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GIOVANNI  PASCOLI
Giovanni Pascoli nacque il 31 dicembre 1855  a San Mauro di Romagna, in una famiglia benestante, quarto dei dieci figli (due morti molto piccoli) di Ruggero Pascoli. Il 10 agosto 1867, quando Giovanni aveva dodici anni, il padre Ruggero venne assassinato con una fucilata mentre sul proprio calesse tornava a casa da Cesena. Le ragioni del delitto, forse di natura politica o forse dovute a contrasti di lavoro, e i responsabili rimasero per sempre oscuri, nonostante la famiglia avesse forti sospetti sull'identità dell'assassino, come traspare evidentemente nella poesia La cavallina storna.
La fase cruciale della formazione letteraria di Pascoli va fatta risalire ai nove anni trascorsi a Bologna come studente alla Facoltà di Lettere (1873  - 1882). Allievo di Carducci, che si accorse subito delle qualità del giovane Pascoli, nella cerchia ristretta dell'ambiente creatosi attorno al poeta, Pascoli visse gli anni più movimentati della sua vita.  Verso gli anni '80  si cominciò, invece, ad analizzare in modo più realistico e scientifico la psicologia dell'infanzia, portando l'attenzione sul bambino come individuo in sé, caratterizzato da una propria realtà di riferimento. La letteratura per l'infanzia aveva prodotto in meno di un secolo una quantità considerevole di libri che costituirono la vera letteratura  di massa fino alla fine dell'Ottocento Tutto questo ci serve a ricondurre, naturalmente, la teoria pascoliana della poesia come intuizione pura e ingenua, espressa nella poetica del Fanciullino, ai riflessi di un vasto ambiente culturale europeo che era assolutamente maturo per accogliere la sua proposta. In questo senso non si può parlare di una vera novità, quanto piuttosto della sensibilità con cui egli seppe cogliere un gusto diffuso ed un interesse già educato, traducendoli in quella grande poesia che all'Italia mancava dall'epoca di Leopardi. Per quanto riguarda il linguaggio, Pascoli ricerca una sorta di musicalità evocativa, accentuando l'elemento sonoro del verso, secondo il modello dei poeti maledetti Paul Verlaine e Stéphane Mallarmé.
1891 Myricae ,[object Object],Iugurtha 1897 Il Fanciullino 1904 Primi Poemetti 1906 Canti di Castelvecchio PRINCIPALI OPERE
Giovanni Pascoli   fu anche autore di poesie in lingua latina e con esse vinse per ben tredici volte il Certamen Hoeufftianum, un prestigioso concorso di poesia latina che annualmente si teneva ad Amsterdam.
L'esperienza poetica pascoliana si inserisce, con tratti originalissimi, nel panorama del decadentismo  europeo e segna in maniera indelebile la poesia italiana: essa affonda le radici in una visione pessimistica della vita in cui si riflette la scomparsa della fiducia, propria del Positivismo, e in una conoscenza in grado di spiegare compiutamente la realtà. Il mondo appare all'autore come un insieme misterioso e indecifrabile tanto che il poeta tende a rappresentare la realtà con una pennellata impressionistica che colga solo un determinato particolare del reale, non essendo possibile per l'autore avere una concreta visione d'insieme. Coerentemente con la visione decadente, il poeta si configura come un "veggente", mediatore di una conoscenza aurorale, in grado di spingere lo sguardo oltre il mondo sensibile: nel Fanciullino, Pascoli afferma quanto il poeta fanciullino sappia dare il nome alle cose, scoprendole nella loro freschezza originaria, in maniera immaginosa e alogica.

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  • 2. Giovanni Pascoli nacque il 31 dicembre 1855 a San Mauro di Romagna, in una famiglia benestante, quarto dei dieci figli (due morti molto piccoli) di Ruggero Pascoli. Il 10 agosto 1867, quando Giovanni aveva dodici anni, il padre Ruggero venne assassinato con una fucilata mentre sul proprio calesse tornava a casa da Cesena. Le ragioni del delitto, forse di natura politica o forse dovute a contrasti di lavoro, e i responsabili rimasero per sempre oscuri, nonostante la famiglia avesse forti sospetti sull'identità dell'assassino, come traspare evidentemente nella poesia La cavallina storna.
  • 3. La fase cruciale della formazione letteraria di Pascoli va fatta risalire ai nove anni trascorsi a Bologna come studente alla Facoltà di Lettere (1873 - 1882). Allievo di Carducci, che si accorse subito delle qualità del giovane Pascoli, nella cerchia ristretta dell'ambiente creatosi attorno al poeta, Pascoli visse gli anni più movimentati della sua vita. Verso gli anni '80 si cominciò, invece, ad analizzare in modo più realistico e scientifico la psicologia dell'infanzia, portando l'attenzione sul bambino come individuo in sé, caratterizzato da una propria realtà di riferimento. La letteratura per l'infanzia aveva prodotto in meno di un secolo una quantità considerevole di libri che costituirono la vera letteratura di massa fino alla fine dell'Ottocento Tutto questo ci serve a ricondurre, naturalmente, la teoria pascoliana della poesia come intuizione pura e ingenua, espressa nella poetica del Fanciullino, ai riflessi di un vasto ambiente culturale europeo che era assolutamente maturo per accogliere la sua proposta. In questo senso non si può parlare di una vera novità, quanto piuttosto della sensibilità con cui egli seppe cogliere un gusto diffuso ed un interesse già educato, traducendoli in quella grande poesia che all'Italia mancava dall'epoca di Leopardi. Per quanto riguarda il linguaggio, Pascoli ricerca una sorta di musicalità evocativa, accentuando l'elemento sonoro del verso, secondo il modello dei poeti maledetti Paul Verlaine e Stéphane Mallarmé.
  • 4.
  • 5. Giovanni Pascoli fu anche autore di poesie in lingua latina e con esse vinse per ben tredici volte il Certamen Hoeufftianum, un prestigioso concorso di poesia latina che annualmente si teneva ad Amsterdam.
  • 6. L'esperienza poetica pascoliana si inserisce, con tratti originalissimi, nel panorama del decadentismo europeo e segna in maniera indelebile la poesia italiana: essa affonda le radici in una visione pessimistica della vita in cui si riflette la scomparsa della fiducia, propria del Positivismo, e in una conoscenza in grado di spiegare compiutamente la realtà. Il mondo appare all'autore come un insieme misterioso e indecifrabile tanto che il poeta tende a rappresentare la realtà con una pennellata impressionistica che colga solo un determinato particolare del reale, non essendo possibile per l'autore avere una concreta visione d'insieme. Coerentemente con la visione decadente, il poeta si configura come un "veggente", mediatore di una conoscenza aurorale, in grado di spingere lo sguardo oltre il mondo sensibile: nel Fanciullino, Pascoli afferma quanto il poeta fanciullino sappia dare il nome alle cose, scoprendole nella loro freschezza originaria, in maniera immaginosa e alogica.