1.
L’OPINIONE
DELL’ESPERTO
A
cura
di
Giuliano
Pinna
Marco
Grandi
L’ECOGRAFIA
PLEURO-‐POLMONARE:
UN
NUOVO
STRUMENTO
PER
IL
CLINICO
DEL
III°
MILLENNIO
NELL’APPROCCIO
ALLA
PATOLOGIA
RESPIRATORIA
Francesco
Cipollini
Responsabile
Scientifico
Scuola
di
Ecografia
FADOI
francescocipollini@gmail.com
INTRODUZIONE
L’ecografia
si
basa
sull’analisi
e
la
rappresentazione
degli
echi
che
gli
ultrasuoni
subiscono
nell'attraversare
i
tessuti
biologici.
La
riflessione
dell’onda
ultrasonora
(eco)
è
dipendente
dalla
impedenza
acustica
del
tessuto
medesimo
e
pertanto
quanto
maggiore
sarà
la
differenza
di
impedenza
acustica
tra
le
interfacce
dei
vari
tessuti
attraversati
tanto
maggiore
sarà
la
quota
degli
ultrasuoni
che
viene
riflessa.
Proprio
in
considerazione
del
fatto
che
è
molto
elevata
la
differenza
di
impedenza
acustica
tra
l'aria
e
la
pleura
(Fig.1),
nel
polmone
normalmente
aerato
quest’ultima
si
comporta
come
un
“
riflettore
acustico
speculare”
producendo
quello
che
viene
definito
il
“
mirror
effect
“.
Pertanto
quando
si
insona
un
polmone
normale
è
visualizzabile
solo
la
linea
pleurica
(rappresentata
dall'interfaccia
tra
la
pleura
parietale
e
quella
viscerale),
e
lo
spazio
sottopleurico
visualizzato
non
corrisponde
all’
immagine
reale
ma
ad
una
serie
di
artefatti
(c.d.
da
riverbero):
l'unica
immagine
reale
è
costituita
dal
gliding
ovvero
dallo
scivolamento
dall'interfaccia
della
pleura
viscerale
che
scorre
su
quella
parietale.
Quando
il
fascio
ultrasonoro
insona
il
polmone
normalmente
aerato,
l'interfaccia
pleura/aria
polmonare
crea
artefatti
di
riverbero
chiamati
“
A
lines
“
(fig.
2).
Questi
artefatti
sono
rappresentati
sullo
schermo
come
strie
ecogene
curvilinee,
parallele
alla
linea
pleurica
e
si
ripetono
ad
intervalli
regolari
in
profondità.
A
causa
della
difficoltà
legata
alla
marcata
differenza
di
impedenza
acustica
aria/tessuti,
l'ecografia
polmonare
non
è
stata
utilizzata
nello
studio
della
patologia
respiratoria
se
non
in
2. alcune
specifiche
condizioni:
non
a
caso
sino
a
pochi
anni
orsono
(1)
la
metodica
trovava
indicazione
solo
nella
diagnosi
del
versamento
pleurico
e
come
supporto
(ecoguida)
alla
toracentesi
.
Ma
se
è
vero
-‐
com'è
vero
-‐
che
nel
polmone
normalmente
aerato
gli
ultrasuoni
sono
riflessi
completamente
e
generano
solo
delle
immaginate
artefattuali,
è
altrettanto
vero
che
con
il
ridursi
del
grado
di
aerazione
a
livello
del
parenchima
polmonare
si
generano
delle
interfacce
che
possono
dar
luogo
ad
immagini
diverse
da
quelle
di
un
polmone
normale
e
riferibili
a
specifiche
condizioni
patologiche.
Nelle
condizioni
in
cui
vi
è
un
ispessimento
dell’interstizio
polmonare
(ad
es.
congestione
vascolare
o
linfatica,
flogosi
interstiziale,
etc.)
compaiono
degli
artefatti
perpendicolari
alla
linea
pleurica
denominati
“
B
Lines
“
precedentemente
note
come
“
coda
di
cometa”
o
secondo
altri
“ring
down
artifacts”
(2).
Le
line
B
Linee
sono
artefatti
che
originano
dalla
linea
pleurica
e
si
estendono
in
periferia
a
tronco
di
cono:
in
condizioni
normale
è
possibile
reperire
qualche
B
lines
tuttavia,
per
essere
considerato
anormale,
il
numero
degli
artefatti
deve
essere
almeno
di
tre
in
una
scansione
standard.
Quando
si
riduce
ulteriormente
il
grado
di
aerazione
polmonare
e
negli
spazi
alveolari
l’aria
viene
sostituita
da
essudato/
ellule
flogistiche
etc
il
fascio
di
ultrasuoni
è
in
grado
di
penetrare
nel
parenchima
evidenziando
un
“consolidamento”
con
pattern
ecostrutturale
simile
a
quello
del
fegato
e
pertanto
riferibile
ad
immagini
reali
e
non
più
artefattuali.
Sin
dalla
fine
degli
anni
‘70
vi
è
stata
una
crescente
produzione
di
lavori
scientifici
(3-‐7)
con
casistiche
sempre
più
numerose
che
hanno
permesso
di
codificare
una
serie
di
immagini
ecografiche
riferibili
a
determinate
condizioni
patologiche.
Ciò
nonostante
ancor
oggi
la
maggior
parte
delle
Società
Scientifiche
così
come
le
Linee
Guida
internazionali
non
prendono
in
considerazione
come
indagine
di
riferimento
l'ecografia
nella
diagnostica
strumentale
polmonare.
Arthur
Schopenauer
in
uno
dei
suoi
aforismi
ricordava
che
tutte
le
verità
attraversano
tre
distinte
fasi:
una
prima
in
cui
quanto
dimostrato
come
vero
non
viene
preso
in
considerazione
se
non
addirittura
ridicolizzato,
una
seconda
in
cui
quanto
proposto
come
vero
è
oggetto
di
forti
opposizioni
ed
infine
una
terza
in
cui
tutti
riconoscono
quanto
proposto
come
ovvio.
È
quanto
Fig
1
:
impedenza
acustica
e
velocità
di
trasmissione
degli
ultrasuoni
nei
tessuti
Fig
2
:
polmone
normalmente
aereato
artefatti
“
A-‐lines”
3. accaduto
–
naturalmente
mutatis
mutandis
–
per
l’ecografia
polmonare
perché
ancora
oggi
e
nonostante
le
numerose
evidenze
derivanti
da
studi
su
casistiche
sempre
più
numerose
e
multicentriche
e
non
ultima
una
recente
Consensus
Conference
(4),
la
metodica
non
trova
adeguatamente
riconosciuto
il
suo
ruolo
nella
diagnostica
polmonare.
D’altronde
è
ben
noto
che
in
medicina
l’avvento
di
una
nuova
metodica
che
si
inserisce
o
ad
integrazione
oppure
in
alternativa
a
procedure
già
consolidate,
trova
resistenze
da
parte
di
coloro
che
applicano
queste
ultime
da
anni.
Non
solo:
nonostante
le
evidenze
basate
su
risultati
concordanti
di
studi
condotti
su
ampie
casistiche,
si
richiedono
all’ecografia
polmonare
sempre
nuovi
confronti
con
le
indagini
radiologiche
convenzionali.
Ma
aldilà
di
queste
“querelles”
che
sono
destinate
-‐
almeno
così
ci
si
augura
–
a
concludersi
a
breve
termine
(anche
in
considerazione
del
fatto
che
già
alcune
Società
Scientifiche
hanno
“
incluso”
la
metodica
in
alcune
Linee
Guida),
le
domande
che
si
pone
il
clinico
–
e
l’internista
in
particolare
-‐
di
fronte
a
una
sintomatologia
riferibile
a
patologia
polmonare
sono:
a)
se
e
in
quali
patologie
le
indagini
ultrasonografiche
trovano
indicazione;
b)
se
può
integrare
l'iter
clinico-‐diagnostico
del
paziente;
c)
se
addirittura
può
vicariare
la
diagnosi
strumentale
con
le
indagini
di
imaging
già
consolidate;
d)
conoscere
quali
sono
i
limiti
della
metodica
e
pertanto
quelle
situazioni
in
cui
non
trova
indicazione.
L’ECOGRAFIA
NELLA
DIAGNOSTICA
STRUMENTALE
DELLE
MALATTIE
POLMONARI
VERSAMENTO
PLEURICO
Sicuramente
l'ecografia
polmonare
rappresenta
il
gold
standard
nella
diagnosi
di
versamento
pleurico.
In
questa
condizione
l'indagine
ha
un’elevatissima
sensibilità
e
specificità
e
permette
di
valutare
correttamente
il
volume
del
versamento
(Fig.
3).
Proprio
per
l'elevata
sensibilità
(Tab
1)
consente
di
diagnosticare
anche
i
minimi
versamenti
e
permette
un
drenaggio
diagnostico
e/o
terapeutico
anche
per
quanto
riguarda
versamenti
di
pochi
Ecografia
Rx
torace
Sensibilità
92.3%
66.7%
Specificità
100
%
77.8%
VP
Positivo
100
%
67.6
%
VP
Negativo
94.4%
78.7%
TAB . I :
Accuratezza
diagnostica
dell’ecografia
toracica
vs
Rx
torace
nella
diagnosi
di
versamento
pleurico
(
da
Soni
NJ
et
al
modificata
Fig
3
Ecografia
torace
:
Versamento
pleurico
4. millilitri.
Non
solo:
l’indagine
consente
-‐
attraverso
alcuni
pattern
sonografici
-‐
di
distinguere
fra
trasudato
ed
essudato
corpuscolato;
ed
infine,
nelle
cosiddette
immagini
anecogene
“complex”,
permette
di
definirne
accuratamente
i
setti
in
misura
uguale
se
non
addirittura
superiore
a
quella
della
TAC
con
mezzo
di
contrasto.
Un
ulteriore
notevole
vantaggio
dell'ecografia
rispetto
alle
altre
indagini
di
imaging
è
rappresentato
dal
fatto
che
può
essere
eseguita
al
letto
del
paziente
ed
in
qualsiasi
postura
(
8-‐10).
PNEUMOTORACE
Altra
indicazione
nella
quale
l'ecografia
rappresenta
indagine
diagnostica
di
riferimento
riguarda
il
pneumotorace
(pnx).
Come
si
ricordava
in
premessa,
nel
polmone
normalmente
aerato
l'unica
immagine
visualizzabile
è
l'interfaccia
ecogena
della
pleura
viscerale
che
scorre
su
quella
parietale
dando
luogo
al
cosiddetto
gliding
ovvero
scivolamento.
Nel
pneumotorace
sia
esso
traumatico
che
spontaneo
l'indagine
ecografica
in
tempo
reale
non
mette
in
evidenza
questo
scivolamento
ma
l'interfaccia
pleurica
resta
immobile
nonostante
gli
atti
respiratori.
Ancor
più
sensibile
diventa
la
diagnosi
se
l'indagine
viene
seguita
in
modalità
M-‐Mode
(time-‐
motion)
nella
quale,
diversamente
dal
soggetto
normale
dove
viene
rappresentato
il
cosiddetto
effetto
spiaggia
(seashore
sign
),
nel
paziente
con
pneumotorace
(Fig.
4)
si
evidenzia
un
particolare
quadro
definito
come
effetto
stratosfera
(stratosphere
sign).
Fig.4
Ecografia
M-‐Mode
(
A)
normale
-‐
Seashore
sign
;
(
B
)
Pneumotorace
-‐
Stratosphere
sign
5.
Fig.
5
Algoritmo
per
la
diagnosi
di
pneumotorace
Ma
l'elemento
ancora
più
importante
della
metodica
riguarda
l'identificazione
dei
cosiddetti
lung
points
(11)
ovvero
quei
punti
di
passaggio
tra
il
polmone
in
fase
di
riespansione
ed
il
pnx
(12).
La
ricerca
di
questi
lung
points
-‐
che
può
essere
eseguita
al
letto
del
paziente
e
ripetuta
con
frequenza
giornaliera
-‐
permette
di
monitorare
il
processo
patologico
evitando
sia
altre
indagini
invasiven
(13)
e
sia
le
problematiche
derivanti
dagli
spostamenti
del
soggetto
verso
altri
dipartimenti
(Radiologia).
Nella
Fig.
5
viene
rappresentato
l'algoritmo
proposto
per
la
diagnosi
di
pnx:
l'assenza
digliding
,
con
gli
annessi
artefatti
verticali,
l'assenza
dei
lung
points
,
e
ad
ulteriore
conferma,
l'assenza
di
lung
pulse
ovvero
la
trasmissione
delle
pulsazioni
cardiache
alla
pleura,
permettono
di
identificare
il
pneumotorace
con
un
elevato
grado
di
accuratezza
diagnostica.
I
risultati
dei
vari
studi
pubblicati
dimostrano
che
la
sensibilità
dell’ecografia
varia
dal
86%
al
98%
e
la
specificità
dal
97%
al
100%.
La
sensibilità
dell’esame
radiologico
risulta,
invece,
compresa
tra
il
28%
e
il
75%
con
una
specificità
del
100%
(14).
Proprio
per
la
possibilità
di
poter
ripetere
l'esame
al
letto
del
malato
ed
in
qualsiasi
decubito,
di
valutare
l'entità
(parziale
o
totale
)
del
grado
di
pnx
ed
infine
di
poter
monitorare
la
ri-‐espansione
polmonare
attraverso
la
ricerca
dei
lung
points,
l'indagine
ecografica
si
pone
come
esame
di
riferimento
nello
studio
di
questa
patologia
1
-‐
GLIDING
PRESENTE
ASSENTE
PRESENTI
2
-‐
ARTEFATTI
VERTICALI
ASSENTI
3
-‐
LUNG
POINT
PRESENTI
ASSENTI
PNX
NO
PNX
LUNG
PULSE*
ASSENTI
PRESENTI
6. SINDROME
INTERSTIZIALE
Con
il
termine
di
sindrome
interstiziale
ecografica
si
definisce
quella
condizione
in
cui
l’insonazione
pleuro-‐polmonare
non
determina
una
semplice
riflessione
“a
specchio”,
ma
una
serie
di
riflessioni
dell’onda
ultrasonora
con
la
produzione
di
artefatti
verticali,
definiti
convenzionalmente
“linee
B”.
Questi
artefatti,
già
osservati
in
passato
e
definiti
“ring
down
artifacts”(2),
sono
stati
interpretati
come
fenomeni
di
riflessione
acustica
aria/acqua
analogamente
a
quanto
si
verifica
nelle
anse
intestinali.
Nel
1997
Liechtenstein
(15)
introdusse
il
termine
di
“comet
tail
artifacts”
e
lo
defini
come
“artefatto
da
riverbero,
iperecogeno,
con
origine
stretta,
che
si
espande
come
un
raggio
laser
fino
al
margine
(inferiore)
dello
schermo
e
che
si
muove
in
modo
sincrono
con
lo
sliding
pleurico”.
Tali
artefatti
vennero
messi
in
relazione
con
riflessioni
e
riverberi
generati
all’interno
di
strutture
anatomiche
(setti
interlobulari
o
intralobulari)
ispessiti
da
processi
patologici
(Fig.
6
B).
Pertanto
qualunque
incremento
(imbibizione
in
particolare
ma
anche
infiltrati
flogistici
o
aumento
del
tessuto
fibroso)
di
spessore
che
aumenta
la
densità
del
tessuto
interstiziale
polmonare
genera
questi
artefatti
verticali.
Questo
nuovo
“parametro”
di
valutazione
degli
strati
polmonari
sub-‐pleurici
ha
permesso
di
modificare
l’approccio
del
paziente
con
sintomi
respiratori
(16).
Il
numero
delle
“
lung
comets
tail
”
proprio
perché
rappresenta
un
segno
ecografico
di
acqua
vascolare
extra-‐polmonare
è
stato
dimostrato
correlare
con
la
classe
NYHA
dello
scompenso
cardiaco
e
con
i
valori
del
NT
proBNP
(17,18).
Proprio
in
base
al
numero
-‐
e
quindi
all’acqua
extravascolare
che
imbibisce
l’interstizio
polmonare
-‐
l’aspetto
ecografico
può
variare
da
un
quadro
normale
c.d.
“
black
lung
“
a
quello
di
un
“
black
and
white
lung
“
ovvero
con
line
B
in
numero
moderato,
sino
ad
arrivare
ad
un
“
withe
lung
“
come
nell’edema
polmonare
(19).
Sulla
base
di
questi
dati
è
pertanto
possibile
un
approccio
semplice
ed
affidabile
nella
valutazione
dei
pazienti
con
insufficienza
respiratoria
acuta
soprattutto
nelle
situazioni
di
urgenza/emergenza
come
si
verifica
nei
Dipartimenti
di
Emergenza
e
nelle
Medicine
Interne:
in
tali
contesti
il
riscontro
di
linee-‐B
permette
di
differenziare
una
dispnea
cardiogena
da
una
respiratoria.
Infatti
nelle
esacerbazioni
della
broncopneumopatia
cronica
ostruttiva,
nell’embolia
polmonare,
nella
polmonite
così
come
nel
pneumotorace,
non
è
mai
visibile
un
pattern
ecografico
caratterizzato
dalla
presenza
delle
“
lung
comets
tail
“
(20).
D’altra
parte
nei
pazienti
con
insufficienza
cardiaca
(e
in
numero
elevato
nell’edema
polmonare
acuto)
le
linee
B
sono
presenti
e
rappresentano
un
segno
fedele
di
acqua
polmonare
extravascolare
(21).
Pertanto
nel
paziente
dispnoico
un
esame
ecografico
polmonare
permetterà
di
valutare
–
sulla
base
della
presenza
o
meno
di
lung
comets
tails
-‐
se
ci
troviamo
di
fronte
ad
un
paziente
con
polmone
“umido
“
(c.d.
wet
lung)
o
“
secco
“
(c.d.
dry
lung).
Nel
primo
caso
oltre
ad
avere
un
segno
affidabile
di
“congestione
polmonare”
sarà
possibile
iniziare
rapidamente
la
terapia
diuretica
e
monitorarla
ripetendo
l’indagine
ad
intervalli
(22)
e
programmare
il
successivo
iter
diagnostico
con
l’indagine
ecocardiografica
finalizzata
alla
valutazione
della
funzione
cardiaca
e
della
natura
della
cardiopatia.
In
caso
di
“dry
lung
“
l’iter
diagnostico
–
e
la
conseguente
terapia
-‐
sarà
orientato
alla
valutazione
morfo-‐funzionale
respiratoria
(Fig
6
A
).
7.
Sempre
al
letto
del
malato,
con
la
stessa
sonda,
potremmo
proseguire
l’indagine
e
valutare
la
presenza
o
meno
di
versamento
pleurico
cosi
come
-‐
spingendoci
ancora
più
in
basso
a
livello
addominale
-‐
valutare
il
calibro
(aumentato
o
meno)
e
la
cinetica
respiratoria
(23)
della
vena
cava
inferiore
(ipo-‐acinesia
o
normocinesia).
La
presenza
di
questi
segni
non
solo
potrà
aggiungere
elementi
a
conferma
dell’insufficienza
cardiaca
ma
fornirà
al
clinico
importanti
parametri
di
riferimento
nel
follow-‐up
ecografico
finalizzato
alla
valutazione
dell’efficacia
della
terapia
(Fig.
7).
Giova
ricordare
che
in
era
pre-‐ecografica,
nell’
impossibilità
di
valutare
direttamente
la
pressione
atriale
dx,
i
metodi
indiretti
utilizzati
erano
esclusivamente
clinici
(distensione
delle
v.
giugulari,
reflusso
epato-‐giugulare,
tono
aggiunto
S3
,
etc
)
che
comunque
sono
risultati
non
affidabili
per
la
loro
ridotta
sensibilità
e
specificità
(24).
IVC
DIAMETER
RESPIRATORY
CHANGES
RAP
mmHg
estimated
<1.5
small
Collapse
0-‐5
1.5-‐2.5
cm
Decrease
>
50%
5-‐10
>
2.5
cm
Decrease
<
50%
10-‐15
>
2.5
dilated
Decrease
<
50%
15-‐20
Dilat.
Hep.
Veins
No
change
>20
DISPNEA
Linee
B
+
Wet
lung
§ COPD
§ Pnx
§ Embolia
P.
§ Asma
Ecocardiogramma
Linee
B
–
Dry
lung
Valutazione
funzione
sistolica/diastolica,
valvulopatie,altre..
Fig.6
A
:
Approccio
eco-‐assistito
al
paziente
con
dispnea
Fig.
6
B
:
B-‐lines
(comet
tails
)
polmonari
Fig.
7
A
:Correlazione
calibro
V
Cava
Inf.
e
Pressione
Atriale
Dx
(Lloyd
Tr
,
Pediatrics
1992
–
modificata
)
Fig.
7
B:
Vena
Cava
Inferiore
dilatata
e
acinetica
in
paziente
con
scompenso
cardiaco
congestizio
8. Il
riscontro
di
linee
B
all’ecografia
toracica,
pur
essendo
un
segno
altamente
sensibile
e
di
grande
utilità
clinica
nella
valutazione
del
paziente
con
insufficienza
respiratoria,
non
è
un
segno
altrettanto
specifico.
Le
line-‐B
si
generano
infatti
in
tutte
quelle
condizioni
in
cui
si
verifica
un
incremento
di
spessore
dell’interstizio
polmonare
e
pertanto
possono
generarsi
anche
quando
questo
incremento
è
dovuto
-‐
oltreché
alla
presenza
di
acqua
extra-‐vascolare
-‐
anche
ad
altre
cause.
Possono
perciò
essere
presenti
anche
nelle
interstiziopatie
(polmoniti
interstiziali,
etc)
ed
in
particolare
nella
fibrosi
polmonare
idiopatica
(25).
Pertanto
l’interpretazione
di
questo
segno
può
rappresentare
una
sfida
per
il
medico
nella
diagnosi
differenziale
tra
le
linee-‐B
cardiogene
(da
imbibizione)
da
quelle
pneumogene
(accumulo
di
tessuto
fibroso/infiammatorio).
Fermo
restando
che
è
il
contesto
clinico
a
orientare
la
natura
del
reperto
ecografico,
vi
sono
tuttavia
alcuni
elementi
che
possono
permetterne
la
diagnosi
differenziale.
Nell’insufficienza
cardiaca
le
linee-‐B
sono
distribuite
bilateralmente
a
diffusione
prevalente
gravitazionale
e
pertanto
più
rappresentate
alle
basi.
Nelle
interstiziopatie
pneumogene
come
la
fibrosi
polmonare
idiopatica
le
linee
B
sono
a
rappresentazione
non
omogenea.
Inoltre
mentre
nell’insufficienza
cardiaca
è
quasi
sempre
evidente
un
versamento
pleurico,
questo
non
è
invece
quasi
mai
presente
nella
fibrosi
polmonare
idiopatica,
nella
quale,
peraltro,
la
pleura
mostra
sempre
degli
ispessimenti
segmentari.
CONSOLIDAMENTO
POLMONARE
(Sindrome
Alveolare)
Con
la
massiva
perdita
di
ventilazione
alveolare
ed
il
contestuale
aumento
di
fluidi
(essudato/trasudato
)
e/o
infiltrato
infiammatorio/necrotico
l’assenza
di
aria
negli
spazi
alveolari
determina
la
scomparsa
del
tipico
quadro
artefattuale
(
A-‐lines).
Quando
l’area
di
consolidamento
polmonare
raggiunge
il
mantello
pleurico
(evenienza
che
si
verifica
nell’80/90
%
dei
casi)
e
non
vi
è
interposizione
di
parenchima
normale
tra
la
sonda
e
il
focolaio
patologico,
il
fascio
ultrasonoro
è
in
grado
di
rappresentarlo
come
immagine
reale.
Il
consolidamento
appare
come
un’
area
diffusamente
ipoecogena
e
compatta,
simile
al
fegato,
e
nel
cui
contesto
sono
visibili
aspetti
anatomici
come
la
vascolarizzazione
e
le
diramazioni
dell’albero
bronchiale.
All’interno
del
parenchima
polmonare
possono
essere
visibili
anche
spot
iperecogeni
dovuti,
in
caso
di
mantenuta
pervietà
delle
vie
aeree,
all’aria
presente
nell’albero
bronchiale
che
genera
immagini
puntiformi
e/o
lineari
iperecogene,
chiamati
broncogrammi
aerei
(26)
in
analogia
ai
reperti
radiologici.
Aree
di
consolidamento
che
affiorano
alla
pleura
viscerale,
quindi
evidenti
all’ispezione
ecografica,
sono
espressione
sia
di
malattie
infiammatorie
come
le
polmoniti
ma
anche
di
malattie
neoplastiche,
granulomatose
macronodulari,
alveolitiche,
infartuali
e
di
atelectasia.
L’analisi
dei
margini,
del
numero,
degli
aspetti
ecostrutturali
e
le
caratteristiche
dei
broncogrammi
aerei
è
stata
proposta
nel
differenziare
le
varie
tipologie
di
consolidamento
polmonare
(27).
Anche
se
alcune
caratteristiche
sono-‐morfologiche
sono
risultate
caratteristiche
-‐come
vedremo
di
seguito-‐
di
alcune
e
non
di
altre
patologie
consolidative
polmonari,
è
solo
il
contesto
clinico
con
l’integrazione
dei
dati
di
laboratorio
che
può
orientare
verso
la
natura
del
reperto
ecografico.
9.
POLMONITE
Le
polmoniti
sono
visualizzabili
all’ecografia
–
a
condizione
che
raggiungano
il
mantello
pleurico!
–
come
aree
ipoecogene
di
dimensioni
variabili
(28)
con
caratteristiche
sonografiche
simili
ai
parenchimi
epatico/splenico
(
c.d.
liver-‐like
tissue
sign):
quando
presente
(Fig.
8A)
questo
segno
ecografico
è
di
elevata
sensibilità
(90%)
e
specificità
(98%).
Altro
segno
ecografico
diagnostico
è
il
c.d.
shred
sign
ovvero
il
margine
sfumato
e
frammentato
che
separa
l’area
di
consolidamento
dal
parenchima
aerato
(Fig.
8B).
Altro
elemento
caratteristico
–
e
che
è
stato
segnalato
già
nel
l
1986
(29)
-‐
è
rappresentato
dalla
presenza
di
broncogrammi
aerei
ovvero
la
presenza
di
spots
puntiformi
iperecogeni
o
lineari
all’interno
del
consolidamento
polmonare
(Fig.
8B).
Ancor
più
specifica
è
la
presenza
di
broncogrammi
aerei
dinamici
ovvero
di
strutture
ecogene
ramificate
all’interno
dell’area
di
consolidazione
alveolare
con
movimenti
centrifughi
con
l’inspirazione
(30).
La
presenza
dei
broncogrammi
aerei
dinamici
ha
un
elevato
valore
predittivo
positivo
nella
diagnosi
di
polmonite
e
ne
permette
la
diagnosi
ecografica
differenziale
con
l’atelectasia
ostruttiva
che
in
non
pochi
casi
mostra
broncogrammi
aerei
statici.
Da
segnalare
inoltre
che
in
corso
di
polmonite
l’ecografia
mostra
un
versamento
pleurico
consensuale
nel
55%
dei
casi
significativamente
superiore
all’esame
rx
standard
dove
la
percentuale
raggiunge
il
25%
(31).
In
uno
studio
multicentrico
(32)
su
226
pazienti
l’ecografia
ha
mostrato
una
sensibilità
del
93.4%
ed
una
specificità
del
97.7
%.
Il
consolidamento
liver-‐like,
la
presenza
di
broncogrammi
aerei
ed
i
margini
indistinti
rappresentano
i
caratteri
maggiormente
predittivi
di
polmonite.
Risultati
praticamente
sovrapponibili
sono
riportati
in
una
meta-‐analisi
di
Chavez
(33)
con
una
sensibilità
cumulativa
del
94%
e
una
specificità
del
96%.
Da
questa
meta-‐analisi
risulta
che
nella
maggioranza
dei
casi
gli
esaminatori
erano
rappresentati
da
medici
esperti:
nei
due
studi
in
cui
le
indagini
erano
condotte
da
“
non-‐expert
physician
“
si
riducevano
le
percentuali
sia
della
sensibilità
che
della
specificità
(78%).
Per
quanto
riguarda
l’
accuratezza
diagnostica
dell’ecografia
in
confronto
con
l’indagine
rx
convenzionale
vale
la
pena
citare
tre
studi
–
tutti
italiani
–
di
confronto
tra
le
due
metodiche
avendo
come
indagine
di
riferimento
la
TC
polmonare.
In
uno
di
questi
studi
eseguiti
su
79
soggetti
in
età
pediatrica
(34)
l’ecografia
mostrava
una
sensibilità
superiore
(
+12%)
rispetto
all’esame
radiologico.
Anche
negli
altri
due
studi
eseguiti
nell’adulto
uno
di
49
casi
(35)
e
l’altro
di
81
(36),
l’ecografia
è
risultata
superiore
all’esame
radiologico
standard
(+25%
e
+21%
rispettivamente).
Dai
dati
della
letteratura
è
ormai
dimostrato
che
l’ecografia
è
sicuramente
non
inferiore
ed
in
alcuni
studi
addirittura
superiore
all’esame
rx
standard
del
torace
e
pertanto
può
rappresentare,
oltre
che
una
integrazione,
una
valida
alternativa
all’esame
radiologico
sia
in
emergenza
che
nelle
degenze
ordinarie.
Ciononostante
–
come
ricordato
in
premessa
-‐
l’ecografia
del
torace
è
ancora
poco
diffusa
per
la
diagnosi
di
polmonite
e
non
viene
presa
in
considerazione
dalle
linee
guida
di
alcune
Società
Scientifiche
(37).
L’ecografia
del
torace
è
comunque
sicuramente
indicata
in
quelle
situazioni
in
cui
è
preferibile
evitare
l’esposizione
a
radiazioni
ionizzanti
come
in
gravidanza
ed
in
età
pediatrica
ma
è
soprattutto
da
proporre
in
alcune
tipologie
di
pazienti
sempre
più
10. frequentemente
degenti
nei
reparti
internistici
in
cui
può
addirittura
vicariare
l’indagine
rx.
Spesso
nelle
Medicine
Interne
sono
ricoverati
pazienti
anziani
fragili
a
volte
con
disabilità
e/o
dipendenze
funzionali
affetti
da
co-‐morbidità
e
con
terapie
multiple.
In
questi
pazienti
spesso
non
è
possibile
eseguire
un
esame
rx
del
torace
in
due
proiezioni
in
condizioni
ottimali
per
la
non
rara
presenza
di
decubiti
obbligati,
rigidità,
tremori
oltre
all’
impossibilità
molto
frequente
di
mantenere
la
stazione
eretta
e
l’apnea
inspiratoria.
In
tali
contesti
–frequenti
nelle
Medicine
Interne
–
l’esame
ecografico
eseguito
al
letto
del
malato
permette
di
integrare
l’esame
clinico
e
di
definire
sia
la
diagnosi
in
un’
elevata
percentuale
di
casi
senza
dover
trasportare
il
malato
in
altro
dipartimento
e
sia
di
iniziare
rapidamente
ed
appropriatamente
il
trattamento
adeguato.
L'ecografia
del
torace
è
stata
proposta
anche
nel
follow-‐up
della
polmonite
e
sono
stati
proposti
alcuni
parametri
di
valutazione
come
la
riduzione
di
volume
del
consolidamento
polmonare,
l’aumento
dei
broncogrammi
aerei,
la
riduzione
del
versamento
pleurico
parapneumonico.
Ma,
analogamente
all'indagine
radiologica,
la
risoluzione
ecografica
della
polmonite
si
evidenzia
solo
più
tardivamente
rispetto
ai
parametri
clinici
e
laboratoristici
con
i
quali
viene
di
solito
monitorata
la
malattia
anche
e
soprattutto
per
la
gestione
della
terapia
antibiotica.
In
uno
studio
multicentrico
(32)
eseguito
su
211
pazienti
con
polmonite
documentata
sonograficamente,
dopo
due
settimane
dalla
diagnosi
l’ecografia
mostrava
ancora
segni
di
consolidamento
parenchimale
in
oltre
il
50%
dei
casi
mentre
il
reperto
ascoltatorio
era
presente
solo
nel
13%
e
gli
indici
di
flogosi
(Proteina
C
reattiva)
solo
nel
6%.
Pertanto
l'ecografia
non
può
essere
proposta
come
indagine
di
follow-‐up
della
polmonite.
Dove
invece
l’indagine
trova
indicazione
è
nel
follow-‐up
delle
polmoniti
a
lenta
risoluzione
per
la
diagnosi
precoce
e
il
conseguente
trattamento
medico/chirurgico
dell'ascesso
polmonare
che
complica
la
polmonite.
Fig
8
A
:
Polmonite
lobare
(
liver-‐like
pattern)
con
versamento
pleurico
Fig.
8
B
:
Polmonite
a
margini
frammentati
(shred
sign)
e
con
broncogrammi
aerei
11.
EMBOLIA
POLMONARE
L’embolia
polmonare
è
una
patologia
spesso
sottostimata,
sottodiagnosticata,
e
sottotrattata
nonostante
rappresenti
una
delle
cause
principali
di
mortalità
sia
in
ambiente
medico
che
chirurgico.
Per
questi
motivi
una
diagnosi
tempestiva
di
embolia
polmonare
è
cruciale
per
un
adeguato
trattamento
che,
qualora
rapidamente
e
appropriatamente
iniziato,
può
ridurre
la
mortalità.
L'angio-‐TC
polmonare
rappresenta
sicuramente
il
golden
standard
nella
diagnosi
di
embolia
polmonare
in
quanto
test
di
elevatissima
sensibilità
(95%)
con
possibilità
di
visualizzazione
diretta
degli
emboli
intravasali
e
comunque
diagnostica
in
quanto,
anche
in
casi
di
negatività
di
trombo-‐embolia,
permette
la
valutazione
del
parenchima
polmonare
e
del
mediastino
definendo
diagnosi
alternative.
Sfortunatamente
non
è
una
metodica
disponibile
diffusamente
soprattutto
negli
ospedali
periferici
H
24
e
soprattutto
non
sempre
disponibile
nei
Pronto
Soccorso/Medicina
d’Urgenza.
Non
solo:
per
il
fatto
che
l’angio-‐TC
impiega
radiazioni
ionizzanti
e
mezzo
di
contrasto
iodato
non
trova
indicazioni
in
alcune
tipologie
di
soggetti
(allergia
al
mezzo
di
contrasto,
gravidanza,
età
pediatrica).
Pertanto
poter
usufruire
di
una
indagine
non
invasiva
e
disponibile
in
tutte
le
strutture
ospedaliere
al
letto
del
paziente
sia
in
Dipartimento
di
Emergenza
che
nei
reparti
clinici
-‐
di
Medicina
Interna
in
particolare
-‐
è
quanto
mai
auspicabile
.
Inoltre
in
considerazione
del
fatto
che
si
assiste
ad
una
sempre
crescente
richiesta
-‐
e
non
sempre
appropriata!
-‐
di
angio-‐TC
polmonare,
una
pre-‐selezione
dei
soggetti
da
sottoporre
all'indagine
(per
escludere
quei
soggetti
nei
quali
la
probabilità
pre-‐test
è
molto
bassa)
è
importante
per
l’ottimizzazione
della
procedura
di
imaging
in
termini
di
costo/efficacia.
Sono
stati
proposti
e
sono
impiegati
nella
pratica
quotidiana
sia
scores
clinici
quali
lo
score
di
Wells,
Geneva
score,
e
il
Padua
score
(38,39)
ed
esami
di
laboratorio
quali
il
dosaggio
del
D-‐dimero
per
la
valutazione
della
probabilità
pre-‐test
di
embolia
polmonare.
Questi
test
sono
stati
impiegati
in
ampie
casistiche
di
soggetti
con
sospetta
embolia
polmonare
e
confrontati
con
l’indagine
di
riferimento
(angio-‐TC).
I
risultati
(40)
hanno
dimostrato
che
quantunque
gli
scores
clinici
ed
il
dosaggio
del
D-‐dimero
abbiano
un
elevatissimo
valore
predittivo
negativo
(0.5
-‐1
%
di
falsi
negativi
successivamente
risultati
positivi
all’angio-‐TC)
risultano
avere
un
valore
predittivo
positivo
del
20%
(in
alcune
casistiche
addirittura
inferiori
intorno
al
10-‐15%)
ovvero
troppo
basso
e
tale
da
poter
trovare
applicazione
nella
diagnosi
di
embolia
polmonare
(41).
La
domanda
allora
che
ci
si
pone
è:
può
l'ecografia
toracica
essere
utilizzata
anche
in
associazione
agli
score
clinici
ed
alle
indagini
di
laboratorio
se
non
proprio
della
diagnosi
quantomeno
nello
screening
del
paziente
con
sospetta
embolia
polmonare
sia
per
un
corretto
indirizzo
diagnostico
che
per
un
rapido
ed
appropriato
intervento
terapeutico?
La
prima
diagnosi
ecografica
di
lesioni
tromboemboliche
polmonari
è
stata
descritta
esattamente
quarant'anni
fa
(42)
anche
se
solo
a
partire
dagli
anni
2000
sono
state
pubblicate
casistiche
adeguate
per
numerosità
che
hanno
permesso
di
definire
la
sonomorfologia
delle
lesioni
polmonari
nel
soggetto
con
sospetta
embolia
polmonare
(43).
Il
reperto
più
caratteristico
è
12. rappresentato
da
una
lesione
triangolare
o
rotondeggiante
ipoecogena
con
base
sulla
pleura,
a
margini
netti;
il
coinvolgimento
della
pleura
e
di
solito
localizzato
nell'area
perilesionale
anche
se
può
eventualmente
svilupparsi
in
un
secondo
momento
come
versamento
diffuso.
Caratteristica
è
inoltre
la
localizzazione
delle
lesioni
che
in
oltre
70%
dei
casi
interessa
i
segmenti
basali
posteriori
bilateralmente
così
come
il
numero
delle
lesioni
che
di
solito
è
sempre
di
due
o
superiore
e
raramente
unico.
In
uno
studio
sufficientemente
rappresentativo
(44)
ed
in
una
metanalisi
(45),
la
sensibilità
diagnostica
dell’ecografia
polmonare
è
risultata
del
75%:
tuttavia,
se
è
molto
probabile
un’
embolia
polmonare
qualora
presenti
due
o
più
tipiche
lesioni
(triangolari
o
sferoidali)
localizzate
in
sede
basale
posteriore,
va
sottolineato
che
la
negatività
non
la
esclude.
Pertanto
quantunque
l’ecografia
toracica
sia
metodica
semplice
disponibile
in
tutti
i
centri
ospedalieri,
costo/efficace
e
utilizzabile
al
letto
del
malato,
non
può
sostituire
l’angio-‐TC
nella
diagnosi
di
embolia
polmonare
a
causa
della
sensibilità
diagnostica
buona
ma
non
elevata.
Altre
metodiche
sonografiche
(ecocardiografia
e
CUS/ecoocolordoppler
venoso)
sono
state
proposte
in
passato
per
la
diagnosi
di
trombo-‐embolismo
venoso.
L’ecografia
venosa
degli
arti
inferiori
(CUS
o
ecocolordoppler)
ha
una
bassa
sensibilità
(valore
predittivo
positivo
50%
dei
casi
di
embolia
polmonare)
e
pertanto
una
negatività
dell’indagine
non
la
esclude
(46).
D’altra
parte,
l’indagine
ha
una
elevata
specificità
e
nel
caso
di
positività
del
test
le
Linee
Guida
indicano
di
iniziare
il
trattamento
anticoagulante
anche
prima
della
conferma
con
angioTC
(47).
L’ecocardiografia
trans-‐toracica
(TTE)
è
stata
proposta
per
la
ricerca
di
segni
di
disfunzione
ventricolare
dx
ma
la
metodica
non
ha
mostrato
una
consistente
sensibilità
e
specificità
(45-‐50%):
la
dilatazione
del
ventricolo
dx
(con
volume
destro
maggiore
del
sinistro)
rappresenta
il
segno
ecocardiografico
maggiormente
suggestivo
(48).
Per
aumentare
la
sensibilità
diagnostica,
oltre
agli
score
clinici
e
al
dosaggio
del
D-‐dimero,
è
stato
proposto
di
eseguire
un’
indagine
ecografica
multidistrettuale:
polmonare,
cardiaca
e
venosa
agli
arti
inferiori.
Un
tale
approccio
(49
)
di
multi-‐organ
sonography
ha
dimostrato
incrementare
la
sensibilità
(90%)
in
percentuale
significativamente
superiore
rispetto
a
ciascuna
delle
singole
metodiche
(polmone,
cuore,
arti
inferiori).
Ma
il
dato
più
significativo
di
questo
studio
riguarda
l’elevatissimo
valore
predittivo
negativo
per
embolia
polmonare
(95%)
che
è
risultato
dall’impiego
della
indagine
ecografica
polidistrettuale:
infatti
in
nessuno
dei
pazienti
con
ultrasonografia
multiorgano
negativa
combinata
con
negatività
del
D-‐Dimero
è
risultata
una
diagnosi
finale
di
embolia
polmonare.
Sulla
base
di
questi
risultati
può
essere
proposto
ad
integrazione
di
quanto
proposto
da
Van
Belle
nel
2006
un
algoritmo
basato,
oltreché
sugli
scores
clinici
e
il
dosaggio
del
D-‐dimero,
sulla
ultrasonografia
multiorgano
nei
pazienti
con
sospetta
embolia
polmonare
prima
di
essere
sottoposti
ad
angio-‐TC
(Fig.
9).
13.
ALTRE
PATOLOGIE
CONSOLIDATIVE
Come
riferito
in
precedenza
oltre
alla
polmonite
ci
sono
altre
patologie
che
determinano
il
quadro
sonografico
di
consolidamento
quali
atelettasia,
tumori,
contusioni
polmonari
e
lesioni
polmonari
acute
in
corso
di
sepsi
(ALI
e
ARDS).
Sulla
base
del
solo
aspetto
ecografico
non
è
possibile
porre
una
diagnosi
differenziale
affidabile
di
queste
patologie
per
la
quali,
invece,
risulta
decisiva
l’integrazione
del
quadro
sonografico
nell'ambito
del
contesto
clinico
e
laboratoristico.
Ci
sono
tuttavia
alcuni
elementi
sono-‐morfologici
che
orientano
la
diagnostica
differenziale
dei
consolidamenti
polmonari
(27).
Nel
caso
delle
atelettasie
dobbiamo
innanzitutto
distinguere
l’atelettasia
da
compressione
da
quella
ostruttiva.
L’atelettasia
da
compressione
si
manifesta
nei
versamenti
pleurici
di
discreta
entità
ed
il
polmone
compresso
dal
liquido
pleurico
appare
all'interno
del
versamento
sotto
forma
triangolare.
Nel
caso
invece
dell'atelettasia
ostruttiva
l'area
del
consolidamento
mostra
nel
suo
interno
i
broncogrammi
aerei
che,
diversamente
dalle
polmoniti,
risultano
statici
e
mai
dinamici.
Anche
le
neoplasie
polmonari,
primitive
o
secondarie,
si
caratterizzano
come
focolaio/i
di
consolidamento
a
contorni
definiti
rispetto
a
quelli
sfumati
della
polmonite,
con
un
minor
numero
di
broncogrammi
aerei
e
con
un
pattern
vascolare
patologico
all’
eco-‐color-‐doppler.
Se
visualizzabili
all’ultrasonografia
i
tumori
polmonari
possono
essere
bioptizzati
sotto
guida
ecografica
anche
se,
va
ricordato,
solo
una
parte
dei
tumori
polmonari
periferici
ha
un
contatto
con
la
pleura
viscerale.
Pertanto
con
le
scansioni
ecografiche
le
neoplasie
polmonari
sono
diagnosticabili
in
percentuale
inferiore
rispetto
alle
metodiche
diagnostiche
convenzionali
e
pertanto
l’ecografia
polmonare
non
può
sostituirsi
alle
metodiche
di
imaging
(Rx,
TC,
RM)
ampiamente
validate.
I
consolidamenti
da
contusione
polmonare
traumatica
o
nell'ambito
D-‐dimero
POSITIVA
Probabilità
clinica
pre-‐test
Wells/Geneva/Padua
scores
NEGATIVA
Ecografia
multi-‐organo
polmone/cuore/vene
a.inf.
Angio-‐TCSTOP
Fig.
9
:
Algoritmo
proposto
nel
soggetto
con
sospetto
di
embolia
polmonare
14. di
una
ALI/ARDS
di
solito
non
pongono
problemi
di
diagnosi
differenziale
in
quanto
inseriti
in
un
chiaro
contesto
clinico.
CONCLUSIONI
L’ecografia
polmonare,
soprattutto
negli
ultimi
10-‐15
anni,
ha
permesso
di
definire
alcuni
segni
che
trovano
un
importante
riscontro
nella
pratica
clinica
quotidiana
del
medico
internista
ospedaliero
ed
in
particolare
nelle
condizioni
di
emergenza/urgenza.
Ormai
le
applicazioni
della
metodica
sono
molteplici
e
vanno
dalla
diagnosi
differenziale
delle
dispnee,
al
monitoraggio
della
terapia
nel
follow-‐up
dello
scompenso
cardiaco,
alla
diagnosi
dei
versamenti
pleurici
e
supporto
alla
toracentesi,
alla
diagnosi
e
follow-‐up
del
pneumotorace,
alla
diagnosi
delle
polmoniti
e
delle
altre
patologie
consolidative
parenchimali
ed
inoltre
ad
integrazione
nella
diagnostica
delle
interstiziopatie
polmonari.
L’ecografia
polmonare
ha
però
alcuni
importanti
limiti
che
ne
impediscono
l’utilizzo
nella
totalità
delle
malattie
respiratorie.
Infatti
se
tra
la
lesione
polmonare
e
la
pleura
si
frappone
una
porzione
di
polmone
normalmente
aerato,
anche
minima,
l’ecografia
risulterà
negativa.
È
per
questo
che
i
consolidamenti
polmonari
che
risparmino
gli
strati
superficiali
sub-‐pleurici
risultano
non
visualizzabili
ecograficamente.
Altro
limite
dell’ecografia
riguarda
l’incapacità
di
valutare
il
grado
di
ventilazione
polmonare.
L’indagine
è
capace
infatti
di
discriminare
le
patologie
polmonari
che
determinano
un
aumento
della
densità
dell’organo,
mentre
non
è
altrettanto
capace
di
distinguere
le
condizioni
opposte
di
eccesso
di
aerazione
o
iperinsufflazione
alveolare.
Nell’enfisema
polmonare
pertanto
il
quadro
ecografico
non
mostrerà
alcuna
differenza
con
il
polmone
normale.
Infine
è
bene
ricordare
che
alcuni
segni
ecografici,
quantunque
utilissimi
in
alcune
condizioni
per
la
loro
elevata
sensibilità
diagnostica,
non
hanno
una
altrettanto
elevata
specificità
e
pertanto
necessitano
di
una
integrazione
e
correlazione
con
i
dati
clinico-‐laboratoristici
per
raggiungere
soddisfacenti
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accuratezza
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