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Il	prossimo	nel	digitale	
	
Il	digitale	ha	modificato	la	nostra	percezione	di	tempo	e	di	spazio	fino	ad	annullarlo	o	farlo	
sembrare	 superfluo.	 Le	 nostre	 categorie,	 come	 vicino	 e	 lontano,	 devono	 essere	 riviste	 e	
nuovamente	 definite	 per	 corrispondere	 al	 mondo	 disegnato	 dal	 digitale.	 Spesso	 abbiamo	 più	
informazioni,	notizie	e	confidenze	dai	nostri	contatti	in	altri	continenti	di	quante	ne	possediamo	dei	
nostri	vicini	o	dirimpettai.	È	quindi	lecito	domandarsi:	chi	è	il	mio	prossimo	nell'era	digitale?	
	
Leggiamo	da	Luca:	
25
Ed	ecco,	un	dottore	della	Legge	si	alzò	per	metterlo	alla	prova	e	chiese:	"Maestro,	
che	cosa	devo	fare	per	ereditare	la	vita	eterna?".	26
Gesù	gli	disse:	"Che	cosa	sta	
scritto	nella	Legge?	Come	leggi?".	27
Costui	rispose:	"	Amerai	il	Signore	tuo	Dio	con	
tutto	il	tuo	cuore,	con	tutta	la	tua	anima,	con	tutta	la	tua	forza	e	con	tutta	la	tua	
mente,	e	il	tuo	prossimo	come	te	stesso	".	28
Gli	disse:	"Hai	risposto	bene;	fa'	questo	
e	vivrai".	29
Ma	quello,	volendo	giustificarsi,	disse	a	Gesù:	"E	chi	è	mio	prossimo?".	
30
Gesù	riprese:	"Un	uomo	scendeva	da	Gerusalemme	a	Gerico	e	cadde	nelle	mani	
dei	briganti,	che	gli	portarono	via	tutto,	lo	percossero	a	sangue	e	se	ne	andarono,	
lasciandolo	mezzo	morto.	31
Per	caso,	un	sacerdote	scendeva	per	quella	medesima	
strada	e,	quando	lo	vide,	passò	oltre.	32
Anche	un	levita,	giunto	in	quel	luogo,	vide	
e	passò	oltre.	33
Invece	un	Samaritano,	che	era	in	viaggio,	passandogli	accanto,	vide	
e	ne	ebbe	compassione.	34
Gli	si	fece	vicino,	gli	fasciò	le	ferite,	versandovi	olio	e	
vino;	poi	lo	caricò	sulla	sua	cavalcatura,	lo	portò	in	un	albergo	e	si	prese	cura	di	lui.	
35
Il	giorno	seguente,	tirò	fuori	due	denari	e	li	diede	all'albergatore,	dicendo:	"Abbi	
cura	di	lui;	ciò	che	spenderai	in	più,	te	lo	pagherò	al	mio	ritorno".	36
Chi	di	questi	tre	
ti	 sembra	 sia	 stato	 prossimo	 di	 colui	 che	 è	 caduto	 nelle	 mani	 dei	 briganti?".	
37
Quello	rispose:	"Chi	ha	avuto	compassione	di	lui".	Gesù	gli	disse:	"Va'	e	anche	tu	
fa'	così".		(Lc	10,25-37)	
	
Il	racconto	del	Buon	Samaritano	occupa	quasi	tutta	la	seconda	metà	del	capitolo	10	di	Luca	
e	ne	è,	in	qualche	modo,	la	conclusione.	Brevemente	ne	ricordiamo	l'inizio:	Gesù	invia	72	discepoli	
a	due	a	due	nelle	città	dove	si	sarebbe	recato	dando	loro	istruzioni	su	come	comportarsi.	Al	ritorno,	
gli	entusiasti	discepoli	raccontano	i	prodigi	avvenuti	e	Gesù	eleva	una	preghiera	di	ringraziamento	
al	Padre.	Questo	il	contesto	che	suscita	la	domanda	del	dottore	della	Legge.	
	
L'ingresso	 di	 Gesù	 nella	 scena	 pubblica	 rappresenta	 una	 novità,	 un	 modo	 nuovo	 di	
interpretare	le	Scritture	e	vivere	il	rapporto	con	Dio.	L'invio	dei	72	è	come	un'avanguardia	pervasiva,	
rumorosa	 e	 variegata	 dell'imminente	 novità.	 Il	 digitale	 è	 questo	 nuovo	 che	 avanza,	 che	 porta	
metodi,	 idee,	 interpretazioni	 innovative	 accompagnate	 dall'eccitazione	 dei	 tecno-entusiasti.	 Un	
«verbo»	nuovo	e	inarrestabile.	
	
Un	dottore	della	Legge,	lì	presente,	rimane	turbato.	È	uno	scriba,	un	interprete	ufficiale	della	
Legge,	la	Torah,	un	profondo	conoscitore	dei	Profeti.	È	uno	dei	rappresentanti	del	"precedente	
sistema"	che	ora	si	vuole	rinnovare.	Eppure	il	"vecchio	sistema"	è	stato	indicato	da	Dio	stesso,	non	
è	stato	mai	criticato	né	messo	in	dubbio.	Quest'uomo	guarda	stupido	questa	gente:	sembrano	così	
euforici	 come	 se	 solo	 loro	 avessero	 finalmente	 capito	 come	 salvarsi	 e	 servire	 Dio.	 Loro,	 lui,	 la	
"vecchia	guarda"	cosa	avrebbero	fatto	per	tutti	questi	secoli?	sbagliato	tutto?
Non	può	rimanere	in	silenzio,	deve	intervenire,	si	alza	«per	mettere	alla	prova	Gesù».	Luca	
usa	lo	stesso	verbo	(πειραζω	peirazo)	usato	in	4,1	per	le	tentazioni	di	Gesù	nel	deserto.	Qual	è	la	
tentazione	cui	vuole	sottoporre	Gesù?	Insinuare	il	dubbio	se	il	suo	"metodo"	fosse	valido	tanto	
quanto	il	suo.	
Chiede:	«Che	cosa	devo	fare	per	ereditare	la	vita	eterna?».	Anche	qui	il	verbo	usato	tradisce	
il	pensiero:	ποιεω	(poieò)	è	il	costruire	con	le	proprie	mani.	La	Legge	ha	una	perversione:	anziché	
essere	considerata	come	un	guard-rail	che	Dio	costruisce	affinché	non	si	esca	fuori	strada	e	si	metta	
a	repentaglio	la	propria	vita,	spesso	diventa	il	metro	su	cui	misurare	e	giudicare	la	salvezza	o	la	
dannazione	propria	ed	altrui.	È	importante	conoscere	bene	la	Legge	perché	la	sua	osservanza	è	fonte	
di	salvezza	e	solo	a	prezzo	di	sforzi	personali	possiamo	compierla.	Questo	pensa	il	dottore	della	
Legge:	se	si	impegna	con	tutte	su	forze	allora	si	può	salvare.	La	domanda	che	pone	può	essere	così	
riletta:	«Se	io	osservo	la	tua	Legge,	mi	salvo	come	se	osservassi	la	mia	Legge	tradizionale?».	
Il	digitale	è	una	novità	assoluta	nella	storia	e	rappresenta	una	nuova	epoca	storica.	Abbiamo	
bisogno	di	cambiare	strumenti	di	analisi	e	categorie	concettuali.	Per	secoli	filosofi	e	scienziati	hanno	
indagato	ed	elaborato	sistemi	e	metodi	sempre	più	raffinati	che	ci	hanno	portato	a	guardare	nella	
profondità	dell'Universo	o	nell'infinito	piccolo.	Su	queste	conoscenza	sono	state	fondate	le	società	
moderna,	industriale	e	post-industriale	ma	con	l'avvento	della	società	fluida,	e	con	essa	dell'era	
digitale,	le	fondamenta	di	questa	costruzione	stanno	cedendo.	Gli	scribi	e	sacerdoti	oppongono	una	
tanto	strenua	quanto	inutile	difesa	perché	nessuno	è	mai	riuscito	a	fermare	la	storia.	
La	 nuova	 evangelizzazione	 è	 stata	 recepita	 come	 una	 stravagante	 iniziativa,	 figuriamoci	
quella	digitale	fatta	di	social	network,	web,	blog,	video,	newsletter,	Whatsapp	e	quant'altro.	La	vera	
predicazione,	si	afferma,	avviene	con	le	persone	non	con	i	computer.	Possiamo	tradurre	in	lingua	
corrente	la	domanda:	«Se	evangelizzo	nel	digitale,	faccio	qualcosa	di	utile	o	perdo	il	mio	tempo?».	
	
La	risposta	di	Gesù	sembra	spazientita,	come	davanti	ad	uno	che	si	ostina	a	non	comprendere	
e	 persevera	 nel	 suo	 errore:	 «Cosa	 c'è	 scritto?	 Non	 sai	 leggere?».	 Spesso	 leggiamo	 la	 Scrittura	
cercando	conferme	alle	nostre	idee	piuttosto	che	ordinarle	a	quanto	leggiamo.	La	risposta	è	già	
scritta:	cosa	capiamo?	
Il	dottore	della	legge	risponde	con	quello	che	era	il	credo	di	Israele,	lo	Shemà,	tratto	dal	Libro	
del	Deuteronomio,	cap.	6,	e	aggiunge	il	precetto	del	Levitico	19,	18.	Quindi	all’amore	a	Dio	con	tutta	
l’anima,	 un	 amore	 assoluto,	 unisce	 l’amore	 al	 prossimo	 che	 è	 relativo,	 «come	 te	 stesso».	 Una	
precisazione.	Il	Levitico	dice	testualmente:	«Non	ti	vendicherai	e	non	serberai	rancore	contro	i	figli	
del	 tuo	 popolo,	 ma	 amerai	 il	 tuo	 prossimo	 come	 te	 stesso.	 Io	 sono	 il	 Signore.».	 Sembra	 che	 il	
prossimo	sia	solo	un	membro	di	Israele	o	del	proprio	clan.	Non	è	chiunque	ma	qualcuno	ben	preciso.	
Non	l'immigrato	approdato	di	notte	con	qualche	barcone	ma	una	persona	civile,	bianca,	cittadina	
italiana.	Per	questo	motivo,	alla	risposta	di	Gesù	il	dottore	della	Legge	chiede	stupido:	«Chi	è	il	mio	
prossimo?».	 Devo	 aiutare	 gli	 italiani,	 prima	 gli	 italiani	 e	 poi	 gli	 altri	 oppure	 proprio	 tutti	
indistintamente?	Il	problema	è	sempre	la	Legge:	per	fare	ciò	che	mi	salverà,	cosa	devo	fare	senza	
perdere	tempo?	Se	salvo	solo	gli	italiani	ed	invece	dovevo	salvare	gli	immigrati	o	viceversa?	
	
Ecco	la	risposta	di	Gesù	con	la	parabola.	
	
Un	uomo	scendeva	da	Gerico	a	Gerusalemme…	
La	strada	da	Gerusalemme	a	Gerico	era	di	circa	km	27	con	un	dislivello	di	1100	metri,	passava	
per	luoghi	isolati	e	si	prestava	alle	imboscate	dei	briganti.	
Gerusalemme	era	la	città	Santa¸	dove	si	trovava	il	tempio	del	Signore,	Gerico	era	la	città	
sacerdotale	dove	cioè	risiedevano	sia	i	sacerdoti	sia	i	leviti;	ma	Gerico	era	anche	una	città	di	scambi	
commerciali	e	di	malviventi	attirati	dalla	ricchezza	dei	mercanti.
Non	sappiamo	chi	fosse	quest'uomo,	un	mercante	o	un	fedele	di	ritorno	dal	Tempio.	Viene	
assalito,	 malmenato,	 derubato	 e	 lasciato	 mezzo	 morto	 sulla	 strada.	 Questa	 indicazione	 è	
importante.	Chi	di	noi,	vedendo	un	uomo	riverso	per	terra,	sanguinante	e	tumefatto,	sarebbe	in	
grado,	solo	guardandolo,	di	stabilire	se	è	vivo	o	morto?	L'indicazione	mezzo	morto	sta	proprio	ad	
indicare	questa	incertezza.	
	
Per	caso,	un	sacerdote	scendeva	per	quella	medesima	strada	e,	quando	lo	vide,	passò	oltre	
Al	tempo	di	Gesù	c’erano	circa	7000	sacerdoti	che	a	turno	svolgevano	servizi	nel	tempio.	
Ogni	sacerdote	serviva	al	Tempio	5	settimane	l’anno;	nella	settimana	di	servizio,	era	estratto	a	sorte	
il	sacerdote,	che	doveva	svolgere	il	servizio	più	importante:	alimentare	il	braciere	con	l’incenso	nel	
tempio	 (sancta	 sanctorum).	 A	 questo	 servizio	 fu	 chiamato	 Zaccaria,	 il	 giorno	 in	 cui	 gli	 apparve	
l’angelo	Gabriele	che	gli	annunziava	la	nascita	di	Giovanni	Battista.	Per	adempiere	questo	servizio,	
un	sacerdote	doveva	essere	puro	e	mantenersi	puro	per	tutta	la	settimana	di	turno.	Entrare	nel	
sancta	 sanctorum	 era	 un'occasione	 unica	 nella	 vita	 e	 non	 capitava	 a	 tutti.	 Era	 fondamentale	
rimanere	puri	e	pronti	per	avere	questa	opportunità.	
Questo	sacerdote	scendeva,	quindi	era	di	ritorno	dal	suo	servizio	ed	era	più	che	puro,	come	
chiunque	dopo	un	periodo	di	esercizi	o	ritiro	spirituale:	la	vicinanza	con	Dio	ci	trasforma.	Vede	
l'uomo.	È	mezzo	morto.	Mezzo	vivo	o	mezzo	morto?	Il	problema	è	serio:	la	Legge	vietava	il	contatto	
con	i	cadaveri	(Nm	19,	11-22)	e	al	sommo	sacerdote	persino	di	avvicinarsi	ai	genitori	morti	(Lv	21,	
10-11).	 In	 caso	 contrario	 diventava	 impuro	 per	 sette	 giorni	 e	 doveva	 purificarsi	 due	 volte,	 non	
poteva	essere	toccato	e	non	poteva	ovviamente	entrare	nel	Tempio.	
La	legge	di	Dio	va	osservata	anche	quando	è	causa	di	sofferenza	per	gli	uomini?	Quando	c’è	
conflitto	tra	la	legge	divina	e	il	bene	dell’uomo,	cosa	bisogna	comportarsi?	Il	sacerdote	non	ha	dubbi:	
viene	prima	la	legge	divina	e	poi	il	bene	dell’uomo.	Non	è	un	dubbio	lontano	da	noi.	In	Africa	esiste	
lo	stesso	problema:	distribuire	i	profilattici	contro	l'AIDS,	considerando	la	difficoltà	enorme	della	
prevenzione?	Nel	dubbio	la	gente	muore	pensando	che	la	legge	degli	uomini	li	ha	ammalati	mentre	
quella	di	Dio	li	uccide.	
	
Anche	un	levita,	giunto	in	quel	luogo,	vide	e	passò	oltre	
I	leviti	erano	circa	10.000	e	anch’essi	facevano	ognuno	turni	di	servizio	per	5	settimane	
l’anno;	non	erano	pagati	e	si	occupavano	dei	servizi	tempio:	pulizia,	guardia	al	tempio	perché	non	
entrassero	pagani,	animazione	per	la	liturgia	e	il	canto.	
Il	levita	ha	compiti	meno	importanti	rispetto	al	sacerdote,	una	specie	di	ministro	istituito	
contro	un	ministro	ordinato.	Lui	si	che	potrebbe	fermarsi	ed	aiutare	il	moribondo.	Si	potrebbe	
obiettare:	perché	dovrebbe	essere	meno	"puro",	"santo"	del	sacerdote?	È	lecito	peccare,	magari	di	
un	peccato	mortale,	per	fare	del	bene?	Anche	il	levita	passa	oltre	per	ubbidire	alla	Legge	di	Dio		
	
Il	dottore	della	Legge	poteva	identificarsi	in	queste	due	persone.	Proviene	dalla	ortodossia,	
dalla	retta	interpretazione,	da	un	corretto	stile	di	vita	e	quella	era	un	itinerario	familiare.	«Si	è	
sempre	fatto	così».	Siamo	su	una	strada	molto	usata,	oggi	diremo	un'autostrada,	proprio	come	
definiamo	Internet:	l'autostrada	digitale.	Su	questa	strada	c'è	un	sofferente	ma	sia	il	sacerdote	sia	
il	levita	non	hanno	la	capacità	o	la	conoscenza	per	decidere	se	è	vivo,	quindi	intervenire,	oppure	se	
è	morto	e	perciò	allontanarsi.	Predicare	o	evangelizzare	come	si	è	sempre	fatto,	non	permette	di	
vedere	la	sofferenza	sulle	strade	digitali.	
	
Invece	un	Samaritano,	che	era	in	viaggio,	passandogli	accanto,	vide	e	ne	ebbe	compassione.	
I	Samaritani	sono	una	comunità	originata	dagli	Ebrei	dell'antica	Samaria	che	non	furono	
deportati	dal	conquistatore	assiro	del	regno	d'Israele,	Sargon	II,	nel	722	a.C.	Dopo	il	ritorno	dall'esilio
babilonese.	 i	 Giudei	 non	 permisero	 ai	 Samaritani	 di	 partecipare	 alla	 ricostruzione	 del	 Secondo	
Tempio	 di	 Gerusalemme.	 Di	 conseguenza	 nel	 IV	 sec.	 a.C.	 i	 Samaritani	 costruirono	 un	 santuario	
indipendente	 ai	 piedi	 del	 monte	 Garizim,	 presso	 l'attuale	 Mablus,	 circa	 40	 km	 a	 nord	 di	
Gerusalemme.	 È	 facile	 comprendere	 la	 conflittualità	 fra	 le	 due	 popolazioni	 che	 si	 accusavano	
reciprocamente	di	eresia.		
Questo	samaritano	è	in	viaggio.	Non	scenda	dal	Tempio,	Gerusalemme	non	è	che	una	tappa	
del	suo	itinerario	personale	ma	vide	l'uomo	e	ne	ebbe	compassione.	Luca	usa	il	verbo	σπλαηχυιζομαι	
(splagchnizomai) solo	tre	volte:	quando	Gesù	vide	la	vedova	di	Nain	con	il	figlio	morto,	quando	il	
padre	vede	il	figliol	prodigo	e	qui.	In	tutti	questi	casi	c'è	un'azione	di	ridare	la	vita,	un'azione	divina:	
vedere	ed	avere	compassione.	Quando	Luca	vuole	intendere	un'azione	umana	usa	ελες	(eleos)	
"avere	misericordia".	
Gesù	sta	assegnando	ad	uno	"credente	non	praticante",	ad	uno	considerato	lontano	da	Dio	
un'azione	divina.	Cosa	lo	rende	così	simile	a	Dio?	L'amore.	Ha	avuto	lo	stesso	sguardo	di	Dio,	ha	visto	
le	sofferenze	che	vede	Dio	e,	cosa	più	importante,	ha	dimostrato	che	quando	la	Legge	di	Dio	si	
scontra	con	la	Legge	dell'Uomo,	probabilmente	non	stiamo	capendo	la	Legge	di	Dio.	
	
Quell'uomo	ferito,	sofferente,	mezzo	morto	si	può	incontrare	sulle	strade	digitali,	su	qualche	
blog,	 social	 network,	 messaggio	 ed	 è	 importante	 che	 ci	 sia	 qualcuno	 in	 grado	 di	 portargli	 la	
consolazione	della	Buona	Novella.	Non	c'è	bisogno	di	essere	dei	perfetti,	dei	giusti.	Serve	stare	sulla	
via,	stare	sulle	autostrade	digitali.	
	
Chi	di	questi	tre…	
Il	dottore	della	Legge	aveva	chiesto	«Chi	è	il	mio	prossimo?».	Invece	Gesù	gli	chiede	«chi	sia	
stato	prossimo».	La	domanda	è	invertita.	Non	è	un	problema	di	stabilire	chi	posso	aiutare	e	chi	no	
ma	di	rendersi	disponibile	all'assistenza	di	chiunque	abbia	bisogno.	Non	è	un	problema	di	Legge	ma	
di	amore	e	Legge	ed	Amore	sono	antagonisti.	
Purtroppo	la	traduzione	non	rispetta	l'intenzione	dell'evangelista	e	fa	rispondere	al	dottore	
della	Legge:	«Chi	ha	avuto	compassione	di	lui»	anziché	il	più	appropriato	e	letterale:	«Chi	ha	avuto	
misericordia	(ελεος	-	eleos)	di	lui».	Non	può	ammettere	che	un	samaritano,	uno	così	lontano	da	Dio	
possa	comportarsi	meglio	di	lui	o,	peggio,	come	Dio.	
	
È	difficile	ammettere	che	tutto	l'impegno	speso	in	una	vita	stia	per	essere	reso	vano	dal	
tempo	ma	dobbiamo	renderci	conto	che	siamo	in	una	nuova	epoca	storica,	l'ultima	generazione	
testimone	di	un	mondo	senza	Internet	e	senza	il	dominio	del	digitale.	Prossimo	non	è	mai	stato	il	
nostro	vicino	ma	siamo	sempre	stato	noi	il	prossimo	di	qualcuno.		
	
Il	digitale	ci	aiuta	a	entrare	in	questa	dimensione	universale,	a	vivere	questa	Parola;	allarga	i	
nostri	orizzonti	e	aiuta	a	santificarci.

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Il prossimo nel digitale

  • 1. Il prossimo nel digitale Il digitale ha modificato la nostra percezione di tempo e di spazio fino ad annullarlo o farlo sembrare superfluo. Le nostre categorie, come vicino e lontano, devono essere riviste e nuovamente definite per corrispondere al mondo disegnato dal digitale. Spesso abbiamo più informazioni, notizie e confidenze dai nostri contatti in altri continenti di quante ne possediamo dei nostri vicini o dirimpettai. È quindi lecito domandarsi: chi è il mio prossimo nell'era digitale? Leggiamo da Luca: 25 Ed ecco, un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: "Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?". 26 Gesù gli disse: "Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?". 27 Costui rispose: " Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso ". 28 Gli disse: "Hai risposto bene; fa' questo e vivrai". 29 Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: "E chi è mio prossimo?". 30 Gesù riprese: "Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31 Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. 32 Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. 33 Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. 34 Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. 35 Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all'albergatore, dicendo: "Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno". 36 Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?". 37 Quello rispose: "Chi ha avuto compassione di lui". Gesù gli disse: "Va' e anche tu fa' così". (Lc 10,25-37) Il racconto del Buon Samaritano occupa quasi tutta la seconda metà del capitolo 10 di Luca e ne è, in qualche modo, la conclusione. Brevemente ne ricordiamo l'inizio: Gesù invia 72 discepoli a due a due nelle città dove si sarebbe recato dando loro istruzioni su come comportarsi. Al ritorno, gli entusiasti discepoli raccontano i prodigi avvenuti e Gesù eleva una preghiera di ringraziamento al Padre. Questo il contesto che suscita la domanda del dottore della Legge. L'ingresso di Gesù nella scena pubblica rappresenta una novità, un modo nuovo di interpretare le Scritture e vivere il rapporto con Dio. L'invio dei 72 è come un'avanguardia pervasiva, rumorosa e variegata dell'imminente novità. Il digitale è questo nuovo che avanza, che porta metodi, idee, interpretazioni innovative accompagnate dall'eccitazione dei tecno-entusiasti. Un «verbo» nuovo e inarrestabile. Un dottore della Legge, lì presente, rimane turbato. È uno scriba, un interprete ufficiale della Legge, la Torah, un profondo conoscitore dei Profeti. È uno dei rappresentanti del "precedente sistema" che ora si vuole rinnovare. Eppure il "vecchio sistema" è stato indicato da Dio stesso, non è stato mai criticato né messo in dubbio. Quest'uomo guarda stupido questa gente: sembrano così euforici come se solo loro avessero finalmente capito come salvarsi e servire Dio. Loro, lui, la "vecchia guarda" cosa avrebbero fatto per tutti questi secoli? sbagliato tutto?
  • 2. Non può rimanere in silenzio, deve intervenire, si alza «per mettere alla prova Gesù». Luca usa lo stesso verbo (πειραζω peirazo) usato in 4,1 per le tentazioni di Gesù nel deserto. Qual è la tentazione cui vuole sottoporre Gesù? Insinuare il dubbio se il suo "metodo" fosse valido tanto quanto il suo. Chiede: «Che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Anche qui il verbo usato tradisce il pensiero: ποιεω (poieò) è il costruire con le proprie mani. La Legge ha una perversione: anziché essere considerata come un guard-rail che Dio costruisce affinché non si esca fuori strada e si metta a repentaglio la propria vita, spesso diventa il metro su cui misurare e giudicare la salvezza o la dannazione propria ed altrui. È importante conoscere bene la Legge perché la sua osservanza è fonte di salvezza e solo a prezzo di sforzi personali possiamo compierla. Questo pensa il dottore della Legge: se si impegna con tutte su forze allora si può salvare. La domanda che pone può essere così riletta: «Se io osservo la tua Legge, mi salvo come se osservassi la mia Legge tradizionale?». Il digitale è una novità assoluta nella storia e rappresenta una nuova epoca storica. Abbiamo bisogno di cambiare strumenti di analisi e categorie concettuali. Per secoli filosofi e scienziati hanno indagato ed elaborato sistemi e metodi sempre più raffinati che ci hanno portato a guardare nella profondità dell'Universo o nell'infinito piccolo. Su queste conoscenza sono state fondate le società moderna, industriale e post-industriale ma con l'avvento della società fluida, e con essa dell'era digitale, le fondamenta di questa costruzione stanno cedendo. Gli scribi e sacerdoti oppongono una tanto strenua quanto inutile difesa perché nessuno è mai riuscito a fermare la storia. La nuova evangelizzazione è stata recepita come una stravagante iniziativa, figuriamoci quella digitale fatta di social network, web, blog, video, newsletter, Whatsapp e quant'altro. La vera predicazione, si afferma, avviene con le persone non con i computer. Possiamo tradurre in lingua corrente la domanda: «Se evangelizzo nel digitale, faccio qualcosa di utile o perdo il mio tempo?». La risposta di Gesù sembra spazientita, come davanti ad uno che si ostina a non comprendere e persevera nel suo errore: «Cosa c'è scritto? Non sai leggere?». Spesso leggiamo la Scrittura cercando conferme alle nostre idee piuttosto che ordinarle a quanto leggiamo. La risposta è già scritta: cosa capiamo? Il dottore della legge risponde con quello che era il credo di Israele, lo Shemà, tratto dal Libro del Deuteronomio, cap. 6, e aggiunge il precetto del Levitico 19, 18. Quindi all’amore a Dio con tutta l’anima, un amore assoluto, unisce l’amore al prossimo che è relativo, «come te stesso». Una precisazione. Il Levitico dice testualmente: «Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore.». Sembra che il prossimo sia solo un membro di Israele o del proprio clan. Non è chiunque ma qualcuno ben preciso. Non l'immigrato approdato di notte con qualche barcone ma una persona civile, bianca, cittadina italiana. Per questo motivo, alla risposta di Gesù il dottore della Legge chiede stupido: «Chi è il mio prossimo?». Devo aiutare gli italiani, prima gli italiani e poi gli altri oppure proprio tutti indistintamente? Il problema è sempre la Legge: per fare ciò che mi salverà, cosa devo fare senza perdere tempo? Se salvo solo gli italiani ed invece dovevo salvare gli immigrati o viceversa? Ecco la risposta di Gesù con la parabola. Un uomo scendeva da Gerico a Gerusalemme… La strada da Gerusalemme a Gerico era di circa km 27 con un dislivello di 1100 metri, passava per luoghi isolati e si prestava alle imboscate dei briganti. Gerusalemme era la città Santa¸ dove si trovava il tempio del Signore, Gerico era la città sacerdotale dove cioè risiedevano sia i sacerdoti sia i leviti; ma Gerico era anche una città di scambi commerciali e di malviventi attirati dalla ricchezza dei mercanti.
  • 3. Non sappiamo chi fosse quest'uomo, un mercante o un fedele di ritorno dal Tempio. Viene assalito, malmenato, derubato e lasciato mezzo morto sulla strada. Questa indicazione è importante. Chi di noi, vedendo un uomo riverso per terra, sanguinante e tumefatto, sarebbe in grado, solo guardandolo, di stabilire se è vivo o morto? L'indicazione mezzo morto sta proprio ad indicare questa incertezza. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre Al tempo di Gesù c’erano circa 7000 sacerdoti che a turno svolgevano servizi nel tempio. Ogni sacerdote serviva al Tempio 5 settimane l’anno; nella settimana di servizio, era estratto a sorte il sacerdote, che doveva svolgere il servizio più importante: alimentare il braciere con l’incenso nel tempio (sancta sanctorum). A questo servizio fu chiamato Zaccaria, il giorno in cui gli apparve l’angelo Gabriele che gli annunziava la nascita di Giovanni Battista. Per adempiere questo servizio, un sacerdote doveva essere puro e mantenersi puro per tutta la settimana di turno. Entrare nel sancta sanctorum era un'occasione unica nella vita e non capitava a tutti. Era fondamentale rimanere puri e pronti per avere questa opportunità. Questo sacerdote scendeva, quindi era di ritorno dal suo servizio ed era più che puro, come chiunque dopo un periodo di esercizi o ritiro spirituale: la vicinanza con Dio ci trasforma. Vede l'uomo. È mezzo morto. Mezzo vivo o mezzo morto? Il problema è serio: la Legge vietava il contatto con i cadaveri (Nm 19, 11-22) e al sommo sacerdote persino di avvicinarsi ai genitori morti (Lv 21, 10-11). In caso contrario diventava impuro per sette giorni e doveva purificarsi due volte, non poteva essere toccato e non poteva ovviamente entrare nel Tempio. La legge di Dio va osservata anche quando è causa di sofferenza per gli uomini? Quando c’è conflitto tra la legge divina e il bene dell’uomo, cosa bisogna comportarsi? Il sacerdote non ha dubbi: viene prima la legge divina e poi il bene dell’uomo. Non è un dubbio lontano da noi. In Africa esiste lo stesso problema: distribuire i profilattici contro l'AIDS, considerando la difficoltà enorme della prevenzione? Nel dubbio la gente muore pensando che la legge degli uomini li ha ammalati mentre quella di Dio li uccide. Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre I leviti erano circa 10.000 e anch’essi facevano ognuno turni di servizio per 5 settimane l’anno; non erano pagati e si occupavano dei servizi tempio: pulizia, guardia al tempio perché non entrassero pagani, animazione per la liturgia e il canto. Il levita ha compiti meno importanti rispetto al sacerdote, una specie di ministro istituito contro un ministro ordinato. Lui si che potrebbe fermarsi ed aiutare il moribondo. Si potrebbe obiettare: perché dovrebbe essere meno "puro", "santo" del sacerdote? È lecito peccare, magari di un peccato mortale, per fare del bene? Anche il levita passa oltre per ubbidire alla Legge di Dio Il dottore della Legge poteva identificarsi in queste due persone. Proviene dalla ortodossia, dalla retta interpretazione, da un corretto stile di vita e quella era un itinerario familiare. «Si è sempre fatto così». Siamo su una strada molto usata, oggi diremo un'autostrada, proprio come definiamo Internet: l'autostrada digitale. Su questa strada c'è un sofferente ma sia il sacerdote sia il levita non hanno la capacità o la conoscenza per decidere se è vivo, quindi intervenire, oppure se è morto e perciò allontanarsi. Predicare o evangelizzare come si è sempre fatto, non permette di vedere la sofferenza sulle strade digitali. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. I Samaritani sono una comunità originata dagli Ebrei dell'antica Samaria che non furono deportati dal conquistatore assiro del regno d'Israele, Sargon II, nel 722 a.C. Dopo il ritorno dall'esilio
  • 4. babilonese. i Giudei non permisero ai Samaritani di partecipare alla ricostruzione del Secondo Tempio di Gerusalemme. Di conseguenza nel IV sec. a.C. i Samaritani costruirono un santuario indipendente ai piedi del monte Garizim, presso l'attuale Mablus, circa 40 km a nord di Gerusalemme. È facile comprendere la conflittualità fra le due popolazioni che si accusavano reciprocamente di eresia. Questo samaritano è in viaggio. Non scenda dal Tempio, Gerusalemme non è che una tappa del suo itinerario personale ma vide l'uomo e ne ebbe compassione. Luca usa il verbo σπλαηχυιζομαι (splagchnizomai) solo tre volte: quando Gesù vide la vedova di Nain con il figlio morto, quando il padre vede il figliol prodigo e qui. In tutti questi casi c'è un'azione di ridare la vita, un'azione divina: vedere ed avere compassione. Quando Luca vuole intendere un'azione umana usa ελες (eleos) "avere misericordia". Gesù sta assegnando ad uno "credente non praticante", ad uno considerato lontano da Dio un'azione divina. Cosa lo rende così simile a Dio? L'amore. Ha avuto lo stesso sguardo di Dio, ha visto le sofferenze che vede Dio e, cosa più importante, ha dimostrato che quando la Legge di Dio si scontra con la Legge dell'Uomo, probabilmente non stiamo capendo la Legge di Dio. Quell'uomo ferito, sofferente, mezzo morto si può incontrare sulle strade digitali, su qualche blog, social network, messaggio ed è importante che ci sia qualcuno in grado di portargli la consolazione della Buona Novella. Non c'è bisogno di essere dei perfetti, dei giusti. Serve stare sulla via, stare sulle autostrade digitali. Chi di questi tre… Il dottore della Legge aveva chiesto «Chi è il mio prossimo?». Invece Gesù gli chiede «chi sia stato prossimo». La domanda è invertita. Non è un problema di stabilire chi posso aiutare e chi no ma di rendersi disponibile all'assistenza di chiunque abbia bisogno. Non è un problema di Legge ma di amore e Legge ed Amore sono antagonisti. Purtroppo la traduzione non rispetta l'intenzione dell'evangelista e fa rispondere al dottore della Legge: «Chi ha avuto compassione di lui» anziché il più appropriato e letterale: «Chi ha avuto misericordia (ελεος - eleos) di lui». Non può ammettere che un samaritano, uno così lontano da Dio possa comportarsi meglio di lui o, peggio, come Dio. È difficile ammettere che tutto l'impegno speso in una vita stia per essere reso vano dal tempo ma dobbiamo renderci conto che siamo in una nuova epoca storica, l'ultima generazione testimone di un mondo senza Internet e senza il dominio del digitale. Prossimo non è mai stato il nostro vicino ma siamo sempre stato noi il prossimo di qualcuno. Il digitale ci aiuta a entrare in questa dimensione universale, a vivere questa Parola; allarga i nostri orizzonti e aiuta a santificarci.