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VQ NUMERO QUATTRO - LUGLIO DUEMILA12
IL VINO BUONO
STA…
NELLA
BOTTE PULITA!
INCANTINA
■ RAFFAELE GUZZON*,
TIZIANA NARDIN*,
MARIO MALACARNE*,
ROBERTO LARCHER*
Il vino può essere soggetto a
gravi alterazioni dovute a lieviti
contaminanti capaci di modificarne
le proprietà organolettiche e di produrre sostanze
potenzialmente tossiche. La consapevolezza circa
questo rischio è ormai radicata nei tecnici e nei
ricercatori che si occupano di enologia, tanto che
numerosi lavori scientifici hanno indagato la biologia
di questi lieviti, chiarendone l’origine, i meccanismi
d’azione e le pratiche enologiche ritenute utili per
contrastarne l’evoluzione. Tuttavia il problema
delle contaminazioni microbiche rimane presente
nell’industria enologica a causa delle peculiari
caratteristiche del vino, che rendono spesso
inapplicabili trattamenti di stabilizzazione ormai
largamente diffusi nell’industria agroalimentare.
Inoltre, alcune delle tecnologie adottate durante la
vinificazione favoriscono lo sviluppo di microrganismi
indesiderati, come la vinificazione o l’affinamento
del vino in botti o barrique. È, infatti, noto che i
vasi vinari in legno conferiscono al vino peculiari
caratteristiche sensoriali e contribuiscono alla
stabilizzazione delle componenti polifeniche, ma lo
LEGNI SANITIZZATI
IN MODO
EFFICACE PER VINI
AL RIPARO
DA CONTAMINAZIONI
MICROBICHE
INDESIDERATE. COME?
44
VQ NUMERO QUATTRO - LUGLIO DUEMILA12
INCANTINA
stesso legno di cui questi contenitori sono
fatti protegge i microrganismi dai trattamenti
di sanificazione, favorendone la proliferazione
a discapito della qualità del vino e rendendo
possibili contaminazioni incrociate tra vini di
diverse annate.
NEL CONCRETO
Nel triennio 2009 - 2012 i tecnologi del
Centro di Trasferimento Tecnologico
della Fondazione Edmund Mach (San
Michele all’Adige, TN) hanno svolto diversi
monitoraggi microbiologici in aziende viti-
enologiche italiane, per meglio comprendere
i meccanismi legasti alla proliferazione
microbica all’interno dei vasi vinari e
per individuare le strategie più utili, per
un efficace contrasto. Particolarmente
rappresentativo è il piano campionario
eseguito presso un importante cantina
toscana durante l’annata 2010 i cui
risultati, ormai completamente elaborati,
possono fornire una chiave di lettura utile
a comprendere l’evoluzione della flora
contaminate e le strategie utili per il suo
contenimento.
Le conte microbiche
Come prima cosa si è valutato il grado di
contaminazione delle botti presenti presso
l’azienda, dedita alla produzione di vini rossi
che tradizionalmente maturano in barrique.
I risultati dei campionamenti (grafico 1) hanno
dimostrato come la contaminazione delle
botti aumenti proporzionalmente all’età dei
I CASI AUMENTANO DI NUMERO
Se le problematiche di sanitizzazione dei vasi
vinari in legno sono note ormai da diversi anni,
si assiste oggi a un aumento degli episodi
di gravi alterazioni microbiologiche dei vini,
anche in aziende che adottano le corrette
pratiche per la pulizia delle attrezzature di
cantina. Le cause della recrudescenza delle
alterazioni microbiche sono molteplici, e
solo in parte dovute a errate scelte tecniche.
Le variazioni climatiche riscontrate negli
ultimi anni stanno portando a un’evoluzione
delle caratteristiche dei vini, in particolare
riducendone l’acidità, che li rende più ospitali
per numerose specie microbiche spesso
indesiderate. Inoltre, a causa della maggiore
sensibilità dei consumatori, l’uso di antisettici
tradizionalmente impiegati in enologia, come
l’anidride solforosa, si è sensibilmente ridotto
fino a valori spesso privi di una reale azione
antisettica.
Fig. 1 - Piano sperimentale dei test volti a confrontare diversi
trattamenti di sanificazione.
Graf. 1 - Evoluzione della concentrazione di lieviti misurata all’interno di barrique in relazione
agli anni di utilizzo. È evidente l’aumento della popolazione microbica all’aumentare dell’età dei
vasi vinari, segno che i trattamenti di sanificazione non sono efficaci.
I METODI TESTATI CONTAMINAZIONE ED ETÀ DEI VASI VINARI
45
VQ NUMERO QUATTRO - LUGLIO DUEMILA12
INCANTINA
Graf. 3 - Concentrazione di fenoli volatili dopo 5 giorni di incubazione in terreno sintetico inoculato con diverse
specie di microrganismi alterativi.
LA PRODUZIONE DI FENOLI VOLATILI
dipendano dalle peculiarità delle diverse zone
enologiche, ma piuttosto dalle caratteristiche
del vino che, essendo un ambiente fortemente
selettivo per lo sviluppo microbico, permette
la sopravvivenza di un limitato numero di
microrganismi. Brettanomyces/Dekkera, il
lievito contaminate più dannoso, in quanto in
grado di produrre composti aromatici sgradevoli
e dalla bassissima soglia olfattiva, rappresenta
circa il 10% della popolazione microbica totale
all’interno delle botti (vedere box).
Gli aspetti sensoriali
Al termine del monitoraggio microbiologico
in cantina sono stati svolti, presso i laboratori
della Fondazione Mach, una serie di test
con l’obbiettivo di valutare la capacità dei
lieviti isolati dalle botti di produrre alcune
delle molecole con il più grave impatto sulle
qualità sensoriali del vino: i fenoli volatili. I
risultati dei test (grafico 3) hanno dimostrato
che cinque tra le specie di lievito isolate in
cantina sono in grado di produrre fenoli
volatili a concentrazioni superiori alla soglia
sensoriale, quindi con un impatto negativo
sulla qualità del vino. Com’era lecito aspettarsi,
Brettanomyces ha prodotto etilfenoli mentre
lieviti appartenenti ai generi Candida, Pichia
e Cryptococcus hanno prodotto rilevanti
quantità di vinilfenoli, con tassi di conversione
del substrato, gli acidi cinnamici, compresi tra
il 24 e il 100%.
vasi vinari. Barrique usate per più di tre anni
sono caratterizzate da una concentrazione
di lieviti prossima o superiore alle 1000
cellule per cm2, un valore di almeno dieci
volte superiore rispetto a quello di botti più
recenti. È interessante osservare che le botti
monitorate sono state regolarmente pulite,
durante il loro uso, utilizzando le tecnologie
disponibili nell’industria enologica. Questi dati
confermano quindi la difficoltà nell’ottenere
una reale ed efficace sanitizzazione delle botti,
con la conseguenza che al loro interno viene
ad accumularsi una consistente microflora
in grado di alterare i vini che in quelle botti
venissero conservati. La caratterizzazione
biomolecolare dei lieviti isolati ha permesso
di identificare le specie di lievito che
caratterizzavano la popolazione delle botti.
I lieviti appartenenti ai generi Pichia e
Candida rappresentano più del 50% della
popolazione microbica all’interno delle botti.
Saccharomyces è presente in ragione del
20% della carica microbica totale (grafico
2). I dati raccolti concordano con lavori
scientifici precedenti svolti in diversi contesti
enologici (Francia, America Latina ecc…) e
inducono a ipotizzare che le caratteristiche
delle popolazioni di lieviti contaminanti non
Graf. 2 - Composizione
della popolazione
di lieviti presente
all’interno delle botti.
Dominano i lieviti
non-Saccharomyces;
Brettanomyces
rappresenta circa
il 10% della flora
microbica isolata su
uno specifico terreno
di crescita. Non è
stato possibile isolare
questo lievito su un
terreno generico
per la crescita dei
microrganismi
enologici.
I MICRORGANISMI CONTAMINANTI
BRETT,
DIFFICILE DA MONITORARE
È utile sottolineare come non si sia riusciti
a isolare Brettanomyces utilizzando un
comune terreno microbiologico per la conta
dei lieviti. L’isolamento di questa specie è
stato possibile solo utilizzando uno specifico
substrato preparato presso il laboratorio,
a dimostrazione di quanto sia complesso il
monitoraggio di Brettanomyces e di come sia
necessario affidarsi a laboratori specializzati.
Infatti, la presenza nell’ambiente enologico
di diverse specie di lievito caratterizzate
da una crescita vigorosa può inibire lo
sviluppo di Brettanomyces durante l’analisi
microbiologica, rendendo complessa la sua
corretta quantificazione e identificazione.
46
VQ NUMERO QUATTRO - LUGLIO DUEMILA12
INCANTINA
METODI A CONFRONTO
Per rispondere a diverse sollecitazioni, giunte
da operatori del settore, durante le attività
condotte nell’annata 2010 sono stati testati
4 trattamenti di sanificazione su un set di
barriques di età variabile tra i 3 e i 5 anni di
utilizzo. Vista la notevole varietà di tecnologie
per la sanificazione disponibili sul mercato
si è deciso di confrontare 4 tecnologie che
non richiedano l’uso di composti chimici che
possano potenzialmente residuare in cantina
o nell’ambiente (figura 1 e grafico 1).
I trattamenti con vapore e ozono hanno
dato i migliori risultati, eliminando fino al
90% dei lieviti presenti. L’elevata efficacia
dei trattamenti termici nell’abbattere la
flora microbica all’interno delle botti era
del tutto attesa, dato che i microrganismi
enologici non sono in grado di generare forme
termoresistenti, come le spore. Nonostante
i tempi e le temperature applicate in questa
prova (30 minuti di trattamento con vapore
fluente) fossero superiori a quelli solitamente
utilizzati nell’industria agroalimentare, una
parte significativa della popolazione di lieviti
è comunque sopravvissuta, probabilmente
grazie all’inerzia termica del legno, che ha
protetto le cellule dal danno termico.
L’ozono, il secondo agente sanitizzante testato,
è già stato utilizzato come nell’industria
alimentare. L’azione di questa molecola si
basa sulla sua forte reattività verso molecole
essenziali alla vita cellulare, come gli acidi
grassi o le molecole cicliche. I risultati dei test
di sanificazione delle botti con trattamenti
con ozono, sia utilizzato direttamente come
gas sia disciolto in acqua, sono comparabili
con quelli dei trattamenti termici con vapore
in termini di efficacia, ma hanno un consumo
energetico notevolmente inferiore. La parziale
perdita di efficacia dell’ozono rispetto alle
performance osservate in diversi ambiti
industriali è imputabile alla presenza di
materiale organico all’interno delle botti, che
ha causato un rapido decadimento dell’ozono;
un’accurata pulizia prima del trattamento di
sanificazione è dunque indispensabile.
L’irraggiamento con radiazioni ultraviolette,
già applicato alla pastorizzazione a freddo di
acqua o bevande alimentari e ai trattamenti di
superfici, ha avuto scarsa efficacia nelle botti,
eliminando mediamente solo il 35% dei lieviti.
Tali risultati sono probabilmente dovuti alla
porosità del legno, capace di proteggere le
cellule dall’irraggiamento diretto.
UNO STEP CRITICO
In conclusione, è possibile affermare che
la prevenzione delle alterazioni del vino
dovute a lieviti non-Saccharomyces
rimane un punto critico del processo di
vinificazione. I risultati di questo studio
hanno confermato che le botti contengono
elevate concentrazioni di microrganismi,
causando la contaminazione del vino durante
l’affinamento. L’identificazione dei lieviti
presenti all’interno delle botti ha confermato
la presenza di numerose specie di lievito,
la cui concentrazione è legata agli anni di
utilizzo del vaso vinario. I lieviti appartenenti
al genere Brettanomyces hanno confermato
la loro capacità di produrre elevate quantità di
etilfenoli, tuttavia diversi altri generi microbici
sono stati in grado di produrre molecole con
negativi effetti sulla qualità dei vini. Il vapore
e l’ozono si sono dimostrati validi agenti
sanitizzanti, in grado di abbattere la carica
microbica all’interno dei vasi vinari, sebbene
i risultati dei trattamenti siano fortemente
influenzati dalle peculiarità delle singole
botti. Nuovi studi sono però necessari per
arrivare a definire un protocollo che consenta
di ottimizzare l’efficacia di questi trattamenti
di sanificazione in vasi vinari di legno. ■
*Unità Chimica Vitienologica e Agroalimentare,
Centro di Trasferimento Tecnologico, Fondazione
Edmund Mach - San Michele all’Adige (TN)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Graf. 4 - Efficacia
antimicrobica,
espressa in
% di cellule
eliminate, dei 4
trattamenti per la
sanitizzazione di
vasi vinari testati.
EFFICACIA A CONFRONTO

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Sanitizzare legni in modo efficace con OZONO

  • 1. 43 VQ NUMERO QUATTRO - LUGLIO DUEMILA12 IL VINO BUONO STA… NELLA BOTTE PULITA! INCANTINA ■ RAFFAELE GUZZON*, TIZIANA NARDIN*, MARIO MALACARNE*, ROBERTO LARCHER* Il vino può essere soggetto a gravi alterazioni dovute a lieviti contaminanti capaci di modificarne le proprietà organolettiche e di produrre sostanze potenzialmente tossiche. La consapevolezza circa questo rischio è ormai radicata nei tecnici e nei ricercatori che si occupano di enologia, tanto che numerosi lavori scientifici hanno indagato la biologia di questi lieviti, chiarendone l’origine, i meccanismi d’azione e le pratiche enologiche ritenute utili per contrastarne l’evoluzione. Tuttavia il problema delle contaminazioni microbiche rimane presente nell’industria enologica a causa delle peculiari caratteristiche del vino, che rendono spesso inapplicabili trattamenti di stabilizzazione ormai largamente diffusi nell’industria agroalimentare. Inoltre, alcune delle tecnologie adottate durante la vinificazione favoriscono lo sviluppo di microrganismi indesiderati, come la vinificazione o l’affinamento del vino in botti o barrique. È, infatti, noto che i vasi vinari in legno conferiscono al vino peculiari caratteristiche sensoriali e contribuiscono alla stabilizzazione delle componenti polifeniche, ma lo LEGNI SANITIZZATI IN MODO EFFICACE PER VINI AL RIPARO DA CONTAMINAZIONI MICROBICHE INDESIDERATE. COME?
  • 2. 44 VQ NUMERO QUATTRO - LUGLIO DUEMILA12 INCANTINA stesso legno di cui questi contenitori sono fatti protegge i microrganismi dai trattamenti di sanificazione, favorendone la proliferazione a discapito della qualità del vino e rendendo possibili contaminazioni incrociate tra vini di diverse annate. NEL CONCRETO Nel triennio 2009 - 2012 i tecnologi del Centro di Trasferimento Tecnologico della Fondazione Edmund Mach (San Michele all’Adige, TN) hanno svolto diversi monitoraggi microbiologici in aziende viti- enologiche italiane, per meglio comprendere i meccanismi legasti alla proliferazione microbica all’interno dei vasi vinari e per individuare le strategie più utili, per un efficace contrasto. Particolarmente rappresentativo è il piano campionario eseguito presso un importante cantina toscana durante l’annata 2010 i cui risultati, ormai completamente elaborati, possono fornire una chiave di lettura utile a comprendere l’evoluzione della flora contaminate e le strategie utili per il suo contenimento. Le conte microbiche Come prima cosa si è valutato il grado di contaminazione delle botti presenti presso l’azienda, dedita alla produzione di vini rossi che tradizionalmente maturano in barrique. I risultati dei campionamenti (grafico 1) hanno dimostrato come la contaminazione delle botti aumenti proporzionalmente all’età dei I CASI AUMENTANO DI NUMERO Se le problematiche di sanitizzazione dei vasi vinari in legno sono note ormai da diversi anni, si assiste oggi a un aumento degli episodi di gravi alterazioni microbiologiche dei vini, anche in aziende che adottano le corrette pratiche per la pulizia delle attrezzature di cantina. Le cause della recrudescenza delle alterazioni microbiche sono molteplici, e solo in parte dovute a errate scelte tecniche. Le variazioni climatiche riscontrate negli ultimi anni stanno portando a un’evoluzione delle caratteristiche dei vini, in particolare riducendone l’acidità, che li rende più ospitali per numerose specie microbiche spesso indesiderate. Inoltre, a causa della maggiore sensibilità dei consumatori, l’uso di antisettici tradizionalmente impiegati in enologia, come l’anidride solforosa, si è sensibilmente ridotto fino a valori spesso privi di una reale azione antisettica. Fig. 1 - Piano sperimentale dei test volti a confrontare diversi trattamenti di sanificazione. Graf. 1 - Evoluzione della concentrazione di lieviti misurata all’interno di barrique in relazione agli anni di utilizzo. È evidente l’aumento della popolazione microbica all’aumentare dell’età dei vasi vinari, segno che i trattamenti di sanificazione non sono efficaci. I METODI TESTATI CONTAMINAZIONE ED ETÀ DEI VASI VINARI
  • 3. 45 VQ NUMERO QUATTRO - LUGLIO DUEMILA12 INCANTINA Graf. 3 - Concentrazione di fenoli volatili dopo 5 giorni di incubazione in terreno sintetico inoculato con diverse specie di microrganismi alterativi. LA PRODUZIONE DI FENOLI VOLATILI dipendano dalle peculiarità delle diverse zone enologiche, ma piuttosto dalle caratteristiche del vino che, essendo un ambiente fortemente selettivo per lo sviluppo microbico, permette la sopravvivenza di un limitato numero di microrganismi. Brettanomyces/Dekkera, il lievito contaminate più dannoso, in quanto in grado di produrre composti aromatici sgradevoli e dalla bassissima soglia olfattiva, rappresenta circa il 10% della popolazione microbica totale all’interno delle botti (vedere box). Gli aspetti sensoriali Al termine del monitoraggio microbiologico in cantina sono stati svolti, presso i laboratori della Fondazione Mach, una serie di test con l’obbiettivo di valutare la capacità dei lieviti isolati dalle botti di produrre alcune delle molecole con il più grave impatto sulle qualità sensoriali del vino: i fenoli volatili. I risultati dei test (grafico 3) hanno dimostrato che cinque tra le specie di lievito isolate in cantina sono in grado di produrre fenoli volatili a concentrazioni superiori alla soglia sensoriale, quindi con un impatto negativo sulla qualità del vino. Com’era lecito aspettarsi, Brettanomyces ha prodotto etilfenoli mentre lieviti appartenenti ai generi Candida, Pichia e Cryptococcus hanno prodotto rilevanti quantità di vinilfenoli, con tassi di conversione del substrato, gli acidi cinnamici, compresi tra il 24 e il 100%. vasi vinari. Barrique usate per più di tre anni sono caratterizzate da una concentrazione di lieviti prossima o superiore alle 1000 cellule per cm2, un valore di almeno dieci volte superiore rispetto a quello di botti più recenti. È interessante osservare che le botti monitorate sono state regolarmente pulite, durante il loro uso, utilizzando le tecnologie disponibili nell’industria enologica. Questi dati confermano quindi la difficoltà nell’ottenere una reale ed efficace sanitizzazione delle botti, con la conseguenza che al loro interno viene ad accumularsi una consistente microflora in grado di alterare i vini che in quelle botti venissero conservati. La caratterizzazione biomolecolare dei lieviti isolati ha permesso di identificare le specie di lievito che caratterizzavano la popolazione delle botti. I lieviti appartenenti ai generi Pichia e Candida rappresentano più del 50% della popolazione microbica all’interno delle botti. Saccharomyces è presente in ragione del 20% della carica microbica totale (grafico 2). I dati raccolti concordano con lavori scientifici precedenti svolti in diversi contesti enologici (Francia, America Latina ecc…) e inducono a ipotizzare che le caratteristiche delle popolazioni di lieviti contaminanti non Graf. 2 - Composizione della popolazione di lieviti presente all’interno delle botti. Dominano i lieviti non-Saccharomyces; Brettanomyces rappresenta circa il 10% della flora microbica isolata su uno specifico terreno di crescita. Non è stato possibile isolare questo lievito su un terreno generico per la crescita dei microrganismi enologici. I MICRORGANISMI CONTAMINANTI BRETT, DIFFICILE DA MONITORARE È utile sottolineare come non si sia riusciti a isolare Brettanomyces utilizzando un comune terreno microbiologico per la conta dei lieviti. L’isolamento di questa specie è stato possibile solo utilizzando uno specifico substrato preparato presso il laboratorio, a dimostrazione di quanto sia complesso il monitoraggio di Brettanomyces e di come sia necessario affidarsi a laboratori specializzati. Infatti, la presenza nell’ambiente enologico di diverse specie di lievito caratterizzate da una crescita vigorosa può inibire lo sviluppo di Brettanomyces durante l’analisi microbiologica, rendendo complessa la sua corretta quantificazione e identificazione.
  • 4. 46 VQ NUMERO QUATTRO - LUGLIO DUEMILA12 INCANTINA METODI A CONFRONTO Per rispondere a diverse sollecitazioni, giunte da operatori del settore, durante le attività condotte nell’annata 2010 sono stati testati 4 trattamenti di sanificazione su un set di barriques di età variabile tra i 3 e i 5 anni di utilizzo. Vista la notevole varietà di tecnologie per la sanificazione disponibili sul mercato si è deciso di confrontare 4 tecnologie che non richiedano l’uso di composti chimici che possano potenzialmente residuare in cantina o nell’ambiente (figura 1 e grafico 1). I trattamenti con vapore e ozono hanno dato i migliori risultati, eliminando fino al 90% dei lieviti presenti. L’elevata efficacia dei trattamenti termici nell’abbattere la flora microbica all’interno delle botti era del tutto attesa, dato che i microrganismi enologici non sono in grado di generare forme termoresistenti, come le spore. Nonostante i tempi e le temperature applicate in questa prova (30 minuti di trattamento con vapore fluente) fossero superiori a quelli solitamente utilizzati nell’industria agroalimentare, una parte significativa della popolazione di lieviti è comunque sopravvissuta, probabilmente grazie all’inerzia termica del legno, che ha protetto le cellule dal danno termico. L’ozono, il secondo agente sanitizzante testato, è già stato utilizzato come nell’industria alimentare. L’azione di questa molecola si basa sulla sua forte reattività verso molecole essenziali alla vita cellulare, come gli acidi grassi o le molecole cicliche. I risultati dei test di sanificazione delle botti con trattamenti con ozono, sia utilizzato direttamente come gas sia disciolto in acqua, sono comparabili con quelli dei trattamenti termici con vapore in termini di efficacia, ma hanno un consumo energetico notevolmente inferiore. La parziale perdita di efficacia dell’ozono rispetto alle performance osservate in diversi ambiti industriali è imputabile alla presenza di materiale organico all’interno delle botti, che ha causato un rapido decadimento dell’ozono; un’accurata pulizia prima del trattamento di sanificazione è dunque indispensabile. L’irraggiamento con radiazioni ultraviolette, già applicato alla pastorizzazione a freddo di acqua o bevande alimentari e ai trattamenti di superfici, ha avuto scarsa efficacia nelle botti, eliminando mediamente solo il 35% dei lieviti. Tali risultati sono probabilmente dovuti alla porosità del legno, capace di proteggere le cellule dall’irraggiamento diretto. UNO STEP CRITICO In conclusione, è possibile affermare che la prevenzione delle alterazioni del vino dovute a lieviti non-Saccharomyces rimane un punto critico del processo di vinificazione. I risultati di questo studio hanno confermato che le botti contengono elevate concentrazioni di microrganismi, causando la contaminazione del vino durante l’affinamento. L’identificazione dei lieviti presenti all’interno delle botti ha confermato la presenza di numerose specie di lievito, la cui concentrazione è legata agli anni di utilizzo del vaso vinario. I lieviti appartenenti al genere Brettanomyces hanno confermato la loro capacità di produrre elevate quantità di etilfenoli, tuttavia diversi altri generi microbici sono stati in grado di produrre molecole con negativi effetti sulla qualità dei vini. Il vapore e l’ozono si sono dimostrati validi agenti sanitizzanti, in grado di abbattere la carica microbica all’interno dei vasi vinari, sebbene i risultati dei trattamenti siano fortemente influenzati dalle peculiarità delle singole botti. Nuovi studi sono però necessari per arrivare a definire un protocollo che consenta di ottimizzare l’efficacia di questi trattamenti di sanificazione in vasi vinari di legno. ■ *Unità Chimica Vitienologica e Agroalimentare, Centro di Trasferimento Tecnologico, Fondazione Edmund Mach - San Michele all’Adige (TN) © RIPRODUZIONE RISERVATA Graf. 4 - Efficacia antimicrobica, espressa in % di cellule eliminate, dei 4 trattamenti per la sanitizzazione di vasi vinari testati. EFFICACIA A CONFRONTO