andava modificato. Poi la discutibile approvazione da parte della Giunta regiona-le del Veneto del parere positi-vo della commissione regiona-le Via sul progetto “Passante Al-pe- Adria-Belluno – Cadore” che comporterà il prolungamento dell’asse autostradale da Pon-te nelle Alpi a Perarolo di Cado-re ovvero 20 Km di tracciato, 25 metri di sezione, doppia corsia per senso di marcia e tre svin-coli (Pian de Vedoja, Longaro-ne e Perarolo di Cadore). Opera, conclusa secondo le previsio-ni a inizio 2017, contestata da-gli ambientalisti, dai comitati locali e da alcune amministra-zioni cadorine. Oggi l’impattan-te progetto di realizzazione del comprensorio sciistico Cadore- Civetta che metterebbe in col-legamento San Vitro di Cado-re a Selva di Cadore. Il Proget-to, realizzato dalla Alpi Consult per conto della Impianti Scoter di San Vito di Cadore, prevede come ha spiegato il Presidente di Mountain Wilderness Fausto De Stefani «la costruzione di un nuovo comprensorio sciistico che partendo da Chiapuzza a San Vito scavalca la montagna per arrivare nella Val Fiorenti-na attraverso la costruzione di otto nuovi impianti, sedici piste di sci, quattro ski bar, quattro ri-storanti- rifugi. Si tratta di un to-tale di 26.694 metri di piste, di 12.249 metri di impianti, di tre vasche di accumulo di risor-sa idrica ciascuna della capaci-tà di 5.000 metri cubi, di un ba-cino di accumulo di 30.000 me-tri cubi di acqua, oltre 20 chilo-metri di viabilità di accesso al-la rete impiantistica, parcheggi per circa 15/18.000 metri qua-drati, magazzini interrati per il ricovero dei mezzi battipista, un nuovo anello in quota per lo sci di fondo». La capienza totale delle persone trasportate è pre-vista in 15.000 giornaliere, una media valutata tra i 1500 e 2000 ospiti al giorno, 2.150.000 pas-saggi annui, il costo di realizza-zione valutabile sugli 80 milioni di euro, il costo di esercizio an- Dalla parte della laguna mo subito che i “misfatti” per-petrati nell’ultimo mezzo secolo sono molti di più dei “fatti”. Il li-bro di D’Alpaos è un atto d’accu-sa senza scampo contro la po-litica del cemento e delle gran-di opere che ha devastato il de-licato ecosistema lagunare. Uno atto di accusa tanto più spie-tato in quanto scritto col lin-guaggio tecnico dello scienzia-to più che con quello romantico dell’ambientalista. «Ci auguria-mo che questo libro – ha spiega-to Gianfranco Bettin, assessore all’ambiente del Comune di Ve-nezia, prima di passare la parola a D’Alpaos - ci aiuti a tracciare le linee di interventi futuri per sal-vaguardare la laguna e si comin-cia a tener conto dell’ambien-te lagunare nel suo complesso: Venezia non va salvata dalle sue acque ma va salvata con le sue acque». La distruttiva apertu-ra del canale lei petroli, i proget-ti approvati per stralci con la fi-losofia “prima fai e poi aggiusta”, le barene artificiali «che tutto sono – ha commentato D’Alpa-os - ma non barene», il Mose as-solutamente inutile di fronte al previsto innalzamento del livel-lo dell’Adriatico ma cha sta tra-sformando la laguna in un brac-cio di mare aperto, la mancata apertura delle valli da pesca. So-no solo gli esempi più eclatan-ti dei mali che stanno ucciden-do quel fragile equilibrio che nel corso dei secoli ha fatto nasce-re la laguna veneziana. «La la-guna ha sempre avuto tre nemi-ci: il mare, la terra e l’uomo – ha concluso Luigi D’Alpaos, citan-do l’eminente ingegnere idrau-lico del Cinquecento Cristoforo Sabbadino -: negli ultimi anni il ruolo dell’uomo è stato prepon-derante. Proprio nel momento in cui i progressi scientifici of-frivano la possibilità di interve-nire con giudizio, la politica ha scelto di non tener conto del pa-rere degli idraulici e degli scien-ziati ma di farsi portatrice di in-teressi particolari. Non discuto che spetti alla politica prende-re le decisioni finali, ma la cono-scenza del problema e non l’in-teresse economico privato do-vrebbe stare alla base e guidare le sue scelte. Questo non è sta-to fatto. Oggi, di fronte ad una situazione oramai compromes-sa per tanti versi, mi auguro che gli interessi particolari vengano abbandonati e si cominci a di-fendere come un bene comune quello che ancora rimane della laguna dei dogi». nuo – ammortamenti compresi – di 6.100.000 euro. «Si sconvol-gono oltre 100 ettari di territo-rio alpino - sottolinea De Stefa-ni -, però non troviamo indica-zioni su come si intende inter-venire per tutelare beni preziosi come gli Habitat di rete Natura 2000, le zone umide, le torbie-re. Nelle zone Sic, come del re-sto per l’area del Pelmo riferita a Dolomiti patrimonio dell’uma-nità, non vi è nessun riferimen-to a piani di gestione attivi te-si al miglioramento delle ric-chezze naturalistiche che ven-gono intaccate. Nemmeno una riga ci illustra le potenzialità di sviluppo qualitativo dell’area grazie alla tutela internaziona-le dell’Unesco». Mountain Wil-derness ha presentato delle os-servazioni preliminari allo stu-dio di fattibilità del nuovo com-prensorio sciistico Cadore-Ci-vetta inviandole alla Regione Veneto e ai Comuni di San Vi-to e di Selva di Cadore conte-stando in generale le valuta-zioni ambientali, economiche, energetiche e turistiche dell’in-tero studio. Contro tale proget-to il movimento ambientalista ha organizzato una grande ma-nifestazione per il 13 marzo tro-vando l’adesione di associazio-ni nazionali quali Legambiente, Wwf, Vas, Italia Nostra e di cen-tinaia di alpinisti veneti. Anche gli alpinisti trentini, ha fatto sa-pere in una nota Luigi Casano-va sempre di Mountain Wilder-ness, parteciperanno all’inizia-tiva sottolineando la preoccu-pazione che «qualora questi im-pianti venissero realizzati, as-sieme al collegamento fra Mon-te Elmo e la Croda Rossa (Val Pusteria, ndr), o l’albergo a set-te stelle ai piedi del sasso Piatto a Selva di Valgardena, o ancora Un atto d’accusa verso la politica del cemento e delle grandi opere che ha devastato l’ecosistema. Gianfranco Bettin: «Questo testo ci deve aiutare per il futuro»
  • 11. Terra Nord Est martedì 8 marzo 2011 11 Energia A Papozza la Agri.capital vuole costruire una centrale. Il Movimento 5 stelle si mobilita: «Quell’impianto è una trappola» Rovigo, il biogas delle polemiche Nic Perle P rima ha conquistato la Germania costruendo dal 2004 ben 87 impian-ti a biogas ed ora visto il successo dell’impresa. La Agri. capital si appresta a mettere piede anche nel Veneto. La ter-ra da occupare per una centra-le da 999 Kw è a Papozze, pic-colo comune del rodigino. Qui non molto lontano dal Delta del Po, i campi si estendono all’in-finito. Per Agri.capital è un po-sto ideale per realizzare un im-pianto che consente di vende- Mobilitazioni Anche in Veneto tanti appuntamenti per le donne che vogliono parlare della vita reale e costruire un vero cambiamento Otto marzo, Carnevale al femminile Maria Fiano D onne in piazza, oggi 8 marzo, ultimo giorno di carnevale. Donne in piazza al gri-do di “Reddito, diritti, libertà, dignità”. Guardano alle piaz-ze gremite del 13 febbraio scor-so, dove donne e uomini han-no ribadito il loro no alle politi-che del governo Berlusconi e al-le politiche, tutte italiane, del-la doppia morale. Una giorna-ta di mobilitazione straordina-ria, quella del 13 febbraio, che in tutte le città ha saputo e vo- luto denunciare il progressivo restringimento dei diritti e de-gli spazi di libertà dovuto al-le politiche adottate negli ulti-mi anni da governi di centro-destra così come di centrosini-stra: dimissioni in bianco in ca-so di gravidanza, legge 40 sulla procreazione assistita, innalza-mento dell’età pensionabile, il pacchetto sicurezza, i tagli che coinvolgono strutture sanita-rie e annessi consultori, limita-zione della pillola RU486, inser-zione di obiettori di coscienza all’interno delle strutture pub-bliche come più volte ventilato dalla Regione Veneto. Ecco perché in quest’ultimo giorno di Carnevale, le donne hanno deciso di non fare festa ma di scendere in piazza. Ap-puntamento a Padova e in al-tre città del Veneto guardando al presente: per parlare della vi-ta reale e costruire un reale per-corso di cambiamento. Il nes-so Berlusconi-Marchionne ac-compagna slogan e comunica-ti ma anche una riflessione pro-fonda che mette insieme attac-co ai diritti, privatizzazione dei beni comuni: le misure adotta-te per rispondere alla crisi, da Marchionne alla ministra Gel-mini, passando per i drammati-ci tagli ai servizi sociali rappre-sentano, infatti, un minaccio-so attacco alle autonomie a al-la libertà che vede nelle misu-re adottate il tentativo di utiliz-zare la crisi economica per riaf-fermare il controllo sulle scelte, sui corpi, sul presente e anche sul futuro. E proprio il presente ci dice che nel 2010 sono state 127, il 6,7 per cento in più rispetto all’an-no precedente, le donne uc-cise in Italia. La maggior par-te di queste sono donne italia-ne (78%), così come la maggior parte degli uomini che le han-no uccise (79%). Nella stragran-de maggioranza dei casi si trat-ta di mariti (22%), compagni, conviventi (9%) o ex (23%), ma anche figli (11%) e padri (2%). In Italia tra il 10 e il 13% della popolazione femminile vive in una condizione di estrema po-vertà: il 40% di queste donne ha un’età compresa fra i 19 e i 24 anni. Oltre 104 mila donne so-no state tagliate fuori dall’indu-stria negli ultimi 24 mesi. Il 54% dei lavoratori subordinati so-no donne: a loro sono delegate mansioni sempre più margina-li nell’organizzazione del lavoro e sono le prime ad essere espul-se dai processi produttivi. Sta-to, famiglia e società scarica-no sulle donne i costi principali della crisi economica: venendo così a mancare tutti quei ser-vizi di cui il pubblico dovrebbe farsi carico le donne si vedono costrette a svolgere il ruolo di ammortizzatore sociale. Sette ginecologi su dieci, negli re l’energia all’Enel e di ricavare 0,25 cent a kw/h. L’amministra-tore delegato della società, Iva-no Boaretti, raggiunto al telefo-no non conferma e non smen-tisce di aver avviato contat-ti con i proprietari terrieri per ottenere in affitto i campi. Ser-vono almeno 400 ettari coltiva-ti a mais per produrre l’energia necessaria e i contratti devono durare 15 anni altrimenti il bu-siness salta. Per il Movimento locale 5 stelle sono invece cer-ti i problemi che porta con sè un impianto a biogas di queste dimensioni. «Da quando se ne parla - afferma il portavoce del movimento Giuseppe Dalpas-so - l’affitto dei terreni è aumen-tato. Più gravi e seri sono inve-ce i danni ambientali che crea l’impianto. Il via vai di camion per il trasporto del cereale pro-durrebbe una quantità impres-sionante di inquinamento (ani-dride solforosa, diossine…) e la coltivazione intensiva del mais, favorita e sostenuta dalla chi-mica, produrrà nel tempo la de-sertificazione della terra e l’in-quinamento delle false idri-che. Un impianto a biogas è una trappola per l’agricoltura e nul-la ha a che vedere con l’ecolo-gia ». Ivano Boaretti è di tutt’al-tro avviso e spiegherà le buone ragioni del progetto nel corso di un convegno il 25 marzo pro-mosso con la collaborazione del Comune di Papozze. Priva-to e pubblico già d’accordo alla faccia dell’opinione dei cittadi-ni? «A pensar male si fa pecca-to - chiosa Dalpasso - e sicura-mente in quella sede sapremo il punto di vista dell’amministra-zione comunale dato che fino ad oggi il sindaco pur sollecita-to pubblicamente a fornire no-tizie, si è trincerato dietro una Niente festa ma denuncia delle tante politiche liberticide di centrodestra e centrosinistra: legge 40, tagli ai consultori, limitazione della RU486 spessa coltre di silenzio». L’ap-puntamento è per il 25 marzo ma intanto è sempre AgriCapi-tal a fornire una possibile sup-porto al sindaco: «Il nostro im-pianto - afferma Boaretti - con-sente alle amministrazioni co-munali di risparmiare in un an-no almeno 50 mila euro di bol-letta energetica». «Ecco, siamo alle solite - replicano quelli del Movimento cinque stelle -: ci “offrono” soldi per pagare alcuni servizi in cambio di esalazioni, di inquinamento perché anche i biogas emettono inquinanti». In Germania, ricorda Ivano Bo-aretti, «nessuno si è lamentato o si lamenta: i nostri impianti sono efficienti non inquinano e non hanno ciminiere. Il biogas è una fonte energetica rinno-vabile prodotta dalla fermenta-zione del mais». Sarà forse così ma non si spiega come mai nel Veneto è un fiorire di impianti (per ora sulla carta) da realizza-re a biogas o a biomassa che le popolazioni però non vogliono. Nel padovano a Conselve e a Bribano se ne parla da mesi, i cittadini sono contrari mentre la politica si divide. Nel bellu-nese il dibattito ha fatto capoli-no qualche settimana fa. A Tri-chiana è stata avviata una rac-colta di firme contro il proget-to per una centrale a biogas. Vi-ceversa, ad Auronzo, entro l’an-no potrebbe concludersi l’iter per l’installazione a Misurina di una centrale a biomassa. ospedali italiani, sono obietto-ri di coscienza rispetto all’abor-to, una situazione che ostacola sempre di più i diritti e le tute-le riconosciuti alle donne dalla legge 194. In Veneto, ad esem-pio, la percentuale di obietto-ri tra i ginecologi si alza sino a raggiungere l’80.8%. Tra gli appuntamenti previ-sti, a Padova critical mass alle ore 10:30 in piazza dei Signori. A Venezia, tra le maschere e i coriandoli di un carnevale de-dicato, almeno nel titolo, alla Città delle Donne, il collettivo Electronigirls dà appuntamen-to a tutti al SaLE Docks questa sera a partire dalle ore 22 per una serata di elettronica tut-ta al femminile e con l’obietti-vo di far conoscere le pioniere di questo genere musicale. Scendono in piazza le donne, oggi 8 marzo. Donne capaci di guardare verso il futuro: se non sempre quando?
  • 12. 12 martedì 8 marzo 2011 Terra Milano A cura di Anna Pellizzone ed Erica Sirgiovanni Politica Presentato nella sede del Consiglio regionale il Comitato per il “No” al referendum. Con il via libera di Lega Nord e Pdl Arriva il nucleare in salsa padana © LaPresse Erica Sirgiovanni L oro si definiscono «am-bientalisti non fondamen-talisti spinti da un ecologi-smo non talebano». E per dimostrarlo hanno deciso di co-stituire un comitato per soste-nere le ragioni del ‘No’ al referen-dum sul nucleare. L’associazione Fare Ambiente ha scelto la sede del consiglio regionale lombar-do, per organizzare ieri un incon-tro dal titolo fin troppo esplicito: ‘’Nucleare: energia pulita, econo-mica e sicura’’. A fare gli onori di casa, anche se in qualità di udi-tore, Giosuè Frosio, esponente di punta del carroccio e Presiden-te della Commissione ambien-te del Consiglio Regionale che ha espresso il proprio personale pa-rere a favore del ritorno al nucle-are. Tra i relatori, oltre a Vincenzo Pepe, presidente dell’associazio-ne Fare Ambiente, anche il depu-tato Paolo Russo (Pdl), presiden-te della commissione Agricoltu-ra della Camera. Tra i più acce-si nel perorare la causa pro-nu-clearista si è distinto Franco Bat-taglia, docente di Chimica Am-bientale all’Università degli studi di Modena, convinto sostenitore dell’atomo. Battaglia non perde occasione per definire le energie rinnovabili «un’illusione che non risolve il problema dell’approvvi-gionamento energetico». La scel-ta della Lombardia per il debutto del Comitato per il “No” non sem-bra casuale. Proprio questa regio- Economia Sempre più imprese investono sulla qualità ambientale e sociale. Con il favore dei consumatori La sostenibilità che vince Flora Cappelluti M a la sostenibilità vie-ne realmente integra-ta dalle aziende nella gestione della filiera? E qual è il reale impatto sulle de-cisioni di acquisto dei consuma-tori? A queste domande ha cer-cato di rispondere la ricerca “Per una filiera sostenibile: il punto di vista di imprese e consumatori”, che la Fondazione Sodalitas - in collaborazione con GfK Eurisko che ha condotto l’indagine - ha presentato in anteprima a Mila-no. La ricerca quali-quantitati-va è stata sviluppata dal Labora-torio Pmi, con la partecipazione dell’organismo internazionale di certificazione Bureau Veritas, e da Filiera Sostenibile, composto da quattro imprese che hanno saputo ripensare il loro model-lo di business attorno alla soste-nibilità: Filca Cooperative, Gam Edit, Mazzali e Palm. Per l’indagine è stato preso in considerazione un campione di 500 consumatori rappresentati-vi della popolazione italiana e di 183 imprese nazionali. Nella fa-se qualitativa sono stati inoltre intervistati individualmente ot-to responsabili acquisti di im-prese che aderiscono a Fonda-zione Sodalitas. «L’obiettivo del-la ricerca era quello di compren-dere come la sostenibilità venga realmente integrata dalle azien-de nella gestione della filiera e come impatti sulle decisioni di acquisto dei consumatori - ha dichiarato a Terra Ugo Castella-no, consigliere delegato di Fon-dazione Sodalitas - È significa-tivo infatti che la ricerca sia sta-ta promossa da un laboratorio interamente composto da Pmi. Una volta tanto sono le picco-le e medie realtà italiane a rap-presentare l’avanguardia del si-stema imprenditoriale». Dalla ricerca è emerso che la sosteni-bilità è ormai un valore di riferi-mento per il 58% delle Pmi inter-vistate ed è più diffusa tra quel-le che operano anche sui merca-ti esteri. Solo in un quarto delle aziende del campione esiste at-tualmente un responsabile della sostenibilità/CSR, che nella gran maggioranza dei casi (71%) ri-porta direttamente al top mana-gement (amministratore delega-to, direttore generale o Consiglio di Amministrazione). Per quanto riguarda i consumatori invece, la maggioranza (63%) ha già senti-to parlare di sostenibilità, anche se solo il 19% (giovani, con istru-zione medio-alta) ritiene di co-noscerne davvero il significato, con una prevalenza degli aspet-ti ambientali (83%) su quelli so-ciali (64%). Oggi, dato importan-te, già un quarto dei consumato-ri italiani sceglie quali prodotti acquistare anche in base alla so-stenibilità della filiera e tre quar-ti dei consumatori dichiara la di-sponibilità a pagare di più per un prodotto garantito. L’attenzio-ne alla filiera è giudicata in pro-spettiva importante per tutte le categorie di prodotto ma in par-ticolare per i prodotti alimenta-ri (71%) e per i detersivi (65%). In questa fase un ruolo decisi-vo spetta alla comunicazione, in grado di consolidare una cultu-ra della sostenibilità e fornire in-dicazioni chiare sui comporta-menti da mettere in atto. I con-sumatori chiedono infatti un’in-formazione più completa e affi-dabile: solo il 19%, infatti, la con-sidera soddisfacente. ne, infatti, insieme a Piemonte, Campania e Veneto (tutte a gui-da Pdl e Lega) il 3 marzo scorso aveva strizzato l’occhio all’atomo, a differenza delle altre regioni che avevano espresso un no secco al decreto relativo ai criteri per la localizzazione degli impianti nu-cleari, Il dibattito si era già acce-so nell’ottobre dello scorso an-no, quando l’allora neo Ministro dello sviluppo economico Paolo Romani, aveva aperto al nuclea-re preannunciando la possibilità che una delle nuove centrali, po-tesse essere costruita proprio nel-la nostra regione. «La Lombardia ha praticamente raggiunto l’auto-sufficienza energetica quindi in questo momento non c’è bisogno di centrali di nessun tipo», aveva dichiarato Formigoni subito do-po. Lasciando però aperti mol-ti margini di dubbio sulle reali in-tenzioni della maggioranza del Pirellone. Già allora, infatti, si la-sciava trasparire l’apertura all’ato-mo fortemente voluto da Berlu-sconi che con il passare dei gior-ni è puntualmente arrivata. «La presenza di Florio certifica come la Lega Nord si stia allineando al-la linea nuclearista - ha dichiara-to a Terra Gabriele Sola, consi-gliere regionale dell’Italia dei Va-lori, che da giorni guardava con sospetto all’incontro di ieri matti-na- noi siamo dell’idea che il nu-cleare sia una scelta cara solo a determinate lobby, evidentemen-te una forza come la Lega che si definiva popolare e popolana ha modificato la propria idea avvi-cinandosi a quei centri e a quegli intrecci di potere che guardano con estremo interesse a questo tipo di soluzione. Ora siano coe-renti e spieghino al loro elettora-to che una delle centrali potreb-be essere situata proprio nella lo-ro cara Padania». I risultati della ricerca promossa dalla Fondazione Sodalitas. Il 58% delle Pmi punta sulle filiere eco-solidali. Il ruolo centrale dell’informazione Info: milanoterranews@gmail.com In fondo Expo? Meglio su due ruote Marco Menichetti* e Stefano Bettera** Lo diciamo ormai da anni: mentre l’Europa corre, la mobilità sostenibile a Mi-lano è ferma alle promes-se. Londra, ultima arrivata nel servizio di bici pubbli-che, è già all’avanguardia e si sta preparando alle Olim-piadi del 2012. Il paralleli-smo con la Milano dell’Ex-po è immediato. La capita-le inglese ha puntato sulle due ruote con 8mila veicoli in bike sharing, 12 autostra-de della bici e le “Boris bi-kes”, di cui il sindaco Boris Johnson è il primo sponsor e utilizzatore. Ma non so-lo: la rete della metropolita-na è tutta rinnovata ed è già in funzione la Oyster Card, una carta per i mezzi pub-blici, la rete suburbana fer-roviaria ed altri servizi di mobilità. Più la usi e più si abbassa il costo del singo-lo viaggio, con la possibilità di effettuare un numero illi-mitato di utilizzi ad un co-sto totale sempre minore di qualsiasi altro abbonamen-to o singolo biglietto. A Mi-lano, grazie a Legambiente, è operativa la prima Cen-trale di Mobilità italiana, che offre sempre più servi-zi, prodotti di mobilità inte-grata, come il bikesharing e il carsharing, informazio-ni e suggerimenti a chi vuo-le muoversi in maniera so-stenibile a Milano e Monza. Uno strumento fondamen-tale sarà anche il primo ma-nuale europeo sul bikesha-ring che i partner del pro-getto europeo Obis (tra cui, per l’Italia, Legambiente e Ecoistituto Alto Adige) pre-senteranno a Praga a giu-gno: un prontuario per la progettazione e lo svilup-po del servizio. Londra, co-me Barcellona o Berlino so-no esempi che indicano be-ne la strada che Milano de-ve ancora percorrere per di-ventare una metropoli at-tenta su tutto il proprio ter-ritorio alle biciclette. Riu-scirà la prossima ammini-strazione a fare anche l’Ex-po delle due ruote? * Responsabile Centrale di Mobilità di Legambiente (www.centralemobilita.it); ** Ufficio stampa Legambiente