1. È TUTTO PRONTO IN INGHILTERRA PER LA
COPPA DEL MONDO DI RUGBY, IL TERZO EVENTO
SPORTIVO PIÙ IMPORTANTE DOPO GIOCHI
OLIMPICI E MONDIALI DI CALCIO. INTANTO
LA PALLA OVALE CONQUISTA SEMPRE PIÙ
APPASSIONATI IN ITALIA ED ENTRA ANCHE
NEL MONDO DELLE AZIENDE GRAZIE AI SUOI
VALORI E METAFORE. SCOPRIAMO PERCHÉ
DI FRANCESCO PERUGINI
BUTTARSI
MISCHIA
NELLA
IN PREPARAZIONE
Uno scontro di gioco nel match tra Sudafrica e Nuova Zelanda nel Rugby
Championship, il torneo tra le nazionali dell’emisfero australe che quest’anno
ha fatto da preparazione alla Coppa del mondo 2015, in programma
in Inghilterra (con alcune partite previste a Cardiff, in Galles)
dal 18 settembre al 31 ottobre. Sono 20 le nazioni qualificate, ma saranno
200 i Paesi collegati via satellite
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Passioni
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2. «T
his is not soccer».
Certo, è rugby. Fa
strano che una del-
le frasi più famo-
se nel mondo ova-
le sia stata pronunciata da un arbitro, Ni-
gel Owens (gay dichiarato e mai discrimi-
nato in campo, ma questa è un’altra sto-
ria). Non stupisce invece che, persino du-
rante una partita di alto livello, uno dei
protagonisti abbia sentito la necessità di
rimproverare un giocatore indisciplinato
rimarcando una differenza ancestrale tra
gli altri, i calciatori, e “noi”. Quelli diver-
si, nel Dna e non solo. Quelli brutti, enor-
mi, con le orecchie a carciofo e l’occhio
nero, ma che a fine partita, dopo esserse-
le date di santa ragione, si abbracciano e
bevono una birra insieme. Perché il ter-
zo tempo è una tradizione che non cam-
bia, dai campioni ai dilettanti, dalla Sco-
zia alla Nuova Zelanda, nemmeno nel-
l’era della massima visibilità, della cura
del dettaglio e dell’alimentazione.
Per il resto, a vent’anni dalla rivoluziona-
ria introduzione del professionismo sui
campi da rugby, il gioco sta cambiando
profondamente. Negli ultimi tempi si è
assistito a ferite simulate per forzare una
sostituzione, periodiche accuse di doping
e anche all’invasione dei primi mecena-
ti. Come Mourad Boudjellal, imprendito-
re francese di origine algerina, fondatore
tra gli altri di Charlie Hebdo, ma soprat-
tutto patron del Tolone: la prima squadra
“galattica” che ha fatto incetta di stelle e
ha vinto le ultime tre Champions League
del rugby consecutive. Perché i soldi han-
no (finalmente) invaso
anche il campo della
palla ovale, come rac-
contano le previsioni
per i prossimi Mondia-
li, al via il 18 settem-
bre in Inghilterra (fi-
nale il 31 ottobre nel
tempio londinese di
Twickenham).
Si tratta solo dell’ottava edizione di una
competizione che, almeno fino al 1985,
era considerata quasi come un insulto
alle tradizioni di questo sport. Ma in 28
anni dal primo esperimento quasi inge-
nuo in Nuova Zelanda – 4,1 milioni di
fatturato, 300 milioni di diritti Tv e appe-
na 17 emittenti accreditate – la Coppa del
mondo è diventata il terzo evento sporti-
vo globale dopo Giochi Olimpici e Mon-
diali di calcio. Si riparte con l’intenzione
di frantumare i record francesi del 2007,
dopo che nel 2011 il ritorno agli antipo-
di ha ovviamente abbassato i ricavi per la
difficile collocazione geografica del tor-
neo. Le stime parlano di oltre 230 milioni
di introiti e soprattutto 32 milioni di pro-
fitto (+800% rispetto al 1987): in un mon-
do senza fronzoli come quello ovale, non
sono ammessi infatti sprechi o spese in-
controllate. Saranno 200 i Paesi collegati
con 4 miliardi di persone di audience po-
tenziale, 6 mila volontari (da seleziona-
re su 20 mila richieste) e un elenco infini-
to di sponsor. Nel gruppo dei top partner
figurano Heineken, Land Rover, Société
Générale, Dhl, Emirates e Mastercard.
«Gli inglesi giocano a rugby perché lo
hanno creato. Gallesi, irlandesi e scozze-
si perché, legnando gli inglesi in qualsia-
si altro modo, finirebbero in galera», reci-
ta uno dei motti più antichi di questa di-
sciplina. Che cosa resta di questo spiri-
to tutto anglosassone? Poco. Sarà merito
del fascino globale degli All Blacks, o del-
la democraticità con cui è stato supporta-
to lo sviluppo del movimento femminile,
o forse della più semplice fruizione della
versione a sette che debutterà ai Giochi
Olimpici del prossimo anno, ma in pochi
anni il rugby è diventato uno sport mon-
diale, che ha conquistato persino il Giap-
pone (ospiterà l’edizione 2019) o il Ken-
ya. La disciplina ha insomma abbandona-
to lo spirito elitario che si portava dietro
da quando si era affermata nella nobiltà
inglese come strumento per forgiare il ca-
rattere delle giovani generazioni. Non a
caso la leggenda narra che sia nata in un
esclusivo college inglese – a Rugby, ap-
punto – dove nel 1823 il 17enne William
Webb Ellis un giorno si stancò di gioca-
re con i piedi e corse con la palla fino in
meta.
«Uno sport da bestie giocato da gentiluo-
mini», recita un altro vecchio adagio di
quelli che tanto piacciono ai rugby-
FIno al 1985 la sola idea
di organizzare un torneo mondiale
era considerata quasi un insulto
per le tradizioni di questo sport
NUMERI
DELLA WORLD
CUP 2015
MILIONI DI RICAVI
230
MILIONI DI PROFITTO
23
PAESI COLLEGATI
200
MILIARDI DI AUDIENCE
4
MILA APPLICATION
DI VOLONTARI
20
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3. sti. Eppure nel corso dei decenni ha tro-
vato estimatori insospettabili. A partire da
uno studente argentino di medicina, Er-
nesto Guevara, che lo amava a tal pun-
to da sfidare l’asma per giocarlo dai 14
ai 23 anni. Prima di diventare il “Che”, e
di provare a diffondere la sua passione tra
i barbudos rivoluzionari, arrivò fino alla
Serie A con il San Isidro di Buenos Aires
e fondò anche una rivista, Tackle (plac-
caggio), presto chiusa dal regime perché
troppo orientata alla politica. Anche Ka-
rol Wojtyla, di cui tutto imparammo a co-
noscere la passione per gli
sci, in gioventù ebbe occasio-
ne di sperimentare con piace-
re ruck e maul. Se è normale
che i leader inglesi abbiano
assaggiato l’erba – Gordon
Brown perse la vista da un
occhio in campo a 16 anni e
dovette rinunciare ai sogni di
gloria – stupisce che lo siano
stati anche alcuni presiden-
ti americani: Woodrow Wil-
son fu il primo capitano di
Princeton, Bill Clinton conobbe a Oxford
un mito All Blacks come Chris Laidlaw
e George W. Bush, estremo di belle spe-
ranze. Da buon irlandese, il fratello di Jfk
Teddy Kennedy fu un bravo trequarti cen-
tro. Senza dimenticare i dittatori: se in Ita-
lia la diffusione del gioco si deve anche
a Benito Mussolini – che lo “italia-
nizzò” ricollegandolo all’harpastum
romano – la Germania hitleriana era
una potenza ovale e Ceausescu ne
promosse la pratica in Romania.
Altrettante sono le star dal passato
ovale più o meno glorioso: Richard
Burton, discreto flanker, amò il rugby
almeno quanto la sua seconda mo-
glie Elizabeth Taylor. Boris Karloff,
l’attore di Frankestein, gestiva una
squadra in California. Grandi anima-
li da campo e palcoscenico si trova-
no anche in Francia: Gérard Depardieu
è un grande appassionato, Jacques Tati fu
invece una stella del Racing Club Parigi.
Passando alla musica, non si può dimen-
ticare Roger Waters, irruento nei placcag-
gi come sul palco con i suoi Pink Floyd.
Chissà invece che J.R.R. Tolkien non ab-
bia tratto ispirazione da qualche partita
particolarmente dura per descrivere una
delle incredibili scene di battaglia del Si-
gnore degli anelli. Lewis Carroll e Salman
Rushdie giocarono al college e per lo
scrittore indiano fu il principale strumen-
to di integrazione dopo il trasferimento
nel Regno Unito. Addirittura Arthur Co-
nan Doyle imperniò una delle indagini di
Sherlock Holmes (Lo strano caso dei gio-
catore scomparso ne Il ritorno di Sherlock
Holmes del 1905) ispirandosi alla figura
di Ronald William Poulton-Palmer, capi-
tano della nazionale inglese poi caduto
nella I Guerra mondiale.
L’Italia non è rimasta immune dal con-
tagio, soprattutto dopo l’ingresso nel Sei
Nazioni a partire dal 2000.Tra curiosità e
un po’ di “moda”, il rugby ha conquista-
to grosse fette di pubblico fino al clamo-
roso tutto esaurito allo stadio San Siro per
Italia-All Blacks nel 2009. Mischia, tou-
che e regole – almeno gran parte di esse
– non sono dunque più oscure alle fami-
glie della Penisola. I fratelli Bergamasco,
il capitano azzurro Sergio Parisse e An-
PROTAGONISTI
Tradizione e modernità: è questo il dualismo che vive
il rugby sotto la spinta dei nuovi magnati, a partire da
Mourad Boudjellal (1), patron del Tolone tricampione
d’Europa (2), mentre persino gli arbitri come Nigel Owens
(10) diventano personaggi in un periodo di massima
visibilità. Lo sport ”inventato” dal giovane William Webb
Ellis (8, la lapide sulla sua tomba che ne ricorda le gesta)
mini
dizionario
AVANTI:AVANTI: sono
gli otto uomini
che compongono
la mischia.
TREQUARTI:TREQUARTI:
gli altri sette
giocatori, puntano
sulla velocità e le
abilità tecniche.
RUCK:RUCK:
un raggruppamento
spontaneo a terra.
Si differenzia dalla
maul che si gioca
in piedi.
MISCHIA:MISCHIA: fase
ordinata di spinta,
introduce il pallone
la squadra che
riprende il gioco
dopo un’infrazione
lieve.
TOUCHE:TOUCHE: rimessa
laterale. Lancia
la squadra che
riprende il gioco,
i giocatori possono
essere sollevati
per prendere
il pallone al volo.
SOSTEGNO:SOSTEGNO:
uno dei principi
fondamentali di
questa disciplina,
comporta
la vicinanza al
compagno per
ricevere il pallone
o aiutarlo in un
raggruppamento.
META:META: si segna
schiacciando
il pallone oltre la
linea dei pali, vale
cinque punti.
Dà diritto a un calcio
di trasformazione
da due punti.
TERZO TEMPO:TERZO TEMPO:
tradizionale
momento di ritrovo
tra le due squadre al
termine della partita.
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4. drea Lo Cicero (oggi showman in Tv con
Giardini da incubo su Sky Uno) sono volti
noti al grande pubblico. Come Chef Ru-
bio, che si divide tra cucina e Sei Nazioni
per DMax. Anche se forse il sogno dell’ex
ct John Kirwan sembra ancora un’utopia:
«La più bella vittoria l’avremo ottenuta
quando le mamme italiane spingeranno
i loro figli a giocare al rugby se vorran-
no che crescano bene, abbiano dei va-
lori, conoscano il rispetto, la disciplina e
la capacità di soffrire. Questo è uno sport
che allena alla vita».
A favorire l’ascesa della palla ovale sono
stati anche i peccati ripetuti del calcio
che, tra scandali e violenze negli sta-
di, hanno spianato la strada a uno sport
portatore di valori sani come il rispetto,
il fair play, la convivialità fuori dal cam-
po. E una disciplina che annovera tra i
suoi principi fondanti il concetto di “so-
stegno” non poteva non conquistare an-
Antonio Pagano non ha trovato l’America.
Ha portato il rugby negli Usa.Avvocato,
classe 1975, dopo una lunga esperienza
di consulenza con le maggiori squadre
italiane ha creato un innovativo percorso
di formazione attraverso la palla ovale,
focalizzato su team building, coaching e
leadership: Rugby4Managers. Oggi vive negli
Stati Uniti, collaborando alla prima Academy americana di rugby
dell’University of California. È anche autore di Marketing ovale
(Lupetti).
Come mai ha scelto il rugby come strumento di formazione?
Il rugby, con i suoi valori e le sue regole, rappresenta la perfetta
metafora della vita aziendale, a cominciare dal “pallone ubriaco”
che rimbalza capriccioso senza traiettorie certe, come spesso
accade nella realtà economica. La regola che impone il passaggio
del pallone all’indietro matura nei giocatori la consapevolezza
che l’unica via per raggiungere l’obiettivo è quella di avanzare tutti
a sostegno l’uno dell’altro.
Il concetto di “sostegno” manca nelle aziende italiane?
Assolutamente, spesso si lavora troppo da soli. Certo,“sostenere”
talvolta impone sacrifici e una rinuncia alla propria egoistica
visione, ma a lungo termine è anche la strategia che paga di più,
sia in termini individualistici sia ancor di più collettivi. Il rugby è lo
sport di squadra per eccellenza, nel quale la specializzazione dei
ruoli e il loro interagire rispecchia perfettamente la strutturazione
del lavoro all’interno di una organizzazione. Nessuna squadra
riesce a conseguire il risultato senza che tutte le sue componenti
operino in sinergia.
Al rugby possono avvicinarsi tutti: alti, bassi, magri, grassi. Un
bravo manager deve sfruttare al meglio l’unicità di ogni risorsa?
Esatto, io lo definisco uno sport “democratico”, perché consente a
ciascuno di esprimere al meglio le proprie caratteristiche. Quasi
tutti gli sport prediligono una tipologia fisica o alcuni requisiti, il
rugby fa eccezione e anche ad alti livelli ci sono giocatori con
peculiarità totalmente diverse. Faccio due esempi: il folletto
irlandese Peter Stringer, mediano sotto il metro e 70, opposto
magari all’“Orco” Sebastien Chabal, quasi due metri per 110 chili.
Lei lo definisce uno sport a «leadership alternata». Che vuol dire?
È leader chi in un dato momento si trova nella posizione migliore.
Questo significa che tutti lo sono,in un determinato frangente del
gioco.Quando non lo si può più essere,si deve passare“idealmente”
la palla e diventare il“sostegno”del nuovo leader,senza gelosie
ne rivalità.Nel rugby valgono termini quali leadership circolante,
peer group,valori,comunicazione: come a dire la cultura della
squadra.Anche nel calcio c’è squadra,ma il singolo può essere
determinante.Nel ciclismo a sua volta ci sono i gregari.Nel rugby no.
la palla si passa all’Indietro
e si avanza con il “sostegno” di tutti:
una situazione che ben si adatta
ai contesti formativi aziendali
ha conquistato nella storia politici – i presidenti Bill Clinton
(3) e Woodrow Wilson (5),Ted Kennedy (7, il primo
da sinistra, in alto, con la maglia di Harvard) –;
imprenditori (4, a destra Bill Beaumont, ex campione e
magnate tessile); rivoluzionari (Ernesto “Che” Guevara
è il primo da destra nella foto 6 dell’Yporá nel 1947); e
artisti, come Jacques Tati (9), Richard Burton (11), Salman
Rushdie (12), Gérard Depardieu (13) e Boris Karloff (15).
Si riparte tutti contro gli All Blacks, campioni in carica
in casa nel 2011 (14, la celebre haka), mentre l’Italia
esordirà il 19 settembre contro la Francia (16)
Intervista ad Antonio Pagano, esperto di
marketing e ideatore di Rugby4Managers
che il mondo delle imprese e della for-
mazione aziendale. «Chi lavora in que-
sto ambito ha percorso le strade più diver-
se nell’outdoor training, dal bungee jum-
ping al deltaplano», spiega Stefano Baia
Curioni, professore dell’università Bocco-
ni nonché presidente dell’Asr Milano, che
milita in Serie A. «Sono tutti ambiti in cui
si valorizza il lavoro di gruppo, la fiducia,
l’affidamento reciproco. Il rugby era stato
poco esplorato perché era una disci-
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Il sacrificio
e quel pallone ubriaco
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