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BITCOIN, I RISCHI DI LEGALITÀ NELL’UTILIZZO
DELLA MONETA VIRTUALE NELL’ECONOMIA
REALE
GIOVANNI D’ADAMO, Ingegnere, libero professionista e partner di Development Compliance
Partners s.r.l.
KATIA AONDIO, Responsabile del Servizio di Internal Audit di Fininvest Gestione Servizi S.p.A.
Il Bitcoin, moneta digitale basata su un software open source e sulla rete peer to peer tra
gli utenti, è oramai un fenomeno inarrestabile e contagioso che ha portato alla nascita ed
alla diffusione di forme di criptovalute sempre più complesse.
Ma l’utilizzo di monete digitali espone le Società a nuovi rischi, anche di “compliance”.
Intento del presente contributo è, dunque, quello di fornire un quadro sintetico dei
meccanismi tecnici su cui si fondano le criptovalute, e Bitcoin in particolare, analizzando
il contesto normativo di riferimento con un approfondimento sui potenziali rischi in
relazione al d.lgs. 231/2001 e valutando i relativi strumenti di controllo.
1. Premessa
Il termine Bitcoin si riferisce alla moneta digitale (anche «BTC»), creata nel 2009 da
un anonimo conosciuto in rete con il nome di Satoshi Nakamoto, e al relativo
software open source con cui si abilita la rete peer to peer1
tra gli utenti che ne fanno
parte. Il Bitcoin è, dunque, una delle prime forme della cosiddetta «criptovaluta2
» che,
alla data del presente contributo, conta oramai un centinaio di esempi più o meno
diffusi (tra cui Litecoin, Dogecoin, Peercoin, Quark, ...).
Da un uso limitato alle compravendite in internet, Bitcoin ha iniziato a diffondersi
anche in alcuni esercizi commerciali che lo accettano come forma di pagamento3
.
«Peraltro, la ‘socialità’ del bitcoin può dirsi oramai fuoriuscita dallo stretto ambito della
comunità che lo ha sinora sviluppato e rappresenta, secondo noi, l’elemento
propulsivo dell’affermazione sempre più crescente della moneta di internet anche nel
‘mondo reale’4
»
1
L’architettura peer to peer è un sistema di calcolo distribuito fra i nodi della rete che decidono di farne parte ed in
cui ogni computer può dialogare con uno o più computer simultaneamente. Tale modello è contrapposto ad una modalità
di funzionamento di tipo client-server in cui i dati sono memorizzati in un computer ad alte prestazioni, il «server», ed a
una serie di computer a prestazioni ridotte, i «client», che sfruttano i dati del server.
2
Ovvero una valuta digitale basata sulla crittografia. Per convenzione utilizzeremo il termine «Bitcoin» per indicare il
sistema nel suo complesso e «bitcoin» per la moneta digitale.
3
Dal 2013 anche l’Università di Cipro accetta pagamenti in bitcoin per le tasse universitarie.
4
ARAGUENA e ALTRI, Bitcoin. L’altra faccia della moneta.
130 La responsabilità amministrativa delle società e degli enti
Basti pensare che il valore del bitcoin inizialmente era di un millesimo di $, per
arrivare a toccare punte di circa 1.000 $ a fine 2013 e scendere ad un valore che si
attesta, ad aprile 2014, a circa 300-400 $, con fluttuazioni anche conseguenti agli
accadimenti che hanno portato alla chiusura di un noto Exchanger5
asiatico Mt. Gox
ed alla morte del CEO di un fondo specializzato nella criptomoneta.
Tra entusiasti che vedono questa ed altre forme di moneta digitale come il futuro6
e detrattori che considerano il Bitcoin una sorta di «Schema Ponzi7
» o, in ogni caso,
una bolla in cui a guadagnarci saranno solo coloro che hanno investito all’inizio ed,
in particolare, i creatori dello stesso8
, si inserisce una questione su cui vale, comunque,
la pena fare alcune riflessioni: è legale? Può essere uno strumento di commissione di
reati anche in ottica del d.lgs. 231/2001?
2. Bitcoin: caratteristiche e modalità di funzionamento
Per capire meglio i rischi connessi all’utilizzo delle monete digitali occorre
illustrare sinteticamente le modalità di funzionamento di Bitcoin9
le cui caratteristiche
sono sostanzialmente simili alle altre criptovalute10
, almeno negli aspetti peculiari che
maggiormente ci possono interessare ai fini della compliance anche in relazione al
d.lgs. 231/2001.
Bitcoin si basa sul trasferimento di valuta tra conti usando una crittografia
asimmetrica a chiave pubblica11
. La corrispondente chiave privata autorizza il
pagamento solo all’utente proprietario di una certa moneta. I bitcoin contengono la
chiave pubblica del loro proprietario (cioè l’indirizzo). Quando un utente A trasferisce
i bitcoin all’utente B rinuncia alla sua proprietà aggiungendo la chiave pubblica di B
5
Ovvero le persone o le organizzazioni che comprano o vendono bitcoin contro valute nazionali.
6
Il Venture Capitalist Chris Dixon asserisce che Bitcoin rappresenta «la terza era della valuta: la prima è stata quella
dei valori concreti come l’oro, la seconda quella di valute politiche come il dollaro o l’euro e la terza quella delle monete
con base matematica, come appunto Bitcoin». Non solo: i gemelli Winklevos hanno intenzione di quotare in Borsa il fondo
di investimento che hanno creato sulla valuta digitale.
7
Lo schema Ponzi è una tecnica che sta alla base di molte truffe finanziarie e permette a chi comincia la catena e
ai primi coinvolti di ottenere alti ritorni economici a breve termine ma richiede continuamente nuove vittime disposte
a pagare le quote. I guadagni derivano infatti esclusivamente dalle quote pagate dai nuovi investitori e non da attività
produttive o finanziarie. Il sistema è naturalmente destinato a terminare con perdite per la maggior parte dei partecipanti,
perché i soldi investiti non danno alcuna vera rendita né interesse essendo semplicemente incamerati dai primi coinvolti
nello schema che li useranno inizialmente per rispettare le promesse.
8
NORTH, Digital Tulips: The Bitcoin Mania traduzione a cura di SIMONCELLI «Nel 1637 scoppiò in Olanda la mania
di investire nei bulbi di tulipano. Alcune persone diventarono ricche, altre divennero povere. I prezzi dei tulipani
aumentarono costantemente nel corso del 1630, mentre entrava in questo mercato un numero crescente di speculatori.
Tessitori ed agricoltori ipotecarono tutto il possibile per raccogliere denaro ed iniziare a fare trading. Nel 1633 una casa
colonica in Hoorn cambiò proprietario per tre bulbi rari. Nel 1636 ogni tulipano − anche quei bulbi considerati dei rifiuti −
poteva essere venduto per centinaia di fiorini. Esisteva un mercato dei futures per i bulbi, ed i trader di tulipani affollavano
centinaia di taverne olandesi. La mania dei tulipani raggiunse il suo apice durante l’inverno del 1636-1637, quando alcuni
bulbi passavano di mano dieci volte in un giorno. Lo zenit arrivò in anticipo rispetto all’inverno, ad un’asta in cui l’unico
asset di sette orfani erano 70 bei tulipani lasciati dal padre. Un raro Violetten Admirael van Enkhuizen venne venduto
per 5.200 fiorini. Tutto sommato, i fiori fecero guadagnare loro quasi 53.000 fiorini. Poco dopo, il mercato dei tulipani
crollò. Iniziò a Haarlem, in un’asta di routine quando, per la prima volta, uno dei tanti sciocchi rifiutò di presentarsi e
pagare. In pochi giorni, si diffuse il panico in tutto il paese. Nonostante gli sforzi dei trader per sostenere la domanda,
il mercato dei tulipani evaporò. Fiori che erano stati comandati per 5.000 fiorini poche settimane prima, ora valevano un
centesimo di tale importo».
9
La descrizione che segue è tratta da quanto indicato nel sito di Bitcoin Foundation Italia.
10
Ognuna di queste monete differisce, ovviamente, da Bitcoin in termini, ad esempio, di sicurezza, di obbligo ad
identificarsi, ecc.
11
Le chiavi pubbliche, o indirizzi bitcoin, fungono da punti d’invio o ricezione per tutti i pagamenti.
La responsabilità amministrativa delle società e degli enti 131
(il suo indirizzo) sulle monete in oggetto e firmandole con la propria chiave privata.
Trasmette poi un apposito messaggio attraverso i nodi della rete peer-to-peer in modo
che questi validino le firme crittografiche e l’ammontare delle cifre coinvolte prima di
accettare la transazione stessa. In sostanza il bitcoin non è altro che una catena di
firme digitali.
Per impedire la possibilità di utilizzare più volte la stessa moneta, la rete
implementa un «server di marcatura oraria peer-to-peer», che assegna identificatori
sequenziali ad ognuna delle transazioni che vengono poi rafforzate nei confronti di
tentativi di modifica usando l’idea di una catena di proof-of-work (mostrate in Bitcoin
come «conferme»). Ogni volta che viene effettuata una transazione, essa parte nello
stato di «non confermata»; diventerà «confermata» solo quando verificata attraverso una
lista di marcatura oraria, gestita collettivamente, di tutte le transazioni conosciute, la
«catena dei blocchi». La catena dei blocchi contiene lo storico dei i movimenti di tutti
i bitcoin generati a partire dall’indirizzo del loro creatore fino all’attuale proprietario.
Quindi, se un utente prova a riutilizzare una moneta che ha già speso, la rete rifiuterà
la transazione in quanto la somma risulterà già essere spesa. La cifratura delle
transazioni Bitcoin utilizza un codice esadecimale a 256 bit «Hash12
SHA – 256» oggi
considerato sicuro e inviolabile «ma con il crescere della capacità di calcolo dei
computer (...) potrebbe diventare meno sicuro. Questo rischio, almeno dal punto di
vista teorico, è maggiore se un nuovo sistema di calcolo basato sulla meccanica
quantistica venisse sviluppato. Il che effettivamente sta avvenendo, con i primi
supercomputer quantistici che hanno iniziato a processare dati in modo del tutto
diverso13
».
I dati necessari ad utilizzare i propri bitcoin possono essere salvati su uno o più
personal computer sotto forma di portafogli elettronici («wallet»), o mantenuti presso
terze parti che svolgono funzioni simili ad una banca. In ogni caso, i bitcoin possono
essere trasferiti attraverso la rete Internet verso chiunque disponga di un indirizzo
Bitcoin14
.
La rete Bitcoin crea e distribuisce in maniera completamente casuale un certo
ammontare di monete, all’incirca sei volte l’ora, nei confronti di chi tiene abilitata
l’opzione «genera bitcoin» nel proprio client. L’attività di generazione di bitcoin viene
spesso definita come «mining15
». La probabilità che un certo utente riceva la
ricompensa in monete dipende dalla potenza computazionale che aggiunge alla rete,
relativa al potere computazionale della rete nella sua interezza. Il mining non è altro,
dunque, che quell’operazione che consiste nel trovare la soluzione ad un problema
matematico16
.
12 Una funzione crittografica di hash trasforma dei dati di lunghezza arbitraria (un messaggio) in una stringa di
dimensione fissa chiamata valore di hash, impronta del messaggio o somma di controllo, ma spesso anche con il termine
inglese «message digest».
13
DE PALMA, Affare Bitcoin. Pagare con p2p e senza banche centrali.
14
Esistono anche tentativi di rendere «materiale» il bitcoin attraverso i cosiddetti «Casascius Bitcoin», attualmente non
più commercializzati. Ogni Casascius Bitcoin è una moneta che «contiene» bitcoin incorporati all’interno attraverso un
proprio indirizzo Bitcoin e l’utilizzo di una «chiave privata» al suo interno, sotto l’ologramma anti-manomissione. Sono
state, inoltre, installate apparecchiature Bancomat, tra le prime una in una caffetteria di Vancouver, con cui cambiare i
bitcoin in valute correnti. Alcuni prototipi sono in fase di sperimentazione anche in Italia.
15
In analogia al «gold mining» (estrazione di oro).
16
Ovvero individuare un numero (nonce) tale che l’hash SHA-256 del blocco sia inferiore ad una soglia data (difficoltà
variabile).
132 La responsabilità amministrativa delle società e degli enti
Il numero di bitcoin creati per blocco è stato inizialmente di 50 BTC; tale quantità
è stata programmata per diminuire nel tempo, con un dimezzamento ogni 4 anni
circa, fino ad arrivare a zero, in modo tale che verrà creato un numero massimo di
21 milioni BTC, essendo previsto il calcolo fino all’ottava cifra decimale.
I principali elementi che caratterizzano il Bitcoin e che lo differenziano della
maggior parte delle valute tradizionali sono dunque:
• la mancanza di un ente centrale che garantisce la sicurezza dello scambio;
• la decentralizzazione della capacità di coniare nuova moneta;
• l’utilizzo di crittografia che garantisce il possesso ed il trasferimento anonimo delle
monete;
• la diffusione pubblica di tutte le transazioni;
• la possibilità per gli utenti di ottenere un nuovo indirizzo Bitcoin per ogni
transazione. Creare una nuova coppia di chiavi per ogni transazione non è
obbligatorio ma aiuta a mantenere l’anonimato.
3. Inquadramento normativo
La nascita, ma soprattutto la crescente diffusione delle criptovalute e non da ultimo
i recenti scandali hanno riportato l’attenzione ad un tema spesso trascurato da chi con
questo strumento opera ovvero la sua governance.
Nel 2009 le istituzioni nazionali ed internazionali guardavano alla nascita di
Bitcoin con occhio scettico, intenti a comprenderne i meccanismi di mining e la
liceità dei possibili utilizzi.
Oggi, con la crescente pervasività delle criptovalute nell’economia reale, le stesse
istituzioni sono orientate a regolamentare uno strumento che nasce, per sua stessa
definizione, sottoposto al solo controllo del mercato.
Ma andiamo con ordine. I correnti ordinamenti giuridici non disciplinano
tecnologie e strumenti simili ai bitcoin (e alle criptovalute in genere), esiste pertanto
un’area grigia che rende complesso ricondurre le criptovalute alle definizioni di
moneta e strumenti finanziari presenti nelle norme vigenti al fine di individuare la
disciplina di riferimento.
Nell’ottobre 2012 la Banca Centrale Europea ha pubblicato il documento «Virtual
Currency Schemes»: pur apprezzando gli elementi di creatività ed innovazione dei
sistemi di pagamento generati dall’introduzione dei Bitcoin, la BCE effettua un chiaro
confronto degli schemi su cui si fondano la moneta elettronica17
(come disciplinata
dalle Direttive 2009/110/CE e 2007/64/CE) e le monete virtuali quali, appunto, i
bitcoin.
17
[TUB Art. 1 lett. h-ter] «moneta elettronica»: il valore monetario memorizzato elettronicamente, ivi inclusa la
memorizzazione magnetica, rappresentato da un credito nei confronti dell’emittente che sia emesso per effettuare
operazioni di pagamento come definite all’art. 1, comma 1, lett. c), d.lgs. 11/2010, e che sia accettato da persone fisiche
e giuridiche diverse dall’emittente.
La responsabilità amministrativa delle società e degli enti 133
ELECTRONIC MONEY SCHEMES VIRTUAL CURRENCY SCHEMES
MONEY FORMAT Digital Digital
UNIT OF ACCOUNT
Traditional currency (euro, US
dollars, pounds, etc.) with legal
tender status
Invented currency (Linden
Dollars, Bitcoins, etc.) without
legal tender status
ACCEPTANCE
By undertakings other than the
issuer
Usually within a specific virtual
community
LEGAL STATUS Regulated Unregulated
ISSUER
Legally established electronic
money institution
Non-financial private company
SUPPLY OF MONEY Fixed
Not fixed (depends on issuer’s
decisions)
POSSIBILITY OF REDEEMING
FUNDS
Guaranteed (and at par value) Not guaranteed
SUPERVISION Yes No
TYPE(S) OF RISK Mainly operational
Legal, credit, liquidity and
operational
Fonte: BCE - Differences between electronic money schemes and virtual currency schemes
La BCE quindi ha individuato gli elementi di contatto ai sensi della Direttiva
2009/110/CE in particolare il fatto che, in entrambi i casi, il valore monetario è
rappresentato da un credito nei confronti dell’emittente che sia:
• memorizzato elettronicamente;
• accettato come mezzo di pagamento da persone diverse dall’emittente di moneta
elettronica;
ma ha focalizzato anche l’attenzione sul fatto che per la moneta elettronica è
previsto che il credito debba essere emesso dietro ricevimento di fondi che non siano
di valore inferiore al valore monetario stesso prevedendo quindi un legame con una
moneta reale, legame che necessariamente viene a mancare negli schemi sinora in
essere per le valute virtuali.
Come noto, l’assenza di tale legame comporta che il valore della valuta virtuale sia
variabile in ragione di un tasso di cambio specifico regolato dal semplice rapporto tra
domanda e offerta su un mercato il cui controllo è rimesso ai privati che vi operano
(senza garanzia di una futura convertibilità della moneta virtuale in moneta reale).
Altro elemento di differenziazione è che l’emissione e le movimentazioni degli
strumenti di pagamento tramite moneta elettronica possono essere attuati solo da
banche e istituti di moneta elettronica soggetti a controlli da parte delle competenti
autorità bancarie. Peculiarità questa non compatibile con lo schema delle monete
134 La responsabilità amministrativa delle società e degli enti
virtuali, anche se evoluzioni in tal senso non si possono escludere se si pensa ad
esempio al caso della la piattaforma Bitcoin Central che in Francia, nel dicembre
2012, è stata indirettamente riconosciuta ed autorizzata ad operare sulla base di un
accordo tra una software house e un prestatore di servizi di pagamento divenendo la
prima piattaforma per lo scambio di bitcoin regolamentata nell’ambito dei sistemi di
pagamento.
Questo riconoscimento può tra l’altro essere interpretato come una validazione
della legalità dell’attività di mining, tema dibattuto sin dalla nascita delle monete
virtuali e che trova tra i suoi oppositori chi sostiene che solo gli Stati (o le realtà
sovranazionali dagli stessi costituite) possano emettere moneta18
.
L’Autorità bancaria europea (ABE), un’autorità indipendente dell’Unione Europea
(UE) che opera per assicurare un livello di regolamentazione e di vigilanza prudenziale
efficace e uniforme nel settore bancario europeo, avrebbe, ai sensi dell’art. 9 del
relativo regolamento istitutivo, il potere di «proibire o limitare temporaneamente
talune attività finanziarie che mettono a repentaglio il corretto funzionamento e
l’integrità dei mercati finanziari o la stabilità generale o parziale del sistema finanziario
dell’Unione (...)». Tale potere non risulta tuttavia ad oggi utilizzato con riferimento alle
criptovalute essendo i più recenti interventi dell’ABE limitati ad un documento del
dicembre 201319
nel quale sono illustrati i principali rischi connessi all’utilizzo delle
valute virtuali.
Le criptovalute sono dunque parzialmente equiparabili alla moneta elettronica, ma
per altri versi sono più vicine a beni identificati nella comunità di riferimento come
oggetti di scambio.
In questa ottica, sovvertendo tutte le interpretazioni sinora adottate nella
giurisprudenza internazionale, vertono le ultime indicazioni formulate dall’US Internal
Revenue Service (IRS) che nell’aprile 2014 si è pronunciata chiarendo che, sebbene «le
valute virtuali possono essere usate per pagare merci e servizi, o conservate con
finalità di investimento» e «in alcuni contesti, operano quali valute reali (...) in nessuna
giurisdizione sono riconosciuti come valuta legale», bitcoin (e le altre valute virtuali)
devono essere trattate ai fini fiscali come beni (e non come valuta).
4. Criptovalute e rischi 231
Partendo dall’assunto che Bitcoin, come le altre monete digitali, pur in assenza di
un preciso inquadramento negli schemi legislativi attuali, sia al momento legale,
occorre focalizzare l’attenzione sul possibile utilizzo delle criptovalute e dei rischi
connessi in relazione al d.lgs. 231/2001, in virtù in particolare delle caratteristiche di
anonimato che ne favoriscono un uso in attività illecite.
18
La Costituzione degli Stati Uniti − art I § 10 − ad esempio, vieta a soggetti diversi dal Governo Federale il conio di
monete, ma non l’emissione di valute private (di fatto diffusesi in molte realtà per incentivare l’economia locale). L’art. 128,
par. 1 del Trattato sul funzionamento della UE prevede che «La Banca centrale europea ha il diritto esclusivo di autorizzare
l’emissione di banconote in euro all’interno dell’Unione. La Banca centrale europea e le banche centrali nazionali possono
emettere banconote. Le banconote emesse dalla Banca centrale europea e dalle banche centrali nazionali costituiscono
le uniche banconote aventi corso legale nell’Unione». Tuttavia nello stabilire che solo le banconote emesse dalla BCE
e dalle Banche Centrali Nazionali hanno corso legale nell’Unione, non vieta però che i singoli Stati membri (o altre
comunità) possano emettere proprie banconote, purché prive di «corso legale», cioè a patto che esse risultino sprovviste
dell’obbligatorietà della loro accettazione quale mezzo di pagamento.
19
Warning to consumers on virtual currencies – 12 December 2013.
La responsabilità amministrativa delle società e degli enti 135
Alcuni casi recentemente apparsi sui giornali, relativi agli Stati Uniti dove Bitcoin
è più diffuso, possono far comprendere come il rischio di commissione di reati
attraverso l’utilizzo di Bitcoin sia reale:
• in Texas, nell’agosto 2013 è stata pronunciata la prima sentenza nella quale, in
questo caso specifico di truffa a danno dei clienti, il bitcoin è stato equiparato alla
moneta tradizionale;
• a fine 2013 l’FBI ha annunciato di avere arrestato l’amministratore di Silk Road20
,
accusato di riciclaggio di denaro e di partecipazione al narcotraffico, sequestrando
per qualche mese il sito web di Silk Road e una cifra in bitcoin equivalente
all’epoca a circa 4 milioni di $. «La prima implicazione derivante da tale nuova
frontiera del web è presto detta: la difficoltà, se non addirittura, impossibilità di
ricostruire − nella sua materialità − la condotta di reato posta in essere all’interno
del web illegale. Se sino a poco tempo fa internet fungeva da canale di
accelerazione o di semplificazione di transazioni illegali che, comunque,
avvenivano ancora in un ambito di tracciabilità (rectius di ricostruibilità) ex post
del fatto di reato, l’avvento di Tor e di Silk Road ha sfumato completamente i
contorni tradizionali della condotta illecita, perché l’anonimato garantito dal dark
web non rende minimamente possibile la ricostruzione dei connotati oggettivi del
fatto di reato. Tradotto in termini giuridici significa che Silk Road assicura la piena
impunità agli attori di transazioni commerciali illecite poiché rende sostanzialmente
impossibile l’individuazione del locus commissi delicti21
»;
• il vice presidente della Bitcoin Foundation è stato accusato dai procuratori federali
degli Stati Uniti di cospirazione per riciclare più di 1 milione di $ in bitcoin, in
relazione all’attività illecita di Silk Road.
In termini di analisi dei rischi ai fini del d.lgs. 231/2001 appare evidente come
siano ipotizzabili delle fattispecie di reato legate all’utilizzo di Bitcoin commessi anche
nell’interesse o a vantaggio delle Società, sfruttandone la caratteristica di anonimato e
di non tracciabilità. Infatti, come accennato in precedenza, è possibile creare una
chiave per ogni transazione che, associata ad altri meccanismi di schermatura
dell’indirizzo IP, quale TOR, rende di fatto sostanzialmente impossibile risalire
all’autore dell’operazione.
«Non solo. Il pagamento in Bitcoins mette al riparo da qualsiasi rischio di perdita
materiale delle somme o di blocco da parte delle autorità bancarie di vigilanza,
perché fornisce agli utenti un vero e proprio salvacondotto finanziario22
».
Bitcoin, eccetto l’eventuale commissione di reati informatici volti, ad esempio, a
sottrarre ad altri la moneta digitale stessa, rappresenta dunque un mezzo di
commissione di reati più che un fine.
Una prima ipotesi, in tale senso, può essere ricondotta all’ambito dei reati
corruttivi. Indipendentemente dal fatto di considerare o meno «denaro» il bitcoin può,
comunque, essere riportato al concetto di «altra utilità» anche in considerazione del
fatto che Bitcoin è sempre più presente al di fuori della rete internet e spendibile
direttamente in alcuni esercizi commerciali.
20
La «via della seta» ovvero un portale web utilizzato, ad esempio, per traffici di droga accessibile unicamente tramite
un software denominato Tor, acronimo di The Onion Router che assicura la navigazione anonima in internet schermando
a terzi l’indirizzo IP associato al proprio computer.
21
MARINO, Le nuove frontiere dell’illegalità a mezzo internet.
22
MARINO, op. cit.
136 La responsabilità amministrativa delle società e degli enti
Tuttavia ciò che al momento può rendere difficile l’uso di Bitcoin a tale fine
consiste:
1. nel fatto che il destinatario accetti una moneta altamente volatile;
2. nella difficoltà nel creare il portafoglio Bitcoin, necessario a porre in essere l’atto
corruttivo, partendo da risorse aziendali che di fatto lascerebbero una traccia. A
tale proposito «particolarmente interessanti sono le indicazioni, pubblicate sul sito
di commercializzazione dei bitcoins, in cui si indicano le modalità di scambio di
denaro reale con moneta elettronica ‘per contanti di persona con uno scambiatore
locale’, oppure ‘per contanti via posta o corriere FedEx, tramite uno scambiatore
di posta elettronica’, o altrimenti con ‘deposito diretto sul tuo conto bancario, da
un sito di scambio online’. Esiste anche una Hotline BuyBitcon.com che è possibile
interpellare 24 ore al giorno, sette giorni su sette, tramite telefono, email, sms, chat
e skype. Sul portale risalta l’indicazione ‘Non importa se si dispone di contanti,
carta di credito, paypal, assegno, vaglia postale o di una qualsiasi altra forma di
pagamento, gli esperti vi aiuteranno a comprare bitcoin utilizzando la forma di
pagamento di cui disponete23
’».
Sempre in ragione dell’anonimato il Bitcoin può rappresentare il mezzo più
idoneo agli scambi anche nelle ipotesi di riciclaggio e di delitti contro i minori
(diffusione e commercializzazione via web di materiale pedopornografico, ...).
Altro aspetto, anche se al momento non rientrante direttamente nelle fattispecie
previste dal d.lgs. 231/2001, è dato dagli aspetti fiscali connessi. Per l’Agenzia delle
Entrate statunitense (Internal Revenue Service, IRS), Bitcoin non è considerabile come
una moneta bensì come un bene giuridico dotato di un suo proprio valore di mercato
aprendo, di fatto, anche alla tassazione dei Bitcoin: il prezzo d’acquisto dei Bitcoin
(facilmente tracciabile) sarà utilizzato per determinare il capital gain ossia l’utile di
capitale nel momento in cui le monete virtuali saranno spese. L’agenzia statunitense,
così, decide di sottoporre i Bitcoin allo stesso regime fiscale a cui sono sottoposti i
titoli azionari. È pur vero che Bitcoin è di fatto utilizzato come una moneta ma non
ha corso legale in nessuna parte del mondo. Così, anche quando si acquistano dei
beni o dei servizi utilizzando monete virtuali Bitcoin, sempre secondo l’IRS, si
starebbe effettuando una sorta di baratto24
.
Seguendo questo tipo di interpretazione, che non riconosce in bitcoin il concetto
di moneta, sarebbero difficilmente ravvisabili i reati di cui all’art. 25 bis − Falsità in
monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di
riconoscimento.
La difficoltà interpretativa sul compimento di tali reati mediante l’utilizzo di Bitcoin
è noto anche al legislatore tanto che all’inizio del 2014 è stata presentata la seguente
interrogazione al Ministro: «chiediamo al ministro Saccomanni di regolare quanto
prima l’uso in Italia della moneta elettronica Bitcoin, anche al fine di proteggere gli
utilizzatori più giovani. È anche necessario mettere in atto un sistema di monitoraggio
delle transazioni che avvengono con questa moneta virtuale, al fine di evitare che
possano verificarsi eventuali truffe a danno dei consumatori». Sempre a gennaio 2014
è stato presentato un emendamento, poi ritirato per le difficoltà interpretative e le
conseguenti critiche ricevute, in cui tra l’altro era indicato: «Per le transazioni superiori
23
TETI, Bitcoin: la criptomoneta del cyberspazio che sfida banche e governi.
24
IlSoftware.it, USA, Bitcoin non è una moneta e va tassato.
La responsabilità amministrativa delle società e degli enti 137
in valore a 1.000 Euro, effettuate a mezzo Bitcoin, è richiesta l’identificazione del
titolare effettivo di cui all’art. 2 dell’Allegato tecnico del d.lgs. 231/2007».
«Il timore per la decentralizzazione è chiaro: non potendo operare un controllo
contemporaneo su ogni punto nevralgico delle transazioni si teme che gli scambi in
valuta virtuale possono essere una sorta di ‘paradiso monetario’ per attività illecite,
impossibili da tracciare25
».
5. Strumenti di controllo
Abbiamo detto che la stessa BCE, pur riconoscendo alle criptovalute rischi
operativi già insiti nella moneta digitale, attribuisce alla stessa altre tipologie di rischio
ed in particolare legale, di credito e di liquidità.
Come descritto nel precedente paragrafo, la caratteristica che maggiormente desta
preoccupazione nell’utilizzo dei bitcoin (e delle altre monete digitali) è l’anonimato
che li rende potenziale strumento per la commissione di attività illecite.
A tale proposito, nel rapporto dell’FBI del 24 aprile 2012 è indicato che le attività
illecite non sono frutto della struttura decentrata e priva di autorità monetaria del
Bitcoin e sono evitabili con gli strumenti legali esistenti e con l’aumento della
sicurezza delle transazioni da parte degli sviluppatori e della comunità Bitcoin.
Ma se questa è la strada indicata pare necessario attendere che i legislatori,
nazionali ed internazionali, definiscano un quadro normativo unitario che delinei
chiaramente le modalità operative ammesse ed i limiti, anche in materia di sicurezza,
nell’utilizzo di Bitcoin così che gli sviluppatori e le comunità, anche se non
volontariamente, siano chiamati ad agire per uniformarsi alle prescrizioni di legge.
Le linee guida dell’Ufficio del Tesoro statunitense (Financial Crimes Enforcment
Networks «FinCEN») sembrano orientate in tale direzione prevedendo che estrarre ed
utilizzare la moneta è legittimo e libero «mentre gli Exchanger che convertono bitcoin
in dollari o altri valute devono sottostare alla regolamentazione a cui sono soggetti i
cambiavalute26
».
La realtà però porta continuamente esempi di evoluzioni nella comunità Bitcoin
che esulano dal trend auspicato, non ultima la possibilità di comprare bitcoin
attraverso ricariche PostePay al venditore27
, senza passare da alcun circuito bancario
e rendendo quindi totalmente non tracciabile la provenienza del flusso finanziario.
Poco vale, in questo senso, agire a livello di controllo sugli Exchanger senza
adottare ulteriori contromisure.
E allora cosa fare, oltre a prevedere nei Modelli organizzativi che le transazioni
siano tracciabili, i conti correnti aperti presso primari istituti di credito e i pagamenti
in contanti limitati per importo e natura?
Allo stato attuale un approccio prudenziale in ottica di d.lgs. 231/2001 porta a
suggerire, quantomeno in ambito aziendale, il divieto di utilizzo di Bitcoin e
criptovalute in genere.
Oltre alla previsione esplicita di divieto di strumenti alternativi alle monete legali
ed elettroniche può essere utile adottare strumenti e controlli informatici: le
25
ARAGUENA e ALTRI, op. cit..
26
DE PALMA, op. cit.
27
www.bitboats.net.
138 La responsabilità amministrativa delle società e degli enti
criptovalute, che trovano fondamento nella diffusione e validazione del messaggio
attraverso i nodi della rete peer-to-peer di riferimento, divengono inutilizzabili se sono
posti in essere filtri che impediscono tale flusso di dati.
Va detto che, a far data dall’introduzione dell’art. 24 bis nel novero dei reati ex
d.lgs. 231/2001, tali strumenti di controllo sono entrati nella prassi operativa delle
maggiori aziende e conseguentemente i blocchi già attivati sono di norma sufficienti
a inibire la creazione e la gestione di portafogli operando sulla rete aziendale (o
comunque attraverso computer aziendali). Laddove non fosse possibile impedirne
l’utilizzo agendo sui sistemi, perché ad esempio la rete peer to peer serve per gestire
altri applicativi aziendali, occorre comunque prevedere idonee norme comportamentali
o controlli a posteriori sulle operazioni effettuate.
Non possono tuttavia escludersi situazioni ove l’ente veda negli incassi in moneta
virtuale una modalità di marketing per raggiungere nuove fasce di mercato. In tal
caso, anche in ragione della volatilità delle criptovalute, potrebbe essere utile definire
un’informativa al pubblico relativamente alla possibilità di variazione (anche sensibile)
nel tempo del prezzo espresso in criptovaluta prevedendo inoltre, attraverso
procedure interne, l’immediata vendita della criptovaluta incassata così da limitare al
minimo i rischi insiti nella transazione.
6. Conclusioni
Diviene irrilevante, allo stato attuale e sino a nuove previsioni normative, la finalità
ultima di utilizzo delle monete virtuali stante il potenziale utilizzo illecito dei Bitcoin
derivante, in particolare, dalla facilità nel conservare l’anonimato. In assenza di
opportunità commerciali legate in via esclusiva alle monete virtuali, comunque ad
oggi poco significative, il divieto di utilizzo non dovrebbe essere di ostacolo
all’operatività aziendale. In ogni caso la diffusione di una cultura etica ed una
formazione appropriata sul corretto utilizzo di monete digitali e strumenti similari
consente di preparare i collaboratori ad approcciare nuove modalità di pagamento
che, secondo alcuni, nel medio periodo sostituiranno le valute tradizionali.

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03-2014-BITCOIN-I-RISCHI-DI-LEGALITA-NELL-UTILIZZO-DELLA-MONETA-VIRTUALE-NELL-ECONOMIA-REALE-D-ADAMO-AONDIO

  • 1. BITCOIN, I RISCHI DI LEGALITÀ NELL’UTILIZZO DELLA MONETA VIRTUALE NELL’ECONOMIA REALE GIOVANNI D’ADAMO, Ingegnere, libero professionista e partner di Development Compliance Partners s.r.l. KATIA AONDIO, Responsabile del Servizio di Internal Audit di Fininvest Gestione Servizi S.p.A. Il Bitcoin, moneta digitale basata su un software open source e sulla rete peer to peer tra gli utenti, è oramai un fenomeno inarrestabile e contagioso che ha portato alla nascita ed alla diffusione di forme di criptovalute sempre più complesse. Ma l’utilizzo di monete digitali espone le Società a nuovi rischi, anche di “compliance”. Intento del presente contributo è, dunque, quello di fornire un quadro sintetico dei meccanismi tecnici su cui si fondano le criptovalute, e Bitcoin in particolare, analizzando il contesto normativo di riferimento con un approfondimento sui potenziali rischi in relazione al d.lgs. 231/2001 e valutando i relativi strumenti di controllo. 1. Premessa Il termine Bitcoin si riferisce alla moneta digitale (anche «BTC»), creata nel 2009 da un anonimo conosciuto in rete con il nome di Satoshi Nakamoto, e al relativo software open source con cui si abilita la rete peer to peer1 tra gli utenti che ne fanno parte. Il Bitcoin è, dunque, una delle prime forme della cosiddetta «criptovaluta2 » che, alla data del presente contributo, conta oramai un centinaio di esempi più o meno diffusi (tra cui Litecoin, Dogecoin, Peercoin, Quark, ...). Da un uso limitato alle compravendite in internet, Bitcoin ha iniziato a diffondersi anche in alcuni esercizi commerciali che lo accettano come forma di pagamento3 . «Peraltro, la ‘socialità’ del bitcoin può dirsi oramai fuoriuscita dallo stretto ambito della comunità che lo ha sinora sviluppato e rappresenta, secondo noi, l’elemento propulsivo dell’affermazione sempre più crescente della moneta di internet anche nel ‘mondo reale’4 » 1 L’architettura peer to peer è un sistema di calcolo distribuito fra i nodi della rete che decidono di farne parte ed in cui ogni computer può dialogare con uno o più computer simultaneamente. Tale modello è contrapposto ad una modalità di funzionamento di tipo client-server in cui i dati sono memorizzati in un computer ad alte prestazioni, il «server», ed a una serie di computer a prestazioni ridotte, i «client», che sfruttano i dati del server. 2 Ovvero una valuta digitale basata sulla crittografia. Per convenzione utilizzeremo il termine «Bitcoin» per indicare il sistema nel suo complesso e «bitcoin» per la moneta digitale. 3 Dal 2013 anche l’Università di Cipro accetta pagamenti in bitcoin per le tasse universitarie. 4 ARAGUENA e ALTRI, Bitcoin. L’altra faccia della moneta.
  • 2. 130 La responsabilità amministrativa delle società e degli enti Basti pensare che il valore del bitcoin inizialmente era di un millesimo di $, per arrivare a toccare punte di circa 1.000 $ a fine 2013 e scendere ad un valore che si attesta, ad aprile 2014, a circa 300-400 $, con fluttuazioni anche conseguenti agli accadimenti che hanno portato alla chiusura di un noto Exchanger5 asiatico Mt. Gox ed alla morte del CEO di un fondo specializzato nella criptomoneta. Tra entusiasti che vedono questa ed altre forme di moneta digitale come il futuro6 e detrattori che considerano il Bitcoin una sorta di «Schema Ponzi7 » o, in ogni caso, una bolla in cui a guadagnarci saranno solo coloro che hanno investito all’inizio ed, in particolare, i creatori dello stesso8 , si inserisce una questione su cui vale, comunque, la pena fare alcune riflessioni: è legale? Può essere uno strumento di commissione di reati anche in ottica del d.lgs. 231/2001? 2. Bitcoin: caratteristiche e modalità di funzionamento Per capire meglio i rischi connessi all’utilizzo delle monete digitali occorre illustrare sinteticamente le modalità di funzionamento di Bitcoin9 le cui caratteristiche sono sostanzialmente simili alle altre criptovalute10 , almeno negli aspetti peculiari che maggiormente ci possono interessare ai fini della compliance anche in relazione al d.lgs. 231/2001. Bitcoin si basa sul trasferimento di valuta tra conti usando una crittografia asimmetrica a chiave pubblica11 . La corrispondente chiave privata autorizza il pagamento solo all’utente proprietario di una certa moneta. I bitcoin contengono la chiave pubblica del loro proprietario (cioè l’indirizzo). Quando un utente A trasferisce i bitcoin all’utente B rinuncia alla sua proprietà aggiungendo la chiave pubblica di B 5 Ovvero le persone o le organizzazioni che comprano o vendono bitcoin contro valute nazionali. 6 Il Venture Capitalist Chris Dixon asserisce che Bitcoin rappresenta «la terza era della valuta: la prima è stata quella dei valori concreti come l’oro, la seconda quella di valute politiche come il dollaro o l’euro e la terza quella delle monete con base matematica, come appunto Bitcoin». Non solo: i gemelli Winklevos hanno intenzione di quotare in Borsa il fondo di investimento che hanno creato sulla valuta digitale. 7 Lo schema Ponzi è una tecnica che sta alla base di molte truffe finanziarie e permette a chi comincia la catena e ai primi coinvolti di ottenere alti ritorni economici a breve termine ma richiede continuamente nuove vittime disposte a pagare le quote. I guadagni derivano infatti esclusivamente dalle quote pagate dai nuovi investitori e non da attività produttive o finanziarie. Il sistema è naturalmente destinato a terminare con perdite per la maggior parte dei partecipanti, perché i soldi investiti non danno alcuna vera rendita né interesse essendo semplicemente incamerati dai primi coinvolti nello schema che li useranno inizialmente per rispettare le promesse. 8 NORTH, Digital Tulips: The Bitcoin Mania traduzione a cura di SIMONCELLI «Nel 1637 scoppiò in Olanda la mania di investire nei bulbi di tulipano. Alcune persone diventarono ricche, altre divennero povere. I prezzi dei tulipani aumentarono costantemente nel corso del 1630, mentre entrava in questo mercato un numero crescente di speculatori. Tessitori ed agricoltori ipotecarono tutto il possibile per raccogliere denaro ed iniziare a fare trading. Nel 1633 una casa colonica in Hoorn cambiò proprietario per tre bulbi rari. Nel 1636 ogni tulipano − anche quei bulbi considerati dei rifiuti − poteva essere venduto per centinaia di fiorini. Esisteva un mercato dei futures per i bulbi, ed i trader di tulipani affollavano centinaia di taverne olandesi. La mania dei tulipani raggiunse il suo apice durante l’inverno del 1636-1637, quando alcuni bulbi passavano di mano dieci volte in un giorno. Lo zenit arrivò in anticipo rispetto all’inverno, ad un’asta in cui l’unico asset di sette orfani erano 70 bei tulipani lasciati dal padre. Un raro Violetten Admirael van Enkhuizen venne venduto per 5.200 fiorini. Tutto sommato, i fiori fecero guadagnare loro quasi 53.000 fiorini. Poco dopo, il mercato dei tulipani crollò. Iniziò a Haarlem, in un’asta di routine quando, per la prima volta, uno dei tanti sciocchi rifiutò di presentarsi e pagare. In pochi giorni, si diffuse il panico in tutto il paese. Nonostante gli sforzi dei trader per sostenere la domanda, il mercato dei tulipani evaporò. Fiori che erano stati comandati per 5.000 fiorini poche settimane prima, ora valevano un centesimo di tale importo». 9 La descrizione che segue è tratta da quanto indicato nel sito di Bitcoin Foundation Italia. 10 Ognuna di queste monete differisce, ovviamente, da Bitcoin in termini, ad esempio, di sicurezza, di obbligo ad identificarsi, ecc. 11 Le chiavi pubbliche, o indirizzi bitcoin, fungono da punti d’invio o ricezione per tutti i pagamenti.
  • 3. La responsabilità amministrativa delle società e degli enti 131 (il suo indirizzo) sulle monete in oggetto e firmandole con la propria chiave privata. Trasmette poi un apposito messaggio attraverso i nodi della rete peer-to-peer in modo che questi validino le firme crittografiche e l’ammontare delle cifre coinvolte prima di accettare la transazione stessa. In sostanza il bitcoin non è altro che una catena di firme digitali. Per impedire la possibilità di utilizzare più volte la stessa moneta, la rete implementa un «server di marcatura oraria peer-to-peer», che assegna identificatori sequenziali ad ognuna delle transazioni che vengono poi rafforzate nei confronti di tentativi di modifica usando l’idea di una catena di proof-of-work (mostrate in Bitcoin come «conferme»). Ogni volta che viene effettuata una transazione, essa parte nello stato di «non confermata»; diventerà «confermata» solo quando verificata attraverso una lista di marcatura oraria, gestita collettivamente, di tutte le transazioni conosciute, la «catena dei blocchi». La catena dei blocchi contiene lo storico dei i movimenti di tutti i bitcoin generati a partire dall’indirizzo del loro creatore fino all’attuale proprietario. Quindi, se un utente prova a riutilizzare una moneta che ha già speso, la rete rifiuterà la transazione in quanto la somma risulterà già essere spesa. La cifratura delle transazioni Bitcoin utilizza un codice esadecimale a 256 bit «Hash12 SHA – 256» oggi considerato sicuro e inviolabile «ma con il crescere della capacità di calcolo dei computer (...) potrebbe diventare meno sicuro. Questo rischio, almeno dal punto di vista teorico, è maggiore se un nuovo sistema di calcolo basato sulla meccanica quantistica venisse sviluppato. Il che effettivamente sta avvenendo, con i primi supercomputer quantistici che hanno iniziato a processare dati in modo del tutto diverso13 ». I dati necessari ad utilizzare i propri bitcoin possono essere salvati su uno o più personal computer sotto forma di portafogli elettronici («wallet»), o mantenuti presso terze parti che svolgono funzioni simili ad una banca. In ogni caso, i bitcoin possono essere trasferiti attraverso la rete Internet verso chiunque disponga di un indirizzo Bitcoin14 . La rete Bitcoin crea e distribuisce in maniera completamente casuale un certo ammontare di monete, all’incirca sei volte l’ora, nei confronti di chi tiene abilitata l’opzione «genera bitcoin» nel proprio client. L’attività di generazione di bitcoin viene spesso definita come «mining15 ». La probabilità che un certo utente riceva la ricompensa in monete dipende dalla potenza computazionale che aggiunge alla rete, relativa al potere computazionale della rete nella sua interezza. Il mining non è altro, dunque, che quell’operazione che consiste nel trovare la soluzione ad un problema matematico16 . 12 Una funzione crittografica di hash trasforma dei dati di lunghezza arbitraria (un messaggio) in una stringa di dimensione fissa chiamata valore di hash, impronta del messaggio o somma di controllo, ma spesso anche con il termine inglese «message digest». 13 DE PALMA, Affare Bitcoin. Pagare con p2p e senza banche centrali. 14 Esistono anche tentativi di rendere «materiale» il bitcoin attraverso i cosiddetti «Casascius Bitcoin», attualmente non più commercializzati. Ogni Casascius Bitcoin è una moneta che «contiene» bitcoin incorporati all’interno attraverso un proprio indirizzo Bitcoin e l’utilizzo di una «chiave privata» al suo interno, sotto l’ologramma anti-manomissione. Sono state, inoltre, installate apparecchiature Bancomat, tra le prime una in una caffetteria di Vancouver, con cui cambiare i bitcoin in valute correnti. Alcuni prototipi sono in fase di sperimentazione anche in Italia. 15 In analogia al «gold mining» (estrazione di oro). 16 Ovvero individuare un numero (nonce) tale che l’hash SHA-256 del blocco sia inferiore ad una soglia data (difficoltà variabile).
  • 4. 132 La responsabilità amministrativa delle società e degli enti Il numero di bitcoin creati per blocco è stato inizialmente di 50 BTC; tale quantità è stata programmata per diminuire nel tempo, con un dimezzamento ogni 4 anni circa, fino ad arrivare a zero, in modo tale che verrà creato un numero massimo di 21 milioni BTC, essendo previsto il calcolo fino all’ottava cifra decimale. I principali elementi che caratterizzano il Bitcoin e che lo differenziano della maggior parte delle valute tradizionali sono dunque: • la mancanza di un ente centrale che garantisce la sicurezza dello scambio; • la decentralizzazione della capacità di coniare nuova moneta; • l’utilizzo di crittografia che garantisce il possesso ed il trasferimento anonimo delle monete; • la diffusione pubblica di tutte le transazioni; • la possibilità per gli utenti di ottenere un nuovo indirizzo Bitcoin per ogni transazione. Creare una nuova coppia di chiavi per ogni transazione non è obbligatorio ma aiuta a mantenere l’anonimato. 3. Inquadramento normativo La nascita, ma soprattutto la crescente diffusione delle criptovalute e non da ultimo i recenti scandali hanno riportato l’attenzione ad un tema spesso trascurato da chi con questo strumento opera ovvero la sua governance. Nel 2009 le istituzioni nazionali ed internazionali guardavano alla nascita di Bitcoin con occhio scettico, intenti a comprenderne i meccanismi di mining e la liceità dei possibili utilizzi. Oggi, con la crescente pervasività delle criptovalute nell’economia reale, le stesse istituzioni sono orientate a regolamentare uno strumento che nasce, per sua stessa definizione, sottoposto al solo controllo del mercato. Ma andiamo con ordine. I correnti ordinamenti giuridici non disciplinano tecnologie e strumenti simili ai bitcoin (e alle criptovalute in genere), esiste pertanto un’area grigia che rende complesso ricondurre le criptovalute alle definizioni di moneta e strumenti finanziari presenti nelle norme vigenti al fine di individuare la disciplina di riferimento. Nell’ottobre 2012 la Banca Centrale Europea ha pubblicato il documento «Virtual Currency Schemes»: pur apprezzando gli elementi di creatività ed innovazione dei sistemi di pagamento generati dall’introduzione dei Bitcoin, la BCE effettua un chiaro confronto degli schemi su cui si fondano la moneta elettronica17 (come disciplinata dalle Direttive 2009/110/CE e 2007/64/CE) e le monete virtuali quali, appunto, i bitcoin. 17 [TUB Art. 1 lett. h-ter] «moneta elettronica»: il valore monetario memorizzato elettronicamente, ivi inclusa la memorizzazione magnetica, rappresentato da un credito nei confronti dell’emittente che sia emesso per effettuare operazioni di pagamento come definite all’art. 1, comma 1, lett. c), d.lgs. 11/2010, e che sia accettato da persone fisiche e giuridiche diverse dall’emittente.
  • 5. La responsabilità amministrativa delle società e degli enti 133 ELECTRONIC MONEY SCHEMES VIRTUAL CURRENCY SCHEMES MONEY FORMAT Digital Digital UNIT OF ACCOUNT Traditional currency (euro, US dollars, pounds, etc.) with legal tender status Invented currency (Linden Dollars, Bitcoins, etc.) without legal tender status ACCEPTANCE By undertakings other than the issuer Usually within a specific virtual community LEGAL STATUS Regulated Unregulated ISSUER Legally established electronic money institution Non-financial private company SUPPLY OF MONEY Fixed Not fixed (depends on issuer’s decisions) POSSIBILITY OF REDEEMING FUNDS Guaranteed (and at par value) Not guaranteed SUPERVISION Yes No TYPE(S) OF RISK Mainly operational Legal, credit, liquidity and operational Fonte: BCE - Differences between electronic money schemes and virtual currency schemes La BCE quindi ha individuato gli elementi di contatto ai sensi della Direttiva 2009/110/CE in particolare il fatto che, in entrambi i casi, il valore monetario è rappresentato da un credito nei confronti dell’emittente che sia: • memorizzato elettronicamente; • accettato come mezzo di pagamento da persone diverse dall’emittente di moneta elettronica; ma ha focalizzato anche l’attenzione sul fatto che per la moneta elettronica è previsto che il credito debba essere emesso dietro ricevimento di fondi che non siano di valore inferiore al valore monetario stesso prevedendo quindi un legame con una moneta reale, legame che necessariamente viene a mancare negli schemi sinora in essere per le valute virtuali. Come noto, l’assenza di tale legame comporta che il valore della valuta virtuale sia variabile in ragione di un tasso di cambio specifico regolato dal semplice rapporto tra domanda e offerta su un mercato il cui controllo è rimesso ai privati che vi operano (senza garanzia di una futura convertibilità della moneta virtuale in moneta reale). Altro elemento di differenziazione è che l’emissione e le movimentazioni degli strumenti di pagamento tramite moneta elettronica possono essere attuati solo da banche e istituti di moneta elettronica soggetti a controlli da parte delle competenti autorità bancarie. Peculiarità questa non compatibile con lo schema delle monete
  • 6. 134 La responsabilità amministrativa delle società e degli enti virtuali, anche se evoluzioni in tal senso non si possono escludere se si pensa ad esempio al caso della la piattaforma Bitcoin Central che in Francia, nel dicembre 2012, è stata indirettamente riconosciuta ed autorizzata ad operare sulla base di un accordo tra una software house e un prestatore di servizi di pagamento divenendo la prima piattaforma per lo scambio di bitcoin regolamentata nell’ambito dei sistemi di pagamento. Questo riconoscimento può tra l’altro essere interpretato come una validazione della legalità dell’attività di mining, tema dibattuto sin dalla nascita delle monete virtuali e che trova tra i suoi oppositori chi sostiene che solo gli Stati (o le realtà sovranazionali dagli stessi costituite) possano emettere moneta18 . L’Autorità bancaria europea (ABE), un’autorità indipendente dell’Unione Europea (UE) che opera per assicurare un livello di regolamentazione e di vigilanza prudenziale efficace e uniforme nel settore bancario europeo, avrebbe, ai sensi dell’art. 9 del relativo regolamento istitutivo, il potere di «proibire o limitare temporaneamente talune attività finanziarie che mettono a repentaglio il corretto funzionamento e l’integrità dei mercati finanziari o la stabilità generale o parziale del sistema finanziario dell’Unione (...)». Tale potere non risulta tuttavia ad oggi utilizzato con riferimento alle criptovalute essendo i più recenti interventi dell’ABE limitati ad un documento del dicembre 201319 nel quale sono illustrati i principali rischi connessi all’utilizzo delle valute virtuali. Le criptovalute sono dunque parzialmente equiparabili alla moneta elettronica, ma per altri versi sono più vicine a beni identificati nella comunità di riferimento come oggetti di scambio. In questa ottica, sovvertendo tutte le interpretazioni sinora adottate nella giurisprudenza internazionale, vertono le ultime indicazioni formulate dall’US Internal Revenue Service (IRS) che nell’aprile 2014 si è pronunciata chiarendo che, sebbene «le valute virtuali possono essere usate per pagare merci e servizi, o conservate con finalità di investimento» e «in alcuni contesti, operano quali valute reali (...) in nessuna giurisdizione sono riconosciuti come valuta legale», bitcoin (e le altre valute virtuali) devono essere trattate ai fini fiscali come beni (e non come valuta). 4. Criptovalute e rischi 231 Partendo dall’assunto che Bitcoin, come le altre monete digitali, pur in assenza di un preciso inquadramento negli schemi legislativi attuali, sia al momento legale, occorre focalizzare l’attenzione sul possibile utilizzo delle criptovalute e dei rischi connessi in relazione al d.lgs. 231/2001, in virtù in particolare delle caratteristiche di anonimato che ne favoriscono un uso in attività illecite. 18 La Costituzione degli Stati Uniti − art I § 10 − ad esempio, vieta a soggetti diversi dal Governo Federale il conio di monete, ma non l’emissione di valute private (di fatto diffusesi in molte realtà per incentivare l’economia locale). L’art. 128, par. 1 del Trattato sul funzionamento della UE prevede che «La Banca centrale europea ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote in euro all’interno dell’Unione. La Banca centrale europea e le banche centrali nazionali possono emettere banconote. Le banconote emesse dalla Banca centrale europea e dalle banche centrali nazionali costituiscono le uniche banconote aventi corso legale nell’Unione». Tuttavia nello stabilire che solo le banconote emesse dalla BCE e dalle Banche Centrali Nazionali hanno corso legale nell’Unione, non vieta però che i singoli Stati membri (o altre comunità) possano emettere proprie banconote, purché prive di «corso legale», cioè a patto che esse risultino sprovviste dell’obbligatorietà della loro accettazione quale mezzo di pagamento. 19 Warning to consumers on virtual currencies – 12 December 2013.
  • 7. La responsabilità amministrativa delle società e degli enti 135 Alcuni casi recentemente apparsi sui giornali, relativi agli Stati Uniti dove Bitcoin è più diffuso, possono far comprendere come il rischio di commissione di reati attraverso l’utilizzo di Bitcoin sia reale: • in Texas, nell’agosto 2013 è stata pronunciata la prima sentenza nella quale, in questo caso specifico di truffa a danno dei clienti, il bitcoin è stato equiparato alla moneta tradizionale; • a fine 2013 l’FBI ha annunciato di avere arrestato l’amministratore di Silk Road20 , accusato di riciclaggio di denaro e di partecipazione al narcotraffico, sequestrando per qualche mese il sito web di Silk Road e una cifra in bitcoin equivalente all’epoca a circa 4 milioni di $. «La prima implicazione derivante da tale nuova frontiera del web è presto detta: la difficoltà, se non addirittura, impossibilità di ricostruire − nella sua materialità − la condotta di reato posta in essere all’interno del web illegale. Se sino a poco tempo fa internet fungeva da canale di accelerazione o di semplificazione di transazioni illegali che, comunque, avvenivano ancora in un ambito di tracciabilità (rectius di ricostruibilità) ex post del fatto di reato, l’avvento di Tor e di Silk Road ha sfumato completamente i contorni tradizionali della condotta illecita, perché l’anonimato garantito dal dark web non rende minimamente possibile la ricostruzione dei connotati oggettivi del fatto di reato. Tradotto in termini giuridici significa che Silk Road assicura la piena impunità agli attori di transazioni commerciali illecite poiché rende sostanzialmente impossibile l’individuazione del locus commissi delicti21 »; • il vice presidente della Bitcoin Foundation è stato accusato dai procuratori federali degli Stati Uniti di cospirazione per riciclare più di 1 milione di $ in bitcoin, in relazione all’attività illecita di Silk Road. In termini di analisi dei rischi ai fini del d.lgs. 231/2001 appare evidente come siano ipotizzabili delle fattispecie di reato legate all’utilizzo di Bitcoin commessi anche nell’interesse o a vantaggio delle Società, sfruttandone la caratteristica di anonimato e di non tracciabilità. Infatti, come accennato in precedenza, è possibile creare una chiave per ogni transazione che, associata ad altri meccanismi di schermatura dell’indirizzo IP, quale TOR, rende di fatto sostanzialmente impossibile risalire all’autore dell’operazione. «Non solo. Il pagamento in Bitcoins mette al riparo da qualsiasi rischio di perdita materiale delle somme o di blocco da parte delle autorità bancarie di vigilanza, perché fornisce agli utenti un vero e proprio salvacondotto finanziario22 ». Bitcoin, eccetto l’eventuale commissione di reati informatici volti, ad esempio, a sottrarre ad altri la moneta digitale stessa, rappresenta dunque un mezzo di commissione di reati più che un fine. Una prima ipotesi, in tale senso, può essere ricondotta all’ambito dei reati corruttivi. Indipendentemente dal fatto di considerare o meno «denaro» il bitcoin può, comunque, essere riportato al concetto di «altra utilità» anche in considerazione del fatto che Bitcoin è sempre più presente al di fuori della rete internet e spendibile direttamente in alcuni esercizi commerciali. 20 La «via della seta» ovvero un portale web utilizzato, ad esempio, per traffici di droga accessibile unicamente tramite un software denominato Tor, acronimo di The Onion Router che assicura la navigazione anonima in internet schermando a terzi l’indirizzo IP associato al proprio computer. 21 MARINO, Le nuove frontiere dell’illegalità a mezzo internet. 22 MARINO, op. cit.
  • 8. 136 La responsabilità amministrativa delle società e degli enti Tuttavia ciò che al momento può rendere difficile l’uso di Bitcoin a tale fine consiste: 1. nel fatto che il destinatario accetti una moneta altamente volatile; 2. nella difficoltà nel creare il portafoglio Bitcoin, necessario a porre in essere l’atto corruttivo, partendo da risorse aziendali che di fatto lascerebbero una traccia. A tale proposito «particolarmente interessanti sono le indicazioni, pubblicate sul sito di commercializzazione dei bitcoins, in cui si indicano le modalità di scambio di denaro reale con moneta elettronica ‘per contanti di persona con uno scambiatore locale’, oppure ‘per contanti via posta o corriere FedEx, tramite uno scambiatore di posta elettronica’, o altrimenti con ‘deposito diretto sul tuo conto bancario, da un sito di scambio online’. Esiste anche una Hotline BuyBitcon.com che è possibile interpellare 24 ore al giorno, sette giorni su sette, tramite telefono, email, sms, chat e skype. Sul portale risalta l’indicazione ‘Non importa se si dispone di contanti, carta di credito, paypal, assegno, vaglia postale o di una qualsiasi altra forma di pagamento, gli esperti vi aiuteranno a comprare bitcoin utilizzando la forma di pagamento di cui disponete23 ’». Sempre in ragione dell’anonimato il Bitcoin può rappresentare il mezzo più idoneo agli scambi anche nelle ipotesi di riciclaggio e di delitti contro i minori (diffusione e commercializzazione via web di materiale pedopornografico, ...). Altro aspetto, anche se al momento non rientrante direttamente nelle fattispecie previste dal d.lgs. 231/2001, è dato dagli aspetti fiscali connessi. Per l’Agenzia delle Entrate statunitense (Internal Revenue Service, IRS), Bitcoin non è considerabile come una moneta bensì come un bene giuridico dotato di un suo proprio valore di mercato aprendo, di fatto, anche alla tassazione dei Bitcoin: il prezzo d’acquisto dei Bitcoin (facilmente tracciabile) sarà utilizzato per determinare il capital gain ossia l’utile di capitale nel momento in cui le monete virtuali saranno spese. L’agenzia statunitense, così, decide di sottoporre i Bitcoin allo stesso regime fiscale a cui sono sottoposti i titoli azionari. È pur vero che Bitcoin è di fatto utilizzato come una moneta ma non ha corso legale in nessuna parte del mondo. Così, anche quando si acquistano dei beni o dei servizi utilizzando monete virtuali Bitcoin, sempre secondo l’IRS, si starebbe effettuando una sorta di baratto24 . Seguendo questo tipo di interpretazione, che non riconosce in bitcoin il concetto di moneta, sarebbero difficilmente ravvisabili i reati di cui all’art. 25 bis − Falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento. La difficoltà interpretativa sul compimento di tali reati mediante l’utilizzo di Bitcoin è noto anche al legislatore tanto che all’inizio del 2014 è stata presentata la seguente interrogazione al Ministro: «chiediamo al ministro Saccomanni di regolare quanto prima l’uso in Italia della moneta elettronica Bitcoin, anche al fine di proteggere gli utilizzatori più giovani. È anche necessario mettere in atto un sistema di monitoraggio delle transazioni che avvengono con questa moneta virtuale, al fine di evitare che possano verificarsi eventuali truffe a danno dei consumatori». Sempre a gennaio 2014 è stato presentato un emendamento, poi ritirato per le difficoltà interpretative e le conseguenti critiche ricevute, in cui tra l’altro era indicato: «Per le transazioni superiori 23 TETI, Bitcoin: la criptomoneta del cyberspazio che sfida banche e governi. 24 IlSoftware.it, USA, Bitcoin non è una moneta e va tassato.
  • 9. La responsabilità amministrativa delle società e degli enti 137 in valore a 1.000 Euro, effettuate a mezzo Bitcoin, è richiesta l’identificazione del titolare effettivo di cui all’art. 2 dell’Allegato tecnico del d.lgs. 231/2007». «Il timore per la decentralizzazione è chiaro: non potendo operare un controllo contemporaneo su ogni punto nevralgico delle transazioni si teme che gli scambi in valuta virtuale possono essere una sorta di ‘paradiso monetario’ per attività illecite, impossibili da tracciare25 ». 5. Strumenti di controllo Abbiamo detto che la stessa BCE, pur riconoscendo alle criptovalute rischi operativi già insiti nella moneta digitale, attribuisce alla stessa altre tipologie di rischio ed in particolare legale, di credito e di liquidità. Come descritto nel precedente paragrafo, la caratteristica che maggiormente desta preoccupazione nell’utilizzo dei bitcoin (e delle altre monete digitali) è l’anonimato che li rende potenziale strumento per la commissione di attività illecite. A tale proposito, nel rapporto dell’FBI del 24 aprile 2012 è indicato che le attività illecite non sono frutto della struttura decentrata e priva di autorità monetaria del Bitcoin e sono evitabili con gli strumenti legali esistenti e con l’aumento della sicurezza delle transazioni da parte degli sviluppatori e della comunità Bitcoin. Ma se questa è la strada indicata pare necessario attendere che i legislatori, nazionali ed internazionali, definiscano un quadro normativo unitario che delinei chiaramente le modalità operative ammesse ed i limiti, anche in materia di sicurezza, nell’utilizzo di Bitcoin così che gli sviluppatori e le comunità, anche se non volontariamente, siano chiamati ad agire per uniformarsi alle prescrizioni di legge. Le linee guida dell’Ufficio del Tesoro statunitense (Financial Crimes Enforcment Networks «FinCEN») sembrano orientate in tale direzione prevedendo che estrarre ed utilizzare la moneta è legittimo e libero «mentre gli Exchanger che convertono bitcoin in dollari o altri valute devono sottostare alla regolamentazione a cui sono soggetti i cambiavalute26 ». La realtà però porta continuamente esempi di evoluzioni nella comunità Bitcoin che esulano dal trend auspicato, non ultima la possibilità di comprare bitcoin attraverso ricariche PostePay al venditore27 , senza passare da alcun circuito bancario e rendendo quindi totalmente non tracciabile la provenienza del flusso finanziario. Poco vale, in questo senso, agire a livello di controllo sugli Exchanger senza adottare ulteriori contromisure. E allora cosa fare, oltre a prevedere nei Modelli organizzativi che le transazioni siano tracciabili, i conti correnti aperti presso primari istituti di credito e i pagamenti in contanti limitati per importo e natura? Allo stato attuale un approccio prudenziale in ottica di d.lgs. 231/2001 porta a suggerire, quantomeno in ambito aziendale, il divieto di utilizzo di Bitcoin e criptovalute in genere. Oltre alla previsione esplicita di divieto di strumenti alternativi alle monete legali ed elettroniche può essere utile adottare strumenti e controlli informatici: le 25 ARAGUENA e ALTRI, op. cit.. 26 DE PALMA, op. cit. 27 www.bitboats.net.
  • 10. 138 La responsabilità amministrativa delle società e degli enti criptovalute, che trovano fondamento nella diffusione e validazione del messaggio attraverso i nodi della rete peer-to-peer di riferimento, divengono inutilizzabili se sono posti in essere filtri che impediscono tale flusso di dati. Va detto che, a far data dall’introduzione dell’art. 24 bis nel novero dei reati ex d.lgs. 231/2001, tali strumenti di controllo sono entrati nella prassi operativa delle maggiori aziende e conseguentemente i blocchi già attivati sono di norma sufficienti a inibire la creazione e la gestione di portafogli operando sulla rete aziendale (o comunque attraverso computer aziendali). Laddove non fosse possibile impedirne l’utilizzo agendo sui sistemi, perché ad esempio la rete peer to peer serve per gestire altri applicativi aziendali, occorre comunque prevedere idonee norme comportamentali o controlli a posteriori sulle operazioni effettuate. Non possono tuttavia escludersi situazioni ove l’ente veda negli incassi in moneta virtuale una modalità di marketing per raggiungere nuove fasce di mercato. In tal caso, anche in ragione della volatilità delle criptovalute, potrebbe essere utile definire un’informativa al pubblico relativamente alla possibilità di variazione (anche sensibile) nel tempo del prezzo espresso in criptovaluta prevedendo inoltre, attraverso procedure interne, l’immediata vendita della criptovaluta incassata così da limitare al minimo i rischi insiti nella transazione. 6. Conclusioni Diviene irrilevante, allo stato attuale e sino a nuove previsioni normative, la finalità ultima di utilizzo delle monete virtuali stante il potenziale utilizzo illecito dei Bitcoin derivante, in particolare, dalla facilità nel conservare l’anonimato. In assenza di opportunità commerciali legate in via esclusiva alle monete virtuali, comunque ad oggi poco significative, il divieto di utilizzo non dovrebbe essere di ostacolo all’operatività aziendale. In ogni caso la diffusione di una cultura etica ed una formazione appropriata sul corretto utilizzo di monete digitali e strumenti similari consente di preparare i collaboratori ad approcciare nuove modalità di pagamento che, secondo alcuni, nel medio periodo sostituiranno le valute tradizionali.