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Il parco giochi nella città felice!
C’era una volta, molto tempo fa, una città lontana abitata da tante famiglie felici.
Le famiglie abitavano in tante casette colorate con graziosi giardini, orti ricchi di
verdure, fiori alle finestre e vialetti sempre puliti e ordinati.
I bambini che abitavano in quella città tranquilla tranquilla, tutti i pomeriggi,
liberi dagli impegni domestici, si davano appuntamento nel grande parco
cittadino dove giocavano a palla bollata, lupo mangiafrutta, dama gigante e si
divertivano ad andare su e giù da scivoli e altalene.
Il parco era il fiore all’occhiello della città e piaceva tanto anche ai grandi, che ci
portavano a passeggio i cani e i gatti. Molti bambini erano accompagnati anche
dai nonni, che ogni tanto raccontavano fiabe e storie sui tempi andati e tutti si
divertivano molto.
Un triste giorno, arrivò sulla città un potentissimo uragano che portò tanta
acqua e tanto vento. Il vento che fischiava distrusse tutti i giochi, abbatté gli
alberi, fece volare distante le altalene e tutte le pedine della dama gigante.
Siccome il parco si trovava in un avvallamento, l’acqua lo riempì e in breve
tempo lo trasformò in un acquitrino puzzolente.
Non potendolo più utilizzare, gli abitanti di quella città smisero di ritrovarsi a
giocare insieme e ciascuna famiglia cominciò a starsene a casa propria.
All’inizio sembrava che le cose andassero bene; in fondo, starsene sempre a casa
significava risparmiare energia, sporcare meno vestiti, sudare di meno e
stancarsi poco.
Per occupare il tempo, non trovarono di meglio da fare che stare incollati alla
televisione tutto il giorno, tanto che anche un palo della luce si sarebbe annoiato.
Alcune famiglie comprarono il computer e i giochi elettronici e i telefonini e tutti
si misero a giocare da soli, a parlare tra sé e sé, chiusi nelle proprie stanze,
ritrovandosi insieme solo a pranzo o a cena, ma sempre per pasti molto veloci e

1
preparati male e in fretta, perché anche le mamme erano contagiate da quella
che, ormai, era diventata una vera e propria malattia.
Anche i vialetti e gli orti e i fiori alle finestre cominciavano a dare preoccupanti
segni di incuria.
Pian piano tutti gli abitanti di quella città smisero di incontrarsi e la città
divenne brutta, deserta, senza musica. Incontrandosi meno, finirono col
dimenticare i nomi dei vicini e dei parenti. Smisero di salutarsi, di porgersi i
complimenti, di interessarsi alla salute altrui. Smisero di chiedere: “Come va,
signor Rossi?” e di rispondere: “tutto bene, signor Bianchi. E Lei? E la sua
Signora?”.
Col passare dei mesi gli abitanti di quella città, oltre a diventare sempre più
pallidi perché non prendevano il sole, divennero tutti muti e faticavano ad
esprimersi se non congesti poco convenzionali, o con versi senza senso, suoni
gutturali, rumori incomprensibili. Quei pochi che riuscivano ad incontrarsi si
ringhiavano contro l’un con l’altro. Alcuni volonterosi provavano a fermarsi e a
cercare di formulare alcune frasi, ma la fretta e la difficoltà finivano con lo
scoraggiare anche loro. Si era diffusa una vera e propria epidemia.
La maestra dei sogni, un signora anziana e ben vista da tutti, che fino a quel
momento aveva deciso di starsene in disparte e di non commentare, si fece
ricevere dal sindaco: “io un rimedio sicuro ce l’avrei”- disse - primo: bisogna
drenare il parco e ricostruire i giochi distrutti dal vento, perché messo così il
parco serve solo alle rane.
Secondo: bisogna staccare la corrente per qualche ora al giorno, così che le
macchine elettroniche si mettano a dormire e finalmente possano riposare.
Terzo, bisogna organizzare una bella festa per inaugurare il parco ricostruito e
vedrete che durante le quadriglie gli abitanti ricominceranno a parlare tra loro”.
Il sindaco cominciò a grugnire e fece orecchie da mercante perché anche lui era
seriamente ammalato, ma la maestra dei sogni non si perse d’animo. Insistette

2
con calma e pazienza, provò a spiegarsi coi gesti e smorfie fino a quando si fece
capire.
Il sindaco mise in atto quello che aveva consigliato la maestra dei sogni e,
seppure a fatica, gli abitanti della città smisero di guardare tutto il giorno la tv e
di giocare ai giochi elettronici. Ricominciarono a curare l’orto e le casette, ad
incontrasi, a parlarsi e a salutarsi.
Le strade si rianimarono, il pallore sparì dai loro visi e il parco tornò ad essere il
cuore di una città felice.
Anche gli abitanti tornarono ad essere felici.

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Il parco giochi nella città felice!

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  • 2. preparati male e in fretta, perché anche le mamme erano contagiate da quella che, ormai, era diventata una vera e propria malattia. Anche i vialetti e gli orti e i fiori alle finestre cominciavano a dare preoccupanti segni di incuria. Pian piano tutti gli abitanti di quella città smisero di incontrarsi e la città divenne brutta, deserta, senza musica. Incontrandosi meno, finirono col dimenticare i nomi dei vicini e dei parenti. Smisero di salutarsi, di porgersi i complimenti, di interessarsi alla salute altrui. Smisero di chiedere: “Come va, signor Rossi?” e di rispondere: “tutto bene, signor Bianchi. E Lei? E la sua Signora?”. Col passare dei mesi gli abitanti di quella città, oltre a diventare sempre più pallidi perché non prendevano il sole, divennero tutti muti e faticavano ad esprimersi se non congesti poco convenzionali, o con versi senza senso, suoni gutturali, rumori incomprensibili. Quei pochi che riuscivano ad incontrarsi si ringhiavano contro l’un con l’altro. Alcuni volonterosi provavano a fermarsi e a cercare di formulare alcune frasi, ma la fretta e la difficoltà finivano con lo scoraggiare anche loro. Si era diffusa una vera e propria epidemia. La maestra dei sogni, un signora anziana e ben vista da tutti, che fino a quel momento aveva deciso di starsene in disparte e di non commentare, si fece ricevere dal sindaco: “io un rimedio sicuro ce l’avrei”- disse - primo: bisogna drenare il parco e ricostruire i giochi distrutti dal vento, perché messo così il parco serve solo alle rane. Secondo: bisogna staccare la corrente per qualche ora al giorno, così che le macchine elettroniche si mettano a dormire e finalmente possano riposare. Terzo, bisogna organizzare una bella festa per inaugurare il parco ricostruito e vedrete che durante le quadriglie gli abitanti ricominceranno a parlare tra loro”. Il sindaco cominciò a grugnire e fece orecchie da mercante perché anche lui era seriamente ammalato, ma la maestra dei sogni non si perse d’animo. Insistette 2
  • 3. con calma e pazienza, provò a spiegarsi coi gesti e smorfie fino a quando si fece capire. Il sindaco mise in atto quello che aveva consigliato la maestra dei sogni e, seppure a fatica, gli abitanti della città smisero di guardare tutto il giorno la tv e di giocare ai giochi elettronici. Ricominciarono a curare l’orto e le casette, ad incontrasi, a parlarsi e a salutarsi. Le strade si rianimarono, il pallore sparì dai loro visi e il parco tornò ad essere il cuore di una città felice. Anche gli abitanti tornarono ad essere felici. 3