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La colpa è del commercialista!
Ogniqualvolta un contribuente sia oggetto di attenzione da parte del Fisco, la colpa ricade sempre
sul commercialista. Ad avallare tale iperbole, poi, contribuiscono non poco alcune bizzarre
sentenze della Cassazione. Qualche volta, però, si rasenta l'idiozia.
"Non lo so! Fa tutto il commercialista!"
Sono circa trent'anni che sentiamo ripetere questa scusa da parte di ogni contribuente sottoposto
a verifica fiscale, per cui, non possiamo neppure più dire che si tratti di una specie di moda. Fin da
quando la professione contabile ha cercato di rincorrere (come Vil-Coyote, Bip-Bip) la normativa
tributaria (creando un certo imbarazzo, primi fra tutti, proprio a chi l'aveva partorita e ai loro fidi
controllori), il commercialista è stato il capro espiatorio di qualunque boutade.
Premettiamo che la nostra non vuol essere difesa di categoria (o come si usa dire oggi, "casta"); sia
perché siamo noi stessi a far fatica nel vederci tali, sia perché, semmai, tale compito istituzionale
spetta al nostro CN, che - speriamo - non tarderà a far sentire la sua voce, atteso che i giornali li
legge, come chiunque altro.
Peraltro, occorre notare che, mai una volta, nemmeno per sbaglio, la colpa sia - a esempio - del
funzionario che ha effettuato un accertamento "a volo d'uccello" (per usare un gergo tecnico).
Potrà pure capitare, o no? Secondo la Orlandi, loro sono infallibili e gli avvisi di accertamento pure.
Certo, ci sarebbe sempre da risolvere quel problemino di firma illegittima (almeno, a parere della
Consulta). Ma sì, dai... poca roba.
E mai una volta che il colpevole sia solo il contribuente: il quale non ha adempiuto a quanto
suggerito dal suo professionista, o non ha semplicemente pagato imposte e contributi, o non ha
consegnato tutta la documentazione in tempo, o ancora, molto più subdolamente, ha inserito
qualche fatturina equivoca in mezzo ai chili di carta consegnata per essere registrata, confidando
sul fatto che sarebbe matematicamente impossibile, anche usando la "supervista" di Superman,
riuscire a individuarla nel mezzo delle decine di migliaia di imputazioni contabili giornaliere che
uno studio è chiamato a eseguire se vuole sopravvivere nei tempi attuali. Contribuente e
commercialista non possono scindersi; né possono separare colpe e responsabilità. Abbiamo
conosciuto tanti gemelli siamesi molto meno uniti fra loro.
Evidentemente, l'accertamento fasullo e/o il contribuente colpevole (VIP esclusi), non fanno
notizia; mentre il commercialista furbacchione "vende".
Se un giornalista scrive una sciocchezza, la colpa è delle "fonti".
Se un giudice sbaglia, la colpa è del ruolo insostenibile.
Se un avvocato non arriva in udienza, la colpa è della carenza nel personale della cancelleria che
non ha eseguito le notifiche correttamente.
Per carità, tutte cose, in parte, anche vere. Ma è mai possibile che queste stesse considerazioni
non esistano quando sotto la graticola c'è un commercialista?
E, ci mancherebbe, non che non sbagliamo anche noi. Sbagliamo, sbagliamo... eppure tanto... chi
non sbaglia mai è solo chi non lavora mai; specialmente con gli adempimenti obbligatori che ci
impongono attualmente. Ma non sbagliamo sempre. Qualche volta (solo "qualche volta"), la colpa
è di altri e, a pagare, dovrebbero essere soltanto questi altri.
Invece, anche secondo la Cassazione, il commercialista è certamente sempre colpevole; ogni
tanto, in "buona compagnia" del contribuente. Parafrasando un noto brocardo latino, potremo
tranquillamente affermare che: "Commercialista certus est, contribuente numquam".
Ciò detto, nei quotidiani fa capolino la notizia relativa alla presunta evasione fiscale della nota
giornalista di Sky, Ilaria D'Amico, la quale risulterebbe indagata a Roma per violazione della legge
tributaria. Sul sito dell'ANSA, si legge che:
"L'attuale compagna del portiere della Juventus Gigi Buffon, secondo i pm della capitale, avrebbe
evaso l'Irpef tra il 2009 e il 2011 per circa 400 mila euro. Il procedimento, avviato a Milano
nell'ottobre scorso, è giunto a Roma per competenza."
Conosciamo fin troppo bene gli innumerevoli infortuni giornalistici per non azzardarci a
commentare una notizia traslata chissà in che modo. Quello che, peraltro, possiamo
abbondantemente permetterci di commentare è il virgolettato (ripreso parimenti da più Testate)
concernente le dichiarazioni rese dal legale della stessa D'Amico.
"In riferimento alla notizia inerente il coinvolgimento della signora Ilaria d'Amico in una indagine
avviata a Milano ed oggi pendente presso la Procura della Repubblica di Roma per violazione di
norme di carattere tributario, preciso che si tratta di fatti generati dall'errata contabilizzazione di
costi inerenti la propria attività professionale. Questi stessi fatti sono noti alla signora d'Amico fin
dal 2013, ed hanno determinato, nel momento della loro emersione, la presentazione, il 28
dicembre 2013, di una denuncia querela per truffa nei confronti dell'ex commercialista di famiglia.
E' quindi da escludersi qualsiasi volontà di frodare il fisco da parte della signora d'Amico, che al
contrario sta collaborando con la Guardia di Finanza al fine di arrivare ad un rapido accertamento
della vicenda e per veder tutelate le proprie ragioni."
Certe baggianate datele a bere agli ignoranti. Non offendete la nostra preparazione professionale
e, tanto meno, la nostra intelligenza; perché c'è il caso che la denuncia la presentiamo noi per
"offesa alla pubblica fede dei commercialisti" (ipotesi di reato che non esiste, ma sempre
maggiormente credibile rispetto a quanto riportato).
Non conoscendo i fatti non siamo in grado certo di sapere cosa diavolo abbia mai combinato
questo commercialista e ci asterremo dal formulare qualunque ipotesi in proposito. Peraltro,
appare quanto mai singolare che un contribuente, il quale abbia ricevuto indubbi benefici dagli
errori del proprio commercialista, si senta truffato dallo stesso. Al limite, pagherà il dovuto e si
rifarà sul maldestro professionista per tutte le inevitabili sanzioni. Non essendo noi, in ogni caso,
degli esperti in materia penale, tralasciamo anche tale aspetto: d'altronde, se un avvocato
penalista ha ipotizzato detto reato, ci saranno stati degli elementi che lo hanno convinto ad agire
in tal guisa.
Ciò che, invece, non ha alcuna giustificazione plausibile (e questa, l'avvocato ci scuserà, ma è
materia nostra), è il comportamento tenuto dalla contribuente in oggetto, sulla base della
ricostruzione della vicenda riportata dal suo legale.
La contribuente, infatti, sarebbe venuta a conoscenza del fatto nel dicembre del 2013; il
procedimento penale si apre circa un anno dopo (ottobre 2014). Qualunque professionista
subentrato nel mandato - diamo per scontato che la D'Amico, dopo aver denunciato il
commercialista in questione, non abbia di sicuro continuato a farsi assistere dallo stesso - avrebbe
immediatamente (ossia, quanto meno nello stesso 2013) proceduto con dichiarazione integrativa,
eventuale ravvedimento (se possibile) e, soprattutto, contestuale versamento delle imposte non
pagate.
Quello che si apprende, invece, è che: "collabora con la Guardia di Finanza". Cosa, francamente,
scontata: è obbligata a mettere a disposizione tutte le carte e a rispondere alle domande che le
saranno rivolte, salvo non voglia incorrere in ulteriori ipotesi di reato o aggravamenti della sua
posizione.
Non solo; si riferisce anche che: "E' da escludersi qualsiasi volontà di frodare il fisco". Ah, beh,
allora...
Insomma, risulta davvero difficile, nella concreta ipotesi, ricorrere all'usuale e fin troppo comoda
scusa:
"Non lo so! Fa tutto il commercialista!"
Certo, sarà pure il commercialista a far tutto e sarà pure il commercialista ad aver sbagliato, ma chi
ci ha guadagnato sei soltanto tu, che non risulti essere persona incapace di intendere e di volere.
Nonostante tutto ciò, nell'immaginario collettivo, l'unico messaggio che passerà per l'ennesima
volta sarà sempre il solito:
La colpa è del commercialista!

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  • 1. La colpa è del commercialista! Ogniqualvolta un contribuente sia oggetto di attenzione da parte del Fisco, la colpa ricade sempre sul commercialista. Ad avallare tale iperbole, poi, contribuiscono non poco alcune bizzarre sentenze della Cassazione. Qualche volta, però, si rasenta l'idiozia. "Non lo so! Fa tutto il commercialista!" Sono circa trent'anni che sentiamo ripetere questa scusa da parte di ogni contribuente sottoposto a verifica fiscale, per cui, non possiamo neppure più dire che si tratti di una specie di moda. Fin da quando la professione contabile ha cercato di rincorrere (come Vil-Coyote, Bip-Bip) la normativa tributaria (creando un certo imbarazzo, primi fra tutti, proprio a chi l'aveva partorita e ai loro fidi controllori), il commercialista è stato il capro espiatorio di qualunque boutade. Premettiamo che la nostra non vuol essere difesa di categoria (o come si usa dire oggi, "casta"); sia perché siamo noi stessi a far fatica nel vederci tali, sia perché, semmai, tale compito istituzionale spetta al nostro CN, che - speriamo - non tarderà a far sentire la sua voce, atteso che i giornali li legge, come chiunque altro. Peraltro, occorre notare che, mai una volta, nemmeno per sbaglio, la colpa sia - a esempio - del funzionario che ha effettuato un accertamento "a volo d'uccello" (per usare un gergo tecnico). Potrà pure capitare, o no? Secondo la Orlandi, loro sono infallibili e gli avvisi di accertamento pure. Certo, ci sarebbe sempre da risolvere quel problemino di firma illegittima (almeno, a parere della Consulta). Ma sì, dai... poca roba. E mai una volta che il colpevole sia solo il contribuente: il quale non ha adempiuto a quanto suggerito dal suo professionista, o non ha semplicemente pagato imposte e contributi, o non ha consegnato tutta la documentazione in tempo, o ancora, molto più subdolamente, ha inserito qualche fatturina equivoca in mezzo ai chili di carta consegnata per essere registrata, confidando sul fatto che sarebbe matematicamente impossibile, anche usando la "supervista" di Superman, riuscire a individuarla nel mezzo delle decine di migliaia di imputazioni contabili giornaliere che uno studio è chiamato a eseguire se vuole sopravvivere nei tempi attuali. Contribuente e commercialista non possono scindersi; né possono separare colpe e responsabilità. Abbiamo conosciuto tanti gemelli siamesi molto meno uniti fra loro. Evidentemente, l'accertamento fasullo e/o il contribuente colpevole (VIP esclusi), non fanno notizia; mentre il commercialista furbacchione "vende". Se un giornalista scrive una sciocchezza, la colpa è delle "fonti". Se un giudice sbaglia, la colpa è del ruolo insostenibile. Se un avvocato non arriva in udienza, la colpa è della carenza nel personale della cancelleria che non ha eseguito le notifiche correttamente. Per carità, tutte cose, in parte, anche vere. Ma è mai possibile che queste stesse considerazioni non esistano quando sotto la graticola c'è un commercialista?
  • 2. E, ci mancherebbe, non che non sbagliamo anche noi. Sbagliamo, sbagliamo... eppure tanto... chi non sbaglia mai è solo chi non lavora mai; specialmente con gli adempimenti obbligatori che ci impongono attualmente. Ma non sbagliamo sempre. Qualche volta (solo "qualche volta"), la colpa è di altri e, a pagare, dovrebbero essere soltanto questi altri. Invece, anche secondo la Cassazione, il commercialista è certamente sempre colpevole; ogni tanto, in "buona compagnia" del contribuente. Parafrasando un noto brocardo latino, potremo tranquillamente affermare che: "Commercialista certus est, contribuente numquam". Ciò detto, nei quotidiani fa capolino la notizia relativa alla presunta evasione fiscale della nota giornalista di Sky, Ilaria D'Amico, la quale risulterebbe indagata a Roma per violazione della legge tributaria. Sul sito dell'ANSA, si legge che: "L'attuale compagna del portiere della Juventus Gigi Buffon, secondo i pm della capitale, avrebbe evaso l'Irpef tra il 2009 e il 2011 per circa 400 mila euro. Il procedimento, avviato a Milano nell'ottobre scorso, è giunto a Roma per competenza." Conosciamo fin troppo bene gli innumerevoli infortuni giornalistici per non azzardarci a commentare una notizia traslata chissà in che modo. Quello che, peraltro, possiamo abbondantemente permetterci di commentare è il virgolettato (ripreso parimenti da più Testate) concernente le dichiarazioni rese dal legale della stessa D'Amico. "In riferimento alla notizia inerente il coinvolgimento della signora Ilaria d'Amico in una indagine avviata a Milano ed oggi pendente presso la Procura della Repubblica di Roma per violazione di norme di carattere tributario, preciso che si tratta di fatti generati dall'errata contabilizzazione di costi inerenti la propria attività professionale. Questi stessi fatti sono noti alla signora d'Amico fin dal 2013, ed hanno determinato, nel momento della loro emersione, la presentazione, il 28 dicembre 2013, di una denuncia querela per truffa nei confronti dell'ex commercialista di famiglia. E' quindi da escludersi qualsiasi volontà di frodare il fisco da parte della signora d'Amico, che al contrario sta collaborando con la Guardia di Finanza al fine di arrivare ad un rapido accertamento della vicenda e per veder tutelate le proprie ragioni." Certe baggianate datele a bere agli ignoranti. Non offendete la nostra preparazione professionale e, tanto meno, la nostra intelligenza; perché c'è il caso che la denuncia la presentiamo noi per "offesa alla pubblica fede dei commercialisti" (ipotesi di reato che non esiste, ma sempre maggiormente credibile rispetto a quanto riportato). Non conoscendo i fatti non siamo in grado certo di sapere cosa diavolo abbia mai combinato questo commercialista e ci asterremo dal formulare qualunque ipotesi in proposito. Peraltro, appare quanto mai singolare che un contribuente, il quale abbia ricevuto indubbi benefici dagli errori del proprio commercialista, si senta truffato dallo stesso. Al limite, pagherà il dovuto e si rifarà sul maldestro professionista per tutte le inevitabili sanzioni. Non essendo noi, in ogni caso, degli esperti in materia penale, tralasciamo anche tale aspetto: d'altronde, se un avvocato penalista ha ipotizzato detto reato, ci saranno stati degli elementi che lo hanno convinto ad agire in tal guisa.
  • 3. Ciò che, invece, non ha alcuna giustificazione plausibile (e questa, l'avvocato ci scuserà, ma è materia nostra), è il comportamento tenuto dalla contribuente in oggetto, sulla base della ricostruzione della vicenda riportata dal suo legale. La contribuente, infatti, sarebbe venuta a conoscenza del fatto nel dicembre del 2013; il procedimento penale si apre circa un anno dopo (ottobre 2014). Qualunque professionista subentrato nel mandato - diamo per scontato che la D'Amico, dopo aver denunciato il commercialista in questione, non abbia di sicuro continuato a farsi assistere dallo stesso - avrebbe immediatamente (ossia, quanto meno nello stesso 2013) proceduto con dichiarazione integrativa, eventuale ravvedimento (se possibile) e, soprattutto, contestuale versamento delle imposte non pagate. Quello che si apprende, invece, è che: "collabora con la Guardia di Finanza". Cosa, francamente, scontata: è obbligata a mettere a disposizione tutte le carte e a rispondere alle domande che le saranno rivolte, salvo non voglia incorrere in ulteriori ipotesi di reato o aggravamenti della sua posizione. Non solo; si riferisce anche che: "E' da escludersi qualsiasi volontà di frodare il fisco". Ah, beh, allora... Insomma, risulta davvero difficile, nella concreta ipotesi, ricorrere all'usuale e fin troppo comoda scusa: "Non lo so! Fa tutto il commercialista!" Certo, sarà pure il commercialista a far tutto e sarà pure il commercialista ad aver sbagliato, ma chi ci ha guadagnato sei soltanto tu, che non risulti essere persona incapace di intendere e di volere. Nonostante tutto ciò, nell'immaginario collettivo, l'unico messaggio che passerà per l'ennesima volta sarà sempre il solito: La colpa è del commercialista!