SlideShare a Scribd company logo
1 of 30
Download to read offline
FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE, SOCIOLOGIA,
COMUNICAZIONE
Corso di laurea in
Scienze dell’amministrazione e dell’organizzazione

“LA CONDOTTA ANTISINDACALE: LE VERTENZE FIOM c. FIAT”

RELATRICE

CANDIDATO

Chiar. Ma Prof. Ssa Roberta Bortone

Alessio Samele
MATRICOLA
1275954

ANNO ACCADEMICO 2011/2012

1
“Il lavoro è vita e senza quello esiste solo paura e insicurezza”
John Lennon
“Non sentirti in colpa se non sai cosa vuoi fare della tua vita. Le persone più
interessanti che conosco a ventidue anni non sapevano che fare della loro vita. I
quarantenni più interessanti che conosco ancora non lo sanno”
The Big Kahuna

2
Sono trascorsi quattro anni di studio, di soddisfazioni, di risate, di momenti difficili,
e mi pare doveroso ringraziare le persone che mi sono state vicine.
Desidero innanzitutto ringraziare la professoressa Bortone per i suoi consigli,
l’attenzione dimostrata verso il mio lavoro.
Grazie a Giorgio Saccoia che gestisce l’account Twitter ufficiale della Cgil per
avermi messo in contatto con Lorenzo Fassina e Andrea Allamprese dell’ufficio
giuridico, validi e preziosi aiuti.
Grazie a Luca, Fernando e Stefano che hanno condiviso con me l’esperienza
universitaria e l’ hanno resa indimenticabile.
Grazie a Francesca che mi ascolta e supporta da tantissimi anni e sono certo non
smetterà.
Grazie a Claudia che ha letto, riletto e corretto questa tesi. Non lo dimenticherò mai.
Grazie ad Alessio.
Un ringraziamento speciale va ai miei fratelli, Alessandro, Simone e, soprattutto,
Manuel per essermi stati sempre vicino.
Dedico il mio lavoro ai miei genitori. Senza di loro tutto ciò non sarebbe stato
possibile. Grazie di cuore.

3
Indice

Abstract ...................................................................................................................... 5
Introduzione ............................................................................................................... 6

1. Le due cause promosse da Fiom Nazionale .............................................................9
2. I licenziamenti dei delegati sindacali .....................................................................14
3. I contributi sindacali ..............................................................................................20

Conclusioni ...............................................................................................................25

Bibliografia ...............................................................................................................29
Sitografia ...................................................................................................................30

4
Abstract
Behaviour adopted by the employer with the intention of denying or limiting the
exercise of trade union freedom and activity, as well as the right to strike. Although it
has been expressly declared illegal by Article 28 of the Workers'. The term
"behaviour" is to be understood in a wide sense, and includes not only purely
material actions (such as threats or intimidation) but also omissions (such as refusal
to promote committed trade unionists). As regards the interest protected, it is
characterized by the interdependence of individual and group interests (consequently
certain anti-union behaviour is described as multi-offensive).
It is up to the judge to assess anti-union behaviour and to distinguish it from purely
antagonistic behaviour, which is perfectly legitimate within a system of industrial
relations of the adversarial type. The process of repression of employers' anti-union
behaviour introduced by the same Article 28 provides that, when appealed to by the
local bodies of the national trade union associations concerned, the "pretore" (judge
of first instance) of the place where the alleged behaviour has taken place shall
summon the parties within the next two days and, assuming that adequate
information is provided to support the charge of anti-union behaviour, order that it
should cease and that its effects should be eliminated.
This paper describes the legal dispute between the Fiom and Fiat from september
2011 until the present.

5
Introduzione
L’art. 28 della legge 300 del 20 maggio 1970 ha rappresentato una grande novità nel
sistema di relazioni industriali del nostro paese, disponendo che di fronte ad un
comportamento del datore di lavoro diretto ad impedire o a limitare l'esercizio della
libertà e della attività sindacale, nonché del diritto di sciopero, gli organismi locali
delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse possono proporre
ricorso al giudice del lavoro del tribunale del luogo ove è stato posto in essere il
comportamento, per chiedere che quest'ultimo cessi e che i suoi effetti vengano
rimossi. La norma ha allargato l’area dell’intervento giurisdizionale includendovi
relazioni prima lasciate al rapporto di forza e il conflitto industriale viene
riconosciuto nella sua dimensione collettiva.
Il disposto dell’art. 28 St. lav. tutela “la libertà e l’attività sindacale, nonché il diritto
di sciopero”. Una simile espressione, mirata a sostegno dell’attività sindacale,
richiama le norme inserite in Costituzione in tema di conflitto industriale (gli artt. 39
e 40 Cost.) e anche le norme poste nella stessa legge 300/1970, in particolare l’art.14.
L’interesse tutelato dalla norma non è solo della libertà sindacale, bensì quello alla
libertà di tutti i lavoratori e di tutti i sindacati.1 Si è parlato di plurioffensività del
comportamento, nel senso che questo è idoneo ad incidere, nello stesso momento,
sull'interesse individuale e sull’interesse collettivo, ambedue protetti, ancorché da
norme differenti; nulla esclude, quindi, che il sindacato agisca autonomamente per la
difesa di quest’ultimo ( Lanfranchi 1971; Persiani 2005).
Legittimato alla proposizione dell'azione è il sindacato. Il legislatore precisa che
questa legittimazione è offerta agli organismi locali delle associazioni sindacali
nazionali; ne sono esclusi, pertanto, da un lato i singoli lavoratori 2 e, dall'altro, tutte
quelle forme di organizzazione della tutela dei lavoratori che non abbiano una
“rappresentatività” nazionale.

1
2

Cass. sent. n. 4839 del 22 aprile 1992
Affermazione ribadita da Cass. sent. n. 9950 del 12 maggio 2005

6
La Corte costituzionale con la sentenza 6 marzo 1974, n. 54, ha affrontato il
problema dell'esclusione dei singoli lavoratori dalla legittimazione attiva, apparsa in
contrasto con l'art. 24 Cost. che garantisce a tutti cittadini di agire in giudizio a tutela
delle proprie posizioni giuridiche attive. L'art. 28, ha ribadito la corte, non si
sostituisce, ma si aggiunge agli ordinari strumenti processuali; ogni singolo
lavoratore, se anche la sua posizione individuale sia lesa dal comportamento
dell'imprenditore, può ricorrere ad essi. Per lo stesso motivo è apparsa infondata
l'altra eccezione sollevata in relazione agli artt. 3, 24, 39 della Costituzione.
Lo scopo di questo elaborato è descrivere il contenzioso giudiziario, in tema di
condotta antisindacale, degli ultimi due anni, che ha visto contrapposti la Fiat alla
Fiom.
Si inizia analizzando le due azioni legali che la Fiom Nazionale ha intentato nei
confronti del gruppo Fiat.
Nella prima i fatti vengono ricondotti al 6 luglio 2011 quando Fiat Group
Automobiles spa (Fga) e Fim, Uilm, Fismic, Ugl hanno sottoscritto un accordo nel
quale veniva stabilita la Cigs per tutti i 4367 lavoratori di Pomigliano e la loro
riallocazione presso Fabbrica Italia Pomigliano (Fip) non in base all’art. 2112 cod.
civ., bensì all’accordo del 29 dicembre 2010.
Nella seconda, il sindacato chiede l’antisindacalità della condotta Fiat e di
condannare l’esclusione di Fiom dai diritti sindacali presso lo stabilimento di
Pomigliano. Il giudice di Torino ha respinto la prima domanda ed accolto la seconda.
Con appello del marzo 2012 presso il tribunale di Roma, la Fiom nazionale si
domanda perché degli assunti fino a quel momento nessuno sia iscritto al suo
sindacato. Con ordinanza la Corte dichiara la natura discriminatoria collettiva e
ordina a Fip di assumere i 145 lavoratori esclusi.
Nell’anno 2010 vi sono stati licenziamenti per motivi disciplinari che hanno colpito i

7
rappresentanti Fiom a distanza di un mese dal primo accordo di Pomigliano (15
giugno 2010 mentre Mirafiori è del 23 dicembre 2010). L’uscita di Fiat da
Federmeccanica (firmataria dell’Accordo Interconfederale che istituiva le Rsu), la
disdetta di tutti gli accordi previgenti e il ritorno all’istituto delle Rsa (art. 19 St.
lav.), hanno reso impossibile creare la rappresentanza di Fiom all’interno degli
stabilimenti Fiat. Nei ricorsi ex art. 28 St. lav., le Fiom dei diversi territori hanno
sostenuto di essere firmatari di accordi applicati e dall’altro proposto una lettura
“costituzionalmente orientata” della norma statutaria.
Infine, nell’ultima parte di questo lavoro, i ricorsi presentati da Fiom contro la
decisione di Fiat di non ritenere possibile che i lavoratori finanzino il proprio
sindacato attraverso lo strumento delle “deleghe sindacali”, confidando sul fatto che
la Fiom non avesse firmato il contratto collettivo di settore del 13 dicembre 2011.
Si procederà suddividendo gli eventi brevemente descritti, in tre paragrafi che
riguardano: le due cause promosse da Fiom Nazionale, il licenziamento dei delegati
sindacali e, infine, il diritto ai contributi sindacali.

8
1. Le due cause promosse da Fiom Nazionale
In data 21 novembre 2011 tutte le società del gruppo Fiat e del gruppo Fiat Industrial
hanno comunicato alle organizzazioni sindacali, nelle loro istanze nazionali e
territoriali di rispettiva competenza, il recesso, a far data da gennaio 2012, da tutti i
contratti applicati nei rispettivi gruppi e da tutti gli altri contratti o accordi collettivi
aziendali territoriali vigenti.
Nella prima sentenza che si intende analizzare, l’organizzazione sindacale Fiom-Cgil
agisce nei confronti di Fiat spa, Fiat group automobiles spa (Fga), Fabbrica Italia
Pomigliano spa (FIP) e chiede al Tribunale di Torino di dichiarare l’illegittimità e
nullità dell’applicazione degli accordi del 29 dicembre 2010 e del 17 febbraio 2011.
In base ad essi una nuova azienda subentra a Fiat nella gestione dello stabilimento,
riassumendo i lavoratori già impiegati.
Inoltre si chiede di garantire il diritto di Fiom-Cgil di continuare a fruire dei diritti di
rappresentanza e sostegno all’attività sindacale previsti dallo Statuto dei lavoratori e
contratti collettivi e il diritto degli operai iscritti a Fiom di proseguire il rapporto di
lavoro con Fip, ai sensi dell’art. 2112 cod. civ.
Il giudice si è espresso affermando la validità e l’efficacia degli accordi di
Pomigliano, capaci di regolare i rapporti di lavoro dei lavoratori assunti dalla nuova
azienda.
In base all’art. 2112 cod. civ., comma 3, il cessionario applica i trattamenti normativi
ed economici previsti dal contratto in vigore alla data del trasferimento, salvo che
non sia sostituito da un contratto di pari livello e, nel caso in esame, gli accordi
sopracitati si qualificano di primo livello, idonei a sostituire il Ccnl precedentemente
applicato.
Concluso questo aspetto non resta che esaminare la questione della mancata
rappresentanza aziendale per Fiom-Cgil.

9
Fino a questa vicenda i fenomeni di contrattazione separata che si sono verificati nel
comparto metalmeccanico non hanno avuto conseguenze negative sulla costituzione
di rappresentanze sindacali dal momento che se il sindacato non firmatario non
poteva costituire proprie Rsa, veniva in soccorso l’Accordo del 20 dicembre 1993
che istituiva le Rappresentanze sindacali unitarie (Rsu). Tale accordo prevede che le
organizzazioni sindacali firmatarie ̶

e quelle che vi abbiano successivamente

aderito ̶ acquistino diritto, nelle unità produttive che abbiano più di 15 dipendenti, di
promuovere la formazione di Rsu e di partecipare alle relative elezioni, rinunciando a
costituire proprie Rsa. Di conseguenza, la Rsu subentra alle Rsa di tutti sindacati che
hanno stipulato l'accordo, che vi abbiano successivamente aderito, “nella titolarità di
diritti, permessi e libertà sindacali”del Titolo III dello Statuto (art.4, parte I) nonché
“nella titolarità dei poteri e nell'esercizio delle funzioni” attribuite dalla legge (art.5,
parte I).
L’uscita di Fiat da Federmeccanica aggrava la situazione e dal momento che il
sindacato ricorrente non è firmatario dei contratti collettivi su richiamati, applicati
nella fabbrica di Pomigliano d’Arco, gestita da Fabbrica Italia Pomigliano, non può
costituire nessuna Rsa né usufruire dei diritti del Titolo III della legge 300/1970.
Il giudice, per risolvere questa delicata situazione, ricorre a un problematico “abuso
del diritto di contrattazione” da parte del datore di lavoro.
L’abuso consiste in un utilizzo improprio del diritto di negoziare, finalizzato ad
estromettere dall’azienda un sindacato certamente dotato di seguito.
Si procede la qualificazione come antisindacale del relativo disconoscimento e la
condanna del nuovo datore di lavoro a riconoscere i diritti previsti dagli artt. 19 a 27
dello Statuto dei lavoratori.
La seconda sentenza promossa da Fiom nazionale riguarda la mancata assunzione da
parte di Fip spa di 145 operai iscritti a Fiom-Cgil.

10
Il 6 luglio 2011, al ministero del lavoro, veniva stabilito il ricorso alla Cigs per tutti i
4367 lavoratori dello stabilimento di Pomigliano d’Arco e la loro riallocazione, ma
benché siano riprese le assunzioni e i lavori per la “Nuova Panda”, nessuno degli
iscritti a Fiom-Cgil è stato assunto da Fip spa. A questo punto il sindacato denuncia
una situazione di disuguaglianza di trattamento verso i propri iscritti e interviene
richiamando in aiuto l’art. 5 del decreto legislativo del 9 luglio 2003, n. 216 che
permette

alle

rappresentanze

locali

delle

organizzazioni

maggiormente

rappresentative sul piano nazionale, di agire a sostegno del soggetto passivo della
discriminazione.
L'art. 15 dello Statuto dei lavoratori sancisce la nullità degli atti discriminatori; nel
punto a), stabilisce la nullità di qualsiasi patto o atto diretto a subordinare
l'occupazione di un lavoratore alla condizione che aderisca o non aderisca ad
un'associazione sindacale ovvero che cessi di farne parte. Oltre alla nullità dell'atto è
prevista anche l'applicazione di una sanzione penale. Un'altra tipologia di atti
discriminatori e quella contenuta nel punto b), che sancisce la nullità di qualsiasi
patto o atto diretto a licenziare un lavoratore, a discriminarlo nell'assegnazione di
qualifiche ovazioni, nei trasferimenti, nei provvedimenti disciplinari, o arrecargli
altrimenti pregiudizi a causa della sua affiliazione o attività sindacale , ovvero a
causa della partecipazione ad uno sciopero. Nel caso in esame ricorre l’art.4 del d.lgs
216/03 che ha modificato il comma 2 dell’art.15, aggiungendo le discriminazioni
basate sulle convinzioni personali, le quali includono l’affiliazione sindacale.
A sostegno delle proprie ragioni, la Fiom-Cgil ha commissionato una simulazione
statistica al professore Olson, il quale insegna all’Università di Birmingham, in
merito alla possibilità che i 382 operai (dato che risale al gennaio 2011) possano
essere esclusi dagli assunti allo stabilimento di Pomigliano d’Arco. In una selezione
casuale, la probabilità che nessun iscritto Fiom venisse scelto per la riallocazione
ammonta ad una su dieci milioni.

11
Secondo Fip, il rifiuto di Fiom-Cgil alla trattativa e al contenuto del contratto di
primo livello e della versione del 13 dicembre 2011, appare incompatibile con lo
svolgimento dell’attività di lavoro.
Ma il giudice ordina al datore di lavoro di assumente 145 lavoratori iscritti a Fiom e
di mantenere l’8,75% degli assunti a favore del sindacato ricorrente.
La sentenza in appello del 19 ottobre 2012 ricorda che i 19 lavoratori hanno agito
con azione per discriminazione diretta individuale dando mandato alla Fiom di
rappresentare e tutelare i propri interessi ai sensi dell'art. 5, comma 1, d.lgs. 216/03.
Riconosciuta la disparità di trattamento operata da Fiom nei confronti di tutti i suoi
affiliati, la loro mancata assunzione da parte di Fip costituisce senz'altro condotta
illecita per contrarietà alla norma di cui all'art. 2, comma 1, d.lgs. 216/03.
Secondo la Corte, si è in presenza di una condotta di Fip che lede sia i diritti
individuali del lavoratore sia l'interesse collettivo del sindacato.
È proprio in occasione delle vicende che hanno generato il contrasto tra la Fiom e la
Fip, in precedenza Fga, che si capisce come l'affiliazione sindacale rappresenti una
concezione del lavoro e della dignità dell'individuo certamente ascrivibile tra le “
convinzioni personali” e, per questo motivo, suscettibile di tutela in quanto oggetto
di possibili atti discriminatori vietati. Il principio di non discriminazione risulta
perciò posto a presidio della dignità umana anche in ambito lavorativo. Si tratta di un
principio espresso con chiarezza dall'art. 4, c. 1, Cost. per il quale “la Repubblica
riconosce a tutti cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano
effettivo questo diritto”.
Si ribadisce, inoltre, come l'esito della simulazione matematica sia un dato
estremamente rilevante che fa risaltare maggiormente la percentuale pari a zero di
iscritti Fiom assunti da Fip al giugno del 2012.

12
Viene confermata la discriminazione collettiva nelle assunzioni di Fip nei confronti
degli operai iscritti a Fiom-Cgil, si intima la cessazione del comportamento
antisindacale e la rimozione degli effetti.

13
2. Il licenziamento dei delegati sindacali
Le sentenze che questa seconda parte della tesi si appresta ad esaminare risalgono ai
primi mesi del 2012 e partono da un comune avvenimento: la mancata sottoscrizione
da parte di Fiom-Cgil dei contratti di Pomigliano e Mirafiori prima e del contratto
collettivo specifico di lavoro (Ccls) del 13 dicembre 2011; di conseguenza, quindi,
l’impossibilità, stando alla norma dell’art. 19 dello Statuto dei lavoratori, di costituire
proprie Rsa per le associazioni sindacali che non hanno firmato contratti collettivi
applicati al settore produttivo.
Nella sua formulazione originaria, l’art.19 individuava come soggetti titolari dei
diritti sindacali le rappresentanze sindacali aziendali, costituite ad iniziativa dei
lavoratori, operanti nell’”ambito”: a) delle associazioni aderenti alle confederazioni
maggiormente rappresentative sul piano nazionale; b) delle associazioni, non affilate
alle predette confederazioni, che siano firmatarie dei contratti collettivi nazionali o
provinciali di lavoro applicati nell’unità produttiva. il criterio principale era quello
riassunto nella formula “confederazioni maggiormente rappresentative”. Implica un
giudizio di rappresentatività che è stata definita storica, perché basata sul dato storico
dell’effettività dell’azione sindacale svolta dalle grandi confederazioni. La nozione di
sindacato maggiormente rappresentativo offre una duplice funzione: da un lato,
selezionare, tra i sindacati, quelli che sono effettivamente soggetti del sistema di
relazioni industriali e, dall’altro, perseguire una politica del diritto che favorisca le
forme di aggregazione sindacale più ampie.
La dottrina (Grandi 1976; Giugni e Curzio 1979) e la giurisprudenza sul testo
originario dell’art.19 lett. a), della l. n. 300/1970 ( ad esempio, Cass. n. 7622 del 10
luglio 1991) hanno enucleato i seguenti elementi: consistenza del numero degli
iscritti, svolgimento di un’attività di contrattazione e, in genere, di autotutela con

14
caratteri di effettività, di continuità e sistematicità.
Prima del referendum indetto l’11 giugno 1995 la Corte costituzionale3 ha affermato
con chiarezza che la selezione tra i sindacati non viola l’art. 39 Cost. se non tocca la
libertà sindacale, ma è funzionale all’attribuzione di diritti o poteri aggiuntivi che
vanno oltre la stessa.
La questione di legittimità era stata posta anche in relazione all’art. 3 Cost.: la Corte
ha affermato che la scelta del legislatore di non conferire a tutti i diritti sindacali è
“razionale e consapevole, tenendo presente gli scopi che si propone la legge
300/1970 [che] ha infatti voluto evitare che singoli individui o piccoli gruppi isolati
di lavoratori (…) possano pretendere di esplicare tale funzione [di rappresentanza
aziendale] (…) e possano dar vita a un numero imprevedibile di organismi (…) i
quali, interferendo nella vita dell’azienda a difesa di interessi (…) anche in contrasto
fra loro, abbiano il potere di pretendere l’applicazione di norme che hanno fini assai
più vasti”.
Il referendum del 1995 ha abrogato il primo criterio dell’art. 19, eliminando l’intera
lett. a), e a modificare il secondo, eliminando le parole “nazionali o provinciali”. Il
risultato è che il criterio selettivo di rappresentanza è oggi unico: la Rsa deve essere
costituita – sempre ad iniziativa dei lavoratori – nell’ambito di un sindacato che
abbia stipulato un contratto collettivo applicato nell’unità produttiva, quale che sia il
livello di tale contratto, compreso quello aziendale che in precedenza non era
sufficiente a tale fine
Nei ricorsi ex art. 28 della legge 300/1970 le varie Fiom territoriali hanno chiesto e,
in molti casi, ottenuto la dichiarazione di antisindacalità del comportamento della
parte convenuta per aver negato l’esercizio dei diritti di cui al Titolo III dello Statuto
dei lavoratori per i dirigenti delle Rsa Fiom.

3

Corte cost. n. 54 del 6 marzo 1974

15
Nella fattispecie in esame, i Tribunali di Bologna4, Napoli5, Bari6, Larino7, Lanciano8
e Verona9 hanno proposto una lettura “costituzionalmente orientata10” della norma
statutaria che regola la formazione delle rappresentanze sindacali, poiché
un’interpretazione strettamente letterale dell’art 19 St. lav. non permetterebbe di
accogliere le richieste di Fiom-Cgil.
E’ opinione di questa parte della giurisprudenza di merito che la norma garantisce
l’esercizio dei diritti sindacali del Titolo III dello Statuto dei Lavoratori a tutte le
associazioni sindacali che meritino tutela sulla base di una loro effettiva
rappresentatività (verificabile in base ad elementi oggettivi).
Occorre indagare la ratio legis dell’art 19 St. lav. tenendo presente le vicende che
portarono al referendum abrogativo. Si ritiene che in quell’occasione venne scelto di
stabilire un criterio minimo di rappresentatività, provvedendo solo ad eliminare la
rappresentatività presunta per valorizzare la rappresentatività effettiva.
Censure di legittimità costituzionale sono state proposte anche nei confronti del testo
della norma successiva al referendum. Su di essa la Corte costituzionale si è
pronunciata con la sentenza 12 luglio 1996, n. 244, la quale viene richiamata nelle
sentenze in esame.
In particolare l’interpretazione deve garantire che il meccanismo basato sulla
sottoscrizione di un contratto collettivo, anche solo aziendale, risponda al fine di
misurare la consistenza reale del sindacato e non finisca per condizionare il
riconoscimento della rappresentatività alla scelta del datore di lavoro di sottoscrivere
un contratto con quello specifico sindacato. La sottoscrizione del contratto collettivo
deve essere indice della “capacità del sindacato di imporsi al datore di lavoro,
direttamente o attraverso la sua associazione, come controparte contrattuale”.11

4

Decreto 27 marzo 2012
Decreto 12 aprile 2012
6
Decreto 20 aprile 2012
7
Decreto 23 aprile 2012
8
Decreto 30 aprile 2012
9
Decreto 8 maggio 2012
10
la Corte costituzionale, in linea di principio, non indica al giudice a quo quale dovrebbe essere
l’interpretazione da seguire in concreto per “salvare” la norma, ma tuttavia talvolta la Corte lascia
intendere, in modo più o meno esplicito, la linea interpretativa che il giudice potrebbe (o dovrebbe)
seguire per superare la prospettata illegittimità costituzionale della norma censurata. (P. A. Capotosti,
La Corte costituzionale: giudice della libertà o dei conflitti?, in federalismi.it n. 5/2012.)
11
Corte cost. n. 244 del 12 luglio 1996
5

16
Da tale premessa derivano due corollari. In primo luogo, occorre una partecipazione
attiva al processo di formazione del contratto e non una semplice adesione formale a
un contratto negoziato da altre associazioni sindacali.
In secondo luogo “deve trattarsi di un contratto normativo che regoli i rapporti di
lavoro o un istituto della loro disciplina, anche in via integrativa, a livello aziendale,
di un contratto nazionale o provinciale già applicato nella stessa unità produttiva”.12
I giudici di merito rilevano che se la sottoscrizione di accordi non è che un indice di
rappresentatività13 del sindacato, può essere anche non sufficiente in caso di mancata
partecipazione alle trattative.
Il percorso argomentativo del giudice costituzionale ha lo scopo di evidenziare che
l’associazione sindacale deve godere di rappresentatività effettiva e di effettiva
azione sindacale nell’ unità aziendale che può palesarsi anche nella partecipazione
dialettica delle parti ai fini della stipula del contratto, pure nell’ ipotesi in cui una
delle associazioni sindacali che siede al tavolo delle trattative ritenga di non poter
stipulare il contratto collettivo.
Nei casi in esame, la Fiom-Cgil ha partecipato ai lavori per la stipulazione del
contratto collettivo attraverso i suoi rappresentanti sindacali, pur senza giungere alla
fase di stipula e sottoscrizione.
Basandosi su queste motivazioni i giudici hanno accolto i ricorsi presentanti dal
sindacato ricorrente.
Alle vicende fin qui analizzate, se ne contrappone una ulteriore.
Riguarda la sentenza emessa dal tribunale di Mantova in data 4 giugno 2012, il quale
non ritenendo possibile forzare il dato letterale dell’art.19 dello Statuto dei lavoratori,
ha sospeso il giudizio e ha sollevato la questione di legittimità costituzionale della
norma, in contrasto con gli artt. 2, 3 e 39 della Costituzione perché qualsiasi tentativo
di addivenire ad una interpretazione costituzionalmente orientata sarebbe in contrasto

12

Ibid.
Corte cost. 492/1995: “fra gli indici di rappresentatività il dato quantitativo, costituito dalla misura
di adesione formale al sindacato, ha una grande rilevanza, ma non possono essere trascurati altri indici
come quello della maggiore attitudine ad esprimere gli interessi dei lavoratori, specie in relazione
all’attività svolta per la composizione dei conflitti”
13

17
sia con la lettera sia con la ratio della norma in esame.
Secondo il tribunale il criterio selettivo di cui all'articolo 19 dello Statuto dei
lavoratori fondato sulla sottoscrizione del contratto applicato, mostra limiti di
irragionevolezza. L'applicazione della norma in momenti di rottura dell'unità
sindacale, ha portato a ritenere la Fiom, in conseguenza della mancata firma al
contratto applicato nelle aziende del gruppo Fiat, non rappresentativo nonostante si
tratti di un sindacato che vanta il maggior numero di iscritti rispetto ad altri e quindi
dovrebbe essere più meritevole delle tutele di cui al Titolo III.
La contraddittorietà tra la rappresentatività desunta dalla sottoscrizione del contratto
e quella in realtà posseduta dalle varie associazioni sindacali rivela come non possa
assumere valore della effettiva forza sindacale bensì di un loro atteggiamento
collaborativo nei confronti della controparte datoriale.
L'applicazione del criterio selettivo di cui all'art. 19 lettera b) é lontana dalla realtà
dell'effettiva rappresentatività che emerge anche da una lettura attenta della sentenza
n. 244/1996, risulta essere divergente con il c. 4 dell'art. 39 Cost., ma anche con il
parametro riferito ai sindacati comparativamente più rappresentativi utilizzato da
un'ampia legislazione, da ultimo, l'art. 8 della legge 148 del 2011, nel momento in
cui privilegia il criterio maggioritario, scartando la possibilità che un sindacato
realmente maggioritario come la Fiom possa essere escluso a favore di sindacati
minoritari seppur firmatari.
Inoltre, il tribunale ritiene che la norma statutaria sarebbe in contrasto anche rispetto
al criterio di rappresentatività minima, desunto da una combinazione di dati
associativi o elettorali, presente sia nel decreto legislativo n. 165 del 2001 (art. 43),
sia nell'accordo interconfederali del 28 giugno 2011.

18
Il godimento dei diritti del Titolo III sarebbe legato ad un principio di
rappresentatività che poggia sul semplice dato formale dell’adesione a un contratto
applicato all'unità produttiva. La norma apparirebbe irrazionale, anche, perché indice
inidoneo dell'effettiva rappresentatività delle organizzazioni sindacali, così da tradire
l'essenza stessa della disposizione dello statuto, volta a incentivare l’attività sindacale
del maggior numero di lavoratori, che trova espressione nel principio solidaristico
espresso dall'art. 2 della Costituzione nonché nello stesso principio di uguaglianza
sostanziale di cui al secondo comma dell'art. 3 della Costituzione.

19
3. I contributi sindacali
Il comma 1 dell'art. 26 dello Statuto dei lavoratori riconosce la libertà di svolgere
opera di proselitismo (propaganda orale o scritta, raccolta di contributi ed iscrizioni
ecc…) in favore delle proprie organizzazioni sindacali “all'interno dei luoghi di
lavoro, [ma] senza pregiudizio del normale svolgimento dell'attività aziendale”. Si
tratta dello sviluppo dell'art. 1 St. lav. che riconosce il diritto di manifestare
liberamente il proprio pensiero anche all'interno dei luoghi di lavoro e la garanzia a
svolgere attività sindacale per i lavoratori così come dispone l'art. 14 dello Statuto.
L'esercizio del diritto non sospende l'attività lavorativa, ma l'imprenditore non può
impedire e ostacolare la normale attività di proselitismo. Inoltre una sentenza della
Cassazione14 ha riconosciuto a tutti i lavoratori (sfugge la logica selettiva propria del
Titolo III) il diritto al proselitismo e alla raccolta dei contributi.
Quest'ultimo aspetto riguarda le quote che ciascun iscritto versa all'associazione
sindacale in esecuzione delle disposizioni statutarie e delle deliberazioni degli organi
sociali, per costituire un fondo comune all'associazione (art. 37 cod. civ.). Pertanto è
un'obbligazione liberamente assunta a seguito dell'iscrizione.
Il secondo e il terzo comma dell'art. 26 St. lav. avevano previsto l'obbligo dei datori
di lavoro di trattenere dalla busta paga dei lavoratori, previa apposita delega, il
contributo sindacale e di versarlo all'organizzazione scelta dal lavoratore stesso.
Queste norme sono state abolite a seguito del referendum tenutosi l'11 giugno 1995.
Il risultato è stato soltanto quello di eliminare l'obbligo ex lege a carico del datore di
lavoro di operare le suddette ritenute, restituendo all'autonomia privata la
regolamentazione degli interessi in gioco.
Venuta meno la fonte legislativa dell'obbligo del datore di lavoro di effettuare la
trattenuta, rimane la fonte contrattuale. L'azienda applica un contratto collettivo che
regola la materia e il suo obbligo troverà nel contratto collettivo la sua fonte.

14

Cass. n.1312 del 5 febbraio 2000

20
Si era posto il problema della sussistenza o meno del diritto delle associazioni
sindacali non firmatarie del Ccnl a godere del meccanismo della trattenuta del
correlativo obbligo di operare la trattenuta.
I Tribunali di Torino (cinque diversi giudici15), Trento16, Milano (tre diversi
giudici17), Bolzano18, Ancona19, Alba20, Napoli (due diversi giudici21), Bari22,
Bologna23, Ariano Irpino24, Nola25, Verona26, Piacenza27, hanno dichiarato
antisindacale il comportamento di Fiat che non ha riconosciuto il diritto agli operai
iscritti alla Fiom-Cgil di finanziare la propria associazione sindacale attraverso le
“deleghe sindacali”.
Le sentenze che si andranno ad analizzare partono da un unico problema: le società
legate al gruppo Fiat sin dal 30 settembre 2011 hanno comunicato la volontà di
uscire da Confindustria con effetto dal 1 gennaio 2012, slegandosi dall'obbligo di
applicare i contratti collettivi sottoscritti.
Nel caso di inesistenza di un contratto collettivo, la delega rilasciata dal lavoratore al
sindacato dovrà essere ricostruita come cessioni di credito (art. 1260 cod. civ.)
(Alleva 1994).
Alcuni28 hanno, invece, sostenuto che si deve fare ricorso alla figura della
delegazione di pagamento (artt. 1268 e 1269 cod. civ.).
Nella prima ipotesi, a differenza della seconda, il debitore ceduto (il datore di lavoro)
non deve prestare il suo consenso.
Le Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza n. 28269/2005 si sono pronunciate
nel senso dell’utilizzabilità dell'istituto della cessione del credito, in materia di
15

Decreti 12.3.2012; 7.5.2012; 28.6.2012; 10.7.2012; sentenza 26.7.2012
Decreto 14.6.2012
17
Decreti 22.6.2012; 19.7.2012; 25.7.2012
18
Decreto 26.6.2012
19
Decreto 3.7.2012
20
Decreto 5.7.2012
21
Decreti 12.7.2012; 25.7.2012
22
Decreto 24.7.2012
23
Decreto 24.7.2012
24
Decreto 30.7.2012
25
Decreto 30.7.2012
26
Decreto 13.8.2012
27
Decreto 31.8.2012
28
Dell’Olio 1975
16

21
contributi sindacali. Secondo i giudici delle Sezioni Unite, resta ammissibile senza
limitazioni, il ricorso a tutti i possibili strumenti negoziali che consentono di
realizzare lo scopo di versare ai sindacati la quota associativa mediante ritenuta sulla
retribuzione.
Di conseguenza il rifiuto ingiustificato dei datori di lavoro di eseguire pagamenti a
favore dei sindacati non firmatari, cessionari delle quote retributive, configura
condotta antisindacale laddove i lavoratori hanno rilasciato autorizzazione a
trattenere dalla retribuzione i contributi, in quanto pregiudica sia il diritto dei
lavoratori di scegliere liberamente il proprio sindacato, sia il diritto dell'associazione
sindacale ad acquisire i mezzi della propria attività29
Inoltre, il datore di lavoro deve provare l’esistenza di un onere aggiuntivo
insostenibile per la sua azienda per adempiere alla cessione del credito.
Secondo la Fiat la sentenza n.28269/2005 delle Sezioni Unite, però, si riferisce al
solo regime normativo vigente fino al 31 dicembre 2004, prima della modifica
legislativa che ha esteso ai datori di lavoro privati l'applicazione del d.p.r. n.
180/1950 che contiene il divieto generale di sequestrabilità, inviolabilità e cedibilità
di stipendi, salari, pensioni.
La natura inderogabile della disciplina del d.p.r. n.180 trova fondamento negli artt. 1,
5, 52 e 55 e risulta che il legislatore ha inteso garantire una tutela ampia dei crediti di
lavoro, legittimandone la cessione se rispetta la causa/finalità a cui deve essere
preordinata la cessione stessa.
Nello specifico, l’art. 1 nello stabilire il divieto di cedibilità dei crediti di lavoro
anche per i dipendenti privati, fa salve le eccezioni previste dagli articoli seguenti. Il
successivo art. 5 disciplina la facoltà degli impiegati e salariati di contrarre prestiti da
estinguersi mediante cessione di retribuzione nel limiti del quinto; invece l’art. 52
specifica i casi che prevedono il ricorso alla cessione della retribuzione.

29

Cass. 20.3.2009, n.6905

22
Infine, l’art. 55 prevede l’applicazione di alcune disposizioni del Titolo II, relative a
specifici requisiti di validità della cessione.
Quindi, secondo il disposto dell’art. 52, si può concludere che il cedente (in questo
caso il lavoratore aderente al sindacato Fiom-Cgil), in luogo di corrispondere al suo
creditore (organizzazione sindacale) la prestazione dovuta (contributo sindacale), gli
ceda in pagamento parte del credito (futuro) che egli ha nei confronti del debitore
ceduto (datore di lavoro). Privare il sindacato della possibilità di raccogliere i fondi
necessari per la propria attività sindacale protetta e garantita dalla legge, determina
condotta antisindacale a prescindere dalla sottoscrizione o meno dei contratti
collettivi.
Inoltre, anche se i dipendenti dovessero trovarsi in cassa integrazione guadagni
straordinaria (Cigs) per cessazione di attività, dovrebbero poter versare le proprie
quote a favore del sindacato a cui sono iscritti. Nel Decreto 30.7.2012, il tribunale di
Nola spiega chiaramente come la Cigs non interrompa il rapporto lavorativo ma da
una parte determina la sospensione della prestazione lavorativa dovuta, e dall’altra
l’erogazione di un’indennità, anticipata dall’imprenditore, a carico dell’Inps in
sostituzione della retribuzione.
Fiat ha sollevato la questione di legittimità dell’art. 1260 cod. civ. nei confronti degli
artt. 39, 41 e 75 Cost. nei tribunali di Alba, Bari, Trento e Milano.
Ad Alba, il giudice ravvisa come l’abrogazione dei commi 2 e 3 dell’art 26 St. lav. a
seguito del referendum del 1995, non risulta essere incompatibile col fatto che il
diritto di riscuotere i contributi sindacali possa essere riconosciuto ora su base
contrattuale; appare infondata anche la questione di legittimità sollevata con
riferimento agli artt. 39 e 41 Cost.
Il principio di libertà sindacale sancito dal primo comma dell’art. 39 Cost. tutela la
possibilità di organizzazione, autodeterminazione dei sindacati e non appare essere

23
violato dalla norma codicistica che si limita solo a consentire una determinata
modalità di pagamento delle quote.
Non vi sarebbe violazione dell’art. 41 Cost perché gli oneri aggiuntivi a carico
dell’imprenditore dal versamento delle ritenute non sarebbero privi di fondamento
normativo, essendo ricavabili dal dispositivo dell’art. 1260 cod. civ.
Anche il tribunale di Bari ha rigettato la questione di legittimità dell’art. 1260 cod.
civ. con le norme costituzionali citate con le stesse motivazioni, aggiungendo che la
delega di pagamento conferita dal singolo all’azienda costituisce l’applicazione
dell’autonomia privata del lavoratore.
Infine, anche Trento e Milano non ravvisano nessun contrasto dell’art. 1260 cod. civ.
con la Costituzione perché la consultazione referendaria non può avere come effetto
quello di precludere alle parti il ricorso ad altri strumenti idonei a raggiungere i
medesimi risultati.

24
Conclusioni
Come accennato nell’introduzione, l’intento di questo elaborato era descrivere il
contenzioso giudiziario in tema di condotta antisindacale che in questi ultimi due
anni ha visto protagonisti la Fiom, il sindacato dei lavoratori impiegati nelle imprese
metal meccaniche, e la Fiat, il più importante gruppo industriale italiano.
In principio è stato l’accordo di Pomigliano d’Arco del 15 giugno 2010; poi sono
venute, quasi a cascata, la disdetta di Federmeccanica del Ccnl del 20 gennaio 2008
con decorrenza dal 2012 e la stipulazione, in data 29 settembre 2010, tra
Federmeccanica, Fim e Uilm di un’intesa che consente a livello territoriale di
raggiungere “specifiche intese modificative, anche in via sperimentale o
temporanea”. Questa intesa prevede le condizioni (crisi occupazionali o progetti di
investimento) in presenza delle quali si potranno introdurre deroghe e le procedure
per la loro introduzione.
Successivamente, la stipulazione prima in data 23 dicembre 2010, per la società che
opererà a Mirafiori e poi, in data 29 dicembre 2010, per i lavoratori che passeranno a
Fip di un contratto sostitutivo del Ccnl.
I contratti in questione sono contratti “separati”, nel senso che non sono sottoscritti
da tutti i sindacati tradizionalmente partecipi del sistema di contrattazione collettiva:
in particolare non sono stati sottoscritti da Fiom-Cgil.
Il fatto che la Cgil abbia sottratto la sua disponibilità, facendo venir meno l’unicità
contrattuale, enfatizza il problema dell’ambito soggettivo dell’efficacia dei contratti
collettivi (nell’inattuazione dell’art. 39 Cost.) così come dei rapporti tra contratti
collettivi di diverso livello.
Sicuramente risulterebbe necessario un intervento legislativo sulla rappresentatività
sindacale e sull’efficacia della contrattazione collettiva.

25
Il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, in una lettera pubblicata sul
Corriere della sera del 4 novembre 2012 rilancia la strada indicata dall’Accordo
interconfederale del 28 giugno 2011 e soprattutto rimanda al governo la possibilità di
un decreto che recepisca i contenuti dell’Accordo.
Prima importante novità dell’Accordo di giugno è il venir meno del principio in base
al quale il contratto aziendale non poteva disciplinare materie oggetto di
regolamentazione da parte della contrattazione nazionale.
Seconda novità è il rapporto coordinato e controllato tra contratto nazionale e
aziendale (punti 2 e 3) e, inoltre, al punto 7 si propone il ruolo del contratto collettivo
aziendale come strumento efficace alle esigenze degli specifici contesti produttivi. La
contrattazione aziendale in deroga può svilupparsi in assenza o in attesa che i rinnovi
dei contratti d categoria definiscono la materia.
Circa la rappresentatività, nodo centrale e delicato della vicenda di Pomigliano,
l’Accordo ripropone la soluzione condivisa nell’Intesa del 2008: affidare al Cnel un
ruolo

indipendente

di

certificazione

della

rappresentatività

basata

sulla

rappresentatività associativa (numero di lavoratori iscritti) e elettorale (i consensi
ottenuti dalle Rsu).
In questo modo i sindacati diversi da quelli firmatari dell’accordo sono legittimati a
negoziare anche in ambito extra-aziendale. La disciplina posta appare dotata di
capacità inclusiva di associazioni terze che ovviamente dovranno aderire a un
sistema di regole varato da alcuni soggetti (Scarpelli 2011).
Per quanto riguarda il discusso art.8 della legge n. 148 del 14 settembre 2011, la
norma assegna ai contratti di prossimità30 delle aree di intervento: riscrivere le regole
dei rapporti di lavoro e cambiare le sanzioni che accompagnano i licenziamenti
illegittimi.

30

Hanno la capacità di definire regole del lavoro che modificano norme di legge oppure di contratto
collettivo nazionale. Gli accordi collettivi che perseguono alcuni fini (migliore organizzazione
aziendale, qualità del lavoro) e sono firmati da sindacati maggioritari in azienda, possono cucire
addosso all’azienda un sistema di regole su misura, che tiene conto delle sue esigenze e di quelli dei
suoi dipendenti.

26
Con riferimento alla prima area di intervento, le deroghe dovranno far parte di intese
più ampie che perseguano obiettivi chiari elencati dalla norma, quali il
miglioramento dell’organizzazione aziendale, l’emersione di rapporti di lavoro, i
nuovi investimenti ecc... Le deroghe non potranno essere svincolate da un progetto di
riorganizzazione aziendale o territoriale.
La seconda parte dell’articolo assegna ai contratti di prossimità il potere di definire,
in deroga alla legge, le “conseguenze” del licenziamento illegittimo prevedendo, ad
esempio, che non spetta la reintegrazione bensì deve essere pagata una quota
risarcitoria.
Rimane escluso dall’elenco delle materie oggetto delle intese, il licenziamento
discriminatorio e quello legato alla maternità.
Di fronte all’intervento del governo con la norma dell’art. 8 l. 148/2011, è evidente
che si manifestino delle diversità rispetto al contenuto dell’Accordo di giugno
firmato dai sindacati con Confindustria. La legge sancisce una derogabilità senza
limiti, né procedure, allarga le materie per le quali è ammessa la deroga quando,
invece, le parti sociali hanno scelto di limitare a situazioni di crisi o “alla presenza di
significativi investimenti per garantire lo sviluppo economico ed occupazionale
dell’impresa”.
Il problema della rappresentatività sindacale è di certo fondamentale per far sì che il
futuro delle relazioni industriali sia nel piano rispetto delle parti, senza cercare lo
“scontro”.
Genera perplessità la scelta da parte di Fiat di non riconoscere la rappresentanza
aziendale e i relativi diritti che ne conseguono come stabilito dal Titolo III della l.
300/1970, a un sindacato come la Fiom, certamente rappresentativo di una larga
maggioranza di lavoratori31.
D’altro canto, la Fiat ha agito nel pieno rispetto del contenuto letterale dell’art. 19 St.

31

358.722 iscritti nel 2011 (fonte: http://www.cgil.it/chisiamo/quanti_siamo.aspx)

27
lav. e c’è chi, come il giuslavorista Pietro Ichino, ravvisa come il provvedimento che
obbliga la riassunzione dei 19 operai della Fiom-Cgil sia inopportuno32.
È proprio in questo clima di confusione che il legislatore dovrebbe dimostrare di aver
appreso molto dal “caso Fiat” e agire urgentemente, come sostiene anche Riccardo
Del Punta33, per operare una rivisitazione dell’impianto istituzionale della
rappresentanza in azienda per far sì che la partita sindacale si giochi, anche
duramente, solo al tavolo del negoziato.

32

http://www.ilfoglio.it/soloqui/15603

33

Del Punta, R., Del gioco e delle sue regole note sulla “sentenza Fiat”.

28
Bibliografia
Ales, E., Dal “caso Fiat” al “caso Italia”. Il diritto del lavoro “di prossimità”, le
sue scaturigini e i suoi limiti costituzionali, WP C. S. D. L. E. “Massimo D’Antona”
.IT – 134/2011.
Camusso, S., Camusso: il governo abbia coraggio, un decreto per la
rappresentanza, “Il Corriere della Sera”, 4 novembre 2012, pag. 11.
Del Punta, R., Del gioco e delle sue regole note sulla “sentenza Fiat”, Rivista
italiana di diritto del lavoro, vol. 30, fascicolo 4 (2011), pp. 1421 – 1433.
Falasca, G., Patti vicini alla realtà aziendale, “Il Sole 24 Ore”, 15 settembre 2011,
pag. 11.
Garofalo,

M.

G.,

Interessi

collettivi

e

comportamento

antisindacale

dell'imprenditore, Jovene, Napoli 1979.
Giugni, G., Diritto sindacale, Cacucci Editore, Bari 2010.
Liebman, S., Senza uscita la via giudiziaria scelta da Fiom, “Il Sole 24 Ore”, 22
novembre 2011.
Scarpelli, F., Rappresentatività e contrattazione tra l’accordo unitario di giugno e le
discutibili ingerenze del legislatore, WP C. S. D. L. E. “Massimo D’Antona” .IT –
127/2011.

29
Sitografia
http://www.eurofound.europa.eu/emire/ITALY/ANTIUNIONACTIVITY-IT.htm
http://www.fiom.cgil.it/auto/fiat/documentazione/decreti_e_sentenze/default.htm
http://www.ilfoglio.it/soloqui/15603
http://www.cgil.it/tematiche/Documento.aspx?ARG=GIURIDICO&TAB=0&ID=17
540
http://www.cgil.it/tematiche/Documento.aspx?ARG=GIURIDICO&TAB=0&ID=18
769
http://www.cgil.it/tematiche/Documento.aspx?ARG=GIURIDICO&TAB=0&ID=19
118
http://www.cgil.it/tematiche/Documento.aspx?ARG=GIURIDICO&TAB=0&ID=19
355
http://www.cgil.it/tematiche/Documento.aspx?ARG=GIURIDICO&TAB=0&ID=19
980
http://www.fiom.cgil.it/auto/fiat/documentazione/materiali/12_09_11-piccinini.pdf
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/11/25/fabbrica-italia-pomigliano-operaidisertano-lassemblea-nuovo-contratto-contro-diritti/425692/
http://napoli.repubblica.it/cronaca/2012/11/27/news/pomigliano_i_19_della_fiom_fir
mano_il_contratto_in_fabbrica-47531111/?ref=fbpr
http://www.repubblica.it/economia/finanza/2012/11/26/news/fiat_industrial_marchio
nne-47396867/?ref=NRCT-47531111-3
http://www.federalismi.it/
http://www.cgil.it/chisiamo/quanti_siamo.aspx

30

More Related Content

Similar to La condotta antisindacale le vertenze fiom c. fiat

Parere rappresentanza sindacale_10.01.2014(1)
Parere rappresentanza sindacale_10.01.2014(1)Parere rappresentanza sindacale_10.01.2014(1)
Parere rappresentanza sindacale_10.01.2014(1)Fabio Bolo
 
Diritto sindacale carinci -treu
Diritto sindacale carinci -treuDiritto sindacale carinci -treu
Diritto sindacale carinci -treumaryciaccy
 
Una battaglia per l’uguaglianza che non si può rischiare di perdere (notiziar...
Una battaglia per l’uguaglianza che non si può rischiare di perdere (notiziar...Una battaglia per l’uguaglianza che non si può rischiare di perdere (notiziar...
Una battaglia per l’uguaglianza che non si può rischiare di perdere (notiziar...Carla Spandonaro
 
Sentenza tribunale di roma art 28
Sentenza tribunale di roma art 28Sentenza tribunale di roma art 28
Sentenza tribunale di roma art 28Fabio Bolo
 
Riforma del Terzo Settore e sua attuazione
Riforma del Terzo Settore e sua attuazioneRiforma del Terzo Settore e sua attuazione
Riforma del Terzo Settore e sua attuazioneUneba
 
Le regole sulla trasparenza degli incarichi nelle società partecipate
Le regole sulla trasparenza degli incarichi nelle società partecipateLe regole sulla trasparenza degli incarichi nelle società partecipate
Le regole sulla trasparenza degli incarichi nelle società partecipateSalomone & Travaglia Studio Legale
 
Esercizio aggregativo professioni di massimiliano
Esercizio aggregativo professioni di massimilianoEsercizio aggregativo professioni di massimiliano
Esercizio aggregativo professioni di massimilianoMassimiliano Zinna
 
I rapporti degli Enti del Terzo Settore con le pubbliche amministrazioni3
I rapporti degli Enti del Terzo Settore con le pubbliche amministrazioni3I rapporti degli Enti del Terzo Settore con le pubbliche amministrazioni3
I rapporti degli Enti del Terzo Settore con le pubbliche amministrazioni3Uneba
 
I rapporti degli Enti del Terzo Settore con le Pubbliche Amministrazioni
I rapporti degli Enti del Terzo Settore con le Pubbliche AmministrazioniI rapporti degli Enti del Terzo Settore con le Pubbliche Amministrazioni
I rapporti degli Enti del Terzo Settore con le Pubbliche AmministrazioniUneba
 
Diritti e-doveri 2
Diritti e-doveri 2Diritti e-doveri 2
Diritti e-doveri 2DavideNunin
 
Testo ddl senato
Testo ddl senatoTesto ddl senato
Testo ddl senatoFabio Bolo
 
Dall’impresa sociale alle “imprese sociali”. La problematica pluralità di mod...
Dall’impresa sociale alle “imprese sociali”. La problematica pluralità di mod...Dall’impresa sociale alle “imprese sociali”. La problematica pluralità di mod...
Dall’impresa sociale alle “imprese sociali”. La problematica pluralità di mod...Iris Network
 
IL FUTURO DELLE AZIENDE SOCIALI PUBBLICHE DOPO LA SPENDING REVIEW
IL FUTURO DELLE AZIENDE SOCIALI PUBBLICHE DOPO LA SPENDING REVIEWIL FUTURO DELLE AZIENDE SOCIALI PUBBLICHE DOPO LA SPENDING REVIEW
IL FUTURO DELLE AZIENDE SOCIALI PUBBLICHE DOPO LA SPENDING REVIEWFranco Pesaresi
 
Proposta di legge contro le false Cooperative
Proposta di legge contro le false CooperativeProposta di legge contro le false Cooperative
Proposta di legge contro le false CooperativeQuotidiano Piemontese
 
Ccnl 2009 ass.naz.delegati fiom-2
Ccnl 2009   ass.naz.delegati fiom-2Ccnl 2009   ass.naz.delegati fiom-2
Ccnl 2009 ass.naz.delegati fiom-2Fiom GD
 
Guida breve gratuita alla mediazione in materia civile e commerciale
Guida breve gratuita alla mediazione in materia civile e commercialeGuida breve gratuita alla mediazione in materia civile e commerciale
Guida breve gratuita alla mediazione in materia civile e commercialeGiuseppe Briganti
 
La responsabilità delle persone giuridiche nella nuova Legge Antiriciclaggio
La responsabilità delle persone giuridiche nella nuova Legge AntiriciclaggioLa responsabilità delle persone giuridiche nella nuova Legge Antiriciclaggio
La responsabilità delle persone giuridiche nella nuova Legge AntiriciclaggioMaurizio Arena
 
I patti parasociali nelle s.p.a.
I patti parasociali nelle s.p.a.I patti parasociali nelle s.p.a.
I patti parasociali nelle s.p.a.DIEGO PISELLI
 
obbligatorietà modello 231
obbligatorietà modello 231obbligatorietà modello 231
obbligatorietà modello 231Alberto Faccini
 

Similar to La condotta antisindacale le vertenze fiom c. fiat (20)

Parere rappresentanza sindacale_10.01.2014(1)
Parere rappresentanza sindacale_10.01.2014(1)Parere rappresentanza sindacale_10.01.2014(1)
Parere rappresentanza sindacale_10.01.2014(1)
 
Diritto sindacale carinci -treu
Diritto sindacale carinci -treuDiritto sindacale carinci -treu
Diritto sindacale carinci -treu
 
Una battaglia per l’uguaglianza che non si può rischiare di perdere (notiziar...
Una battaglia per l’uguaglianza che non si può rischiare di perdere (notiziar...Una battaglia per l’uguaglianza che non si può rischiare di perdere (notiziar...
Una battaglia per l’uguaglianza che non si può rischiare di perdere (notiziar...
 
Sentenza tribunale di roma art 28
Sentenza tribunale di roma art 28Sentenza tribunale di roma art 28
Sentenza tribunale di roma art 28
 
Riforma del Terzo Settore e sua attuazione
Riforma del Terzo Settore e sua attuazioneRiforma del Terzo Settore e sua attuazione
Riforma del Terzo Settore e sua attuazione
 
Le regole sulla trasparenza degli incarichi nelle società partecipate
Le regole sulla trasparenza degli incarichi nelle società partecipateLe regole sulla trasparenza degli incarichi nelle società partecipate
Le regole sulla trasparenza degli incarichi nelle società partecipate
 
Esercizio aggregativo professioni di massimiliano
Esercizio aggregativo professioni di massimilianoEsercizio aggregativo professioni di massimiliano
Esercizio aggregativo professioni di massimiliano
 
I rapporti degli Enti del Terzo Settore con le pubbliche amministrazioni3
I rapporti degli Enti del Terzo Settore con le pubbliche amministrazioni3I rapporti degli Enti del Terzo Settore con le pubbliche amministrazioni3
I rapporti degli Enti del Terzo Settore con le pubbliche amministrazioni3
 
I rapporti degli Enti del Terzo Settore con le Pubbliche Amministrazioni
I rapporti degli Enti del Terzo Settore con le Pubbliche AmministrazioniI rapporti degli Enti del Terzo Settore con le Pubbliche Amministrazioni
I rapporti degli Enti del Terzo Settore con le Pubbliche Amministrazioni
 
Diritti e-doveri 2
Diritti e-doveri 2Diritti e-doveri 2
Diritti e-doveri 2
 
Testo ddl senato
Testo ddl senatoTesto ddl senato
Testo ddl senato
 
Dall’impresa sociale alle “imprese sociali”. La problematica pluralità di mod...
Dall’impresa sociale alle “imprese sociali”. La problematica pluralità di mod...Dall’impresa sociale alle “imprese sociali”. La problematica pluralità di mod...
Dall’impresa sociale alle “imprese sociali”. La problematica pluralità di mod...
 
IL FUTURO DELLE AZIENDE SOCIALI PUBBLICHE DOPO LA SPENDING REVIEW
IL FUTURO DELLE AZIENDE SOCIALI PUBBLICHE DOPO LA SPENDING REVIEWIL FUTURO DELLE AZIENDE SOCIALI PUBBLICHE DOPO LA SPENDING REVIEW
IL FUTURO DELLE AZIENDE SOCIALI PUBBLICHE DOPO LA SPENDING REVIEW
 
Proposta di legge contro le false Cooperative
Proposta di legge contro le false CooperativeProposta di legge contro le false Cooperative
Proposta di legge contro le false Cooperative
 
Ccnl 2009 ass.naz.delegati fiom-2
Ccnl 2009   ass.naz.delegati fiom-2Ccnl 2009   ass.naz.delegati fiom-2
Ccnl 2009 ass.naz.delegati fiom-2
 
Guida breve gratuita alla mediazione in materia civile e commerciale
Guida breve gratuita alla mediazione in materia civile e commercialeGuida breve gratuita alla mediazione in materia civile e commerciale
Guida breve gratuita alla mediazione in materia civile e commerciale
 
La responsabilità delle persone giuridiche nella nuova Legge Antiriciclaggio
La responsabilità delle persone giuridiche nella nuova Legge AntiriciclaggioLa responsabilità delle persone giuridiche nella nuova Legge Antiriciclaggio
La responsabilità delle persone giuridiche nella nuova Legge Antiriciclaggio
 
I patti parasociali nelle s.p.a.
I patti parasociali nelle s.p.a.I patti parasociali nelle s.p.a.
I patti parasociali nelle s.p.a.
 
obbligatorietà modello 231
obbligatorietà modello 231obbligatorietà modello 231
obbligatorietà modello 231
 
07 2016 sicurezza-agricoltura_gatti
07   2016   sicurezza-agricoltura_gatti07   2016   sicurezza-agricoltura_gatti
07 2016 sicurezza-agricoltura_gatti
 

La condotta antisindacale le vertenze fiom c. fiat

  • 1. FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE, SOCIOLOGIA, COMUNICAZIONE Corso di laurea in Scienze dell’amministrazione e dell’organizzazione “LA CONDOTTA ANTISINDACALE: LE VERTENZE FIOM c. FIAT” RELATRICE CANDIDATO Chiar. Ma Prof. Ssa Roberta Bortone Alessio Samele MATRICOLA 1275954 ANNO ACCADEMICO 2011/2012 1
  • 2. “Il lavoro è vita e senza quello esiste solo paura e insicurezza” John Lennon “Non sentirti in colpa se non sai cosa vuoi fare della tua vita. Le persone più interessanti che conosco a ventidue anni non sapevano che fare della loro vita. I quarantenni più interessanti che conosco ancora non lo sanno” The Big Kahuna 2
  • 3. Sono trascorsi quattro anni di studio, di soddisfazioni, di risate, di momenti difficili, e mi pare doveroso ringraziare le persone che mi sono state vicine. Desidero innanzitutto ringraziare la professoressa Bortone per i suoi consigli, l’attenzione dimostrata verso il mio lavoro. Grazie a Giorgio Saccoia che gestisce l’account Twitter ufficiale della Cgil per avermi messo in contatto con Lorenzo Fassina e Andrea Allamprese dell’ufficio giuridico, validi e preziosi aiuti. Grazie a Luca, Fernando e Stefano che hanno condiviso con me l’esperienza universitaria e l’ hanno resa indimenticabile. Grazie a Francesca che mi ascolta e supporta da tantissimi anni e sono certo non smetterà. Grazie a Claudia che ha letto, riletto e corretto questa tesi. Non lo dimenticherò mai. Grazie ad Alessio. Un ringraziamento speciale va ai miei fratelli, Alessandro, Simone e, soprattutto, Manuel per essermi stati sempre vicino. Dedico il mio lavoro ai miei genitori. Senza di loro tutto ciò non sarebbe stato possibile. Grazie di cuore. 3
  • 4. Indice Abstract ...................................................................................................................... 5 Introduzione ............................................................................................................... 6 1. Le due cause promosse da Fiom Nazionale .............................................................9 2. I licenziamenti dei delegati sindacali .....................................................................14 3. I contributi sindacali ..............................................................................................20 Conclusioni ...............................................................................................................25 Bibliografia ...............................................................................................................29 Sitografia ...................................................................................................................30 4
  • 5. Abstract Behaviour adopted by the employer with the intention of denying or limiting the exercise of trade union freedom and activity, as well as the right to strike. Although it has been expressly declared illegal by Article 28 of the Workers'. The term "behaviour" is to be understood in a wide sense, and includes not only purely material actions (such as threats or intimidation) but also omissions (such as refusal to promote committed trade unionists). As regards the interest protected, it is characterized by the interdependence of individual and group interests (consequently certain anti-union behaviour is described as multi-offensive). It is up to the judge to assess anti-union behaviour and to distinguish it from purely antagonistic behaviour, which is perfectly legitimate within a system of industrial relations of the adversarial type. The process of repression of employers' anti-union behaviour introduced by the same Article 28 provides that, when appealed to by the local bodies of the national trade union associations concerned, the "pretore" (judge of first instance) of the place where the alleged behaviour has taken place shall summon the parties within the next two days and, assuming that adequate information is provided to support the charge of anti-union behaviour, order that it should cease and that its effects should be eliminated. This paper describes the legal dispute between the Fiom and Fiat from september 2011 until the present. 5
  • 6. Introduzione L’art. 28 della legge 300 del 20 maggio 1970 ha rappresentato una grande novità nel sistema di relazioni industriali del nostro paese, disponendo che di fronte ad un comportamento del datore di lavoro diretto ad impedire o a limitare l'esercizio della libertà e della attività sindacale, nonché del diritto di sciopero, gli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse possono proporre ricorso al giudice del lavoro del tribunale del luogo ove è stato posto in essere il comportamento, per chiedere che quest'ultimo cessi e che i suoi effetti vengano rimossi. La norma ha allargato l’area dell’intervento giurisdizionale includendovi relazioni prima lasciate al rapporto di forza e il conflitto industriale viene riconosciuto nella sua dimensione collettiva. Il disposto dell’art. 28 St. lav. tutela “la libertà e l’attività sindacale, nonché il diritto di sciopero”. Una simile espressione, mirata a sostegno dell’attività sindacale, richiama le norme inserite in Costituzione in tema di conflitto industriale (gli artt. 39 e 40 Cost.) e anche le norme poste nella stessa legge 300/1970, in particolare l’art.14. L’interesse tutelato dalla norma non è solo della libertà sindacale, bensì quello alla libertà di tutti i lavoratori e di tutti i sindacati.1 Si è parlato di plurioffensività del comportamento, nel senso che questo è idoneo ad incidere, nello stesso momento, sull'interesse individuale e sull’interesse collettivo, ambedue protetti, ancorché da norme differenti; nulla esclude, quindi, che il sindacato agisca autonomamente per la difesa di quest’ultimo ( Lanfranchi 1971; Persiani 2005). Legittimato alla proposizione dell'azione è il sindacato. Il legislatore precisa che questa legittimazione è offerta agli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali; ne sono esclusi, pertanto, da un lato i singoli lavoratori 2 e, dall'altro, tutte quelle forme di organizzazione della tutela dei lavoratori che non abbiano una “rappresentatività” nazionale. 1 2 Cass. sent. n. 4839 del 22 aprile 1992 Affermazione ribadita da Cass. sent. n. 9950 del 12 maggio 2005 6
  • 7. La Corte costituzionale con la sentenza 6 marzo 1974, n. 54, ha affrontato il problema dell'esclusione dei singoli lavoratori dalla legittimazione attiva, apparsa in contrasto con l'art. 24 Cost. che garantisce a tutti cittadini di agire in giudizio a tutela delle proprie posizioni giuridiche attive. L'art. 28, ha ribadito la corte, non si sostituisce, ma si aggiunge agli ordinari strumenti processuali; ogni singolo lavoratore, se anche la sua posizione individuale sia lesa dal comportamento dell'imprenditore, può ricorrere ad essi. Per lo stesso motivo è apparsa infondata l'altra eccezione sollevata in relazione agli artt. 3, 24, 39 della Costituzione. Lo scopo di questo elaborato è descrivere il contenzioso giudiziario, in tema di condotta antisindacale, degli ultimi due anni, che ha visto contrapposti la Fiat alla Fiom. Si inizia analizzando le due azioni legali che la Fiom Nazionale ha intentato nei confronti del gruppo Fiat. Nella prima i fatti vengono ricondotti al 6 luglio 2011 quando Fiat Group Automobiles spa (Fga) e Fim, Uilm, Fismic, Ugl hanno sottoscritto un accordo nel quale veniva stabilita la Cigs per tutti i 4367 lavoratori di Pomigliano e la loro riallocazione presso Fabbrica Italia Pomigliano (Fip) non in base all’art. 2112 cod. civ., bensì all’accordo del 29 dicembre 2010. Nella seconda, il sindacato chiede l’antisindacalità della condotta Fiat e di condannare l’esclusione di Fiom dai diritti sindacali presso lo stabilimento di Pomigliano. Il giudice di Torino ha respinto la prima domanda ed accolto la seconda. Con appello del marzo 2012 presso il tribunale di Roma, la Fiom nazionale si domanda perché degli assunti fino a quel momento nessuno sia iscritto al suo sindacato. Con ordinanza la Corte dichiara la natura discriminatoria collettiva e ordina a Fip di assumere i 145 lavoratori esclusi. Nell’anno 2010 vi sono stati licenziamenti per motivi disciplinari che hanno colpito i 7
  • 8. rappresentanti Fiom a distanza di un mese dal primo accordo di Pomigliano (15 giugno 2010 mentre Mirafiori è del 23 dicembre 2010). L’uscita di Fiat da Federmeccanica (firmataria dell’Accordo Interconfederale che istituiva le Rsu), la disdetta di tutti gli accordi previgenti e il ritorno all’istituto delle Rsa (art. 19 St. lav.), hanno reso impossibile creare la rappresentanza di Fiom all’interno degli stabilimenti Fiat. Nei ricorsi ex art. 28 St. lav., le Fiom dei diversi territori hanno sostenuto di essere firmatari di accordi applicati e dall’altro proposto una lettura “costituzionalmente orientata” della norma statutaria. Infine, nell’ultima parte di questo lavoro, i ricorsi presentati da Fiom contro la decisione di Fiat di non ritenere possibile che i lavoratori finanzino il proprio sindacato attraverso lo strumento delle “deleghe sindacali”, confidando sul fatto che la Fiom non avesse firmato il contratto collettivo di settore del 13 dicembre 2011. Si procederà suddividendo gli eventi brevemente descritti, in tre paragrafi che riguardano: le due cause promosse da Fiom Nazionale, il licenziamento dei delegati sindacali e, infine, il diritto ai contributi sindacali. 8
  • 9. 1. Le due cause promosse da Fiom Nazionale In data 21 novembre 2011 tutte le società del gruppo Fiat e del gruppo Fiat Industrial hanno comunicato alle organizzazioni sindacali, nelle loro istanze nazionali e territoriali di rispettiva competenza, il recesso, a far data da gennaio 2012, da tutti i contratti applicati nei rispettivi gruppi e da tutti gli altri contratti o accordi collettivi aziendali territoriali vigenti. Nella prima sentenza che si intende analizzare, l’organizzazione sindacale Fiom-Cgil agisce nei confronti di Fiat spa, Fiat group automobiles spa (Fga), Fabbrica Italia Pomigliano spa (FIP) e chiede al Tribunale di Torino di dichiarare l’illegittimità e nullità dell’applicazione degli accordi del 29 dicembre 2010 e del 17 febbraio 2011. In base ad essi una nuova azienda subentra a Fiat nella gestione dello stabilimento, riassumendo i lavoratori già impiegati. Inoltre si chiede di garantire il diritto di Fiom-Cgil di continuare a fruire dei diritti di rappresentanza e sostegno all’attività sindacale previsti dallo Statuto dei lavoratori e contratti collettivi e il diritto degli operai iscritti a Fiom di proseguire il rapporto di lavoro con Fip, ai sensi dell’art. 2112 cod. civ. Il giudice si è espresso affermando la validità e l’efficacia degli accordi di Pomigliano, capaci di regolare i rapporti di lavoro dei lavoratori assunti dalla nuova azienda. In base all’art. 2112 cod. civ., comma 3, il cessionario applica i trattamenti normativi ed economici previsti dal contratto in vigore alla data del trasferimento, salvo che non sia sostituito da un contratto di pari livello e, nel caso in esame, gli accordi sopracitati si qualificano di primo livello, idonei a sostituire il Ccnl precedentemente applicato. Concluso questo aspetto non resta che esaminare la questione della mancata rappresentanza aziendale per Fiom-Cgil. 9
  • 10. Fino a questa vicenda i fenomeni di contrattazione separata che si sono verificati nel comparto metalmeccanico non hanno avuto conseguenze negative sulla costituzione di rappresentanze sindacali dal momento che se il sindacato non firmatario non poteva costituire proprie Rsa, veniva in soccorso l’Accordo del 20 dicembre 1993 che istituiva le Rappresentanze sindacali unitarie (Rsu). Tale accordo prevede che le organizzazioni sindacali firmatarie ̶ e quelle che vi abbiano successivamente aderito ̶ acquistino diritto, nelle unità produttive che abbiano più di 15 dipendenti, di promuovere la formazione di Rsu e di partecipare alle relative elezioni, rinunciando a costituire proprie Rsa. Di conseguenza, la Rsu subentra alle Rsa di tutti sindacati che hanno stipulato l'accordo, che vi abbiano successivamente aderito, “nella titolarità di diritti, permessi e libertà sindacali”del Titolo III dello Statuto (art.4, parte I) nonché “nella titolarità dei poteri e nell'esercizio delle funzioni” attribuite dalla legge (art.5, parte I). L’uscita di Fiat da Federmeccanica aggrava la situazione e dal momento che il sindacato ricorrente non è firmatario dei contratti collettivi su richiamati, applicati nella fabbrica di Pomigliano d’Arco, gestita da Fabbrica Italia Pomigliano, non può costituire nessuna Rsa né usufruire dei diritti del Titolo III della legge 300/1970. Il giudice, per risolvere questa delicata situazione, ricorre a un problematico “abuso del diritto di contrattazione” da parte del datore di lavoro. L’abuso consiste in un utilizzo improprio del diritto di negoziare, finalizzato ad estromettere dall’azienda un sindacato certamente dotato di seguito. Si procede la qualificazione come antisindacale del relativo disconoscimento e la condanna del nuovo datore di lavoro a riconoscere i diritti previsti dagli artt. 19 a 27 dello Statuto dei lavoratori. La seconda sentenza promossa da Fiom nazionale riguarda la mancata assunzione da parte di Fip spa di 145 operai iscritti a Fiom-Cgil. 10
  • 11. Il 6 luglio 2011, al ministero del lavoro, veniva stabilito il ricorso alla Cigs per tutti i 4367 lavoratori dello stabilimento di Pomigliano d’Arco e la loro riallocazione, ma benché siano riprese le assunzioni e i lavori per la “Nuova Panda”, nessuno degli iscritti a Fiom-Cgil è stato assunto da Fip spa. A questo punto il sindacato denuncia una situazione di disuguaglianza di trattamento verso i propri iscritti e interviene richiamando in aiuto l’art. 5 del decreto legislativo del 9 luglio 2003, n. 216 che permette alle rappresentanze locali delle organizzazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale, di agire a sostegno del soggetto passivo della discriminazione. L'art. 15 dello Statuto dei lavoratori sancisce la nullità degli atti discriminatori; nel punto a), stabilisce la nullità di qualsiasi patto o atto diretto a subordinare l'occupazione di un lavoratore alla condizione che aderisca o non aderisca ad un'associazione sindacale ovvero che cessi di farne parte. Oltre alla nullità dell'atto è prevista anche l'applicazione di una sanzione penale. Un'altra tipologia di atti discriminatori e quella contenuta nel punto b), che sancisce la nullità di qualsiasi patto o atto diretto a licenziare un lavoratore, a discriminarlo nell'assegnazione di qualifiche ovazioni, nei trasferimenti, nei provvedimenti disciplinari, o arrecargli altrimenti pregiudizi a causa della sua affiliazione o attività sindacale , ovvero a causa della partecipazione ad uno sciopero. Nel caso in esame ricorre l’art.4 del d.lgs 216/03 che ha modificato il comma 2 dell’art.15, aggiungendo le discriminazioni basate sulle convinzioni personali, le quali includono l’affiliazione sindacale. A sostegno delle proprie ragioni, la Fiom-Cgil ha commissionato una simulazione statistica al professore Olson, il quale insegna all’Università di Birmingham, in merito alla possibilità che i 382 operai (dato che risale al gennaio 2011) possano essere esclusi dagli assunti allo stabilimento di Pomigliano d’Arco. In una selezione casuale, la probabilità che nessun iscritto Fiom venisse scelto per la riallocazione ammonta ad una su dieci milioni. 11
  • 12. Secondo Fip, il rifiuto di Fiom-Cgil alla trattativa e al contenuto del contratto di primo livello e della versione del 13 dicembre 2011, appare incompatibile con lo svolgimento dell’attività di lavoro. Ma il giudice ordina al datore di lavoro di assumente 145 lavoratori iscritti a Fiom e di mantenere l’8,75% degli assunti a favore del sindacato ricorrente. La sentenza in appello del 19 ottobre 2012 ricorda che i 19 lavoratori hanno agito con azione per discriminazione diretta individuale dando mandato alla Fiom di rappresentare e tutelare i propri interessi ai sensi dell'art. 5, comma 1, d.lgs. 216/03. Riconosciuta la disparità di trattamento operata da Fiom nei confronti di tutti i suoi affiliati, la loro mancata assunzione da parte di Fip costituisce senz'altro condotta illecita per contrarietà alla norma di cui all'art. 2, comma 1, d.lgs. 216/03. Secondo la Corte, si è in presenza di una condotta di Fip che lede sia i diritti individuali del lavoratore sia l'interesse collettivo del sindacato. È proprio in occasione delle vicende che hanno generato il contrasto tra la Fiom e la Fip, in precedenza Fga, che si capisce come l'affiliazione sindacale rappresenti una concezione del lavoro e della dignità dell'individuo certamente ascrivibile tra le “ convinzioni personali” e, per questo motivo, suscettibile di tutela in quanto oggetto di possibili atti discriminatori vietati. Il principio di non discriminazione risulta perciò posto a presidio della dignità umana anche in ambito lavorativo. Si tratta di un principio espresso con chiarezza dall'art. 4, c. 1, Cost. per il quale “la Repubblica riconosce a tutti cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”. Si ribadisce, inoltre, come l'esito della simulazione matematica sia un dato estremamente rilevante che fa risaltare maggiormente la percentuale pari a zero di iscritti Fiom assunti da Fip al giugno del 2012. 12
  • 13. Viene confermata la discriminazione collettiva nelle assunzioni di Fip nei confronti degli operai iscritti a Fiom-Cgil, si intima la cessazione del comportamento antisindacale e la rimozione degli effetti. 13
  • 14. 2. Il licenziamento dei delegati sindacali Le sentenze che questa seconda parte della tesi si appresta ad esaminare risalgono ai primi mesi del 2012 e partono da un comune avvenimento: la mancata sottoscrizione da parte di Fiom-Cgil dei contratti di Pomigliano e Mirafiori prima e del contratto collettivo specifico di lavoro (Ccls) del 13 dicembre 2011; di conseguenza, quindi, l’impossibilità, stando alla norma dell’art. 19 dello Statuto dei lavoratori, di costituire proprie Rsa per le associazioni sindacali che non hanno firmato contratti collettivi applicati al settore produttivo. Nella sua formulazione originaria, l’art.19 individuava come soggetti titolari dei diritti sindacali le rappresentanze sindacali aziendali, costituite ad iniziativa dei lavoratori, operanti nell’”ambito”: a) delle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale; b) delle associazioni, non affilate alle predette confederazioni, che siano firmatarie dei contratti collettivi nazionali o provinciali di lavoro applicati nell’unità produttiva. il criterio principale era quello riassunto nella formula “confederazioni maggiormente rappresentative”. Implica un giudizio di rappresentatività che è stata definita storica, perché basata sul dato storico dell’effettività dell’azione sindacale svolta dalle grandi confederazioni. La nozione di sindacato maggiormente rappresentativo offre una duplice funzione: da un lato, selezionare, tra i sindacati, quelli che sono effettivamente soggetti del sistema di relazioni industriali e, dall’altro, perseguire una politica del diritto che favorisca le forme di aggregazione sindacale più ampie. La dottrina (Grandi 1976; Giugni e Curzio 1979) e la giurisprudenza sul testo originario dell’art.19 lett. a), della l. n. 300/1970 ( ad esempio, Cass. n. 7622 del 10 luglio 1991) hanno enucleato i seguenti elementi: consistenza del numero degli iscritti, svolgimento di un’attività di contrattazione e, in genere, di autotutela con 14
  • 15. caratteri di effettività, di continuità e sistematicità. Prima del referendum indetto l’11 giugno 1995 la Corte costituzionale3 ha affermato con chiarezza che la selezione tra i sindacati non viola l’art. 39 Cost. se non tocca la libertà sindacale, ma è funzionale all’attribuzione di diritti o poteri aggiuntivi che vanno oltre la stessa. La questione di legittimità era stata posta anche in relazione all’art. 3 Cost.: la Corte ha affermato che la scelta del legislatore di non conferire a tutti i diritti sindacali è “razionale e consapevole, tenendo presente gli scopi che si propone la legge 300/1970 [che] ha infatti voluto evitare che singoli individui o piccoli gruppi isolati di lavoratori (…) possano pretendere di esplicare tale funzione [di rappresentanza aziendale] (…) e possano dar vita a un numero imprevedibile di organismi (…) i quali, interferendo nella vita dell’azienda a difesa di interessi (…) anche in contrasto fra loro, abbiano il potere di pretendere l’applicazione di norme che hanno fini assai più vasti”. Il referendum del 1995 ha abrogato il primo criterio dell’art. 19, eliminando l’intera lett. a), e a modificare il secondo, eliminando le parole “nazionali o provinciali”. Il risultato è che il criterio selettivo di rappresentanza è oggi unico: la Rsa deve essere costituita – sempre ad iniziativa dei lavoratori – nell’ambito di un sindacato che abbia stipulato un contratto collettivo applicato nell’unità produttiva, quale che sia il livello di tale contratto, compreso quello aziendale che in precedenza non era sufficiente a tale fine Nei ricorsi ex art. 28 della legge 300/1970 le varie Fiom territoriali hanno chiesto e, in molti casi, ottenuto la dichiarazione di antisindacalità del comportamento della parte convenuta per aver negato l’esercizio dei diritti di cui al Titolo III dello Statuto dei lavoratori per i dirigenti delle Rsa Fiom. 3 Corte cost. n. 54 del 6 marzo 1974 15
  • 16. Nella fattispecie in esame, i Tribunali di Bologna4, Napoli5, Bari6, Larino7, Lanciano8 e Verona9 hanno proposto una lettura “costituzionalmente orientata10” della norma statutaria che regola la formazione delle rappresentanze sindacali, poiché un’interpretazione strettamente letterale dell’art 19 St. lav. non permetterebbe di accogliere le richieste di Fiom-Cgil. E’ opinione di questa parte della giurisprudenza di merito che la norma garantisce l’esercizio dei diritti sindacali del Titolo III dello Statuto dei Lavoratori a tutte le associazioni sindacali che meritino tutela sulla base di una loro effettiva rappresentatività (verificabile in base ad elementi oggettivi). Occorre indagare la ratio legis dell’art 19 St. lav. tenendo presente le vicende che portarono al referendum abrogativo. Si ritiene che in quell’occasione venne scelto di stabilire un criterio minimo di rappresentatività, provvedendo solo ad eliminare la rappresentatività presunta per valorizzare la rappresentatività effettiva. Censure di legittimità costituzionale sono state proposte anche nei confronti del testo della norma successiva al referendum. Su di essa la Corte costituzionale si è pronunciata con la sentenza 12 luglio 1996, n. 244, la quale viene richiamata nelle sentenze in esame. In particolare l’interpretazione deve garantire che il meccanismo basato sulla sottoscrizione di un contratto collettivo, anche solo aziendale, risponda al fine di misurare la consistenza reale del sindacato e non finisca per condizionare il riconoscimento della rappresentatività alla scelta del datore di lavoro di sottoscrivere un contratto con quello specifico sindacato. La sottoscrizione del contratto collettivo deve essere indice della “capacità del sindacato di imporsi al datore di lavoro, direttamente o attraverso la sua associazione, come controparte contrattuale”.11 4 Decreto 27 marzo 2012 Decreto 12 aprile 2012 6 Decreto 20 aprile 2012 7 Decreto 23 aprile 2012 8 Decreto 30 aprile 2012 9 Decreto 8 maggio 2012 10 la Corte costituzionale, in linea di principio, non indica al giudice a quo quale dovrebbe essere l’interpretazione da seguire in concreto per “salvare” la norma, ma tuttavia talvolta la Corte lascia intendere, in modo più o meno esplicito, la linea interpretativa che il giudice potrebbe (o dovrebbe) seguire per superare la prospettata illegittimità costituzionale della norma censurata. (P. A. Capotosti, La Corte costituzionale: giudice della libertà o dei conflitti?, in federalismi.it n. 5/2012.) 11 Corte cost. n. 244 del 12 luglio 1996 5 16
  • 17. Da tale premessa derivano due corollari. In primo luogo, occorre una partecipazione attiva al processo di formazione del contratto e non una semplice adesione formale a un contratto negoziato da altre associazioni sindacali. In secondo luogo “deve trattarsi di un contratto normativo che regoli i rapporti di lavoro o un istituto della loro disciplina, anche in via integrativa, a livello aziendale, di un contratto nazionale o provinciale già applicato nella stessa unità produttiva”.12 I giudici di merito rilevano che se la sottoscrizione di accordi non è che un indice di rappresentatività13 del sindacato, può essere anche non sufficiente in caso di mancata partecipazione alle trattative. Il percorso argomentativo del giudice costituzionale ha lo scopo di evidenziare che l’associazione sindacale deve godere di rappresentatività effettiva e di effettiva azione sindacale nell’ unità aziendale che può palesarsi anche nella partecipazione dialettica delle parti ai fini della stipula del contratto, pure nell’ ipotesi in cui una delle associazioni sindacali che siede al tavolo delle trattative ritenga di non poter stipulare il contratto collettivo. Nei casi in esame, la Fiom-Cgil ha partecipato ai lavori per la stipulazione del contratto collettivo attraverso i suoi rappresentanti sindacali, pur senza giungere alla fase di stipula e sottoscrizione. Basandosi su queste motivazioni i giudici hanno accolto i ricorsi presentanti dal sindacato ricorrente. Alle vicende fin qui analizzate, se ne contrappone una ulteriore. Riguarda la sentenza emessa dal tribunale di Mantova in data 4 giugno 2012, il quale non ritenendo possibile forzare il dato letterale dell’art.19 dello Statuto dei lavoratori, ha sospeso il giudizio e ha sollevato la questione di legittimità costituzionale della norma, in contrasto con gli artt. 2, 3 e 39 della Costituzione perché qualsiasi tentativo di addivenire ad una interpretazione costituzionalmente orientata sarebbe in contrasto 12 Ibid. Corte cost. 492/1995: “fra gli indici di rappresentatività il dato quantitativo, costituito dalla misura di adesione formale al sindacato, ha una grande rilevanza, ma non possono essere trascurati altri indici come quello della maggiore attitudine ad esprimere gli interessi dei lavoratori, specie in relazione all’attività svolta per la composizione dei conflitti” 13 17
  • 18. sia con la lettera sia con la ratio della norma in esame. Secondo il tribunale il criterio selettivo di cui all'articolo 19 dello Statuto dei lavoratori fondato sulla sottoscrizione del contratto applicato, mostra limiti di irragionevolezza. L'applicazione della norma in momenti di rottura dell'unità sindacale, ha portato a ritenere la Fiom, in conseguenza della mancata firma al contratto applicato nelle aziende del gruppo Fiat, non rappresentativo nonostante si tratti di un sindacato che vanta il maggior numero di iscritti rispetto ad altri e quindi dovrebbe essere più meritevole delle tutele di cui al Titolo III. La contraddittorietà tra la rappresentatività desunta dalla sottoscrizione del contratto e quella in realtà posseduta dalle varie associazioni sindacali rivela come non possa assumere valore della effettiva forza sindacale bensì di un loro atteggiamento collaborativo nei confronti della controparte datoriale. L'applicazione del criterio selettivo di cui all'art. 19 lettera b) é lontana dalla realtà dell'effettiva rappresentatività che emerge anche da una lettura attenta della sentenza n. 244/1996, risulta essere divergente con il c. 4 dell'art. 39 Cost., ma anche con il parametro riferito ai sindacati comparativamente più rappresentativi utilizzato da un'ampia legislazione, da ultimo, l'art. 8 della legge 148 del 2011, nel momento in cui privilegia il criterio maggioritario, scartando la possibilità che un sindacato realmente maggioritario come la Fiom possa essere escluso a favore di sindacati minoritari seppur firmatari. Inoltre, il tribunale ritiene che la norma statutaria sarebbe in contrasto anche rispetto al criterio di rappresentatività minima, desunto da una combinazione di dati associativi o elettorali, presente sia nel decreto legislativo n. 165 del 2001 (art. 43), sia nell'accordo interconfederali del 28 giugno 2011. 18
  • 19. Il godimento dei diritti del Titolo III sarebbe legato ad un principio di rappresentatività che poggia sul semplice dato formale dell’adesione a un contratto applicato all'unità produttiva. La norma apparirebbe irrazionale, anche, perché indice inidoneo dell'effettiva rappresentatività delle organizzazioni sindacali, così da tradire l'essenza stessa della disposizione dello statuto, volta a incentivare l’attività sindacale del maggior numero di lavoratori, che trova espressione nel principio solidaristico espresso dall'art. 2 della Costituzione nonché nello stesso principio di uguaglianza sostanziale di cui al secondo comma dell'art. 3 della Costituzione. 19
  • 20. 3. I contributi sindacali Il comma 1 dell'art. 26 dello Statuto dei lavoratori riconosce la libertà di svolgere opera di proselitismo (propaganda orale o scritta, raccolta di contributi ed iscrizioni ecc…) in favore delle proprie organizzazioni sindacali “all'interno dei luoghi di lavoro, [ma] senza pregiudizio del normale svolgimento dell'attività aziendale”. Si tratta dello sviluppo dell'art. 1 St. lav. che riconosce il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero anche all'interno dei luoghi di lavoro e la garanzia a svolgere attività sindacale per i lavoratori così come dispone l'art. 14 dello Statuto. L'esercizio del diritto non sospende l'attività lavorativa, ma l'imprenditore non può impedire e ostacolare la normale attività di proselitismo. Inoltre una sentenza della Cassazione14 ha riconosciuto a tutti i lavoratori (sfugge la logica selettiva propria del Titolo III) il diritto al proselitismo e alla raccolta dei contributi. Quest'ultimo aspetto riguarda le quote che ciascun iscritto versa all'associazione sindacale in esecuzione delle disposizioni statutarie e delle deliberazioni degli organi sociali, per costituire un fondo comune all'associazione (art. 37 cod. civ.). Pertanto è un'obbligazione liberamente assunta a seguito dell'iscrizione. Il secondo e il terzo comma dell'art. 26 St. lav. avevano previsto l'obbligo dei datori di lavoro di trattenere dalla busta paga dei lavoratori, previa apposita delega, il contributo sindacale e di versarlo all'organizzazione scelta dal lavoratore stesso. Queste norme sono state abolite a seguito del referendum tenutosi l'11 giugno 1995. Il risultato è stato soltanto quello di eliminare l'obbligo ex lege a carico del datore di lavoro di operare le suddette ritenute, restituendo all'autonomia privata la regolamentazione degli interessi in gioco. Venuta meno la fonte legislativa dell'obbligo del datore di lavoro di effettuare la trattenuta, rimane la fonte contrattuale. L'azienda applica un contratto collettivo che regola la materia e il suo obbligo troverà nel contratto collettivo la sua fonte. 14 Cass. n.1312 del 5 febbraio 2000 20
  • 21. Si era posto il problema della sussistenza o meno del diritto delle associazioni sindacali non firmatarie del Ccnl a godere del meccanismo della trattenuta del correlativo obbligo di operare la trattenuta. I Tribunali di Torino (cinque diversi giudici15), Trento16, Milano (tre diversi giudici17), Bolzano18, Ancona19, Alba20, Napoli (due diversi giudici21), Bari22, Bologna23, Ariano Irpino24, Nola25, Verona26, Piacenza27, hanno dichiarato antisindacale il comportamento di Fiat che non ha riconosciuto il diritto agli operai iscritti alla Fiom-Cgil di finanziare la propria associazione sindacale attraverso le “deleghe sindacali”. Le sentenze che si andranno ad analizzare partono da un unico problema: le società legate al gruppo Fiat sin dal 30 settembre 2011 hanno comunicato la volontà di uscire da Confindustria con effetto dal 1 gennaio 2012, slegandosi dall'obbligo di applicare i contratti collettivi sottoscritti. Nel caso di inesistenza di un contratto collettivo, la delega rilasciata dal lavoratore al sindacato dovrà essere ricostruita come cessioni di credito (art. 1260 cod. civ.) (Alleva 1994). Alcuni28 hanno, invece, sostenuto che si deve fare ricorso alla figura della delegazione di pagamento (artt. 1268 e 1269 cod. civ.). Nella prima ipotesi, a differenza della seconda, il debitore ceduto (il datore di lavoro) non deve prestare il suo consenso. Le Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza n. 28269/2005 si sono pronunciate nel senso dell’utilizzabilità dell'istituto della cessione del credito, in materia di 15 Decreti 12.3.2012; 7.5.2012; 28.6.2012; 10.7.2012; sentenza 26.7.2012 Decreto 14.6.2012 17 Decreti 22.6.2012; 19.7.2012; 25.7.2012 18 Decreto 26.6.2012 19 Decreto 3.7.2012 20 Decreto 5.7.2012 21 Decreti 12.7.2012; 25.7.2012 22 Decreto 24.7.2012 23 Decreto 24.7.2012 24 Decreto 30.7.2012 25 Decreto 30.7.2012 26 Decreto 13.8.2012 27 Decreto 31.8.2012 28 Dell’Olio 1975 16 21
  • 22. contributi sindacali. Secondo i giudici delle Sezioni Unite, resta ammissibile senza limitazioni, il ricorso a tutti i possibili strumenti negoziali che consentono di realizzare lo scopo di versare ai sindacati la quota associativa mediante ritenuta sulla retribuzione. Di conseguenza il rifiuto ingiustificato dei datori di lavoro di eseguire pagamenti a favore dei sindacati non firmatari, cessionari delle quote retributive, configura condotta antisindacale laddove i lavoratori hanno rilasciato autorizzazione a trattenere dalla retribuzione i contributi, in quanto pregiudica sia il diritto dei lavoratori di scegliere liberamente il proprio sindacato, sia il diritto dell'associazione sindacale ad acquisire i mezzi della propria attività29 Inoltre, il datore di lavoro deve provare l’esistenza di un onere aggiuntivo insostenibile per la sua azienda per adempiere alla cessione del credito. Secondo la Fiat la sentenza n.28269/2005 delle Sezioni Unite, però, si riferisce al solo regime normativo vigente fino al 31 dicembre 2004, prima della modifica legislativa che ha esteso ai datori di lavoro privati l'applicazione del d.p.r. n. 180/1950 che contiene il divieto generale di sequestrabilità, inviolabilità e cedibilità di stipendi, salari, pensioni. La natura inderogabile della disciplina del d.p.r. n.180 trova fondamento negli artt. 1, 5, 52 e 55 e risulta che il legislatore ha inteso garantire una tutela ampia dei crediti di lavoro, legittimandone la cessione se rispetta la causa/finalità a cui deve essere preordinata la cessione stessa. Nello specifico, l’art. 1 nello stabilire il divieto di cedibilità dei crediti di lavoro anche per i dipendenti privati, fa salve le eccezioni previste dagli articoli seguenti. Il successivo art. 5 disciplina la facoltà degli impiegati e salariati di contrarre prestiti da estinguersi mediante cessione di retribuzione nel limiti del quinto; invece l’art. 52 specifica i casi che prevedono il ricorso alla cessione della retribuzione. 29 Cass. 20.3.2009, n.6905 22
  • 23. Infine, l’art. 55 prevede l’applicazione di alcune disposizioni del Titolo II, relative a specifici requisiti di validità della cessione. Quindi, secondo il disposto dell’art. 52, si può concludere che il cedente (in questo caso il lavoratore aderente al sindacato Fiom-Cgil), in luogo di corrispondere al suo creditore (organizzazione sindacale) la prestazione dovuta (contributo sindacale), gli ceda in pagamento parte del credito (futuro) che egli ha nei confronti del debitore ceduto (datore di lavoro). Privare il sindacato della possibilità di raccogliere i fondi necessari per la propria attività sindacale protetta e garantita dalla legge, determina condotta antisindacale a prescindere dalla sottoscrizione o meno dei contratti collettivi. Inoltre, anche se i dipendenti dovessero trovarsi in cassa integrazione guadagni straordinaria (Cigs) per cessazione di attività, dovrebbero poter versare le proprie quote a favore del sindacato a cui sono iscritti. Nel Decreto 30.7.2012, il tribunale di Nola spiega chiaramente come la Cigs non interrompa il rapporto lavorativo ma da una parte determina la sospensione della prestazione lavorativa dovuta, e dall’altra l’erogazione di un’indennità, anticipata dall’imprenditore, a carico dell’Inps in sostituzione della retribuzione. Fiat ha sollevato la questione di legittimità dell’art. 1260 cod. civ. nei confronti degli artt. 39, 41 e 75 Cost. nei tribunali di Alba, Bari, Trento e Milano. Ad Alba, il giudice ravvisa come l’abrogazione dei commi 2 e 3 dell’art 26 St. lav. a seguito del referendum del 1995, non risulta essere incompatibile col fatto che il diritto di riscuotere i contributi sindacali possa essere riconosciuto ora su base contrattuale; appare infondata anche la questione di legittimità sollevata con riferimento agli artt. 39 e 41 Cost. Il principio di libertà sindacale sancito dal primo comma dell’art. 39 Cost. tutela la possibilità di organizzazione, autodeterminazione dei sindacati e non appare essere 23
  • 24. violato dalla norma codicistica che si limita solo a consentire una determinata modalità di pagamento delle quote. Non vi sarebbe violazione dell’art. 41 Cost perché gli oneri aggiuntivi a carico dell’imprenditore dal versamento delle ritenute non sarebbero privi di fondamento normativo, essendo ricavabili dal dispositivo dell’art. 1260 cod. civ. Anche il tribunale di Bari ha rigettato la questione di legittimità dell’art. 1260 cod. civ. con le norme costituzionali citate con le stesse motivazioni, aggiungendo che la delega di pagamento conferita dal singolo all’azienda costituisce l’applicazione dell’autonomia privata del lavoratore. Infine, anche Trento e Milano non ravvisano nessun contrasto dell’art. 1260 cod. civ. con la Costituzione perché la consultazione referendaria non può avere come effetto quello di precludere alle parti il ricorso ad altri strumenti idonei a raggiungere i medesimi risultati. 24
  • 25. Conclusioni Come accennato nell’introduzione, l’intento di questo elaborato era descrivere il contenzioso giudiziario in tema di condotta antisindacale che in questi ultimi due anni ha visto protagonisti la Fiom, il sindacato dei lavoratori impiegati nelle imprese metal meccaniche, e la Fiat, il più importante gruppo industriale italiano. In principio è stato l’accordo di Pomigliano d’Arco del 15 giugno 2010; poi sono venute, quasi a cascata, la disdetta di Federmeccanica del Ccnl del 20 gennaio 2008 con decorrenza dal 2012 e la stipulazione, in data 29 settembre 2010, tra Federmeccanica, Fim e Uilm di un’intesa che consente a livello territoriale di raggiungere “specifiche intese modificative, anche in via sperimentale o temporanea”. Questa intesa prevede le condizioni (crisi occupazionali o progetti di investimento) in presenza delle quali si potranno introdurre deroghe e le procedure per la loro introduzione. Successivamente, la stipulazione prima in data 23 dicembre 2010, per la società che opererà a Mirafiori e poi, in data 29 dicembre 2010, per i lavoratori che passeranno a Fip di un contratto sostitutivo del Ccnl. I contratti in questione sono contratti “separati”, nel senso che non sono sottoscritti da tutti i sindacati tradizionalmente partecipi del sistema di contrattazione collettiva: in particolare non sono stati sottoscritti da Fiom-Cgil. Il fatto che la Cgil abbia sottratto la sua disponibilità, facendo venir meno l’unicità contrattuale, enfatizza il problema dell’ambito soggettivo dell’efficacia dei contratti collettivi (nell’inattuazione dell’art. 39 Cost.) così come dei rapporti tra contratti collettivi di diverso livello. Sicuramente risulterebbe necessario un intervento legislativo sulla rappresentatività sindacale e sull’efficacia della contrattazione collettiva. 25
  • 26. Il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, in una lettera pubblicata sul Corriere della sera del 4 novembre 2012 rilancia la strada indicata dall’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011 e soprattutto rimanda al governo la possibilità di un decreto che recepisca i contenuti dell’Accordo. Prima importante novità dell’Accordo di giugno è il venir meno del principio in base al quale il contratto aziendale non poteva disciplinare materie oggetto di regolamentazione da parte della contrattazione nazionale. Seconda novità è il rapporto coordinato e controllato tra contratto nazionale e aziendale (punti 2 e 3) e, inoltre, al punto 7 si propone il ruolo del contratto collettivo aziendale come strumento efficace alle esigenze degli specifici contesti produttivi. La contrattazione aziendale in deroga può svilupparsi in assenza o in attesa che i rinnovi dei contratti d categoria definiscono la materia. Circa la rappresentatività, nodo centrale e delicato della vicenda di Pomigliano, l’Accordo ripropone la soluzione condivisa nell’Intesa del 2008: affidare al Cnel un ruolo indipendente di certificazione della rappresentatività basata sulla rappresentatività associativa (numero di lavoratori iscritti) e elettorale (i consensi ottenuti dalle Rsu). In questo modo i sindacati diversi da quelli firmatari dell’accordo sono legittimati a negoziare anche in ambito extra-aziendale. La disciplina posta appare dotata di capacità inclusiva di associazioni terze che ovviamente dovranno aderire a un sistema di regole varato da alcuni soggetti (Scarpelli 2011). Per quanto riguarda il discusso art.8 della legge n. 148 del 14 settembre 2011, la norma assegna ai contratti di prossimità30 delle aree di intervento: riscrivere le regole dei rapporti di lavoro e cambiare le sanzioni che accompagnano i licenziamenti illegittimi. 30 Hanno la capacità di definire regole del lavoro che modificano norme di legge oppure di contratto collettivo nazionale. Gli accordi collettivi che perseguono alcuni fini (migliore organizzazione aziendale, qualità del lavoro) e sono firmati da sindacati maggioritari in azienda, possono cucire addosso all’azienda un sistema di regole su misura, che tiene conto delle sue esigenze e di quelli dei suoi dipendenti. 26
  • 27. Con riferimento alla prima area di intervento, le deroghe dovranno far parte di intese più ampie che perseguano obiettivi chiari elencati dalla norma, quali il miglioramento dell’organizzazione aziendale, l’emersione di rapporti di lavoro, i nuovi investimenti ecc... Le deroghe non potranno essere svincolate da un progetto di riorganizzazione aziendale o territoriale. La seconda parte dell’articolo assegna ai contratti di prossimità il potere di definire, in deroga alla legge, le “conseguenze” del licenziamento illegittimo prevedendo, ad esempio, che non spetta la reintegrazione bensì deve essere pagata una quota risarcitoria. Rimane escluso dall’elenco delle materie oggetto delle intese, il licenziamento discriminatorio e quello legato alla maternità. Di fronte all’intervento del governo con la norma dell’art. 8 l. 148/2011, è evidente che si manifestino delle diversità rispetto al contenuto dell’Accordo di giugno firmato dai sindacati con Confindustria. La legge sancisce una derogabilità senza limiti, né procedure, allarga le materie per le quali è ammessa la deroga quando, invece, le parti sociali hanno scelto di limitare a situazioni di crisi o “alla presenza di significativi investimenti per garantire lo sviluppo economico ed occupazionale dell’impresa”. Il problema della rappresentatività sindacale è di certo fondamentale per far sì che il futuro delle relazioni industriali sia nel piano rispetto delle parti, senza cercare lo “scontro”. Genera perplessità la scelta da parte di Fiat di non riconoscere la rappresentanza aziendale e i relativi diritti che ne conseguono come stabilito dal Titolo III della l. 300/1970, a un sindacato come la Fiom, certamente rappresentativo di una larga maggioranza di lavoratori31. D’altro canto, la Fiat ha agito nel pieno rispetto del contenuto letterale dell’art. 19 St. 31 358.722 iscritti nel 2011 (fonte: http://www.cgil.it/chisiamo/quanti_siamo.aspx) 27
  • 28. lav. e c’è chi, come il giuslavorista Pietro Ichino, ravvisa come il provvedimento che obbliga la riassunzione dei 19 operai della Fiom-Cgil sia inopportuno32. È proprio in questo clima di confusione che il legislatore dovrebbe dimostrare di aver appreso molto dal “caso Fiat” e agire urgentemente, come sostiene anche Riccardo Del Punta33, per operare una rivisitazione dell’impianto istituzionale della rappresentanza in azienda per far sì che la partita sindacale si giochi, anche duramente, solo al tavolo del negoziato. 32 http://www.ilfoglio.it/soloqui/15603 33 Del Punta, R., Del gioco e delle sue regole note sulla “sentenza Fiat”. 28
  • 29. Bibliografia Ales, E., Dal “caso Fiat” al “caso Italia”. Il diritto del lavoro “di prossimità”, le sue scaturigini e i suoi limiti costituzionali, WP C. S. D. L. E. “Massimo D’Antona” .IT – 134/2011. Camusso, S., Camusso: il governo abbia coraggio, un decreto per la rappresentanza, “Il Corriere della Sera”, 4 novembre 2012, pag. 11. Del Punta, R., Del gioco e delle sue regole note sulla “sentenza Fiat”, Rivista italiana di diritto del lavoro, vol. 30, fascicolo 4 (2011), pp. 1421 – 1433. Falasca, G., Patti vicini alla realtà aziendale, “Il Sole 24 Ore”, 15 settembre 2011, pag. 11. Garofalo, M. G., Interessi collettivi e comportamento antisindacale dell'imprenditore, Jovene, Napoli 1979. Giugni, G., Diritto sindacale, Cacucci Editore, Bari 2010. Liebman, S., Senza uscita la via giudiziaria scelta da Fiom, “Il Sole 24 Ore”, 22 novembre 2011. Scarpelli, F., Rappresentatività e contrattazione tra l’accordo unitario di giugno e le discutibili ingerenze del legislatore, WP C. S. D. L. E. “Massimo D’Antona” .IT – 127/2011. 29
  • 30. Sitografia http://www.eurofound.europa.eu/emire/ITALY/ANTIUNIONACTIVITY-IT.htm http://www.fiom.cgil.it/auto/fiat/documentazione/decreti_e_sentenze/default.htm http://www.ilfoglio.it/soloqui/15603 http://www.cgil.it/tematiche/Documento.aspx?ARG=GIURIDICO&TAB=0&ID=17 540 http://www.cgil.it/tematiche/Documento.aspx?ARG=GIURIDICO&TAB=0&ID=18 769 http://www.cgil.it/tematiche/Documento.aspx?ARG=GIURIDICO&TAB=0&ID=19 118 http://www.cgil.it/tematiche/Documento.aspx?ARG=GIURIDICO&TAB=0&ID=19 355 http://www.cgil.it/tematiche/Documento.aspx?ARG=GIURIDICO&TAB=0&ID=19 980 http://www.fiom.cgil.it/auto/fiat/documentazione/materiali/12_09_11-piccinini.pdf http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/11/25/fabbrica-italia-pomigliano-operaidisertano-lassemblea-nuovo-contratto-contro-diritti/425692/ http://napoli.repubblica.it/cronaca/2012/11/27/news/pomigliano_i_19_della_fiom_fir mano_il_contratto_in_fabbrica-47531111/?ref=fbpr http://www.repubblica.it/economia/finanza/2012/11/26/news/fiat_industrial_marchio nne-47396867/?ref=NRCT-47531111-3 http://www.federalismi.it/ http://www.cgil.it/chisiamo/quanti_siamo.aspx 30