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E-COMMERCE & PMI: UN’OPPORTUNITA’ DA SFRUTTARE
Raccolta e analisi maggio 2015 di Giacomo Fantuzzi per Madeinitalyfor.me (Artisans WebService)
SITUAZIONE MONDIALE
A inizio 2015, il web ha raggiunto il 42% della popolazione mondiale: sui 7,2 miliardi di persone
che abitano oggi il pianeta, più di 3 miliardi sono connessi a internet.
I dati arrivano dal report Digital, Social e Mobile 2015 dell’agenzia We Are Social, che aggrega una
voluminosa mole di informazioni e traccia i profili digitali dei 30 paesi a maggior peso economico
del mondo, inclusa l’Italia.
I tassi di crescita della diffusione di Internet, dal 2000 ad oggi, in alcune regioni del mondo sono
stati addirittura a quattro cifre (+6599% in Africa, +3404% in Medio Oriente, +1773% in America
Latina e +1213% in Asia, mentre in Europa la crescita è stata del 454%).
Solo nell’ultimo anno, indica il report, il digitale è cresciuto a percentuali di due cifre: a fronte di un
incremento della popolazione mondiale dell’1,6%, internet ha aumentato la propria portata del 21%,
cioè 525 milioni di utenti in più.
Il paese con la più elevata penetrazione di internet è il Canada, dove il web raggiunge il 93% della
popolazione. Secondi gli Emirati Arabi Uniti, con il 92%, e terza la Corea del Sud, con il 90%. Gli
Stati Uniti si fermano all’87%, dopo Regno Unito e Germania che invece fanno arrivare il web
all’89% dei cittadini. L’Italia è al 60%, ultima fra i paesi europei considerati (oltre a Regno Unito e
Germania, anche Francia, Spagna e Polonia), ma prima di giganti come il Brasile (54%), il Messico
(49%), la Cina (47%) e l’India (19%).
A livello continentale, il rapporto tra numero di utilizzatori di Internet rispetto alla popolazione
vede primeggiare il Nord America, davanti ad Oceania ed Europa, mentre l'Asia, prima per
utilizzatori di Internet in assoluto, si ritrova al penultimo posto davanti alla sola Africa.
L'enorme crescita della connettività ha ovviamente portato ad un aumento complessivo del valore
dell’e-commerce B2C a livello globale, che ha raggiunto nel 2014 la cifra complessiva di 1.316
miliardi di dollari, con un incremento del 22,2% sul 2013.
Il mercato e-commerce mondiale è previsto in crescita anche nel 2015 di un ulteriore 20,9%, con un
totale vendite che raggiungerà quasi i 1.600 miliardi di dollari.
Il mercato del web rappresenta il 5,9% delle vendite al dettaglio, e quest’anno arriverà al 6,7%.
I principali paesi esportatori online sono Cina, USA e Gran Bretagna.
Negli ultimi anni la crescita dei mercati cinese, indonesiano e indiano ha portato l’area Asia-
Pacifico a superare il Nord America in termini di valore assoluto (somme spese). La Cina è
diventata nel 2013 il secondo mercato nazionale in termini di fatturato dopo gli Stati Uniti. Le
previsioni indicano una progressiva riduzione del gap tra i due Paesi, fino a un probabile sorpasso
del primo sul secondo tra il 2016 e il 2017. Oltre ai tre mercati principali dell’Asia, a guidare la
crescita dell’e-commerce globale sono attualmente altri mercati in espansione come Argentina,
Messico, Brasile e Russia.
SITUAZIONE IN EUROPA
L'uso di Internet sta giungendo a maturità in Europa a una velocità elevata. Nel 2004, solo il 40%
dei nuclei familiari UE aveva accesso a Internet secondo Eurostat. Dal 2012, tale percentuale ha
superato il 70%.
Il pubblico destinatario di contenuto online nella UE è vasto e continua a crescere. In termini
assoluti, circa 532 milioni di cittadini UE utilizzano Internet con regolarità rispetto a poco più di
300 milioni nel Nord America e a oltre un miliardo in Asia e, come detto in precedenza, il vecchio
continente presenta il terzo più alto rapporto utilizzatori di Internet/popolazione.
Cosa ancora più importante, le disparità fra i Paesi in termini di accesso a Internet si sono ridotte
notevolmente all'interno dell'Europa negli ultimi anni.
Ciononostante, l’e-commerce in Europa continua a crescere su binari diversi; l’Italia vale circa un
decimo dell’e-commerce britannico e tuttavia ha una crescita percentuale simile, il che vuol dire che
in termini assoluti l’Italia rimane sempre più staccata dal resto dell’Europa.
Gli oltre 700 mila negozi di e-commerce europei sono operativi soprattutto in Gran Bretagna,
Germania e Francia e stanno oggi utilizzando le loro economie di scala per entrare negli altri
mercati europei come l’Italia.
La Gran Bretagna è apripista mondiale per il peso del commercio elettronico sulla vendita al
dettaglio complessiva, con il 13% nel 2014 e il 14,4% quest’anno, precedendo Cina (12%) e
Norvegia (10,7%). Per questo è interessante notare che i principali attori in Gran Bretagna sono i
marketplace e i primi tre (Amazon, Tesco, ebay) rappresentano circa un terzo del mercato, un trend
che probabilmente si consoliderà anche negli altri Paesi.
Per l’Europa le previsioni per il 2015 stima a 470 miliardi di euro il fatturato complessivo di beni e
servizi acquistati tramite eCommerce, con una preponderanza del 54% dei beni rispetto al 46% dei
servizi. In Europa la popolazione di e-shopper supera i 230 milioni di individui e sono circa 2,5
milioni i posti di lavoro che direttamente o indirettamente l’eCommerce sta generando nel Vecchio
Continente.
SITUAZIONE IN ITALIA
Ad oggi sono 40 mln gli italiani che hanno accesso a internet.
Tale percentuale, sebbene importante, rimane lontana dagli standard degli altri Paesi. Infatti pur
essendo 17esimi nel mondo per persone con accesso a internet, siamo 66esimi per penetrazione
dopo Paesi come il Malawi, l’Azerbaijan e il Marocco.
La maggiore disponibilità di accesso ad internet e la forte diffusione dei dispositivi mobile ha
permesso di consolidare l’abitudine all’acquisto online da parte dei web shopper (cioè la
percentuale di coloro che comprano anche sporadicamente online, rispetto a tutti coloro che sono
connessi ad internet) già attivi, che hanno aumentato la quota di spesa online sul totale dei consumi,
e di allargare la base di utenti che effettuano acquisti via web, soprattutto tra coloro che già usano la
rete come strumento di ricerca del prezzo più conveniente.
Ciò ha portato ad un graduale ma costante aumento del l'utilizzo del commercio elettronico da parte
degli italiani negli ultimi 10 anni.
Il fatturato derivante dall’e-commerce 2014 in Italia si è attestato a 24.2 mld di euro (+8% sul 2013
nonostante la crisi generale) ed è previsto in crescita anche per il 2015 (+15%).
In totale, negli ultimi tre anni l’e-commerce ha registrato in Italia oltre il 20 percento di crescita del
fatturato complessivo con un numero di acquirenti attivi che sono raddoppiati, passando dai 9 ai 16
milioni.
Nel 2015, inoltre, secondo Confindustria Digitale, il commercio elettronico insieme al mercato
digitale varrebbe 6,6 punti di Prodotto interno lordo italiano, generando 700.000 posti di lavoro in
cinque anni, dei quali, secondo le stime di Federprivacy, fino a 70.000 esperti di protezione dati.
Ritardo dell'Italia nell'utilizzo dell'e-commerce
Nonostante queste cifre incoraggianti, l’Italia è ancora considerabile come un “paese emergente”
dal punto di vista digitale, restando parecchio indietro rispetto a Francia (56 miliardi di euro),
Germania (70 miliardi di euro) e Gran Bretagna (122 miliardi di euro) nei quali si è concentrato
l’anno scorso il 60% circa delle vendite online europee.
Solo il 33% delle aziende italiane è infatti dotata di un negozio elettronico.
Il divario vale soprattutto per le PMI, dove l’e-commerce ha ancora una diffusione minoritaria, dato
che le imprese italiane di questo tipo che vendono online sono oggi il 5%, a fronte della media
europea del 14%, con punte del 22% in Germania, mentre la Francia è all’11%.
Prendendo a riferimento i principali mercati europei (UK, Francia e Germania), gli USA e i
principali mercati orientali (Corea e Giappone), riscontriamo tassi di penetrazione dell’eCommerce
decisamente maggiori rispetto all’Italia e tassi di crescita solo leggermente inferiori in termini
percentuali (anche se più alti in valore assoluto). In particolare, in un primo gruppo di paesi dove
l’eCommerce è in assoluto più maturo – UK, USA, Corea e Giappone – si hanno tassi di
penetrazione compresi tra l’11 e il 15% sul totale vendite retail e tassi di crescita percentuali
nell’intorno del 10% all’anno. Guardando invece ai mercati emergenti – Cina, Brasile, Russia, India
– la penetrazione dell’eCommerce è più simile a quella dell’Italia, mentre i tassi di crescita sono
decisamente più alti.
Altri dati che testimoniano il ritardo digitale italiano sono desumibili da una classifica del livello di
diffusione ed utilizzo di Internet e dell’e-commerce da parte di imprese e cittadini dei 28 Paesi
facenti parte dell’Unione Europea, elaborata dal Centro Studi di MM-One Group, web agency
veneta specializzata in soluzioni e servizi per l’e-business.
In tale classifica, infatti, l’Italia si colloca infatti al quartultimo posto.
Per comprendere lo stato dell'arte del commercio elettronico sono stati presi in considerazione
indicatori che registrano i comportamenti di aziende e cittadini in Italia e all'Estero, sia per quanto
riguarda l'attitudine all'acquisto, che per i dati relativi alle vendite di prodotti e all'utilizzo di servizi
come l'e-banking e le prenotazioni turistiche.
Sul grado di utilizzo dell’e-commerce è emersa una palese spaccatura fra Nord e Sud Europa. Ad
un valore convenzionale pari a 100 punti dato alla Danimarca si contrappone l’Italia con 14,2,
passando per i 30,6 della Spagna, i 52,6 della Francia e i 67,8 della Germania e i 77.4 della Gran
Bretagna.
L’evidente ritardo riscontrato nell’utilizzo del commercio elettronico in Italia si può ascrivere sia
ai consumatori che alle imprese che alle istituzioni pubbliche.
I primi ignorano e spesso temono ancora questo metodo di acquisto, sia per la diffidenza nei
confronti della sicurezza dei sistemi di pagamento e consegna che per l’impossibilità di vedere e
toccare con mano il prodotto prima dell'acquisto.
Il tutto senza considerare i possibili risparmi di tempo e prezzo che ne potrebbero ottenere, oltre ad
una molto più vasta gamma di scelta di prodotto.
Le imprese italiane finora hanno mostrato scarsa fiducia nell’e-commerce, spesso attribuibile a una
scarsa conoscenza delle potenzialità e degli ambiti di applicazione delle piattaforma di vendita
online come uno strumento per diversificare i canali di vendita e aumentare la competitività.
Dal punto di vista delle autorità pubbliche, va sottolineato come in Italia l’utilizzo della banda larga
è sì cresciuto dal 59,7% al 62,7% tra il 2013 e il 2014, ma essa è però al 95% in xDSL e non in fibra
ottica (vs il 72% della media europea) e questo incide sulla possibilità degli italiani di poter
accedere a contenuti e servizi già realtà all’estero (ad esempio il mercato del film on demand).
Tra l'altro l'accesso a Internet è condizione necessaria ma non sufficiente, in quanto per lo sviluppo
del commercio elettronico è necessario il passaggio da navigatori a web-shopper.
Come se tutto ciò non bastasse, il 32% di italiani dichiara di non avere mai usato Internet in tutta la
sua vita, peggio solo di Romania, Bulgaria e Grecia e contro una media dell’UE a 28 paesi del 18%.
Nel 2006 la percentuale in Italia era del 59%, in Europa del 43%, una differenza di 16 punti
percentuali, come dire che lo spread in 18 anni si è solo modestamente ridotto, nonostante
telefonini, presunta larga banda ovunque e propaganda degli operatori delle reti telefoniche.
L’Italia, conseguentemente, è un fanalino di coda assoluto anche nell’uso quotidiano di Internet. Se
la media europea di persone che usano la rete nei 28 paesi è del 65%, in Italia è del 58%.
Inoltre, la quota di fatturato delle imprese italiane derivante dall’e-commerce è appena del 6
percento, mentre in Europa la media si attesta al 15 percento.
Sempre il 6 percento è la frazione che rappresenta il numero di imprese italiane che operano con le
vendite online, contro il 16 percento della media europea. E ancora: solo l’11 percento ha una
vetrina e-commerce integrata nel proprio sito Web (contro il 15 percento europeo) e solo il 5
percento riceve ordini online (contro una media Ue del 13 percento). Le imprese italiane sfruttano
però molto di più l’e-commerce per gli acquisti con un 35 percento di attività che si approvvigiona
online, contro una media europea del 34 percento.
Passando dalle imprese ai singoli individui, solo il 17 percento dei cittadini italiani ha fatto almeno
un acquisto online, contro il 74 percento degli svedesi e una media europea intorno al 44 percento.
Queste cifre di confronto non devono comunque destare sconforto, anzi sono necessarie per capire
che c’è ampio margine di crescita per l’e-commerce italiano, una crescita che già i fatturati
indicano in itinere, ma che scoppierà proprio nel corso dei prossimi anni.
Questi dati, seppur sconfortanti, possono infatti rappresentare un’occasione per le imprese che
vogliono affacciarsi al web, in quanto dimostrano come il nostro paese sia tra quelli con un più alto
potenziale di crescita per il futuro.
Infatti, molti dei fattori che fino a ora hanno bloccato l’e-commerce in Italia iniziano a essere
superati.
Prima di tutto inizia a maturare una mentalità differente nei confronti degli acquisti online: tanto le
imprese, quanto i privati, iniziano a fidarsi di più, si abituano più facilmente alle diverse tipologie di
pagamento tramite moneta elettronica, anche grazie alle nuove forme di pagamento che sono state
rese disponibili e alle opportunità offerte da alcuni venditori di acquistare online e pagare alla
consegna o di prenotare sul Web a prezzi vantaggiosi e concludere l’acquisto presso i punti vendita
locali.
Anche le imprese valutano la convenienza di acquistare in Internet le forniture necessarie alle
proprie attività e, allo stesso tempo, guardano all’e-commerce come a una nuova opportunità di
movimentazione magazzino e raggiungimento clienti, anche se a volte lamentano difficoltà
nell’introdurre nel proprio organigramma o, comunque, nella propria struttura organizzativa
aziendale un reparto che si occupi di coordinare e gestire le vendite online con quelle tradizionali.
A tutto questo si aggiungono anche alcuni obiettivi infrastrutturali finalmente raggiunti anche nel
Bel Paese come la disponibilità di un accesso alla Rete per l’82 percento della popolazione italiana
compresa fra gli 11 e i 74 anni d’età, come rilevato dal Focus e-commerce 2014 di Casaleggio
Associati.
Il trend è quindi positivo ed è stato stimato che nel 2015, in Italia, l’Internet Economy avrà una
crescita del 20% e si attesterà tra il 3,3% e il 4,3% del PIL, anche se il saldo commerciale sul canale
digitale è sfavorevole in quanto le importazioni superano le esportazioni.
IL RUOLO DEI MARKETPLACE
L’eCommerce in Italia è sempre più appannaggio delle Dot Com – prevalentemente straniere (come
ad esempio Amazon, Booking, eBay, Expedia, Privalia, vente-privee.com) – che, secondo
un’indagine di Netcomm, consorzio del commercio elettronico italiano, pesano per il 54% delle
vendite, un numero che sfonda il 70% se si considerano solo i prodotti e non i servizi (dal turismo
alle assicurazioni).
I principali marketplace utilizzati dagli italiani sono Amazon (63%), e Bay (57%), Pixplace (4%),
Buy-me (4%), Alibaba (2%) e un aggregato di tutti gli altri (20% tra Flash Sales, vendite private,
compratori, annunci, ecc…).
In Italia solo il 33% delle aziende che fanno e-Commerce vende anche sui marketplace e chi non lo
fa si giustifica con i costi di commissione alti (che su alcuni prodotti possono arrivare al 25%) e i
conflitti di canale (cioè tra il marketplace e il proprio portale).
I pochi che vendono sui marketplace hanno, però, ritorni interessanti.
Questa dinamica, non negativa di per sé, mette però in risalto le debolezze degli operatori
tradizionali (produttori e retailer), che ancora stentano a interpretare l’online come un reale canale
alternativo e che per questo non riescono a giocare un ruolo da protagonisti come è invece avvenuto
in altri mercati internazionali (UK e US su tutti).
Ma cosa sono i “marketplace”? Con tale termine si intende in questo ambito un sito/piattaforma
internet dedicato alla compravendita di uno (marketplace verticali) o più (marketplace orizzontali)
tipologie di prodotto o servizio.
Mette in relazione venditori e acquirenti consentendo loro di effettuare un’operazione commerciale
nelle migliori condizioni, ponendosi così nel ruolo di garante. Garantisce il pagamento al venditore
e la consegna all’acquirente gestendo anche il sistema anti-frodi permettendo così l’instaurarsi di un
clima di fiducia durante le transazioni.
I marketplace nel mondo sono diversi (Stylight, Fancy, Fab solo per citarne alcuni), i più conosciuti
in Italia sono eBay e Amazon.
Di seguito i vantaggi ottenibili dai venditori dall’utilizzo di tali piattaforme:
1 - Forte visibilità in tempi rapidi: grazie all’ottima indicizzazione di queste piattaforme nei motori
di ricerca ogni mese i propri prodotti sono accessibili a milioni di visitatori, cosa impensabile per il
proprio e-commerce privato.
2 - Costi di marketing ridotti: non serve sostenere costi importanti di marketing o costi tecnici legati
allo sviluppo informatico, il pagamento è a prestazione, ovvero se non si vende non si paga alcuna
commissione al marketplace.
3 - Semplicità di utilizzo: al commerciante non è richiesta alcuna competenza informatica. E’ un
gestore di flusso a recuperare il catalogo prodotti per sottoporlo al marketplace.
4 - Testare nuovi prodotti: è possibile verificare la vendita di nuovi prodotti di cui non si è sicuri
senza affrontare rischi finanziari.
5 - Esplorare nuovi mercati: si può analizzare facilmente l’andamento dei vari mercati presenti in
tutto il mondo e capire come e quanto i consumatori locali siano interessati al proprio prodotto.
Le Dot Com d’altro canto riescono a farsi sempre più spazio sul mercato grazie a diversi fattori. La
gamma offerta è di almeno un ordine di grandezza superiore rispetto a quella mediamente offerta da
un operatore tradizionale, il prezzo è tendenzialmente più aggressivo e, in molti casi, il livello di
servizio è superiore. La strategia commerciale spinta delle Dot Com ha però un effetto diretto sui
risultati economici, solo in pochi casi positivi. Gli attori esteri che operano nel panorama italiano,
infatti, quando entrano nel nostro mercato vanno solo a margine, potendosi permettere politiche sui
prezzi molto aggressivi, in quanto ricerca, IT, comunicazione e quant’altro, lo hanno già
ammortizzato in altri stati attraverso le economie di scala.
Alcuni metodi per favorire le economie di scala per i retailer italiani e poter quindi competere con i
marketplace sono le fusioni e la quotazione in borsa. Altrimenti un'altra strategia valida potrebbe
essere quella di specializzarsi in prodotti personalizzati da vendere attraverso il proprio portale
online.
Come detto, se consideriamo solo i comparti di prodotto, la percentuale delle vendite complessive
in Italia imputabile alle Dot Com raggiunge il 70%. Nei mercati internazionali più maturi (Francia,
Germania, UK, US, Giappone e Corea del Sud) la situazione è quasi speculare, con i retailer
tradizionali che hanno un ruolo di prim’ordine.
Se esaminiamo la presenza di retailer tradizionali nella top10 dell’eCommerce di Prodotto (un buon
indicatore della maturità dell’offerta eCommerce in un Paese) troviamo mediamente tra 5 e 7
operatori tradizionali rispetto ai soli 4 italiani. Nei mercati emergenti la situazione è invece più
simile a quella italiana, con le Dot Com in una posizione dominante (7 Dot Com in top 10 in Cina e
India e 8 in Brasile e Russia).
ANALISI PER SETTORE
Nella distribuzione del fatturato e-commerce continuano a dominare i due settori più maturi, tempo
libero e turismo. Il tempo libero, tuttavia, subisce una leggera contrazione in termini percentuali
nonostante una leggera crescita della spesa nel gioco online.
Il settore con più alta crescita è, come prevedibile viste le considerazioni precedenti, quello dei
marketplace virtuali (es. Amazon e Ebay) che aumenta del 55% il proprio fatturato, seguito dalla
moda (+30%) che però ha un fatturato ancora limitato rispetto alle sue potenzialità oltre confine.
L’affermarsi dei marketplace continua a erodere il fatturato degli altri operatori soprattutto nei
settori dell’elettronica di consumo (-4%) e dell’editoria, che tuttavia continua a crescere grazie al
nuovo mercato digitale (+5%).
Questa è invece la crescita prevista a livello settoriale per l’e-commerce italiano nel 2015
TREND PASSATI E FUTURI DELL’E-COMMERCE ITALIANO
Sempre secondo le analisi di Casaleggio Associati, nell'anno passato l’e-commerce nostrano è stato
caratterizzato da cinque trend importantissimi: i motori di ricerca multi prodotto (cioè i
marketplace), la vendita online da parte dei negozi fisici, la vendita online da parte dei produttori, la
presenza sulle piattaforme mobile e la digitalizzazione dei canali retail.
Risulta infatti che l’e-shopper italiano consulta sempre di più i motori di ricerca multiprodotto
come Amazon, eBay e tanti altri comparatori di prezzi, soprattutto nella fase pre-acquisto. Queste
ricerche precedono quasi sempre quelle operate sul motore di ricerca Google ed è per questo che gli
imprenditori che decidono di lanciarsi nell’ambito del commercio elettronico devono imparare a
presidiare queste piattaforme, con un’attività diretta o comunque confrontandosi con quanto offerto
su questi siti.
Nonostante la presenza di questi grandi operatori che trainano l’e-commerce italiano,
l’intraprendenza italiana è sempre riconoscibile e sempre più dettaglianti iniziano a utilizzare la rete
per promuovere i propri prodotti, vendere online, svuotare i magazzini e rispondere in modo
intelligente alla crisi economica e alla contrazione dei consumi.
Ai dettaglianti, però, si affianca una nuova categoria di venditori, quella dei produttori. I produttori
italiani, soprattutto quelli di piccole e medie dimensioni, vedono nel web e nell’e-commerce un
nuovo modo di servire direttamente i clienti, saltando gli intermediari e offrendo così prodotti
qualitativamente uguali a quelli disponibili nei canali retail, ma a prezzi molto più vantaggiosi.
L’e-commerce permette inoltre di salvaguardare l’impresa da costi poco “digeribili” come quelli
legati alle rappresentanze e alla creazione di una rete di vendita capillare. Internet svolge il ruolo di
agente e rappresentante e trasforma così i produttori in media company di tutto rispetto.
Entrambi i protagonisti (dettaglianti e produttori) approfittano dell’e-commerce italiano per
integrare il web con il punto vendita. Questa integrazione, se opportunamente sfruttata, permette di
creare un ecosistema coerente per raggiungere i clienti in modalità multicanale.
Per il 2015 e in generale nel futuro a breve termine, invece, le tendenze principali del commercio
elettronico in Italia saranno le seguenti.
MOBILE COMMERCE
Un capitolo a parte merita senza dubbio l’enorme diffusione, in Italia e nel mondo, degli strumenti
mobile (smartphone e tablet) per la navigazione in internet e, ultimamente, per la compravendita
online.
Nel mondo i telefoni mobili (non tutti connessi a internet) sono utilizzati da 3,6 miliardi di persone,
con un tasso di penetrazione che tocca il 51% della popolazione.
Benché il computer sia ancora il dispositivo più utilizzato per accedere a internet (62% degli accessi
nonostante un calo del 13% del suo utilizzo nell'ultimo anno), gli smartphone hanno generato
nell’ultimo anno il maggiore incremento di traffico (+39%) che li porta al 31% di share
complessivo. In aumento anche l’uso dei tablet (+17%).
In Italia circa il 75% delle persone ha modo di accedere ad Internet anche o solo attraverso
dispositivi mobili (smartphone e tablet)
Di conseguenza il Mobile Commerce si conferma tra i principali fenomeni dell’eCommerce in
Italia: gli acquisti tramite Smartphone crescono del 78% nel 2014 e stanno registrando un’ulteriore
crescita del 68% nel 2015, con un valore triplicato in due anni, da un totale di 610 milioni nel 2013
a 1,8 miliardi di euro nel 2015.
L’argomento mobile è ovviamente sentitissimo dalle aziende per quanto riguarda gli investimenti.
Nel 2014 oltre tre aziende su quattro in Italia hanno deciso di aumentare la spesa nel mobile in
modo da presidiare e intercettare i consumatori connessi. In particolare, le attività che verranno
principalmente svolte saranno lo sviluppo del sito in versione mobile e lo sviluppo di app per
smartphone.
Un altro punto su cui insistere da parte delle imprese italiane è la gestione della multicanalità,
proprio in rapporto allo sviluppo del mobile commerce, ad esempio mediante l'adozione di formule
quali il "prenota online e ritira in negozio" o "acquista online e ricevi assistenza in-store".
Nel 2014 le aziende affermano che, in media, il mobile ha pesato il 13% sul totale dei ricavi
derivanti dalla vendita online rispetto all’8,5% nel 2013 e al 5% nel 2012. L’incremento è
strettamente legato ai maggiori investimenti sul mobile da parte delle aziende.
Le app mobile si stanno affermando sempre più come strumenti di vendita. È infatti attraverso
servizi creati sulle app degli smartphone che il mercato si sta evolvendo.
Le aziende italiane dimostrano una crescente fiducia e la volontà di investire sempre maggiori
risorse sul canale mobile.
Ovviamente il mobile sta diventando uno strumento fondamentale per la vendita online non solo in
Italia ma in tutti i mercati avanzati. In Gran Bretagna il mobile commerce aveva superato il terzo
delle vendite online e la metà delle visite ai siti di e-commerce già a fine 2013. Anche negli Stati
Uniti sono le vendite mobile che crescono più velocemente, tre volte più delle vendite desktop. In
Cina oggi il mobile commerce è pari al 13,4% del totale e si stima che arriverà al 24,2% nel 2017.
Con riferimento ai dispositivi utilizzati è sempre più lo smartphone lo strumento che le persone
utilizzano per navigare nonostante il tablet sia quello con migliore conversione all’acquisto.
NORMATIVA DEL COMMERCIO ELETTRONICO
Sebbene non esista una legge specifica, le principali norme italiane che riguardano l’e-commerce
sono:
 D.lgs. 114/98: riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma
dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997: in esso l’e-commerce non trova un
suo spazio specifico e viene relegato semplicemente ad una tra le “forme speciali di vendita
al dettaglio” (art.4, comma 1) e, più precisamente alla “vendita per corrispondenza o tramite
televisione o altri sistemi di comunicazione“.
 D.lgs. 185/99: attuazione della direttiva 97/7/CE relativa alla protezione dei
consumatori in materia di contratti a distanza: l’obiettivo è creare un sistema uniforme di
tutele in relazione ai contratti stipulati dai consumatori dei diversi Stati membri.
 D.lgs. 70/2003: attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici
dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel
mercato interno: la normativa detta una disciplina generale per qualsiasi tipo di servizio
anche non remunerato fornito in via elettronica sia nel settore del B2C (Business to
Consumer) sia nel settore del B2B (Business to Business). Rimane escluso invece il settore
del C2C (Consumer to Consumer)
In particolare il D.Lgs. 70/2003 ha introdotto alcune importanti novità, tra cui:
 l’obbligo di inserire alcune informazioni generali sul sito web
 alcune norme in materia di comunicazioni pubblicitarie
 alcune regole in materia di contrattazione telematica
 alcuni principi in materia di responsabilità dei provider
I principî fondamentali della vendita on line
Oltre alle norme civilistiche generali e quelle specifiche sul commercio elettronico, l’e-commerce è
soggetto alle norme dirette alla specifica tutela dei consumatori contenute nel c.d. Codice del
Consumo (Decreto Legislativo 6 settembre 2005 n. 206) e precisamente nelle norme che
regolamentano la vendita a distanza (vendita a distanza).
Semplificando, si può affermare che i principi fondamentali della normativa sulla vendita online
sono sostanzialmente 4:
1) libertà;
2) non discriminazione degli strumenti telematici;
3) principio del Paese d’origine (Mercato Interno);
4) tutela del consumatore.
Il primo principio, di libertà, intende alludere al fatto che, almeno tendenzialmente, tutti i
beni/servizi possono essere oggetto di e-commerce (salvo alcune ovvie esclusioni, come quando si
versa in materia di salute pubblica, ecc.).
Il secondo principio, di non discriminazione della contrattazione in via telematica, allude al fatto
che chi apre un negozio online non deve essere sottoposto a una disciplina più restrittiva di chi apre
un negozio fisico: non sono pertanto richieste autorizzazioni diverse da quelle dei negozi fisici.
Il principio del Paese d’origine (Mercato Interno) stabilisce come nell’e-commerce tendenzialmente
la vendita è regolata dalla legge dello Stato ove si trova il domicilio/sede del venditore. Va subito
evidenziato che questo terzo principio del Paese d’origine (Mercato Interno) si applica nelle vendite
a non-consumatori (cd. B2B).
Nel caso di vendite effettuate ad acquirenti non professionali (i consumatori), il principio del Paese
d’origine (Mercato Interno) è destinato a cedere il passo al quarto principio della tutela del
consumatore. In forza di tale principio, nel caso di vendite ad acquirenti consumatori (cd. B2C), si
applicano inderogabilmente alcune norme della legge dello Stato del domicilio del consumatore che
prevedono precise obbligazioni in capo al venditore: questo perché si presume che il consumatore
conosca meglio le normative di casa propria e si aspetti un certo genere di tutela.
Oltre a tutto ciò, l’ultimo anno è stato ricco di novità normative in tema di commercio elettronico.
Ad esempio, è stata recepita una norma europea sull’e-commerce a tutela degli acquirenti, che porta
i termini per il recesso senza dover fornire alcuna giustificazione da 10 a 14 giorni. Se il cliente non
è informato il periodo si allunga di 12 mesi, termini estesi anche a servizi di aste online come eBay
nel caso il venditore non sia un privato.
Una normativa introdotta per rendere più equa la competizione tra aziende presenti in diversi Paesi
prevede inoltre che dal 1° gennaio 2015 le operazioni di vendita verranno tassate nel Paese di
utilizzo del servizio, comprese le vendite di prodotti digitali come mp3, app e software.
Congiuntamente a questa norma viene introdotta la possibilità di pagare l’imposta nel Paese
dell’esercente, ma con le regole e le aliquote del Paese di destinazione della vendita (MOSS).
Per il commercio elettronico diretto (es. dove non c’è la spedizione del bene fisico) c’è ora
l’obbligo della fattura contestuale alla vendita, al contrario del commercio elettronico indiretto
(assimilato alla vendita per corrispondenza) dove non c’è obbligo di emissione fattura o
certificazione contabile. Questo vuol dire che chi vende software o prodotti digitali da quest’anno
deve chiedere al cliente dati come il codice fiscale.
Una buona notizia per gli esercenti è l’indicazione del Parlamento Europeo che, a partire
dall’autunno 2015, costringe i circuiti internazionali di carte di credito a mettere un limite dello
0,3% alle commissioni che richiedono.
Il 2015 dovrebbe essere inoltre l’anno in cui il sistema bancario italiano promuoverà l’uso del
bancomat per gli acquisti online.
FOCUS SULL’ARTIGIANATO ARTISTICO
Il settore dell'artigianato, nei suoi diversi e variegati ambiti di attività, in Italia conta più di un
milione di aziende pari a circa il 30% del totale nazionale, con una netta prevalenza delle
microimprese: più del 95% delle imprese artigiane occupa meno di 10 addetti, mentre poco meno
dell'80% degli addetti del settore, lavora presso imprese che contano meno di 10 addetti.
La maggiore concentrazione di imprese del settore si trova in Lombardia, Veneto ed Emilia
Romagna, anche se molte regioni del sud Italia evidenziano tassi di crescita rilevanti.
La legge italiana stabilisce in modo specifico la definizione di impresa artigiana.
Fattori decisivi risultano l'ambito di attività dell'impresa (le attività dell’artigianato artistico
richiedono tecniche di lavorazione manuale, ad alto livello tecnico professionale, anche con l'ausilio
di apparecchiature ma escludono assolutamente processi di lavorazione effettuati interamente in
serie) e il numero di dipendenti. Questo significa che quando ci si riferisce ad aziende artigiane si
parla sempre di realtà aziendali di misura piccola o addirittura di ditte individuali.
Focalizzandoci sul settore dell’artigianato artistico, possiamo affermare come esso comprende
professioni che hanno come caratteristica l’ideazione e la realizzazione di opere/prodotti di elevato
valore estetico o ispirati a forme, modelli, decori, stili e tecniche tipici del patrimonio storico e
culturale.
L’artigianato artistico è un settore produttivo che viaggia parallelamente a diversi altri settori,
proponendo una modalità di produzione e di lavorazione di beni che si discosta dalla realtà della
grande industria e della produzione in serie e possiamo quindi trovare espressioni di artigianato
artistico nel settore dei beni culturali, nell’edilizia & design, nel settore della meccanica &
metalmeccanica, nel settore del tessile, pelletteria & moda, e così via.
Normativa
Sebbene sia stata attribuita elevata autonomia alle singole regioni (in particolare riguardo a
finanziamenti, agevolazioni, sostegno alla nascita di consorzi e all'internazionalizzazione, oltre a
misure per la tutela dell'artigianato artistico), a livello nazionale i due principali impianti normativi
sono:
 per l'artigianato in generale la Legge nazionale 8 agosto 1985 n. 443 (Legge quadro per
l'artigianato), con successive modificazioni e integrazioni, la quale stabilisce i requisiti
soggettivi, in capo all’imprenditore artigiano, e quelli oggettivi dell’impresa.
 per l'artigianato artistico in particolare è intervenuto il D.P.R. n. 288/01
Inoltre, a livello internazionale, nel quadro di alcune convenzioni siglate nel 2008 con l’obiettivo
principale di creare delle sinergie nel settore dell’Artigianato Artistico a scala europea ed
internazionale e di dare una maggiore visibilità alle produzioni artistiche a livello politico, Ateliers
d’Art de France, CNA Nazionale, Confartigianato Imprese Nazionale e Artex, hanno messo a punto
una Carta Internazionale dell’Artigianato Artistico, volta ad evidenziare i valori e le peculiarità
del settore ed a metterne in luce i punti di forza e debolezza.
La Carta si articola in vari punti: le definizioni di artigianato artistico e di artigianato tradizionale; i
valori del settore; le proposte, studiate a partire da una prima analisi dei punti di forza e di
debolezza del settore. La Carta dovrà essere condivisa dal maggior numero di partner a livello
internazionale, affinché l’Artigianato Artistico diventi un punto focale delle politiche europee.
ARTIGIANATO E INTERNET
Per gli artigiani italiani l’incontro con il mondo del web è un’occasione di rilancio da non farsi
scappare. A maggior ragione se l’attenzione che i consumatori hanno per i nostri prodotti è
particolarmente elevata come testimoniano i dati recentemente diffusi da Google che evidenziano
come le ricerche online per prodotti “made in Italy” sono cresciute dell’8% rispetto al 2012.
Le maggiori richieste provengono ancora dai nostri mercati storici, Stati Uniti ed Europa, anche se
si registra una crescita significativa da parte di Russia, India e Giappone. Un dato confortante per il
nostro paese che, a fronte della crisi del mercato interno, ha bisogno di rafforzare il proprio export e
trovare nuovi mercati di sbocco. Un dato ancora più confortante per gli artigiani che, non avendo
molte risorse da investire per espandersi a livello internazionale, possono contare sul web come
nuovo canale per avvicinarsi al consumatore finale.
La categoria artigiano-manifatturiera, oggi, salvo pochi casi particolari, è la più arretrata
nell’utilizzo dei nuovi mezzi digitali ed è facile intuire quali grandi vantaggi invece trarrebbe da un
uso ottimale della rete internet, in un momento economico in cui l’export sembra essere l’unica
soluzione concreta.
Purtroppo, la maggior parte delle PMI italiane non ha ancora sviluppato una strategia di
comunicazione e promozione web, soprattutto appunto nel settore manifatturiero.
Per essere più precisi, solo nel settore dell’artigianato artistico, dove si contano in Italia più di 340
mila imprese, capaci di portare alla nostra bilancia commerciale più di 80 miliardi di euro, la
percentuale presente in rete si aggira intorno all’1%, ben diversa da quella che troviamo nel resto
d’Europa dove la presenza di queste aziende nel web è altamente superiore e si aggira anche su
percentuali del 10%.
Le cause principali della scarsa presenza degli artigiani sul web sono riconducibili principalmente
a:
 Scarse risorse economiche per la promozione;
 Mancanza di tempo da dedicare a questa attività;
 Mancanza di competenze per la gestione di spazi web o comunque per l'autopromozione.
 Paura di una concorrenza “anomala”: il web preoccupa gli artigiani perché mette un po’
tutti sullo stesso piano, l’hobbista improvvisato con l’artigiano di grande qualità. E’ un
mondo apparentemente senza gerarchia. Hanno paura di essere superati da chi magari è
meno bravo tecnicamente ma ha più capacità nell’uso degli strumenti online.
Quello che i nostri artigiani spesso non considerano è che questi strumenti possono offrire, in
maniera relativamente semplice ed economica rispetto alle modalità tradizionali, una grande
visibilità sia italiana che internazionale, soccorrendo al crollo del mercato interno con il
posizionamento in mercati esteri, molto più ricchi di quello italiano o europeo. Mercati come quello
cinese, giapponese, americano o russo, in cui il prodotto artigianale italiano è molto spesso più
apprezzato e ricercato che nella stessa nostra Italia e dove sono disposti a spendere le giuste cifre
per prodotti d’eccellenza di cui ne riconoscono il valore.
Fonti:
Casaleggio Associati, E-commerce in Italia 2015, report aprile 2015
Assintel, Report 2014 - Il mercato del software e servizi in Italia -scenari, strategie, soluzioni per
interpretare il cambiamento
Tourism Economics, L’impatto dei contenuti online sul turismo europeo, Novembre 2013
MM ONE GROUP e-Business Models, L'utilizzo dell’e-commerce in Europa e i ritardi dell'Italia
Avv. Ivan Rigatti, La normativa italiana in materia di commercio elettronico
Information Memorandum MadeinItalyforme
http://www.cittadeimestieri.it/settori-professionali/artigianato-artistico.html
Artigiani tradizionali e web, grandi possibilità poco sfruttate …
http://www.madeinitalyfor.me/info/artigiani-vs-web-2014/
e-Commerce Italia 2015, l’analisi di Casaleggio Associati
http://www.madeinitalyfor.me/info/e-commerce-italia-2015-analisi-casaleggio/
Commercio elettronico: analisi della disciplina in Italia
http://www.eurocomunicazione.com/2014/08/commercio-elettronico-analisi-della-disciplina/
OSSERVATORIO eCommerce B2c_
http://www.osservatori.net/ecommerce_b2c
Ecommerce in Italia: analisi, trend del momento e aspetti Social
http://www.webinfermento.it/ecommerce-in-italia-analisi-trend-del-momento-e-aspetti-social/
E-commerce italiano in crescita anche nel 2015
http://www.hostingtalk.it/e-commerce-italiano-in-crescita-anche-nel-2015/
E-commerce nel 2014: lo stato del mercato italiano
http://www.hostingtalk.it/e-commerce-2014-mercato-italiano/
Perché gli artigiani non sono online?
http://www.firstdraft.it/2013/11/27/perche-gli-artigiani-non-sono-online/
Gli italiani scoprono il commercio online, ma sui siti stranieri
http://www.lastampa.it/2014/10/28/economia/gli-italiani-scoprono-il-commercio-online-ma-sui-siti-
stranieri-pECGh1MXhn3UF2JY4zzm0H/pagina.html
Prosegue la crescita dell’eCommerce in Italia
http://www.lastampa.it/2015/04/21/tecnologia/prosegue-la-crescita-dellecommerce-in-italia-
Ux6YGJlgAGvHlPew0KvK5M/pagina.html
http://www.dirittierisposte.it/Schede/Tutela-del-consumatore/Contratti-del-
consumatore/vendita_on_line_commercio_elettronico_id1120579_art.aspx
E-commerce: la normativa aggiornata
http://www.pionero.it/2014/02/28/e-commerce-la-normativa-aggiornata/
http://www.brainybyte.it/utenti-internet-nel-mondo-2014/
http://www.brainybyte.it/utenti-internet-in-europa-2014/
Uso di Internet, Italia è terzo mondo d’Europa
http://www.macitynet.it/uso-di-internet-italia-terzo-mondo-deuropa/
Marketplace: cos’è e perché conviene usarlo
http://www.eurostep.it/ecommerce/marketplace-cose-e-perche-conviene-usarlo/

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E-commerce - maggio 2015 - G. Fantuzzi

  • 1. E-COMMERCE & PMI: UN’OPPORTUNITA’ DA SFRUTTARE Raccolta e analisi maggio 2015 di Giacomo Fantuzzi per Madeinitalyfor.me (Artisans WebService) SITUAZIONE MONDIALE A inizio 2015, il web ha raggiunto il 42% della popolazione mondiale: sui 7,2 miliardi di persone che abitano oggi il pianeta, più di 3 miliardi sono connessi a internet. I dati arrivano dal report Digital, Social e Mobile 2015 dell’agenzia We Are Social, che aggrega una voluminosa mole di informazioni e traccia i profili digitali dei 30 paesi a maggior peso economico del mondo, inclusa l’Italia. I tassi di crescita della diffusione di Internet, dal 2000 ad oggi, in alcune regioni del mondo sono stati addirittura a quattro cifre (+6599% in Africa, +3404% in Medio Oriente, +1773% in America Latina e +1213% in Asia, mentre in Europa la crescita è stata del 454%). Solo nell’ultimo anno, indica il report, il digitale è cresciuto a percentuali di due cifre: a fronte di un incremento della popolazione mondiale dell’1,6%, internet ha aumentato la propria portata del 21%, cioè 525 milioni di utenti in più. Il paese con la più elevata penetrazione di internet è il Canada, dove il web raggiunge il 93% della popolazione. Secondi gli Emirati Arabi Uniti, con il 92%, e terza la Corea del Sud, con il 90%. Gli Stati Uniti si fermano all’87%, dopo Regno Unito e Germania che invece fanno arrivare il web all’89% dei cittadini. L’Italia è al 60%, ultima fra i paesi europei considerati (oltre a Regno Unito e Germania, anche Francia, Spagna e Polonia), ma prima di giganti come il Brasile (54%), il Messico (49%), la Cina (47%) e l’India (19%). A livello continentale, il rapporto tra numero di utilizzatori di Internet rispetto alla popolazione vede primeggiare il Nord America, davanti ad Oceania ed Europa, mentre l'Asia, prima per utilizzatori di Internet in assoluto, si ritrova al penultimo posto davanti alla sola Africa.
  • 2. L'enorme crescita della connettività ha ovviamente portato ad un aumento complessivo del valore dell’e-commerce B2C a livello globale, che ha raggiunto nel 2014 la cifra complessiva di 1.316 miliardi di dollari, con un incremento del 22,2% sul 2013. Il mercato e-commerce mondiale è previsto in crescita anche nel 2015 di un ulteriore 20,9%, con un totale vendite che raggiungerà quasi i 1.600 miliardi di dollari. Il mercato del web rappresenta il 5,9% delle vendite al dettaglio, e quest’anno arriverà al 6,7%. I principali paesi esportatori online sono Cina, USA e Gran Bretagna. Negli ultimi anni la crescita dei mercati cinese, indonesiano e indiano ha portato l’area Asia- Pacifico a superare il Nord America in termini di valore assoluto (somme spese). La Cina è diventata nel 2013 il secondo mercato nazionale in termini di fatturato dopo gli Stati Uniti. Le previsioni indicano una progressiva riduzione del gap tra i due Paesi, fino a un probabile sorpasso del primo sul secondo tra il 2016 e il 2017. Oltre ai tre mercati principali dell’Asia, a guidare la crescita dell’e-commerce globale sono attualmente altri mercati in espansione come Argentina, Messico, Brasile e Russia. SITUAZIONE IN EUROPA L'uso di Internet sta giungendo a maturità in Europa a una velocità elevata. Nel 2004, solo il 40% dei nuclei familiari UE aveva accesso a Internet secondo Eurostat. Dal 2012, tale percentuale ha superato il 70%. Il pubblico destinatario di contenuto online nella UE è vasto e continua a crescere. In termini assoluti, circa 532 milioni di cittadini UE utilizzano Internet con regolarità rispetto a poco più di 300 milioni nel Nord America e a oltre un miliardo in Asia e, come detto in precedenza, il vecchio continente presenta il terzo più alto rapporto utilizzatori di Internet/popolazione. Cosa ancora più importante, le disparità fra i Paesi in termini di accesso a Internet si sono ridotte notevolmente all'interno dell'Europa negli ultimi anni.
  • 3. Ciononostante, l’e-commerce in Europa continua a crescere su binari diversi; l’Italia vale circa un decimo dell’e-commerce britannico e tuttavia ha una crescita percentuale simile, il che vuol dire che in termini assoluti l’Italia rimane sempre più staccata dal resto dell’Europa. Gli oltre 700 mila negozi di e-commerce europei sono operativi soprattutto in Gran Bretagna, Germania e Francia e stanno oggi utilizzando le loro economie di scala per entrare negli altri mercati europei come l’Italia. La Gran Bretagna è apripista mondiale per il peso del commercio elettronico sulla vendita al dettaglio complessiva, con il 13% nel 2014 e il 14,4% quest’anno, precedendo Cina (12%) e Norvegia (10,7%). Per questo è interessante notare che i principali attori in Gran Bretagna sono i marketplace e i primi tre (Amazon, Tesco, ebay) rappresentano circa un terzo del mercato, un trend che probabilmente si consoliderà anche negli altri Paesi. Per l’Europa le previsioni per il 2015 stima a 470 miliardi di euro il fatturato complessivo di beni e servizi acquistati tramite eCommerce, con una preponderanza del 54% dei beni rispetto al 46% dei servizi. In Europa la popolazione di e-shopper supera i 230 milioni di individui e sono circa 2,5 milioni i posti di lavoro che direttamente o indirettamente l’eCommerce sta generando nel Vecchio Continente. SITUAZIONE IN ITALIA Ad oggi sono 40 mln gli italiani che hanno accesso a internet. Tale percentuale, sebbene importante, rimane lontana dagli standard degli altri Paesi. Infatti pur essendo 17esimi nel mondo per persone con accesso a internet, siamo 66esimi per penetrazione dopo Paesi come il Malawi, l’Azerbaijan e il Marocco. La maggiore disponibilità di accesso ad internet e la forte diffusione dei dispositivi mobile ha permesso di consolidare l’abitudine all’acquisto online da parte dei web shopper (cioè la percentuale di coloro che comprano anche sporadicamente online, rispetto a tutti coloro che sono connessi ad internet) già attivi, che hanno aumentato la quota di spesa online sul totale dei consumi, e di allargare la base di utenti che effettuano acquisti via web, soprattutto tra coloro che già usano la rete come strumento di ricerca del prezzo più conveniente. Ciò ha portato ad un graduale ma costante aumento del l'utilizzo del commercio elettronico da parte degli italiani negli ultimi 10 anni. Il fatturato derivante dall’e-commerce 2014 in Italia si è attestato a 24.2 mld di euro (+8% sul 2013 nonostante la crisi generale) ed è previsto in crescita anche per il 2015 (+15%).
  • 4. In totale, negli ultimi tre anni l’e-commerce ha registrato in Italia oltre il 20 percento di crescita del fatturato complessivo con un numero di acquirenti attivi che sono raddoppiati, passando dai 9 ai 16 milioni. Nel 2015, inoltre, secondo Confindustria Digitale, il commercio elettronico insieme al mercato digitale varrebbe 6,6 punti di Prodotto interno lordo italiano, generando 700.000 posti di lavoro in cinque anni, dei quali, secondo le stime di Federprivacy, fino a 70.000 esperti di protezione dati. Ritardo dell'Italia nell'utilizzo dell'e-commerce Nonostante queste cifre incoraggianti, l’Italia è ancora considerabile come un “paese emergente” dal punto di vista digitale, restando parecchio indietro rispetto a Francia (56 miliardi di euro), Germania (70 miliardi di euro) e Gran Bretagna (122 miliardi di euro) nei quali si è concentrato l’anno scorso il 60% circa delle vendite online europee. Solo il 33% delle aziende italiane è infatti dotata di un negozio elettronico. Il divario vale soprattutto per le PMI, dove l’e-commerce ha ancora una diffusione minoritaria, dato che le imprese italiane di questo tipo che vendono online sono oggi il 5%, a fronte della media europea del 14%, con punte del 22% in Germania, mentre la Francia è all’11%. Prendendo a riferimento i principali mercati europei (UK, Francia e Germania), gli USA e i principali mercati orientali (Corea e Giappone), riscontriamo tassi di penetrazione dell’eCommerce decisamente maggiori rispetto all’Italia e tassi di crescita solo leggermente inferiori in termini percentuali (anche se più alti in valore assoluto). In particolare, in un primo gruppo di paesi dove l’eCommerce è in assoluto più maturo – UK, USA, Corea e Giappone – si hanno tassi di penetrazione compresi tra l’11 e il 15% sul totale vendite retail e tassi di crescita percentuali nell’intorno del 10% all’anno. Guardando invece ai mercati emergenti – Cina, Brasile, Russia, India – la penetrazione dell’eCommerce è più simile a quella dell’Italia, mentre i tassi di crescita sono decisamente più alti.
  • 5. Altri dati che testimoniano il ritardo digitale italiano sono desumibili da una classifica del livello di diffusione ed utilizzo di Internet e dell’e-commerce da parte di imprese e cittadini dei 28 Paesi facenti parte dell’Unione Europea, elaborata dal Centro Studi di MM-One Group, web agency veneta specializzata in soluzioni e servizi per l’e-business. In tale classifica, infatti, l’Italia si colloca infatti al quartultimo posto. Per comprendere lo stato dell'arte del commercio elettronico sono stati presi in considerazione indicatori che registrano i comportamenti di aziende e cittadini in Italia e all'Estero, sia per quanto riguarda l'attitudine all'acquisto, che per i dati relativi alle vendite di prodotti e all'utilizzo di servizi come l'e-banking e le prenotazioni turistiche. Sul grado di utilizzo dell’e-commerce è emersa una palese spaccatura fra Nord e Sud Europa. Ad un valore convenzionale pari a 100 punti dato alla Danimarca si contrappone l’Italia con 14,2, passando per i 30,6 della Spagna, i 52,6 della Francia e i 67,8 della Germania e i 77.4 della Gran Bretagna. L’evidente ritardo riscontrato nell’utilizzo del commercio elettronico in Italia si può ascrivere sia ai consumatori che alle imprese che alle istituzioni pubbliche. I primi ignorano e spesso temono ancora questo metodo di acquisto, sia per la diffidenza nei confronti della sicurezza dei sistemi di pagamento e consegna che per l’impossibilità di vedere e toccare con mano il prodotto prima dell'acquisto.
  • 6. Il tutto senza considerare i possibili risparmi di tempo e prezzo che ne potrebbero ottenere, oltre ad una molto più vasta gamma di scelta di prodotto. Le imprese italiane finora hanno mostrato scarsa fiducia nell’e-commerce, spesso attribuibile a una scarsa conoscenza delle potenzialità e degli ambiti di applicazione delle piattaforma di vendita online come uno strumento per diversificare i canali di vendita e aumentare la competitività. Dal punto di vista delle autorità pubbliche, va sottolineato come in Italia l’utilizzo della banda larga è sì cresciuto dal 59,7% al 62,7% tra il 2013 e il 2014, ma essa è però al 95% in xDSL e non in fibra ottica (vs il 72% della media europea) e questo incide sulla possibilità degli italiani di poter accedere a contenuti e servizi già realtà all’estero (ad esempio il mercato del film on demand). Tra l'altro l'accesso a Internet è condizione necessaria ma non sufficiente, in quanto per lo sviluppo del commercio elettronico è necessario il passaggio da navigatori a web-shopper. Come se tutto ciò non bastasse, il 32% di italiani dichiara di non avere mai usato Internet in tutta la sua vita, peggio solo di Romania, Bulgaria e Grecia e contro una media dell’UE a 28 paesi del 18%. Nel 2006 la percentuale in Italia era del 59%, in Europa del 43%, una differenza di 16 punti percentuali, come dire che lo spread in 18 anni si è solo modestamente ridotto, nonostante telefonini, presunta larga banda ovunque e propaganda degli operatori delle reti telefoniche. L’Italia, conseguentemente, è un fanalino di coda assoluto anche nell’uso quotidiano di Internet. Se la media europea di persone che usano la rete nei 28 paesi è del 65%, in Italia è del 58%. Inoltre, la quota di fatturato delle imprese italiane derivante dall’e-commerce è appena del 6 percento, mentre in Europa la media si attesta al 15 percento. Sempre il 6 percento è la frazione che rappresenta il numero di imprese italiane che operano con le vendite online, contro il 16 percento della media europea. E ancora: solo l’11 percento ha una vetrina e-commerce integrata nel proprio sito Web (contro il 15 percento europeo) e solo il 5 percento riceve ordini online (contro una media Ue del 13 percento). Le imprese italiane sfruttano però molto di più l’e-commerce per gli acquisti con un 35 percento di attività che si approvvigiona online, contro una media europea del 34 percento. Passando dalle imprese ai singoli individui, solo il 17 percento dei cittadini italiani ha fatto almeno un acquisto online, contro il 74 percento degli svedesi e una media europea intorno al 44 percento. Queste cifre di confronto non devono comunque destare sconforto, anzi sono necessarie per capire che c’è ampio margine di crescita per l’e-commerce italiano, una crescita che già i fatturati indicano in itinere, ma che scoppierà proprio nel corso dei prossimi anni. Questi dati, seppur sconfortanti, possono infatti rappresentare un’occasione per le imprese che vogliono affacciarsi al web, in quanto dimostrano come il nostro paese sia tra quelli con un più alto potenziale di crescita per il futuro. Infatti, molti dei fattori che fino a ora hanno bloccato l’e-commerce in Italia iniziano a essere superati. Prima di tutto inizia a maturare una mentalità differente nei confronti degli acquisti online: tanto le imprese, quanto i privati, iniziano a fidarsi di più, si abituano più facilmente alle diverse tipologie di pagamento tramite moneta elettronica, anche grazie alle nuove forme di pagamento che sono state rese disponibili e alle opportunità offerte da alcuni venditori di acquistare online e pagare alla consegna o di prenotare sul Web a prezzi vantaggiosi e concludere l’acquisto presso i punti vendita locali.
  • 7. Anche le imprese valutano la convenienza di acquistare in Internet le forniture necessarie alle proprie attività e, allo stesso tempo, guardano all’e-commerce come a una nuova opportunità di movimentazione magazzino e raggiungimento clienti, anche se a volte lamentano difficoltà nell’introdurre nel proprio organigramma o, comunque, nella propria struttura organizzativa aziendale un reparto che si occupi di coordinare e gestire le vendite online con quelle tradizionali. A tutto questo si aggiungono anche alcuni obiettivi infrastrutturali finalmente raggiunti anche nel Bel Paese come la disponibilità di un accesso alla Rete per l’82 percento della popolazione italiana compresa fra gli 11 e i 74 anni d’età, come rilevato dal Focus e-commerce 2014 di Casaleggio Associati. Il trend è quindi positivo ed è stato stimato che nel 2015, in Italia, l’Internet Economy avrà una crescita del 20% e si attesterà tra il 3,3% e il 4,3% del PIL, anche se il saldo commerciale sul canale digitale è sfavorevole in quanto le importazioni superano le esportazioni. IL RUOLO DEI MARKETPLACE L’eCommerce in Italia è sempre più appannaggio delle Dot Com – prevalentemente straniere (come ad esempio Amazon, Booking, eBay, Expedia, Privalia, vente-privee.com) – che, secondo un’indagine di Netcomm, consorzio del commercio elettronico italiano, pesano per il 54% delle vendite, un numero che sfonda il 70% se si considerano solo i prodotti e non i servizi (dal turismo alle assicurazioni). I principali marketplace utilizzati dagli italiani sono Amazon (63%), e Bay (57%), Pixplace (4%), Buy-me (4%), Alibaba (2%) e un aggregato di tutti gli altri (20% tra Flash Sales, vendite private, compratori, annunci, ecc…). In Italia solo il 33% delle aziende che fanno e-Commerce vende anche sui marketplace e chi non lo fa si giustifica con i costi di commissione alti (che su alcuni prodotti possono arrivare al 25%) e i conflitti di canale (cioè tra il marketplace e il proprio portale). I pochi che vendono sui marketplace hanno, però, ritorni interessanti. Questa dinamica, non negativa di per sé, mette però in risalto le debolezze degli operatori tradizionali (produttori e retailer), che ancora stentano a interpretare l’online come un reale canale alternativo e che per questo non riescono a giocare un ruolo da protagonisti come è invece avvenuto in altri mercati internazionali (UK e US su tutti). Ma cosa sono i “marketplace”? Con tale termine si intende in questo ambito un sito/piattaforma internet dedicato alla compravendita di uno (marketplace verticali) o più (marketplace orizzontali) tipologie di prodotto o servizio. Mette in relazione venditori e acquirenti consentendo loro di effettuare un’operazione commerciale nelle migliori condizioni, ponendosi così nel ruolo di garante. Garantisce il pagamento al venditore e la consegna all’acquirente gestendo anche il sistema anti-frodi permettendo così l’instaurarsi di un clima di fiducia durante le transazioni. I marketplace nel mondo sono diversi (Stylight, Fancy, Fab solo per citarne alcuni), i più conosciuti in Italia sono eBay e Amazon. Di seguito i vantaggi ottenibili dai venditori dall’utilizzo di tali piattaforme: 1 - Forte visibilità in tempi rapidi: grazie all’ottima indicizzazione di queste piattaforme nei motori di ricerca ogni mese i propri prodotti sono accessibili a milioni di visitatori, cosa impensabile per il proprio e-commerce privato.
  • 8. 2 - Costi di marketing ridotti: non serve sostenere costi importanti di marketing o costi tecnici legati allo sviluppo informatico, il pagamento è a prestazione, ovvero se non si vende non si paga alcuna commissione al marketplace. 3 - Semplicità di utilizzo: al commerciante non è richiesta alcuna competenza informatica. E’ un gestore di flusso a recuperare il catalogo prodotti per sottoporlo al marketplace. 4 - Testare nuovi prodotti: è possibile verificare la vendita di nuovi prodotti di cui non si è sicuri senza affrontare rischi finanziari. 5 - Esplorare nuovi mercati: si può analizzare facilmente l’andamento dei vari mercati presenti in tutto il mondo e capire come e quanto i consumatori locali siano interessati al proprio prodotto. Le Dot Com d’altro canto riescono a farsi sempre più spazio sul mercato grazie a diversi fattori. La gamma offerta è di almeno un ordine di grandezza superiore rispetto a quella mediamente offerta da un operatore tradizionale, il prezzo è tendenzialmente più aggressivo e, in molti casi, il livello di servizio è superiore. La strategia commerciale spinta delle Dot Com ha però un effetto diretto sui risultati economici, solo in pochi casi positivi. Gli attori esteri che operano nel panorama italiano, infatti, quando entrano nel nostro mercato vanno solo a margine, potendosi permettere politiche sui prezzi molto aggressivi, in quanto ricerca, IT, comunicazione e quant’altro, lo hanno già ammortizzato in altri stati attraverso le economie di scala. Alcuni metodi per favorire le economie di scala per i retailer italiani e poter quindi competere con i marketplace sono le fusioni e la quotazione in borsa. Altrimenti un'altra strategia valida potrebbe essere quella di specializzarsi in prodotti personalizzati da vendere attraverso il proprio portale online. Come detto, se consideriamo solo i comparti di prodotto, la percentuale delle vendite complessive in Italia imputabile alle Dot Com raggiunge il 70%. Nei mercati internazionali più maturi (Francia, Germania, UK, US, Giappone e Corea del Sud) la situazione è quasi speculare, con i retailer tradizionali che hanno un ruolo di prim’ordine. Se esaminiamo la presenza di retailer tradizionali nella top10 dell’eCommerce di Prodotto (un buon indicatore della maturità dell’offerta eCommerce in un Paese) troviamo mediamente tra 5 e 7 operatori tradizionali rispetto ai soli 4 italiani. Nei mercati emergenti la situazione è invece più simile a quella italiana, con le Dot Com in una posizione dominante (7 Dot Com in top 10 in Cina e India e 8 in Brasile e Russia). ANALISI PER SETTORE Nella distribuzione del fatturato e-commerce continuano a dominare i due settori più maturi, tempo libero e turismo. Il tempo libero, tuttavia, subisce una leggera contrazione in termini percentuali nonostante una leggera crescita della spesa nel gioco online. Il settore con più alta crescita è, come prevedibile viste le considerazioni precedenti, quello dei marketplace virtuali (es. Amazon e Ebay) che aumenta del 55% il proprio fatturato, seguito dalla moda (+30%) che però ha un fatturato ancora limitato rispetto alle sue potenzialità oltre confine. L’affermarsi dei marketplace continua a erodere il fatturato degli altri operatori soprattutto nei settori dell’elettronica di consumo (-4%) e dell’editoria, che tuttavia continua a crescere grazie al nuovo mercato digitale (+5%).
  • 9. Questa è invece la crescita prevista a livello settoriale per l’e-commerce italiano nel 2015 TREND PASSATI E FUTURI DELL’E-COMMERCE ITALIANO Sempre secondo le analisi di Casaleggio Associati, nell'anno passato l’e-commerce nostrano è stato caratterizzato da cinque trend importantissimi: i motori di ricerca multi prodotto (cioè i marketplace), la vendita online da parte dei negozi fisici, la vendita online da parte dei produttori, la presenza sulle piattaforme mobile e la digitalizzazione dei canali retail.
  • 10. Risulta infatti che l’e-shopper italiano consulta sempre di più i motori di ricerca multiprodotto come Amazon, eBay e tanti altri comparatori di prezzi, soprattutto nella fase pre-acquisto. Queste ricerche precedono quasi sempre quelle operate sul motore di ricerca Google ed è per questo che gli imprenditori che decidono di lanciarsi nell’ambito del commercio elettronico devono imparare a presidiare queste piattaforme, con un’attività diretta o comunque confrontandosi con quanto offerto su questi siti. Nonostante la presenza di questi grandi operatori che trainano l’e-commerce italiano, l’intraprendenza italiana è sempre riconoscibile e sempre più dettaglianti iniziano a utilizzare la rete per promuovere i propri prodotti, vendere online, svuotare i magazzini e rispondere in modo intelligente alla crisi economica e alla contrazione dei consumi. Ai dettaglianti, però, si affianca una nuova categoria di venditori, quella dei produttori. I produttori italiani, soprattutto quelli di piccole e medie dimensioni, vedono nel web e nell’e-commerce un nuovo modo di servire direttamente i clienti, saltando gli intermediari e offrendo così prodotti qualitativamente uguali a quelli disponibili nei canali retail, ma a prezzi molto più vantaggiosi. L’e-commerce permette inoltre di salvaguardare l’impresa da costi poco “digeribili” come quelli legati alle rappresentanze e alla creazione di una rete di vendita capillare. Internet svolge il ruolo di agente e rappresentante e trasforma così i produttori in media company di tutto rispetto. Entrambi i protagonisti (dettaglianti e produttori) approfittano dell’e-commerce italiano per integrare il web con il punto vendita. Questa integrazione, se opportunamente sfruttata, permette di creare un ecosistema coerente per raggiungere i clienti in modalità multicanale. Per il 2015 e in generale nel futuro a breve termine, invece, le tendenze principali del commercio elettronico in Italia saranno le seguenti.
  • 11. MOBILE COMMERCE Un capitolo a parte merita senza dubbio l’enorme diffusione, in Italia e nel mondo, degli strumenti mobile (smartphone e tablet) per la navigazione in internet e, ultimamente, per la compravendita online. Nel mondo i telefoni mobili (non tutti connessi a internet) sono utilizzati da 3,6 miliardi di persone, con un tasso di penetrazione che tocca il 51% della popolazione. Benché il computer sia ancora il dispositivo più utilizzato per accedere a internet (62% degli accessi nonostante un calo del 13% del suo utilizzo nell'ultimo anno), gli smartphone hanno generato nell’ultimo anno il maggiore incremento di traffico (+39%) che li porta al 31% di share complessivo. In aumento anche l’uso dei tablet (+17%). In Italia circa il 75% delle persone ha modo di accedere ad Internet anche o solo attraverso dispositivi mobili (smartphone e tablet) Di conseguenza il Mobile Commerce si conferma tra i principali fenomeni dell’eCommerce in Italia: gli acquisti tramite Smartphone crescono del 78% nel 2014 e stanno registrando un’ulteriore crescita del 68% nel 2015, con un valore triplicato in due anni, da un totale di 610 milioni nel 2013 a 1,8 miliardi di euro nel 2015. L’argomento mobile è ovviamente sentitissimo dalle aziende per quanto riguarda gli investimenti. Nel 2014 oltre tre aziende su quattro in Italia hanno deciso di aumentare la spesa nel mobile in modo da presidiare e intercettare i consumatori connessi. In particolare, le attività che verranno principalmente svolte saranno lo sviluppo del sito in versione mobile e lo sviluppo di app per smartphone. Un altro punto su cui insistere da parte delle imprese italiane è la gestione della multicanalità, proprio in rapporto allo sviluppo del mobile commerce, ad esempio mediante l'adozione di formule quali il "prenota online e ritira in negozio" o "acquista online e ricevi assistenza in-store". Nel 2014 le aziende affermano che, in media, il mobile ha pesato il 13% sul totale dei ricavi derivanti dalla vendita online rispetto all’8,5% nel 2013 e al 5% nel 2012. L’incremento è strettamente legato ai maggiori investimenti sul mobile da parte delle aziende. Le app mobile si stanno affermando sempre più come strumenti di vendita. È infatti attraverso servizi creati sulle app degli smartphone che il mercato si sta evolvendo. Le aziende italiane dimostrano una crescente fiducia e la volontà di investire sempre maggiori risorse sul canale mobile. Ovviamente il mobile sta diventando uno strumento fondamentale per la vendita online non solo in Italia ma in tutti i mercati avanzati. In Gran Bretagna il mobile commerce aveva superato il terzo delle vendite online e la metà delle visite ai siti di e-commerce già a fine 2013. Anche negli Stati Uniti sono le vendite mobile che crescono più velocemente, tre volte più delle vendite desktop. In Cina oggi il mobile commerce è pari al 13,4% del totale e si stima che arriverà al 24,2% nel 2017. Con riferimento ai dispositivi utilizzati è sempre più lo smartphone lo strumento che le persone utilizzano per navigare nonostante il tablet sia quello con migliore conversione all’acquisto.
  • 12. NORMATIVA DEL COMMERCIO ELETTRONICO Sebbene non esista una legge specifica, le principali norme italiane che riguardano l’e-commerce sono:  D.lgs. 114/98: riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997: in esso l’e-commerce non trova un suo spazio specifico e viene relegato semplicemente ad una tra le “forme speciali di vendita al dettaglio” (art.4, comma 1) e, più precisamente alla “vendita per corrispondenza o tramite televisione o altri sistemi di comunicazione“.  D.lgs. 185/99: attuazione della direttiva 97/7/CE relativa alla protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza: l’obiettivo è creare un sistema uniforme di tutele in relazione ai contratti stipulati dai consumatori dei diversi Stati membri.  D.lgs. 70/2003: attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno: la normativa detta una disciplina generale per qualsiasi tipo di servizio anche non remunerato fornito in via elettronica sia nel settore del B2C (Business to Consumer) sia nel settore del B2B (Business to Business). Rimane escluso invece il settore del C2C (Consumer to Consumer) In particolare il D.Lgs. 70/2003 ha introdotto alcune importanti novità, tra cui:  l’obbligo di inserire alcune informazioni generali sul sito web  alcune norme in materia di comunicazioni pubblicitarie  alcune regole in materia di contrattazione telematica  alcuni principi in materia di responsabilità dei provider I principî fondamentali della vendita on line Oltre alle norme civilistiche generali e quelle specifiche sul commercio elettronico, l’e-commerce è soggetto alle norme dirette alla specifica tutela dei consumatori contenute nel c.d. Codice del Consumo (Decreto Legislativo 6 settembre 2005 n. 206) e precisamente nelle norme che regolamentano la vendita a distanza (vendita a distanza). Semplificando, si può affermare che i principi fondamentali della normativa sulla vendita online sono sostanzialmente 4: 1) libertà; 2) non discriminazione degli strumenti telematici; 3) principio del Paese d’origine (Mercato Interno); 4) tutela del consumatore. Il primo principio, di libertà, intende alludere al fatto che, almeno tendenzialmente, tutti i beni/servizi possono essere oggetto di e-commerce (salvo alcune ovvie esclusioni, come quando si versa in materia di salute pubblica, ecc.). Il secondo principio, di non discriminazione della contrattazione in via telematica, allude al fatto che chi apre un negozio online non deve essere sottoposto a una disciplina più restrittiva di chi apre un negozio fisico: non sono pertanto richieste autorizzazioni diverse da quelle dei negozi fisici. Il principio del Paese d’origine (Mercato Interno) stabilisce come nell’e-commerce tendenzialmente la vendita è regolata dalla legge dello Stato ove si trova il domicilio/sede del venditore. Va subito
  • 13. evidenziato che questo terzo principio del Paese d’origine (Mercato Interno) si applica nelle vendite a non-consumatori (cd. B2B). Nel caso di vendite effettuate ad acquirenti non professionali (i consumatori), il principio del Paese d’origine (Mercato Interno) è destinato a cedere il passo al quarto principio della tutela del consumatore. In forza di tale principio, nel caso di vendite ad acquirenti consumatori (cd. B2C), si applicano inderogabilmente alcune norme della legge dello Stato del domicilio del consumatore che prevedono precise obbligazioni in capo al venditore: questo perché si presume che il consumatore conosca meglio le normative di casa propria e si aspetti un certo genere di tutela. Oltre a tutto ciò, l’ultimo anno è stato ricco di novità normative in tema di commercio elettronico. Ad esempio, è stata recepita una norma europea sull’e-commerce a tutela degli acquirenti, che porta i termini per il recesso senza dover fornire alcuna giustificazione da 10 a 14 giorni. Se il cliente non è informato il periodo si allunga di 12 mesi, termini estesi anche a servizi di aste online come eBay nel caso il venditore non sia un privato. Una normativa introdotta per rendere più equa la competizione tra aziende presenti in diversi Paesi prevede inoltre che dal 1° gennaio 2015 le operazioni di vendita verranno tassate nel Paese di utilizzo del servizio, comprese le vendite di prodotti digitali come mp3, app e software. Congiuntamente a questa norma viene introdotta la possibilità di pagare l’imposta nel Paese dell’esercente, ma con le regole e le aliquote del Paese di destinazione della vendita (MOSS). Per il commercio elettronico diretto (es. dove non c’è la spedizione del bene fisico) c’è ora l’obbligo della fattura contestuale alla vendita, al contrario del commercio elettronico indiretto (assimilato alla vendita per corrispondenza) dove non c’è obbligo di emissione fattura o certificazione contabile. Questo vuol dire che chi vende software o prodotti digitali da quest’anno deve chiedere al cliente dati come il codice fiscale. Una buona notizia per gli esercenti è l’indicazione del Parlamento Europeo che, a partire dall’autunno 2015, costringe i circuiti internazionali di carte di credito a mettere un limite dello 0,3% alle commissioni che richiedono. Il 2015 dovrebbe essere inoltre l’anno in cui il sistema bancario italiano promuoverà l’uso del bancomat per gli acquisti online. FOCUS SULL’ARTIGIANATO ARTISTICO Il settore dell'artigianato, nei suoi diversi e variegati ambiti di attività, in Italia conta più di un milione di aziende pari a circa il 30% del totale nazionale, con una netta prevalenza delle microimprese: più del 95% delle imprese artigiane occupa meno di 10 addetti, mentre poco meno dell'80% degli addetti del settore, lavora presso imprese che contano meno di 10 addetti. La maggiore concentrazione di imprese del settore si trova in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, anche se molte regioni del sud Italia evidenziano tassi di crescita rilevanti. La legge italiana stabilisce in modo specifico la definizione di impresa artigiana. Fattori decisivi risultano l'ambito di attività dell'impresa (le attività dell’artigianato artistico richiedono tecniche di lavorazione manuale, ad alto livello tecnico professionale, anche con l'ausilio di apparecchiature ma escludono assolutamente processi di lavorazione effettuati interamente in
  • 14. serie) e il numero di dipendenti. Questo significa che quando ci si riferisce ad aziende artigiane si parla sempre di realtà aziendali di misura piccola o addirittura di ditte individuali. Focalizzandoci sul settore dell’artigianato artistico, possiamo affermare come esso comprende professioni che hanno come caratteristica l’ideazione e la realizzazione di opere/prodotti di elevato valore estetico o ispirati a forme, modelli, decori, stili e tecniche tipici del patrimonio storico e culturale. L’artigianato artistico è un settore produttivo che viaggia parallelamente a diversi altri settori, proponendo una modalità di produzione e di lavorazione di beni che si discosta dalla realtà della grande industria e della produzione in serie e possiamo quindi trovare espressioni di artigianato artistico nel settore dei beni culturali, nell’edilizia & design, nel settore della meccanica & metalmeccanica, nel settore del tessile, pelletteria & moda, e così via. Normativa Sebbene sia stata attribuita elevata autonomia alle singole regioni (in particolare riguardo a finanziamenti, agevolazioni, sostegno alla nascita di consorzi e all'internazionalizzazione, oltre a misure per la tutela dell'artigianato artistico), a livello nazionale i due principali impianti normativi sono:  per l'artigianato in generale la Legge nazionale 8 agosto 1985 n. 443 (Legge quadro per l'artigianato), con successive modificazioni e integrazioni, la quale stabilisce i requisiti soggettivi, in capo all’imprenditore artigiano, e quelli oggettivi dell’impresa.  per l'artigianato artistico in particolare è intervenuto il D.P.R. n. 288/01 Inoltre, a livello internazionale, nel quadro di alcune convenzioni siglate nel 2008 con l’obiettivo principale di creare delle sinergie nel settore dell’Artigianato Artistico a scala europea ed internazionale e di dare una maggiore visibilità alle produzioni artistiche a livello politico, Ateliers d’Art de France, CNA Nazionale, Confartigianato Imprese Nazionale e Artex, hanno messo a punto una Carta Internazionale dell’Artigianato Artistico, volta ad evidenziare i valori e le peculiarità del settore ed a metterne in luce i punti di forza e debolezza. La Carta si articola in vari punti: le definizioni di artigianato artistico e di artigianato tradizionale; i valori del settore; le proposte, studiate a partire da una prima analisi dei punti di forza e di debolezza del settore. La Carta dovrà essere condivisa dal maggior numero di partner a livello internazionale, affinché l’Artigianato Artistico diventi un punto focale delle politiche europee. ARTIGIANATO E INTERNET Per gli artigiani italiani l’incontro con il mondo del web è un’occasione di rilancio da non farsi scappare. A maggior ragione se l’attenzione che i consumatori hanno per i nostri prodotti è particolarmente elevata come testimoniano i dati recentemente diffusi da Google che evidenziano come le ricerche online per prodotti “made in Italy” sono cresciute dell’8% rispetto al 2012. Le maggiori richieste provengono ancora dai nostri mercati storici, Stati Uniti ed Europa, anche se si registra una crescita significativa da parte di Russia, India e Giappone. Un dato confortante per il nostro paese che, a fronte della crisi del mercato interno, ha bisogno di rafforzare il proprio export e trovare nuovi mercati di sbocco. Un dato ancora più confortante per gli artigiani che, non avendo molte risorse da investire per espandersi a livello internazionale, possono contare sul web come nuovo canale per avvicinarsi al consumatore finale.
  • 15. La categoria artigiano-manifatturiera, oggi, salvo pochi casi particolari, è la più arretrata nell’utilizzo dei nuovi mezzi digitali ed è facile intuire quali grandi vantaggi invece trarrebbe da un uso ottimale della rete internet, in un momento economico in cui l’export sembra essere l’unica soluzione concreta. Purtroppo, la maggior parte delle PMI italiane non ha ancora sviluppato una strategia di comunicazione e promozione web, soprattutto appunto nel settore manifatturiero. Per essere più precisi, solo nel settore dell’artigianato artistico, dove si contano in Italia più di 340 mila imprese, capaci di portare alla nostra bilancia commerciale più di 80 miliardi di euro, la percentuale presente in rete si aggira intorno all’1%, ben diversa da quella che troviamo nel resto d’Europa dove la presenza di queste aziende nel web è altamente superiore e si aggira anche su percentuali del 10%. Le cause principali della scarsa presenza degli artigiani sul web sono riconducibili principalmente a:  Scarse risorse economiche per la promozione;  Mancanza di tempo da dedicare a questa attività;  Mancanza di competenze per la gestione di spazi web o comunque per l'autopromozione.  Paura di una concorrenza “anomala”: il web preoccupa gli artigiani perché mette un po’ tutti sullo stesso piano, l’hobbista improvvisato con l’artigiano di grande qualità. E’ un mondo apparentemente senza gerarchia. Hanno paura di essere superati da chi magari è meno bravo tecnicamente ma ha più capacità nell’uso degli strumenti online. Quello che i nostri artigiani spesso non considerano è che questi strumenti possono offrire, in maniera relativamente semplice ed economica rispetto alle modalità tradizionali, una grande visibilità sia italiana che internazionale, soccorrendo al crollo del mercato interno con il posizionamento in mercati esteri, molto più ricchi di quello italiano o europeo. Mercati come quello cinese, giapponese, americano o russo, in cui il prodotto artigianale italiano è molto spesso più apprezzato e ricercato che nella stessa nostra Italia e dove sono disposti a spendere le giuste cifre per prodotti d’eccellenza di cui ne riconoscono il valore. Fonti: Casaleggio Associati, E-commerce in Italia 2015, report aprile 2015 Assintel, Report 2014 - Il mercato del software e servizi in Italia -scenari, strategie, soluzioni per interpretare il cambiamento Tourism Economics, L’impatto dei contenuti online sul turismo europeo, Novembre 2013 MM ONE GROUP e-Business Models, L'utilizzo dell’e-commerce in Europa e i ritardi dell'Italia Avv. Ivan Rigatti, La normativa italiana in materia di commercio elettronico Information Memorandum MadeinItalyforme http://www.cittadeimestieri.it/settori-professionali/artigianato-artistico.html Artigiani tradizionali e web, grandi possibilità poco sfruttate … http://www.madeinitalyfor.me/info/artigiani-vs-web-2014/
  • 16. e-Commerce Italia 2015, l’analisi di Casaleggio Associati http://www.madeinitalyfor.me/info/e-commerce-italia-2015-analisi-casaleggio/ Commercio elettronico: analisi della disciplina in Italia http://www.eurocomunicazione.com/2014/08/commercio-elettronico-analisi-della-disciplina/ OSSERVATORIO eCommerce B2c_ http://www.osservatori.net/ecommerce_b2c Ecommerce in Italia: analisi, trend del momento e aspetti Social http://www.webinfermento.it/ecommerce-in-italia-analisi-trend-del-momento-e-aspetti-social/ E-commerce italiano in crescita anche nel 2015 http://www.hostingtalk.it/e-commerce-italiano-in-crescita-anche-nel-2015/ E-commerce nel 2014: lo stato del mercato italiano http://www.hostingtalk.it/e-commerce-2014-mercato-italiano/ Perché gli artigiani non sono online? http://www.firstdraft.it/2013/11/27/perche-gli-artigiani-non-sono-online/ Gli italiani scoprono il commercio online, ma sui siti stranieri http://www.lastampa.it/2014/10/28/economia/gli-italiani-scoprono-il-commercio-online-ma-sui-siti- stranieri-pECGh1MXhn3UF2JY4zzm0H/pagina.html Prosegue la crescita dell’eCommerce in Italia http://www.lastampa.it/2015/04/21/tecnologia/prosegue-la-crescita-dellecommerce-in-italia- Ux6YGJlgAGvHlPew0KvK5M/pagina.html http://www.dirittierisposte.it/Schede/Tutela-del-consumatore/Contratti-del- consumatore/vendita_on_line_commercio_elettronico_id1120579_art.aspx E-commerce: la normativa aggiornata http://www.pionero.it/2014/02/28/e-commerce-la-normativa-aggiornata/ http://www.brainybyte.it/utenti-internet-nel-mondo-2014/ http://www.brainybyte.it/utenti-internet-in-europa-2014/ Uso di Internet, Italia è terzo mondo d’Europa http://www.macitynet.it/uso-di-internet-italia-terzo-mondo-deuropa/ Marketplace: cos’è e perché conviene usarlo http://www.eurostep.it/ecommerce/marketplace-cose-e-perche-conviene-usarlo/