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CRDAV – Archivio Prampolini



  Salvaguardia, riordino e digitalizzazione delle carte dell’Archivio Prampolini
                          conservato presso il CRDAV
                                     Schema operativo


L’Archivio Prampolini, pervenuto al CRDAV con delibera del 1992 per donazione da parte degli
eredi dell’artista, si compone – oltre che di circa 250 monografie, opuscoli ed estratti a stampa – di
27 faldoni contenenti 143 fascicoli. Il materiale risale al periodo tra il 1912 ed il 1978 e comprende
appunti, corrispondenza, materiali preparatori e schizzi, come pure ritagli di quotidiani ed altro
materiale a stampa e dattiloscritto.
Il supporto cartaceo della maggior parte del materiale archivistico manoscritto è di scarsa qualità, ed
a maggior ragione questo può dirsi del materiale a stampa, pur se di epoca più recente. E’ stato
riscontrato più di una volta, in occasione della consultazione dei materiali dell’archivio da parte
degli utenti, che minuti frammenti cartacei tendono a distaccarsi dal materiale stesso.
La conservazione del materiale archivistico del fondo, nell’attuale deposito del CRDAV, è ben
lungi dall’essere ottimale. A prescindere da una porta d'accesso antifuoco difettosa, che risulta in
genere apribile anche senza chiavi, i documenti contenuti nei singoli fascicoli non sono infatti
separati l’uno dall’altro da fogli di carta priva di lignina e zolfo (acid-free paper), come sarebbe
necessario per assicurare una buona conservazione preventiva. Inoltre, non vi è il necessario,
costante monitoraggio delle condizioni termiche ed igrometriche, mentre non è previsto al momento
il routinario controllo della presenza di polveri e parassiti infestanti (di cui si possono riscontrare
alcune tracce). Ciò nonostante, è la movimentazione del materiale e la sua manipolazione ai fini
della consultazione da parte degli utenti a risultare l’elemento maggiormente critico.
Proprio per ovviare a questo problema, il CRDAV aveva già ipotizzato di mettere in cantiere la
digitalizzazione dell’Archivio Prampolini. Se la prima fase ha visto la realizzazione delle schede
catalografiche per la banca data degli Archivi del Novecento, la digitalizzazione – progressiva e, in
prospettiva, integrale – del materiale consentirà anzitutto la consultazione virtuale, con immediati
ed ovvi vantaggi per la salvaguardia dello stesso. Inoltre, la digitalizzazione permetterà pure, in
prospettiva, la messa in rete totale o parziale dell’archivio, con una ben maggiore visibilità del
fondo e della sua generale fruibilità.
Sia le raccomandazioni di ICOM-CC (Rio de Janeiro, 2002), sia le note del Canadian Conservation
Institute, sia le best practices del V&A Museum ed altre istituzioni internazionali, sia infine il
rapporto tecnico della Commission Internationale de l’Eclairage (CIE 157:2004) suggeriscono di
considerare il materiale in questione – per quanto riguarda il supporto cartaceo dei manoscritti,
come pure per quanto riguarda invece supporto cartaceo e qualità degli inchiostri di stampa dei
ritagli di quotidiani – come particolarmente sensibili o, addirittura, come vulnerabili. In pratica, ciò
significa prevedere per il materiale in questione un’esposizione ad un massimo di 50 lux, che può
andare da appena alcuni giorni fino ad un massimo di 10 settimane in un anno, con un intervallo di
quattro anni ogni cinque di permanenza in un deposito buio .
Ai fini della digitalizzazione, presupponendo una movimentazione accuratamente ridotta al minimo
dei materiali da digitalizzare – cosa che fa dunque escludere a priori un servizio di digitalizzazione




Dr. Alessandro Califano
Curatore – CRDAV (Roma, IT)
califano.a@mclink.it
CRDAV – Archivio Prampolini

extra moenia – e la loro conservazione al buio durante la massima parte del procedimento, due sono
le opzioni possibili:
   a) Una scansione del materiale d’archivio con uno scanner di qualità professionale adatto a
      scansioni di formato A3 (doppio foglio protocollo).
   b) Una fotoriproduzione con attrezzatura fotografica digitale, con illuminazione diffusa a LED
      e con l’uso di cavalletto o banco ottico.
La prima soluzione comporta un’esposizione di durata limitata ad una luminosità però improvvisa e
molto concentrata, che può raggiungere i 5000 lux per un massimo valutabile in circa dieci minuti a
documento (quindi in totale poco più di 800 lux per il periodo di esposizione allo scanner), oltre
all’esposizione alla luce ambientale nei momenti precedenti e seguenti la scansione stessa.
La seconda soluzione comporta un’esposizione più prolungata ad una luminosità però nettamente
inferiore, per un totale che può quindi aggirarsi tra i 200 ed i 250 lux.
A favore della seconda opzione, oltre alla qualità di riproduzione digitale potenzialmente più
elevata, vi sono l’assenza del calore della fonte luminosa, che si riscontra invece nello scanner,
nonché il minore grado di manipolazione del materiale d’archivio per posizionarlo sul banco di
lavoro fotografico, rispetto a quello necessario per il suo posizionamento sulla slitta di uno scanner,
cui si va ad aggiungere la pressione che sul materiale eserciterebbe la copertura dello scanner
stesso.
A fronte di quanto sin qui esposto si ravvisa pertanto la necessità di predisporre presso il CRDAV –
al fine di raggiungere l'obiettivo considerato – un banco di lavoro fotografico in un locale riparato e
il più possibile vicino al deposito del materiale archivistico da digitalizzare, provvedendo sia per
l’illuminazione dell’ambiente, sia per l’illuminazione diffusa più intensa necessaria alle riprese
fotografiche digitali, con un’illuminazione graduabile.
Tale soluzione – specie se realizzata con fonti di illuminazione a LED – consente infatti di abbinare
allo scarso assorbimento di energia un livello quasi nullo di raggi UV ed una fonte luminosa non
produttrice di calore, consentendo quindi di contenere entro limiti del tutto accettabili i potenziali
danni arrecati in corso d’opera ai documenti del fondo.



Roma, 16.11.2012


                                                          Alessandro Califano




Dr. Alessandro Califano
Curatore – CRDAV (Roma, IT)
califano.a@mclink.it

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Salvaguardia riordino digitalizzazione archivio prampolini

  • 1. CRDAV – Archivio Prampolini Salvaguardia, riordino e digitalizzazione delle carte dell’Archivio Prampolini conservato presso il CRDAV Schema operativo L’Archivio Prampolini, pervenuto al CRDAV con delibera del 1992 per donazione da parte degli eredi dell’artista, si compone – oltre che di circa 250 monografie, opuscoli ed estratti a stampa – di 27 faldoni contenenti 143 fascicoli. Il materiale risale al periodo tra il 1912 ed il 1978 e comprende appunti, corrispondenza, materiali preparatori e schizzi, come pure ritagli di quotidiani ed altro materiale a stampa e dattiloscritto. Il supporto cartaceo della maggior parte del materiale archivistico manoscritto è di scarsa qualità, ed a maggior ragione questo può dirsi del materiale a stampa, pur se di epoca più recente. E’ stato riscontrato più di una volta, in occasione della consultazione dei materiali dell’archivio da parte degli utenti, che minuti frammenti cartacei tendono a distaccarsi dal materiale stesso. La conservazione del materiale archivistico del fondo, nell’attuale deposito del CRDAV, è ben lungi dall’essere ottimale. A prescindere da una porta d'accesso antifuoco difettosa, che risulta in genere apribile anche senza chiavi, i documenti contenuti nei singoli fascicoli non sono infatti separati l’uno dall’altro da fogli di carta priva di lignina e zolfo (acid-free paper), come sarebbe necessario per assicurare una buona conservazione preventiva. Inoltre, non vi è il necessario, costante monitoraggio delle condizioni termiche ed igrometriche, mentre non è previsto al momento il routinario controllo della presenza di polveri e parassiti infestanti (di cui si possono riscontrare alcune tracce). Ciò nonostante, è la movimentazione del materiale e la sua manipolazione ai fini della consultazione da parte degli utenti a risultare l’elemento maggiormente critico. Proprio per ovviare a questo problema, il CRDAV aveva già ipotizzato di mettere in cantiere la digitalizzazione dell’Archivio Prampolini. Se la prima fase ha visto la realizzazione delle schede catalografiche per la banca data degli Archivi del Novecento, la digitalizzazione – progressiva e, in prospettiva, integrale – del materiale consentirà anzitutto la consultazione virtuale, con immediati ed ovvi vantaggi per la salvaguardia dello stesso. Inoltre, la digitalizzazione permetterà pure, in prospettiva, la messa in rete totale o parziale dell’archivio, con una ben maggiore visibilità del fondo e della sua generale fruibilità. Sia le raccomandazioni di ICOM-CC (Rio de Janeiro, 2002), sia le note del Canadian Conservation Institute, sia le best practices del V&A Museum ed altre istituzioni internazionali, sia infine il rapporto tecnico della Commission Internationale de l’Eclairage (CIE 157:2004) suggeriscono di considerare il materiale in questione – per quanto riguarda il supporto cartaceo dei manoscritti, come pure per quanto riguarda invece supporto cartaceo e qualità degli inchiostri di stampa dei ritagli di quotidiani – come particolarmente sensibili o, addirittura, come vulnerabili. In pratica, ciò significa prevedere per il materiale in questione un’esposizione ad un massimo di 50 lux, che può andare da appena alcuni giorni fino ad un massimo di 10 settimane in un anno, con un intervallo di quattro anni ogni cinque di permanenza in un deposito buio . Ai fini della digitalizzazione, presupponendo una movimentazione accuratamente ridotta al minimo dei materiali da digitalizzare – cosa che fa dunque escludere a priori un servizio di digitalizzazione Dr. Alessandro Califano Curatore – CRDAV (Roma, IT) califano.a@mclink.it
  • 2. CRDAV – Archivio Prampolini extra moenia – e la loro conservazione al buio durante la massima parte del procedimento, due sono le opzioni possibili: a) Una scansione del materiale d’archivio con uno scanner di qualità professionale adatto a scansioni di formato A3 (doppio foglio protocollo). b) Una fotoriproduzione con attrezzatura fotografica digitale, con illuminazione diffusa a LED e con l’uso di cavalletto o banco ottico. La prima soluzione comporta un’esposizione di durata limitata ad una luminosità però improvvisa e molto concentrata, che può raggiungere i 5000 lux per un massimo valutabile in circa dieci minuti a documento (quindi in totale poco più di 800 lux per il periodo di esposizione allo scanner), oltre all’esposizione alla luce ambientale nei momenti precedenti e seguenti la scansione stessa. La seconda soluzione comporta un’esposizione più prolungata ad una luminosità però nettamente inferiore, per un totale che può quindi aggirarsi tra i 200 ed i 250 lux. A favore della seconda opzione, oltre alla qualità di riproduzione digitale potenzialmente più elevata, vi sono l’assenza del calore della fonte luminosa, che si riscontra invece nello scanner, nonché il minore grado di manipolazione del materiale d’archivio per posizionarlo sul banco di lavoro fotografico, rispetto a quello necessario per il suo posizionamento sulla slitta di uno scanner, cui si va ad aggiungere la pressione che sul materiale eserciterebbe la copertura dello scanner stesso. A fronte di quanto sin qui esposto si ravvisa pertanto la necessità di predisporre presso il CRDAV – al fine di raggiungere l'obiettivo considerato – un banco di lavoro fotografico in un locale riparato e il più possibile vicino al deposito del materiale archivistico da digitalizzare, provvedendo sia per l’illuminazione dell’ambiente, sia per l’illuminazione diffusa più intensa necessaria alle riprese fotografiche digitali, con un’illuminazione graduabile. Tale soluzione – specie se realizzata con fonti di illuminazione a LED – consente infatti di abbinare allo scarso assorbimento di energia un livello quasi nullo di raggi UV ed una fonte luminosa non produttrice di calore, consentendo quindi di contenere entro limiti del tutto accettabili i potenziali danni arrecati in corso d’opera ai documenti del fondo. Roma, 16.11.2012 Alessandro Califano Dr. Alessandro Califano Curatore – CRDAV (Roma, IT) califano.a@mclink.it