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“REALIZZAZIONE DI UN ALIMENTATORE STABILIZZATO”


Introduzione

Ogni apparecchiatura elettronica, che sia un computer oppure un impianto stereo o una
semplice calcolatrice, ha bisogno di un’alimentazione in corrente continua che arrivi da
una batteria oppure da un alimentatore. Ma, esigenza ancora più importante è quella di
avere un’alimentazione perfettamente regolata e ben filtrata che può essere fornita da un
alimentatore stabilizzato in grado di soddisfare le richieste del circuito. Proprio questo è
stato l’argomento di TDP nei primi mesi di scuola: comprendere l’esigenza di
un’alimentazione stabilizzata e come questa può essere ottenuta.
Questa relazione nasce con lo scopo di illustrare tutto il lavoro svolto in classe e nei
laboratori, culminato con la vera e propria realizzazione di un alimentatore stabilizzato.

Cos’è un alimentatore e a cosa serve
Un alimentatore è un apparato elettrico che preleva energia dalla rete elettrica di
distribuzione con lo scopo di fornire una tensione continua in uscita che sia sufficiente ed
adatta ad alimentare un carico, con il massimo dell’efficienza possibile. Tutto ciò sembra
abbastanza scontato ed ovvio ma in realtà, per ottenere il risultato cercato bisogna
attraversare alcune fasi che saranno illustrate più avanti. L’alimentatore, inoltre, deve
fornire alcune garanzie che facciano sì che in caso di guasti o malfunzionamenti, non
vengano arrecati danni a persone o a cose. Del resto lavorare con 220 [V] C.A. non è
certo cosa da poco.

Com’è fatto un alimentatore
Ogni alimentatore può essere scomposto in almeno quattro parti:
  1. trasformatore;
  2. rettificatore;
  3. filtro;
  4. stabilizzatore.

In maniera molto semplice, queste quattro parti possono essere rappresentate mediante lo
schema a blocchi seguente:




Figura 1: schema a blocchi di un alimentatore stabilizzato.

Da come si può vedere ogni stadio dell’alimentatore da un suo importante contributo; il
trasformatore abbassa l’ampiezza della tensione di alimentazione, il raddrizzatore
trasforma la corrente alternata in corrente continua eliminando, in questo caso, la
semionda negativa, il condensatore filtra la tensione proveniente dal raddrizzatore
abbassandone il ripple, mentre lo stabilizzatore la mantiene ad un valore pressoché fisso
nel tempo.


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Tipologie di alimentatori
Parlando di alimentatori stabilizzati, la classificazione viene fatta in base al tipo di
stabilizzatore che viene utilizzato e generalmente ne vengono classificate due famiglie:
   1. alimentatori stabilizzati di tipo lineare;
   2. alimentatori stabilizzati di tipo switching.
Ognuno porta con se dei vantaggi e degli svantaggi rivelandosi più o meno adatti in
determinate situazioni.

Pertanto, un alimentatore per essere considerato affidabile deve rispettare questi punti:
   1. fornire una tensione costante e pulita in ogni condizione, a vuoto e a carico;
   2. il suo funzionamento non deve essere condizionato da inconvenienti sulla rete
      elettrica;
   3. non deve essere condizionato da fattori ambientali quali la temperatura
      dell’ambiente o da interferenze elettromagnetiche;
   4. deve compiere il suo lavoro con la massima efficienza;
   5. deve garantire sicurezza in caso di malfunzionamenti.

Analisi di un alimentatore

In precedenza sono state illustrate le parti fondamentali di un alimentatore; ora
procediamo con un’analisi più approfondita.

Il trasformatore
Il trasformatore è una macchina elettrica statica che permette di variare il valore di
tensione di una corrente alternata. E’ costituito da due avvolgimenti di filo conduttore
avvolti su un nucleo ferromagnetico che vengono detti primario (a cui viene fornita energia
dalla rete elettrica) e secondario (da cui viene prelevata l’energia da fornire al circuito
dell’alimentatore). Il trasferimento di energia tra i due avvolgimenti avviene per induzione
magnetica. Si crea così un flusso magnetico variabile nel tempo con andamento
sinusoidale, che induce nel secondario una tensione sinusoidale con valore massimo
attenuato rispetto alla tensione sul primario. Quindi, lo scopo principale del trasformatore è
quello di fornire in uscita una tensione alternata attenuata rispetto a quella di rete.
La tensione prodotta sul secondario è proporzionale al rapporto spire tra gli avvolgimenti di
primario e secondario. In particolare:
                                         Vp Np
                                           =
                                         Vs Ns
Dove Vp è la tensione sul primario, Vs la tensione sul secondario, Np il numero di spire
del primario ed Ns il numero di spire del secondario. Pertanto, cambiando il rapporto
spire è possibile variare la tensione Vs .
Nella costruzione di un’apparecchiatura elettronica è di fondamentale importanza valutare
l’ingombro prodotto da ogni componente utilizzato, e il trasformatore non fa eccezione. Ciò
che fa variare le dimensioni di questo componente è la potenza, espressa in VA (Volt
-Ampere). Maggiore è la potenza nominale, maggiore sarà lo spazio richiesto dal
trasformatore.
I parametri caratteristici di un trasformatore sono:
     1. tensione sul primario, Vp [V];
     2. tensione sul secondario, Vs [V];
     3. corrente sul secondario, Is [V];
     4. potenza sul secondario, Ps [VA].
I trasformatori possono avere più primari e secondari, con tensioni diverse uno dall’altro.
Modello molto comune nel campo dell’elettronica, è il trasformatore a doppio primario che
                                              2
permette di avere tensioni, ad esempio, di 110 [V] C.A. oppure 220 [V] C.A. al primario,
rendendo quindi idoneo il trasformatore all’utilizzo in tutto il mondo. Oppure è possibile
avere trasformatori a singolo primario, ma con secondari a tensioni diverse che possono
essere collegati sia in serie che in parallelo.
Il trasformatore dovrà essere dimensionato in modo da fornire una potenza del 20%
superiore a quella richiesta.




Figura 2: trasformatore a due avvolgimenti e principio di funzionamento.

Rettificatore
Il rettificatore permette di avere, a fronte di una tensione alternata, una tensione
unidirezionale in uscita, modificando quindi la forma d’onda del segnale d’ingresso.
L’ampiezza del segnale viene mantenuta invariata se non per una piccola caduta dovuta
alle caratteristiche del componente stesso. Come rettificatori, sono comunemente
impiegati i diodi che, proprio per le loro caratteristiche, conducono solo quando ai loro capi
è presente una certa tensione (che dipende dal materiale semiconduttore) detta “tensione
di soglia “ che assume valori tra i 0,6 – 0,7 [V].




Figura 3: caratteristica diretta di un diodo reale (sinistra) ed ideale (destra).
Come rettificatore può essere utilizzato un singolo diodo per ottenere in uscita una singola
semionda (positiva o negativa) oppure un ponte di Graetz che permette di avere in uscita
una doppia semionda.




                                                          3
Figura 4: raddrizzatore a singola semionda.




Figura 5: forma d’onda del segnale d’uscita VOUT.




Figura 6: raddrizzatore a doppia semionda con ponte di Graetz e condensatore di filtro.




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Figura 7: forma d’onda del segnale d’uscita VOUT (tensione non filtrata dal condensatore C1).

Filtro
Il filtro permette di livellare la tensione in uscita dal raddrizzatore ottenendo una tensione
continua a valore costante nel tempo a cui si somma una componente alternata.
Per compiere questa operazione viene impiegato un condensatore elettrolitico polarizzato,
con capacità dell’ordine delle migliaia di μF.
Lo scopo del condensatore è quello di filtrare la componente alternata da quella continua.
Quest’ultima, non potendo passare dal condensatore, va direttamente al carico.




Figura 8: forma d’onda del segnale d’uscita VOUT (vedi figura 6); tensione filtrata dal condensatore C1.

La tensione ottenuta è pressoché continua (escludendo la fase transitoria di carica del
condensatore) a cui si somma una componente alternata detta tensione di ripple. Il ripple
è una componente residua della tensione di rete rettificata e filtrata e può costituire un
fattore di disturbo nel caso si volesse alimentare circuiti che richiedono una tensione
perfettamente livellata. Pertanto un alimentatore che fornisce in uscita un ripple molto
basso è un buon alimentatore. Per eliminare il ripple, il condensatore dovrebbe avere un
tempo di scarica praticamente infinito. Essendo τ = RC (dove R è la resistenza e C la
capacità del condensatore), e il tempo di scarica pari a 5 τ , l’unico modo per aumentare
questo tempo è quello di avere un condensatore sufficientemente grande. Pertanto, posso
imporre in fase di progetto il ripple massimo che voglio avere e calcolare il valore di
capacità del condensatore secondo la formula :
                                              I∆t
                                           C=
                                              ∆V
dove I è la corrente richiesta dal carico, ∆t è il periodo della tensione (dipende dalla
tensione di alimentazione e da come questa viene rettificata) e ∆V è il valore di ripple
massimo che voglio ottenere.


                                                      5
In generale, per ogni stabilizzatore utilizzato nell’alimentatore si impiega un condensatore
di filtro (opportunamente calcolato) per ognuno.
Il tipo di condensatore dipende dalla tensione di lavoro e dalla capacità richiesta, ma come
detto prima si utilizzano condensatori elettrolitici polarizzati.

Stabilizzatore
Lo stabilizzatore è il componente che permette di avere sull’uscita dell’alimentatore una
tensione continua e stabile nel tempo. E’ sicuramente il componente che richiede la
maggior attenzione in fase di progettazione e, a seconda del tipo di stabilizzatore, è
necessario progettare il circuito in maniera diversa. Come detto nelle prime righe, il tipo di
alimentatore che si utilizza dipende dallo stabilizzatore impiegato nel circuito.
Gli stabilizzatori si suddividono in due famiglie, stabilizzatori di tipo lineare e stabilizzatori
di tipo switching.

Stabilizzatori lineari
Uno stabilizzatore lineare è un circuito integrato che permette di avere in uscita una
tensione continua di valore minore rispetto a quella d’ingresso. E’ un componente le cui
caratteristiche sono:
    1. basso costo;
    2. facilità d’uso;
    3. necessità di pochi componenti esterni;
    4. presenza di tre terminali.
Gli stabilizzatori lineari hanno al loro interno una circuiteria che permette di monitorare la
tensione di uscita e regolare la corrente erogata (secondo le richieste del carico) in modo
da mantenere la tensione di uscita costante.
Gli stabilizzatori lineari sono divisi in due grandi famiglie:
    1. LM78xx/LM79xx;
    2. LM317
I primi a loro volta si distinguono in base alle tensioni di uscita e, a parità di tensione, in
base alle correnti erogate. Le famiglie LM78/LM79 danno in uscita un valore di tensione
indicato nella sigla del componente(le due cifre dopo il 78 o il 79). Gli LM317 permettono
di avere un grande range di tensioni di uscita utilizzando un partitore di tensione resistivo.
In generale, per scegliere lo stabilizzatore lineare adatto si deve tenere conto di tre fattori:
    1. corrente massima richiesta dal carico;
    2. tensione in uscita dal secondario del trasformatore;
    3. tensione in uscita necessaria al carico.
Gli stabilizzatori lineari, inoltre, hanno una serie di circuiti di controllo al loro interno che
permettono di non avere guasti in caso di condizioni di lavoro particolarmente estreme
(come forte richiesta di corrente da parte del carico oppure alte temperature di esercizio).
In particolare, i due circuiti di protezione sono:
    1. thermal shutdown;
    2. current limiting;
Gli stabilizzatori garantiscono un corretto funzionamento solo quando si trovano in
determinate condizioni. Se queste condizioni non dovessero più sussistere, i circuiti di
protezione fanno in modo che il componente non si rompa. Ad esempio, se la corrente
dovesse superare il valore massimo previsto, il current limiting la porterà al valore
massimo prefissato, mentre, se la temperatura dovesse alzarsi in maniera eccessiva, il
thermal shutdown ridurrà la corrente erogata per abbassare la dissipazione termica.




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Famiglia LM78/79xx
Famiglia di stabilizzatori lineari che forniscono tensioni positive in uscita rispetto a massa.
Disponibili in diversi tipi di package (il contenitore esterno), sono in grado di fornire
tensioni di +5[V] (LM7805), +12[V] (LM7812) e +15[V] (LM7815). Per distinguere i
componenti di questa famiglia, è necessario tener conto della sigla stampigliata sul
package:
                                          Sigla che indica la corrente
     LM 78       12      CT               erogata in uscita e il package
                                          utilizzato.
                                                                     Corrente erogata
                             Numero che indica la                    L = 100[mA];
                             tensione in uscita.                     M = 500[mA];
                                                                     C = 1 [A]
     Sigla che indica la famiglia dello
     stabilizzatore.                                              Package
                                                                  T = TO-220;
                                                                  K = TO-3

Parametri da prendere in considerazione quando si opera con questi stabilizzatori:
    1. Vs = Vi − Vu (tensione di drop-out);
    2. Pd = (Vi − Vu ) ⋅ Iu (potenza dissipata dal componente);
    3. Vimin = Vout + Vdrop − out (minima tensione in ingresso).
Gli stabilizzatori della famiglia LM79xx hanno le stesse caratteristiche di quelli della 78, ma
forniscono in uscita tensioni negative rispetto a massa.
Con questi integrati è utile collegare tra i terminali d’ingresso e d’uscita e la massa, due
condensatori da 100[nF] che permettono di filtrare eventuali disturbi. Inoltre tra ingresso ed
uscita è utile porre un diodo 1N4007 (che sopporta correnti di massimo 1[A]) per
proteggere l’integrato in caso di malfunzionamento.

Stabilizzatori switching
Gli stabilizzatori switching sono anche loro circuiti integrati che forniscono una tensione
continua ad un carico con l’ausilio di una rete LC. La loro particolarità è quella di non avere
un funzionamento continuo ma di commutare (e da qui il nome switching) e in maniera
molto frequente (frequenze di switching comprese tra 50 e 150 [kHz])in modo da
comandare dinamicamente un transistor di potenza al suo interno. Gli stabilizzatori
switching sono più versatili dei lineari perché possono fornire in uscita una tensione:
    1. Vu >Vi (configurazione “step-up”);
    2. Vu < Vi (configurazione “step-down”);
    3. Vu = -Vi (configurazione invertente).
La tensione di uscita può raggiungere un massimo di 40[V] mentre la corrente fornita in
uscita varia da 0,1 a 3[A], a seconda del package. Per garantire risultati apprezzabili, gli
l4960 devono lavorare assieme ad alcuni componenti che sono:
    1. un diodo Schottky;
    2. un’induttanza;
    3. una capacità di filtro sull’uscita.
Come detto prima, gli switching fanno commutare un transistor che viene fatto lavorare
come un interruttore che può essere quindi in OFF (aperto) o in ON (chiuso), permettendo
quindi di far circolare o meno la corrente nel resto del circuito. Essendo l’elemento serie
(cioè il transistor) sempre in conduzione(quindi con una caduta ai suoi capi praticamente


                                               7
nulla) o non in conduzione (quindi non attraversato da corrente), il 4960 dissipa una
potenza estremamente bassa che non dipende dalle tensioni Vi e Vu .
Principi di funzionamento
Prendiamo in esame alcuni punti:
    1. lo stato ON-OFF del transistor viene determinato da un circuito di controllo
       composto da amplificatore di errore, da un comparatore e da un oscillatore.
    2. Quando il transistor è in saturazione (ON), la corrente scorre dal generatore al
       carico attraverso l’induttanza che accumula energia. Allo stesso tempo si carica
       anche il condensatore.
    3. Quando il transistor è interdetto (OFF), la corrente scorre nell’induttanza e nel diodo
       con l’induttanza che fornisce l’energia da lui accumulata alla rete RC di uscita. In
       questa fase l’energia dell’induttanza cala.
    4. L’induttanza non ha più energia e non ne richiede, ora solo il condensatore si
       scarica sul carico.




Figura 9: configurazione step-down; percorso della corrente con interruttore chiuso e interruttore aperto.

PWM – Pulse Width Modulation
A controllare il transistor è il modulatore a larghezza d’impulsi, una delle parti più
complesse di un regolatore switching. Il modulatore consiste in un oscillatore che genera
una forma d’onda a dente di sega, da un amplificatore d’errore e da un comparatore. La
frequenza del dente di sega può essere cambiata a seconda dei valori di resistenza e
condensatore collegati in parallelo al pin 5 del componente (il piedino dell’oscillatore dove
è possibile, mediante un oscilloscopio, rilevare il dente di sega).
L’amplificatore d’errore compara la tensione di feedback (prelevata dall’uscita) con una di
riferimento ( Vref ) fissata da un diodo Zener a 5 [V]. L’uscita dell’amplificatore d’errore
viene comparata con il dente di sega e, quando la tensione è maggiore di quella all’uscita
dell’oscillatore, l’uscita del comparatore si porta ad “1” logico. In questo caso il transistor
(cioè l’interruttore), viene messo in ON. Quando invece l’uscita del comparatore è uno “0”
logico, l’interruttore viene posto in OFF.
Se la tensione di uscita del circuito tende ad essere maggiore della Vref , la tensione
d’uscita dell’amplificatore d’errore calerà facendo decrementare il tempo in cui l’uscita del
comparatore si porta ad “1” logico. In questo modo il duty cycle (D.C.) dell’interruttore si
riduce e così anche la tensione di uscita dell’alimentatore.
Pertanto, regolando il duty cycle è possibile variare la tensione all’uscita dell’alimentatore
e l’energia fornita all’induttanza L. In concreto:
                                       Vout = Vi ⋅ D.C.
                Ton
dove D.C. =
                 T
con Ton = tempo in cui il livello logico assume valore “1” e T pari al periodo dell’oscillatore.

                                                      8
Figura 10: principio di funzionamento del modulatore a larghezza d’impulsi (PWM).

Piedinatura del 4960
Il 4960 è più complesso rispetto agli integrati della famiglia LM78/79, in quanto fornito di
sette pin:




Figura 11: vista dall’alto del 4960 e rispettiva piedinatura.

    1. pin d’ingresso: da dove viene prelevata la tensione proveniente dal filtro;
    2. pin del feedback: il segnale di feedback prelevato dall’uscita arriva qui;
    3. frequency compensation pin: viene collegato a massa tramite una rete RC che
       determina alcune caratteristiche del loop di regolazione;
    4. pin di massa: collega il componente alla massa;
    5. pin dell’oscillatore: una rete RC collegata in parallelo a questo pin permette di
       regolare la frequenza di switching del componente;
    6. pin soft start: un condensatore tra il pin e la massa determina la costante di tempo
       del soft – start (transitorio di carica all’accensione);
    7. pin d’uscita.


                                                         9
Per concludere il discorso sugli stabilizzatori, elenchiamo in breve a quali situazioni si
adattano meglio i due tipi di stabilizzatore.
                 LINEARI                        SWITCHING
     Adatti a:                        Adatti a:
       1. Basse potenze;                1. Potenze elevate;
       2. Bassa Vi .                    2. Vi elevata.
     Vantaggi:                        Vantaggi:
       1. Pochi componenti richiesti;   1. Elevato rendimento;
       2. Facilità di montaggio.        2. Possibilità di realizzare
                                             molti tipi di alimentatore.

Il carico
Altro elemento da tenere a mente durante la progettazione di un alimentatore è proprio il
carico. Quest’ultimo, infatti, determina le correnti in gioco all’interno dell’alimentatore,
nonché quale tipo di stabilizzatore è conveniente utilizzare.


Il progetto
Dopo aver analizzato le parti più importanti di un alimentatore, è giunto il momento di
prendere in considerazione l’alimentatore realizzato a scuola.

Trasformatore
Il trasformatore utilizzato nel nostro progetto è un trasformatore con rapporto 220/15
(quindi 220 [V] efficaci sul primario e 15[V] efficaci sul secondario). Questa configurazione
permette di avere in uscita una Vs max (tensione massima sul secondario) pari a:
                                   Vs max = Vs eff ⋅ 2
nel nostro caso: Vs max = 15 ⋅ 2 = 21,15[V ]

Raddrizzatore
Vengono utilizzati due ponti di diodi, uno da 3[A] che rettifica la tensione in ingresso allo
stabilizzatore switching (il 4960 ha I out max = 2.5 [A]) ed un altro, da 1[A], che rettifica la
tensione in ingresso ai due stabilizzatori lineari (entrambi gli LM hanno I out max = 1 [A]).
La tensione in uscita al ponte di diodi sarà:
                                    Vu = Vs max − 2 ⋅ VT
dove Vu è la tensione d’uscita del ponte di diodi e 2 ⋅ VT è la caduta del ponte di diodi (la
corrente deve passare per almeno due diodi per ogni semionda, quindi vengono sommate
le cadute di due diodi). 2 ⋅ VT può avere un valore di 1,2 – 1,4 [V] ( a seconda dei diodi
impiegati). Nel nostro caso: Vu = 21,15 − 1,4 = 19,75[V ] .
Inoltre, il ponte di diodi deve sopportare una tensione inversa pari al massimo valore della
tensione al secondario

Filtro
Ad ogni stabilizzatore impiegato nel circuito, viene dedicato un condensatore elettrolitico
polarizzato di filtro. Il valore della capacità viene fissato in base alla massima tensione di
ripple accettata, alla corrente richiesta dal carico e in base alla frequenza di
alimentazione(che determina il periodo). Per cui:



                                                 10
I∆t
                                       C=
                                                 ∆V
 ∆V , il valore della tensione di ripple, è la differenza tra la Vu del ponte di diodi e la Vimin
dello stabilizzatore. Pertanto, ∆V potrà essere al massimo:
                                        ∆V = Vu - Vimin
nel nostro caso: ∆V =19,75 – 14,5 = 5,25 [V].
Il valore della capacità C risulterà essere:
                                        1 ⋅ 10 ⋅ 10 −3
                                    C=                 = 1905 [μF]
                                             5,25
si sceglierà quindi il valore commerciale di 2200[μF].
La scelta in questo caso è condizionata dai due stabilizzatori lineari che hanno come Vimin
14,6[V]. Lo switching non pone problemi, in quanto la sua Vimin è di 9[V]. Per comodità, si
decide di impiegare tre capacità di valore identico.

Stabilizzatore
Come stabilizzatori sono impiegati:
   1. Un l4960 come switching per fornire +5[V] in uscita con un massimo di 2,5[A];
   2. Un LM7812CT per fornire +12[V] in uscita con un massimo di 1[A];
   3. Un LM7912CT per fornire -12[V] in uscita con un massimo di 1[A].

Oltre a questi elementi, nel circuito da noi realizzati sono impiegati:
    1. Una vaschetta 5x2 ed una morsettiera 6x1 per prelevare tensione dal trasformatore
       e fornire la tensione continua in uscita;
    2. LED di tre colori diversi per segnalare il corretto funzionamento dell’alimentatore.
       L’accensione dei LED segnala la presenza o meno delle tensioni da portare sulle
       uscite.

Il problema termico
Dissipare energia vuol dire anche dissipare calore. E’ questo il motivo per cui nessuna
macchina potrà mai avere un rendimento pari a 1. Il calore dissipato è quindi una perdita e
per di più abbassa il rendimento della macchina stessa. Non fanno eccezione i
componenti elettronici che, attraversati da corrente, emettono calore per effetto Joule (
 PD = R ⋅ I 2 ). In particolare le resistenze e tutti i componenti a semiconduttore, (i diodi, gli
stabilizzatori) emettono calore.
In alcuni casi il calore dissipato non provoca grossi problemi di funzionamento ma, anzi,
viene impiegato in maniera utile (come negli asciugacapelli o nei forni di vecchio tipo),
mentre in altri casi provoca dei problemi. Ad esempio, gli stabilizzatori superata una certa
temperatura interna smettono di funzionare correttamente, non garantendo un’adeguata
performance. Soprattutto, se il calore non viene disperso in maniera efficace, la giunzione
a semiconduttore può anche rompersi.
La potenza dissipata dal componente è data dalla formula:
                                                      ∆T
                                              PD =
                                                    Rth ja
dove PD è la potenza dissipata, ∆T è la differenza tra la massima temperatura di
giunzione e la temperatura ambiente mentre Rth ja è la resistenza termica giunzione-
ambiente, somma di Rth jc (giunzione-case) con Rthca (case-ambiente). Se la resistenza è
la difficoltà della corrente a passare lungo un conduttore, la Rth esprime la difficoltà del
calore a disperdersi nell’ambiente.
                                                11
Ciò rappresenta un limite alle potenzialità del componente in questione in quanto il
problema della temperatura di giunzione non permette di sfruttare il componente al
massimo. La soluzione è quella di impiegare un dissipatore che sottrae calore al
dispositivo irradiandolo nell’ambiente. Pertanto, l’impiego di un dissipatore modifica la
Rthca aumentando la superficie radiante del case, tutto a vantaggio di una miglior
dispersione del calore. Il dissipatore verrà scelto in base a diversi fattori tra cui:
    1. la PD del dispositivo semiconduttore;
    2. la TJ max e Rth del dispositivo;
    3. la massima temperatura ambiente;
    4. la resistenza termica complessiva che si vuole ottenere.
L’impiego di un dissipatore comporta che:
                              Rth ja = Rth jc + Rthcd + Rthd
dove Rthcd è la resistenza termica case-dissipatore e Rthd è la resistenza termica del
dissipatore indicata dal costruttore.
                        T j max − Ta
Essendo Rth ja max =                 se Rth ja > Rth ja max allora è necessario un dissipatore la cui
                             PD
Rthd max = Rth ja max - Rth jc − Rthcd (1) ne consegue che la resistenza termica massima
consentita del dissipatore è il valore ottenuto dalla formula (1). Pertanto il dissipatore deve
avere una Rth di valore inferiore a Rth ja max o al massimo uguale a questo valore. Molto
spesso (soprattutto in campo informatico), viene spalmata una pasta termoconduttiva tra
case e dissipatore in modo da migliorare il contatto (favorendo quindi una miglior
dissipazione di calore) tra le due superfici.
Nel nostro circuito sono stati impiegati due tipi di dissipatore, un ML73 per il 4960 e due
ML26, uno per ciascun stabilizzatore lineare.

Il lavoro svolto
Il lavoro svolto in questi mesi si è articolato nelle seguenti fasi:




                                                   12
Del concetto di alimentatore e della trattazione teorica svolta in classe, ho ampiamente
parlato in precedenza. Analizziamo ora le altre fasi.
La realizzazione concreta del circuito è avvenuta realizzando per prima cosa lo schema
elettrico, poi da questo si è passati alla progettazione del circuito stampato, con il
posizionamento dei vari componenti e con il tracciamento (routing) delle piste e di tutti i
collegamenti necessari. Quindi, dopo aver verificato il tutto, si è passati alla stampa su
carta da lucido del master del circuito stampato. Tutti questi procedimenti sono stati svolti
utilizzando il software commerciale DXP 2004 della Altium.
Superata questa fase si è passati alla fotoincisione della basetta presensibilizzata di
vetronite mediante il bromografo presente a scuola; in questo modo è possibile rimuovere
il rame in eccesso mediante immersione della basetta stessa in una soluzione chimica. Si
è arrivati quindi al lavaggio della basetta dove si possono eliminare tutti i residui di rame,
cercando di far rimanere intatti i pad, le piste e i fill. Si è passati alla fase di montaggio con
la foratura dei pad e la saldatura di tutti i componenti necessari sulla basetta (eccetto il
trasformatore che, dato il suo ingombro, ha richiesto l’ausilio di un’altra basetta). Ultima
fase, prima di questa relazione conclusiva è il collaudo dell’alimentatore e l’effettuazione
delle misure a vuoto e a carico.

Le misure
Per effettuare le misure sono stati impiegati due strumenti; un multimetro ed un
oscilloscopio. I rilievi sono stati compiuti in alcuni punti del circuito rilevando valori di
tensione e forma d’onda in due condizioni; a vuoto e a carico. Questo perché un buon
alimentatore fornisce valori di tensione pressoché identici in entrambe le condizioni.
Le misure effettuate sono:
    1. tensione d’ingresso e di uscita degli stabilizzatori lineari;
    2. tensione d’ingresso, del dente di sega e dell’uscita dello stabilizzatore di tipo
        switching.
Le misure a carico sono state effettuate impiegando carichi resistivi da:
    1. 22[Ω] per i lineari;
    2. 10[Ω] per lo switching.
In questo modo, in entrambi i casi, viene fatta circolare una corrente approssimativamente
di 0,5[A].
I valori ottenuti con un multimetro FLUKE 73 sono:

LM7912
                                  A VUOTO[V]    A CARICO[V]
                          In         -17,32          -15,23
                         Out         -12,02          -12,08

LM7812
                                  A VUOTO[V]    A CARICO[V]
                          In         17,25           15,05
                         Out         11,84           11,87

L4960
                                 A VUOTO[V]     A CARICO[V]
                         In         12,53           9,74
                        Out          5,07           5,10
                        Osc         2,092           2,08


                                                13
Confrontando i dati dei tre stabilizzatori nelle due condizioni di lavoro, non si notano
anomalie a testimonianza del buon funzionamento. Tutti i valori rilevati rientrano nei limiti
previsti dai fogli tecnici.
Nel misure effettuate sul 4960, le tensioni misurate non sono perfettamente continue,
pertanto i valori rilevati sono i valori medi. In particolare si nota una differenza tra le Vin a
vuoto e a carico. A carico il ripple aumenta, perché la quantità di corrente richiesta è
maggiore quindi il valore medio e conseguentemente quello rilevato dal multimetro si
abbassa.

Le forme d’onda rilevate con oscilloscopio TEKTRONIX 2225 fanno parte della
documentazione allegata.

Conclusioni
Un lungo lavoro di cinque mesi ha permesso di comprendere le problematiche e le
esigenze legate alla progettazione di un alimentatore. E’ stato possibile capire come
funziona un alimentatore, quali siano i suoi componenti fondamentali e che ruolo giocano
questi ultimi sul risultato che si vuole ottenere. Inoltre è stato possibile realizzare un
semplice alimentatore in laboratorio, permettendoci di vedere in maniera tangibile ciò che
ci è stato detto durante le ore di teoria.

Appendice A: documentazione allegata

Di seguito viene riportata la lista della documentazione allegata:
    1. Schema elettrico.
    2. Lista dei componenti (Bill of materials).
    3. Diodo Schottky BYW80 - Data sheet della ST Microelectronics - presentazione del
       componente e alcune sue caratteristiche.
    4. Ponte di diodi KBL 10 da 3[A] - Data sheet Fairchild Semiconductor - presentazione
       del componente e alcune sue caratteristiche.
    5. Ponte di diodi WL04 da 1[A] - Data sheet EIC – presentazione del componente e
       caratteristiche elettriche.
    6. Stabilizzatore di tipo switching L4960 – Data sheet della ST Microelectronics -
       Descrizione, piedinatura, caratteristiche elettriche e descrizione del funzionamento.
    7. Famiglia regolatori lineari LM78XX - Data sheet National Semiconductor -
       Descrizione generale, caratteristiche elettriche del LM7812C.
    8. Famiglia regolatori lineari LM79XX - Data sheet National Semiconductor -
       Descrizione generale, caratteristiche elettriche del LM7912C.
    9. Forme d'onda ricavate con l'oscilloscopio durante la fase di misurazione.




                                                14

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  • 1. “REALIZZAZIONE DI UN ALIMENTATORE STABILIZZATO” Introduzione Ogni apparecchiatura elettronica, che sia un computer oppure un impianto stereo o una semplice calcolatrice, ha bisogno di un’alimentazione in corrente continua che arrivi da una batteria oppure da un alimentatore. Ma, esigenza ancora più importante è quella di avere un’alimentazione perfettamente regolata e ben filtrata che può essere fornita da un alimentatore stabilizzato in grado di soddisfare le richieste del circuito. Proprio questo è stato l’argomento di TDP nei primi mesi di scuola: comprendere l’esigenza di un’alimentazione stabilizzata e come questa può essere ottenuta. Questa relazione nasce con lo scopo di illustrare tutto il lavoro svolto in classe e nei laboratori, culminato con la vera e propria realizzazione di un alimentatore stabilizzato. Cos’è un alimentatore e a cosa serve Un alimentatore è un apparato elettrico che preleva energia dalla rete elettrica di distribuzione con lo scopo di fornire una tensione continua in uscita che sia sufficiente ed adatta ad alimentare un carico, con il massimo dell’efficienza possibile. Tutto ciò sembra abbastanza scontato ed ovvio ma in realtà, per ottenere il risultato cercato bisogna attraversare alcune fasi che saranno illustrate più avanti. L’alimentatore, inoltre, deve fornire alcune garanzie che facciano sì che in caso di guasti o malfunzionamenti, non vengano arrecati danni a persone o a cose. Del resto lavorare con 220 [V] C.A. non è certo cosa da poco. Com’è fatto un alimentatore Ogni alimentatore può essere scomposto in almeno quattro parti: 1. trasformatore; 2. rettificatore; 3. filtro; 4. stabilizzatore. In maniera molto semplice, queste quattro parti possono essere rappresentate mediante lo schema a blocchi seguente: Figura 1: schema a blocchi di un alimentatore stabilizzato. Da come si può vedere ogni stadio dell’alimentatore da un suo importante contributo; il trasformatore abbassa l’ampiezza della tensione di alimentazione, il raddrizzatore trasforma la corrente alternata in corrente continua eliminando, in questo caso, la semionda negativa, il condensatore filtra la tensione proveniente dal raddrizzatore abbassandone il ripple, mentre lo stabilizzatore la mantiene ad un valore pressoché fisso nel tempo. 1
  • 2. Tipologie di alimentatori Parlando di alimentatori stabilizzati, la classificazione viene fatta in base al tipo di stabilizzatore che viene utilizzato e generalmente ne vengono classificate due famiglie: 1. alimentatori stabilizzati di tipo lineare; 2. alimentatori stabilizzati di tipo switching. Ognuno porta con se dei vantaggi e degli svantaggi rivelandosi più o meno adatti in determinate situazioni. Pertanto, un alimentatore per essere considerato affidabile deve rispettare questi punti: 1. fornire una tensione costante e pulita in ogni condizione, a vuoto e a carico; 2. il suo funzionamento non deve essere condizionato da inconvenienti sulla rete elettrica; 3. non deve essere condizionato da fattori ambientali quali la temperatura dell’ambiente o da interferenze elettromagnetiche; 4. deve compiere il suo lavoro con la massima efficienza; 5. deve garantire sicurezza in caso di malfunzionamenti. Analisi di un alimentatore In precedenza sono state illustrate le parti fondamentali di un alimentatore; ora procediamo con un’analisi più approfondita. Il trasformatore Il trasformatore è una macchina elettrica statica che permette di variare il valore di tensione di una corrente alternata. E’ costituito da due avvolgimenti di filo conduttore avvolti su un nucleo ferromagnetico che vengono detti primario (a cui viene fornita energia dalla rete elettrica) e secondario (da cui viene prelevata l’energia da fornire al circuito dell’alimentatore). Il trasferimento di energia tra i due avvolgimenti avviene per induzione magnetica. Si crea così un flusso magnetico variabile nel tempo con andamento sinusoidale, che induce nel secondario una tensione sinusoidale con valore massimo attenuato rispetto alla tensione sul primario. Quindi, lo scopo principale del trasformatore è quello di fornire in uscita una tensione alternata attenuata rispetto a quella di rete. La tensione prodotta sul secondario è proporzionale al rapporto spire tra gli avvolgimenti di primario e secondario. In particolare: Vp Np = Vs Ns Dove Vp è la tensione sul primario, Vs la tensione sul secondario, Np il numero di spire del primario ed Ns il numero di spire del secondario. Pertanto, cambiando il rapporto spire è possibile variare la tensione Vs . Nella costruzione di un’apparecchiatura elettronica è di fondamentale importanza valutare l’ingombro prodotto da ogni componente utilizzato, e il trasformatore non fa eccezione. Ciò che fa variare le dimensioni di questo componente è la potenza, espressa in VA (Volt -Ampere). Maggiore è la potenza nominale, maggiore sarà lo spazio richiesto dal trasformatore. I parametri caratteristici di un trasformatore sono: 1. tensione sul primario, Vp [V]; 2. tensione sul secondario, Vs [V]; 3. corrente sul secondario, Is [V]; 4. potenza sul secondario, Ps [VA]. I trasformatori possono avere più primari e secondari, con tensioni diverse uno dall’altro. Modello molto comune nel campo dell’elettronica, è il trasformatore a doppio primario che 2
  • 3. permette di avere tensioni, ad esempio, di 110 [V] C.A. oppure 220 [V] C.A. al primario, rendendo quindi idoneo il trasformatore all’utilizzo in tutto il mondo. Oppure è possibile avere trasformatori a singolo primario, ma con secondari a tensioni diverse che possono essere collegati sia in serie che in parallelo. Il trasformatore dovrà essere dimensionato in modo da fornire una potenza del 20% superiore a quella richiesta. Figura 2: trasformatore a due avvolgimenti e principio di funzionamento. Rettificatore Il rettificatore permette di avere, a fronte di una tensione alternata, una tensione unidirezionale in uscita, modificando quindi la forma d’onda del segnale d’ingresso. L’ampiezza del segnale viene mantenuta invariata se non per una piccola caduta dovuta alle caratteristiche del componente stesso. Come rettificatori, sono comunemente impiegati i diodi che, proprio per le loro caratteristiche, conducono solo quando ai loro capi è presente una certa tensione (che dipende dal materiale semiconduttore) detta “tensione di soglia “ che assume valori tra i 0,6 – 0,7 [V]. Figura 3: caratteristica diretta di un diodo reale (sinistra) ed ideale (destra). Come rettificatore può essere utilizzato un singolo diodo per ottenere in uscita una singola semionda (positiva o negativa) oppure un ponte di Graetz che permette di avere in uscita una doppia semionda. 3
  • 4. Figura 4: raddrizzatore a singola semionda. Figura 5: forma d’onda del segnale d’uscita VOUT. Figura 6: raddrizzatore a doppia semionda con ponte di Graetz e condensatore di filtro. 4
  • 5. Figura 7: forma d’onda del segnale d’uscita VOUT (tensione non filtrata dal condensatore C1). Filtro Il filtro permette di livellare la tensione in uscita dal raddrizzatore ottenendo una tensione continua a valore costante nel tempo a cui si somma una componente alternata. Per compiere questa operazione viene impiegato un condensatore elettrolitico polarizzato, con capacità dell’ordine delle migliaia di μF. Lo scopo del condensatore è quello di filtrare la componente alternata da quella continua. Quest’ultima, non potendo passare dal condensatore, va direttamente al carico. Figura 8: forma d’onda del segnale d’uscita VOUT (vedi figura 6); tensione filtrata dal condensatore C1. La tensione ottenuta è pressoché continua (escludendo la fase transitoria di carica del condensatore) a cui si somma una componente alternata detta tensione di ripple. Il ripple è una componente residua della tensione di rete rettificata e filtrata e può costituire un fattore di disturbo nel caso si volesse alimentare circuiti che richiedono una tensione perfettamente livellata. Pertanto un alimentatore che fornisce in uscita un ripple molto basso è un buon alimentatore. Per eliminare il ripple, il condensatore dovrebbe avere un tempo di scarica praticamente infinito. Essendo τ = RC (dove R è la resistenza e C la capacità del condensatore), e il tempo di scarica pari a 5 τ , l’unico modo per aumentare questo tempo è quello di avere un condensatore sufficientemente grande. Pertanto, posso imporre in fase di progetto il ripple massimo che voglio avere e calcolare il valore di capacità del condensatore secondo la formula : I∆t C= ∆V dove I è la corrente richiesta dal carico, ∆t è il periodo della tensione (dipende dalla tensione di alimentazione e da come questa viene rettificata) e ∆V è il valore di ripple massimo che voglio ottenere. 5
  • 6. In generale, per ogni stabilizzatore utilizzato nell’alimentatore si impiega un condensatore di filtro (opportunamente calcolato) per ognuno. Il tipo di condensatore dipende dalla tensione di lavoro e dalla capacità richiesta, ma come detto prima si utilizzano condensatori elettrolitici polarizzati. Stabilizzatore Lo stabilizzatore è il componente che permette di avere sull’uscita dell’alimentatore una tensione continua e stabile nel tempo. E’ sicuramente il componente che richiede la maggior attenzione in fase di progettazione e, a seconda del tipo di stabilizzatore, è necessario progettare il circuito in maniera diversa. Come detto nelle prime righe, il tipo di alimentatore che si utilizza dipende dallo stabilizzatore impiegato nel circuito. Gli stabilizzatori si suddividono in due famiglie, stabilizzatori di tipo lineare e stabilizzatori di tipo switching. Stabilizzatori lineari Uno stabilizzatore lineare è un circuito integrato che permette di avere in uscita una tensione continua di valore minore rispetto a quella d’ingresso. E’ un componente le cui caratteristiche sono: 1. basso costo; 2. facilità d’uso; 3. necessità di pochi componenti esterni; 4. presenza di tre terminali. Gli stabilizzatori lineari hanno al loro interno una circuiteria che permette di monitorare la tensione di uscita e regolare la corrente erogata (secondo le richieste del carico) in modo da mantenere la tensione di uscita costante. Gli stabilizzatori lineari sono divisi in due grandi famiglie: 1. LM78xx/LM79xx; 2. LM317 I primi a loro volta si distinguono in base alle tensioni di uscita e, a parità di tensione, in base alle correnti erogate. Le famiglie LM78/LM79 danno in uscita un valore di tensione indicato nella sigla del componente(le due cifre dopo il 78 o il 79). Gli LM317 permettono di avere un grande range di tensioni di uscita utilizzando un partitore di tensione resistivo. In generale, per scegliere lo stabilizzatore lineare adatto si deve tenere conto di tre fattori: 1. corrente massima richiesta dal carico; 2. tensione in uscita dal secondario del trasformatore; 3. tensione in uscita necessaria al carico. Gli stabilizzatori lineari, inoltre, hanno una serie di circuiti di controllo al loro interno che permettono di non avere guasti in caso di condizioni di lavoro particolarmente estreme (come forte richiesta di corrente da parte del carico oppure alte temperature di esercizio). In particolare, i due circuiti di protezione sono: 1. thermal shutdown; 2. current limiting; Gli stabilizzatori garantiscono un corretto funzionamento solo quando si trovano in determinate condizioni. Se queste condizioni non dovessero più sussistere, i circuiti di protezione fanno in modo che il componente non si rompa. Ad esempio, se la corrente dovesse superare il valore massimo previsto, il current limiting la porterà al valore massimo prefissato, mentre, se la temperatura dovesse alzarsi in maniera eccessiva, il thermal shutdown ridurrà la corrente erogata per abbassare la dissipazione termica. 6
  • 7. Famiglia LM78/79xx Famiglia di stabilizzatori lineari che forniscono tensioni positive in uscita rispetto a massa. Disponibili in diversi tipi di package (il contenitore esterno), sono in grado di fornire tensioni di +5[V] (LM7805), +12[V] (LM7812) e +15[V] (LM7815). Per distinguere i componenti di questa famiglia, è necessario tener conto della sigla stampigliata sul package: Sigla che indica la corrente LM 78 12 CT erogata in uscita e il package utilizzato. Corrente erogata Numero che indica la L = 100[mA]; tensione in uscita. M = 500[mA]; C = 1 [A] Sigla che indica la famiglia dello stabilizzatore. Package T = TO-220; K = TO-3 Parametri da prendere in considerazione quando si opera con questi stabilizzatori: 1. Vs = Vi − Vu (tensione di drop-out); 2. Pd = (Vi − Vu ) ⋅ Iu (potenza dissipata dal componente); 3. Vimin = Vout + Vdrop − out (minima tensione in ingresso). Gli stabilizzatori della famiglia LM79xx hanno le stesse caratteristiche di quelli della 78, ma forniscono in uscita tensioni negative rispetto a massa. Con questi integrati è utile collegare tra i terminali d’ingresso e d’uscita e la massa, due condensatori da 100[nF] che permettono di filtrare eventuali disturbi. Inoltre tra ingresso ed uscita è utile porre un diodo 1N4007 (che sopporta correnti di massimo 1[A]) per proteggere l’integrato in caso di malfunzionamento. Stabilizzatori switching Gli stabilizzatori switching sono anche loro circuiti integrati che forniscono una tensione continua ad un carico con l’ausilio di una rete LC. La loro particolarità è quella di non avere un funzionamento continuo ma di commutare (e da qui il nome switching) e in maniera molto frequente (frequenze di switching comprese tra 50 e 150 [kHz])in modo da comandare dinamicamente un transistor di potenza al suo interno. Gli stabilizzatori switching sono più versatili dei lineari perché possono fornire in uscita una tensione: 1. Vu >Vi (configurazione “step-up”); 2. Vu < Vi (configurazione “step-down”); 3. Vu = -Vi (configurazione invertente). La tensione di uscita può raggiungere un massimo di 40[V] mentre la corrente fornita in uscita varia da 0,1 a 3[A], a seconda del package. Per garantire risultati apprezzabili, gli l4960 devono lavorare assieme ad alcuni componenti che sono: 1. un diodo Schottky; 2. un’induttanza; 3. una capacità di filtro sull’uscita. Come detto prima, gli switching fanno commutare un transistor che viene fatto lavorare come un interruttore che può essere quindi in OFF (aperto) o in ON (chiuso), permettendo quindi di far circolare o meno la corrente nel resto del circuito. Essendo l’elemento serie (cioè il transistor) sempre in conduzione(quindi con una caduta ai suoi capi praticamente 7
  • 8. nulla) o non in conduzione (quindi non attraversato da corrente), il 4960 dissipa una potenza estremamente bassa che non dipende dalle tensioni Vi e Vu . Principi di funzionamento Prendiamo in esame alcuni punti: 1. lo stato ON-OFF del transistor viene determinato da un circuito di controllo composto da amplificatore di errore, da un comparatore e da un oscillatore. 2. Quando il transistor è in saturazione (ON), la corrente scorre dal generatore al carico attraverso l’induttanza che accumula energia. Allo stesso tempo si carica anche il condensatore. 3. Quando il transistor è interdetto (OFF), la corrente scorre nell’induttanza e nel diodo con l’induttanza che fornisce l’energia da lui accumulata alla rete RC di uscita. In questa fase l’energia dell’induttanza cala. 4. L’induttanza non ha più energia e non ne richiede, ora solo il condensatore si scarica sul carico. Figura 9: configurazione step-down; percorso della corrente con interruttore chiuso e interruttore aperto. PWM – Pulse Width Modulation A controllare il transistor è il modulatore a larghezza d’impulsi, una delle parti più complesse di un regolatore switching. Il modulatore consiste in un oscillatore che genera una forma d’onda a dente di sega, da un amplificatore d’errore e da un comparatore. La frequenza del dente di sega può essere cambiata a seconda dei valori di resistenza e condensatore collegati in parallelo al pin 5 del componente (il piedino dell’oscillatore dove è possibile, mediante un oscilloscopio, rilevare il dente di sega). L’amplificatore d’errore compara la tensione di feedback (prelevata dall’uscita) con una di riferimento ( Vref ) fissata da un diodo Zener a 5 [V]. L’uscita dell’amplificatore d’errore viene comparata con il dente di sega e, quando la tensione è maggiore di quella all’uscita dell’oscillatore, l’uscita del comparatore si porta ad “1” logico. In questo caso il transistor (cioè l’interruttore), viene messo in ON. Quando invece l’uscita del comparatore è uno “0” logico, l’interruttore viene posto in OFF. Se la tensione di uscita del circuito tende ad essere maggiore della Vref , la tensione d’uscita dell’amplificatore d’errore calerà facendo decrementare il tempo in cui l’uscita del comparatore si porta ad “1” logico. In questo modo il duty cycle (D.C.) dell’interruttore si riduce e così anche la tensione di uscita dell’alimentatore. Pertanto, regolando il duty cycle è possibile variare la tensione all’uscita dell’alimentatore e l’energia fornita all’induttanza L. In concreto: Vout = Vi ⋅ D.C. Ton dove D.C. = T con Ton = tempo in cui il livello logico assume valore “1” e T pari al periodo dell’oscillatore. 8
  • 9. Figura 10: principio di funzionamento del modulatore a larghezza d’impulsi (PWM). Piedinatura del 4960 Il 4960 è più complesso rispetto agli integrati della famiglia LM78/79, in quanto fornito di sette pin: Figura 11: vista dall’alto del 4960 e rispettiva piedinatura. 1. pin d’ingresso: da dove viene prelevata la tensione proveniente dal filtro; 2. pin del feedback: il segnale di feedback prelevato dall’uscita arriva qui; 3. frequency compensation pin: viene collegato a massa tramite una rete RC che determina alcune caratteristiche del loop di regolazione; 4. pin di massa: collega il componente alla massa; 5. pin dell’oscillatore: una rete RC collegata in parallelo a questo pin permette di regolare la frequenza di switching del componente; 6. pin soft start: un condensatore tra il pin e la massa determina la costante di tempo del soft – start (transitorio di carica all’accensione); 7. pin d’uscita. 9
  • 10. Per concludere il discorso sugli stabilizzatori, elenchiamo in breve a quali situazioni si adattano meglio i due tipi di stabilizzatore. LINEARI SWITCHING Adatti a: Adatti a: 1. Basse potenze; 1. Potenze elevate; 2. Bassa Vi . 2. Vi elevata. Vantaggi: Vantaggi: 1. Pochi componenti richiesti; 1. Elevato rendimento; 2. Facilità di montaggio. 2. Possibilità di realizzare molti tipi di alimentatore. Il carico Altro elemento da tenere a mente durante la progettazione di un alimentatore è proprio il carico. Quest’ultimo, infatti, determina le correnti in gioco all’interno dell’alimentatore, nonché quale tipo di stabilizzatore è conveniente utilizzare. Il progetto Dopo aver analizzato le parti più importanti di un alimentatore, è giunto il momento di prendere in considerazione l’alimentatore realizzato a scuola. Trasformatore Il trasformatore utilizzato nel nostro progetto è un trasformatore con rapporto 220/15 (quindi 220 [V] efficaci sul primario e 15[V] efficaci sul secondario). Questa configurazione permette di avere in uscita una Vs max (tensione massima sul secondario) pari a: Vs max = Vs eff ⋅ 2 nel nostro caso: Vs max = 15 ⋅ 2 = 21,15[V ] Raddrizzatore Vengono utilizzati due ponti di diodi, uno da 3[A] che rettifica la tensione in ingresso allo stabilizzatore switching (il 4960 ha I out max = 2.5 [A]) ed un altro, da 1[A], che rettifica la tensione in ingresso ai due stabilizzatori lineari (entrambi gli LM hanno I out max = 1 [A]). La tensione in uscita al ponte di diodi sarà: Vu = Vs max − 2 ⋅ VT dove Vu è la tensione d’uscita del ponte di diodi e 2 ⋅ VT è la caduta del ponte di diodi (la corrente deve passare per almeno due diodi per ogni semionda, quindi vengono sommate le cadute di due diodi). 2 ⋅ VT può avere un valore di 1,2 – 1,4 [V] ( a seconda dei diodi impiegati). Nel nostro caso: Vu = 21,15 − 1,4 = 19,75[V ] . Inoltre, il ponte di diodi deve sopportare una tensione inversa pari al massimo valore della tensione al secondario Filtro Ad ogni stabilizzatore impiegato nel circuito, viene dedicato un condensatore elettrolitico polarizzato di filtro. Il valore della capacità viene fissato in base alla massima tensione di ripple accettata, alla corrente richiesta dal carico e in base alla frequenza di alimentazione(che determina il periodo). Per cui: 10
  • 11. I∆t C= ∆V ∆V , il valore della tensione di ripple, è la differenza tra la Vu del ponte di diodi e la Vimin dello stabilizzatore. Pertanto, ∆V potrà essere al massimo: ∆V = Vu - Vimin nel nostro caso: ∆V =19,75 – 14,5 = 5,25 [V]. Il valore della capacità C risulterà essere: 1 ⋅ 10 ⋅ 10 −3 C= = 1905 [μF] 5,25 si sceglierà quindi il valore commerciale di 2200[μF]. La scelta in questo caso è condizionata dai due stabilizzatori lineari che hanno come Vimin 14,6[V]. Lo switching non pone problemi, in quanto la sua Vimin è di 9[V]. Per comodità, si decide di impiegare tre capacità di valore identico. Stabilizzatore Come stabilizzatori sono impiegati: 1. Un l4960 come switching per fornire +5[V] in uscita con un massimo di 2,5[A]; 2. Un LM7812CT per fornire +12[V] in uscita con un massimo di 1[A]; 3. Un LM7912CT per fornire -12[V] in uscita con un massimo di 1[A]. Oltre a questi elementi, nel circuito da noi realizzati sono impiegati: 1. Una vaschetta 5x2 ed una morsettiera 6x1 per prelevare tensione dal trasformatore e fornire la tensione continua in uscita; 2. LED di tre colori diversi per segnalare il corretto funzionamento dell’alimentatore. L’accensione dei LED segnala la presenza o meno delle tensioni da portare sulle uscite. Il problema termico Dissipare energia vuol dire anche dissipare calore. E’ questo il motivo per cui nessuna macchina potrà mai avere un rendimento pari a 1. Il calore dissipato è quindi una perdita e per di più abbassa il rendimento della macchina stessa. Non fanno eccezione i componenti elettronici che, attraversati da corrente, emettono calore per effetto Joule ( PD = R ⋅ I 2 ). In particolare le resistenze e tutti i componenti a semiconduttore, (i diodi, gli stabilizzatori) emettono calore. In alcuni casi il calore dissipato non provoca grossi problemi di funzionamento ma, anzi, viene impiegato in maniera utile (come negli asciugacapelli o nei forni di vecchio tipo), mentre in altri casi provoca dei problemi. Ad esempio, gli stabilizzatori superata una certa temperatura interna smettono di funzionare correttamente, non garantendo un’adeguata performance. Soprattutto, se il calore non viene disperso in maniera efficace, la giunzione a semiconduttore può anche rompersi. La potenza dissipata dal componente è data dalla formula: ∆T PD = Rth ja dove PD è la potenza dissipata, ∆T è la differenza tra la massima temperatura di giunzione e la temperatura ambiente mentre Rth ja è la resistenza termica giunzione- ambiente, somma di Rth jc (giunzione-case) con Rthca (case-ambiente). Se la resistenza è la difficoltà della corrente a passare lungo un conduttore, la Rth esprime la difficoltà del calore a disperdersi nell’ambiente. 11
  • 12. Ciò rappresenta un limite alle potenzialità del componente in questione in quanto il problema della temperatura di giunzione non permette di sfruttare il componente al massimo. La soluzione è quella di impiegare un dissipatore che sottrae calore al dispositivo irradiandolo nell’ambiente. Pertanto, l’impiego di un dissipatore modifica la Rthca aumentando la superficie radiante del case, tutto a vantaggio di una miglior dispersione del calore. Il dissipatore verrà scelto in base a diversi fattori tra cui: 1. la PD del dispositivo semiconduttore; 2. la TJ max e Rth del dispositivo; 3. la massima temperatura ambiente; 4. la resistenza termica complessiva che si vuole ottenere. L’impiego di un dissipatore comporta che: Rth ja = Rth jc + Rthcd + Rthd dove Rthcd è la resistenza termica case-dissipatore e Rthd è la resistenza termica del dissipatore indicata dal costruttore. T j max − Ta Essendo Rth ja max = se Rth ja > Rth ja max allora è necessario un dissipatore la cui PD Rthd max = Rth ja max - Rth jc − Rthcd (1) ne consegue che la resistenza termica massima consentita del dissipatore è il valore ottenuto dalla formula (1). Pertanto il dissipatore deve avere una Rth di valore inferiore a Rth ja max o al massimo uguale a questo valore. Molto spesso (soprattutto in campo informatico), viene spalmata una pasta termoconduttiva tra case e dissipatore in modo da migliorare il contatto (favorendo quindi una miglior dissipazione di calore) tra le due superfici. Nel nostro circuito sono stati impiegati due tipi di dissipatore, un ML73 per il 4960 e due ML26, uno per ciascun stabilizzatore lineare. Il lavoro svolto Il lavoro svolto in questi mesi si è articolato nelle seguenti fasi: 12
  • 13. Del concetto di alimentatore e della trattazione teorica svolta in classe, ho ampiamente parlato in precedenza. Analizziamo ora le altre fasi. La realizzazione concreta del circuito è avvenuta realizzando per prima cosa lo schema elettrico, poi da questo si è passati alla progettazione del circuito stampato, con il posizionamento dei vari componenti e con il tracciamento (routing) delle piste e di tutti i collegamenti necessari. Quindi, dopo aver verificato il tutto, si è passati alla stampa su carta da lucido del master del circuito stampato. Tutti questi procedimenti sono stati svolti utilizzando il software commerciale DXP 2004 della Altium. Superata questa fase si è passati alla fotoincisione della basetta presensibilizzata di vetronite mediante il bromografo presente a scuola; in questo modo è possibile rimuovere il rame in eccesso mediante immersione della basetta stessa in una soluzione chimica. Si è arrivati quindi al lavaggio della basetta dove si possono eliminare tutti i residui di rame, cercando di far rimanere intatti i pad, le piste e i fill. Si è passati alla fase di montaggio con la foratura dei pad e la saldatura di tutti i componenti necessari sulla basetta (eccetto il trasformatore che, dato il suo ingombro, ha richiesto l’ausilio di un’altra basetta). Ultima fase, prima di questa relazione conclusiva è il collaudo dell’alimentatore e l’effettuazione delle misure a vuoto e a carico. Le misure Per effettuare le misure sono stati impiegati due strumenti; un multimetro ed un oscilloscopio. I rilievi sono stati compiuti in alcuni punti del circuito rilevando valori di tensione e forma d’onda in due condizioni; a vuoto e a carico. Questo perché un buon alimentatore fornisce valori di tensione pressoché identici in entrambe le condizioni. Le misure effettuate sono: 1. tensione d’ingresso e di uscita degli stabilizzatori lineari; 2. tensione d’ingresso, del dente di sega e dell’uscita dello stabilizzatore di tipo switching. Le misure a carico sono state effettuate impiegando carichi resistivi da: 1. 22[Ω] per i lineari; 2. 10[Ω] per lo switching. In questo modo, in entrambi i casi, viene fatta circolare una corrente approssimativamente di 0,5[A]. I valori ottenuti con un multimetro FLUKE 73 sono: LM7912 A VUOTO[V] A CARICO[V] In -17,32 -15,23 Out -12,02 -12,08 LM7812 A VUOTO[V] A CARICO[V] In 17,25 15,05 Out 11,84 11,87 L4960 A VUOTO[V] A CARICO[V] In 12,53 9,74 Out 5,07 5,10 Osc 2,092 2,08 13
  • 14. Confrontando i dati dei tre stabilizzatori nelle due condizioni di lavoro, non si notano anomalie a testimonianza del buon funzionamento. Tutti i valori rilevati rientrano nei limiti previsti dai fogli tecnici. Nel misure effettuate sul 4960, le tensioni misurate non sono perfettamente continue, pertanto i valori rilevati sono i valori medi. In particolare si nota una differenza tra le Vin a vuoto e a carico. A carico il ripple aumenta, perché la quantità di corrente richiesta è maggiore quindi il valore medio e conseguentemente quello rilevato dal multimetro si abbassa. Le forme d’onda rilevate con oscilloscopio TEKTRONIX 2225 fanno parte della documentazione allegata. Conclusioni Un lungo lavoro di cinque mesi ha permesso di comprendere le problematiche e le esigenze legate alla progettazione di un alimentatore. E’ stato possibile capire come funziona un alimentatore, quali siano i suoi componenti fondamentali e che ruolo giocano questi ultimi sul risultato che si vuole ottenere. Inoltre è stato possibile realizzare un semplice alimentatore in laboratorio, permettendoci di vedere in maniera tangibile ciò che ci è stato detto durante le ore di teoria. Appendice A: documentazione allegata Di seguito viene riportata la lista della documentazione allegata: 1. Schema elettrico. 2. Lista dei componenti (Bill of materials). 3. Diodo Schottky BYW80 - Data sheet della ST Microelectronics - presentazione del componente e alcune sue caratteristiche. 4. Ponte di diodi KBL 10 da 3[A] - Data sheet Fairchild Semiconductor - presentazione del componente e alcune sue caratteristiche. 5. Ponte di diodi WL04 da 1[A] - Data sheet EIC – presentazione del componente e caratteristiche elettriche. 6. Stabilizzatore di tipo switching L4960 – Data sheet della ST Microelectronics - Descrizione, piedinatura, caratteristiche elettriche e descrizione del funzionamento. 7. Famiglia regolatori lineari LM78XX - Data sheet National Semiconductor - Descrizione generale, caratteristiche elettriche del LM7812C. 8. Famiglia regolatori lineari LM79XX - Data sheet National Semiconductor - Descrizione generale, caratteristiche elettriche del LM7912C. 9. Forme d'onda ricavate con l'oscilloscopio durante la fase di misurazione. 14