3. In quel tempo, Gesù
passava insegnando
per città e villaggi,
mentre era in
cammino verso
Gerusalemme. Un
tale gli chiese:
«Signore, sono
pochi quelli che si
salvano?».
4. Disse loro: «Sforzatevi di
entrare per la porta stretta,
perché molti, io vi dico,
cercheranno di entrare, ma
non ci riusciranno. Quando
il padrone di casa si alzerà
e chiuderà la porta, voi,
rimasti fuori, comincerete
a bussare alla porta,
dicendo: “Signore, aprici!”.
5. Ma egli vi
risponderà: “Non
so di dove siete”.
Allora comincerete
a dire: “Abbiamo
mangiato e bevuto
in tua presenza e
tu hai insegnato
nelle nostre
piazze”.
6. Ma egli vi dichiarerà:
“Voi, non so di dove
siete. Allontanatevi da
me, voi tutti operatori di
ingiustizia!”. Là ci sarà
pianto e stridore di denti,
quando vedrete Abramo,
Isacco e Giacobbe e tutti i
profeti nel regno di Dio,
voi invece cacciati fuori.
7. Verranno da oriente
e da occidente, da
settentrione e da
mezzogiorno e
siederanno a mensa
nel regno di Dio. Ed
ecco, vi sono ultimi
che saranno primi, e
vi sono primi che
saranno ultimi».
14. LAVORO 1. :
* DMZ VILLA BARTOLOMEA carpenteria
pesante - maschi - età…. 8 ore
* CRAMARO TS COLOGNA VENETA
COPERTURE DA CAMION m. e f. dai 20/30
* BFB POLATI NICOLA CONFEZIONI
MAGLIERIA ALTA MODA zona zuccherificio
badia polesine f.
* ELETTRICISTA PAOLO BRENDAGLIA cerca
ragazzo 20enne scuola elett. Lavoro fuori
* FIAT 1 tipo vecchio KM.38.000
15. LAVORO 2. :
* LARMEC Bevilacqua – condizionatori aria dai
18 in su – scuola enzo bari o enaip
* ERRE BI tecology Badia Polesine –
metalmeccanica – scuola enzo bari dai 18…..
* Ditta BOSCO STEFANO dai 30 anni…...
* ANTARES SISTEM via capitello Villa
Bartolomea - zona industriale – scuola enzo
bari – dai 18 in su – orario 8-12 /13.30- 17.30
* A. SPEDO E FIGLI carpenteria metalmeccanica
– attrezzi in campagna – scuola enzo bari
16. Agosto 2016
“Uno solo è il
vostro Maestro e
voi siete tutti
fratelli” (Mt 23, 8)
PAROLA DI
VITA
23. Agosto 2016
“Uno solo è il
vostro Maestro e
voi siete tutti
fratelli” (Mt 23, 8)
PAROLA DI
VITA
24.
25. Siamo attorniati da tante proposte
di vita, da tanti maestri di
pensiero, alcuni aberranti, che
inducono addirittura alla violenza;
altri invece sono retti e illuminati.
26. Eppure le parole di Gesù possiedono
una profondità e una capacità di
coinvolgerci che altre parole, siano
esse di filosofi, di politici, di poeti,
non hanno.
27. Sono “parole di vita”, si possono
vivere e danno la pienezza della
vita, comunicano la vita stessa
di Dio.
28. Agosto 2016
“Uno solo è il
vostro Maestro
e voi siete tutti
fratelli”
(Mt 23, 8)
PAROLA
DI
VITA
29. Ogni mese ne
prendiamo una
in rilievo, così,
lentamente il Vangelo penetra nel
nostro animo, ci trasforma, ci fa
acquistare il pensiero stesso di
Gesù, rendendoci capaci di
rispondere alle situazioni più
diverse.
Gesù si fa nostro Maestro.
30. A volte possiamo leggerla insieme.
Vorremmo che fosse Gesù stesso, il
Risorto, vivo in mezzo a quanti sono
riuniti nel suo nome, a spiegarcela,
attualizzarla, suggerirci come
metterla in pratica.
31. Agosto 2016
“Uno solo è il
vostro Maestro
e voi siete tutti
fratelli”
(Mt 23, 8)
PAROLA
DI
VITA
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44. comprendere. Pur ferito, Dio lascia parlare l’amore, e si appella alla coscienza di questi figli
degeneri perché si ravvedano e si lascino di nuovo amare. Questo è quello che fa Dio! Ci viene
incontro perché noi ci lasciamo amare da Lui dal nostro Dio. La relazione padre-figlio, a cui
spesso i profeti fanno riferimento per parlare del rapporto di alleanza tra Dio e il suo popolo, si è
snaturata. La missione educativa dei genitori mira a farli crescere nella libertà, a renderli
responsabili, capaci di compiere opere di bene per sé e per gli altri. Invece, a causa del peccato,
la libertà diventa pretesa di autonomia, pretesa di orgoglio, e l’orgoglio porta alla
contrapposizione e all’illusione di autosufficienza. Ecco allora che Dio richiama il suo popolo:
“Avete sbagliato strada”. Affettuosamente e amaramente dice il “mio” popolo. Dio mai rinnega
noi; noi siamo il suo popolo, il più cattivo degli uomini, la più cattiva delle donne, i più cattivi dei
popoli sono suoi figli. E questo è Dio: mai, mai rinnega noi! Dice sempre: “Figlio, vieni”. E questo
è l’amore di nostro Padre; questa la misericordia di Dio. Avere un padre così ci dà speranza, ci dà
fiducia. Questa appartenenza dovrebbe essere vissuta nella fiducia e nell’obbedienza, con la
consapevolezza che tutto è dono che viene dall’amore del Padre. E invece, ecco la vanità, la
stoltezza e l’idolatria. Perciò ora il profeta si rivolge direttamente a questo popolo con parole
severe per aiutarlo a capire la gravità della sua colpa: «Guai, gente peccatrice, […] figli corrotti!
Hanno abbandonato il Signore, hanno disprezzato il Santo d’Israele, si sono voltati indietro» (v.
4). La conseguenza del peccato è uno stato di sofferenza, di cui subisce le conseguenze anche il
paese, devastato e reso come un deserto, al punto che Sion – cioè Gerusalemme - diventa
inabitabile. Dove c’è rifiuto di Dio, della sua paternità, non c’è più vita possibile, l’esistenza perde
le sue radici, tutto appare pervertito e annientato. Tuttavia, anche questo momento doloroso è
in vista della salvezza. La prova è data perché il popolo possa sperimentare l’amarezza di chi
abbandona Dio, e quindi confrontarsi con il vuoto desolante di una scelta di morte. La
sofferenza, conseguenza inevitabile di una decisione autodistruttiva, deve far riflettere il
peccatore per aprirlo alla conversione e al perdono.
45. Non so se sarà mai possibile stabilire una graduatoria relativa alla “difficoltà” delle diverse opere di misericordia, ma temo che quella che ora
prendiamo in considerazione abbia buone opportunità per raggiungere il vertice della classifica. Intanto perché per essere una vera opera di
misericordia dovrà navigare tra due scogli ugualmente pericolosi: anzitutto quello di un relativismo indifferente ed individualista che
sostanzialmente fa ragionare col “vivi e lascia vivere”, ciascuno pensi ai fatti suoi senza impicciarsi nelle questioni altrui; l’altro che potremmo
definire come fariseismo presuntuoso e che ti fa mettere su un piedistallo di superiorità da cui emanare sentenze e giudizi. Eppure, tra questi
due scogli è possibile e doveroso trovare una rotta peraltro necessaria al buon vivere, alla edificazione di una socialità che, a prescindere da
particolari visioni di fede, va perseguita a partire dal presupposto che siamo un po’ tutti responsabili gli uni degli altri e che non ci sono scelte
individuali che non abbiano una valenza collettiva e viceversa.
Per chi ha la fortuna di possedere il bene della fede il riferimento a Gesù di Nazaret e la storia della spiritualità cristiana sono “paletti”
preziosissimi per addentrarsi in questa difficile arte.
Da Gesù impariamo anzitutto uno stile fatto di parole e azioni che, mentre correggono e rimproverano, insieme salvano. Emblematico è
l’episodio in cui Gesù stende la mano per salvare Pietro che sta sprofondando nelle acque e nel contempo gli dice: “Uomo di poca fede,
perché hai dubitato?”. Gesù salva rimproverando e rimprovera salvando.
Nella vita della Chiesa la correzione fraterna, il rimprovero secondo il vangelo, deve sempre essere un atto che unisce misericordia e verità,
compassione e parresia, autorevolezza e dolcezza. Il tutto a partire dalla decisione di rompere con l’indifferenza in cui spesso mi riparo per
proteggermi dal faticoso incontro con l’altro. È bello il verbo “ammonire” che dà il titolo a questa opera. Deriva dal latino ad-monere, in cui
monere indica il “ricordare”: l’ammonizione è un far ricordare ciò che si è dimenticato, è un riportare alla realtà chi se ne è allontanato. Se il
peccato è dimenticanza di Dio e della sua volontà, una volontà che il peccatore conosce ma da cui si allontana, ecco che l’ammonizione dei
peccatori si rivolge alla volontà debole di non ha saputo essere all’altezza della legge di Gesù.
Già, ma “come”? “Come” esercitare un’opera che addirittura può essere considerata un servizio, un ministero all’interno della comunità
cristiana e, lasciatemelo dire, anche della società civile. Un’opera, un servizio, un ministero da cui dipende la qualità umana di una
collettività, religiosa o laica che sia.
Risponderei allora sottolineando che la correzione è necessaria per non covare rancore nel nostro cuore: parlare alla persona che sbaglia,
porre la parola tra me e lei diventa l’antidoto contro il risentimento che può diventare odio. La correzione non serve solo al bene del fratello
che la riceve, ma anche al bene di colui che la esercita.
Questo però non basta. Chi si immette nella strada della correzione fraterna deve avere imparato a riconoscere il male che è in sé. Solo a
questo punto potrà farsi carico del male del fratello. Solo quando avrò imparato a ricevere la correzione potrò dispormi ad esercitarla verso
gli altri.
Infine, perché la correzione abbia qualche speranza di successo e produca in chi sbaglia la voglia di mettersi in discussione senza chiudersi a
riccio nella propria permalosità ferita, è indispensabile che chi corregge affini una grande abilità, una straordinaria “furbizia”: nello scegliere il
momento opportuno, nell’evitare che sia l’unica maniera di rapportarsi a quella persona, nel far sì che la stima che il fratello ha di sé non
diminuisca ma accresca, nell’esercitarla sulle cose veramente essenziali, ... Quando questo avviene la correzione fraterna potrà procurare
frutti di pace e di benedizione. E il nostro vivere sociale guadagnare in qualità.
46. Correzione fraterna con amore
♦ Non si può correggere una persona senza amore e senza carità. Non si può fare un
intervento chirurgico senza anestesia: non si può, perché l’ammalato morirà di dolore. E la
carità è come una anestesia che aiuta a ricevere la cura e accettare la correzione. Prenderlo
da parte, con mitezza, con amore e parlagli.
♦ La correzione fraterna è un atto per guarire il corpo della Chiesa.
C’è un buco, lì, nel tessuto della Chiesa che bisogna ricucire. E come le mamme e le nonne,
quando ricuciono, lo fanno con tanta delicatezza, così si deve fare la correzione fraterna.
♦ Se tu non sei capace di farla con amore, con carità, nella verità e con umiltà, tu farai
un’offesa, una distruzione al cuore di quella persona, tu farai una chiacchiera in più, che
ferisce, e tu diventerai un cieco ipocrita, come dice Gesù. ‘Ipocrita, togli prima la trave dal
tuo occhio….’. Ipocrita! Riconosci che tu sei più peccatore dell’altro, ma che tu come fratello
devi aiutare a correggere l’altro”.
♦ San Paolo dice: ‘Non succeda che dopo avere predicato agli altri, io stesso venga
squalificato’.
Un cristiano che, in comunità, non fa le cose – anche la correzione fraterna – in carità, in
verità e con umiltà, è uno squalificato! Non è riuscito a diventare un cristiano maturo.
♥ Il Signore ci aiuti in questo servizio fraterno, tanto bello e tanto doloroso, di aiutare i
fratelli e le sorelle ad essere migliori e ci aiuti a farlo sempre con carità, in verità e con
umiltà.
♥ Si può e si deve amare il prossimo anche correggendolo: ma è l’amore che lo corregge, è
Dio che lo corregge, non io. Chi ama corregge sempre, perché l’amore è luce ai propri passi
e ai passi del fratello.