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1.1. Introduzione
Al tempo in cui gli antichi Greci cre-
devano nella forza dei loro dei, il föhn
nacque con il nome di Zephyrus, il
dio dei venti occidentali. Suo padre
era
Astraeus, il
dio del cielo
notturno e
padre delle
stelle, e sua
madre Eos,
la dea dell'al-
ba. Zephyrus
cresceva con
i suoi fratelli
Boreas, Eu-
rus e Notus,
e obbediva
ad Aeolus, il
re dei quat-
tro venti. Da
bambino
aveva un ca-
rattere molto
dolce, sof-
fiando da
Ovest, ri-
spetto al rigi-
do Boreas,
vento freddo
da Nord, o
Eurus, vento
tempestoso
da Sud-Est. Ma Zephyrus non era
sempre così gentile: con la sua forza
era capace di uccidere. Al tempo dei
Romani il suo nome divenne Favo-
nius, il vento di ponente, protettore
dei fiori e delle piante e messaggero
della primavera (GOHM, 2003).
Nella cultura tedesca dal termine
Favonius si sviluppò il nome «föhn»
(grafia equivalente per foehn, la pro-
nuncia è approssimativamente fœn,
assolutamente errata è la grafia
«phon» , con la quale si indica l’elet-
trodomestico per asciugare i capelli
e, in acustica, l’unità di misura del-
la percezione dell’intensità sonora
alla frequenza di 1 kHz ) e il signifi-
cato si restrinse a indicare un vento
caldo, asciutto e forte, che si mani-
festava di tanto in tanto nell'arco al-
pino e pote-
va essere fa-
vorevole ma
anche deva-
stante per
la popola-
zione.
Circa 150
anni fa fu-
rono intra-
prese le pri-
me ricerche
scientifiche
sul föhn in
Svizzera e in
Austria, do-
ve Inn-
sbruck si
distinse co-
me la capi-
tale mon-
diale di que-
sti studi.
La ricetta
per un föhn
è abbastan-
za semplice:
non è ne-
cessario
molto più di una catena montuosa e
aria che vuole varcarla. Non deve
quindi meravigliare che il föhn sia
un fenomeno diffuso globalmente e
che ogni regione montuosa abbia la
NIMBUS 31-32 METEOROLOGIA
Il föhn sulle Alpi
Daniel Schrott, Werner Verant - Università di Innsbruck, Istituto di Meteorologia e Geofisica
13
1. Il «muro del föhn», visto dalla pianura canavesana (TO) al mattino del 07.04.2004, av-
volge i crinali elevati del Gran Paradiso. Sul versante valdostano prevalgono nubi e tor-
menta, sulla pianura piemontese, sottovento alle correnti settentrionali in quota, l’atmo-
sfera è limpida e asciutta, e la temperatura massima giunge a 17.6 °C (f. D. Cat Berro).
Questo lavo-
ro è frutto di
uno stage
effettuato
durante
l’estate
2003 presso
la SMI dagli
autori, stu-
denti sud-
tirolesi dell'I-
stituto di
Meteorologia
e Geofisica
all'Univer-
sità di Inn-
sbruck (Au-
stria).
La revisione
critica è
stata con-
dotta da
GENNARO DI
NAPOLI e
VALENTINA
ACORDON
(SMI).
[Poseidone] radunò i nembi, brandì il tridente
sconvolse il mare, scatenò i turbini
di tutti i venti, e coperse di nubi
la terra e il mare; notte scese dal cielo.
Insieme Euro e Noto piombarono e Zefiro che soffia violento,
e Borea figlio dell'etere, che il gran flutto rovescia.
Odissea, libro V.
Zephyros (in latino Zephyrus) degli antichi Greci, ribat-
tezzato Favonius dai Romani, era il vento da ponente, sen-
za implicazioni di montagne da cui discendere. L'origine
più comunemente riportata per Favonius è il verbo latino
favere, «favorire», pertanto Favonius=favorevole. Ma in la-
tino esisteva un altro verbo, fovere, simile al precedente
anche nel significato, che era «riscaldare», «favorire»: an-
cora più attinente a un vento mite. Il termine latino origi-
nario sarebbe dunque fovonius, «che riscalda», mutato poi
per dissimilazione (E. KLEIN, A Comprehensive Etymologi-
cal Dictionary of the English Language, Amsterdam: Else-
vier Scientific Publishing Co., 1971) in favonius. Dal lati-
no classico Favonius derivarono il latino volgare faonius e
l'italiano attuale favonio. Parallelamente fovonius evolse
nel tedesco attuale Föhn, attraverso il tedesco antico (an-
teriore al 1100 d.C.) phonno. Infine, cosa racchiude il ver-
bo fovere? Si ritiene (BUCHOT 1978) che la radice indoeu-
ropea sia dhegwh («riscaldare», «bruciare»), forma che in
molte lingue è venuta ad assumere il significato di giorno
(con evidente riferimento al calore del sole): dagur (islan-
dese), dag (svedese, norvegese, danese), Tag (tedesco), day
(inglese). Non tragga in inganno l'assonanza tra day e il la-
tino dies (da cui l'italiano dì): dies («giorno») deriva dalla
radice indoeuropea deiwo («dio», «dio del giorno»).
2. La «Nascita di Venere» di Sandro Botticelli (anno 1485 circa)
raffigura Zefiro e Aura (a sinistra), che soffiano una dolce brezza
di primavera su Venere, appena approdata a terra dal mare.
A-PDF MERGER DEMO
sua espressione per questo vento. In
Italia, soprattutto in Alto Adige, e
nella Svizzera Italiana è anche noto
con il termine favonio, nelle Monta-
gne Rocciose degli Stati Uniti è chia-
mato chinook, nelle Ande cilene puel-
che, mentre sul loro versante argen-
tino è chiamato zonda.
Di fatto il föhn è quindi il nome di un
«effetto» più che di un vento. Sulle
Alpi si può avere föhn sul versante
italiano con la tramontana, ma sarà
lo scirocco a provocarlo sui versanti
svizzero e austriaco.
1.2. I criteri del föhn
Possiamo definire il föhn come una
corrente d'aria discendente che si
manifesta sul versante sottovento
quando l'aria scavalca una catena
montuosa.
Spesso, anche nella letteratura
scientifica, il föhn è definito erro-
neamente vento catabatico (dal gre-
co katabatos, discendente). In
realtà, «vento catabatico» non è nep-
pure quello dell'Antartide, sebbene
nasca come tale: l'aria si raffredda
dal basso per contatto con la calotta
glaciale divenendo più densa e que-
sto strato gelido discende per gravità
dall'altopiano antartico verso l'ocea-
no. Vi sono però effetti idraulici di
compressione, come accade anche
nel föhn, e una sensibile influenza
della forza deviante di Coriolis lungo
il percorso. Il föhn, invece, è un ven-
to caldo o mite, quindi la sua aria è
leggera e non scende spontanea-
mente dalle creste delle montagne.
Pertanto ci deve essere una forza pri-
maria più grande della forza ascen-
sionale dell'aria, una forza che co-
stringe meccanicamente l'aria a di-
scendere nelle vallate.
Il föhn è caratterizzato da tre fattori
importanti (KUHN, 1989):
a) vento impetuoso a raffiche irrego-
lari
b) aumento della temperatura
c) abbassamento dell'umidità relati-
va.
Questi tre fattori sono utili per pre-
cisare l'inizio di un episodio di föhn
presso una stazione meteorologica.
Sono validi per tutti i tipi di föhn,
dunque per ogni direzione di prove-
nienza dell'aria, anche se sono stati
elaborati per il föhn alpino da Sud.
La maggior parte degli studi com-
piuti sul föhn riguarda infatti quello
da Sud, sia per ragioni storiche sia
per il rialzo termico ancora più ecla-
tante rispetto alle altre provenienze.
In realtà la regola dell'aumento del-
METEOROLOGIA NIMBUS 31-32
14
3a, b. I fattori
che caratteriz-
zano il föhn:
aumento della
temperatura,
sensibile ab-
bassamento
dell'umidità
relativa, calo
della pressio-
ne, aumento
dell'intensità
del vento con
raffiche irrego-
lari e direzione
del vento da
sud (180 gra-
di) durante un
episodio di
föhn da sud
ad Innsbruck-
Università con
inizio alle 8
UTC e fine alle
17 UTC del
giorno 29 apri-
le 2003 (frec-
ce). Fonte:
Istituto di Me-
teorologia e
Geofisica -
Innsbruck,
Austria.
ALTEZZA(km)
3
2
1
0
SUD - NORD (km)
100
50
0
-50
-100
EST - OVEST (km)
-100
-50
0
50
100
4
5
ALTEZZA(km)
3
2
1
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SUD - NORD (km)
100
50
0
-50
-100
EST - OVEST (km)
-100
-50
0
50
100
4
5
T1
T2
5. A causa della diversa temperatura delle due masse d'aria (T1 e T2), tra i
versanti si sviluppa una corrente di compensazione in corrispondenza dei
passi che incidono la barriera montuosa. Ai livelli superiori alle creste la cor-
rente ha invece una direzione parallela alla catena, con una lieve curvatura
sopra il passo (fonte: GEIER, 2001).
Il «Sistema Internazionale», siglato SI, regola
l'uso delle unità di misura nelle scienze. Se-
condo questo accordo internazionale l'unità
per la temperatura è il Kelvin (simbolo K), dal
nome del fisico britannico William Thompson,
Lord Kelvin (1824-1907), uno dei fondatori del-
la termodinamica moderna. La temperatura
misurata in K viene chiamata anche tempera-
tura assoluta. In meteorologia è comune (in
Europa) il grado Celsius (°C), da Anders Cel-
sius (1701-1744), astronomo svedese. La rela-
zione tra loro è molto semplice: K=°C+273.15.
Per esempio, 10 °C sono pari a 283.15 K. Nel-
la meteorologia scientifica vengono usate en-
trambe le unità di misura. In questo articolo
usiamo generalmente °C, tuttavia in alcune
equazioni è indispensabile impiegare K.
4. (qui sopra) Il gradiente barico originato dalla situazione sinottica costringe
l'aria a scavalcare la catena montuosa fin sopra la cresta; lo sblocco sul ver-
sante sottovento (mountain pressure drag) rinforza ancora il gradiente barico
presente a causa della differenza di temperatura fra le due masse d'aria (co-
me nel föhn basso) e intensifica il gap flow attraverso i passi più bassi della
catena montuosa. (fonte: GEIER, 2001)
la temperatura non è sempre valida
per tutte le quote: il föhn da Nord con
le sue correnti settentrionali spesso
addirittura abbassa la temperatura,
specialmente in montagna.
1.3. I tipi di föhn
In relazione alla direzione della cor-
rente verso la catena alpina si di-
stinguono i seguenti tipi di föhn: il
föhn sul versante Nord (con venti da
Sud) chiamato föhn da Sud, il föhn
sul versante Sud (con venti da Nord)
chiamato föhn da Nord e il föhn sul-
le vallate alpine occidentali italiane
(con venti da Ovest) chiamato föhn
da Ovest. Anche il föhn da Est è pos-
sibile sulle Alpi francesi (dove viene
chiamato la lombarde), sebbene più
raro degli altri a causa della direzio-
ne anomala della corrente rispetto
alla norma, che favorisce in genere
per le latitudini medie un vento da
Ovest.
In relazione all'evoluzione sinottica
e al profilo verticale della tempera-
tura oggi si distinguono due tipi di
föhn: föhn alto e föhn basso.
Il föhn tipico è conosciuto come föhn
alto perché in tutti i livelli atmosfe-
rici fino alla tropopausa si ha una
corrente prevalente perpendicolare
alla cresta della montagna (vedi il di-
segno schematico in fig. 4). La forza
motrice per qualsiasi vento è sempre
una differenza barica; il vento cerca
di riequilibrare la pressione, e que-
sto vale anche per il föhn.
Esistono due motivi importanti nel-
l'ambito del föhn per la formazione
del gradiente barico: immaginiamo
una montagna schematica, con una
pianura su entrambi i lati. Se la tem-
peratura dell'aria su un lato è più
bassa di quella sull'altro, si ha una
differenza barica netta (semplifican-
do, una diversa densità dell’aria).
A causa di questa differenza si svi-
luppa una corrente di compensazio-
ne in corrispondenza dei passi che
incidono la barriera montuosa. Que-
sto fenomeno è conosciuto sotto il
nome di gap flow.
L'altro effetto prodotto da un gra-
diente barico lungo una catena
montuosa è il mountain pressure
drag. E' una conseguenza della si-
tuazione sinottica e si può spiegare
così: l'aria in movimento trova da-
vanti a sé un ostacolo (nel nostro ca-
so una catena montuosa) che ne ri-
duce la velocità. In seguito allo sva-
licamento, la velocità aumenta di
nuovo e diventa più elevata di quel-
la iniziale. L'aumento della velocità
sul versante sottovento abbassa la
pressione, mentre il rallentamento
dell'aria sul versante sopravvento
aumenta la pressione. Ne scaturisce
un netto aumento del gradiente ba-
rico tra i versanti. I gradienti di pres-
sione fra i versanti alpini nei casi di
föhn alto sono di 4-10 hPa, con mas-
simi fino a 18 hPa.
Sul versante sottovento l'aria scorre
dalla sommità della cresta giù nelle
valli (effetto della situazione sinotti-
ca) e inoltre «cola» dai passi (effetto
«gap flow»).
La seconda forma di föhn, il «föhn
basso», si manifesta quando la cor-
rente nella troposfera non è unifor-
me. Guardiamo il disegno schemati-
co in fig. 5: ad una certa altezza so-
pra la catena montuosa c'è una va-
riazione improvvisa della direzione
del vento. A quest'altezza si trova
spesso un piccolo strato di inversio-
ne, che favorisce la separazione del-
la troposfera in due strati principali
separati. Nello strato sottostante (lo
strato limite) la corrente è perpendi-
colare alla catena e genera il gra-
diente barico tra i versanti, mentre
sopra la cresta la direzione del ven-
to è parallela alla catena montuosa.
Questa situazione sinottica non è fa-
vorevole per la sua formazione, ma il
föhn si ha ugualmente: si definisce
«föhn basso». A causa della differen-
za di temperatura tra le masse d'a-
ria sui due versanti, si sviluppa una
corrente di compensazione, il «gap
flow». Le caratteristiche del föhn
basso sono, nelle valli interessate, le
stesse del föhn alto: un rialzo delle
temperature, un calo dell'umidità e
forte vento; mancano però ad esem-
pio le tipiche nubi lenticolari (in te-
desco Föhnfische, «pesci del föhn»; si
veda cap. 3.3). Ovviamente in un
föhn alto è sempre incluso un föhn
basso. La zona interessata dal föhn
basso è molto meno estesa di quella
interessata dal föhn alto, ed è facile
capirne il motivo: le Alpi hanno po-
che incisioni veramente a bassa
quota, così che grandi valli ne pos-
sano essere interessate; il föhn alto
scorre sopra le montagne e può in-
fluenzare un territorio molto più
grande. Siamo anche in una «scala»
diversa: il föhn basso è soltanto la ri-
sposta alla diversa temperatura tra
i due versanti, tra due serbatoi d'a-
ria comunicanti attraverso i passi,
mentre il föhn alto è controllato e for-
zato dal «regime» sinottico. Per certe
valli e zone vicine ai passi alpini, tut-
tavia, il föhn basso ha la stessa im-
portanza del föhn alto.
Il föhn basso non ha bisogno di una
NIMBUS 31-32 METEOROLOGIA
15
6. Profilo verticale della temperatura potenziale il giorno 8 novembre 1999 h12 UTC
L'intervallo tra le linee di uguale temperatura potenziale è 1°C. Lungo la linea Innsbruck (destra)-
Verona (sinistra) la montagna più alta in quest'immagine (fondo bianco) è il Passo del Brennero.
Si noti l'aria stagnante a Nord del Brennero che scende (föhn basso, gap flow) verso Vipiteno e
l'aria del föhn alto che scende da oltre 2000 m nelle valli del versante Sud alpino (colore azzurro,
che quasi riempie tutta la Valle dell'Isarco e la Valle dell'Adige). Notate anche i due nuclei di colo-
re blu a Nord di Bolzano che indicano aria fredda e stabile (la temperatura potenziale aumenta
con l'altezza), che si è formata durante la notte e non è riuscita ancora a defluire, a causa della
topografia della Valle dell'Isarco molto stretta a Nord di Bolzano. Verso Trento l'aria del föhn co-
mincia a non giungere più al suolo, poiché nella Val Padana c'è aria fredda che con vento da SW
a Verona tende ad intasare la bassa Valle dell'Adige. (fonte: GEIER, 2001)
Temperatura potenziale (K)
Episodio di foehn da nord del 08/11/1999
305 K
300 K
295 K
290 K
285 K
305 K
300 K
295 K
290 K
500
1000
1500
2000
2500
3000
3500
4000
4500
Quota(m)
Aria fredda
foehn alto
foehn basso
Verona Trento
Valle dell'Adige
Bolzano
Brennero
Innsbruck
7. (in basso a
destra) Torino
e la Val di
Susa visti dal
Colle della
Maddalena
(715 m) in una
giornata di
föhn, il
13.03.2001,
con Tmax 20
°C nel capoluo-
go (f. V. Acor-
don). Sullo
sfondo il muro
del föhn orla la
cresta di fron-
tiera con la
Francia. Sulla
pianura torine-
se questo ven-
to di caduta
dalle Alpi si
presenta me-
diamente
30÷35 giorni
l’anno, con
massima fre-
quenza tra il
tardo autunno
e la primavera,
quando diven-
gono più ripe-
tute le irruzioni
di aria nord-
atlantica da
Nord-Ovest.
La città di
Torino è parti-
colarmente
sensibile agli
episodi di föhn
da Ovest, tro-
vandosi allo
sbocco della
Valle di Susa,
mentre è meno
interessata
dagli episodi
da Nord.
grande differenza barica: di solito
valori di 2÷3 hPa sono sufficienti. Ha
le caratteristiche fisiche della bora
(il vento discendente sulla costa di-
narica) e pertanto merita abbastan-
za il nome di «vento di caduta». Que-
sto tipo di föhn è stato scoperto da
KANITSCHEIDER nel 1937 nel Wipptal,
la valle che dal Passo del Brennero
porta ad Innsbruck. Fu poi negletto
negli anni seguenti, e infine risco-
perto grazie a nuove ricerche.
1.4. La statistica del föhn
Venti orografici analoghi al föhn esi-
stono in tutte le zone montuose. Il
più conosciuto è sicuramente il chi-
nook che spira sul versante orienta-
le delle Montagne Rocciose e supera
l'intensità del föhn delle Alpi con ve-
locità che possono arrivare fino a ol-
tre 200 km/h e con un aumento del-
la temperatura anche di 25 °C in
mezz'ora.
Il föhn, in quanto vento caldo e
asciutto, è temuto soprattutto d'in-
verno come «divora-neve» (ted. Sch-
neefresser), responsabile cioè della
rapida fusione e sublimazione del
manto nevoso. Inoltre le forti raffi-
che di vento possono portare danni
severi alle abitazioni, ai boschi e al-
l'agricoltura.
Sulle Alpi la maggior frequenza di
giorni di föhn da Sud si osserva in
primavera (marzo, aprile e maggio)
ed autunno (settembre, ottobre, no-
vembre), quando il fronte polare si
trova frequentemente sulla regione,
ma anche in inverno ed estate il föhn
non è assente. Il minimo estivo si
può spiegare con la posizione molto
più settentrionale della zona fronta-
le. La città di Innsbruck nel Nordti-
rolo negli anni 1906-1996 ha avuto
in media 57 giorni di föhn l'anno,
Altdorf nel Reusstal (Svizzera) nel
periodo 1864-1993 ne ha avuti in
media 58.
Il föhn da Nord ha il suo massimo in
inverno (soprattutto in febbraio) ed
in primavera, quando si hanno av-
vezioni di aria d'origine polare da N
o NW, ma si verifica anche nelle al-
tre stagioni.
Il föhn di Torino, ad esempio, si può
descrivere come un vento da W o NW
dovuto all'orientamento della Valle
di Susa (e in minor misura delle Val-
li di Lanzo ed Orco e della Valle d’Ao-
sta), dalla quale il vento perviene
sulla città. Nel periodo 1929-1944
Torino ha avuto una media annua di
33 giorni di föhn; Moncalieri, a soli
6 km verso S, una media di 28 gior-
ni (BOSSOLASCO 1950), per la posizio-
ne leggermente più distante dall'im-
bocco della Valle di Susa. Purtroppo
come nel resto delle Alpi italiane non
esistono ricerche organiche più re-
centi sulla frequenza del föhn.
Generalmente si può dire che la fre-
quenza di föhn tende a diminuire
quanto più ci si allontana dalla cre-
sta principale delle Alpi verso la pia-
nura, sia quella della Val Padana,
sia al Nord delle Alpi, come mostra
una ricerca di WAIBEL e GUTERMANN
(1976) nella zona del Lago di Co-
stanza. (vedi Fig. 9)
Questa caratteristica è nota anche
sul versante alpino italiano.
GÜNTHER GEIER nella ricerca su un
caso di föhn da Nord nel profilo tra
Innsbruck e Verona (1999) ha trova-
to che il vento favonico non è riusci-
to ad interessare la Val Padana, ma
è arrivato sia nella Valle dell'Isarco
che nella Valle dell'Adige (più vicino
alla cresta). Verona e la Valle dell'A-
dige fino a Nord di Trento sono ri-
maste tutto il giorno immerse nell'a-
ria fredda e stabile. Sicuramente
questa non è un'eccezione, ma ri-
specchia una condizione normale.
Anche ad Innsbruck si conoscono
molti casi in cui l'aria del föhn non è
riuscita a penetrare nello strato
freddo stabile (che in gergo si chia-
ma lago d'aria fredda) al suolo della
valle, ma soffiava sopra l'inversione
arrivando dal Wipptal. Questo spie-
ga anche un'altra caratteristica del
föhn: le schiarite, dovute alla disce-
sa dell'aria favonica sul versante
sottovento che provoca il dissolvi-
mento delle nubi, in genere site so-
pra lo strato limite, interessano un
territorio più grande di quello in cui
soffia il vento favonico al suolo.
2. Le diverse teorie sul föhn
2.1. I primi passi scientifici
Verso la metà dell'Ottocento il mon-
do scientifico iniziò ad interessarsi
al fenomeno del föhn. Fu il föhn da
Sud ad attirare per primo l'attenzio-
ne a Nord delle Alpi. Le prime ricer-
che furono intraprese nelle regioni
dell'arco Alpino settentrionale: nel
Vallese, nell'Oberland Bernese, nel
Reusstal e nella Valle del Reno a Sud
del lago di Costanza in Svizzera e
nella zona di Innsbruck e nel
Salzkammergut in Austria.
La prima questione riguardava l'ori-
gine del caldo che il vento föhnizza-
to portava con sé nelle valli del ver-
sante alpino Nord. L'ipotesi più sem-
plice fu quella introdotta dai geologi
che sostenevano che il föhn era un
vento proveniente dal deserto e por-
tava aria calda dal Sahara verso le
Alpi. Questa opinione era supporta-
ta dal fatto che spesso la neve in
montagna era colorata dalla sabbia
sahariana. Anche a Torino il föhn da
Ovest venne attribuito a un ramo di-
scendente di una corrente equato-
riale (!) (teoria confutata ad es. da
RIZZO, 1890/91). Altri scienziati, co-
me il danese Rink, trovarono però
che anche nella Groenlandia occi-
dentale esisteva un fenomeno simi-
le al föhn, il che poteva essere spie-
gato solamente attraverso il riscal-
damento adiabatico durante la di-
scesa dell'aria dai ghiacci dell'alti-
piano e non tramite l'origine della
METEOROLOGIA NIMBUS 31-32
16
8. Frequenza
media di giorni
con föhn ad
Altdorf e Inn-
sbruck nel
periodo 1958 -
1980 (fonte:
Archivio Istitu-
to Meteorologi-
co di
Innsbruck).
9. Frequenza
di föhn nella
zona del Lago
di Costanza
tra il maggio
1973 e l'aprile
1975. Verso
Konstanz (zo-
na Ovest del
lago) si regi-
strano meno di
25 ore di föhn,
mentre avvici-
nandosi alla
parte Sud del
lago, alla foce
del Reno e
verso l'alta
valle le regi-
strazioni di
föhn superano
anche le 200
ore (le Alpi si
trovano sotto il
bordo inferiore
di quest'imma-
gine).
KONSTANZ
BREGENZ
LINDAU
FREQUENZA EVENTI DI FÖHN
NELLA REGIONE DEL LAGO DI COSTANZA
MAGGIO 1973 - APRILE 1975
<25 25-49 50-99 100-199 >200
ORE DI FÖHN
Numero medio mensile di giorni con föhn
a Innsbruck e Altdorf (periodo 1958-80)
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
Gen
Feb
Mar
Apr
Mag
Giu
Lug
Ago
Set
Ott
Nov
Dic
N
Innsbruck
Altdorf
massa d'aria. Così la teoria del ven-
to sahariano fu respinta (KUHN,
1989).
Un'altra teoria affermava che il calo-
re del vento di föhn sarebbe stato ge-
nerato dall'attrito meccanico dell'a-
ria sul suolo. Questa possibilità è
però senza supporto, perché l'attri-
to meccanico è funzione della den-
sità del fluido e l'aria è un gas legge-
ro. La dissipazione dell'energia mec-
canica assume una media globale di
2÷3 W/m2 e la sua produzione é li-
mitata al «boundary layer», dove l'a-
ria é in contatto con il suolo. Ricor-
diamo che occorrono 1231 J per au-
mentare di 1 °C la temperatura di un
metro cubo d'aria alla pressione di
1000 hPa e alla temperatura di 0 °C.
Moltiplicando questa energia ad
esempio per 10, si ottiene l'energia
necessaria per un aumento di 10 °C,
caso frequente nelle vallate all'arri-
vo del föhn. Supponiamo che questo
aumento della temperatura si svol-
ga in un'ora. Allora la potenza ne-
cessaria risulta di (12310 J/3600 s)
= 3.4 W. Con il nostro calcolo siamo
vicini al valore globale generato dal-
l’attrito, però lo spessore dello stra-
to riscaldato é di 1 m soltanto...
Troppo poco. Un'anticipazione: lo
strato di föhn ha uno spessore di più
di 2000 m. Così questa teoria é as-
solutamente senza fondamento per
la spiegazione univoca del föhn. Ma
non vogliamo con ciò negare che l'at-
trito dell'aria sul suolo non dia un
contribuito, seppur minimo, all'au-
mento della temperatura.
2.2. La teoria esatta di von Hann,
respinta dal mondo scientifico
JULIUS VON HANN (1839-1921), illu-
stre meteorologo austriaco che già
da diverso tempo aveva contribuito
al dibattito sul föhn, pubblicò nel
1901, quando era direttore della
«Zentralanstalt für Meteorologie
und Geophysik» a Vienna, il suo fa-
moso libro «Lehrbuch der Meteorolo-
gie» (Testo di meteorologia). Questo
libro contiene anche un capitolo sul
föhn, che può essere considerato co-
me il fondamento della teoria termo-
dinamica originale. Vogliamo ripor-
tare alcuni passi tratti dal suo libro
(da SEIBERT, 1985):
«Il riscaldamento portato dal vento di
föhn deriva dal fatto che l'aria scen-
dendo rapidamente dall'alto si ri-
scalda dinamicamente di 1 °C ogni
100 m. Questo vuol dire che il riscal-
damento aumenta ceteris paribus
con l'altezza da dove proviene l'aria
di föhn e con la quota delle montagne.
NIMBUS 31-32 METEOROLOGIA
17
Almese (bassa Val di Susa) - Andamento di temperatura,
umidità relativa e velocità del vento il 10 gennaio 2004
-5
0
5
10
15
20
00 02 04 06 08 10 12 14 16 18 20 22
°C
0
20
40
60
80
100
ore
%-km/h
Temperatura Vel. vento Umidità
10. (a fianco) Il
10.01.2004 è
una giornata
di föhn sulle
valli del ver-
sante sudalpi-
no. Le correnti
in quota sono
disposte da
Nord, e adden-
sano nuvolo-
sità per stau
orografico sui
versanti sviz-
zero e austria-
co delle Alpi,
come visibile
nell’immagine
satellitare qui
accanto, ripre-
sa alle h 12.25
UTC dal satel-
lite NASA-
AQUA, sensore
MODIS (canale
visibile). Sulle
pianure pede-
montane del
Nord-Italia il
cielo è terso,
mentre lungo il
corso del Po e
sull’alto Adria-
tico, dove non
giunge la cor-
rente favonica,
persistono
nebbie e strati
bassi.
11. L’immagi-
ne qui a fianco,
scattata dalla
bassa Valle di
Susa (TO) il
10.04.2004,
mostra i ban-
chi di Altocu-
mulus stra-
tiformis che
costituiscono il
muro del föhn
all’orizzonte,
verso l’alta
valle al confine
con la Francia
(f. L. Mercalli).
12. Come visi-
bile dal grafi-
co, il föhn ha
cominciato a
dare i primi
effetti dalle h
02, con un
aumento di
temperatura e
una diminuzio-
ne dell’umidità
relativa, seb-
bene le raffiche
fossero ancora
modeste. Il
picco di inten-
sità del vento
si è raggiunto
tra le h 07:50 e
le 08:40, con
due punte di
55 km/h. La
temperatura
massima ha
raggiunto i
15.2 °C alle h
15:20. Sulla
pianura torine-
se, il vento ha
soffiato a 41
km/h a Mon-
calieri - Real
Collegio (Tmax
14.5 °C).
Più lenta è la diminuzione del calore
con l'altitudine [sta per: minore è il
gradiente verticale di temperatura,
n.d.a.], più l'aria si riscalda. Dal gra-
diente dipende l'aumento della tem-
peratura e quindi la grandezza del ri-
scaldamento relativo. Se, come di so-
lito in estate, la diminuzione della
temperatura per 100 m è di 0.7 °C
(pomeriggio 0.8 °C), l'aria discenden-
te guadagna ogni 100 m un calore di
soltanto 0.3 °C, però durante l'inver-
no con una diminuzione della tempe-
ratura di 0.4 °C ogni 100 metri (spes-
so prima dell’inizio del föhn il gra-
diente assume valori anche inferiori
a 0.3 °C ogni 100 metri) il guadagno
è] il doppio, 0.6 °C. Se l'aria del föhn
[ad Innsbruck, 600 m; n.d.a.] provie-
ne da 2000 m, così si riscalda relati-
vamente durante l'estate di 6 °C, in
inverno di 12÷14 °C. A causa di que-
sto e per il fatto che le condizioni per
la genesi del föhn d'estate sono più
rare e meno forti, il föhn d'estate si fa
sentire meno.» (HANN, 1901)
Inoltre von Hann constata che al ver-
sante sopravvento della montagna il
gradiente di temperatura è soltanto
0.45 °C/100 m in media o anche in-
feriore. Poi parla del significato del-
la condensazione sul versante so-
pravvento.
«In passato si riteneva che per la ge-
nesi del vento di föhn ci dovesse es-
sere un forte vento spirante sopra le
Alpi (o una montagna qualsiasi) che
sul versante sopravvento condensa il
suo vapore causando forti precipita-
zioni, per questo si raffredda soltan-
to lentamente, e sul lato nord [sotto-
vento], essendo soggetto a un au-
mento di 1 °C di temperatura ogni
100 m si presenta come un vento mol-
to caldo, e questo elevato calore si at-
tribuisce alla liberazione del calore
latente sull'altro versante.
Questi casi, in effetti, ci sono e la
maggioranza dei lunghi periodi di
föhn d'autunno e inverno (quelli nel-
le Alpi orientali) hanno l'origine se-
guente: sul versante sud delle Alpi
piogge intense e alluvioni, sul ver-
sante nord secco e un cielo piuttosto
limpido. Ma questa non è una neces-
sità assoluta per la genesi del föhn e
soltanto i casi di föhn tipici risultano
dalla formazione presentata prima.
[...] In inverno la diminuzione del ca-
lore con l'altitudine è quasi sempre, e
soprattutto con il tempo calmo che
precede il föhn, talmente piccola che
la semplice discesa dell'aria dalle
creste alpine è sufficiente a darle il
calore e l'asciuttezza del föhn.»
(HANN, 1901).
Queste affermazioni derivavano dal-
le sue osservazioni. Il concetto di von
Hann, molto simile a quello attual-
mente ritenuto valido, purtroppo
non entrò nei libri scientifici e didat-
tici e già qualche anno dopo andò
sviluppandosi una teoria diversa,
già allora meno coincidente con le
osservazioni.
LUDWIG VON FICKER (1880-1967), un
altro meteorologo austriaco, in un
primo tempo (FICKER, 1920) accettò
la teoria di von Hann. Ma, più di
vent'anni dopo, nel 1943, scrisse un
libro nel quale prendeva le distanze
da von Hann e sposava la nuova
«teoria termodinamica» del föhn. Es-
sa si basa su questo concetto: l'aria
che provoca il föhn sul versante sot-
tovento proviene (nel caso di föhn da
Sud) direttamente dalla Pianura Pa-
dana. Avvicinandosi alle Alpi è co-
stretta a salire fin sulle creste, raf-
freddandosi all'inizio secondo l'adia-
batica secca, ossia di 0.98 °C ogni
100 m. Raggiunto il livello di con-
densazione si formano nubi e quin-
di precipitazioni. Da questo livello il
raffreddamento dell'aria si riduce a
circa 0.6 °C ogni 100 m perché si li-
bera il calore latente di condensa-
zione dell'acqua. Superata la cresta,
l'aria scendendo sul versante sotto-
vento si riscalda seguendo subito
l'adiabatica secca (0.98 °C ogni 100
m), a causa del processo di com-
pressione adiabatica che porta al
dissolvimento delle nubi.
La «teoria termodinamica» ebbe (e
continua ad avere) ampia diffusione,
principalmente nei testi di meteoro-
logia generale. La sua denominazio-
ne è falsamente seduttrice, perché
non esiste un movimento dell'aria
che non parta dalle leggi della ter-
modinamica, ma dipende unica-
mente da quanto bene si conosce
quel movimento dell'aria; non c'è
contrasto tra la termodinamica e la
dinamica.
Per una beffa del destino, perfino
nella quinta edizione «completa-
mente riveduta» del Lehrbuch der
Meteorologie di von Hann, uscita nel
1951 a trent'anni dalla scomparsa
dell'autore, nel capitolo sul föhn il
revisore adottò la teoria termodina-
mica di von Ficker.
Questa teoria è in contraddizione
non solo con le nuove ricerche sul
föhn, ma anche con la teoria origi-
nale di von Hann. La cosiddetta teo-
ria termodinamica ha infatti diversi
errori:
a) Esistono casi di föhn senza for-
mazione del muro del föhn (stau,
sbarramento) o di altra nuvolosità
sul versante sopravvento, nono-
stante si abbiano temperature po-
tenziali più basse al suolo rispetto al
versante sottovento interessato dal
föhn. Secondo la cosiddetta teoria
termodinamica si produce una diffe-
renza di temperatura tra i due ver-
santi soltanto se si formano nubi che
danno luogo a precipitazioni, men-
tre l'idea di von Hann funziona an-
che se non ci sono precipitazioni sul
versante sopravvento.
b) Secondo von FICKER (1943), l'aria
METEOROLOGIA NIMBUS 31-32
18
Si definisce temperatura potenziale q la temperatura che assume una massa d'aria che
viene portata seguendo un processo adiabatico secco fino ad un livello di riferimento (ge-
neralmente si usa il livello po= 1000 hPa).
La sua espressione è, in coordinate isobariche (cioè utilizzando la pressione come coordi-
nata verticale):
dove po è la pressione sul livello di riferimento (po = 1000 hPa = 100000
Pa) e p è la pressione in Pa al livello in cui si trova il volume d'aria. Rd
è la costante dei gas per aria secca pari a 287 J*K-1*Kg-1 e cp è il ca-
lore specifico dell’aria secca a pressione costante e a 0 °C, pari a 1005
J*K-1*Kg-1.
Se scegliamo invece l'altezza come coordinata verticale e supponiamo che il livello di rife-
rimento di 1000 hPa si trovi al livello del mare, si ottiene:
dove T(z) è la temperatura del volume d'aria che si trova ad
un'altezza z in metri. Il valore 0.98 °C/100 m è il gradiente
della temperatura in condizioni di adiabatica secca.
Nei processi adiabatici secchi la temperatura potenziale rimane costante, quindi una mas-
sa di aria secca che si solleva e ridiscende conserva la sua temperatura potenziale.
Esempio
Proviamo a calcolare al temperatura potenziale a Bolzano utilizzando i dati dell'esempio
della cosiddetta teoria termodinamica del föhn (box nella pagina seguente). A Bolzano (240
m) la temperatura è T= 10 °C. Utilizzando la seconda equazione, la temperatura potenzia-
le a Bolzano risulta:
Posto che l’umidità relativa dell’aria a Bolzano sia dell’80%, alla quota del punto di con-
densazione (570 m), dove abbiamo calcolato una temperatura di 6.7 °C, la temperatura po-
tenziale è
Abbiamo trovato due valori uguali perché l'aria è salita da Bolzano alla quota del punto di
condensazione con un processo adiabatico secco, quindi la temperatura potenziale è ri-
masta costante.
NIMBUS 31-32 METEOROLOGIA
19
Esempio di föhn spiegato con la cosiddetta teoria termodinamica
Vogliamo fare un esempio di föhn con la teoria termodinamica, che
rivela la sua praticità seduttrice, ma non sempre valida.
Supponiamo che l’aria a Bolzano («BZ», 240m) abbia una temperatu-
ra T di 10 °C e un'umidità relativa dell'80%. La cresta montuosa è al-
ta 3000 m. Vogliamo vedere qual è la temperatura e l'umidità relati-
va ad Innsbruck (Ibk, 580m) sull'altro versante. L'aria sale dunque
raffreddandosi adiabaticamente da Bolzano di (per semplicità sup-
poniamo esattamente) di 1°C/100 m fino al punto di condensazione.
Dalla temperatura e dall'umidità relativa possiamo calcolare la pres-
sione di vapore, in altre parole quanta acqua l'aria contiene.
es=6.107 hPa*10 (7.5*T)/(235+T) (equazione 1, formula di Magnus),
dove es è la massima pressione di vapore in hPa consentita per aria
alla temperatura T in °C (pressione di vapore saturo).
Allora: es=6.107 hPa*10 (7.5*10 °C)/(235+10 °C) = 12.4 hPa
Calcoliamo ora la pressione di vapore dell'aria a Bolzano con un'u-
midità relativa (rH) dell'80%:
e=rH * es (equazione 2), dove e è la pressione di vapore in hPa, rH è l'u-
midità relativa.
e=0.8*12.4 hPa = 9.9 hPa
Questa pressione è anche la pressione di vapore dell'aria quando ha raggiunto la quota del punto di condensazione (LCL = Lifting
condensation level). Si sa che più l'aria è fredda, meno vapore acqueo può contenere. Raffreddandosi di 1 °C ogni 100 m, la tem-
peratura scende e raggiunge il punto di condensazione, dove la temperatura è T(LCL).
Riscrivendo l'equazione 1 si ottiene un'equazione che ci consente di ricavare la temperatura, in questo caso la T(LCL), a partire dal
valore della pressione di vapore: T(LCL)=(235*log10(e/6.107 hPa))/(7.5- log10(e/6.107 hPa)) (equazione 3)
Dunque, con e=9,9 hPa: T(LCL) = (235*log10(9.9hPa/6.107 hPa))/(7.5 log10(9.9 hPa/6.107 hPa)) = 6.7 °C
Tra la temperatura a Bolzano e la temperatura T(LCL) c'è una differenza di: dT=T-T(LCL)=10 °C-6.7 °C=3.3 °C
L'aria tra Bolzano e LCL è salita seguendo un processo adiabatico secco, quindi possiamo calcolare la quota corrispondente a
T(LCL), cioè Z(LCL): Z(LCL)=Z0+(T-T(LCL))/(1 °C/100 m)
Dove Z0 è la quota di Bolzano.
Allora: Z(LCL)=240 m+(10°C-6.7°C)*(100m/°C)=570 m
Da qui in poi fino alla cresta dobbiamo considerare il gradiente adiabatico umido, pari a (per semplicità supponiamo esattamen-
te) 0.6°C/100 m, inferiore a 1°C/100 m, perché durante la formazione delle nubi viene rilasciato il calore latente di condensazio-
ne dell'acqua. Fino alla cresta (3000 m) ci sono ancora 2430 m di differenza (dZ). Che temperatura si ha alla cresta (Zc)?
T(Zc)=T(LCL)-0.6 °C/100 m*dZ T(Zc)=6.7 °C-0.006°C/m*2430 m=-7.9 °C
Per curiosità calcoliamo anche a quale quota si raggiunge la T=0 °C: 6.7 °C/0.006 °C = 1117 m + 240 m = 1357 m.
Siccome il vapore acqueo dell’aria, già saturo a 570 m, è sottoposto ad un ulteriore raffreddamento, l'umidità relativa resta al 100%.
Utilizziamo allora la formula di Magnus (eq.1) per calcolare la pressione di vapore sulla cresta alla temperatura appena calcolata:
es=6.107 hPa*10 (7.5*(-7.9 °C))/(235-7.9 °C) = 3.3 hPa
Questo valore ci aiuterà a calcolare l'umidità relativa di Innsbruck.
Dalla cresta l'aria scende sull'altro versante seguendo un processo adiabatico secco, in quanto, appena superata la cresta, l’aria
scende e la sua temperatura aumenta (compressione adiabatica), per cui non è più in condizioni di saturazione. La temperatura
attesa ad Innsbruck (580 m) (T(Ibk)) è quindi:
T(Ibk)=T(Zc)+1 °C/100 m*(Zc-Z(Ibk))
T(Ibk)= -7.9°C+1°C/100 m*2420m=16.3°C
La temperatura di Innsbruck è più alta rispetto a quella di Bol-
zano di quasi 7°C, anche se le due città hanno una differenza di
quota di soli 340 m. Ma qual è l'umidità relativa ad Innsbruck?
La relazione tra la densità del vapore d'acqua e la densità del-
l'aria secca (= mixing ratio) è una quantità conservativa, in quan-
to rimane invariata in assenza di cambiamenti di stato durante
il percorso dalla cresta alla valle (adiabatica secca). Prendiamo
allora la temperatura di Innsbruck per calcolare il contenuto
massimo di vapore possibile dell'aria (utilizzando di nuovo l'e-
quazione 1):
es=6.107 hPa*10 (7.5*16.3 °C)/(235+16.3°C) = 18.7 hPa
Con la riscrittura dell'equazione 2 ricaviamo una formula che ha
come risultato l'umidità relativa:
rH = e/es
Quindi: rH (Ibk) = 3.3 hPa/18.7 hPa = 18%, che è assai meno
del valore di Bolzano.
Il calcolo è semplice, la differenza di temperatura tra i due ver-
santi è soddisfacente e la differenza dell'umidità è spiegata bene.
Così credettero anche i sostenitori della teoria termodinamica,
dimenticando che ci sono casi di föhn senza precipitazioni o ad-
dirittura senza stau sul versante sopravvento, nei quali questa
teoria non funziona.
500
1000
1500
2500
2000
3000
Quota(m)
IBK (580 m)
T= 16.3 °C
rh= 18%
LCL
gradiente:
1°C/100 m
gradiente:
0.6°C/100 m
gradiente:
1°C/100 m
BZ (240 m)
T= 10°C
rh= 80%
0 °C
T(Zc)= - 7.9 °C
13. Immagine che mostra il principio dell’esempio e della
teoria termodinamica di von Ficker.
14. Veduta aerea delle Alpi centrali, ripresa all’incirca all’altezza
del Brennero verso Ovest, il 17.01.2000 (f. L. Lombroso). Si nota,
a destra, la distesa di nubi che si addensa per stau sul versante
nordalpino, a sinistra invece il cielo sereno a Sud della cresta
alpina principale. Il flusso di correnti da Nord sta rinforzando,
mentre la pianura padana giace ancora sotto uno strato di nebbie
e foschie. Il giorno successivo questo verrà rimosso dalla corrente
favonica, che porterà temperature talora straordinariamente ele-
vate sul Nord Italia, fino a 21.7 °C a Parma.
discendente dalla montagna si ri-
scalda subito dopo la cresta di 1
°C/100 m, ma questo è in contrad-
dizione con l'osservazione che il mu-
ro del föhn può anche superare la
cresta. Nelle nubi una goccia d'ac-
qua appena formata a causa della
saturazione (100% di umidità relati-
va) non cade subito, perché è troppo
piccola. Il diametro medio delle par-
ticelle d'acqua in una nube in fase di
precipitazione è di 50 µm e soltanto
oltre questa soglia le gocce hanno
una grandezza sufficiente per cade-
re al suolo. Questo significa che tut-
te le gocce sotto 50 µm devono eva-
porare nella discesa. Durante l'eva-
porazione delle gocce viene impiega-
ta esattamente la stessa quantità di
calore che durante la salita si è libe-
rato come calore latente di conden-
sazione. Questo riduce la differenza
di temperatura tra i due versanti. Un
guadagno netto di calore sensibile è
possibile soltanto quando ci sono
precipitazioni dal muro del föhn che
raggiungono il suolo, riducono l'ac-
qua disponibile per una nuova eva-
porazione e quindi sbilanciano le
quantità di energia, favorendo un
aumento della differenza di tempe-
ratura tra i due versanti. Però, se-
condo FLIRI (1983), la probabilità di
precipitazioni nelle Alpi orientali
meridionali è - perfino nei giorni di
forte föhn da Sud ad Innsbruck - sol-
tanto tra il 50 e il 70%.
Cambiando nella teoria di von Ficker
(così come nei decenni seguenti è
stato fatto dagli studiosi del föhn) la
parte relativa al muro del föhn, per-
mettendogli di sporgersi maggior-
mente sul versante sottovento, di
modo che l'aria, dovendo ancora far
evaporare le goccioline delle nubi,
non scenda subito dopo la cresta se-
condo l'adiabatica secca, si ottiene
una teoria più vicina alla realtà e
quindi più esatta
c) Ma anche le precipitazioni non ba-
stano per spiegare le differenze di
temperatura potenziale tra i versan-
ti sopra e sottovento. Talvolta tro-
viamo addirittura differenze di tem-
peratura potenziale superiori a 30
°C tra la Pianura Padana e le zone in-
tralpine interessate dal föhn da Sud,
come nel caso dell'8 novembre 1982
(vedere fig.16).
d) Durante un evento di föhn si tro-
va che la temperatura equivalente
potenziale, che viene conservata
lungo una traiettoria indipendente-
mente da condensazione e precipi-
tazione, è più bassa nel versante so-
pravvento che nella zona interessa-
ta dal föhn. Se, come previsto dalla
cosiddetta teoria termodinamica,
l'aria che provoca il föhn a Nord del-
le Alpi avesse origine dalla Pianura
Padana, dovremmo trovare la stessa
temperatura equivalente potenziale
in tutti e due i versanti al suolo.
Guardando il profilo della tempera-
tura equivalente potenziale, ogni li-
nea dello stesso valore è una traiet-
toria e ci mostra il tragitto percorso
dall'aria. Questo dimostra che l'aria
che genera il föhn a Nord delle Alpi
non può provenire dal suolo della
Pianura Padana, ma deve avere ori-
gine dagli strati superiori.
e) Nella cosiddetta teoria termodina-
mica, l'andamento delle streamlines
(traiettorie delle particelle d'aria)
non è mai stato verificato/dimostra-
to. Infatti, guardando il profilo della
temperatura equivalente potenziale,
notiamo un'immagine ben diversa.
Vediamo (par. 2.3 e fig. 16) che l'aria
del föhn scende nelle valli da più di
2000 m di quota e al suolo del ver-
sante Sud delle Alpi troviamo l'aria
fredda bloccata.
Precisiamo, però, che queste affer-
mazioni non escludono totalmente
l'origine del föhn dalla salita dell'a-
ria lungo il versante sopravvento e
dal rilascio del calore latente dovuto
alle precipitazioni, ma mettono in
luce che esistono anche altri impor-
tanti processi che devono essere
presi in considerazione e che quindi
la cosiddetta teoria termodinamica
da sola non è sufficiente a spiegare
il fenomeno del föhn.
Digressione sulla termodinamica
Consideriamo il moto verticale di
una massa d'aria; il processo si de-
finisce adiabatico se la massa d'aria
non scambia calore con l'ambiente
esterno cambiando quota. La massa
d'aria si può, quindi, raffreddare o
riscaldare solo a seguito di espan-
sioni o compressioni del volume da
lei occupato. Quando si abbassa, il
suo volume viene compresso e si ri-
scalda; al contrario, quando si in-
nalza, si ha una espansione del vo-
METEOROLOGIA NIMBUS 31-32
20
Esempio per valutare l’effetto della condensazione sul föhn
(la cosiddetta teoria termodinamica è insufficiente)
Facciamo un piccolo esempio (SEIBERT, 1990), dal quale risulta che l'effetto quantitativo delle precipitazioni non è sufficiente per
spiegare la differenza nella temperatura tra i due versanti.
Consideriamo un modello molto semplice per valutare l'effetto delle precipitazioni sul versante sottovento.
Immaginiamo una zona di 100 km di lunghezza con precipitazioni di 1mm/h, pari a 1 kg/(m2h). Se l'aria percorre questa distan-
za ad una velocità orizzontale di vh = 10 m/s, allora impiega per il suo percorso di 100 km (= 100000 m) 2.77 ore.
Una colonna d'aria verticale (con un'altezza ipotizzata di 4 km) perde, durante il percorso nella regione di precipitazioni
L1 = 2.77 h * 1kg/(m2h) = 2.77 kg H20/m2.
Se distribuiamo questa massa verticalmente in modo omogeneo lungo i 4000 m, ricaviamo la perdita d'acqua per unità di volume:
L2 = (2.77 kg H20/m2)/4000 m = 0.7g/m3.
Adesso possiamo calcolare il calore latente rilasciato QL, equivalente a questi 0.7 g in un metro cubo di atmosfera:
DQL = Lv * mw = 2.501*106 J kg-1* 0.0007 kg/m3 = 1751 J/m3,
dove DQL è il calore latente rilasciato, Lv è il calore latente di condensazione dell'acqua, uguale a 2.501*106 J kg-1 e mw è la mas-
sa dell'acqua in un metro cubo.
Calcoliamo ora il riscaldamento dell'aria che si produce in seguito al rilascio di questo calore latente in funzione della densità del-
l'aria stessa.
Per vedere il massimo e minimo della differenza di temperatura (o equivalentemente della differenza di temperatura potenziale) in
funzione della densità, prendiamo gli estremi di 1.225 kg/m3 a 0 m e di 0.8191 kg/m3 a 4000 m di altitudine.
Per 0 m: Dq = DQL * (r * cp)-1 = 1751 J/m3 * (1.2 kg/m3 * 1005 J /(K kg))-1 = 1.5 K
E per 4000 m: Dq = DQL * (r * cp)-1 = 1751 J/m3 * (0.8 kg/m3 * 1005
J /(K kg))-1 = 2.2 K
Per la spiegazione di q vedi il box sulla temperatura potenziale.
Invece FLIRI (1983) ha riportato una differenza della temperatura
potenziale media tra Innsbruck e Trento di 6.7 K in inverno e di 6
K in primavera (a favore di Innsbruck) per una precipitazione diur-
na da 10 a 30 mm (da 0.4 a 1.3 mm/h). Anche quando consentia-
mo un errore del 100% nella nostra valutazione, non arriviamo mai
al valore di 6 K. Pertanto, risulta che l'effetto della condensazione
è insufficiente a spiegare le differenze di temperatura trovate real-
mente. La cosiddetta teoria termodinamica non è quindi suffi-
ciente a spiegare la differenza di temperatura fra i due versanti.
RR=1mm/h
4km
100 km
v=10m/s
15. Il principio dell'esempio: modello per la valutazione del ruolo
della condensazione sul versante sopravento.
lume e, quindi, un raffreddamento.
La variazione della temperatura del-
la massa d'aria durante il suo moto
di ascesa o discesa può essere cal-
colata inserendo la legge dei gas per-
fetti nell'espressione del primo prin-
cipio della termodinamica per pro-
cessi adiabatici.
Se la massa d'aria non è ancora sa-
tura (aria secca) otteniamo, dopo un
po' di calcoli:
dove DT è la variazione della tempe-
ratura, T è la temperatura in Kelvin
al livello della pressione p in hPa, Dp
è la variazione di pressione (positiva
o negativa), Rd è la costante dei gas
per aria secca, uguale a 287 J K-1
kg-1, e cp è il calore specifico d'aria
secca a pressione costante e ad una
temperatura di 0°C uguale a 1005 J
K-1 kg-1 .
Utilizzando, come coordinata verti-
cale, la quota al posto della pressio-
ne si trova:
dove g è l'accelerazione gravitazio-
nale pari a 9.805 m s-2. Ga (si legge
«gamma a») viene chiamato gradien-
te adiabatico secco. Quindi, una
massa d'aria che si innalza seguen-
do un processo adiabatico secco, si
raffredda di circa 1 °C ogni 100 me-
tri.
Si definisce invece gradiente di tem-
peratura, la variazione della tempe-
ratura dell'aria ambiente con la quo-
ta.
Se il gradiente di temperatura è
uguale al gradiente adiabatico sec-
co, la massa d'aria innalzandosi o
abbassandosi avrà sempre la stessa
temperatura dell'aria ambiente: in
questo caso l'atmosfera è in condi-
zioni di stratificazione adiabatica o
neutra. Se il gradiente di tempera-
tura è minore del gradiente adiaba-
tico secco, cioè se la temperatura
dell'aria ambiente varia più lenta-
mente di quella della massa d'aria,
questa, innalzandosi o abbassando-
si, avrà una temperatura rispettiva-
mente inferiore o superiore a quella
dell'ambiente esterno e quindi ten-
derà a riportarsi alla sua quota ini-
ziale; in questo caso si parla di at-
mosfera stabile o stratificata stabil-
mente. Infine, se il gradiente di tem-
peratura è maggiore del gradiente
adiabatico secco, cioè se la tempera-
tura dell'ambiente esterno varia più
rapidamente di quella della massa
d'aria, questa innalzandosi o abbas-
sandosi si troverà ad una tempera-
tura rispettivamente superiore o in-
feriore a quella dell'ambiente ester-
no e quindi continuerà il suo moto
verso l'alto o verso il basso; in que-
sto caso si parla di atmosfera insta-
bile e il gradiente di temperatura è
superadiabatico.
Le condizioni di stabilità dell'atmo-
sfera si possono esprimere anche
utilizzando la temperatura poten-
ziale q. Se q aumenta con la quota,
l'atmosfera è stabile, perché le mas-
se d'aria potenzialmente più calde
sovrastano le masse d'aria poten-
zialmente più fredde; se q diminui-
sce con la quota, l'atmosfera è in-
stabile, perché le masse d'aria po-
tenzialmente più fredde sovrastano
le masse d'aria potenzialmente più
calde. Se q è costante con la quota,
l'atmosfera è in condizioni di strati-
ficazione neutra.
Il processo adiabatico secco è valido
fino al punto di condensazione, al-
lorchè l'umidità relativa raggiunge il
100 % e l'aria diventa satura rispet-
to al vapor d'acqua. Dal punto di
condensazione il gradiente di tem-
peratura diventa inferiore a 9.8
°C/km, in quanto, quando il vapore
acqueo condensa, cioè quando si
formano le nubi, viene rilasciato il
calore latente di condensazione, che
in parte compensa il raffreddamen-
to adiabatico. Al contrario, durante
la discesa, una parte delle gocce del-
la nube evapora, sottraendo calore
all'aria circostante e compensando
parzialmente il riscaldamento adia-
batico.
Il gradiente adiabatico umido Gs
(gamma esse) si può esprimere tra-
mite la seguente formula:
dove Le è il calore latente di conden-
sazione dell'acqua e dsm/dz è la va-
riazione con la quota dell'umidità
specifica della massa d'aria in se-
guito alla condensazione o all'eva-
porazione. Il gradiente adiabatico
umido è quindi sempre minore del
gradiente adiabatico secco, dal mo-
mento che dsm/dz è una quantità
negativa, in quanto, durante l'asce-
sa, l'umidità specifica di una massa
d'aria satura diminuisce.
Il gradiente adiabatico umido si può
anche esprimere come:
dove rs è il rapporto di mescolanza
alla saturazione, Lv è il calore laten-
te di evaporazione dell'acqua a 0°C
uguale a 2.501*106 J kg-1 ed e è
uguale a 0.622, il rapporto tra la co-
stante molare dei gas per l'aria sec-
ca e la costante molare dei gas per il
vapore d'acqua.
Vicino al suolo il gradiente adiabati-
co umido è di circa -4 °C/km, a metà
della troposfera si aggira su valori
tra -6 e -7 °C/km, mentre ad altitu-
dini più elevate, dove l'aria è più
fredda e non può contenere molto
vapore d'acqua, il valore si avvicina
a quello del gradiente adiabatico
secco (circa 1°C/km). In media gli si
attribuisce il valore di 0.6 °C/100 m.
Un processo reale in cui parte del va-
pore acqueo condensato viene elimi-
nato dalla massa d'aria precipitan-
do sotto forma di neve o pioggia, non
è però un processo adiabatico pro-
priamente detto, perché la precipi-
tazione sottrae un po' di calore alla
massa d'aria. Questo tipo di proces-
so viene definito fisicamente pseu-
do-adiabatico. La temperatura po-
tenziale non si conserva più duran-
te i processi pseudo-adiabatici. E'
necessario quindi definire un nuovo
tipo di temperatura, la temperatura
equivalente potenziale (in italiano
viene indicata anche come tempera-
NIMBUS 31-32 METEOROLOGIA
21
16. (in basso a
destra) Analisi
della tempera-
tura equivalen-
te potenziale
(in Kelvin) lun-
go il profilo da
Verona attra-
verso il Bren-
nero fino a
Monaco di
Baviera duran-
te il caso di
föhn da Sud
dell'
8/11/1982,
h12 UTC. Le
linee di uguale
temperatura
equivalente
potenziale
(isoentropiche)
mostrano le
traiettorie del-
l'aria (da sini-
stra verso de-
stra). Nella
Pianura Pada-
na e sul ver-
sante alpino
meridionale
troviamo uno
strato bloccato
d'aria fredda
che dal suolo
arriva fino a
circa 1800 m.
Sopra troviamo
uno strato di
inversione con
uno spessore
di alcune centi-
naia di metri,
in cui le isoen-
tropiche sono
orizzontali.
Oltre i 2200 m
la stabilità si
riduce e la
distanza tra le
isoentropiche
aumenta: que-
sta è la zona
del föhn alto.
Dal Brennero
l'aria dai due
strati inferiori
scorre giù (di-
scesa delle
isoentropiche)
lungo il Wipp-
tal (gap flow).
Ma, spostando-
ci verso Nord
(verso destra
nell'immagine)
si vede che
l'aria scende
da quote sem-
pre più alte
(anche da più
di 3000 m).
Avvicinandosi
a Monaco, e
dunque abban-
donando le
Alpi, le isoen-
tropiche non
scendono
più,ma iniziano
ad alzarsi di
nuovo, perché
il föhn, in que-
sta zona, non
tocca il suolo.
Le pianure
tedesche ri-
mangono sotto
uno strato
d'aria fredda e
stabile. (fonte:
SEIBERT, 1990)
tura pseudo-potenziale, assegnan-
do alla temperatura equivalente po-
tenziale un altro significato che qui
non approfondiamo), che è la tem-
peratura che assume una massa
d'aria che viene sollevata con un
processo pseudo adiabatico fino al-
la totale condensazione ed elimina-
zione del vapore in essa contenuto e
in seguito viene riportata al livello di
riferimento di 1000 hPa con un pro-
cesso adiabatico secco.
La temperatura equivalente poten-
ziale dipende, oltre che da pressione
e temperatura, dal contenuto di va-
pore dell'aria; maggiore è il contenu-
to di vapore dell'aria, a parità di
pressione e temperatura, maggiore è
la temperatura equivalente poten-
ziale.
La temperatura equivalente poten-
ziale si conserva nei processi pseu-
do-adiabatici.
Torniamo all'esempio della cosid-
detta teoria termodinamica. Partia-
mo di nuovo da Bolzano con una cer-
ta temperatura T e una certa umi-
dità U. Da questi due parametri si
può adesso calcolare la temperatu-
ra equivalente potenziale. Adesso
l'aria fa lo stesso percorso come nel-
l'esempio: sale fino alla cresta, con il
passaggio dall'adiabatica secca a
quella umida al livello di condensa-
zione, e poi scende fino ad Inn-
sbruck. Per sua stessa definizione,
la temperatura equivalente poten-
ziale non cambia mai durante il per-
corso e può quindi essere usata co-
me un tracciante. Se in due punti di-
versi misuriamo due valori uguali
della temperatura equivalente po-
tenziale, possiamo dire che l'aria si
è mossa da un punto all'altro. Per
questa sua caratteristica, la tempe-
ratura equivalente potenziale viene
proprio usata per determinare l'ori-
gine delle masse d'aria; questa pro-
prietà è molto utile nel caso del föhn.
Guardando il profilo della tempera-
tura equivalente potenziale, nella fi-
gura 16, ogni linea dello stesso va-
lore è una traiettoria e ci mostra il
tragitto percorso dall'aria.
2.3. La teoria attuale
Sono ormai venti anni che la teoria
attuale del föhn è nota, ma in mol-
tissimi testi didattici la cosiddetta
teoria termodinamica è ancora data
per scontata. Anche nella poca let-
teratura italiana sul föhn si privile-
gia il concetto termodinamico erra-
to. Nonostante la sua grande impor-
tanza in Italia, il föhn è studiato in
maniera troppo superficiale. Her-
mann FLOHN, nel suo libro Clima e
tempo, prende il föhn come esempio
e spiegazione per i processi adiaba-
tici secco e umido. Mario PINNA, nel
suo libro Climatologia (1977), dedi-
ca solo poche pagine al fenomeno del
föhn, seguendo la cosiddetta teoria
termodinamica. Anche Willy EICHEN-
BERGER nel suo libro Elementi di me-
teorologia (1990), tratta il föhn in
una sola pagina. parlando solo della
teoria termodinamica.
Il capitolo sul föhn di Giovanni KAP-
PENBERGER e Jochen KERKMANN nel lo-
ro libro Il tempo in montagna (1997)
risulta finora il più completo della
letteratura italiana sul föhn. Però
anche loro non riescono a dare
un'immagine attuale del föhn, ag-
giornata con le recenti ricerche. Il
föhn è ancora definito come un ven-
to di caduta e distinto in due tipi,
ciascuno con la propria spiegazione.
Il föhn con sbarramento, da loro de-
finito föhn classico, viene spiegato
con la sola teoria termodinamica; se
non c'è lo sbarramento (gli altri au-
tori non contemplano neppure un
föhn senza sbarramento) viene as-
sunta la teoria attuale. Non è pro-
spettata una via di mezzo.
Ma quali sono stati i motivi per il
successo della teoria termodinami-
ca e la sua sopravvivenza fino ai no-
stri tempi? Una causa è sicuramen-
te la semplicità della spiegazione di
METEOROLOGIA NIMBUS 31-32
22
Esempio della teoria attuale
Facciamo un esempio con il föhn da Sud per chiarire meglio la teoria attuale:
Ipotizziamo che l’aria nel versante sopravvento, proprio sopra la Pianura Padana, sia stratificata in tre importanti zone: uno stra-
to stabile d'aria fredda vicino al suolo bloccato dalle Alpi, un'inversione marcata attorno a 2000 m e, sopra questa inversione, l'a-
ria che poi scenderà nelle vallate del versante sottovento. Per semplicità supponiamo che i gradienti di temperatura in ogni stra-
to siano omogenei (cosa che in realtà non accade quasi mai).
Esprimiamo questo in cifre. Fissiamo la quota del suolo della Pianura Padana a 100m, dove la temperatura è di 16 °C. Lo strato
stabile (blu) giunge fino a 1800 m (temperatura di 6 °C), dove inizia l'inversione (strato stabilissimo, nel quale la temperatura au-
menta con la quota, rosso) che finisce ad un'altitudine di 2100 m (temperatura di 9 °C). Sopra questa inversione troviamo uno
strato, a sua volta molto stabile, che arriva fino a 7500 m (giallo).
I gradienti termici sono: nello strato stabile vicino al suolo -0.59 °C/100 m; nello strato stabilissimo +0.1 °C/100 m; nel terzo stra-
to stabile, di nuovo -0.59 °C/100 m.
Adesso vogliamo calcolare le temperature in tre regioni dove spira il föhn. Scegliamo una località dell'alta Wipptal, Gries am Bren-
ner (1160 m), dove l'aria del föhn arriva solo dal Passo del Brennero; qui il flusso arriva dal serbatoio di aria fredda e stabile, che
abbiamo ipotizzato estendersi fino a 1800 m, ed assume perciò le caratteristiche della bora. Scendendo nella valle verso Innsbruck,
si nota che la temperatura potenziale aumenta, dal momento che l'aria proveniente dal Brennero si mescola con l'aria del föhn al-
to proveniente dagli strati superiori. Scegliamo quindi di calcolare la temperatura di Innsbruck (580m), dove l'aria del föhn arri-
va da un'altezza di 2200 m, e quella di Salisburgo (420 m), ancora più lontano dalla cresta, dove ipotizziamo che il föhn arrivi da
una quota di 2500m.
1. Gries am Brenner (Gri)
Calcoliamo prima la temperatura che abbiamo al Passo del Brennero (Bre), alto 1370 m. Il gradiente di temperatura nello strato
immediatamente sottostante è -0.59 °C/100 m. A 100 m di altitudine misuriamo 16 °C. La temperatura sul passo del Brennero è
quindi: T(Bre)=T(100 m)-0.59 °C(100 m)-1*(z(Bre)-100 m), dove z(Bre) è l'altezza del Brennero e i 100 m sono la quota di par-
tenza del nostro esempio, cioè la quota della Pianura Padana.
Allora: T(Bre)=16 °C-0.59 °C(100 m)-1*1270 m=8.5 °C
Dal Passo del Brennero l'aria scende seguendo l'adiabatica secca, riscaldandosi, per semplicità, di 1 °C ogni 100 m.
17. L'immagine
del satellite
polare NOAA
del
08.11.2002, h
13.24 UTC
mostra lo stau
sul versante
Nord delle Alpi,
provocato da
forti correnti
settentrionali
che inducono
formazioni
nuvolose stra-
tiformi sul
versante so-
pravvento . Sul
versante Sud
delle Alpi av-
viene il contra-
rio: l'aria di-
scendente
causa il dissol-
vimento delle
nubi. La fitta
nuvolosità si
arresta proprio
sulla cresta
principale alpi-
na; a Sud di
essa il föhn
provoca l'essic-
camento delle
masse d'aria e
l'evaporazione
delle nubi.
Nell'immagine
si nota anche
la formazione
di ondulazioni
causate dal
föhn. Sopra la
Pianura Pada-
na, il cielo è
completamente
sereno. (fonte:
GEIER, 2001)
NIMBUS 31-32 METEOROLOGIA
23
A Gries am Brenner la temperatura con il föhn è:
T(Gri)=T(Bre)+1 °C(100 m)-1*(z(Bre)-z(Gri)), do-
ve z(Gri) è l'altitudine di Gries am Brenner.
Allora: T(Gri) = 8.5 °C+1 °C*(100 m)-1*(1370
m-1160 m) = 10.6 °C
La temperatura di Gries am Brenner non si di-
scosta molto da quella dal passo, ed è relativa-
mente fredda. Si noti che, sopravvento, alla stes-
sa quota di Gries am Brenner (1160 m) si ha:
T(sopravvento, 1160 m) = 16°C-0.59°C*(100 m)-1
*(1160-100) = 9.7 °C, cioè il riscaldamento a pa-
rità di quota è di 0.9 °C.
Se applicassimo la «teoria termodinamica», il ri-
scaldamento atteso per una massa d’aria che.
partendo da 1160 m sopra la Pianura Padana,
svalicasse al Passo del Brennero per poi ricade-
re a Gries am Brenner, sarebbe, a seconda della
quota del livello di condensazione, tra 0 °C e
0.4 °C*(100 m)-1*(1370-1160) = 0.8 °C.
2. Innsbruck (Ibk)
L'aria del föhn in questa città arriva da una quo-
ta di 2200 m, da dove, subito dopo lo spartiac-
que, si riscalda in maniera adiabatica secca. Ma
prima calcoliamo la temperatura a 2200 m; tale
quota è nel terzo strato che ha un gradiente di
temperatura di -0.5 °C ogni 100 m.
T(2200 m) = T(2100 m)-0.5 °C(100 m)-1*(2200 m-
2100 m)
La temperatura a 2100 m è di 9 °C. Allora: T(2200
m) = 9-0.5 °C(100 m)-1*100 m=8.5 °C
Da 2200 m l'aria scende ad Innsbruck dove la temperatura misurata con il föhn è:
T(Ibk) = T(2200 m)+1 °C(100 m)-1*(2200 m-z(Ibk)), dove z(Ibk) è l'altitudine di Innsbruck. Allora:
T(Ibk) = 8.5 °C+1 °C(100 m)-1*(2200 m-580 m) = 24.7 °C
La temperatura ad Innsbruck è quasi estiva, e non è paragonabile a quella misurata nel Wipptal, perché le provenienze dell'aria
sono diverse. Il gradiente tra Innsbruck e Gries am Brenner è superadiabatico. Sopravvento, alla stessa quota (580m), la tempe-
ratura è:
T(sopravvento, 580 m)=16 °C- 0.59°C*(100 m)-1 *(580-100) =13.2 °C; il föhn provoca un aumento di temperatura di ben 11.5°C.
Si noti di nuovo che, secondo la “teoria termodinamica”, il föhn dovrebbe “riscaldare” Innsbruck di un valore compreso tra 0°C e
0.4 °C*(100 m)-1*(2200-580)=6.5 °C, a seconda della quota del livello di condensazione.
3. Salisburgo(Slb)
L'aria del föhn qui scende da un'altitudine di 2500 m, da dove, subito dopo lo spartiacque, si riscalda in maniera adiabatica sec-
ca. La diversa situazione topografica è il motivo della scelta di una quota maggiore a quella utilizzata per Innsbruck per la pro-
venienza dell'aria del föhn: Salisburgo si trova più lontano dalla cresta principale e perciò l'aria scende da una quota più alta.
Calcoliamo la temperatura a 2500 m: T(2500 m) = T(2100 m)-0.5 °C(100 m)-1*(2500 m-2100 m)
La temperatura a 2100 m è di 9 °C. Allora: T(2500 m) = 9 °C-0.5 °C(100 m)-1*400 m = 7 °C
A Salisburgo si misura una temperatura di:
T(Slb) = T(2500 m) + 1 °C(100 m)-1*(2200 m-z(Slb)), dove z(Slb) è l'altitudine della città di Salisburgo
Allora: T(Slb)=7 °C+1 °C(100 m)-1*(2500 m-420 m)=27.8 °C
La temperatura a Salisburgo è addirittura estiva ed è ancora più alta che ad Innsbruck, perché l'aria proviene da un'altitudine
ancora superiore e nel versante sopravvento quest'aria è stratificata stabilmente. Si noti ancora che sopravvento, a 420 m, la tem-
peratura è: T(sopravvento, 420 m)=16 °C-
0.59°C*(100 m)-1 *(420-100) =14.1 °C
vale a dire che il föhn produce un riscaldamento di
13.7 °C. Per la «teoria termodinamica» il riscalda-
mento potrebbe essere al massimo di 0.4 °C*(100 m)-
1*(2500-420) = 8.3 °C, nel caso in cui il livello di con-
densazione fosse a 420 m.
In tutti i casi si nota come la teoria attuale fornisce
valori di incremento termico dovuti al föhn superio-
ri a quelli dell’incompleta teoria termodinamica.
I I
BRE
GRI
IBK
SLB
Inversione
Wipptal
PP
6 10 14
Temperatura (°C)
400
800
1200
1600
2000
2400
Quota
(m)
18. Esempio della teoria attuale del föhn: le tre località (Gri, Ibk, Slb) si distin-
guono per la diversa provenienza dell'aria, le linee con le frecce mostrano le
traiettorie dell'aria. Le abbreviazioni significano: PP: Pianura Padana; Bre=
Passo del Brennero; Gri= Gries am Brenner; Ibk= Innsbruck; Slb= Salisburgo;
Il Wipptal è la valle che dal Brennero va fino ad Innsbruck.
Le due montagne (indicate con una «I») rappresentano la cresta principale delle
Alpi con l'incisione del Passo del Brennero.
19. «Giochi d’aria» in una giornata di föhn da Ovest
in bassa Valle di Susa il 30.10.1998 (f. L. Mercalli).
Si trattò di un episodio particolarmente intenso il
giorno 29 sulla pianura torinese, dove le raffiche
abbatterono numerosi alberi sulla cintura Sud-Ove-
st (Orbassano, Stupinigi, Grugliasco). Questa zona,
che si trova direttamente allo sbocco dell’ampia Val
di Susa, è tra le più interessate dal fenomeno in
provincia di Torino, allorchè il flusso in quota sia
occidentale. Il giorno 30 la temperatura massima a
Torino fu di 18.2 °C.
diverse caratteristiche, come la nu-
volosità, le precipitazioni e l'anda-
mento della temperatura tra i due
versanti. La teoria non è neanche
sbagliata dal punto di vista qualita-
tivo, specialmente per i più impres-
sionanti eventi di föhn. Con un abi-
le espediente, le osservazioni in con-
traddizione con la teoria potevano
essere facilmente rifiutate dichia-
randole «non rappresentative» o in-
troducendo il termine astruso «föhn
anticiclonico» per casi senza stau
(sbarramento). Inoltre, la grande dif-
fusione della teoria è incoraggiata
dal fatto che rappresenta un esem-
pio eccellente per spiegare didatti-
camente un diagramma termodina-
mico e i principi dei processi di adia-
batica secca ed umida (SEIBERT,
1990).
Ma come è spiegabile l’elevato gra-
diente termico fra i due versanti al-
pini che la teoria termodinamica
non riesce a spiegare? Le ultime ri-
cerche scientifiche, basate su gran-
di progetti come l'ALPEX (Alpine Ex-
periment, 1982) o il più recente MAP
(Mesoscale Alpine Project, 1999),
hanno mostrato che la teoria di von
Hann può spiegarlo meglio della teo-
ria termodinamica e che la sua vi-
sione è simile a quella attuale.
Oggi la spiegazione del föhn da Sud
è questa: l'evento è spesso (ma non
necessariamente) legato all'avvici-
namento di una saccatura, la quale
porta con sé un sistema frontale (per
l'evoluzione sinottica dettagliata si
veda il cap.4.1).
Una massa d'aria relativamente
fredda e stabile ristagna su entram-
bi i lati dell'arco alpino. Da W o SW
viene avvettata aria calda che riesce
a penetrare soltanto a Nord delle Al-
pi, perché la Pianura Padana è chiu-
sa su tre lati: dall'Appennino a Sud,
dalle Alpi occidentali ad Ovest e da
quelle centrali e orientali a Nord. Si
genera così un gradiente di pressio-
ne tra Nord e Sud delle Alpi che dà
inizio al föhn basso. Guardando un
profilo verticale di temperatura e di
velocità del vento sul versante so-
pravvento, si nota una chiara inver-
sione al livello di circa 2000 m, che
METEOROLOGIA NIMBUS 31-32
24
20. (a destra)
Analisi del
17.10.2004, h
00 UTC: le
linee (isoipse)
indicano l’al-
tezza geopo-
tenziale riferi-
ta alla superfi-
cie isobarica di
500 hPa, men-
tre le gradazio-
ni di colore
indicano la
temperatura al
medesimo
livello. Vivace
flusso di cor-
renti da Ovest
interessa l’Ita-
lia e le Alpi,
favorevole a
condizioni di
föhn sulle valli
alpine occiden-
tali.
22 - 23. Il rapido passaggio dalle nubi al sereno è inoltre visibile nelle immagini aeree qui sopra, riprese lungo la rotta Parigi-Milano, all’al-
tezza del versante meridionale del Gran Paradiso (f. L. Mercalli). Nell’immagine a sinistra le ultime propaggini del muro del föhn si dissipano
sull’alta Valle Orco (TO), mentre la bassa valle (a destra) è già sotto il sole. In quell’occasione il föhn rimase confinato alle valli, senza giun-
gere in pianura. In bassa Valle di Susa le raffiche moderate hanno raggiunto i 35 km/h alle ore 17.40 del giorno 17.
21. (qui sopra) L’immagine satellitare nel canale visibile, relativa alle h 10.35 della medesima
giornata (satellite NASA-TERRA, sensore MODIS), mostra il netto divario di condizioni meteorologi-
che tra i due versanti delle Alpi occidentali: stau, nubi estese e deboli precipitazioni in Savoia e
Svizzera, nonchè sulle alte valli alpine italiane (muro del föhn), soleggiato sulla pianura padana.
separa lo strato d'aria fredda (bloc-
cata) da quello delle correnti calde
meridionali (fronte caldo) che, nel
versante Nord delle Alpi producono
il föhn alto. Sotto questa inversione
il vento è quasi assente o (nella Pia-
nura Padana) ha una direzione da
Est. L'aria del föhn alto scende da ol-
tre 2000 m (dipende naturalmente
dall'altezza delle creste montuose e
dall'eventuale presenza di valichi)
nelle valli e si riscalda seguendo l'a-
diabatica secca. Le isoentropiche (li-
nee di uguale temperatura equiva-
lente potenziale) sono quasi orizzon-
tali al Sud delle Alpi e scendono sul
versante Nord (vedi fig.16). Come già
detto da von Hann, per il föhn non
devono necessariamente esservi
precipitazioni sul versante Sud, ma
se ci sono, anche la teoria termodi-
namica entra in azione, dando però
soltanto un contributo aggiuntivo al
riscaldamento. Si veda l'esempio
calcolato nel capitolo 2.2, che dimo-
stra che l'effetto quantitativo delle
precipitazioni non è sufficiente a
spiegare la differenza nella tempera-
tura potenziale tra i due versanti.
Prima dell'inizio del föhn, nelle valli
come l'Inntal, dove si trova Inn-
sbruck, si trova spesso una massa
d'aria fredda al suolo (a causa del
raffreddamento notturno si svilup-
pano i cosiddetti «laghi» d'aria fred-
da), specialmente nei mesi freddi
con notti lunghe. Tale massa deve
essere spinta via affinché il föhn in-
vada tutte le valli. L'aria fredda è so-
spinta fuori dalle valli come da un
compressore: la forza motrice è una
zona di bassa pressione di origine si-
nottica nella zona prealpina Nord.
Ad Innsbruck questo vento, che pre-
lude al föhn, si chiama «vorföhniger
West» (=vento da Ovest foriero del
föhn). Nella fig. 3 si nota che, prima
dell'inizio del föhn, la direzione del
vento è di ca. 270 gradi, cioè provie-
ne dall'alta valle, da dove l'aria spi-
ra oltretutto con una velocità eleva-
ta. Un altro processo che tende a dis-
solvere l'inversione è dovuto alla di-
namica del föhn, che, con la sua
energia cinetica e la sua turbolenza,
riesce ad entrare nel lago d’aria fred-
da e rimescola le due masse d'aria
(fig. 25). Al limite tra l'aria del föhn e
quella fredda dell'inversione c'è un
forte shear del vento (variazione del-
la direzione orizzontale del vento con
l'altezza) che aiuta l'aria calda a pe-
netrare nello strato stabile. Durante
il giorno si aggiunge la turbolenza
termica dovuta al riscaldamento de-
gli strati d'aria prossimi al suolo, per
l'intenso riscaldamento della sua
superficie dovuto alla radiazione so-
lare, e così l'inversione o lo strato
stabile sono erosi anche dal basso.
Durante la notte il föhn spesso si sol-
leva (nel senso che si attenua o si
spegne del tutto a bassa quota), per-
ché nelle valli si riforma l'inversione
a causa del raffreddamento del suo-
lo.
Riassumendo, una differenza di
pressione tra i due versanti è la con-
dizione necessaria per l’innesco del
föhn. Poiché quando inizia il föhn la
temperatura aumenta (eccezioni
escluse), si ha anche un calo della
pressione (secondo la legge dei gas
perfetti). Possiamo quindi dire che il
föhn autorinforza la differenza bari-
ca tra i due versanti.
D'estate il föhn è più raro ma, come
detto nel capitolo sulla statistica,
può comunque aver luogo. La strati-
ficazione dell'atmosfera nelle valli,
tuttavia, non è così stabile come nei
mesi freddi e la notte non dura così
a lungo, per cui le inversioni non si
formano con la stessa facilità; in ge-
nerale la stabilità degli strati stabili
non è così grande. Inoltre durante il
giorno la radiazione solare è molto
più forte che in inverno e gli strati
stabili vengono erosi dal basso an-
cora più velocemente. Come scrive-
va von Hann, l'aumento della tempe-
ratura causato dal föhn è tanto più
grande quanto più stabile era l'atmo-
sfera nelle zone interessate dal ven-
to prima del suo inizio. Per queste ra-
gioni d'estate l'aumento della tem-
peratura con il föhn può essere mi-
nimo. D’estate la cresta principale
delle Alpi non costituisce più un mu-
ro di divisione delle condizioni del
tempo come spesso accade nelle al-
tre stagioni. Non è più il föhn «clas-
sico», e celle di temporali e rovesci
sono semplicemente trasportati da
un versante all'altro con un forte
vento perpendicolare alla cresta.
Questo perché d'estate la troposfera
è ben rimescolata fino alle creste o
talvolta anche oltre.
Guardando la temperatura poten-
ziale (fig. 24), si nota che è più bas-
sa nelle vallate che si dipartono dal-
le incisioni della cresta principale al-
pina (passo del Brennero, Passo Re-
sia, Timmelsjoch, Col du Grand St.
Bernard, Col Ferret, Passo Sempio-
ne, Grimselpass, Passo San Gottar-
do, Passo San Bernardino…). Ai pas-
si situati a quota più bassa c'è un ef-
flusso simile alla bora (gap flow) dal
serbatoio di aria fredda bloccata sul
versante meridionale. Quest'aria,
essendo più pesante, scende nella
valle e si mescola con l'aria del föhn
alto che, con la sua dinamica, pro-
voca turbolenze. Così lungo queste
valli si nota un gradiente di tempe-
ratura superadiabatico.
Attraverso i passi ubicati ad una
quota superiore a quella dell'inver-
sione, l'aria del föhn può scendere
da un'altezza inferiore, se paragona-
ta a quella che arriva dalla cresta.
Inoltre, poiché l'aria sopravvento è
stratificata stabilmente, quando
raggiunge le valli sottovento ai pas-
si alti ha acquisito una temperatura
inferiore a quella dell'aria che viene
direttamente dalla cresta.
Anche in questo caso si hanno tur-
bolenze lungo il percorso, che me-
scolano aria di quote differenti; così,
più ci si allontana dalla cresta verso
la bassa valle, più le temperature
(anche potenziali) al suolo sono ele-
vate.
NIMBUS 31-32 METEOROLOGIA
25
Temperatura potenziale massima (°C)
8 Novembre 1982
0 5 10 15 20 25 30 35°C
24. (qui sopra) Distribuzione delle temperature potenzia-
li massime misurate l'8/11/1982 al suolo. Con la linea
spessa tratteggiata sono indicati i versanti principali
delle Alpi e dell'Appennino, con le linee sottili le coste e
con le linee punteggiate i fiumi e i laghi. Notate il "ser-
batoio" di aria fredda sul versante Sud (Pianura Pada-
na). Le temperature più basse in assoluto si misurano in
Pianura Padana con valori inferiori a 5°C, in Croazia e
nella parte più a Nord del riquadro. In centro troviamo a
Nord della cresta principale le zone interessate dal
föhn, che hanno tutte temperature (potenziali) superiori
a 20°C, e, dove l'aria scende da quote molto alte, anche
di oltre 30°C. Dai valichi si ha l'effetto gap flow, qui
visto benissimo al Passo Resia e Passo del Brennero
(indicati dalle frecce), dove si possono seguire le correnti
a parecchia distanza.
25. (sotto a
destra)
La media Valle
di Susa nei
pressi di Bor-
gone (TO), nel
tardo pomerig-
gio del
02.06.2004 (f.
L. Mercalli).
Dall’alta valle
si propaga
una corrente
favonica, mo-
derata ma
sufficiente a
rimuovere lo
strato di fo-
schia che an-
cora ingombra
il fondovalle
più a Est (a
destra nell’im-
magine). A
monte, verso
Susa (a sini-
stra nell’im-
magine), l’at-
mosfera è già
tersa. Sovente
l’avanzata del
föhn lungo le
valli e la pia-
nura è assai
lenta: in que-
sto caso, men-
tre a Susa il
fenomeno era
già manifesto
intorno alle ore
18, ad Almese
- circa 20 km a
valle - il vento
moderato si è
attivato sol-
tanto otto ore
più tardi.
Atmosfera caliginosa
e stagnante
Borgone, Valle di SusaOvest Est
Föhn
da Ovest
Flusso sinottico
in quota
Tuttavia, ogni valle ha le sue singo-
larità, determinate dalla sua dire-
zione ed esposizione (se una valle ha
la direzione principale perpendico-
lare alla corrente, quindi parallela
alla cresta, il föhn sarà raro), dall'al-
tezza delle montagne della cresta e
dalle incisioni nella stessa. Ed ogni
föhn è diverso, in base all'aria che si
trovava nelle valli prima del suo ini-
zio, alle caratteristiche dell'aria del
föhn (stabilità, umidità, …), alla ve-
locità della corrente e alla direzione
esatta del vento.
Il termine di un episodio di föhn da
Sud connesso ad un fronte freddo è
molto simile al sollevamento nottur-
no del föhn, ma molto più spettaco-
lare. A causa dell'avvicinamento del-
la saccatura con il suo fronte freddo,
l'aria fredda, in moto da W ad E, ir-
rompe nella pianura a Nord delle Al-
pi e man mano tenta di penetrare
nelle valli dove ancora spira il föhn.
Finchè il föhn ha abbastanza forza
può tenere l'aria fredda fuori delle
valli, mentre vi sono già precipita-
zioni in pianura. Se la battaglia è a
favore dell'aria fredda, essa penetra
nelle vallate, alza la pressione e pla-
ca definitivamente il föhn, non più
sostenuto dal gradiente barico. Al-
l'arrivo dell'aria fredda, anche la cor-
rente da Sud in quota s'indebolisce,
a causa del passaggio dell'asse della
saccatura, e ruota poi a NW.
Il termine del föhn non accompa-
gnato da un fronte freddo è assai me-
no spettacolare. L'episodio finisce
quando la corrente in quota che so-
stiene il föhn si indebolisce o ruota
verso una direzione non favorevole.
3. Fenomeni connessi al föhn
3.1. Onde di gravità
Se aria stabile intercetta perpendi-
colarmente una catena montuosa, si
possono generare onde di gravità,
dovute all'interazione della forza di
gravità con le diverse densità degli
strati d'aria troposferici. Se queste
onde si generano sopra le montagne
sono chiamate mountain waves, se
invece si generano sul versante sot-
tovento si dicono lee waves. Tutte
queste onde sono spesso indicate
anche come onde orografiche. Furo-
no scoperte negli Anni 1930 del se-
colo scorso nel Riesengebirge in Ger-
mania (oggi monti Karkonosze, al
confine fra Polonia e Repubblica Ce-
ca) da un pilota di aliante.
Le mountain waves tendono a pro-
pagarsi verticalmente e si possono
trovare non solo a bassa quota subi-
to sopra le montagne, ma persino fi-
no in stratosfera. Invece le lee waves
(con una lunghezza d'onda di 15÷20
km) sono spesso intrappolate da
correnti orizzontali in quota.
La forma dell'onda (intrappolata o
propagantesi verticalmente) dipen-
de dalla stabilità e dalla variazione
nella velocità dell'aria. In generale si
può dire che, più è grande la monta-
gna, maggiore sarà l'ampiezza (ver-
ticale) dell'onda di gravità. L'am-
piezza (che è pari alla metà dell'al-
tezza dell’onda) diminuisce allonta-
nandosi dalla montagna. La lun-
ghezza d'onda aumenta con il rinfor-
zo della velocità o con la diminuzio-
ne della stabilità.
Ci sono casi in cui, con particolari
condizioni orografiche e una certa
stabilità, la corrente si trasforma in
hydraulic flow (corrente idraulica).
In queste condizioni la corrente si
comporta come l'acqua di un fiume
che, scorrendo contro uno sbarra-
mento, lo supera e cade aumentan-
do la velocità. Se la velocità supera
un certo limite (numero di Froude =
1) si forma un salto idraulico, pro-
ducendo una forte turbolenza con
oscillazioni attorno al livello di equi-
librio, un po’ come avviene alla base
di una cascata.
3.2. Föhn e fisiologia umana
Da molte generazioni gli abitanti di
alcune regioni montuose ritengono
che il föhn abbia un influsso sul-
l'uomo. La prima considerazione
scientifica di questo problema è sta-
ta fatta già nel 1819 in Svizzera
(KUHN, 1989).
METEOROLOGIA NIMBUS 31-32
26
27. Schema delle caratteristiche dell'atmosfera sul versante sottovento, con le onde orografiche
che si sviluppano per l'impatto della corrente con la montagna (spiegazioni nel testo).
«I venti di ponente e i libecci, chiamati nelle al-
te Alpi col nome tecnico Fôn, sono sempre
burrascosi, e suscitano spesso terribili bufe-
re, le quali sradicano le più annose piante, tra-
scinano enormi rocce ed ammassi di neve, e
rovesciano tutto ciò che incontrano. Questi
medesimi venti producono riscaldamento,
lassezza, od altri disgustosi effetti sul corpo
umano, ma rendono l'aria molto più purgata
e salubre».
L. DE BARTOLOMEIS, Notizie topografiche e sta-
tistiche sugli stati Sardi, 1840-47, v. I, pag.
262.
t
v
TROPOPAUSA
QUOTA(m)
S T R AT O
S TA B I L E
7500
4500
1500
-30 -20 -10 0 10 t (°C)
40 60 80 100 v (kt)
C I R R I
N U B I L E N T I C O L A R I
C U M U L I
R O T O R I
M U R O
D E L
F O E H N
altezza
ampiezza
lunghezza d'onda
26. Muro del föhn all’orizzonte e cumuli rotori visti dal Rif. Salvin (Val Grande di Lanzo, Alpi Graie
torinesi) verso Sud-Ovest (cresta di frontiera con la Francia) il 03.01.1999 (f. D. Cat Berro). Flusso
occidentale di aria mite oceanica in quota, dopo le nevicate di Capodanno.
Scientificamente si può dire che le
onde di gravità causano oscillazioni
di pressione al suolo dell'ampiezza
di pochi decimi di hPa. Queste oscil-
lazioni hanno una frequenza da 4 a
20 minuti e, secondo alcuni medici,
sono la causa per l'apparizione di
certi disagi nelle persone quali il mal
di testa… Ma niente di tutto ciò è sta-
to scientificamente provato.
Si può anche dire che, siccome il
föhn proviene da altitudini superio-
ri ai 2000 m, apporta aria che ha una
composizione diversa da quella
preesistente. L'aria diventa più pu-
lita e limpida, il che è sicuramente
un vantaggio, soprattutto d'inverno,
dopo settimane di tempo anticiclo-
nico che favorisce la formazione di
laghi d'aria fredda e di nebbia fitta al
fondo delle valli e in pianura, senza
ricambio dell'aria. In questo strato si
concentrano anche gas di scarico e
polveri prodotti dall'industria, dal
traffico, dal combustibile per uso do-
mestico; sostanze sicuramente no-
cive. Perciò il föhn, spazzando via
questo strato inquinato e le nebbie
fitte, apporta un beneficio all'uomo
e all’ambiente, almeno fino a quan-
do dura e nelle zone direttamente in-
vestite.
Una caratteristica sfavorevole del
föhn è invece l'aumento della con-
centrazione di ozono al suolo, prove-
niente dalla media troposfera (è no-
to che l'ozono troposferico è danno-
so per la salute dell'uomo). Da non
sottovalutare infine l’incremento del
rischio di incendi boschivi, studiato
in particolare in Valle d’Aosta da CE-
STI (1996).
3.3. Le nubi lenticolari
Le nubi lenticolari hanno la forma di
una lente orientata orizzontalmen-
te. Per la loro forma vengono anche
chiamate «pesci del föhn» (Föhnfi-
NIMBUS 31-32 METEOROLOGIA
27
28 - 29 (in alto) Formazioni di nubi lenticolari sui cieli della bassa Valle di Susa (f. L. Mercalli) e del ghiacciaio del Belvedere (Monte Rosa, f.
D. Cat Berro), il 26.08.2004. Come mostra la carta di analisi (30, qui sopra a destra) alla superficie isobarica di 500 hPa, h 00 del
27.08.2004, le Alpi sono investite da un flusso di correnti nord-occidentali. Le nubi lenticolari, valido indizio di forti venti in altitudine, si
formano in corrispondenza della «cresta» dell’onda generatasi per la deformazione del flusso aereo al di sopra delle montagne. Poichè la
posizione dell’onda che le genera è stazionaria, capita spesso di vedere queste nubi ferme nel cielo, sebbene in continua evoluzione, nono-
stante i forti venti in quota. 31. (qui sopra a sinistra) Immagine satellitare nel canale visibile del 26.08.2004, h 12.45 UTC (satellite NASA-
AQUA, sensore MODIS): con la rotazione delle correnti in quota da Nord-Ovest la nuvolosità da stau si addensa sul versante nord-alpino,
in Savoia e Svizzera, arrestandosi fedelmente in corrispondenza della della cresta principale delle Alpi.
sche) dalle popolazioni di lingua te-
desca. Il bordo verticale delle nuvo-
le è molto netto e la loro superficie
sembra molto liscia. Esse si svilup-
pano nelle creste delle onde atmo-
sferiche, se l'aria sale abbastanza da
arrivare al punto di condensazione
prima della cresta dell'onda. Sem-
brano stazionarie come il muro del
föhn, ma in realtà l'aria passa conti-
nuamente nell'onda e riforma la nu-
be in ogni momento nello stesso
punto. In base alla quota di forma-
zione, si distinguono in cirrocumulo
lenticolare, altocumulo lenticolare o
stratocumulo lenticolare. A quote
più basse, dove si ha una forte tur-
bolenza, possono formarsi dei roto-
ri, cioè cumuli in seno alle creste
d'onda (vedi figura 27).
3.4. Lo stau
La parola tedesca stau viene usata
per descrivere il fenomeno di «sbar-
ramento» sul versante sopravvento.
L'avvezione di masse d'aria umida
(sia quella sul versante Nord che
spesso ha origine nel Mare del Nord,
che quella sul versante Sud, che
proviene dal Mar Mediterraneo) av-
viene con correnti perpendicolari al-
la catena montuosa, che vengono
bloccate dalla montagna e sono co-
strette a salire. Quando l'aria sale al
livello di condensazione, si formano
le nubi, dalle quali sono possibili
precipitazioni anche senza la pre-
senza di un fronte. Nel versante sot-
tovento lo stau è visibile come «mu-
ro del föhn». Tuttavia lo stau, come
detto in precedenza, non è una con-
dizione necessaria per l’instaurarsi
del föhn e la sua presenza dipende
solo dall'umidità della massa d'aria
e dal fatto che le condizioni meteo-
rologiche siano favorevoli ad una ri-
salita nel versante sopravvento del-
la massa d’aria dalla pianura. Una
ricerca di FLIRI (1979) ha mostrato
che, nei casi di forte föhn a Inn-
sbruck, la presenza di precipitazio-
ne è soltanto del 50% circa nel Sud-
tirolo (Alto Adige) e Est Tirolo, del
70% nel Milanese e dell' 80% nel To-
rinese. La presenza più frequente di
precipitazioni nelle Alpi occidentali
METEOROLOGIA NIMBUS 31-32
28
32. (qui sopra)
In questa im-
magine, ripre-
sa il
26.08.2004
dal ghiacciaio
del Belvedere
(Macugnaga)
verso la cresta
sommitale del
Monte Rosa, la
nuvolosità da
stau orografico
si riversa dal
versante so-
pravento (Sviz-
zera) verso
quello sotto-
vento (Italia),
dissipandosi
poche centi-
naia di metri
al di sotto
della cresta (f.
D. Cat Berro).
Sul ghiacciaio
giungono,
trasportate dal
vento, alcune
folate di nevi-
schio.
33. (in alto) Muro del föhn e spruzzata di neve fresca fino a 2500 m circa sui
monti del Vallone di Rochemolles (Bardonecchia, Valle di Susa), a seguito del
transito di un fronte freddo il 02.07.2004 (f. A. Ceresa). L’alta Valle di Susa,
geograficamente incuneata verso le Alpi francesi, è molto esposta ai flussi
occidentali. Talora si possono generare micro-episodi di föhn che interessano
soltanto la conca di Bardonecchia, e si estinguono subito a valle. In questo
caso, le raffiche moderate si spinsero fin verso lo sbocco in pianura (34 km/h
ad Almese). 34 (qui sopra) L’analisi BOLAM alla superficie isobarica di 500
hPa, riferita alle h 00 UTC del 02.07.2004, mostra le Alpi al margine del viva-
ce flusso occidentale in altitudine. 35. (a sinistra) Immagine NOAA-AQUA,
sensore MODIS, h 12.43 UTC del 02.07.2004: ultimi strascichi nuvolosi sulle
Alpi, mentre il corpo nuvoloso legato al fronte si allontana verso levante.
è dovuta all'orografia della catena
Alpina, per cui con un vento da S, la
corrente si biforca (diverge) nella zo-
na di Verona (dove la catena forma
un rigonfiamento proteso verso la
pianura) in due flussi, uno diretto
verso W, l'altro verso E. Così trovia-
mo una zona di convergenza delle
correnti, ulteriormente rinforzata
dalla forma delle Alpi occidentali,
nel Ticino e nei dintorni del Lago
Maggiore. L'altra zona di convergen-
za si trova nel Friuli.
3.5. Il muro e la finestra del föhn
Il muro del föhn è il bordo di una nu-
be estesa sul versante sottovento, le-
gata ad una situazione di stau e for-
matasi, quindi, sul versante soprav-
vento, dove sale l'aria umida. Anche
se il muro può apparire stazionario,
l'aria in realtà vi scorre attraverso
continuamente e, scendendo, lo dis-
solve per evaporazione producendo
la cosiddetta «finestra del föhn»,
un'ampia zona con cielo limpido e
NIMBUS 31-32 METEOROLOGIA
29
36a. (in alto) Quando un fronte caldo trasportato da un
veloce flusso umido occidentale in quota interessa le
Alpi, può accadere che il muro del föhn non rimanga
confinato ai crinali più elevati, ma si spinga fino a por-
tare piovaschi o nevischio fin sulle zone prealpine o
addirittura pedemontane del Piemonte. Tale fenomeno,
che potremmo definire «föhn scuro», è favorito se al suo-
lo una depressione si isola sul Golfo di Genova. E’
quanto accaduto, ad esempio, il 13.01.2004: nell’imma-
gine ripresa da Almese (bassa Val di Susa), si nota la
cortina di nubi del «muro» illuminata dal sole nascente,
estesa fino al fondovalle e alla pianura.
36b. (qui sopra) Con i piovaschi trascinati fino a bassa
quota è pure apparso un bell’arcobaleno doppio intorno
alle h 08.30 (f. L. Mercalli). Sono situazioni favorevoli ad
abbondanti nevicate sulle alte valli alpine torinesi e in
Valle d’Aosta. In quella situazione si misurarono 64 mm
in 24 ore a Rhêmes-Notre-Dame (AO), con limite pioggia-
neve in innalzamento fino a ben 2200 m per l’afflusso
mite oceanico.
37. (qui sopra) Carta di analisi riferita al 13.01.2004, h 00 UTC (reanalisi
NCEP, www.wetterzentrale.de): in colore è rappresentato il campo del geopo-
tenziale alla superficie isobarica di 500 hPa (verde-blu-viola = basso geopo-
tenziale; giallo-arancio-elevato geopotenziale), mentre le linee bianche rappre-
sentano le isobare al suolo. E’ evidente il forte gradiente barico sull’Europa
centrale, con intenso flusso intorno Ovest sulle Alpi.
38. (qui sotto) Immagine NOAA - canale visibile del 13.01.2004, h 10.19 UTC:
una spessa coltre di nubi da stau copre non solo le zone alpine interne, ma
giunge fin sulle Prealpi. La Valle d’Aosta è interamente coperta e sotto precipi-
tazioni, decrescenti dalla zona del Monte Bianco verso Est; stessa situazione
in Valle di Susa, cui si riferiscono le foto 36a, b.
privo di nubi (tranne quelle causate
delle onde orografiche). E’ un aspet-
to che rende il föhn gradito alla gen-
te che ha la garanzia quasi certa di
tempo soleggiato e temperature miti
nelle vallate, e che compensa il fa-
stidio per sollevamento di polvere ed
eccessiva secchezza dell’aria.
In relazione alla forza della corrente
e alla configurazione sinottica, il
muro si può formare più o meno in
prossimità della cresta principale,
portando precipitazioni anche nelle
vallate del versante sottovento.
In alcuni casi, con una corrente da
W sulla Valle d'Aosta, si sono regi-
strate forti nevicate e addirittura de-
boli precipitazioni sono cadute an-
che a Torino, trasportate a valle pro-
prio dalla corrente uscente dal mu-
ro del föhn: è accaduto, ad esempio,
l’11 febbraio 1990 (SMS, 2003).
Allo stesso modo nel Sudtirolo (Alto
Adige) si conoscono diversi casi in
cui il muro del föhn non si è esteso
solo fino alla cresta principale ma
anche al versante sottovento, dove
sono state misurate precipitazioni
abbondanti.
4. Il föhn da Sud
4.1. L'evoluzione sinottica
La tipica evoluzione sinottica di un
evento di föhn da Sud (SEIBERT,
1990) può essere descritta come se-
gue.
1a fase: aria fredda e stabile prove-
niente da un anticiclone precedente
si trova sia a Sud che a Nord delle Al-
pi;
2a fase: le Alpi entrano nella zona
d'influenza della parte anteriore di
una bassa pressione posizionata
sull'Atlantico. L'avvezione di aria
calda, con correnti da W o SW, sta
penetrando solo nelle pianure a
Nord delle Alpi. La Pianura Padana,
essendo chiusa su tre lati, rimane
invece nell'aria fredda e stabile. A
questo punto il gradiente termico
che si è sviluppato fra i versanti Nord
e Sud delle Alpi genera una differen-
za di pressione fra i due versanti
stessi. La pressione cala a Nord del-
le Alpi, dove si trova l’aria più calda
e leggera, e rimane per lo più stabile
a Sud delle Alpi, dove c’è l’aria rela-
tivamente fredda e perciò più pe-
sante. Si sviluppa il cosiddetto «na-
so del föhn» sulla carta delle isoba-
re: un cuneo di alta pressione a Sud
delle Alpi e una zona di bassa pres-
sione a Nord delle Alpi. Proprio que-
sta differenza barica è la causa del
föhn, che cerca di compensare lo
squilibrio. Il föhn soffia inizialmente
solo sui versanti sottovento dei vali-
chi più bassi, mentre ad alta quota
(strati superiori) possono esservi an-
cora correnti da W. In questo caso è
chiamato föhn basso. In molti casi al
Sud delle Alpi si hanno ancora con-
dizioni di tempo soleggiato.
3a fase: la saccatura con il sistema
METEOROLOGIA NIMBUS 31-32
30
Le carte utilizzate in questo articolo per descrivere la situazione in quota non rappresentano l'andamento della pres-
sione ad un determinato livello altimetrico, ma l'andamento dell'altezza di geopotenziale su una superficie isobarica
(generalmente 500 hPa). Una superficie isobarica è la superficie che riunisce tutti i punti in cui la pressione atmosfe-
rica assume un determinato valore. Consideriamo come esempio proprio la superficie isobarica a 500 hPa. Siccome
la pressione diminuisce con la quota, i punti di questa superficie si trovano ad una certa distanza dal suolo. Questa
quota non è costante, ma varia in funzione di temperatura e pressione; in pratica la superficie isobarica si avvicina al
suolo nelle zone di bassa pressione, mentre si allontana dal suolo nelle zone di alta pressione. Sulle carte isobariche
viene quindi riportata l'altezza di geopotenziale a cui si trovano i punti della superficie in esame: sulle carte a 500 hPa
che trovate in questo articolo, viene indicata l'altezza, in decametri di geopotenziale, a cui la pressione atmosferica as-
sume il valore di 500 hPa. Nelle zone di alta pressione questo valore viene raggiunto ad una quota superiore rispetto
alle zone di bassa pressione; per questo motivo le zone di massimo di altezza di geopotenziale corrispondono agli an-
ticicloni, mentre i minimi di altezza di geopotenziale corrispondono alle depressioni. Le linee di uguale altezza di geo-
potenziale si chiamano isoipse e il loro andamento corrisponde a quello delle isobare. Ma perché viene utilizzata l'al-
tezza di geopotenziale e non l'apparentemente più semplice altezza geometrica?
Il geopotenziale ad una determinata quota z,F(z), è il lavoro che è necessario compiere contro la forza di gravità per
sollevare una massa unitaria di atmosfera dal suolo fino al livello z.
Utilizziamo, per semplicità, la definizione elementare di lavoro, cioè lavoro= forza * spostamento. In questo caso la for-
za (per unità di massa) è l'accelerazione di gravità g, lo spostamento è la variazione di quota z-z0, quindi il geopoten-
ziale F (si legge «fi») alla quota z sarà:
F(z)=g*(z-z0).
Siccome z0 è al suolo (z0=0), otteniamo F(z)=g*z.
Riscrivendo questa equazione notiamo che la quota z, cioè l'altezza geometrica sul suolo, è data dal rapporto tra F(z)
e g: z= F(z)/g.
L'accelerazione di gravità g non è però costante, ma varia in funzione di latitudine e quota (in particolare g diminui-
sce leggermente all'aumentare della quota); il suo valore medio al livello del mare è g0=9.80665 m/s2. I meteorologi
definiscono altezza di geopotenziale H, il rapporto tra F(z) e g0.
H= F(z)/g0.
Siccome g è minore di g0, l'altezza di geopotenziale H è minore dell'altezza geometrica z.
Perché è importante l'altezza di geopotenziale? Perché una particella sollevata fino alla quota z ha la stessa energia
potenziale di una particella sollevata fino alla quota H in un campo di gravità costante; utilizzando l'altezza di geopo-
tenziale al posto dell'altezza geometrica, i meteorologi possono quindi considerare l'accelerazione di gravità costante
(uguale a g0) e in questo modo semplificano i loro calcoli. Va però detto che nella troposfera l'accelerazione di gravità
g è molto simile al valore di g0, per cui altezza geometrica z e altezza di geopotenziale H praticamente coincidono (ad
una quota di 10 km la differenza tra z e H è circa di 16 metri).
Corrente a getto: L'aria al suolo è più calda in prossimità dell'equatore e più
fredda ai due poli. La variazione di temperatura non avviene però in maniera gra-
duale lungo tutto l'emisfero: alle latitudini medie troviamo una zona frontale do-
ve la temperatura diminuisce velocemente verso Nord.
Questo forte gradiente termico orizzontale (massimo sulla tropopausa, che a sua
volta è più alta sull’Equatore che non sui poli), provoca anche un forte gradien-
te barico in quota tra poli ed Equatore e spinge verso la tropopausa delle latitu-
dini medie, per effetto della forza di Coriolis, i cosiddetti venti geostrofici da W
verso E (nell'emisfero Nord). Questo «nastro» di venti fortissimi (oltre i 50 nodi)
viene chiamato corrente a getto.
Vorticità: La vorticità relativa è una misura della velocità di rotazione dei fluidi
relativamente alla superficie terrestre intorno a un asse verticale. E' definita po-
sitiva se la corrente gira in senso antiorario (come accade ai cicloni nell'emisfe-
ro Nord); l'unità di misura della vorticità è s-1 . Vorticità relativa positiva deno-
ta un movimento ascendente dell'aria e quindi tempo perturbato, vorticità rela-
tiva negativa un movimento discendente che porta al dissolvimento delle nubi e
a tempo soleggiato.
Wind chill: è la temperatura ipotetica di un'aria senza vento, in grado di aspor-
tare lo stesso flusso di calore dalla pelle (e quindi dare la stessa sensazione di
freddo) dell'aria a temperatura e vento reali.
Più forte è il vento e più bassa è la temperatura, più bassa ancora diviene la tem-
peratura wind chill (temperatura percepita, o fattore di raffreddamento da ven-
to).
Per esempio a 0°C e con 10 km/h di vento si percepisce una temperatura di -7°C,
con -10°C e 20 km/h la temperatura wind chill è di -24°C.
frontale ad essa connesso si avvici-
na all'arco alpino. Le correnti in quo-
ta ruotano da WSW a direzioni più
meridiane, si rinforzano e portano
sempre più aria umida di origine
subtropicale verso le Alpi. La diffe-
renza barica tra i versanti delle Alpi
raggiunge il suo massimo (che in al-
cuni casi può arrivare fino a 18 hPa
su una distanza orizzontale di 50
km) e inizia a soffiare il föhn alto sul
versante Nord alpino. Spesso il föhn
non riesce subito a penetrare in tut-
te le vallate e nella pianura del ver-
sante Nord, perché qui si trovano
ancora masse d'aria fredde e pesan-
ti formatesi di notte (inversione) che
devono essere ancora sgomberate
(vedi cap. 2.3). Nella Pianura Pada-
na, al contrario, l'aria rimane bloc-
cata e, con l'avvicinamento del si-
stema frontale e della saccatura, le
precipitazioni si muovono da W ver-
so E. Spesso (ma non sempre) si tro-
va una situazione di sbarramento
(stau), con precipitazioni intense a
Sud delle Alpi.
4a fase: con il transito del fronte
freddo, la pressione comincia a sali-
re a Nord delle Alpi provocando in
breve tempo il collasso del föhn che
non è più sostenuto della differenza
barica fra i due versanti. In questa
fase l'asse della corrente a getto si
trova direttamente sopra le Alpi e il
vento a 500 hPa raggiunge la sua
massima componente meridiana. Si
hanno precipitazioni sia a Nord che
a Sud delle Alpi, che cessano sol-
tanto dopo il passaggio della sacca-
tura. Se la massa d'aria fredda è
piuttosto alta, riesce a superare la
cresta delle Alpi e «cade» in molti ca-
si come föhn da Nord nella Pianura
Padana, soprattutto nel settore oc-
cidentale.
5. Analisi di un forte evento di
föhn nelle Alpi centrali e orienta-
li: 13-17 novembre 2002
5.1. L'evoluzione sinottica
13.11.2002, h. 12 UTC
Analisi della situazione a 500 hPa
(fig. 39)
Tra una grande goccia fredda sulla
Russia settentrionale e un'altra bas-
sa pressione situata davanti alla co-
sta occidentale dell'Irlanda, l'Euro-
pa centrale si trova sotto l’effetto di
una corrente da W relativamente
forte, nella quale sono inclusi più
massimi di vorticità. Le Alpi vengo-
no appena attraversate da un mas-
simo di vorticità e si trovano ancora
sotto l’azione di una massa d'aria
fredda.
14.11.2002, h. 00 UTC
Analisi della situazione a 500 hPa
(fig. 40)
Dopo il passaggio del massimo di
vorticità, un debole cuneo di alta
pressione occupa i versanti alpini.
La sua influenza è però debole. In se-
guito le Alpi sono raggiunte dalla zo-
na d'influenza della vasta bassa
pressione con il centro ora situato a
W della costa irlandese, che costrin-
ge il getto a circondarla ed a rag-
giungere il punto più meridionale
della Spagna. La saccatura si rinfor-
za e si estende in senso meridiano e
sulla sua parte posteriore aria fred-
da di origine polare raggiunge la pe-
nisola Iberica e la Francia occiden-
tale.
In questo modo la corrente sulle Al-
pi orientali ruota a WSW, al momen-
to ancora con debole intensità (le
isoipse sono abbastanza distanzia-
te) convogliando masse d'aria dal
Mar Mediterraneo, che fanno au-
mentare la temperatura sulle Alpi (il
colore giallo sostituisce quello ver-
de-blu dell'immagine precedente).
Scorrendo sul Mediterraneo l'aria
raccoglie umidità dal mare, e sul ver-
sante Sud delle Alpi orientali si no-
tano i primi effetti stau con l'inizio di
deboli precipitazioni. Sulle Alpi occi-
dentali, dove lo stau è inziato fin dal
giorno 13, le precipitazioni sono già
di forte intensità (Locarno ha regi-
strato 150 mm in questo giorno).
Nelle Alpi orientali il gradiente bari-
co tra Bolzano e Innsbruck è di 6 hPa
(vedi la fig. 48 in questo capitolo per
seguire lo sviluppo della differenza
barica): sul versante Nord alpino da
questo momento si ha già il föhn.
15.11.2002, h. 00 UTC
Analisi della situazione a 500 hPa
(fig. 41)
Il centro della depressione si è tra-
sferito verso SE e la vasta saccatu-
ra, ora estesa dal Sud della Scandi-
navia fino al Sahara rinforza la cor-
rente ruotandola verso una direzio-
ne di provenienza sempre più meri-
dionale sulle Alpi. Il jetstreak (zona
di massima velocità del getto) rag-
giunge le Alpi, come dimostrano le
isoipse ravvicinate. Masse d'aria
fredda sono trasportate dalla Groen-
NIMBUS 31-32 METEOROLOGIA
31
39, 40, 41, 42.
Carte del geo-
potenziale [10
m] e della tem-
peratura [°C]
al livello di
500 hPa (fon-
te: ECMWF),
riferite alle h
00 UTC dei
giorni dal 13
al 16.11.2002.
Schrott verant foehn
Schrott verant foehn
Schrott verant foehn
Schrott verant foehn
Schrott verant foehn
Schrott verant foehn
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Schrott verant foehn

  • 1. 1.1. Introduzione Al tempo in cui gli antichi Greci cre- devano nella forza dei loro dei, il föhn nacque con il nome di Zephyrus, il dio dei venti occidentali. Suo padre era Astraeus, il dio del cielo notturno e padre delle stelle, e sua madre Eos, la dea dell'al- ba. Zephyrus cresceva con i suoi fratelli Boreas, Eu- rus e Notus, e obbediva ad Aeolus, il re dei quat- tro venti. Da bambino aveva un ca- rattere molto dolce, sof- fiando da Ovest, ri- spetto al rigi- do Boreas, vento freddo da Nord, o Eurus, vento tempestoso da Sud-Est. Ma Zephyrus non era sempre così gentile: con la sua forza era capace di uccidere. Al tempo dei Romani il suo nome divenne Favo- nius, il vento di ponente, protettore dei fiori e delle piante e messaggero della primavera (GOHM, 2003). Nella cultura tedesca dal termine Favonius si sviluppò il nome «föhn» (grafia equivalente per foehn, la pro- nuncia è approssimativamente fœn, assolutamente errata è la grafia «phon» , con la quale si indica l’elet- trodomestico per asciugare i capelli e, in acustica, l’unità di misura del- la percezione dell’intensità sonora alla frequenza di 1 kHz ) e il signifi- cato si restrinse a indicare un vento caldo, asciutto e forte, che si mani- festava di tanto in tanto nell'arco al- pino e pote- va essere fa- vorevole ma anche deva- stante per la popola- zione. Circa 150 anni fa fu- rono intra- prese le pri- me ricerche scientifiche sul föhn in Svizzera e in Austria, do- ve Inn- sbruck si distinse co- me la capi- tale mon- diale di que- sti studi. La ricetta per un föhn è abbastan- za semplice: non è ne- cessario molto più di una catena montuosa e aria che vuole varcarla. Non deve quindi meravigliare che il föhn sia un fenomeno diffuso globalmente e che ogni regione montuosa abbia la NIMBUS 31-32 METEOROLOGIA Il föhn sulle Alpi Daniel Schrott, Werner Verant - Università di Innsbruck, Istituto di Meteorologia e Geofisica 13 1. Il «muro del föhn», visto dalla pianura canavesana (TO) al mattino del 07.04.2004, av- volge i crinali elevati del Gran Paradiso. Sul versante valdostano prevalgono nubi e tor- menta, sulla pianura piemontese, sottovento alle correnti settentrionali in quota, l’atmo- sfera è limpida e asciutta, e la temperatura massima giunge a 17.6 °C (f. D. Cat Berro). Questo lavo- ro è frutto di uno stage effettuato durante l’estate 2003 presso la SMI dagli autori, stu- denti sud- tirolesi dell'I- stituto di Meteorologia e Geofisica all'Univer- sità di Inn- sbruck (Au- stria). La revisione critica è stata con- dotta da GENNARO DI NAPOLI e VALENTINA ACORDON (SMI). [Poseidone] radunò i nembi, brandì il tridente sconvolse il mare, scatenò i turbini di tutti i venti, e coperse di nubi la terra e il mare; notte scese dal cielo. Insieme Euro e Noto piombarono e Zefiro che soffia violento, e Borea figlio dell'etere, che il gran flutto rovescia. Odissea, libro V. Zephyros (in latino Zephyrus) degli antichi Greci, ribat- tezzato Favonius dai Romani, era il vento da ponente, sen- za implicazioni di montagne da cui discendere. L'origine più comunemente riportata per Favonius è il verbo latino favere, «favorire», pertanto Favonius=favorevole. Ma in la- tino esisteva un altro verbo, fovere, simile al precedente anche nel significato, che era «riscaldare», «favorire»: an- cora più attinente a un vento mite. Il termine latino origi- nario sarebbe dunque fovonius, «che riscalda», mutato poi per dissimilazione (E. KLEIN, A Comprehensive Etymologi- cal Dictionary of the English Language, Amsterdam: Else- vier Scientific Publishing Co., 1971) in favonius. Dal lati- no classico Favonius derivarono il latino volgare faonius e l'italiano attuale favonio. Parallelamente fovonius evolse nel tedesco attuale Föhn, attraverso il tedesco antico (an- teriore al 1100 d.C.) phonno. Infine, cosa racchiude il ver- bo fovere? Si ritiene (BUCHOT 1978) che la radice indoeu- ropea sia dhegwh («riscaldare», «bruciare»), forma che in molte lingue è venuta ad assumere il significato di giorno (con evidente riferimento al calore del sole): dagur (islan- dese), dag (svedese, norvegese, danese), Tag (tedesco), day (inglese). Non tragga in inganno l'assonanza tra day e il la- tino dies (da cui l'italiano dì): dies («giorno») deriva dalla radice indoeuropea deiwo («dio», «dio del giorno»). 2. La «Nascita di Venere» di Sandro Botticelli (anno 1485 circa) raffigura Zefiro e Aura (a sinistra), che soffiano una dolce brezza di primavera su Venere, appena approdata a terra dal mare. A-PDF MERGER DEMO
  • 2. sua espressione per questo vento. In Italia, soprattutto in Alto Adige, e nella Svizzera Italiana è anche noto con il termine favonio, nelle Monta- gne Rocciose degli Stati Uniti è chia- mato chinook, nelle Ande cilene puel- che, mentre sul loro versante argen- tino è chiamato zonda. Di fatto il föhn è quindi il nome di un «effetto» più che di un vento. Sulle Alpi si può avere föhn sul versante italiano con la tramontana, ma sarà lo scirocco a provocarlo sui versanti svizzero e austriaco. 1.2. I criteri del föhn Possiamo definire il föhn come una corrente d'aria discendente che si manifesta sul versante sottovento quando l'aria scavalca una catena montuosa. Spesso, anche nella letteratura scientifica, il föhn è definito erro- neamente vento catabatico (dal gre- co katabatos, discendente). In realtà, «vento catabatico» non è nep- pure quello dell'Antartide, sebbene nasca come tale: l'aria si raffredda dal basso per contatto con la calotta glaciale divenendo più densa e que- sto strato gelido discende per gravità dall'altopiano antartico verso l'ocea- no. Vi sono però effetti idraulici di compressione, come accade anche nel föhn, e una sensibile influenza della forza deviante di Coriolis lungo il percorso. Il föhn, invece, è un ven- to caldo o mite, quindi la sua aria è leggera e non scende spontanea- mente dalle creste delle montagne. Pertanto ci deve essere una forza pri- maria più grande della forza ascen- sionale dell'aria, una forza che co- stringe meccanicamente l'aria a di- scendere nelle vallate. Il föhn è caratterizzato da tre fattori importanti (KUHN, 1989): a) vento impetuoso a raffiche irrego- lari b) aumento della temperatura c) abbassamento dell'umidità relati- va. Questi tre fattori sono utili per pre- cisare l'inizio di un episodio di föhn presso una stazione meteorologica. Sono validi per tutti i tipi di föhn, dunque per ogni direzione di prove- nienza dell'aria, anche se sono stati elaborati per il föhn alpino da Sud. La maggior parte degli studi com- piuti sul föhn riguarda infatti quello da Sud, sia per ragioni storiche sia per il rialzo termico ancora più ecla- tante rispetto alle altre provenienze. In realtà la regola dell'aumento del- METEOROLOGIA NIMBUS 31-32 14 3a, b. I fattori che caratteriz- zano il föhn: aumento della temperatura, sensibile ab- bassamento dell'umidità relativa, calo della pressio- ne, aumento dell'intensità del vento con raffiche irrego- lari e direzione del vento da sud (180 gra- di) durante un episodio di föhn da sud ad Innsbruck- Università con inizio alle 8 UTC e fine alle 17 UTC del giorno 29 apri- le 2003 (frec- ce). Fonte: Istituto di Me- teorologia e Geofisica - Innsbruck, Austria. ALTEZZA(km) 3 2 1 0 SUD - NORD (km) 100 50 0 -50 -100 EST - OVEST (km) -100 -50 0 50 100 4 5 ALTEZZA(km) 3 2 1 0 SUD - NORD (km) 100 50 0 -50 -100 EST - OVEST (km) -100 -50 0 50 100 4 5 T1 T2 5. A causa della diversa temperatura delle due masse d'aria (T1 e T2), tra i versanti si sviluppa una corrente di compensazione in corrispondenza dei passi che incidono la barriera montuosa. Ai livelli superiori alle creste la cor- rente ha invece una direzione parallela alla catena, con una lieve curvatura sopra il passo (fonte: GEIER, 2001). Il «Sistema Internazionale», siglato SI, regola l'uso delle unità di misura nelle scienze. Se- condo questo accordo internazionale l'unità per la temperatura è il Kelvin (simbolo K), dal nome del fisico britannico William Thompson, Lord Kelvin (1824-1907), uno dei fondatori del- la termodinamica moderna. La temperatura misurata in K viene chiamata anche tempera- tura assoluta. In meteorologia è comune (in Europa) il grado Celsius (°C), da Anders Cel- sius (1701-1744), astronomo svedese. La rela- zione tra loro è molto semplice: K=°C+273.15. Per esempio, 10 °C sono pari a 283.15 K. Nel- la meteorologia scientifica vengono usate en- trambe le unità di misura. In questo articolo usiamo generalmente °C, tuttavia in alcune equazioni è indispensabile impiegare K. 4. (qui sopra) Il gradiente barico originato dalla situazione sinottica costringe l'aria a scavalcare la catena montuosa fin sopra la cresta; lo sblocco sul ver- sante sottovento (mountain pressure drag) rinforza ancora il gradiente barico presente a causa della differenza di temperatura fra le due masse d'aria (co- me nel föhn basso) e intensifica il gap flow attraverso i passi più bassi della catena montuosa. (fonte: GEIER, 2001)
  • 3. la temperatura non è sempre valida per tutte le quote: il föhn da Nord con le sue correnti settentrionali spesso addirittura abbassa la temperatura, specialmente in montagna. 1.3. I tipi di föhn In relazione alla direzione della cor- rente verso la catena alpina si di- stinguono i seguenti tipi di föhn: il föhn sul versante Nord (con venti da Sud) chiamato föhn da Sud, il föhn sul versante Sud (con venti da Nord) chiamato föhn da Nord e il föhn sul- le vallate alpine occidentali italiane (con venti da Ovest) chiamato föhn da Ovest. Anche il föhn da Est è pos- sibile sulle Alpi francesi (dove viene chiamato la lombarde), sebbene più raro degli altri a causa della direzio- ne anomala della corrente rispetto alla norma, che favorisce in genere per le latitudini medie un vento da Ovest. In relazione all'evoluzione sinottica e al profilo verticale della tempera- tura oggi si distinguono due tipi di föhn: föhn alto e föhn basso. Il föhn tipico è conosciuto come föhn alto perché in tutti i livelli atmosfe- rici fino alla tropopausa si ha una corrente prevalente perpendicolare alla cresta della montagna (vedi il di- segno schematico in fig. 4). La forza motrice per qualsiasi vento è sempre una differenza barica; il vento cerca di riequilibrare la pressione, e que- sto vale anche per il föhn. Esistono due motivi importanti nel- l'ambito del föhn per la formazione del gradiente barico: immaginiamo una montagna schematica, con una pianura su entrambi i lati. Se la tem- peratura dell'aria su un lato è più bassa di quella sull'altro, si ha una differenza barica netta (semplifican- do, una diversa densità dell’aria). A causa di questa differenza si svi- luppa una corrente di compensazio- ne in corrispondenza dei passi che incidono la barriera montuosa. Que- sto fenomeno è conosciuto sotto il nome di gap flow. L'altro effetto prodotto da un gra- diente barico lungo una catena montuosa è il mountain pressure drag. E' una conseguenza della si- tuazione sinottica e si può spiegare così: l'aria in movimento trova da- vanti a sé un ostacolo (nel nostro ca- so una catena montuosa) che ne ri- duce la velocità. In seguito allo sva- licamento, la velocità aumenta di nuovo e diventa più elevata di quel- la iniziale. L'aumento della velocità sul versante sottovento abbassa la pressione, mentre il rallentamento dell'aria sul versante sopravvento aumenta la pressione. Ne scaturisce un netto aumento del gradiente ba- rico tra i versanti. I gradienti di pres- sione fra i versanti alpini nei casi di föhn alto sono di 4-10 hPa, con mas- simi fino a 18 hPa. Sul versante sottovento l'aria scorre dalla sommità della cresta giù nelle valli (effetto della situazione sinotti- ca) e inoltre «cola» dai passi (effetto «gap flow»). La seconda forma di föhn, il «föhn basso», si manifesta quando la cor- rente nella troposfera non è unifor- me. Guardiamo il disegno schemati- co in fig. 5: ad una certa altezza so- pra la catena montuosa c'è una va- riazione improvvisa della direzione del vento. A quest'altezza si trova spesso un piccolo strato di inversio- ne, che favorisce la separazione del- la troposfera in due strati principali separati. Nello strato sottostante (lo strato limite) la corrente è perpendi- colare alla catena e genera il gra- diente barico tra i versanti, mentre sopra la cresta la direzione del ven- to è parallela alla catena montuosa. Questa situazione sinottica non è fa- vorevole per la sua formazione, ma il föhn si ha ugualmente: si definisce «föhn basso». A causa della differen- za di temperatura tra le masse d'a- ria sui due versanti, si sviluppa una corrente di compensazione, il «gap flow». Le caratteristiche del föhn basso sono, nelle valli interessate, le stesse del föhn alto: un rialzo delle temperature, un calo dell'umidità e forte vento; mancano però ad esem- pio le tipiche nubi lenticolari (in te- desco Föhnfische, «pesci del föhn»; si veda cap. 3.3). Ovviamente in un föhn alto è sempre incluso un föhn basso. La zona interessata dal föhn basso è molto meno estesa di quella interessata dal föhn alto, ed è facile capirne il motivo: le Alpi hanno po- che incisioni veramente a bassa quota, così che grandi valli ne pos- sano essere interessate; il föhn alto scorre sopra le montagne e può in- fluenzare un territorio molto più grande. Siamo anche in una «scala» diversa: il föhn basso è soltanto la ri- sposta alla diversa temperatura tra i due versanti, tra due serbatoi d'a- ria comunicanti attraverso i passi, mentre il föhn alto è controllato e for- zato dal «regime» sinottico. Per certe valli e zone vicine ai passi alpini, tut- tavia, il föhn basso ha la stessa im- portanza del föhn alto. Il föhn basso non ha bisogno di una NIMBUS 31-32 METEOROLOGIA 15 6. Profilo verticale della temperatura potenziale il giorno 8 novembre 1999 h12 UTC L'intervallo tra le linee di uguale temperatura potenziale è 1°C. Lungo la linea Innsbruck (destra)- Verona (sinistra) la montagna più alta in quest'immagine (fondo bianco) è il Passo del Brennero. Si noti l'aria stagnante a Nord del Brennero che scende (föhn basso, gap flow) verso Vipiteno e l'aria del föhn alto che scende da oltre 2000 m nelle valli del versante Sud alpino (colore azzurro, che quasi riempie tutta la Valle dell'Isarco e la Valle dell'Adige). Notate anche i due nuclei di colo- re blu a Nord di Bolzano che indicano aria fredda e stabile (la temperatura potenziale aumenta con l'altezza), che si è formata durante la notte e non è riuscita ancora a defluire, a causa della topografia della Valle dell'Isarco molto stretta a Nord di Bolzano. Verso Trento l'aria del föhn co- mincia a non giungere più al suolo, poiché nella Val Padana c'è aria fredda che con vento da SW a Verona tende ad intasare la bassa Valle dell'Adige. (fonte: GEIER, 2001) Temperatura potenziale (K) Episodio di foehn da nord del 08/11/1999 305 K 300 K 295 K 290 K 285 K 305 K 300 K 295 K 290 K 500 1000 1500 2000 2500 3000 3500 4000 4500 Quota(m) Aria fredda foehn alto foehn basso Verona Trento Valle dell'Adige Bolzano Brennero Innsbruck 7. (in basso a destra) Torino e la Val di Susa visti dal Colle della Maddalena (715 m) in una giornata di föhn, il 13.03.2001, con Tmax 20 °C nel capoluo- go (f. V. Acor- don). Sullo sfondo il muro del föhn orla la cresta di fron- tiera con la Francia. Sulla pianura torine- se questo ven- to di caduta dalle Alpi si presenta me- diamente 30÷35 giorni l’anno, con massima fre- quenza tra il tardo autunno e la primavera, quando diven- gono più ripe- tute le irruzioni di aria nord- atlantica da Nord-Ovest. La città di Torino è parti- colarmente sensibile agli episodi di föhn da Ovest, tro- vandosi allo sbocco della Valle di Susa, mentre è meno interessata dagli episodi da Nord.
  • 4. grande differenza barica: di solito valori di 2÷3 hPa sono sufficienti. Ha le caratteristiche fisiche della bora (il vento discendente sulla costa di- narica) e pertanto merita abbastan- za il nome di «vento di caduta». Que- sto tipo di föhn è stato scoperto da KANITSCHEIDER nel 1937 nel Wipptal, la valle che dal Passo del Brennero porta ad Innsbruck. Fu poi negletto negli anni seguenti, e infine risco- perto grazie a nuove ricerche. 1.4. La statistica del föhn Venti orografici analoghi al föhn esi- stono in tutte le zone montuose. Il più conosciuto è sicuramente il chi- nook che spira sul versante orienta- le delle Montagne Rocciose e supera l'intensità del föhn delle Alpi con ve- locità che possono arrivare fino a ol- tre 200 km/h e con un aumento del- la temperatura anche di 25 °C in mezz'ora. Il föhn, in quanto vento caldo e asciutto, è temuto soprattutto d'in- verno come «divora-neve» (ted. Sch- neefresser), responsabile cioè della rapida fusione e sublimazione del manto nevoso. Inoltre le forti raffi- che di vento possono portare danni severi alle abitazioni, ai boschi e al- l'agricoltura. Sulle Alpi la maggior frequenza di giorni di föhn da Sud si osserva in primavera (marzo, aprile e maggio) ed autunno (settembre, ottobre, no- vembre), quando il fronte polare si trova frequentemente sulla regione, ma anche in inverno ed estate il föhn non è assente. Il minimo estivo si può spiegare con la posizione molto più settentrionale della zona fronta- le. La città di Innsbruck nel Nordti- rolo negli anni 1906-1996 ha avuto in media 57 giorni di föhn l'anno, Altdorf nel Reusstal (Svizzera) nel periodo 1864-1993 ne ha avuti in media 58. Il föhn da Nord ha il suo massimo in inverno (soprattutto in febbraio) ed in primavera, quando si hanno av- vezioni di aria d'origine polare da N o NW, ma si verifica anche nelle al- tre stagioni. Il föhn di Torino, ad esempio, si può descrivere come un vento da W o NW dovuto all'orientamento della Valle di Susa (e in minor misura delle Val- li di Lanzo ed Orco e della Valle d’Ao- sta), dalla quale il vento perviene sulla città. Nel periodo 1929-1944 Torino ha avuto una media annua di 33 giorni di föhn; Moncalieri, a soli 6 km verso S, una media di 28 gior- ni (BOSSOLASCO 1950), per la posizio- ne leggermente più distante dall'im- bocco della Valle di Susa. Purtroppo come nel resto delle Alpi italiane non esistono ricerche organiche più re- centi sulla frequenza del föhn. Generalmente si può dire che la fre- quenza di föhn tende a diminuire quanto più ci si allontana dalla cre- sta principale delle Alpi verso la pia- nura, sia quella della Val Padana, sia al Nord delle Alpi, come mostra una ricerca di WAIBEL e GUTERMANN (1976) nella zona del Lago di Co- stanza. (vedi Fig. 9) Questa caratteristica è nota anche sul versante alpino italiano. GÜNTHER GEIER nella ricerca su un caso di föhn da Nord nel profilo tra Innsbruck e Verona (1999) ha trova- to che il vento favonico non è riusci- to ad interessare la Val Padana, ma è arrivato sia nella Valle dell'Isarco che nella Valle dell'Adige (più vicino alla cresta). Verona e la Valle dell'A- dige fino a Nord di Trento sono ri- maste tutto il giorno immerse nell'a- ria fredda e stabile. Sicuramente questa non è un'eccezione, ma ri- specchia una condizione normale. Anche ad Innsbruck si conoscono molti casi in cui l'aria del föhn non è riuscita a penetrare nello strato freddo stabile (che in gergo si chia- ma lago d'aria fredda) al suolo della valle, ma soffiava sopra l'inversione arrivando dal Wipptal. Questo spie- ga anche un'altra caratteristica del föhn: le schiarite, dovute alla disce- sa dell'aria favonica sul versante sottovento che provoca il dissolvi- mento delle nubi, in genere site so- pra lo strato limite, interessano un territorio più grande di quello in cui soffia il vento favonico al suolo. 2. Le diverse teorie sul föhn 2.1. I primi passi scientifici Verso la metà dell'Ottocento il mon- do scientifico iniziò ad interessarsi al fenomeno del föhn. Fu il föhn da Sud ad attirare per primo l'attenzio- ne a Nord delle Alpi. Le prime ricer- che furono intraprese nelle regioni dell'arco Alpino settentrionale: nel Vallese, nell'Oberland Bernese, nel Reusstal e nella Valle del Reno a Sud del lago di Costanza in Svizzera e nella zona di Innsbruck e nel Salzkammergut in Austria. La prima questione riguardava l'ori- gine del caldo che il vento föhnizza- to portava con sé nelle valli del ver- sante alpino Nord. L'ipotesi più sem- plice fu quella introdotta dai geologi che sostenevano che il föhn era un vento proveniente dal deserto e por- tava aria calda dal Sahara verso le Alpi. Questa opinione era supporta- ta dal fatto che spesso la neve in montagna era colorata dalla sabbia sahariana. Anche a Torino il föhn da Ovest venne attribuito a un ramo di- scendente di una corrente equato- riale (!) (teoria confutata ad es. da RIZZO, 1890/91). Altri scienziati, co- me il danese Rink, trovarono però che anche nella Groenlandia occi- dentale esisteva un fenomeno simi- le al föhn, il che poteva essere spie- gato solamente attraverso il riscal- damento adiabatico durante la di- scesa dell'aria dai ghiacci dell'alti- piano e non tramite l'origine della METEOROLOGIA NIMBUS 31-32 16 8. Frequenza media di giorni con föhn ad Altdorf e Inn- sbruck nel periodo 1958 - 1980 (fonte: Archivio Istitu- to Meteorologi- co di Innsbruck). 9. Frequenza di föhn nella zona del Lago di Costanza tra il maggio 1973 e l'aprile 1975. Verso Konstanz (zo- na Ovest del lago) si regi- strano meno di 25 ore di föhn, mentre avvici- nandosi alla parte Sud del lago, alla foce del Reno e verso l'alta valle le regi- strazioni di föhn superano anche le 200 ore (le Alpi si trovano sotto il bordo inferiore di quest'imma- gine). KONSTANZ BREGENZ LINDAU FREQUENZA EVENTI DI FÖHN NELLA REGIONE DEL LAGO DI COSTANZA MAGGIO 1973 - APRILE 1975 <25 25-49 50-99 100-199 >200 ORE DI FÖHN Numero medio mensile di giorni con föhn a Innsbruck e Altdorf (periodo 1958-80) 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic N Innsbruck Altdorf
  • 5. massa d'aria. Così la teoria del ven- to sahariano fu respinta (KUHN, 1989). Un'altra teoria affermava che il calo- re del vento di föhn sarebbe stato ge- nerato dall'attrito meccanico dell'a- ria sul suolo. Questa possibilità è però senza supporto, perché l'attri- to meccanico è funzione della den- sità del fluido e l'aria è un gas legge- ro. La dissipazione dell'energia mec- canica assume una media globale di 2÷3 W/m2 e la sua produzione é li- mitata al «boundary layer», dove l'a- ria é in contatto con il suolo. Ricor- diamo che occorrono 1231 J per au- mentare di 1 °C la temperatura di un metro cubo d'aria alla pressione di 1000 hPa e alla temperatura di 0 °C. Moltiplicando questa energia ad esempio per 10, si ottiene l'energia necessaria per un aumento di 10 °C, caso frequente nelle vallate all'arri- vo del föhn. Supponiamo che questo aumento della temperatura si svol- ga in un'ora. Allora la potenza ne- cessaria risulta di (12310 J/3600 s) = 3.4 W. Con il nostro calcolo siamo vicini al valore globale generato dal- l’attrito, però lo spessore dello stra- to riscaldato é di 1 m soltanto... Troppo poco. Un'anticipazione: lo strato di föhn ha uno spessore di più di 2000 m. Così questa teoria é as- solutamente senza fondamento per la spiegazione univoca del föhn. Ma non vogliamo con ciò negare che l'at- trito dell'aria sul suolo non dia un contribuito, seppur minimo, all'au- mento della temperatura. 2.2. La teoria esatta di von Hann, respinta dal mondo scientifico JULIUS VON HANN (1839-1921), illu- stre meteorologo austriaco che già da diverso tempo aveva contribuito al dibattito sul föhn, pubblicò nel 1901, quando era direttore della «Zentralanstalt für Meteorologie und Geophysik» a Vienna, il suo fa- moso libro «Lehrbuch der Meteorolo- gie» (Testo di meteorologia). Questo libro contiene anche un capitolo sul föhn, che può essere considerato co- me il fondamento della teoria termo- dinamica originale. Vogliamo ripor- tare alcuni passi tratti dal suo libro (da SEIBERT, 1985): «Il riscaldamento portato dal vento di föhn deriva dal fatto che l'aria scen- dendo rapidamente dall'alto si ri- scalda dinamicamente di 1 °C ogni 100 m. Questo vuol dire che il riscal- damento aumenta ceteris paribus con l'altezza da dove proviene l'aria di föhn e con la quota delle montagne. NIMBUS 31-32 METEOROLOGIA 17 Almese (bassa Val di Susa) - Andamento di temperatura, umidità relativa e velocità del vento il 10 gennaio 2004 -5 0 5 10 15 20 00 02 04 06 08 10 12 14 16 18 20 22 °C 0 20 40 60 80 100 ore %-km/h Temperatura Vel. vento Umidità 10. (a fianco) Il 10.01.2004 è una giornata di föhn sulle valli del ver- sante sudalpi- no. Le correnti in quota sono disposte da Nord, e adden- sano nuvolo- sità per stau orografico sui versanti sviz- zero e austria- co delle Alpi, come visibile nell’immagine satellitare qui accanto, ripre- sa alle h 12.25 UTC dal satel- lite NASA- AQUA, sensore MODIS (canale visibile). Sulle pianure pede- montane del Nord-Italia il cielo è terso, mentre lungo il corso del Po e sull’alto Adria- tico, dove non giunge la cor- rente favonica, persistono nebbie e strati bassi. 11. L’immagi- ne qui a fianco, scattata dalla bassa Valle di Susa (TO) il 10.04.2004, mostra i ban- chi di Altocu- mulus stra- tiformis che costituiscono il muro del föhn all’orizzonte, verso l’alta valle al confine con la Francia (f. L. Mercalli). 12. Come visi- bile dal grafi- co, il föhn ha cominciato a dare i primi effetti dalle h 02, con un aumento di temperatura e una diminuzio- ne dell’umidità relativa, seb- bene le raffiche fossero ancora modeste. Il picco di inten- sità del vento si è raggiunto tra le h 07:50 e le 08:40, con due punte di 55 km/h. La temperatura massima ha raggiunto i 15.2 °C alle h 15:20. Sulla pianura torine- se, il vento ha soffiato a 41 km/h a Mon- calieri - Real Collegio (Tmax 14.5 °C).
  • 6. Più lenta è la diminuzione del calore con l'altitudine [sta per: minore è il gradiente verticale di temperatura, n.d.a.], più l'aria si riscalda. Dal gra- diente dipende l'aumento della tem- peratura e quindi la grandezza del ri- scaldamento relativo. Se, come di so- lito in estate, la diminuzione della temperatura per 100 m è di 0.7 °C (pomeriggio 0.8 °C), l'aria discenden- te guadagna ogni 100 m un calore di soltanto 0.3 °C, però durante l'inver- no con una diminuzione della tempe- ratura di 0.4 °C ogni 100 metri (spes- so prima dell’inizio del föhn il gra- diente assume valori anche inferiori a 0.3 °C ogni 100 metri) il guadagno è] il doppio, 0.6 °C. Se l'aria del föhn [ad Innsbruck, 600 m; n.d.a.] provie- ne da 2000 m, così si riscalda relati- vamente durante l'estate di 6 °C, in inverno di 12÷14 °C. A causa di que- sto e per il fatto che le condizioni per la genesi del föhn d'estate sono più rare e meno forti, il föhn d'estate si fa sentire meno.» (HANN, 1901) Inoltre von Hann constata che al ver- sante sopravvento della montagna il gradiente di temperatura è soltanto 0.45 °C/100 m in media o anche in- feriore. Poi parla del significato del- la condensazione sul versante so- pravvento. «In passato si riteneva che per la ge- nesi del vento di föhn ci dovesse es- sere un forte vento spirante sopra le Alpi (o una montagna qualsiasi) che sul versante sopravvento condensa il suo vapore causando forti precipita- zioni, per questo si raffredda soltan- to lentamente, e sul lato nord [sotto- vento], essendo soggetto a un au- mento di 1 °C di temperatura ogni 100 m si presenta come un vento mol- to caldo, e questo elevato calore si at- tribuisce alla liberazione del calore latente sull'altro versante. Questi casi, in effetti, ci sono e la maggioranza dei lunghi periodi di föhn d'autunno e inverno (quelli nel- le Alpi orientali) hanno l'origine se- guente: sul versante sud delle Alpi piogge intense e alluvioni, sul ver- sante nord secco e un cielo piuttosto limpido. Ma questa non è una neces- sità assoluta per la genesi del föhn e soltanto i casi di föhn tipici risultano dalla formazione presentata prima. [...] In inverno la diminuzione del ca- lore con l'altitudine è quasi sempre, e soprattutto con il tempo calmo che precede il föhn, talmente piccola che la semplice discesa dell'aria dalle creste alpine è sufficiente a darle il calore e l'asciuttezza del föhn.» (HANN, 1901). Queste affermazioni derivavano dal- le sue osservazioni. Il concetto di von Hann, molto simile a quello attual- mente ritenuto valido, purtroppo non entrò nei libri scientifici e didat- tici e già qualche anno dopo andò sviluppandosi una teoria diversa, già allora meno coincidente con le osservazioni. LUDWIG VON FICKER (1880-1967), un altro meteorologo austriaco, in un primo tempo (FICKER, 1920) accettò la teoria di von Hann. Ma, più di vent'anni dopo, nel 1943, scrisse un libro nel quale prendeva le distanze da von Hann e sposava la nuova «teoria termodinamica» del föhn. Es- sa si basa su questo concetto: l'aria che provoca il föhn sul versante sot- tovento proviene (nel caso di föhn da Sud) direttamente dalla Pianura Pa- dana. Avvicinandosi alle Alpi è co- stretta a salire fin sulle creste, raf- freddandosi all'inizio secondo l'adia- batica secca, ossia di 0.98 °C ogni 100 m. Raggiunto il livello di con- densazione si formano nubi e quin- di precipitazioni. Da questo livello il raffreddamento dell'aria si riduce a circa 0.6 °C ogni 100 m perché si li- bera il calore latente di condensa- zione dell'acqua. Superata la cresta, l'aria scendendo sul versante sotto- vento si riscalda seguendo subito l'adiabatica secca (0.98 °C ogni 100 m), a causa del processo di com- pressione adiabatica che porta al dissolvimento delle nubi. La «teoria termodinamica» ebbe (e continua ad avere) ampia diffusione, principalmente nei testi di meteoro- logia generale. La sua denominazio- ne è falsamente seduttrice, perché non esiste un movimento dell'aria che non parta dalle leggi della ter- modinamica, ma dipende unica- mente da quanto bene si conosce quel movimento dell'aria; non c'è contrasto tra la termodinamica e la dinamica. Per una beffa del destino, perfino nella quinta edizione «completa- mente riveduta» del Lehrbuch der Meteorologie di von Hann, uscita nel 1951 a trent'anni dalla scomparsa dell'autore, nel capitolo sul föhn il revisore adottò la teoria termodina- mica di von Ficker. Questa teoria è in contraddizione non solo con le nuove ricerche sul föhn, ma anche con la teoria origi- nale di von Hann. La cosiddetta teo- ria termodinamica ha infatti diversi errori: a) Esistono casi di föhn senza for- mazione del muro del föhn (stau, sbarramento) o di altra nuvolosità sul versante sopravvento, nono- stante si abbiano temperature po- tenziali più basse al suolo rispetto al versante sottovento interessato dal föhn. Secondo la cosiddetta teoria termodinamica si produce una diffe- renza di temperatura tra i due ver- santi soltanto se si formano nubi che danno luogo a precipitazioni, men- tre l'idea di von Hann funziona an- che se non ci sono precipitazioni sul versante sopravvento. b) Secondo von FICKER (1943), l'aria METEOROLOGIA NIMBUS 31-32 18 Si definisce temperatura potenziale q la temperatura che assume una massa d'aria che viene portata seguendo un processo adiabatico secco fino ad un livello di riferimento (ge- neralmente si usa il livello po= 1000 hPa). La sua espressione è, in coordinate isobariche (cioè utilizzando la pressione come coordi- nata verticale): dove po è la pressione sul livello di riferimento (po = 1000 hPa = 100000 Pa) e p è la pressione in Pa al livello in cui si trova il volume d'aria. Rd è la costante dei gas per aria secca pari a 287 J*K-1*Kg-1 e cp è il ca- lore specifico dell’aria secca a pressione costante e a 0 °C, pari a 1005 J*K-1*Kg-1. Se scegliamo invece l'altezza come coordinata verticale e supponiamo che il livello di rife- rimento di 1000 hPa si trovi al livello del mare, si ottiene: dove T(z) è la temperatura del volume d'aria che si trova ad un'altezza z in metri. Il valore 0.98 °C/100 m è il gradiente della temperatura in condizioni di adiabatica secca. Nei processi adiabatici secchi la temperatura potenziale rimane costante, quindi una mas- sa di aria secca che si solleva e ridiscende conserva la sua temperatura potenziale. Esempio Proviamo a calcolare al temperatura potenziale a Bolzano utilizzando i dati dell'esempio della cosiddetta teoria termodinamica del föhn (box nella pagina seguente). A Bolzano (240 m) la temperatura è T= 10 °C. Utilizzando la seconda equazione, la temperatura potenzia- le a Bolzano risulta: Posto che l’umidità relativa dell’aria a Bolzano sia dell’80%, alla quota del punto di con- densazione (570 m), dove abbiamo calcolato una temperatura di 6.7 °C, la temperatura po- tenziale è Abbiamo trovato due valori uguali perché l'aria è salita da Bolzano alla quota del punto di condensazione con un processo adiabatico secco, quindi la temperatura potenziale è ri- masta costante.
  • 7. NIMBUS 31-32 METEOROLOGIA 19 Esempio di föhn spiegato con la cosiddetta teoria termodinamica Vogliamo fare un esempio di föhn con la teoria termodinamica, che rivela la sua praticità seduttrice, ma non sempre valida. Supponiamo che l’aria a Bolzano («BZ», 240m) abbia una temperatu- ra T di 10 °C e un'umidità relativa dell'80%. La cresta montuosa è al- ta 3000 m. Vogliamo vedere qual è la temperatura e l'umidità relati- va ad Innsbruck (Ibk, 580m) sull'altro versante. L'aria sale dunque raffreddandosi adiabaticamente da Bolzano di (per semplicità sup- poniamo esattamente) di 1°C/100 m fino al punto di condensazione. Dalla temperatura e dall'umidità relativa possiamo calcolare la pres- sione di vapore, in altre parole quanta acqua l'aria contiene. es=6.107 hPa*10 (7.5*T)/(235+T) (equazione 1, formula di Magnus), dove es è la massima pressione di vapore in hPa consentita per aria alla temperatura T in °C (pressione di vapore saturo). Allora: es=6.107 hPa*10 (7.5*10 °C)/(235+10 °C) = 12.4 hPa Calcoliamo ora la pressione di vapore dell'aria a Bolzano con un'u- midità relativa (rH) dell'80%: e=rH * es (equazione 2), dove e è la pressione di vapore in hPa, rH è l'u- midità relativa. e=0.8*12.4 hPa = 9.9 hPa Questa pressione è anche la pressione di vapore dell'aria quando ha raggiunto la quota del punto di condensazione (LCL = Lifting condensation level). Si sa che più l'aria è fredda, meno vapore acqueo può contenere. Raffreddandosi di 1 °C ogni 100 m, la tem- peratura scende e raggiunge il punto di condensazione, dove la temperatura è T(LCL). Riscrivendo l'equazione 1 si ottiene un'equazione che ci consente di ricavare la temperatura, in questo caso la T(LCL), a partire dal valore della pressione di vapore: T(LCL)=(235*log10(e/6.107 hPa))/(7.5- log10(e/6.107 hPa)) (equazione 3) Dunque, con e=9,9 hPa: T(LCL) = (235*log10(9.9hPa/6.107 hPa))/(7.5 log10(9.9 hPa/6.107 hPa)) = 6.7 °C Tra la temperatura a Bolzano e la temperatura T(LCL) c'è una differenza di: dT=T-T(LCL)=10 °C-6.7 °C=3.3 °C L'aria tra Bolzano e LCL è salita seguendo un processo adiabatico secco, quindi possiamo calcolare la quota corrispondente a T(LCL), cioè Z(LCL): Z(LCL)=Z0+(T-T(LCL))/(1 °C/100 m) Dove Z0 è la quota di Bolzano. Allora: Z(LCL)=240 m+(10°C-6.7°C)*(100m/°C)=570 m Da qui in poi fino alla cresta dobbiamo considerare il gradiente adiabatico umido, pari a (per semplicità supponiamo esattamen- te) 0.6°C/100 m, inferiore a 1°C/100 m, perché durante la formazione delle nubi viene rilasciato il calore latente di condensazio- ne dell'acqua. Fino alla cresta (3000 m) ci sono ancora 2430 m di differenza (dZ). Che temperatura si ha alla cresta (Zc)? T(Zc)=T(LCL)-0.6 °C/100 m*dZ T(Zc)=6.7 °C-0.006°C/m*2430 m=-7.9 °C Per curiosità calcoliamo anche a quale quota si raggiunge la T=0 °C: 6.7 °C/0.006 °C = 1117 m + 240 m = 1357 m. Siccome il vapore acqueo dell’aria, già saturo a 570 m, è sottoposto ad un ulteriore raffreddamento, l'umidità relativa resta al 100%. Utilizziamo allora la formula di Magnus (eq.1) per calcolare la pressione di vapore sulla cresta alla temperatura appena calcolata: es=6.107 hPa*10 (7.5*(-7.9 °C))/(235-7.9 °C) = 3.3 hPa Questo valore ci aiuterà a calcolare l'umidità relativa di Innsbruck. Dalla cresta l'aria scende sull'altro versante seguendo un processo adiabatico secco, in quanto, appena superata la cresta, l’aria scende e la sua temperatura aumenta (compressione adiabatica), per cui non è più in condizioni di saturazione. La temperatura attesa ad Innsbruck (580 m) (T(Ibk)) è quindi: T(Ibk)=T(Zc)+1 °C/100 m*(Zc-Z(Ibk)) T(Ibk)= -7.9°C+1°C/100 m*2420m=16.3°C La temperatura di Innsbruck è più alta rispetto a quella di Bol- zano di quasi 7°C, anche se le due città hanno una differenza di quota di soli 340 m. Ma qual è l'umidità relativa ad Innsbruck? La relazione tra la densità del vapore d'acqua e la densità del- l'aria secca (= mixing ratio) è una quantità conservativa, in quan- to rimane invariata in assenza di cambiamenti di stato durante il percorso dalla cresta alla valle (adiabatica secca). Prendiamo allora la temperatura di Innsbruck per calcolare il contenuto massimo di vapore possibile dell'aria (utilizzando di nuovo l'e- quazione 1): es=6.107 hPa*10 (7.5*16.3 °C)/(235+16.3°C) = 18.7 hPa Con la riscrittura dell'equazione 2 ricaviamo una formula che ha come risultato l'umidità relativa: rH = e/es Quindi: rH (Ibk) = 3.3 hPa/18.7 hPa = 18%, che è assai meno del valore di Bolzano. Il calcolo è semplice, la differenza di temperatura tra i due ver- santi è soddisfacente e la differenza dell'umidità è spiegata bene. Così credettero anche i sostenitori della teoria termodinamica, dimenticando che ci sono casi di föhn senza precipitazioni o ad- dirittura senza stau sul versante sopravvento, nei quali questa teoria non funziona. 500 1000 1500 2500 2000 3000 Quota(m) IBK (580 m) T= 16.3 °C rh= 18% LCL gradiente: 1°C/100 m gradiente: 0.6°C/100 m gradiente: 1°C/100 m BZ (240 m) T= 10°C rh= 80% 0 °C T(Zc)= - 7.9 °C 13. Immagine che mostra il principio dell’esempio e della teoria termodinamica di von Ficker. 14. Veduta aerea delle Alpi centrali, ripresa all’incirca all’altezza del Brennero verso Ovest, il 17.01.2000 (f. L. Lombroso). Si nota, a destra, la distesa di nubi che si addensa per stau sul versante nordalpino, a sinistra invece il cielo sereno a Sud della cresta alpina principale. Il flusso di correnti da Nord sta rinforzando, mentre la pianura padana giace ancora sotto uno strato di nebbie e foschie. Il giorno successivo questo verrà rimosso dalla corrente favonica, che porterà temperature talora straordinariamente ele- vate sul Nord Italia, fino a 21.7 °C a Parma.
  • 8. discendente dalla montagna si ri- scalda subito dopo la cresta di 1 °C/100 m, ma questo è in contrad- dizione con l'osservazione che il mu- ro del föhn può anche superare la cresta. Nelle nubi una goccia d'ac- qua appena formata a causa della saturazione (100% di umidità relati- va) non cade subito, perché è troppo piccola. Il diametro medio delle par- ticelle d'acqua in una nube in fase di precipitazione è di 50 µm e soltanto oltre questa soglia le gocce hanno una grandezza sufficiente per cade- re al suolo. Questo significa che tut- te le gocce sotto 50 µm devono eva- porare nella discesa. Durante l'eva- porazione delle gocce viene impiega- ta esattamente la stessa quantità di calore che durante la salita si è libe- rato come calore latente di conden- sazione. Questo riduce la differenza di temperatura tra i due versanti. Un guadagno netto di calore sensibile è possibile soltanto quando ci sono precipitazioni dal muro del föhn che raggiungono il suolo, riducono l'ac- qua disponibile per una nuova eva- porazione e quindi sbilanciano le quantità di energia, favorendo un aumento della differenza di tempe- ratura tra i due versanti. Però, se- condo FLIRI (1983), la probabilità di precipitazioni nelle Alpi orientali meridionali è - perfino nei giorni di forte föhn da Sud ad Innsbruck - sol- tanto tra il 50 e il 70%. Cambiando nella teoria di von Ficker (così come nei decenni seguenti è stato fatto dagli studiosi del föhn) la parte relativa al muro del föhn, per- mettendogli di sporgersi maggior- mente sul versante sottovento, di modo che l'aria, dovendo ancora far evaporare le goccioline delle nubi, non scenda subito dopo la cresta se- condo l'adiabatica secca, si ottiene una teoria più vicina alla realtà e quindi più esatta c) Ma anche le precipitazioni non ba- stano per spiegare le differenze di temperatura potenziale tra i versan- ti sopra e sottovento. Talvolta tro- viamo addirittura differenze di tem- peratura potenziale superiori a 30 °C tra la Pianura Padana e le zone in- tralpine interessate dal föhn da Sud, come nel caso dell'8 novembre 1982 (vedere fig.16). d) Durante un evento di föhn si tro- va che la temperatura equivalente potenziale, che viene conservata lungo una traiettoria indipendente- mente da condensazione e precipi- tazione, è più bassa nel versante so- pravvento che nella zona interessa- ta dal föhn. Se, come previsto dalla cosiddetta teoria termodinamica, l'aria che provoca il föhn a Nord del- le Alpi avesse origine dalla Pianura Padana, dovremmo trovare la stessa temperatura equivalente potenziale in tutti e due i versanti al suolo. Guardando il profilo della tempera- tura equivalente potenziale, ogni li- nea dello stesso valore è una traiet- toria e ci mostra il tragitto percorso dall'aria. Questo dimostra che l'aria che genera il föhn a Nord delle Alpi non può provenire dal suolo della Pianura Padana, ma deve avere ori- gine dagli strati superiori. e) Nella cosiddetta teoria termodina- mica, l'andamento delle streamlines (traiettorie delle particelle d'aria) non è mai stato verificato/dimostra- to. Infatti, guardando il profilo della temperatura equivalente potenziale, notiamo un'immagine ben diversa. Vediamo (par. 2.3 e fig. 16) che l'aria del föhn scende nelle valli da più di 2000 m di quota e al suolo del ver- sante Sud delle Alpi troviamo l'aria fredda bloccata. Precisiamo, però, che queste affer- mazioni non escludono totalmente l'origine del föhn dalla salita dell'a- ria lungo il versante sopravvento e dal rilascio del calore latente dovuto alle precipitazioni, ma mettono in luce che esistono anche altri impor- tanti processi che devono essere presi in considerazione e che quindi la cosiddetta teoria termodinamica da sola non è sufficiente a spiegare il fenomeno del föhn. Digressione sulla termodinamica Consideriamo il moto verticale di una massa d'aria; il processo si de- finisce adiabatico se la massa d'aria non scambia calore con l'ambiente esterno cambiando quota. La massa d'aria si può, quindi, raffreddare o riscaldare solo a seguito di espan- sioni o compressioni del volume da lei occupato. Quando si abbassa, il suo volume viene compresso e si ri- scalda; al contrario, quando si in- nalza, si ha una espansione del vo- METEOROLOGIA NIMBUS 31-32 20 Esempio per valutare l’effetto della condensazione sul föhn (la cosiddetta teoria termodinamica è insufficiente) Facciamo un piccolo esempio (SEIBERT, 1990), dal quale risulta che l'effetto quantitativo delle precipitazioni non è sufficiente per spiegare la differenza nella temperatura tra i due versanti. Consideriamo un modello molto semplice per valutare l'effetto delle precipitazioni sul versante sottovento. Immaginiamo una zona di 100 km di lunghezza con precipitazioni di 1mm/h, pari a 1 kg/(m2h). Se l'aria percorre questa distan- za ad una velocità orizzontale di vh = 10 m/s, allora impiega per il suo percorso di 100 km (= 100000 m) 2.77 ore. Una colonna d'aria verticale (con un'altezza ipotizzata di 4 km) perde, durante il percorso nella regione di precipitazioni L1 = 2.77 h * 1kg/(m2h) = 2.77 kg H20/m2. Se distribuiamo questa massa verticalmente in modo omogeneo lungo i 4000 m, ricaviamo la perdita d'acqua per unità di volume: L2 = (2.77 kg H20/m2)/4000 m = 0.7g/m3. Adesso possiamo calcolare il calore latente rilasciato QL, equivalente a questi 0.7 g in un metro cubo di atmosfera: DQL = Lv * mw = 2.501*106 J kg-1* 0.0007 kg/m3 = 1751 J/m3, dove DQL è il calore latente rilasciato, Lv è il calore latente di condensazione dell'acqua, uguale a 2.501*106 J kg-1 e mw è la mas- sa dell'acqua in un metro cubo. Calcoliamo ora il riscaldamento dell'aria che si produce in seguito al rilascio di questo calore latente in funzione della densità del- l'aria stessa. Per vedere il massimo e minimo della differenza di temperatura (o equivalentemente della differenza di temperatura potenziale) in funzione della densità, prendiamo gli estremi di 1.225 kg/m3 a 0 m e di 0.8191 kg/m3 a 4000 m di altitudine. Per 0 m: Dq = DQL * (r * cp)-1 = 1751 J/m3 * (1.2 kg/m3 * 1005 J /(K kg))-1 = 1.5 K E per 4000 m: Dq = DQL * (r * cp)-1 = 1751 J/m3 * (0.8 kg/m3 * 1005 J /(K kg))-1 = 2.2 K Per la spiegazione di q vedi il box sulla temperatura potenziale. Invece FLIRI (1983) ha riportato una differenza della temperatura potenziale media tra Innsbruck e Trento di 6.7 K in inverno e di 6 K in primavera (a favore di Innsbruck) per una precipitazione diur- na da 10 a 30 mm (da 0.4 a 1.3 mm/h). Anche quando consentia- mo un errore del 100% nella nostra valutazione, non arriviamo mai al valore di 6 K. Pertanto, risulta che l'effetto della condensazione è insufficiente a spiegare le differenze di temperatura trovate real- mente. La cosiddetta teoria termodinamica non è quindi suffi- ciente a spiegare la differenza di temperatura fra i due versanti. RR=1mm/h 4km 100 km v=10m/s 15. Il principio dell'esempio: modello per la valutazione del ruolo della condensazione sul versante sopravento.
  • 9. lume e, quindi, un raffreddamento. La variazione della temperatura del- la massa d'aria durante il suo moto di ascesa o discesa può essere cal- colata inserendo la legge dei gas per- fetti nell'espressione del primo prin- cipio della termodinamica per pro- cessi adiabatici. Se la massa d'aria non è ancora sa- tura (aria secca) otteniamo, dopo un po' di calcoli: dove DT è la variazione della tempe- ratura, T è la temperatura in Kelvin al livello della pressione p in hPa, Dp è la variazione di pressione (positiva o negativa), Rd è la costante dei gas per aria secca, uguale a 287 J K-1 kg-1, e cp è il calore specifico d'aria secca a pressione costante e ad una temperatura di 0°C uguale a 1005 J K-1 kg-1 . Utilizzando, come coordinata verti- cale, la quota al posto della pressio- ne si trova: dove g è l'accelerazione gravitazio- nale pari a 9.805 m s-2. Ga (si legge «gamma a») viene chiamato gradien- te adiabatico secco. Quindi, una massa d'aria che si innalza seguen- do un processo adiabatico secco, si raffredda di circa 1 °C ogni 100 me- tri. Si definisce invece gradiente di tem- peratura, la variazione della tempe- ratura dell'aria ambiente con la quo- ta. Se il gradiente di temperatura è uguale al gradiente adiabatico sec- co, la massa d'aria innalzandosi o abbassandosi avrà sempre la stessa temperatura dell'aria ambiente: in questo caso l'atmosfera è in condi- zioni di stratificazione adiabatica o neutra. Se il gradiente di tempera- tura è minore del gradiente adiaba- tico secco, cioè se la temperatura dell'aria ambiente varia più lenta- mente di quella della massa d'aria, questa, innalzandosi o abbassando- si, avrà una temperatura rispettiva- mente inferiore o superiore a quella dell'ambiente esterno e quindi ten- derà a riportarsi alla sua quota ini- ziale; in questo caso si parla di at- mosfera stabile o stratificata stabil- mente. Infine, se il gradiente di tem- peratura è maggiore del gradiente adiabatico secco, cioè se la tempera- tura dell'ambiente esterno varia più rapidamente di quella della massa d'aria, questa innalzandosi o abbas- sandosi si troverà ad una tempera- tura rispettivamente superiore o in- feriore a quella dell'ambiente ester- no e quindi continuerà il suo moto verso l'alto o verso il basso; in que- sto caso si parla di atmosfera insta- bile e il gradiente di temperatura è superadiabatico. Le condizioni di stabilità dell'atmo- sfera si possono esprimere anche utilizzando la temperatura poten- ziale q. Se q aumenta con la quota, l'atmosfera è stabile, perché le mas- se d'aria potenzialmente più calde sovrastano le masse d'aria poten- zialmente più fredde; se q diminui- sce con la quota, l'atmosfera è in- stabile, perché le masse d'aria po- tenzialmente più fredde sovrastano le masse d'aria potenzialmente più calde. Se q è costante con la quota, l'atmosfera è in condizioni di strati- ficazione neutra. Il processo adiabatico secco è valido fino al punto di condensazione, al- lorchè l'umidità relativa raggiunge il 100 % e l'aria diventa satura rispet- to al vapor d'acqua. Dal punto di condensazione il gradiente di tem- peratura diventa inferiore a 9.8 °C/km, in quanto, quando il vapore acqueo condensa, cioè quando si formano le nubi, viene rilasciato il calore latente di condensazione, che in parte compensa il raffreddamen- to adiabatico. Al contrario, durante la discesa, una parte delle gocce del- la nube evapora, sottraendo calore all'aria circostante e compensando parzialmente il riscaldamento adia- batico. Il gradiente adiabatico umido Gs (gamma esse) si può esprimere tra- mite la seguente formula: dove Le è il calore latente di conden- sazione dell'acqua e dsm/dz è la va- riazione con la quota dell'umidità specifica della massa d'aria in se- guito alla condensazione o all'eva- porazione. Il gradiente adiabatico umido è quindi sempre minore del gradiente adiabatico secco, dal mo- mento che dsm/dz è una quantità negativa, in quanto, durante l'asce- sa, l'umidità specifica di una massa d'aria satura diminuisce. Il gradiente adiabatico umido si può anche esprimere come: dove rs è il rapporto di mescolanza alla saturazione, Lv è il calore laten- te di evaporazione dell'acqua a 0°C uguale a 2.501*106 J kg-1 ed e è uguale a 0.622, il rapporto tra la co- stante molare dei gas per l'aria sec- ca e la costante molare dei gas per il vapore d'acqua. Vicino al suolo il gradiente adiabati- co umido è di circa -4 °C/km, a metà della troposfera si aggira su valori tra -6 e -7 °C/km, mentre ad altitu- dini più elevate, dove l'aria è più fredda e non può contenere molto vapore d'acqua, il valore si avvicina a quello del gradiente adiabatico secco (circa 1°C/km). In media gli si attribuisce il valore di 0.6 °C/100 m. Un processo reale in cui parte del va- pore acqueo condensato viene elimi- nato dalla massa d'aria precipitan- do sotto forma di neve o pioggia, non è però un processo adiabatico pro- priamente detto, perché la precipi- tazione sottrae un po' di calore alla massa d'aria. Questo tipo di proces- so viene definito fisicamente pseu- do-adiabatico. La temperatura po- tenziale non si conserva più duran- te i processi pseudo-adiabatici. E' necessario quindi definire un nuovo tipo di temperatura, la temperatura equivalente potenziale (in italiano viene indicata anche come tempera- NIMBUS 31-32 METEOROLOGIA 21 16. (in basso a destra) Analisi della tempera- tura equivalen- te potenziale (in Kelvin) lun- go il profilo da Verona attra- verso il Bren- nero fino a Monaco di Baviera duran- te il caso di föhn da Sud dell' 8/11/1982, h12 UTC. Le linee di uguale temperatura equivalente potenziale (isoentropiche) mostrano le traiettorie del- l'aria (da sini- stra verso de- stra). Nella Pianura Pada- na e sul ver- sante alpino meridionale troviamo uno strato bloccato d'aria fredda che dal suolo arriva fino a circa 1800 m. Sopra troviamo uno strato di inversione con uno spessore di alcune centi- naia di metri, in cui le isoen- tropiche sono orizzontali. Oltre i 2200 m la stabilità si riduce e la distanza tra le isoentropiche aumenta: que- sta è la zona del föhn alto. Dal Brennero l'aria dai due strati inferiori scorre giù (di- scesa delle isoentropiche) lungo il Wipp- tal (gap flow). Ma, spostando- ci verso Nord (verso destra nell'immagine) si vede che l'aria scende da quote sem- pre più alte (anche da più di 3000 m). Avvicinandosi a Monaco, e dunque abban- donando le Alpi, le isoen- tropiche non scendono più,ma iniziano ad alzarsi di nuovo, perché il föhn, in que- sta zona, non tocca il suolo. Le pianure tedesche ri- mangono sotto uno strato d'aria fredda e stabile. (fonte: SEIBERT, 1990)
  • 10. tura pseudo-potenziale, assegnan- do alla temperatura equivalente po- tenziale un altro significato che qui non approfondiamo), che è la tem- peratura che assume una massa d'aria che viene sollevata con un processo pseudo adiabatico fino al- la totale condensazione ed elimina- zione del vapore in essa contenuto e in seguito viene riportata al livello di riferimento di 1000 hPa con un pro- cesso adiabatico secco. La temperatura equivalente poten- ziale dipende, oltre che da pressione e temperatura, dal contenuto di va- pore dell'aria; maggiore è il contenu- to di vapore dell'aria, a parità di pressione e temperatura, maggiore è la temperatura equivalente poten- ziale. La temperatura equivalente poten- ziale si conserva nei processi pseu- do-adiabatici. Torniamo all'esempio della cosid- detta teoria termodinamica. Partia- mo di nuovo da Bolzano con una cer- ta temperatura T e una certa umi- dità U. Da questi due parametri si può adesso calcolare la temperatu- ra equivalente potenziale. Adesso l'aria fa lo stesso percorso come nel- l'esempio: sale fino alla cresta, con il passaggio dall'adiabatica secca a quella umida al livello di condensa- zione, e poi scende fino ad Inn- sbruck. Per sua stessa definizione, la temperatura equivalente poten- ziale non cambia mai durante il per- corso e può quindi essere usata co- me un tracciante. Se in due punti di- versi misuriamo due valori uguali della temperatura equivalente po- tenziale, possiamo dire che l'aria si è mossa da un punto all'altro. Per questa sua caratteristica, la tempe- ratura equivalente potenziale viene proprio usata per determinare l'ori- gine delle masse d'aria; questa pro- prietà è molto utile nel caso del föhn. Guardando il profilo della tempera- tura equivalente potenziale, nella fi- gura 16, ogni linea dello stesso va- lore è una traiettoria e ci mostra il tragitto percorso dall'aria. 2.3. La teoria attuale Sono ormai venti anni che la teoria attuale del föhn è nota, ma in mol- tissimi testi didattici la cosiddetta teoria termodinamica è ancora data per scontata. Anche nella poca let- teratura italiana sul föhn si privile- gia il concetto termodinamico erra- to. Nonostante la sua grande impor- tanza in Italia, il föhn è studiato in maniera troppo superficiale. Her- mann FLOHN, nel suo libro Clima e tempo, prende il föhn come esempio e spiegazione per i processi adiaba- tici secco e umido. Mario PINNA, nel suo libro Climatologia (1977), dedi- ca solo poche pagine al fenomeno del föhn, seguendo la cosiddetta teoria termodinamica. Anche Willy EICHEN- BERGER nel suo libro Elementi di me- teorologia (1990), tratta il föhn in una sola pagina. parlando solo della teoria termodinamica. Il capitolo sul föhn di Giovanni KAP- PENBERGER e Jochen KERKMANN nel lo- ro libro Il tempo in montagna (1997) risulta finora il più completo della letteratura italiana sul föhn. Però anche loro non riescono a dare un'immagine attuale del föhn, ag- giornata con le recenti ricerche. Il föhn è ancora definito come un ven- to di caduta e distinto in due tipi, ciascuno con la propria spiegazione. Il föhn con sbarramento, da loro de- finito föhn classico, viene spiegato con la sola teoria termodinamica; se non c'è lo sbarramento (gli altri au- tori non contemplano neppure un föhn senza sbarramento) viene as- sunta la teoria attuale. Non è pro- spettata una via di mezzo. Ma quali sono stati i motivi per il successo della teoria termodinami- ca e la sua sopravvivenza fino ai no- stri tempi? Una causa è sicuramen- te la semplicità della spiegazione di METEOROLOGIA NIMBUS 31-32 22 Esempio della teoria attuale Facciamo un esempio con il föhn da Sud per chiarire meglio la teoria attuale: Ipotizziamo che l’aria nel versante sopravvento, proprio sopra la Pianura Padana, sia stratificata in tre importanti zone: uno stra- to stabile d'aria fredda vicino al suolo bloccato dalle Alpi, un'inversione marcata attorno a 2000 m e, sopra questa inversione, l'a- ria che poi scenderà nelle vallate del versante sottovento. Per semplicità supponiamo che i gradienti di temperatura in ogni stra- to siano omogenei (cosa che in realtà non accade quasi mai). Esprimiamo questo in cifre. Fissiamo la quota del suolo della Pianura Padana a 100m, dove la temperatura è di 16 °C. Lo strato stabile (blu) giunge fino a 1800 m (temperatura di 6 °C), dove inizia l'inversione (strato stabilissimo, nel quale la temperatura au- menta con la quota, rosso) che finisce ad un'altitudine di 2100 m (temperatura di 9 °C). Sopra questa inversione troviamo uno strato, a sua volta molto stabile, che arriva fino a 7500 m (giallo). I gradienti termici sono: nello strato stabile vicino al suolo -0.59 °C/100 m; nello strato stabilissimo +0.1 °C/100 m; nel terzo stra- to stabile, di nuovo -0.59 °C/100 m. Adesso vogliamo calcolare le temperature in tre regioni dove spira il föhn. Scegliamo una località dell'alta Wipptal, Gries am Bren- ner (1160 m), dove l'aria del föhn arriva solo dal Passo del Brennero; qui il flusso arriva dal serbatoio di aria fredda e stabile, che abbiamo ipotizzato estendersi fino a 1800 m, ed assume perciò le caratteristiche della bora. Scendendo nella valle verso Innsbruck, si nota che la temperatura potenziale aumenta, dal momento che l'aria proveniente dal Brennero si mescola con l'aria del föhn al- to proveniente dagli strati superiori. Scegliamo quindi di calcolare la temperatura di Innsbruck (580m), dove l'aria del föhn arri- va da un'altezza di 2200 m, e quella di Salisburgo (420 m), ancora più lontano dalla cresta, dove ipotizziamo che il föhn arrivi da una quota di 2500m. 1. Gries am Brenner (Gri) Calcoliamo prima la temperatura che abbiamo al Passo del Brennero (Bre), alto 1370 m. Il gradiente di temperatura nello strato immediatamente sottostante è -0.59 °C/100 m. A 100 m di altitudine misuriamo 16 °C. La temperatura sul passo del Brennero è quindi: T(Bre)=T(100 m)-0.59 °C(100 m)-1*(z(Bre)-100 m), dove z(Bre) è l'altezza del Brennero e i 100 m sono la quota di par- tenza del nostro esempio, cioè la quota della Pianura Padana. Allora: T(Bre)=16 °C-0.59 °C(100 m)-1*1270 m=8.5 °C Dal Passo del Brennero l'aria scende seguendo l'adiabatica secca, riscaldandosi, per semplicità, di 1 °C ogni 100 m. 17. L'immagine del satellite polare NOAA del 08.11.2002, h 13.24 UTC mostra lo stau sul versante Nord delle Alpi, provocato da forti correnti settentrionali che inducono formazioni nuvolose stra- tiformi sul versante so- pravvento . Sul versante Sud delle Alpi av- viene il contra- rio: l'aria di- scendente causa il dissol- vimento delle nubi. La fitta nuvolosità si arresta proprio sulla cresta principale alpi- na; a Sud di essa il föhn provoca l'essic- camento delle masse d'aria e l'evaporazione delle nubi. Nell'immagine si nota anche la formazione di ondulazioni causate dal föhn. Sopra la Pianura Pada- na, il cielo è completamente sereno. (fonte: GEIER, 2001)
  • 11. NIMBUS 31-32 METEOROLOGIA 23 A Gries am Brenner la temperatura con il föhn è: T(Gri)=T(Bre)+1 °C(100 m)-1*(z(Bre)-z(Gri)), do- ve z(Gri) è l'altitudine di Gries am Brenner. Allora: T(Gri) = 8.5 °C+1 °C*(100 m)-1*(1370 m-1160 m) = 10.6 °C La temperatura di Gries am Brenner non si di- scosta molto da quella dal passo, ed è relativa- mente fredda. Si noti che, sopravvento, alla stes- sa quota di Gries am Brenner (1160 m) si ha: T(sopravvento, 1160 m) = 16°C-0.59°C*(100 m)-1 *(1160-100) = 9.7 °C, cioè il riscaldamento a pa- rità di quota è di 0.9 °C. Se applicassimo la «teoria termodinamica», il ri- scaldamento atteso per una massa d’aria che. partendo da 1160 m sopra la Pianura Padana, svalicasse al Passo del Brennero per poi ricade- re a Gries am Brenner, sarebbe, a seconda della quota del livello di condensazione, tra 0 °C e 0.4 °C*(100 m)-1*(1370-1160) = 0.8 °C. 2. Innsbruck (Ibk) L'aria del föhn in questa città arriva da una quo- ta di 2200 m, da dove, subito dopo lo spartiac- que, si riscalda in maniera adiabatica secca. Ma prima calcoliamo la temperatura a 2200 m; tale quota è nel terzo strato che ha un gradiente di temperatura di -0.5 °C ogni 100 m. T(2200 m) = T(2100 m)-0.5 °C(100 m)-1*(2200 m- 2100 m) La temperatura a 2100 m è di 9 °C. Allora: T(2200 m) = 9-0.5 °C(100 m)-1*100 m=8.5 °C Da 2200 m l'aria scende ad Innsbruck dove la temperatura misurata con il föhn è: T(Ibk) = T(2200 m)+1 °C(100 m)-1*(2200 m-z(Ibk)), dove z(Ibk) è l'altitudine di Innsbruck. Allora: T(Ibk) = 8.5 °C+1 °C(100 m)-1*(2200 m-580 m) = 24.7 °C La temperatura ad Innsbruck è quasi estiva, e non è paragonabile a quella misurata nel Wipptal, perché le provenienze dell'aria sono diverse. Il gradiente tra Innsbruck e Gries am Brenner è superadiabatico. Sopravvento, alla stessa quota (580m), la tempe- ratura è: T(sopravvento, 580 m)=16 °C- 0.59°C*(100 m)-1 *(580-100) =13.2 °C; il föhn provoca un aumento di temperatura di ben 11.5°C. Si noti di nuovo che, secondo la “teoria termodinamica”, il föhn dovrebbe “riscaldare” Innsbruck di un valore compreso tra 0°C e 0.4 °C*(100 m)-1*(2200-580)=6.5 °C, a seconda della quota del livello di condensazione. 3. Salisburgo(Slb) L'aria del föhn qui scende da un'altitudine di 2500 m, da dove, subito dopo lo spartiacque, si riscalda in maniera adiabatica sec- ca. La diversa situazione topografica è il motivo della scelta di una quota maggiore a quella utilizzata per Innsbruck per la pro- venienza dell'aria del föhn: Salisburgo si trova più lontano dalla cresta principale e perciò l'aria scende da una quota più alta. Calcoliamo la temperatura a 2500 m: T(2500 m) = T(2100 m)-0.5 °C(100 m)-1*(2500 m-2100 m) La temperatura a 2100 m è di 9 °C. Allora: T(2500 m) = 9 °C-0.5 °C(100 m)-1*400 m = 7 °C A Salisburgo si misura una temperatura di: T(Slb) = T(2500 m) + 1 °C(100 m)-1*(2200 m-z(Slb)), dove z(Slb) è l'altitudine della città di Salisburgo Allora: T(Slb)=7 °C+1 °C(100 m)-1*(2500 m-420 m)=27.8 °C La temperatura a Salisburgo è addirittura estiva ed è ancora più alta che ad Innsbruck, perché l'aria proviene da un'altitudine ancora superiore e nel versante sopravvento quest'aria è stratificata stabilmente. Si noti ancora che sopravvento, a 420 m, la tem- peratura è: T(sopravvento, 420 m)=16 °C- 0.59°C*(100 m)-1 *(420-100) =14.1 °C vale a dire che il föhn produce un riscaldamento di 13.7 °C. Per la «teoria termodinamica» il riscalda- mento potrebbe essere al massimo di 0.4 °C*(100 m)- 1*(2500-420) = 8.3 °C, nel caso in cui il livello di con- densazione fosse a 420 m. In tutti i casi si nota come la teoria attuale fornisce valori di incremento termico dovuti al föhn superio- ri a quelli dell’incompleta teoria termodinamica. I I BRE GRI IBK SLB Inversione Wipptal PP 6 10 14 Temperatura (°C) 400 800 1200 1600 2000 2400 Quota (m) 18. Esempio della teoria attuale del föhn: le tre località (Gri, Ibk, Slb) si distin- guono per la diversa provenienza dell'aria, le linee con le frecce mostrano le traiettorie dell'aria. Le abbreviazioni significano: PP: Pianura Padana; Bre= Passo del Brennero; Gri= Gries am Brenner; Ibk= Innsbruck; Slb= Salisburgo; Il Wipptal è la valle che dal Brennero va fino ad Innsbruck. Le due montagne (indicate con una «I») rappresentano la cresta principale delle Alpi con l'incisione del Passo del Brennero. 19. «Giochi d’aria» in una giornata di föhn da Ovest in bassa Valle di Susa il 30.10.1998 (f. L. Mercalli). Si trattò di un episodio particolarmente intenso il giorno 29 sulla pianura torinese, dove le raffiche abbatterono numerosi alberi sulla cintura Sud-Ove- st (Orbassano, Stupinigi, Grugliasco). Questa zona, che si trova direttamente allo sbocco dell’ampia Val di Susa, è tra le più interessate dal fenomeno in provincia di Torino, allorchè il flusso in quota sia occidentale. Il giorno 30 la temperatura massima a Torino fu di 18.2 °C.
  • 12. diverse caratteristiche, come la nu- volosità, le precipitazioni e l'anda- mento della temperatura tra i due versanti. La teoria non è neanche sbagliata dal punto di vista qualita- tivo, specialmente per i più impres- sionanti eventi di föhn. Con un abi- le espediente, le osservazioni in con- traddizione con la teoria potevano essere facilmente rifiutate dichia- randole «non rappresentative» o in- troducendo il termine astruso «föhn anticiclonico» per casi senza stau (sbarramento). Inoltre, la grande dif- fusione della teoria è incoraggiata dal fatto che rappresenta un esem- pio eccellente per spiegare didatti- camente un diagramma termodina- mico e i principi dei processi di adia- batica secca ed umida (SEIBERT, 1990). Ma come è spiegabile l’elevato gra- diente termico fra i due versanti al- pini che la teoria termodinamica non riesce a spiegare? Le ultime ri- cerche scientifiche, basate su gran- di progetti come l'ALPEX (Alpine Ex- periment, 1982) o il più recente MAP (Mesoscale Alpine Project, 1999), hanno mostrato che la teoria di von Hann può spiegarlo meglio della teo- ria termodinamica e che la sua vi- sione è simile a quella attuale. Oggi la spiegazione del föhn da Sud è questa: l'evento è spesso (ma non necessariamente) legato all'avvici- namento di una saccatura, la quale porta con sé un sistema frontale (per l'evoluzione sinottica dettagliata si veda il cap.4.1). Una massa d'aria relativamente fredda e stabile ristagna su entram- bi i lati dell'arco alpino. Da W o SW viene avvettata aria calda che riesce a penetrare soltanto a Nord delle Al- pi, perché la Pianura Padana è chiu- sa su tre lati: dall'Appennino a Sud, dalle Alpi occidentali ad Ovest e da quelle centrali e orientali a Nord. Si genera così un gradiente di pressio- ne tra Nord e Sud delle Alpi che dà inizio al föhn basso. Guardando un profilo verticale di temperatura e di velocità del vento sul versante so- pravvento, si nota una chiara inver- sione al livello di circa 2000 m, che METEOROLOGIA NIMBUS 31-32 24 20. (a destra) Analisi del 17.10.2004, h 00 UTC: le linee (isoipse) indicano l’al- tezza geopo- tenziale riferi- ta alla superfi- cie isobarica di 500 hPa, men- tre le gradazio- ni di colore indicano la temperatura al medesimo livello. Vivace flusso di cor- renti da Ovest interessa l’Ita- lia e le Alpi, favorevole a condizioni di föhn sulle valli alpine occiden- tali. 22 - 23. Il rapido passaggio dalle nubi al sereno è inoltre visibile nelle immagini aeree qui sopra, riprese lungo la rotta Parigi-Milano, all’al- tezza del versante meridionale del Gran Paradiso (f. L. Mercalli). Nell’immagine a sinistra le ultime propaggini del muro del föhn si dissipano sull’alta Valle Orco (TO), mentre la bassa valle (a destra) è già sotto il sole. In quell’occasione il föhn rimase confinato alle valli, senza giun- gere in pianura. In bassa Valle di Susa le raffiche moderate hanno raggiunto i 35 km/h alle ore 17.40 del giorno 17. 21. (qui sopra) L’immagine satellitare nel canale visibile, relativa alle h 10.35 della medesima giornata (satellite NASA-TERRA, sensore MODIS), mostra il netto divario di condizioni meteorologi- che tra i due versanti delle Alpi occidentali: stau, nubi estese e deboli precipitazioni in Savoia e Svizzera, nonchè sulle alte valli alpine italiane (muro del föhn), soleggiato sulla pianura padana.
  • 13. separa lo strato d'aria fredda (bloc- cata) da quello delle correnti calde meridionali (fronte caldo) che, nel versante Nord delle Alpi producono il föhn alto. Sotto questa inversione il vento è quasi assente o (nella Pia- nura Padana) ha una direzione da Est. L'aria del föhn alto scende da ol- tre 2000 m (dipende naturalmente dall'altezza delle creste montuose e dall'eventuale presenza di valichi) nelle valli e si riscalda seguendo l'a- diabatica secca. Le isoentropiche (li- nee di uguale temperatura equiva- lente potenziale) sono quasi orizzon- tali al Sud delle Alpi e scendono sul versante Nord (vedi fig.16). Come già detto da von Hann, per il föhn non devono necessariamente esservi precipitazioni sul versante Sud, ma se ci sono, anche la teoria termodi- namica entra in azione, dando però soltanto un contributo aggiuntivo al riscaldamento. Si veda l'esempio calcolato nel capitolo 2.2, che dimo- stra che l'effetto quantitativo delle precipitazioni non è sufficiente a spiegare la differenza nella tempera- tura potenziale tra i due versanti. Prima dell'inizio del föhn, nelle valli come l'Inntal, dove si trova Inn- sbruck, si trova spesso una massa d'aria fredda al suolo (a causa del raffreddamento notturno si svilup- pano i cosiddetti «laghi» d'aria fred- da), specialmente nei mesi freddi con notti lunghe. Tale massa deve essere spinta via affinché il föhn in- vada tutte le valli. L'aria fredda è so- spinta fuori dalle valli come da un compressore: la forza motrice è una zona di bassa pressione di origine si- nottica nella zona prealpina Nord. Ad Innsbruck questo vento, che pre- lude al föhn, si chiama «vorföhniger West» (=vento da Ovest foriero del föhn). Nella fig. 3 si nota che, prima dell'inizio del föhn, la direzione del vento è di ca. 270 gradi, cioè provie- ne dall'alta valle, da dove l'aria spi- ra oltretutto con una velocità eleva- ta. Un altro processo che tende a dis- solvere l'inversione è dovuto alla di- namica del föhn, che, con la sua energia cinetica e la sua turbolenza, riesce ad entrare nel lago d’aria fred- da e rimescola le due masse d'aria (fig. 25). Al limite tra l'aria del föhn e quella fredda dell'inversione c'è un forte shear del vento (variazione del- la direzione orizzontale del vento con l'altezza) che aiuta l'aria calda a pe- netrare nello strato stabile. Durante il giorno si aggiunge la turbolenza termica dovuta al riscaldamento de- gli strati d'aria prossimi al suolo, per l'intenso riscaldamento della sua superficie dovuto alla radiazione so- lare, e così l'inversione o lo strato stabile sono erosi anche dal basso. Durante la notte il föhn spesso si sol- leva (nel senso che si attenua o si spegne del tutto a bassa quota), per- ché nelle valli si riforma l'inversione a causa del raffreddamento del suo- lo. Riassumendo, una differenza di pressione tra i due versanti è la con- dizione necessaria per l’innesco del föhn. Poiché quando inizia il föhn la temperatura aumenta (eccezioni escluse), si ha anche un calo della pressione (secondo la legge dei gas perfetti). Possiamo quindi dire che il föhn autorinforza la differenza bari- ca tra i due versanti. D'estate il föhn è più raro ma, come detto nel capitolo sulla statistica, può comunque aver luogo. La strati- ficazione dell'atmosfera nelle valli, tuttavia, non è così stabile come nei mesi freddi e la notte non dura così a lungo, per cui le inversioni non si formano con la stessa facilità; in ge- nerale la stabilità degli strati stabili non è così grande. Inoltre durante il giorno la radiazione solare è molto più forte che in inverno e gli strati stabili vengono erosi dal basso an- cora più velocemente. Come scrive- va von Hann, l'aumento della tempe- ratura causato dal föhn è tanto più grande quanto più stabile era l'atmo- sfera nelle zone interessate dal ven- to prima del suo inizio. Per queste ra- gioni d'estate l'aumento della tem- peratura con il föhn può essere mi- nimo. D’estate la cresta principale delle Alpi non costituisce più un mu- ro di divisione delle condizioni del tempo come spesso accade nelle al- tre stagioni. Non è più il föhn «clas- sico», e celle di temporali e rovesci sono semplicemente trasportati da un versante all'altro con un forte vento perpendicolare alla cresta. Questo perché d'estate la troposfera è ben rimescolata fino alle creste o talvolta anche oltre. Guardando la temperatura poten- ziale (fig. 24), si nota che è più bas- sa nelle vallate che si dipartono dal- le incisioni della cresta principale al- pina (passo del Brennero, Passo Re- sia, Timmelsjoch, Col du Grand St. Bernard, Col Ferret, Passo Sempio- ne, Grimselpass, Passo San Gottar- do, Passo San Bernardino…). Ai pas- si situati a quota più bassa c'è un ef- flusso simile alla bora (gap flow) dal serbatoio di aria fredda bloccata sul versante meridionale. Quest'aria, essendo più pesante, scende nella valle e si mescola con l'aria del föhn alto che, con la sua dinamica, pro- voca turbolenze. Così lungo queste valli si nota un gradiente di tempe- ratura superadiabatico. Attraverso i passi ubicati ad una quota superiore a quella dell'inver- sione, l'aria del föhn può scendere da un'altezza inferiore, se paragona- ta a quella che arriva dalla cresta. Inoltre, poiché l'aria sopravvento è stratificata stabilmente, quando raggiunge le valli sottovento ai pas- si alti ha acquisito una temperatura inferiore a quella dell'aria che viene direttamente dalla cresta. Anche in questo caso si hanno tur- bolenze lungo il percorso, che me- scolano aria di quote differenti; così, più ci si allontana dalla cresta verso la bassa valle, più le temperature (anche potenziali) al suolo sono ele- vate. NIMBUS 31-32 METEOROLOGIA 25 Temperatura potenziale massima (°C) 8 Novembre 1982 0 5 10 15 20 25 30 35°C 24. (qui sopra) Distribuzione delle temperature potenzia- li massime misurate l'8/11/1982 al suolo. Con la linea spessa tratteggiata sono indicati i versanti principali delle Alpi e dell'Appennino, con le linee sottili le coste e con le linee punteggiate i fiumi e i laghi. Notate il "ser- batoio" di aria fredda sul versante Sud (Pianura Pada- na). Le temperature più basse in assoluto si misurano in Pianura Padana con valori inferiori a 5°C, in Croazia e nella parte più a Nord del riquadro. In centro troviamo a Nord della cresta principale le zone interessate dal föhn, che hanno tutte temperature (potenziali) superiori a 20°C, e, dove l'aria scende da quote molto alte, anche di oltre 30°C. Dai valichi si ha l'effetto gap flow, qui visto benissimo al Passo Resia e Passo del Brennero (indicati dalle frecce), dove si possono seguire le correnti a parecchia distanza. 25. (sotto a destra) La media Valle di Susa nei pressi di Bor- gone (TO), nel tardo pomerig- gio del 02.06.2004 (f. L. Mercalli). Dall’alta valle si propaga una corrente favonica, mo- derata ma sufficiente a rimuovere lo strato di fo- schia che an- cora ingombra il fondovalle più a Est (a destra nell’im- magine). A monte, verso Susa (a sini- stra nell’im- magine), l’at- mosfera è già tersa. Sovente l’avanzata del föhn lungo le valli e la pia- nura è assai lenta: in que- sto caso, men- tre a Susa il fenomeno era già manifesto intorno alle ore 18, ad Almese - circa 20 km a valle - il vento moderato si è attivato sol- tanto otto ore più tardi. Atmosfera caliginosa e stagnante Borgone, Valle di SusaOvest Est Föhn da Ovest Flusso sinottico in quota
  • 14. Tuttavia, ogni valle ha le sue singo- larità, determinate dalla sua dire- zione ed esposizione (se una valle ha la direzione principale perpendico- lare alla corrente, quindi parallela alla cresta, il föhn sarà raro), dall'al- tezza delle montagne della cresta e dalle incisioni nella stessa. Ed ogni föhn è diverso, in base all'aria che si trovava nelle valli prima del suo ini- zio, alle caratteristiche dell'aria del föhn (stabilità, umidità, …), alla ve- locità della corrente e alla direzione esatta del vento. Il termine di un episodio di föhn da Sud connesso ad un fronte freddo è molto simile al sollevamento nottur- no del föhn, ma molto più spettaco- lare. A causa dell'avvicinamento del- la saccatura con il suo fronte freddo, l'aria fredda, in moto da W ad E, ir- rompe nella pianura a Nord delle Al- pi e man mano tenta di penetrare nelle valli dove ancora spira il föhn. Finchè il föhn ha abbastanza forza può tenere l'aria fredda fuori delle valli, mentre vi sono già precipita- zioni in pianura. Se la battaglia è a favore dell'aria fredda, essa penetra nelle vallate, alza la pressione e pla- ca definitivamente il föhn, non più sostenuto dal gradiente barico. Al- l'arrivo dell'aria fredda, anche la cor- rente da Sud in quota s'indebolisce, a causa del passaggio dell'asse della saccatura, e ruota poi a NW. Il termine del föhn non accompa- gnato da un fronte freddo è assai me- no spettacolare. L'episodio finisce quando la corrente in quota che so- stiene il föhn si indebolisce o ruota verso una direzione non favorevole. 3. Fenomeni connessi al föhn 3.1. Onde di gravità Se aria stabile intercetta perpendi- colarmente una catena montuosa, si possono generare onde di gravità, dovute all'interazione della forza di gravità con le diverse densità degli strati d'aria troposferici. Se queste onde si generano sopra le montagne sono chiamate mountain waves, se invece si generano sul versante sot- tovento si dicono lee waves. Tutte queste onde sono spesso indicate anche come onde orografiche. Furo- no scoperte negli Anni 1930 del se- colo scorso nel Riesengebirge in Ger- mania (oggi monti Karkonosze, al confine fra Polonia e Repubblica Ce- ca) da un pilota di aliante. Le mountain waves tendono a pro- pagarsi verticalmente e si possono trovare non solo a bassa quota subi- to sopra le montagne, ma persino fi- no in stratosfera. Invece le lee waves (con una lunghezza d'onda di 15÷20 km) sono spesso intrappolate da correnti orizzontali in quota. La forma dell'onda (intrappolata o propagantesi verticalmente) dipen- de dalla stabilità e dalla variazione nella velocità dell'aria. In generale si può dire che, più è grande la monta- gna, maggiore sarà l'ampiezza (ver- ticale) dell'onda di gravità. L'am- piezza (che è pari alla metà dell'al- tezza dell’onda) diminuisce allonta- nandosi dalla montagna. La lun- ghezza d'onda aumenta con il rinfor- zo della velocità o con la diminuzio- ne della stabilità. Ci sono casi in cui, con particolari condizioni orografiche e una certa stabilità, la corrente si trasforma in hydraulic flow (corrente idraulica). In queste condizioni la corrente si comporta come l'acqua di un fiume che, scorrendo contro uno sbarra- mento, lo supera e cade aumentan- do la velocità. Se la velocità supera un certo limite (numero di Froude = 1) si forma un salto idraulico, pro- ducendo una forte turbolenza con oscillazioni attorno al livello di equi- librio, un po’ come avviene alla base di una cascata. 3.2. Föhn e fisiologia umana Da molte generazioni gli abitanti di alcune regioni montuose ritengono che il föhn abbia un influsso sul- l'uomo. La prima considerazione scientifica di questo problema è sta- ta fatta già nel 1819 in Svizzera (KUHN, 1989). METEOROLOGIA NIMBUS 31-32 26 27. Schema delle caratteristiche dell'atmosfera sul versante sottovento, con le onde orografiche che si sviluppano per l'impatto della corrente con la montagna (spiegazioni nel testo). «I venti di ponente e i libecci, chiamati nelle al- te Alpi col nome tecnico Fôn, sono sempre burrascosi, e suscitano spesso terribili bufe- re, le quali sradicano le più annose piante, tra- scinano enormi rocce ed ammassi di neve, e rovesciano tutto ciò che incontrano. Questi medesimi venti producono riscaldamento, lassezza, od altri disgustosi effetti sul corpo umano, ma rendono l'aria molto più purgata e salubre». L. DE BARTOLOMEIS, Notizie topografiche e sta- tistiche sugli stati Sardi, 1840-47, v. I, pag. 262. t v TROPOPAUSA QUOTA(m) S T R AT O S TA B I L E 7500 4500 1500 -30 -20 -10 0 10 t (°C) 40 60 80 100 v (kt) C I R R I N U B I L E N T I C O L A R I C U M U L I R O T O R I M U R O D E L F O E H N altezza ampiezza lunghezza d'onda 26. Muro del föhn all’orizzonte e cumuli rotori visti dal Rif. Salvin (Val Grande di Lanzo, Alpi Graie torinesi) verso Sud-Ovest (cresta di frontiera con la Francia) il 03.01.1999 (f. D. Cat Berro). Flusso occidentale di aria mite oceanica in quota, dopo le nevicate di Capodanno.
  • 15. Scientificamente si può dire che le onde di gravità causano oscillazioni di pressione al suolo dell'ampiezza di pochi decimi di hPa. Queste oscil- lazioni hanno una frequenza da 4 a 20 minuti e, secondo alcuni medici, sono la causa per l'apparizione di certi disagi nelle persone quali il mal di testa… Ma niente di tutto ciò è sta- to scientificamente provato. Si può anche dire che, siccome il föhn proviene da altitudini superio- ri ai 2000 m, apporta aria che ha una composizione diversa da quella preesistente. L'aria diventa più pu- lita e limpida, il che è sicuramente un vantaggio, soprattutto d'inverno, dopo settimane di tempo anticiclo- nico che favorisce la formazione di laghi d'aria fredda e di nebbia fitta al fondo delle valli e in pianura, senza ricambio dell'aria. In questo strato si concentrano anche gas di scarico e polveri prodotti dall'industria, dal traffico, dal combustibile per uso do- mestico; sostanze sicuramente no- cive. Perciò il föhn, spazzando via questo strato inquinato e le nebbie fitte, apporta un beneficio all'uomo e all’ambiente, almeno fino a quan- do dura e nelle zone direttamente in- vestite. Una caratteristica sfavorevole del föhn è invece l'aumento della con- centrazione di ozono al suolo, prove- niente dalla media troposfera (è no- to che l'ozono troposferico è danno- so per la salute dell'uomo). Da non sottovalutare infine l’incremento del rischio di incendi boschivi, studiato in particolare in Valle d’Aosta da CE- STI (1996). 3.3. Le nubi lenticolari Le nubi lenticolari hanno la forma di una lente orientata orizzontalmen- te. Per la loro forma vengono anche chiamate «pesci del föhn» (Föhnfi- NIMBUS 31-32 METEOROLOGIA 27 28 - 29 (in alto) Formazioni di nubi lenticolari sui cieli della bassa Valle di Susa (f. L. Mercalli) e del ghiacciaio del Belvedere (Monte Rosa, f. D. Cat Berro), il 26.08.2004. Come mostra la carta di analisi (30, qui sopra a destra) alla superficie isobarica di 500 hPa, h 00 del 27.08.2004, le Alpi sono investite da un flusso di correnti nord-occidentali. Le nubi lenticolari, valido indizio di forti venti in altitudine, si formano in corrispondenza della «cresta» dell’onda generatasi per la deformazione del flusso aereo al di sopra delle montagne. Poichè la posizione dell’onda che le genera è stazionaria, capita spesso di vedere queste nubi ferme nel cielo, sebbene in continua evoluzione, nono- stante i forti venti in quota. 31. (qui sopra a sinistra) Immagine satellitare nel canale visibile del 26.08.2004, h 12.45 UTC (satellite NASA- AQUA, sensore MODIS): con la rotazione delle correnti in quota da Nord-Ovest la nuvolosità da stau si addensa sul versante nord-alpino, in Savoia e Svizzera, arrestandosi fedelmente in corrispondenza della della cresta principale delle Alpi.
  • 16. sche) dalle popolazioni di lingua te- desca. Il bordo verticale delle nuvo- le è molto netto e la loro superficie sembra molto liscia. Esse si svilup- pano nelle creste delle onde atmo- sferiche, se l'aria sale abbastanza da arrivare al punto di condensazione prima della cresta dell'onda. Sem- brano stazionarie come il muro del föhn, ma in realtà l'aria passa conti- nuamente nell'onda e riforma la nu- be in ogni momento nello stesso punto. In base alla quota di forma- zione, si distinguono in cirrocumulo lenticolare, altocumulo lenticolare o stratocumulo lenticolare. A quote più basse, dove si ha una forte tur- bolenza, possono formarsi dei roto- ri, cioè cumuli in seno alle creste d'onda (vedi figura 27). 3.4. Lo stau La parola tedesca stau viene usata per descrivere il fenomeno di «sbar- ramento» sul versante sopravvento. L'avvezione di masse d'aria umida (sia quella sul versante Nord che spesso ha origine nel Mare del Nord, che quella sul versante Sud, che proviene dal Mar Mediterraneo) av- viene con correnti perpendicolari al- la catena montuosa, che vengono bloccate dalla montagna e sono co- strette a salire. Quando l'aria sale al livello di condensazione, si formano le nubi, dalle quali sono possibili precipitazioni anche senza la pre- senza di un fronte. Nel versante sot- tovento lo stau è visibile come «mu- ro del föhn». Tuttavia lo stau, come detto in precedenza, non è una con- dizione necessaria per l’instaurarsi del föhn e la sua presenza dipende solo dall'umidità della massa d'aria e dal fatto che le condizioni meteo- rologiche siano favorevoli ad una ri- salita nel versante sopravvento del- la massa d’aria dalla pianura. Una ricerca di FLIRI (1979) ha mostrato che, nei casi di forte föhn a Inn- sbruck, la presenza di precipitazio- ne è soltanto del 50% circa nel Sud- tirolo (Alto Adige) e Est Tirolo, del 70% nel Milanese e dell' 80% nel To- rinese. La presenza più frequente di precipitazioni nelle Alpi occidentali METEOROLOGIA NIMBUS 31-32 28 32. (qui sopra) In questa im- magine, ripre- sa il 26.08.2004 dal ghiacciaio del Belvedere (Macugnaga) verso la cresta sommitale del Monte Rosa, la nuvolosità da stau orografico si riversa dal versante so- pravento (Sviz- zera) verso quello sotto- vento (Italia), dissipandosi poche centi- naia di metri al di sotto della cresta (f. D. Cat Berro). Sul ghiacciaio giungono, trasportate dal vento, alcune folate di nevi- schio. 33. (in alto) Muro del föhn e spruzzata di neve fresca fino a 2500 m circa sui monti del Vallone di Rochemolles (Bardonecchia, Valle di Susa), a seguito del transito di un fronte freddo il 02.07.2004 (f. A. Ceresa). L’alta Valle di Susa, geograficamente incuneata verso le Alpi francesi, è molto esposta ai flussi occidentali. Talora si possono generare micro-episodi di föhn che interessano soltanto la conca di Bardonecchia, e si estinguono subito a valle. In questo caso, le raffiche moderate si spinsero fin verso lo sbocco in pianura (34 km/h ad Almese). 34 (qui sopra) L’analisi BOLAM alla superficie isobarica di 500 hPa, riferita alle h 00 UTC del 02.07.2004, mostra le Alpi al margine del viva- ce flusso occidentale in altitudine. 35. (a sinistra) Immagine NOAA-AQUA, sensore MODIS, h 12.43 UTC del 02.07.2004: ultimi strascichi nuvolosi sulle Alpi, mentre il corpo nuvoloso legato al fronte si allontana verso levante.
  • 17. è dovuta all'orografia della catena Alpina, per cui con un vento da S, la corrente si biforca (diverge) nella zo- na di Verona (dove la catena forma un rigonfiamento proteso verso la pianura) in due flussi, uno diretto verso W, l'altro verso E. Così trovia- mo una zona di convergenza delle correnti, ulteriormente rinforzata dalla forma delle Alpi occidentali, nel Ticino e nei dintorni del Lago Maggiore. L'altra zona di convergen- za si trova nel Friuli. 3.5. Il muro e la finestra del föhn Il muro del föhn è il bordo di una nu- be estesa sul versante sottovento, le- gata ad una situazione di stau e for- matasi, quindi, sul versante soprav- vento, dove sale l'aria umida. Anche se il muro può apparire stazionario, l'aria in realtà vi scorre attraverso continuamente e, scendendo, lo dis- solve per evaporazione producendo la cosiddetta «finestra del föhn», un'ampia zona con cielo limpido e NIMBUS 31-32 METEOROLOGIA 29 36a. (in alto) Quando un fronte caldo trasportato da un veloce flusso umido occidentale in quota interessa le Alpi, può accadere che il muro del föhn non rimanga confinato ai crinali più elevati, ma si spinga fino a por- tare piovaschi o nevischio fin sulle zone prealpine o addirittura pedemontane del Piemonte. Tale fenomeno, che potremmo definire «föhn scuro», è favorito se al suo- lo una depressione si isola sul Golfo di Genova. E’ quanto accaduto, ad esempio, il 13.01.2004: nell’imma- gine ripresa da Almese (bassa Val di Susa), si nota la cortina di nubi del «muro» illuminata dal sole nascente, estesa fino al fondovalle e alla pianura. 36b. (qui sopra) Con i piovaschi trascinati fino a bassa quota è pure apparso un bell’arcobaleno doppio intorno alle h 08.30 (f. L. Mercalli). Sono situazioni favorevoli ad abbondanti nevicate sulle alte valli alpine torinesi e in Valle d’Aosta. In quella situazione si misurarono 64 mm in 24 ore a Rhêmes-Notre-Dame (AO), con limite pioggia- neve in innalzamento fino a ben 2200 m per l’afflusso mite oceanico. 37. (qui sopra) Carta di analisi riferita al 13.01.2004, h 00 UTC (reanalisi NCEP, www.wetterzentrale.de): in colore è rappresentato il campo del geopo- tenziale alla superficie isobarica di 500 hPa (verde-blu-viola = basso geopo- tenziale; giallo-arancio-elevato geopotenziale), mentre le linee bianche rappre- sentano le isobare al suolo. E’ evidente il forte gradiente barico sull’Europa centrale, con intenso flusso intorno Ovest sulle Alpi. 38. (qui sotto) Immagine NOAA - canale visibile del 13.01.2004, h 10.19 UTC: una spessa coltre di nubi da stau copre non solo le zone alpine interne, ma giunge fin sulle Prealpi. La Valle d’Aosta è interamente coperta e sotto precipi- tazioni, decrescenti dalla zona del Monte Bianco verso Est; stessa situazione in Valle di Susa, cui si riferiscono le foto 36a, b.
  • 18. privo di nubi (tranne quelle causate delle onde orografiche). E’ un aspet- to che rende il föhn gradito alla gen- te che ha la garanzia quasi certa di tempo soleggiato e temperature miti nelle vallate, e che compensa il fa- stidio per sollevamento di polvere ed eccessiva secchezza dell’aria. In relazione alla forza della corrente e alla configurazione sinottica, il muro si può formare più o meno in prossimità della cresta principale, portando precipitazioni anche nelle vallate del versante sottovento. In alcuni casi, con una corrente da W sulla Valle d'Aosta, si sono regi- strate forti nevicate e addirittura de- boli precipitazioni sono cadute an- che a Torino, trasportate a valle pro- prio dalla corrente uscente dal mu- ro del föhn: è accaduto, ad esempio, l’11 febbraio 1990 (SMS, 2003). Allo stesso modo nel Sudtirolo (Alto Adige) si conoscono diversi casi in cui il muro del föhn non si è esteso solo fino alla cresta principale ma anche al versante sottovento, dove sono state misurate precipitazioni abbondanti. 4. Il föhn da Sud 4.1. L'evoluzione sinottica La tipica evoluzione sinottica di un evento di föhn da Sud (SEIBERT, 1990) può essere descritta come se- gue. 1a fase: aria fredda e stabile prove- niente da un anticiclone precedente si trova sia a Sud che a Nord delle Al- pi; 2a fase: le Alpi entrano nella zona d'influenza della parte anteriore di una bassa pressione posizionata sull'Atlantico. L'avvezione di aria calda, con correnti da W o SW, sta penetrando solo nelle pianure a Nord delle Alpi. La Pianura Padana, essendo chiusa su tre lati, rimane invece nell'aria fredda e stabile. A questo punto il gradiente termico che si è sviluppato fra i versanti Nord e Sud delle Alpi genera una differen- za di pressione fra i due versanti stessi. La pressione cala a Nord del- le Alpi, dove si trova l’aria più calda e leggera, e rimane per lo più stabile a Sud delle Alpi, dove c’è l’aria rela- tivamente fredda e perciò più pe- sante. Si sviluppa il cosiddetto «na- so del föhn» sulla carta delle isoba- re: un cuneo di alta pressione a Sud delle Alpi e una zona di bassa pres- sione a Nord delle Alpi. Proprio que- sta differenza barica è la causa del föhn, che cerca di compensare lo squilibrio. Il föhn soffia inizialmente solo sui versanti sottovento dei vali- chi più bassi, mentre ad alta quota (strati superiori) possono esservi an- cora correnti da W. In questo caso è chiamato föhn basso. In molti casi al Sud delle Alpi si hanno ancora con- dizioni di tempo soleggiato. 3a fase: la saccatura con il sistema METEOROLOGIA NIMBUS 31-32 30 Le carte utilizzate in questo articolo per descrivere la situazione in quota non rappresentano l'andamento della pres- sione ad un determinato livello altimetrico, ma l'andamento dell'altezza di geopotenziale su una superficie isobarica (generalmente 500 hPa). Una superficie isobarica è la superficie che riunisce tutti i punti in cui la pressione atmosfe- rica assume un determinato valore. Consideriamo come esempio proprio la superficie isobarica a 500 hPa. Siccome la pressione diminuisce con la quota, i punti di questa superficie si trovano ad una certa distanza dal suolo. Questa quota non è costante, ma varia in funzione di temperatura e pressione; in pratica la superficie isobarica si avvicina al suolo nelle zone di bassa pressione, mentre si allontana dal suolo nelle zone di alta pressione. Sulle carte isobariche viene quindi riportata l'altezza di geopotenziale a cui si trovano i punti della superficie in esame: sulle carte a 500 hPa che trovate in questo articolo, viene indicata l'altezza, in decametri di geopotenziale, a cui la pressione atmosferica as- sume il valore di 500 hPa. Nelle zone di alta pressione questo valore viene raggiunto ad una quota superiore rispetto alle zone di bassa pressione; per questo motivo le zone di massimo di altezza di geopotenziale corrispondono agli an- ticicloni, mentre i minimi di altezza di geopotenziale corrispondono alle depressioni. Le linee di uguale altezza di geo- potenziale si chiamano isoipse e il loro andamento corrisponde a quello delle isobare. Ma perché viene utilizzata l'al- tezza di geopotenziale e non l'apparentemente più semplice altezza geometrica? Il geopotenziale ad una determinata quota z,F(z), è il lavoro che è necessario compiere contro la forza di gravità per sollevare una massa unitaria di atmosfera dal suolo fino al livello z. Utilizziamo, per semplicità, la definizione elementare di lavoro, cioè lavoro= forza * spostamento. In questo caso la for- za (per unità di massa) è l'accelerazione di gravità g, lo spostamento è la variazione di quota z-z0, quindi il geopoten- ziale F (si legge «fi») alla quota z sarà: F(z)=g*(z-z0). Siccome z0 è al suolo (z0=0), otteniamo F(z)=g*z. Riscrivendo questa equazione notiamo che la quota z, cioè l'altezza geometrica sul suolo, è data dal rapporto tra F(z) e g: z= F(z)/g. L'accelerazione di gravità g non è però costante, ma varia in funzione di latitudine e quota (in particolare g diminui- sce leggermente all'aumentare della quota); il suo valore medio al livello del mare è g0=9.80665 m/s2. I meteorologi definiscono altezza di geopotenziale H, il rapporto tra F(z) e g0. H= F(z)/g0. Siccome g è minore di g0, l'altezza di geopotenziale H è minore dell'altezza geometrica z. Perché è importante l'altezza di geopotenziale? Perché una particella sollevata fino alla quota z ha la stessa energia potenziale di una particella sollevata fino alla quota H in un campo di gravità costante; utilizzando l'altezza di geopo- tenziale al posto dell'altezza geometrica, i meteorologi possono quindi considerare l'accelerazione di gravità costante (uguale a g0) e in questo modo semplificano i loro calcoli. Va però detto che nella troposfera l'accelerazione di gravità g è molto simile al valore di g0, per cui altezza geometrica z e altezza di geopotenziale H praticamente coincidono (ad una quota di 10 km la differenza tra z e H è circa di 16 metri). Corrente a getto: L'aria al suolo è più calda in prossimità dell'equatore e più fredda ai due poli. La variazione di temperatura non avviene però in maniera gra- duale lungo tutto l'emisfero: alle latitudini medie troviamo una zona frontale do- ve la temperatura diminuisce velocemente verso Nord. Questo forte gradiente termico orizzontale (massimo sulla tropopausa, che a sua volta è più alta sull’Equatore che non sui poli), provoca anche un forte gradien- te barico in quota tra poli ed Equatore e spinge verso la tropopausa delle latitu- dini medie, per effetto della forza di Coriolis, i cosiddetti venti geostrofici da W verso E (nell'emisfero Nord). Questo «nastro» di venti fortissimi (oltre i 50 nodi) viene chiamato corrente a getto. Vorticità: La vorticità relativa è una misura della velocità di rotazione dei fluidi relativamente alla superficie terrestre intorno a un asse verticale. E' definita po- sitiva se la corrente gira in senso antiorario (come accade ai cicloni nell'emisfe- ro Nord); l'unità di misura della vorticità è s-1 . Vorticità relativa positiva deno- ta un movimento ascendente dell'aria e quindi tempo perturbato, vorticità rela- tiva negativa un movimento discendente che porta al dissolvimento delle nubi e a tempo soleggiato. Wind chill: è la temperatura ipotetica di un'aria senza vento, in grado di aspor- tare lo stesso flusso di calore dalla pelle (e quindi dare la stessa sensazione di freddo) dell'aria a temperatura e vento reali. Più forte è il vento e più bassa è la temperatura, più bassa ancora diviene la tem- peratura wind chill (temperatura percepita, o fattore di raffreddamento da ven- to). Per esempio a 0°C e con 10 km/h di vento si percepisce una temperatura di -7°C, con -10°C e 20 km/h la temperatura wind chill è di -24°C.
  • 19. frontale ad essa connesso si avvici- na all'arco alpino. Le correnti in quo- ta ruotano da WSW a direzioni più meridiane, si rinforzano e portano sempre più aria umida di origine subtropicale verso le Alpi. La diffe- renza barica tra i versanti delle Alpi raggiunge il suo massimo (che in al- cuni casi può arrivare fino a 18 hPa su una distanza orizzontale di 50 km) e inizia a soffiare il föhn alto sul versante Nord alpino. Spesso il föhn non riesce subito a penetrare in tut- te le vallate e nella pianura del ver- sante Nord, perché qui si trovano ancora masse d'aria fredde e pesan- ti formatesi di notte (inversione) che devono essere ancora sgomberate (vedi cap. 2.3). Nella Pianura Pada- na, al contrario, l'aria rimane bloc- cata e, con l'avvicinamento del si- stema frontale e della saccatura, le precipitazioni si muovono da W ver- so E. Spesso (ma non sempre) si tro- va una situazione di sbarramento (stau), con precipitazioni intense a Sud delle Alpi. 4a fase: con il transito del fronte freddo, la pressione comincia a sali- re a Nord delle Alpi provocando in breve tempo il collasso del föhn che non è più sostenuto della differenza barica fra i due versanti. In questa fase l'asse della corrente a getto si trova direttamente sopra le Alpi e il vento a 500 hPa raggiunge la sua massima componente meridiana. Si hanno precipitazioni sia a Nord che a Sud delle Alpi, che cessano sol- tanto dopo il passaggio della sacca- tura. Se la massa d'aria fredda è piuttosto alta, riesce a superare la cresta delle Alpi e «cade» in molti ca- si come föhn da Nord nella Pianura Padana, soprattutto nel settore oc- cidentale. 5. Analisi di un forte evento di föhn nelle Alpi centrali e orienta- li: 13-17 novembre 2002 5.1. L'evoluzione sinottica 13.11.2002, h. 12 UTC Analisi della situazione a 500 hPa (fig. 39) Tra una grande goccia fredda sulla Russia settentrionale e un'altra bas- sa pressione situata davanti alla co- sta occidentale dell'Irlanda, l'Euro- pa centrale si trova sotto l’effetto di una corrente da W relativamente forte, nella quale sono inclusi più massimi di vorticità. Le Alpi vengo- no appena attraversate da un mas- simo di vorticità e si trovano ancora sotto l’azione di una massa d'aria fredda. 14.11.2002, h. 00 UTC Analisi della situazione a 500 hPa (fig. 40) Dopo il passaggio del massimo di vorticità, un debole cuneo di alta pressione occupa i versanti alpini. La sua influenza è però debole. In se- guito le Alpi sono raggiunte dalla zo- na d'influenza della vasta bassa pressione con il centro ora situato a W della costa irlandese, che costrin- ge il getto a circondarla ed a rag- giungere il punto più meridionale della Spagna. La saccatura si rinfor- za e si estende in senso meridiano e sulla sua parte posteriore aria fred- da di origine polare raggiunge la pe- nisola Iberica e la Francia occiden- tale. In questo modo la corrente sulle Al- pi orientali ruota a WSW, al momen- to ancora con debole intensità (le isoipse sono abbastanza distanzia- te) convogliando masse d'aria dal Mar Mediterraneo, che fanno au- mentare la temperatura sulle Alpi (il colore giallo sostituisce quello ver- de-blu dell'immagine precedente). Scorrendo sul Mediterraneo l'aria raccoglie umidità dal mare, e sul ver- sante Sud delle Alpi orientali si no- tano i primi effetti stau con l'inizio di deboli precipitazioni. Sulle Alpi occi- dentali, dove lo stau è inziato fin dal giorno 13, le precipitazioni sono già di forte intensità (Locarno ha regi- strato 150 mm in questo giorno). Nelle Alpi orientali il gradiente bari- co tra Bolzano e Innsbruck è di 6 hPa (vedi la fig. 48 in questo capitolo per seguire lo sviluppo della differenza barica): sul versante Nord alpino da questo momento si ha già il föhn. 15.11.2002, h. 00 UTC Analisi della situazione a 500 hPa (fig. 41) Il centro della depressione si è tra- sferito verso SE e la vasta saccatu- ra, ora estesa dal Sud della Scandi- navia fino al Sahara rinforza la cor- rente ruotandola verso una direzio- ne di provenienza sempre più meri- dionale sulle Alpi. Il jetstreak (zona di massima velocità del getto) rag- giunge le Alpi, come dimostrano le isoipse ravvicinate. Masse d'aria fredda sono trasportate dalla Groen- NIMBUS 31-32 METEOROLOGIA 31 39, 40, 41, 42. Carte del geo- potenziale [10 m] e della tem- peratura [°C] al livello di 500 hPa (fon- te: ECMWF), riferite alle h 00 UTC dei giorni dal 13 al 16.11.2002.