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SIMONE PALIAGA
n quale situazione di grande
svantaggio potremmo finire,
noieilmondo,secostringes-
simo le nostre menti ad af-
frontare tutti i problemi allo
stesso modo», si chiede Josh
M.Olejarzsulla“HarvardBu-
siness Review” dello scorso agosto in un artico-
lotitolatoesplicitamente“LiberalArtsinDataA-
ge”. E sì! Un mondo ad altezza di algoritmi, pen-
siero computazionale e big data non potrebbe
esserecheunmondoasensounico.Seneavve-
deanchelaprestigiosarivistadimanagementdi
unadelleuniversitàfarodelliberismo.Asottrar-
ciaquestaderivasarebbero,secondoOleajarz,fi-
losofia,letteraturaepoesia.Oggiineffettinonc’è
azioneocomportamentochenonsiaguidatoda
unalgoritmootradottoinunaseriediistruzioni
meccanicisticamenterisolvibili.Inunarealtà
dovetuttoècodificato,declinatoinpro-
tocolli e interpretabile da algorit-
micosaresterebbedell’uomo?
Nel 1956 Günther Anders
definìl’essereumanoal
tempo delle tecno-
I«
logie diffuse come antiquato. Con questa e-
spressione intendeva dire obsoleto, incapace di
rimanere al passo con la“performatività” prete-
sa dal funzionamento delle tecnologie. Con a-
zioniecomportamentiumaniistantaneamente
processati, anticipati o condizionati da algorit-
mi, vale a dire da una sequela di istruzioni pre-
confezionate,chespaziorimaneall’imprevistoe
dunqueallalibertàdegliuomini?Olejarznone-
sita a mettere sotto accusa l’attuale ossessione
perilcoding,ilpensierocomputazionale,eperle
cosiddette Stem (acronimo di Science, Techno-
logy, Engineering and Mathematics). Se trion-
fasserotuttoilmondoadotterebbelestessestra-
tegie di pensiero e ragionerebbe alla stessa ma-
niera. E non sarebbe certo uno spettacolo edifi-
cante vedere miliardi di uomini trovare le stesse
soluzioni a problemi uguali.
GlidàragioneScottHartleyconilsuoTheFuzzy
and the Techie (Houghton Mifflin Harcourt, pa-
gine304,euro16,99)ilcuisottotitoloèsufficien-
tementeesplicito:perchéledisciplineumanisti-
chegovernerannoilmondodigitale.Dall’esigenza
disuperareladicotomiatrainerddelletecnolo-
gieeisecchioniumanisti(questionetritaeritri-
ta dai tempi di Snow) il venture capitalist ricava
però un problema delicato. Il mondo di oggi è
così complesso, interdipendente e volto a re-
pentinicambiamenticheaglistudentinondeve
essere offerto un percorso formativo incentrato
solo su discipline scientifiche. Al centro del cur-
ricolodistudidovrebberotrovarepostofilosofia
e poesia, arte e letteratura. Alle discipline uma-
nistichespetterebbeilcompitodirendereelasti-
cheeflessibililementideigiovani,capacicosìdi
prospettare soluzioni innovative e scenari con-
trofattuali.Nonsipotrebbespiegarealtrimentiil
successodelfilosofoStewartButterfieldacapodi
Slack e cofondatore di Flickr. O di Jack Ma, al ti-
monediAlibabaconuncursusstudiorumdian-
glistica, e SusanWojcicki, Ceo diYouTube dopo
studidistoriaeletteratura.OancoradiBrianChe-
sky, esperto di belle arti, che capitana Airbnb.
«Naturalmente – precisa Hartley – non che non
siabbiabisognodiespertitecnicimaoccorrono
anchepersonechecomprendanoiperchéeico-
me del comportamento umano».
EppureHartley,probabilmenteperformazione,
motiva la difesa della filosofia e della letteratura
mostrandone il peso nel successo economico.
Diversa invece è la posizione di Gary Saul Mor-
soneMortonSchapironelloroCentsandSensi-
bility(PrincetonUniversityPress,pagine320,eu-
ro 22,50). Il docente di letteratura russa e l’eco-
nomistadellaNorthwesternUniversityriabilita-
no la letteratura. Essa non sarebbe una discipli-
na residuale ma uno strumento per rendere a-
derenti alla realtà predizioni e analisi degli eco-
nomisti. Anche perché l’homo oeconomicus, ri-
chiamatodallescienzeeconomiche,nellarealtà
non esiste. Letteratura e economia, «due cultu-
re, un fine comune: costruire un mondo – scri-
vono – che non attinga esclusivamente all’eco-
nomia,allamedicina,all’ingegneriaeallascien-
zaperrenderelevitesolopiùlungheeprospere.
Ma in cui le discipline umanistiche e le arti pos-
sano rendere quelle vite migliori. Integrare il ri-
gorequantitativo,l’attenzioneall’organizzazione
e la logica economica con l’empatia, la pruden-
za e la saggezza proprie delle discipline uma-
nistiche», è la via per sottrarsi ai diktat degli
algoritmi.
Seinvecedovesseroprevalererischiereb-
bedisfuggirciilsensodelnostroopera-
re.EproprioSensemakingsiintitolail
libro di Christian Madsbjerg (Ha-
chetteBooks,pagine240,euro17,56)
chedifende«l’indispensabilitàdel-
le discipline umanistiche nell’e-
poca degli algoritmi». Secondo
Madsbjerglafissazioneperida-
ti spesso maschera incredibili
carenze con rischi per l’uma-
nità. La devozione cieca ai nu-
meri mette in pericolo le im-
prese, il mondo della scuola, i
governielevitedeisingoli.So-
lolacapacitàdidaresensoalle
nostre azioni, il sensemaking
appunto,provenientedafiloso-
fia e poesia «insegna – am-
moniscel’autore–aindi-
viduare cosa meriti la
nostra attenzione e a
stabilire cosa real-
mente conti».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
E L Z E V I R O
L’IMMENSITÀ
CHE ISPIRA
RAUL GABRIEL
ui, a sud dell’India, dove forzatamente si recide il
cordone ombelicale con la coazione produttiva
che infesta il nostro vivere senza tregua,
contemplare le infinite pennellate di azzurro
dell’oceano primordiale e la profusione disorientante di
colori e tessuti regalati anche al più insignificante dei
pesci, ho intuito il vincolo indissolubile che lega
immensità e ispirazione. La vastità di questi luoghi è
talmente invasiva da non permetterti di ignorarla.
Testimonia se stessa infiltrandosi nella retina, tra le dita,
nei polmoni. Come una malattia che ti trasforma
indipendentemente dalla tua volontà. Il principio di lotta
si dissolve. Lotta per migliorare spirito ed economie, lotta
per scalare la graduatoria delle idee, lotta per ogni singolo
aspetto dell’esistenza. Chi ha intravisto l’immensità
anche solo per un momento, veramente, non per una
dissimulazione artificiosa destinata a finalità di
supremazia sociale, di prestigio o di manipolazione di
gruppi e persone, lo riconosci. Perché ha dissolto il
principio generativo del conflitto. Dissolto perché grazie
alla potenza del respiro dell’immenso, ha assolto. Questo
non risolve i piccoli problemi dell’esistenza, ma dà loro
una base di profonda coscienza: ogni fatto fondamentale
per l’uomo avviene nel flusso. Non nella lotta più o meno
furiosa per tentare di impadronirsene. E questo ha una
intima congiunzione con la questione delle questioni che
riguarda gli artisti, ma anche coloro che hanno una fede,
qualunque essa sia. Ultimamente discuto spesso con
amici musicisti di ogni livello, dall’eccellenza
internazionale assoluta alla pratica amatoriale, e li vedo
accartocciarsi sul dilemma indefinibile della ispirazione.
Finché c’è lotta, si cerca di sopravvivere. E sopravvivere è
una forza così totalizzante che non ammette comprimari
o contraddittori. La sopravvivenza impedisce di affidarsi.
La ispirazione invece ha a che fare proprio con l’affidarsi
alla materna e terribile profondità dell’oceano che può
annullarti, e pure è l’unico luogo al quale consegnarsi. In
quel diaframma in cui l’ossigeno finisce e tu sei sospeso
meravigliosamente a un passo dalla perdita di coscienza
e la felicità del
ricongiungimento, lì vive
la ispirazione. Non è
necessario essere apneisti
per conoscere la
ispirazione. Ma in
qualche modo si deve
arrivare alla coscienza
che nessuno sforzo può
avvicinarla. Il flusso vive
di un’altra storia rispetto
alle nostre piccole pastoie
quotidiane, che a noi
appaiono enormi
essenziali e definitive solo
per una intrinseca,
connaturata debolezza
che, fosse cosciente,
potrebbe diventare risorsa.Vedo applicare strategie di
ogni tipo per giungere alla fatidica ispirazione,
all’appuntamento con la genialità, cui però pochi sono
invitati, e non perché hanno lottato di più. Non perché
hanno tentato di succhiare ogni risorsa possibile dalle
biografie dei grandi, non perché bohémien, maledetti,
drogati, salutisti, perché lavano i piatti a mano o con la
lavastoviglie. La ispirazione è del mondo ma non è del
mondo. Il primo passo è calmarsi. Non puoi fare nulla
per essere un genio, per essere un ispirato. Se lo sei il
flusso giungerà quando lo decide. Se non lo sei,
probabilmente vivresti anche meglio, non fosse per
l’ossessione narcisistica verso qualcosa che chi ce l’ha in
realtà maledice. La poesia come la fede ti è superiore
eppure viene da te, ma non sei te. L’unica via per tentarla
è fare spazio, fare vuoto.Togliere fino all’ultima traccia di
funzionalità, utilità, gratificazione, pena, principio di
causa effetto. Associamo sempre la qualità dell’artista o
del genio a caratteristiche empiriche della vita e del
carattere.Tempo perso. Nulla giustifica o addomestica
ispirazione e genio. Né la umiltà, né la megalomania.
Non la tragedia, non la gioia. Il binario della ispirazione è
tra la vita e la morte, intimamente connesso a ogni nostra
singola cellula, e pensare di poterla ricevere per osmosi
dalle vite degli altri o perché facciamo training autogeno
come un quarterback prima del Superbowl è l’inizio del
fallimento. Perché manca quel flusso solitario, tragico e
meraviglioso che, solo, può metterci in connessione con
ciò che poi parlerà ad altri. La frequenza della ispirazione
è una frequenza dell’eternità. Questa è la meraviglia che
ci è data in eredità: la possibilità della connessione con il
mistero della vita e la morte lì dove si svolge, lì dove la
scintilla primordiale esplode, lì dove si compie l’eterno
miracolo: il nostro. Ma è necessario correre il rischio di
rimanere senza fiato, senza vita e perché no... anche
senza ispirazione.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Q
Diversi ricercatori
criticano l’attuale
ossessione
per il pensiero
computazionale
e sostengono
invece lo studio
della filosofia
e della poesia
Solo la capacità
di dare senso
alle nostre azioni
ci salverà
dall’omologazione
anzitutto Diritto d’autore,
Ardito arriva negli Usa
rdito (Access to Rights Data via Identification
Technology Optimisation), il progetto co-finanziato
dall’Unione Europea e coordinato dall’Associazione
Italiana Editori sbarca negli Stati Uniti. Giovedì,
infatti, Ardito sarà presente al secondo incontro pubblico
organizzato dal Dipartimento del Commercio degli Stati
Uniti e dedicato allo sviluppo del mercato digitale per
opere protette dal copyright. Partito un anno fa, Ardito
consente agli utenti di trovare un contenuto online e sapere
con un clic se e come si può utilizzarlo senza commettere
violazioni del diritto d’autore.
A
CULTURA, RELIGIONI, TEMPO LIBERO, SPETTACOLI, SPORT
Non puoi fare niente
per essere un genio
Se lo sei davvero
il flusso magico
giungerà da solo
Ma è necessario
correre il rischio
di restare senza
fiato, di affidarsi
alla profondità
dell’oceano
che può annullarti
22 Martedì
23 Gennaio 2018
La battaglia
Il potere
di chi controlla
i contenuti
ovrano è chi possiede e
sviluppaglialgoritmimi-
gliori. Proprio così. Oggi
la parola magica per
comprendere la realtà attuale è
quella che sta a significare una
serie di istruzioni tra loro con-
catenate e che prende il nome
dal matematico persiano al-
Khuwarizmi. Per comprender-
neappienolaportatatornauti-
le un libro essenziale ma per-
spicuo appena pubblicato da
LucaSossellaEditore:Algoritmi.
Il software culturale che regge le
nostrevitediMarioPireddu(pa-
gine 92, euro 8,00).
Spiegando come oggi sulle de-
cisionipresecontinonontanto
laquantitàdidatieinformazio-
nidicuisidisponequantoilmo-
dodifiltrarlieprocessarli,sica-
piscecome«labattaglia–scrive
Pireddu–sigiochinontantosul-
lalibertàdiproduzionedeicon-
tenuti da parte degli utenti, ma
soprattutto sulla configurazio-
nedeglialgoritmichequeicon-
tenuti gestiscono – e su chi li
controlla». Senza conoscere i
meccanismi che ne stanno al-
l’origine, data base, tag e meta-
dati, si corre il rischio di diven-
tare“oggettiinconsapevoli”dei
cambiamenti in atto. (S.Pal.)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
S
Idee. Cosa resta dell’uomo in un mondo fondato sui big data?
Ecco perché le discipline umanistiche “governeranno” il digitale
Agli ALGORITMI
serve la testa
VkVSIyMjVm9sb0Vhc3lSZWFkZXJfQXZ2ZW5pcmUjIyMwZTZjZGZmMS0xZGU1LTQ0YTUtOThkOS04MWU1NGZiMjUzZmIjIyMyMDE4LTAyLTIyVDE4OjM0OjAxIyMjVkVS

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Raul gabriel - Immensita e ispirazione - pagine cultura Avvenire 23 01_2018

  • 1. SIMONE PALIAGA n quale situazione di grande svantaggio potremmo finire, noieilmondo,secostringes- simo le nostre menti ad af- frontare tutti i problemi allo stesso modo», si chiede Josh M.Olejarzsulla“HarvardBu- siness Review” dello scorso agosto in un artico- lotitolatoesplicitamente“LiberalArtsinDataA- ge”. E sì! Un mondo ad altezza di algoritmi, pen- siero computazionale e big data non potrebbe esserecheunmondoasensounico.Seneavve- deanchelaprestigiosarivistadimanagementdi unadelleuniversitàfarodelliberismo.Asottrar- ciaquestaderivasarebbero,secondoOleajarz,fi- losofia,letteraturaepoesia.Oggiineffettinonc’è azioneocomportamentochenonsiaguidatoda unalgoritmootradottoinunaseriediistruzioni meccanicisticamenterisolvibili.Inunarealtà dovetuttoècodificato,declinatoinpro- tocolli e interpretabile da algorit- micosaresterebbedell’uomo? Nel 1956 Günther Anders definìl’essereumanoal tempo delle tecno- I« logie diffuse come antiquato. Con questa e- spressione intendeva dire obsoleto, incapace di rimanere al passo con la“performatività” prete- sa dal funzionamento delle tecnologie. Con a- zioniecomportamentiumaniistantaneamente processati, anticipati o condizionati da algorit- mi, vale a dire da una sequela di istruzioni pre- confezionate,chespaziorimaneall’imprevistoe dunqueallalibertàdegliuomini?Olejarznone- sita a mettere sotto accusa l’attuale ossessione perilcoding,ilpensierocomputazionale,eperle cosiddette Stem (acronimo di Science, Techno- logy, Engineering and Mathematics). Se trion- fasserotuttoilmondoadotterebbelestessestra- tegie di pensiero e ragionerebbe alla stessa ma- niera. E non sarebbe certo uno spettacolo edifi- cante vedere miliardi di uomini trovare le stesse soluzioni a problemi uguali. GlidàragioneScottHartleyconilsuoTheFuzzy and the Techie (Houghton Mifflin Harcourt, pa- gine304,euro16,99)ilcuisottotitoloèsufficien- tementeesplicito:perchéledisciplineumanisti- chegovernerannoilmondodigitale.Dall’esigenza disuperareladicotomiatrainerddelletecnolo- gieeisecchioniumanisti(questionetritaeritri- ta dai tempi di Snow) il venture capitalist ricava però un problema delicato. Il mondo di oggi è così complesso, interdipendente e volto a re- pentinicambiamenticheaglistudentinondeve essere offerto un percorso formativo incentrato solo su discipline scientifiche. Al centro del cur- ricolodistudidovrebberotrovarepostofilosofia e poesia, arte e letteratura. Alle discipline uma- nistichespetterebbeilcompitodirendereelasti- cheeflessibililementideigiovani,capacicosìdi prospettare soluzioni innovative e scenari con- trofattuali.Nonsipotrebbespiegarealtrimentiil successodelfilosofoStewartButterfieldacapodi Slack e cofondatore di Flickr. O di Jack Ma, al ti- monediAlibabaconuncursusstudiorumdian- glistica, e SusanWojcicki, Ceo diYouTube dopo studidistoriaeletteratura.OancoradiBrianChe- sky, esperto di belle arti, che capitana Airbnb. «Naturalmente – precisa Hartley – non che non siabbiabisognodiespertitecnicimaoccorrono anchepersonechecomprendanoiperchéeico- me del comportamento umano». EppureHartley,probabilmenteperformazione, motiva la difesa della filosofia e della letteratura mostrandone il peso nel successo economico. Diversa invece è la posizione di Gary Saul Mor- soneMortonSchapironelloroCentsandSensi- bility(PrincetonUniversityPress,pagine320,eu- ro 22,50). Il docente di letteratura russa e l’eco- nomistadellaNorthwesternUniversityriabilita- no la letteratura. Essa non sarebbe una discipli- na residuale ma uno strumento per rendere a- derenti alla realtà predizioni e analisi degli eco- nomisti. Anche perché l’homo oeconomicus, ri- chiamatodallescienzeeconomiche,nellarealtà non esiste. Letteratura e economia, «due cultu- re, un fine comune: costruire un mondo – scri- vono – che non attinga esclusivamente all’eco- nomia,allamedicina,all’ingegneriaeallascien- zaperrenderelevitesolopiùlungheeprospere. Ma in cui le discipline umanistiche e le arti pos- sano rendere quelle vite migliori. Integrare il ri- gorequantitativo,l’attenzioneall’organizzazione e la logica economica con l’empatia, la pruden- za e la saggezza proprie delle discipline uma- nistiche», è la via per sottrarsi ai diktat degli algoritmi. Seinvecedovesseroprevalererischiereb- bedisfuggirciilsensodelnostroopera- re.EproprioSensemakingsiintitolail libro di Christian Madsbjerg (Ha- chetteBooks,pagine240,euro17,56) chedifende«l’indispensabilitàdel- le discipline umanistiche nell’e- poca degli algoritmi». Secondo Madsbjerglafissazioneperida- ti spesso maschera incredibili carenze con rischi per l’uma- nità. La devozione cieca ai nu- meri mette in pericolo le im- prese, il mondo della scuola, i governielevitedeisingoli.So- lolacapacitàdidaresensoalle nostre azioni, il sensemaking appunto,provenientedafiloso- fia e poesia «insegna – am- moniscel’autore–aindi- viduare cosa meriti la nostra attenzione e a stabilire cosa real- mente conti». © RIPRODUZIONE RISERVATA E L Z E V I R O L’IMMENSITÀ CHE ISPIRA RAUL GABRIEL ui, a sud dell’India, dove forzatamente si recide il cordone ombelicale con la coazione produttiva che infesta il nostro vivere senza tregua, contemplare le infinite pennellate di azzurro dell’oceano primordiale e la profusione disorientante di colori e tessuti regalati anche al più insignificante dei pesci, ho intuito il vincolo indissolubile che lega immensità e ispirazione. La vastità di questi luoghi è talmente invasiva da non permetterti di ignorarla. Testimonia se stessa infiltrandosi nella retina, tra le dita, nei polmoni. Come una malattia che ti trasforma indipendentemente dalla tua volontà. Il principio di lotta si dissolve. Lotta per migliorare spirito ed economie, lotta per scalare la graduatoria delle idee, lotta per ogni singolo aspetto dell’esistenza. Chi ha intravisto l’immensità anche solo per un momento, veramente, non per una dissimulazione artificiosa destinata a finalità di supremazia sociale, di prestigio o di manipolazione di gruppi e persone, lo riconosci. Perché ha dissolto il principio generativo del conflitto. Dissolto perché grazie alla potenza del respiro dell’immenso, ha assolto. Questo non risolve i piccoli problemi dell’esistenza, ma dà loro una base di profonda coscienza: ogni fatto fondamentale per l’uomo avviene nel flusso. Non nella lotta più o meno furiosa per tentare di impadronirsene. E questo ha una intima congiunzione con la questione delle questioni che riguarda gli artisti, ma anche coloro che hanno una fede, qualunque essa sia. Ultimamente discuto spesso con amici musicisti di ogni livello, dall’eccellenza internazionale assoluta alla pratica amatoriale, e li vedo accartocciarsi sul dilemma indefinibile della ispirazione. Finché c’è lotta, si cerca di sopravvivere. E sopravvivere è una forza così totalizzante che non ammette comprimari o contraddittori. La sopravvivenza impedisce di affidarsi. La ispirazione invece ha a che fare proprio con l’affidarsi alla materna e terribile profondità dell’oceano che può annullarti, e pure è l’unico luogo al quale consegnarsi. In quel diaframma in cui l’ossigeno finisce e tu sei sospeso meravigliosamente a un passo dalla perdita di coscienza e la felicità del ricongiungimento, lì vive la ispirazione. Non è necessario essere apneisti per conoscere la ispirazione. Ma in qualche modo si deve arrivare alla coscienza che nessuno sforzo può avvicinarla. Il flusso vive di un’altra storia rispetto alle nostre piccole pastoie quotidiane, che a noi appaiono enormi essenziali e definitive solo per una intrinseca, connaturata debolezza che, fosse cosciente, potrebbe diventare risorsa.Vedo applicare strategie di ogni tipo per giungere alla fatidica ispirazione, all’appuntamento con la genialità, cui però pochi sono invitati, e non perché hanno lottato di più. Non perché hanno tentato di succhiare ogni risorsa possibile dalle biografie dei grandi, non perché bohémien, maledetti, drogati, salutisti, perché lavano i piatti a mano o con la lavastoviglie. La ispirazione è del mondo ma non è del mondo. Il primo passo è calmarsi. Non puoi fare nulla per essere un genio, per essere un ispirato. Se lo sei il flusso giungerà quando lo decide. Se non lo sei, probabilmente vivresti anche meglio, non fosse per l’ossessione narcisistica verso qualcosa che chi ce l’ha in realtà maledice. La poesia come la fede ti è superiore eppure viene da te, ma non sei te. L’unica via per tentarla è fare spazio, fare vuoto.Togliere fino all’ultima traccia di funzionalità, utilità, gratificazione, pena, principio di causa effetto. Associamo sempre la qualità dell’artista o del genio a caratteristiche empiriche della vita e del carattere.Tempo perso. Nulla giustifica o addomestica ispirazione e genio. Né la umiltà, né la megalomania. Non la tragedia, non la gioia. Il binario della ispirazione è tra la vita e la morte, intimamente connesso a ogni nostra singola cellula, e pensare di poterla ricevere per osmosi dalle vite degli altri o perché facciamo training autogeno come un quarterback prima del Superbowl è l’inizio del fallimento. Perché manca quel flusso solitario, tragico e meraviglioso che, solo, può metterci in connessione con ciò che poi parlerà ad altri. La frequenza della ispirazione è una frequenza dell’eternità. Questa è la meraviglia che ci è data in eredità: la possibilità della connessione con il mistero della vita e la morte lì dove si svolge, lì dove la scintilla primordiale esplode, lì dove si compie l’eterno miracolo: il nostro. Ma è necessario correre il rischio di rimanere senza fiato, senza vita e perché no... anche senza ispirazione. © RIPRODUZIONE RISERVATA Q Diversi ricercatori criticano l’attuale ossessione per il pensiero computazionale e sostengono invece lo studio della filosofia e della poesia Solo la capacità di dare senso alle nostre azioni ci salverà dall’omologazione anzitutto Diritto d’autore, Ardito arriva negli Usa rdito (Access to Rights Data via Identification Technology Optimisation), il progetto co-finanziato dall’Unione Europea e coordinato dall’Associazione Italiana Editori sbarca negli Stati Uniti. Giovedì, infatti, Ardito sarà presente al secondo incontro pubblico organizzato dal Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti e dedicato allo sviluppo del mercato digitale per opere protette dal copyright. Partito un anno fa, Ardito consente agli utenti di trovare un contenuto online e sapere con un clic se e come si può utilizzarlo senza commettere violazioni del diritto d’autore. A CULTURA, RELIGIONI, TEMPO LIBERO, SPETTACOLI, SPORT Non puoi fare niente per essere un genio Se lo sei davvero il flusso magico giungerà da solo Ma è necessario correre il rischio di restare senza fiato, di affidarsi alla profondità dell’oceano che può annullarti 22 Martedì 23 Gennaio 2018 La battaglia Il potere di chi controlla i contenuti ovrano è chi possiede e sviluppaglialgoritmimi- gliori. Proprio così. Oggi la parola magica per comprendere la realtà attuale è quella che sta a significare una serie di istruzioni tra loro con- catenate e che prende il nome dal matematico persiano al- Khuwarizmi. Per comprender- neappienolaportatatornauti- le un libro essenziale ma per- spicuo appena pubblicato da LucaSossellaEditore:Algoritmi. Il software culturale che regge le nostrevitediMarioPireddu(pa- gine 92, euro 8,00). Spiegando come oggi sulle de- cisionipresecontinonontanto laquantitàdidatieinformazio- nidicuisidisponequantoilmo- dodifiltrarlieprocessarli,sica- piscecome«labattaglia–scrive Pireddu–sigiochinontantosul- lalibertàdiproduzionedeicon- tenuti da parte degli utenti, ma soprattutto sulla configurazio- nedeglialgoritmichequeicon- tenuti gestiscono – e su chi li controlla». Senza conoscere i meccanismi che ne stanno al- l’origine, data base, tag e meta- dati, si corre il rischio di diven- tare“oggettiinconsapevoli”dei cambiamenti in atto. (S.Pal.) © RIPRODUZIONE RISERVATA S Idee. Cosa resta dell’uomo in un mondo fondato sui big data? Ecco perché le discipline umanistiche “governeranno” il digitale Agli ALGORITMI serve la testa VkVSIyMjVm9sb0Vhc3lSZWFkZXJfQXZ2ZW5pcmUjIyMwZTZjZGZmMS0xZGU1LTQ0YTUtOThkOS04MWU1NGZiMjUzZmIjIyMyMDE4LTAyLTIyVDE4OjM0OjAxIyMjVkVS