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Amendola Alessia, Craciun Francesca,
Ianni Rita Aurora, Rizzo Teresa,
Valente Erica
Nonostante la lotta dei paesi più
vulnerabili per ridurre
la povertà e la disuguaglianza, persiste
e rimangono
disparità di accesso alla sanità e
nell’educazione.
Per ridurre le disparità le politiche
dovrebbero
prestare attenzione ai bisogni delle
popolazioni svantaggiate ed
emarginate.
Le disuguaglianze di salute sono definite come differenze sistematiche nella salute tra gruppi sociali.
Più alto è lo stato socio-economico di una persona, più è probabile che essa sia sana.
Infatti, il livello di istruzione di solito va a determinare lo stato socio-economico.
La speranza di vita alla nascita e la frequenza di contrarre una malattia dipende dalle condizioni sociali dell'individuo.
Rudolf Virchow fu il primo a riconoscere nello sviluppo socio-economico le conseguenze sulla povertà e dopo di
esso per tutto il XX secolo, i progressi sulla medicina e sul ruolo degli stili di vita hanno messo in cattiva luce le
radici socio-economico e ambientali della salute.
Il 1967 per l'epidemiologia su un punto di svolta.
Prese il via lo studio Whitehall I, rivolto a 18.000 dipendenti della pubblica amministrazione britannica seguiti
per alcuni decenni nei loro esiti di salute. I primi risultati dello studio avevano evidenziato già nei primi anni 80 una
impressionante corrispondenza fra la posizione nella gerarchia del lavoro e della mortalità.
Contrariamente a quanto si pensava, il tasso di mortalità per infarto e per altre malattie di chi sta alla base della
scala è quattro volte di più di quelle che stanno in cima.
Infatti, chi aveva una posizione lavorativa inferiore continuava ad avere un rischio di mortalità precoce doppio
rispetto a chi aveva un ruolo lavorativo superiore.
COSA SONO LE DISUGUAGLIANZE DI SALUTE?
Nel 1985 ci fu una seconda edizione dello studio correggendo alcuni difetti dal primo.
Il principale è che la prima edizione aveva arruolato solo uomini quindi non poteva tener conto delle differenze
di genere. Inoltre la correlazione doveva essere indagata non solo nell’ambiente di lavoro ma anche
nella vita domestica, analizzando l’effetto della disoccupazione e della precarietà dei nuovi contratti a termine,
e indagare quanto pesavano gli stili di vita nelle differenze di salute fra gli stati sociali.
Vennero così arruolati 10.308 funzionari, di età compresa fra 35 e 55 anni, donne e uomini.
Tutti vennero sottoposti a uno screening medico e a tutti fu chiesto di completare un questionario su abitudini di vita,
famiglia e posizione lavorativa.
Questo studio, la cui fine è prevista per il 2030, rappresenta un ritratto della qualità di vita dalla mezza età alla
vecchiaia di cui indaga anche disparità nel declino fisico-cognitivo e la presenza di obesità, diabete, depressione e
malattie cardiovascolari. I risultati confermano, per uomini e donne che la durata della vita dipende
dalla posizione lavorativa. Infatti ad un maggior controllo, della vita personale e lavorativa, corrisponde una minor
incidenza di patologie e mortalità precoce.
Nel caso del rischio di infarto esso aumenta di 2,5 volte fra la base e il vertice, questo succede anche perché stima,
ricompensa e avanzamento di carriera e di stipendio sono potenti sostegni per la salute.
Anche l’ambiente, la solidarietà e il supporto tra colleghi influenza la salute, infatti si ha una correlazione fra
mancanza di supporto e scarsa informazione con sintomi depressivi, ipertensione e angina.
In Europa l’80% dei decessi è collegato alle malattie cronico non trasmissibili. Questa vera e propria epidemia tipica
di tutte le società sviluppate, in malattie cardiovascolari, tumori, malattie respiratorie croniche, diabete.
Normalmente la maggior parte di queste malattie vengono attribuite a cause complesse (genetiche, ambientali,
comportamentali) che hanno negli stili di vita le cause principali: alimentazione scorretta, scarsa attività fisica, fumo e
alcol. Alla base degli stili di vita scorretti ci sono cause sociali ancora più profonde. Sono queste le cause delle cause
ed è ad esse che il Sistema Sanitario dovrebbe indirizzarsi se si vuol contrastare stili di vita scorretti.
Tra gli uomini in Italia negli anni 2000 si osservano svantaggi nella speranza di vita tra chi è rimasto in una posizione
operaia non qualificata rispetto a chi è emerso in una posizione di dirigente, con aspettative di vita crescenti salendo
lungo la scala sociale. Il rischio di morire cresce con l’abbassarsi del titolo di studio.
QUALCHE
ESEMPIO
Lo status socio-economico non
influenza solo la probabilità di contrarre
malattie croniche attraverso una
maggiore propensione verso gli stili di
vita scorretti, ma anche a probabilità di
incorrere in incidenti, di contrarre
malattie infettive e soffrire di disturbi
mentali.
Via via che si scende nel gradiente
socio-economico aumenta la
probabilità di vivere in ambienti malsani
e inquinati, cosi come soffrire di
condizioni croniche di stress che sono
in grado di generare malattia anche
senza la concomitanza di altri fattori di
rischio.
1. Se morbosità e mortalità dipendono in maniera decisiva dallo status socioeconomico, l’azione in difesa della
salute pubblica non può essere confinata all’ambito sanitario, ma deve investire tutte le politiche:
dall’ambiente, al lavoro, all’educazione.
2. La prevenzione delle malattie croniche non dovrebbe concentrarsi solo sugli stili di vita in quanto tali, ma sui
loro determinanti sociali.
3. Il sistema sanitario italiano è caratterizzato da un’impronta universalista, nel senso che garantisce a tutti
l’assistenza sanitaria essenziale in forma gratuita. Riconoscere però che le opportunità di salute variano a
seconda dello status sociale significa che il sistema dovrebbe orientarsi verso una forma di “universalismo
proporzionale”: continuare a garantire l’essenziale a tutti, ma con garanzie proporzionalmente crescenti
verso chi ha meno opportunità sociali, professionali, educative ed economiche;
4. Il sistema dell’informazione è di primaria importanza per diffondere la consapevolezza sulle disuguaglianze
di salute e dei modi per correggerle per quanto è possibile.
LA TEORIA DEI DETERMINANTI SOCIALI DI SALUT
Molti epidemiologi hanno studiato a lungo i diversi fattori di rischio chimici, fisici e comportamentali (come il fumo,
il sedentarismo o l’obesità), giungendo alla conclusione che essi spiegano solo in parte l’impatto delle malattie
croniche come tumori o disturbi cardiovascolari, ma il vero fattore di rischio è lo status-socio economico, che va
ad influire sulla salute stessa.
Lo stress ad esempio può portare malattie e mortalità precoce attraverso una serie di meccanismi: come ad
esempio il rilascio di cortisolo (ormone dello stress), ai marcatori di rischio cardiovascolare (proteina C reattiva),
allo stato di infiammazione cronica. A livello fisiologico queste reazioni possono predisporre alla manifestazione
di patologie, come il diabete, la malattia coronaria, patologie somatiche e psichiche, disturbi immunitari.
Ci sono rischi maggiori di soffrire di stress cronico per chi si colloca al basso della scala socio-economica e via
via rischi sempre minori salendo lungo la scala.
Uno studio pone in relazione lo status socio-economico con alcuni geni collegati ai processi infiammatori
È emerso che per chi scende la scala sociale, sono maggiori le modifiche epigenetiche responsabili della
risposta infiammatoria, che a lungo termine porta tumore al colon o alla mammella.
Chi rischia di più ad avere
disuguaglianze di salute?
1. Disoccupati: la disoccupazione causa di cattiva salute
2. Disabili: minori opportunità di occupazione, bassi redditi, inoltre hanno maggiore difficoltà di accesso
ai servizi sociali e sanitari.
3. Infermi mentali: principale causa di esclusione sociale e difficoltà di accesso al lavoro.
4. Stranieri: hanno disuguaglianze economiche, razzismo, discriminazione, problemi di cittadinanza
5. I senza na casa: fortemente legati a problemi di tossicodipendenza, alcol, salute mentale.
6. Monogenitori: provocano a loro stessi e ai figli una condizione socio-economica svantaggiata con
una buona probabilità di avere problemi con la giustizia, essere disoccupati e avere salari bassi.
7. Poveri: vengono colpiti i più giovani a causa della disoccupazione che provoca anche forte stress .
8. Anziani poveri: il calo del reddito dovuto al passaggio dal lavoro alla pensione e della morte del
coniuge.
Gli italiani appaiono essere fra i più sani e longevi d’Europa ma questo non significa che in Italia le disuguaglianze
socio-economiche non creino notevoli differenze di salute fra le persone.
In paesi come la Grecia le condizioni di salute sembrano essere migliori di paesi con maggior giustizia sociale. Vi
sono perciò altri fattori come la collocazione geografica, il clima, l’alimentazione, il tipo di sistema sanitario che
agiscono sulla salute.
Nei dati ISTAT nel 2012, le differenze di salute in Italia continuano a presentare uno squilibrio tra Nord-Sud a causa
della concentrazione di condizioni di povertà nel sud.
Le disuguaglianze riguardano anche l’accesso alle cure. Le persone di stato sociale svantaggiato si espongono a
maggiori rischi poiché meno controllati, minore adesione a interventi di prevenzione, scarso uso delle strutture
sanitarie e di conseguenza mortalità elevata.
Alcuni esempi:
• Trattamenti medico-chirurgici: tra i poveri vi è una probabilità di ricovero ospedaliero maggiore rispetto ai più
ricchi per patologie croniche (diabete mellito, l’ipertensione arteriosa, l’angina pectoris, lo scompenso cardiaco,
l’asma bronchiale e broncopneumatia cronica ostruttiva). L’ospedalizzazione è evitabile attraverso un’adeguata
prevenzione.
• Tumori: le persone con bassa scolarità hanno meno probabilità di sopravvivenza, per tumori operabili anche se
diagnosticati tempestivamente;
• Malattie cardiovascolari: maggiori complicazioni post operatorie in seguito a interventi cardiovascolari (bypass,
sostituzione valvolare, endoarteriectomia carotide)
• Ortopedia: uno studio condotto a Torino, Milano, Bologna e Roma negli anni 1997-2000 ha riscontrato l’esistenza
di differenze in seguito all’intervento di sostituzione dell’anca. È più alto il rischio di infezioni e di ulcere nei meno
ambienti.

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  • 1. Amendola Alessia, Craciun Francesca, Ianni Rita Aurora, Rizzo Teresa, Valente Erica
  • 2. Nonostante la lotta dei paesi più vulnerabili per ridurre la povertà e la disuguaglianza, persiste e rimangono disparità di accesso alla sanità e nell’educazione. Per ridurre le disparità le politiche dovrebbero prestare attenzione ai bisogni delle popolazioni svantaggiate ed emarginate.
  • 3. Le disuguaglianze di salute sono definite come differenze sistematiche nella salute tra gruppi sociali. Più alto è lo stato socio-economico di una persona, più è probabile che essa sia sana. Infatti, il livello di istruzione di solito va a determinare lo stato socio-economico. La speranza di vita alla nascita e la frequenza di contrarre una malattia dipende dalle condizioni sociali dell'individuo. Rudolf Virchow fu il primo a riconoscere nello sviluppo socio-economico le conseguenze sulla povertà e dopo di esso per tutto il XX secolo, i progressi sulla medicina e sul ruolo degli stili di vita hanno messo in cattiva luce le radici socio-economico e ambientali della salute. Il 1967 per l'epidemiologia su un punto di svolta. Prese il via lo studio Whitehall I, rivolto a 18.000 dipendenti della pubblica amministrazione britannica seguiti per alcuni decenni nei loro esiti di salute. I primi risultati dello studio avevano evidenziato già nei primi anni 80 una impressionante corrispondenza fra la posizione nella gerarchia del lavoro e della mortalità. Contrariamente a quanto si pensava, il tasso di mortalità per infarto e per altre malattie di chi sta alla base della scala è quattro volte di più di quelle che stanno in cima. Infatti, chi aveva una posizione lavorativa inferiore continuava ad avere un rischio di mortalità precoce doppio rispetto a chi aveva un ruolo lavorativo superiore. COSA SONO LE DISUGUAGLIANZE DI SALUTE?
  • 4. Nel 1985 ci fu una seconda edizione dello studio correggendo alcuni difetti dal primo. Il principale è che la prima edizione aveva arruolato solo uomini quindi non poteva tener conto delle differenze di genere. Inoltre la correlazione doveva essere indagata non solo nell’ambiente di lavoro ma anche nella vita domestica, analizzando l’effetto della disoccupazione e della precarietà dei nuovi contratti a termine, e indagare quanto pesavano gli stili di vita nelle differenze di salute fra gli stati sociali. Vennero così arruolati 10.308 funzionari, di età compresa fra 35 e 55 anni, donne e uomini. Tutti vennero sottoposti a uno screening medico e a tutti fu chiesto di completare un questionario su abitudini di vita, famiglia e posizione lavorativa. Questo studio, la cui fine è prevista per il 2030, rappresenta un ritratto della qualità di vita dalla mezza età alla vecchiaia di cui indaga anche disparità nel declino fisico-cognitivo e la presenza di obesità, diabete, depressione e malattie cardiovascolari. I risultati confermano, per uomini e donne che la durata della vita dipende dalla posizione lavorativa. Infatti ad un maggior controllo, della vita personale e lavorativa, corrisponde una minor incidenza di patologie e mortalità precoce. Nel caso del rischio di infarto esso aumenta di 2,5 volte fra la base e il vertice, questo succede anche perché stima, ricompensa e avanzamento di carriera e di stipendio sono potenti sostegni per la salute. Anche l’ambiente, la solidarietà e il supporto tra colleghi influenza la salute, infatti si ha una correlazione fra mancanza di supporto e scarsa informazione con sintomi depressivi, ipertensione e angina.
  • 5. In Europa l’80% dei decessi è collegato alle malattie cronico non trasmissibili. Questa vera e propria epidemia tipica di tutte le società sviluppate, in malattie cardiovascolari, tumori, malattie respiratorie croniche, diabete. Normalmente la maggior parte di queste malattie vengono attribuite a cause complesse (genetiche, ambientali, comportamentali) che hanno negli stili di vita le cause principali: alimentazione scorretta, scarsa attività fisica, fumo e alcol. Alla base degli stili di vita scorretti ci sono cause sociali ancora più profonde. Sono queste le cause delle cause ed è ad esse che il Sistema Sanitario dovrebbe indirizzarsi se si vuol contrastare stili di vita scorretti. Tra gli uomini in Italia negli anni 2000 si osservano svantaggi nella speranza di vita tra chi è rimasto in una posizione operaia non qualificata rispetto a chi è emerso in una posizione di dirigente, con aspettative di vita crescenti salendo lungo la scala sociale. Il rischio di morire cresce con l’abbassarsi del titolo di studio. QUALCHE ESEMPIO
  • 6. Lo status socio-economico non influenza solo la probabilità di contrarre malattie croniche attraverso una maggiore propensione verso gli stili di vita scorretti, ma anche a probabilità di incorrere in incidenti, di contrarre malattie infettive e soffrire di disturbi mentali. Via via che si scende nel gradiente socio-economico aumenta la probabilità di vivere in ambienti malsani e inquinati, cosi come soffrire di condizioni croniche di stress che sono in grado di generare malattia anche senza la concomitanza di altri fattori di rischio.
  • 7. 1. Se morbosità e mortalità dipendono in maniera decisiva dallo status socioeconomico, l’azione in difesa della salute pubblica non può essere confinata all’ambito sanitario, ma deve investire tutte le politiche: dall’ambiente, al lavoro, all’educazione. 2. La prevenzione delle malattie croniche non dovrebbe concentrarsi solo sugli stili di vita in quanto tali, ma sui loro determinanti sociali. 3. Il sistema sanitario italiano è caratterizzato da un’impronta universalista, nel senso che garantisce a tutti l’assistenza sanitaria essenziale in forma gratuita. Riconoscere però che le opportunità di salute variano a seconda dello status sociale significa che il sistema dovrebbe orientarsi verso una forma di “universalismo proporzionale”: continuare a garantire l’essenziale a tutti, ma con garanzie proporzionalmente crescenti verso chi ha meno opportunità sociali, professionali, educative ed economiche; 4. Il sistema dell’informazione è di primaria importanza per diffondere la consapevolezza sulle disuguaglianze di salute e dei modi per correggerle per quanto è possibile. LA TEORIA DEI DETERMINANTI SOCIALI DI SALUT
  • 8. Molti epidemiologi hanno studiato a lungo i diversi fattori di rischio chimici, fisici e comportamentali (come il fumo, il sedentarismo o l’obesità), giungendo alla conclusione che essi spiegano solo in parte l’impatto delle malattie croniche come tumori o disturbi cardiovascolari, ma il vero fattore di rischio è lo status-socio economico, che va ad influire sulla salute stessa. Lo stress ad esempio può portare malattie e mortalità precoce attraverso una serie di meccanismi: come ad esempio il rilascio di cortisolo (ormone dello stress), ai marcatori di rischio cardiovascolare (proteina C reattiva), allo stato di infiammazione cronica. A livello fisiologico queste reazioni possono predisporre alla manifestazione di patologie, come il diabete, la malattia coronaria, patologie somatiche e psichiche, disturbi immunitari. Ci sono rischi maggiori di soffrire di stress cronico per chi si colloca al basso della scala socio-economica e via via rischi sempre minori salendo lungo la scala. Uno studio pone in relazione lo status socio-economico con alcuni geni collegati ai processi infiammatori È emerso che per chi scende la scala sociale, sono maggiori le modifiche epigenetiche responsabili della risposta infiammatoria, che a lungo termine porta tumore al colon o alla mammella.
  • 9. Chi rischia di più ad avere disuguaglianze di salute? 1. Disoccupati: la disoccupazione causa di cattiva salute 2. Disabili: minori opportunità di occupazione, bassi redditi, inoltre hanno maggiore difficoltà di accesso ai servizi sociali e sanitari. 3. Infermi mentali: principale causa di esclusione sociale e difficoltà di accesso al lavoro. 4. Stranieri: hanno disuguaglianze economiche, razzismo, discriminazione, problemi di cittadinanza 5. I senza na casa: fortemente legati a problemi di tossicodipendenza, alcol, salute mentale. 6. Monogenitori: provocano a loro stessi e ai figli una condizione socio-economica svantaggiata con una buona probabilità di avere problemi con la giustizia, essere disoccupati e avere salari bassi. 7. Poveri: vengono colpiti i più giovani a causa della disoccupazione che provoca anche forte stress . 8. Anziani poveri: il calo del reddito dovuto al passaggio dal lavoro alla pensione e della morte del coniuge.
  • 10. Gli italiani appaiono essere fra i più sani e longevi d’Europa ma questo non significa che in Italia le disuguaglianze socio-economiche non creino notevoli differenze di salute fra le persone. In paesi come la Grecia le condizioni di salute sembrano essere migliori di paesi con maggior giustizia sociale. Vi sono perciò altri fattori come la collocazione geografica, il clima, l’alimentazione, il tipo di sistema sanitario che agiscono sulla salute. Nei dati ISTAT nel 2012, le differenze di salute in Italia continuano a presentare uno squilibrio tra Nord-Sud a causa della concentrazione di condizioni di povertà nel sud. Le disuguaglianze riguardano anche l’accesso alle cure. Le persone di stato sociale svantaggiato si espongono a maggiori rischi poiché meno controllati, minore adesione a interventi di prevenzione, scarso uso delle strutture sanitarie e di conseguenza mortalità elevata. Alcuni esempi: • Trattamenti medico-chirurgici: tra i poveri vi è una probabilità di ricovero ospedaliero maggiore rispetto ai più ricchi per patologie croniche (diabete mellito, l’ipertensione arteriosa, l’angina pectoris, lo scompenso cardiaco, l’asma bronchiale e broncopneumatia cronica ostruttiva). L’ospedalizzazione è evitabile attraverso un’adeguata prevenzione. • Tumori: le persone con bassa scolarità hanno meno probabilità di sopravvivenza, per tumori operabili anche se diagnosticati tempestivamente; • Malattie cardiovascolari: maggiori complicazioni post operatorie in seguito a interventi cardiovascolari (bypass, sostituzione valvolare, endoarteriectomia carotide) • Ortopedia: uno studio condotto a Torino, Milano, Bologna e Roma negli anni 1997-2000 ha riscontrato l’esistenza di differenze in seguito all’intervento di sostituzione dell’anca. È più alto il rischio di infezioni e di ulcere nei meno ambienti.