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Universit`a degli Studi di Trieste
Facolt`a di Psicologia
Corso di Laurea in
Discipline dello sviluppo psicologico e dell’istruzione
Classe 34 – Scienze e tecniche psicologiche
Tesi di Laurea in
Discipline dello sviluppo psicologico e
dell’istruzione
valutazione
dell’apprendimento in un
ambiente di geometria
dinamica
Laureanda: Relatore:
Nadia Sollazzo Chiar.mo Prof. Sergio Invernizzi
Correlatore:
Chiar.ma Prof.ssa Giovanna Maria Pelamatti
anno accademico 2004-2005
A tutti i bambini
ed ai miei genitori
viii
Indice
Prefazione xv
1 Introduzione 1
2 L’apprendimento 5
2.1 Definizione dell’apprendimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
2.2 I modi di apprendere a scuola . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
2.3 Il pensiero scientifico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
2.4 La teoria dell’attribuzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
2.5 L’attenzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
2.6 Il problem solving . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
3 Il progetto pilota 17
3.1 Fase preliminare di preparazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
3.2 Test 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
3.2.1 Metodo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
3.3 Test 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
3.3.1 Metodo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
3.4 La valutazione dei test . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
3.4.1 La tassonomia di Bloom . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
3.4.2 Il dataframe dei risultati del Test 1 . . . . . . . . . . . . 26
3.5 Conclusioni e discussione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
3.5.1 Il dataframe dei risultati del Test 2 . . . . . . . . . . . . 31
3.5.2 Analisi per genere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
3.5.3 Prospettive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34
ix
x INDICE
A Descrizione di CABRI G´EOM`ETRE 35
A.1 Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
A.2 Alcune caratteristiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37
B Test di Zazzo dei deux barrages 41
C Test di Amoretti et al. 45
D Descrizione dell’algoritmo 47
Elenco delle figure
3.1 Elaborati di un partecipante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
3.2 Boxplot dei tempi di esecuzione e degli indici di performance . . 30
3.3 Indice sintetico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
3.4 Indice sintetico per genere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
A.1 Una tipica finestra di cabri g´eom`etre . . . . . . . . . . . . . 36
D.1 Esempio di applicazione dell’algoritmo . . . . . . . . . . . . . . 49
D.2 Istogrammi. Numero di prove: 1000 . . . . . . . . . . . . . . . . 50
xi
xii ELENCO DELLE FIGURE
Elenco delle tabelle
3.1 Algoritmo per la suddivisione della popolazione . . . . . . . . . 22
3.2 Sommario numerico dell’indice PI . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
3.3 Tabella di contingenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
3.4 Suddivisione dei gruppi per genere . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
A.1 Cursori di cabri g´eom`etre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
xiii
Prefazione
Questo mio lavoro rappresenta l’epilogo di un progetto pilota avviato circa due
anni fa e presentato nella tesi di laurea della classe 34 della Dott.ssa Raffaella
Marin.
La peculiarit`a del presente lavoro `e stata, fin dall’inizio, grazie al contributo
offerto dalla Marin, la ricerca di un’analisi approfondita delle variabili psico-
biologiche relative all’argomento. Nel mio personale contributo mi prefiggo di
raggiungere un obiettivo applicativo e metodologico, seppur minato dai limiti
insiti nella complessit`a della materia in oggetto e dalla scarsit`a di contributi
in letteratura.
L’argomento riguarda l’uso delle nuove metodologie didattiche, in questo
caso l’apprendimento della geometria in un ambiente dinamico offerto da ca-
bri g´eom`etre. Molti insegnanti sono convinti che sia uno strumento utile ed
efficace per promuovere l’aquisizione della materia, ma ci sono poche evidenze
empiriche che lo dimostrino.
Nadia Sollazzo Settembre 2005
xv
xvi PREFAZIONE
Ringraziamenti
Ringraziamenti sentiti per:
Il Prof. Sergio Invernizzi, per il pregevole supporto che ha saputo offrire nel
faticoso percorso evolutivo che ha condotto alla realizzazione di questo lavoro
e per il sostegno infaticabile ricco di preziosi consigli e di meticoloso impegno.
Il Prof. Pier Paolo Battaglini, per l’appoggio ed i materiali forniti per la
stesura delle due tesi.
La Prof.ssa Lucia Lumbelli per alcuni utili colloqui e per la disponibilit`a
dimostrata.
La Prof.ssa Maria Giovanna Pelamatti per il suo sostegno . . . la sua pazien-
za, e per avermi indirizzato nel percorso del tirocinio.
La Prof.ssa Luciana Zuccheri, per avermi introdotto nel mondo di Cabri.
La Prof.ssa Gisella Paoletti, per avermi fornito di materiale prezioso.
La Prof.ssa Paola Gallopin, il Preside e tre allievi del Liceo Scientifico
“Galileo Galilei” di Trieste, per una prova preliminare ai fini della realizzazione
del progetto.
La Preside Prof.ssa Marina Rocco, le Proff.sse Patrizia Chiaratto, Laura
Relli, Claudia Passagnoli Cavicchi, il Prof. Livio Famiani, il personale ATA e
gli allievi delle sezioni A, C e D dell’Istituto comprensivo “Tiziana Weiss” di
Trieste.
La prof.ssa Gabriella Caristi ed il prof. Massimo Borelli, per la valutazione
degli elaborati.
Le Proff.sse Aurelia Orlandoni e Franca No`e dell’IRRE Emilia–Romagna
per utili colloqui e l’aver posto a disposizione del materiale didattico.
I Proff. Ferdinando Arzarello e Ornella Robutti dell’Universit`a di Torino
per aver suggerito questo lavoro.
La Dott.ssa Raffaella Marin per avermi consentito di capire come nella
vita si possono ottenere “grandi risultati con minimi sforzi”, prerogativa di
una mente sagace.
La mia famiglia per tutto il sostegno di cui mi ha fornito, ed in parico-
lare mia sorella Cinzia per avermi introdotto nell’affascinante mondo della
psicologia.
Mio cognato Pierto Scialpi, per avermi spronato e incoraggiato nei momenti
di difficolt`a.
xvii
I miei amici per sopportato le mie paturnie diurne e notturne, Alain, Ales-
sandra, Anna, David, Davide, Elisabetta, Elda, Giulia, Franck, Frosina, Marco,
Maria Grazia, Maria Luisa, Mario, Patrizia, Simone, Zoran.
La ditta Media Direct srl di Bassano del Grappa, per le licenze concesse a
me ed a Raffaella.
Il Dipartimento di Matematica e Informatica dell’Universit`a di Trieste
per l’uso delle strutture didattiche di editing, di stampa e di riproduzione
normalmente riservate agli studenti di matematica ed informatica.
xviii PREFAZIONE
Capitolo 1
Introduzione
La matematica `e uno degli sforzi pi`u profondi e pi`u belli del-
l’immaginazione in cui si siano impegnati gli esseri umani.
Tuttavia, molte delle sue bellezze e profondit`a sono state
inaccessibili ai non matematici, in quanto la maggior parte
della struttura cognitiva della matematica `e rimasta ignota
per molto tempo.
(Lakoff & Nu˜nez, 2000)
La Scuola italiana considera ormai “naturale” l’uso delle tecnologie infor-
matiche nell’insegnamento/apprendimento della matematica. Il volume Ma-
tematica 2003 [5], nato da una collaborazione fra il Ministero dell’Istruzione
dell’Universit`a e della Ricerca (Direzione Generale per la Formazione), l’Unio-
ne Matematica Italiana, la Societ`a Italiana di Statistica, e la societ`a Mathesis,
riporta in pi`u punti1
espliciti riferimenti all’uso di un software di geometria
dinamica. Altri riferimenti alla tecnologia riguardano l’uso dei software di
calcolo simbolico e delle calcolatrici grafiche programmabili.
Un’altra importante considerazione `e che la proposta di Matematica
1
Per esempio nelle tre attivit`a:
Esplorazione di figure piane: dalle congetture alla dimostrazione;
Origami, riga e compasso, software geometrico;
Attivit`a con software geometrico.
1
2 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE
2003 tiene esplicitamente conto (ed in un certo senso si fonda su) specifici
risultati delle scienze cognitive: scrive F. Arzarello nella Premessa:
Il bambino, e tanto pi`u il giovane, non `e una tabula rasa che acqui-
sisce i concetti matematici per pura astrazione. Le ricerche pi`u recenti
hanno provato che sono le esperienze ad attivare gli opportuni circuiti
cerebrali di cui l’essere umano gi`a dispone. Non si tratta di imporre una
matematica dall’esterno, ma di fare evolvere dall’interno la matematica
che vive nel nostro corpo. Quindi le intuizioni, le metafore concettuali
ecc. non sono un primo vago approccio ai concetti matematici, qualcosa
di ‘sporco’ e scorretto da fare sparire al pi`u presto, ma ne costituisco-
no un ingrediente fondamentale, che rimane anche a livelli estremi di
rigore. Conseguentemente, la matematica deve essere insegnata come
un’impresa umana (nel senso ampio di questo termine), non come qual-
cosa che va contro il nostro essere. Ci`o ha conseguenze importanti sia
rispetto a molte teorie didattiche sia rispetto al ruolo che i misconcetti
e gli errori possono giocare nell’apprendimento.
Il riferimento alla matematica “che vive nel nostro corpo” si connette con le
teorie dell’embodiment di Lakoff G. & Nu˜nez [28].2
2
Secondo questi autori, il contenuto intellettuale delle idee matematiche non risiede nel
linguaggio che viene utilizzato, o nei simboli, ma nelle idee umane. Compete alle scienze
cognitive e alle neuroscienze fare ci`o che la matematica da sola non pu`o fare: applicare le
scienze della mente alle idee matematiche. Come questo pu`o avvenire? Una delle scoper-
te pi`u importanti per quel che riguarda la scienza cognitiva `e che le nostre idee ricevono
forma dalle nostre esperienze corporee, attraverso il radicamento del nostro intero sistema
concettuale nella vita di tutti i giorni. Secondo queste teorie `e importante ri–orientare l’in-
segnamento delle matematica verso la comprensione delle idee matematiche e del perch´e i
teoremi sono veri.
La matematica `e un linguaggio adoperato dagli esseri umani, l’unico che conosciamo `e
limitata alla struttura del cervello umano e dalle capacit`a mentali umane (in questo caso si
mette da parte la metematica come era intesa da Platone). Il cervello e il corpo umano sono
evoluti insieme, in modo tale che il primo possa far funzionare il secondo in modo migliore.
Scoperte recenti, sulla natura della matematica (ed in particolare della comprensione della
matematica) evidenziano ci sia un embodiment della mente; la natura dettagliata dei nostri
corpi, dei cervelli e del nostro funzionamento quotidiano nel mondo, struttura i concetti e i
ragionamenti umani tra cui i concetti e i ragionamenti matematici. Una seconda scoperta
riguarda il pensiero metaforico; gli esseri umani concettualizzano i concetti astratti in ter-
mini concreti, utilizzando idee e modelli fondati sul sistema senso–motorio, il meccanismo
3
Peraltro l’introduzione della tecnologia nella didattica della matematica
offre ovvi vantaggi, ma pu`o dar luogo a nuovi tipi di errori nel pensiero
umano ([17], pp. 9–10); conseguentemente pu`o aprire nuovi campi di ricerca
interdisciplinari in psicologia, matematica ed informatica.
Questo lavoro nasce in questo ambito: seguendo un suggerimento di F. Ar-
zarello ed O. Robutti, si `e inteso proporre un’analisi dell’impatto che l’uso di un
software di geometria dinamica, in particolare il pi`u diffuso, cabri g´eom`etre,
pu`o avere sull’apprendimento della geometria.
Pi`u precisamente, il lavoro ha avuto origine da un incontro avvenuto a
Udine nell’aprile 2004 tra i proff. F. Arzarello ed O. Robutti dell’Universit`a di
Torino, P.P. Battaglini e S. Invernizzi dell’Universit`a di Trieste, e due laurean-
de in Psicologia,3
su un progetto di ricerca riguardante quel che “accade” nel
cervello di studenti impegnati in una sessione di geometria dinamica. I soft-
ware di geometria dinamica, per esempio cabri g´eom`etre, sono utilizzati
fin dal primo ciclo scolastico (6–14 anni). Essi introducono nello studio della
geometria euclidea, tipicamente “statica”, importanti fattori dinamici, quali il
movimento, sia di immagini che corporeo (per la manipolazione col il mouse),
e possono essere un interessante campo di indagine per le scienze cognitive [4].4
attraverso il quale l’astratto viene compreso in termini concreti `E la metafora concettuale.
`E un meccanismo cognitivo che permette di ragionare su un tipo di cose come se fossero
altre, non `e una mera figura retorica ma un sistema che appartiene al modo di ragionare;
tecnicamente metafora concettuale significa “mappa fondata che conserva l’inferenza tra i
domini”. Per esempio ci permette di usare la struttura inferenziale di un dominio concet-
tuale, come per esempio la geometria, per ragionare su un’altro dominio come l’aritmetica.
La metafora stratifica metafore su metafore, ed il compito dello scienziato cognitivo `e di
separarle in modo tale da rivelarne la struttura.
3
La gi`a laureata dott.ssa Raffaella Marin e la presente candidata.
4
Nel lavoro citato, gli autori enfatizzano in modo particolare il ruolo del trascinamento, o
dragging, particolare tecnica che consente di collegare il movimento biologico (della mano che
muove il mouse) a quello virtuale degli enti geometrici presenti sullo schermo (le animazioni
delle costruzioni geometriche). Tale tecnica sembra creare e promuovere dei processi di
controllo sull’azione e sugli effetti che si ottengono nella scoperta di regolarit`a e propriet`a
degli oggetti di studio. Queste pratiche possono essere spiegate attraverso un’evoluzione
cognitiva che parte dalla percezione per poi giungere alla formazione dei concetti astratti.
I meccanismi cognitivi individuati in questa evoluzione sono il processo ascendente, in cui
lo studente fa riferimento alla figura per poter risalire alla teoria, ed il processo discendente
4 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE
In problematiche simili sono state usate tecniche di brain imaging, tramite
PET e fMRI [20]. La fMRI `e tuttavia estrememente delicata nel caso di ses-
sioni di geometria dinamica, sia per l’utilizzo di materiale metallico, sia per la
difficile reperibilit`a di partecipanti nella fascia di et`a interessata.
Quindi l’obiettivo principale si `e spostato verso un altro tipo di indagi-
ne: investigare i fondamenti psicobiologici coinvolti nell’uso dei software di
gemetria dinamica [30], e successivamente, con il presente lavoro, verificare se
l’ausilio del software di gemetria dinamica consenta agli allievi di formare delle
congetture, favorite dalla costruzione e dalla manipolazione sulla figura costrui-
ta, e di conseguenza, se corrette, dimostrarle e argomentarle “pi`u facilmente”
che con il metodo tradizionale carta e matita.
Quindi a questo lavoro `e stato affidato il compito di produrre un progetto
sperimentale pilota che potesse essere da base per sviluppi successivi, trovando
una scuola (e gli insegnanti) che ne consentissero l’applicazione.
Il Capitolo 2 richiama preliminarmente le principali componenti dell’ap-
prendimento relative al progetto: attenzione, problem solving, ecc. Il Capitolo
3 descrive la realizzazione del progetto pilota, incluse alcune valutazioni stati-
stiche dei risultati conseguiti. La tesi `e completata da quattro appendici, che
illustrano in dettaglio alcune particolarit`a tecniche del progetto.
Note tecniche
cabri g´eom`etre e cabri sono marchi registrati della Cabrilog SAS, Grenoble
(Francia). Per i metodi matematici e statistici usati nella tesi, vedi Agresti [1]. I
calcoli numerici ed i grafici sono stati realizzati nell’ambito del pacchetto statistico R
[37]. Parte della tesi `e stata scritta in MSWord e tradotta in LATEX dal convertitore
automatico rtf2latex2e disponibile gratuitamente sul sito www.ctan.org.
in cui lo studente parte da una congettura del tipo “se . . . allora”, e usa le conoscenze per
validare eventualmente la congettura.
Capitolo 2
L’apprendimento
Quando ci si trova davanti ad un ostacolo, la linea pi`u breve
tra due punti pu`o essere una linea curva.
Angesichts von Hindernissen mag die k¨urzeste Linie zwischen
zwei Punkten die krumme sein.
(B. Brecht, Vita di Galileo, XIV)
2.1 Definizione dell’apprendimento
L’apprendimento viene definito come il processo mentale che consente una
modificazione durevole del comportamento per effetto dell’esperienza. Con-
venzionalmente si distinguono due forme di apprendimento: apprendimento
associativo e cognitivo. L’apprendimento associativo si riferisce ad una for-
ma di apprendimento fondato sulla relazione stimolo–risposta, che consente la
formazione delle abitudini; comprende l’apprendimento classico, il condizio-
namento operante e l’apprendimento di risposte combinate. L’apprendimento
cognitivo, definito anche apprendimento complesso, coinvolge invece funzioni
psichiche superiori, come la percezione.
Quando il ruolo della percezione, ed in generale della conoscenza, `e preva-
lente, la comprensione non avviene per una somma di attivit`a frammentarie,
ma esige che si colgano le relazioni essenziali e il significato delle situazione,
5
6 CAPITOLO 2. L’APPRENDIMENTO
dove non si arriva alla soluzione di problemi tramite prove ed errori perch´e si
coglie la struttura portante di una complessit`a.
Una delle forme con cui si realizza questa forma di apprendimento `e l’insight.
Con questo termine si fa riferimento ad un costrutto teorico elaborato dalla
psicologia della Gestalt, e si riferisce ad una ristrutturazione del problema che
conduce ad una soluzione immediata e improvvisa
2.2 I modi di apprendere a scuola
Seguendo Antinucci [3], nella scuola abbiamo due modi diversi per apprendere,
l’apprendimento simbolico–ricostruttivo e l’apprendimento percettivo–motorio.
L’apprendimento simbolico–ricostruttivo `e nato grazie all’avvento della stam-
pa che ha permesso di istruire le grandi masse, a scapito dell’apprendimento
percettivo–motorio che promuove un modo di conoscere che scaturisce dal-
l’esperienza, che permette di interiorizzare il materiale, facendolo “proprio”.
A questi due modi di apprendere sembra corrispondere non solo il modo ma
anche il risultato che si ottiene, e il tipo di sforzo che il discente compie.
Si parla di apprendimento simbolico–ricostruttivo quando bisogna decifrare
simboli, ri–costruire nella mente il significato a cui si riferiscono. Questo `e il
metodo classico di studiare i testi. Il processo di apprendimento avviene nella
nostra mente, senza scambi con l’esterno, ed `e un lavoro esplicito e coscien-
te, si `e consapevoli di tutti i passaggi che la mente compie, di conseguenza,
`e necessaria un’attenzione costante, e a lungo andare “ci si stanca”. Il ritmo
dell’apprendimento `e lento, bisogna fermarsi spesso per riflettere, ed elaborare;
la conoscenza che ne deriva, essendo esplicita, `e sempre manifestabile verbal-
mente, quindi pu`o essere dimenticata facilmente e c’`e una certa difficolt`a a
utilizzarla nei contesti concreti che la richiedono.
Viceversa, l’apprendimento percettivo–motorio avviene attraverso la per-
cezione e l’azione motoria sulla realt`a. Si percepisce un oggetto, o un evento,
con la vista, il tatto o con l’udito ed si interviene su di esso modificandolo con
un’azione; questa, a sua volta, produce anche un effetto ed un cambiamento
nella percezione. L’azione `e nota, perch´e l’abbiamo prodotta noi, quindi si
percepisce la differenza tra il prima e il dopo. Viene prodotta in questo modo
2.3. IL PENSIERO SCIENTIFICO 7
una conoscenza sulla natura dell’oggetto. Questa conoscenza porter`a ad agire
ancora sull’oggetto, il che produrr`a un ulteriore effetto e si agir`a nuovamente,
costituendo in questo modo cicli ripetuti di percezione/azione.
C’`e da dire che questo tipo di apprendimento non `e confinato solo a sa-
peri pratici ma va ben oltre, “esperiamo” e conosciamo per prove. Come si
`e intuito, il processo di apprendimento avviene in un continuo scambio tra
input percettivi e output motori verso l’esterno, ed `e in parte inconscio perch´e
si `e coscienti solo delle azioni che si fanno, non dei passaggi che legano l’uno
all’altro e neanche delle motivazioni; la conoscenza emerge gradualmente tra-
mite la ripetizione sempre pi`u focalizzata. L’attenzione posta in questo caso
`e considerata come un partecipare interessato, quindi sembra che serva pi`u a
monitorare che a selezionare informazioni importanti. Inoltre questo processo
presenta una sorta di piacevolezza simile a quella ludica.
La conoscenza che ne deriva `e “interiorizzata”, legata ad un contesto e la
sua manifestazione `e di tipo fattuale e poco verbale, la conoscenza `e impiegata
e poco dichiarata ed `e facilmente reperibile nella memoria.
Il computer `e considerato una risorsa importante sul quale `e importante
costruire dei ragionamenti, sia per la funzioni tecnologiche che semiotiche che
offre [29].
2.3 Il pensiero scientifico
e l’elaborazione dell’informazione
La metafora del bambino come scienziato intuitivo `e la pi`u diffusa nel campo
dello sviluppo cognitivo, questo vale a dire che lo sviluppo cognitivo `e visto
come un’evoluzione che si dirige sempre verso una forma di elaborazione pi`u
elevata, pi`u scientifica.
Secondo le teorie dell’Human Information Processing (HIP), il bambino
cerca di dare un significato all’ambiente fisico che lo circonda, costruendosi dei
modelli mentali definiti come “teorie causali intepretative”. Come scienziati
in erba, essi rivisitano di volta in volta le loro teorie in base ai nuovi dati
sostituendo le vecchie con le nuove. Carey [16], studiosa di questi processi,
asserisce che il cambiamento nello sviluppo delle teorie scientifiche va visto
8 CAPITOLO 2. L’APPRENDIMENTO
lungo un continuum fra una ristrutturazione morbida ed una forte. Per ri-
strutturazione morbida si intende che i fanciulli possono creare nuove relazioni
e differenziazioni all’interno della loro teoria, ma gli assunti fondamentali per-
mangono. D’altro canto, l’altra estremit`a del continuum, la ristrutturazione
forte, i fanciulli cambiano gli assunti della loro teoria, cosicch´e le vecchie e le
nuove risultano incompatibili ([16] p. 231, verbatim):
`E importante che gli educatori capiscano che gli studenti ar-
rivano in classe con dei fraintendimenti sulla scienza, invece che
con nessuna concezione. Questi fraintendimenti possono resiste-
re notevolmente all’istruzione, che, spesso, non `e solo questione di
insegnamento di nuove informazioni, ma comporta anche la corre-
zione di vecchie convinzioni – spesso mostrando che le convinzioni
dei bambini funzionano in certe situazioni ma non in altre – o
rimuovendo le vecchie credenze e sostituendole con delle nuove [9].
L’essenza del pensiero scientifico consiste nella coordinazione tra la teoria e
l’evidenza empirica, l’evidenza conferma o confuta una teoria che, a sua volta,
organizza ed interpreta l’evidenza empirica. I bambini e gli adulti inesperti
non pensano come gli scienziati riguardo al processo di verifica delle ipotesi.
Il cuore dello sviluppo cognitivo consiste nel processo di revisione delle teorie
in base alle nuove evidenze empiriche.
Secondo i lavori della Karmiloff–Smith [22] e della Kunh [26, 27] sia gli
adulti inesperti che i bambini sembrano essere dei buoni pensatori scientifici
ma con tre difetti importanti.
Sono legati alla teoria Contrariamente agli scienziati, sia i bambini che gli
adulti inesperti, spesso ignorano o considerano in modo limitato una evi-
dente discrepanza, modificando l’evidenza empirica purch´e si adatti alla
loro teoria o le sostengono con certezza [26, 27]. La Kuhn sostiene che i
bambini, ma spesso anche gli adulti, non riescono a diffrenziare in modo
adeguato fra l’evidenza e la teoria, incontrano delle difficolt`a ad abban-
donare la propria teoria e e guardare all’evidenza al di fuori di un assetto
teorico. Di conseguenza quando si chiede loro di presentare le evidenze
che confermino o disconfermino la loro teoria, loro si limitano a illustrar-
la senza far riferimento alla evidenza empirica. Inoltre, interpretano in
2.3. IL PENSIERO SCIENTIFICO 9
modo errato il compito di verifica delle ipotesi, come generare un effetto
previsto dalla teoria. Le persone dovrebbero imparare prima di tutto
a separare i dati dalla teoria, prima di poterli integrare. Questa inade-
guata distinzione tra teoria e evidenza empirica, si evidenzia quando si
possiedono gi`a delle teorie preferite o quando ci sono molte cause poten-
ziali. Di conseguenza sembra chiaro che la conoscenza preesistenze dirige
il nostro pensiero. Se non possiedono delle nozioni precostituite, anche i
bambini di sei anni sanno distinguere teoria da evidenza empirica.
Hanno la tendenza a dipendere dai dati I bambini pi`u piccoli dimostra-
no buone capacit`a di costruire una spiegazione per i risultati pi`u recenti,
ma tendono a ignorare o eliminare i dati incongruenti. I bambini pi`u
grandi o gli adulti, cercano di costruire una teoria pi`u estensiva, legan-
dosi ad essa, incapaci di abbandonarla se si presentano dati nuovi, e sono
capaci di inventare delle false osservazioni pur di confermarla.
Hanno bisogno di teorie di riferimento Quando l’evidenza a sfavore di
una teoria si accumula, e non si pu`o pi`u ignorarla, arriveranno a ri-
conoscerlo solo dopo che avranno generato una teoria alternativa per
spiegarla.
Com’`e stato detto prima, non sembrano in grado di considerare l’evidenza
empirica al di fuori di una teoria, hanno bisogno di un possibile legame causale
tra un fattore ed i suoi effetti, prima di poter accettare i suoi dati. Dal punto
di vista della Kuhn, tutti devono possedere una coscienza metacognitiva dei
propri processi mentali prima di poter raggiungere il controllo dell’interazio-
ne tra teoria ed evidenza empirica nel proprio pensiero. Le persone devono
pensare alle loro teorie piuttosto che con esse, perch´e se non sono consapevoli
del fatto che le loro sono solo teorie, `e improbabile che riescano a controllare
quanto sostegno empirico vi sia a loro favore. Per un ragionamento scientifi-
co, `e necessario sviluppare una comprensione metacognitiva della natura della
logica, dei suoi limiti e del perch´e alcune strategie mentali siano pi`u efficaci di
altre e quale sia il loro campo di applicazione.
10 CAPITOLO 2. L’APPRENDIMENTO
2.4 La teoria dell’attribuzione
Sono molti i potenziali motivi che rientrano nel processo di apprendimento,
tra questi intervengono fattori emotivi relativi al soggetto che apprende, le sue
motivazioni, le sue aspettative, il senso di autoefficacia e il sistema attributivo
che in misura diversa incidono nell’apprendimento. Per quel che riguarda le at-
tribuzioni, esse traggono origine dal bisogno di ogni individuo di comprendere
il mondo e possono essere considerate i processi attraverso i quali gli individui
interpretano le cause e gli eventi [23]. Si `e osservato che la causa pi`u funzio-
nale per l’apprendimento strategico `e l’impegno. Assumersi la responsabilit`a
delle proprie azioni permette di trovare soluzioni nel caso di un fallimento,
individuando delle strategie per mantenere un buon livello di fiducia di s`e [6].
Attraverso l’analisi delle reazioni cognitive al successo o al fallimento, sono
state individuate le dimensioni critiche entro le quali le attribuzioni possono
variare [41, 42]. Tali reazioni variano per tre dimensioni: internalit`a, stabilit`a
e controllabilit`a. La dimensione dell’internalit`a `e simile al costrutto del locus
of control, che prevede una contrapposizione tra un’assunzione di controllo
esterno ed una di controllo interno [38]. Le cause possono essere considerate
come esterne o interne; quelle esterne sono la fortuna e la difficolt`a del compito,
mentre, quelle interne sono l’abilit`a e l’impegno. La seconda dimensione `e il
carattere stabile o instabile delle cause. Per esempio, se si ritiene che il risultato
positivo di un compito sia dovuto alla propria abilit`a, la causa `e da considerarsi
interna e stabile, mentre, se si ritiene che il risultato sia dovuto al caso, questo
`e un’attribuzione esterna e instabile. La terza dimensione `e la controllabilit`a:
`e controllabile l’impegno ma non lo sono la fortuna e l’abilit`a. Ritenere di aver
superato un esame perch´e ci si `e impegnati, implica un locus of control interno
– dipende dal soggetto stesso –, instabile – perch´e l’impegno pu`o esserci oppure
no –, `e controllabile — perch´e si pu`o agire sul proprio impegno.
Nello stile di attribuzione `e determinante la propria storia personale, di
successi o insuccessi. `E importante possedere un sistema positivo delle attri-
buzioni delle cause dei propri successi o insuccessi, in particolar modo per quei
ragazzi che incontrano difficolt`a nell’apprendimento che di conseguenza sono
soggetti ad un numero elevato di fallimenti, e ci`o li porta a diminuire le loro
aspettative di successo scolastico. Questi ragazzi uniscono ad una bassa auto-
2.5. L’ATTENZIONE 11
stima credenze attributive immature, tutte percezioni che vanno a costituire
quello che viene definita l’“impotenza appresa” o “esperienza della pedina”
[39]. Questo porta i ragazzi a sentirsi come pedine; credono che le loro vite
siano regolate da forze esterne e non hanno un senso di controllo personale;
questo li conduce ad una minore persistenza di fronte a compiti difficili, a mi-
nori aspettative riguardo al futuro, ed ad un concetto negativo di s`e e ad una
minore strategicit`a nell’apprendimento. In particolare, le credenze attributive
inappropriate, bloccano l’acquisizione delle conoscenze strategiche e metaco-
gnitive, portando ad una scarsa propensione a crescere e ad utilizzare strategie
ininfluenti a determinare un successo scolastico.
La situazione ottimale `e quella rappresentata da coloro che possiedono uno
stile attributivo che riconosce l’importanza del proprio impegno, poich´e, con-
seguentemente sono pi`u motivati al successo e perseverano di fronte ai compiti
difficili per portarli a termine. Questo tipo di studenti sono definiti da Borko-
wisky [8] come good strategy users, perch´e riescono a selezionare, applicare e
modificare le strategie pi`u adeguate al compito richiesto. L’attribuzione non
`e un tratto irreversibile della personalit`a, ma pu`o essere modificata dall’espe-
rienza e dall’insegnamento. In Italia recenti programmi metacognitivi, che
hanno come scopo l’insegnamento di strategie specifiche, per esempio la lettu-
ra, la comprensione e la matematica, prevedono un’attenzione particolare per
lo sviluppo di un corretto sistema attributivo.
2.5 L’attenzione
L’attenzione `e una funzione cognitiva di base, necessaria per qualsiasi forma
di attivit`a. `E un processo attivo che analizza le caratteristiche degli stimoli
presenti nell’ambiente circostante attraverso meccanismi economici ed efficaci
per il raggiungimento degli obiettivi.
La sua efficienza si sviluppa in lunghi tempi, a causa della maturazione dei
lobi frontali, pertanto pu`o essere educata ed `e influenzata dall’esperienza di ap-
prendimento del bambino. Nel suo sviluppo, non aumenta in capacit`a, vale a
dire nella quantit`a di informazioni che pu`o gestire o elaborare, ma nell’efficien-
za di esecuzione dei processi. Tale efficienza dipende dalle conoscenze acquisite
12 CAPITOLO 2. L’APPRENDIMENTO
e dalle abilit`a di controllo e di selezione delle informazioni. Un aspetto intrin-
seco nel suo sviluppo riguarda la capacit`a di autoregolazione, che permette
di decidere volontariamente un’azione e di poterla eseguire volontariamente,
pianificando le proprie attivit`a e usando strategie sia a livello cognitivo che
comportamentale.
Si suddivide in forme diverse. Si parla di attenzione sostenuta o mantenuta
quando si `e in grado di resistere agli elementi distrattori presenti nell’ambiente
e di mantenere la concentrazione sulle caratteristiche importanti per portare a
termine un’azione. Tale forma si sviluppa fino agli 11 anni e la sua funzionalit`a
nel periodo scolastico non `e autonoma e neanche completa.
La selettivit`a `e la capacit`a di selezionare tra diversi stimoli quelli pertinen-
ti rispetto al compito o alla situazione, mentre, quando bisogna suddividere
l’attenzione su due categorie di stimoli senza una che di queste divenga quella
prevalente si parla di attenzione selettiva. Se bisogna alternare il focus dell’at-
tenzione da un compito all’altro, ossia quando un compito alternativamente
diventa quello principale, si parla di shifting di attenzione.
Nei processi di apprendimento, l’attenzione entra in relazione con la mo-
tivazione, la comprensione e la memoria. In particolare, la motivazione e la
comprensione sono dei potenti modulatori per l’attenzione mantenuta, non esi-
stono span di attenzione fissi e costanti che variano con l’et`a ma, tale forma di
attenzione dipende dalla comprensione di ci`o che l’insegnante dice e da come
sia riuscito ad innalzare livello di motivazione.
La motivazione, a sua volta, prevede un’interazione tra chi apprende e
l’ambiente circostante. Per poter sostenere un compito bisogna:
• Essere in grado di svolgerlo;
• Dare valore all’attivit`a da svolgere;
• Possedere convinzioni positive di se stessi e dell’apprendimento.
A sua volta, la motivazione necessita di adeguati processi cognitivi; l’allievo
che non possiede una motivazione adeguata per il compito non riesce nelle
seguenti operazioni [14]:
• Individuazione di mete da raggiungere;
2.6. IL PROBLEM SOLVING 13
• Adeguata valutazione della della probabilit`a di successo o insuccesso;
• Flessibilit`a nell’importanza assegnata ad ogni scopo;
• Corretta attribuzione delle cause che determinano i risultati;
• Corretta valutazione delle conseguenze dei propri comportamenti;
• Sufficiente capacit`a di perseverazione per il raggiungimento dello scopo.
2.6 Il problem solving
La soluzione dei problemi `e una delle principali competenze del nostro sistema
cognitivo. Pu`o assumere due significati diversi: da un lato rappresenta un’at-
tivit`a connessa ad apprendimenti di discipline a carattere scientifico, come per
esempio la matematica, dall’altro, pu`o considerarsi un’abilit`a caratteristica di
uno stile cognitivo che procede in modo strategico nella ricerca della soluzione.
L’analisi dei processi cognitivi implicati nel problem solving si `e sviluppata
nello studio:
• Delle componenti di comprensione del problema;
• Delle abilit`a strategiche e metacognitive di soluzione.
Una dei filoni di ricerca pi`u importanti che hanno avviato lo studio in questo
ambito deriva dai padri della Gestalt. Si deve a Wertheimer e a Katona la
convinzione che una mente strategica ricavi la propria abilit`a da forme di
pensiero produttivo, che permette all’individuo, motivato a raggiungere una
meta, di farlo in modo flessibile e costruttivo, superando ostacoli e pianificando
un percorso di soluzione.
Questa convinzione `e talmente forte da permeare anche approcci pi`u re-
centi, di matrice cognitivista. Secondo le teorie dell’HIP, la soluzione di un
problema implica un atteggiamento strategico capace di modificare la situa-
zione in vista dell’obiettivo finale. A differenza dei gestaltisti, questo approccio
pone l’enfasi sui processi che la mente compie in questa fase di ricerca della
soluzione.
14 CAPITOLO 2. L’APPRENDIMENTO
Secondo Newell e Simon [33] affinch´e ci possa essere una strategia, `e necessa-
rio che la mente sappia come modificare la situazione (conoscenza procedurale),
e del cosa modificare, il che implica la conoscenza delle informazioni rilevanti
contenute nel problema (conoscenza dichiarativa). Simon sostiene che un in-
dividuo, per risolvere un problema, deve ricavare una vera rappresentazione
cognitiva delle informazioni, ossia individuare le informazioni chiave selezio-
nandole tra le altre e integrarle tra loro. Vista in questo modo, la competenza
nella soluzione di un problema sembra implicare due meccanismi cognitivi:
la comprensione del problema e la ricerca di strategie che per raggiungere
l’obiettivo.
Greeno [18] riprendendo i risultati di alcune ricerche cognitive, propone un
modello secondo cui la comprensione del problema richede due abilit`a:
• Rappresentazione cognitiva delle informazioni (conoscenza schematica);
• Comprensione delle operazioni per la soluzione di piani e strategie da
compiere (conoscenza strategica).
Le capacit`a per la comprensione dei dati e della situazione, e di usare strategie,
possono essere insegnate, affinate e sviluppate. Studi della Chi dimostrano
che i soggetti esperti nelle soluzioni di problemi usano strategie differenti e
diversamente recuperate a livello mnemonico, poich´e tendono ad effettuare
fin dall’inizio un’analisi qualitativa del problema, e ad essere pi`u rapidi nella
soluzione, utilizzando sia la conoscenza dichiarativa che procedurale.
Pressley sostiene che la riuscita in compiti di problem solving matemati-
co dipendono da quando il soggetto riesce a far corrispondere alla conoscen-
za procedurale dei fatti e degli algoritmi, riflessioni strategiche di controllo
metacognitivo (per esempio “Ho compreso il problema?”, “ L’ho impostato
correttamente?”). L’uso competente delle strategie sembra dipendere dai pro-
cessi di pensiero sovraordinati che permettono tale autodialogo metacogntivo,
che consente una piena comprensione procedurale. In ulteriori studi sono sta-
ti analizzati quattro processi cognitivi coinvolti nella soluzione di problemi
matematici:
1. Traduzione, conversione di ogni frase del testo in una rappresentazione
mentale;
2.6. IL PROBLEM SOLVING 15
2. Integrazione, corretta relazione e integrazione delle informazioni in una
rappresentazione coerente di tutto il problema;
3. Pianificazione, cio`e il piano d’azione per la soluzione del problema;
4. Esecuzione con cui il problema `e portato a termine e risolto mediante
l’uso di operazioni matematiche.
Anche secondo la Montague [32], autoistruzione, automonitoraggio e autoin-
terrogazione sono i canali metacognitivi attraverso i quali i bambini possono
apprendere ad usare in modo adeguato i tre livelli di conoscenze per la soluzio-
ne dei problemi, cio`e, sia il livello dichiarativo relativo ai concetti quantitativi,
delle operazioni matematiche e degli algoritmi di soluzione, sia il livello pro-
cedurale, attraverso il quale le conoscenze dichiarative vengono applicate in
modo corretto a seconda del contesto e infine il livello condizionale attraverso
il quale il soggetto usa criticamente e consapevolmente le strategie pi`u adatte,
modificando l’atteggiamento cognitivo al variare del compito.
La matematica, date le caratteristiche specifiche della sua natura, per esse-
re compresa, richiede a livello cognitivo che i soggetti sappiano utilizzare bene
una forma di pensiero abile e addestrato nella soluzione dei problemi. Il “lin-
guaggio matematico” procede cio`e richiedendo ai soggetti di trovare soluzioni
e di superare ostacoli attraverso vere e proprie operazioni sulle informazioni
disponibili.
Capitolo 3
Il progetto pilota
Come in ogni cambiamento, occorre stabilire quale valore
formativo hanno questi nuovi strumenti e quali problemi
incontreranno
(Gisella Paoletti, 2001)
3.1 Fase preliminare di preparazione
La scuola prescelta per la realizzazione del progetto pilota `e una scuola di
Trieste, e precisamente l’Istituto Comprensivo “Tiziana Weiss”, Strada di
Rozzol, 61 Trieste (http://xoomer.virgilio.it/groscil/Stuparich.htm,
luglio 2005). La scuola `e situata in un rione con la fisionomia tipica della
prima periferia urbana, ad edilizia principalmente di tipo popolare agevolata
e privata. Il progetto ha viste coinvolte tre classi del penultimo anno del ciclo
primario.1
.
1
In termini meno formali, si tratta di tre classi di II media (tipicamente 12/13 anni d’et`a).
Il disegno sperimentale adottato `e between i soggetti, perch`e ognuno ha partecipato ad una
sola condizione. L’ambiente d’indagine astrattamente pi`u desiderabile potrebbe essere il
primo biennio del ciclo secondario, ossia la I o la II superiore. In questo progetto pilota `e
stata per`o preferita la media inferiore per evitare le disomogeniet`a derivanti dalla diverse
preparazioni degli allievi delle superiori, ed `e stata scelta la II per avere la possibilit`a di ripe-
tere facilmente un test con gli stessi partecipanti al termine dell’anno scolastico successivo,
17
18 CAPITOLO 3. IL PROGETTO PILOTA
In due classi, nell’aula computer della scuola, sono state impartite 25 ore
di lezione con cabri g´eom`etre, distribuite in 4 mesi, dal gennaio al maggio
2005, mentre la classe restante ha ricevuto l’insegnamento tradizionale “con
carta e matita”. Le prime due classi hanno ricevuto un’ora di lezione introdut-
tiva agli strumenti di cabri g´eom`etre, pi`u 24 ore di laboratorio, suddivise
in 4 gruppi di 6 ore/settimana (dedicando a cabri g´eom`etre tutte le 6 ore
disponibili per matematica e scienze nella prima settimana dei 4 mesi suddetti).
Nell’aula computer della scuola gli allievi sono stati invitati a lavorare sem-
pre in coppia (sia per la limitatezza del numero di computer, ma anche perch´e
in alcuni casi lavorare in coppia pu`o rinforzare l’apprendimento). Le coppie
di lavoro sono state decise a priori dall’insegnante, ed ognuna era associata ad
un computer, e ad una propria cartella dove poteva salvare i propri lavori. Gli
allievi della coppia doveveno lavorare alternandosi, in modo tale che ciascuno,
per ogni ora di laboratorio, prendeva appunti per mezz’ora e nell’altra mez-
z’ora lavorava con il software. Va precisato che le insegnanti delle due classi
erano alla loro prima esperienza didattica con cabri g´eom`etre in aula. Con
le insegnanti `e stato ben precisato che l’oggetto della valutazione sarebbe sta-
to esclusivamnte l’eleborato finale degli allievi, e non il lavoro dell’insegnante
stessa, nonostante le due variabili siano in stretta connessione.
Dopo la prima ora introduttiva, le insegnanti hanno costruito dei percorsi
(identici per le due classi), preparando delle schede con dei quesiti con difficolt`a
crescenti; nelle attivit`a di laboratorio ogni allievo riceveva la propria scheda
e doveva completarla scrivendo passo a passo tutte le operazioni che aveva
compiuto per risolvere il problema. Svolti tutti i problemi la scheda andava
riconsegnata alle insegnanti, ma, prima di completare la scheda, ogni allievo
doveva mostrare il propro lavoro all’insegnante, discutere e dimostrare le propie
ipotesi con la funzione Ri–costruzione passo a passo. Se l’allievo aveva rag-
giunto l’obiettivo in modo corretto, senza utilizzo di scorciatoie, ossia funzioni
gi`a pronte, e se l’oggetto rispettava le regole matematiche prefissate, il lavoro
poteva essere salvato, e trascritto interamente sulla scheda da consegnare.
La terza classe considerata ha ricevuto nello stesso periodo e per lo stesso
il 2005–2006.
3.2. TEST 1 19
numero di ore l’insegnamento tradizionale senza ausilio di software di geometria
dinamica.
3.2 Test 1
3.2.1 Metodo
Partecipanti
Hanno partecipato al Test 1 gli n = 42 allievi delle due classi che hanno
ricevuto l’insegnamento con cabri g´eom`etre.
Materiali e procedure
L’obiettivo `e quello di valutare l’apprendimento della geometria euclidea nel
primo ciclo in un ambiente di geometria dinamica in confronto all’ambiente
tradizionale carta e matita. A ogni partecipante `e stato assegnata la stessa
consegna (task), consistente in due esercizi di geometria da svolgersi separa-
tamente ed individualmente, in presenza dello sperimentatore e della propria
insegnante. I testi degli esercizi sono stati preliminarmente elaborati con la
consulenza e l’accordo dei docenti degli allievi partecipanti, seguendo alcuni
suggerimenti dei professori F. Arzarello e O. Robutti. Per i due quesiti nel
loro complesso `e stato proposto un tempo massimo “indicativo” di soluzione
di un’ora. Il compito assegnato `e il seguente:
Esercizio 1
Disegna un triangolo ABC qualunque; costruisci i punti medi L, M
ed N dei lati in modo da ottenere un triangolo LMN. Aiutandoti
con disegni, completa le seguenti frasi:
se il triangolo ABC `e isoscele, allora il triangolo LMN `e . . . . . . ,
se il triangolo ABC `e scaleno, allora il triangolo LMN `e . . . . . . ,
se il triangolo ABC `e equilatero, allora il triangolo LMN `e . . . . . . ,
e dimostra le tue affermazioni.
Esercizio 2
20 CAPITOLO 3. IL PROGETTO PILOTA
Disegna un quadrilatero ABCD qualunque; costruisci i punti me-
di L, M, N e Q dei lati in modo da ottenere un quadrilatero
LMNQ. Aiutandoti con disegni, scrivi alcune congetture del tipo:
se il quadrilatero ABCD `e . . . . . . , allora il quadrilatero LMNQ `e
. . . . . .
Il Test 1 comprende due condizioni:
Condizione g1 Gli allievi, che hanno seguito il corso di cabri g´eom`etre,
risolvono il compito assegnato con cabri g´eom`etre, su un terminale in-
dividuale dell’aula computer della scuola, senza porre limitazioni al menu
degli strumenti;2
ogni allievo viene isolato dagli altri con opportuni schermi
pieghevoli di cartone.3
.
Condizione g2 Gli allievi, che hanno seguito il corso di cabri g´eom`etre,
risolvono il compito assegnato, sempre in modo individuale, ma tradizionale,
senza cabri g´eom`etre, ossia con carta, matita o penna ed eventualmente
righello millimetrato, in un’aula della scuola.
La suddivisione dei partecipanti in due gruppi (un gruppo per ciascuna
delle due predette condizioni) `e stata realizzata non con la ripartizione casua-
le, ma con una procedura maggiormente complessa che dovrebbe per`o risul-
tare pi`u efficace sia (a) per evitare disomogeneit`a fra i due gruppi, che (b)
per “rimuovere” la variabile non controllabile costituita dalla personalit`a del
docente.
A tale scopo il totale di n = 42 allievi delle due classi ha sostenuto due
test preparatori: il classico test di attenzione sostenuta di Zazzo,4
o dei “Deux
2
Ad esempio, in cabri g´eom`etre, si pu`o usare il menu Opzioni/Configurazione degli
strumenti per togliere (o aggiungere) “strumenti” al software. Per esempio, nell’attivit`a pro-
posta, si potrebbe togliere lo strumento Distanza o lunghezza dalla casella degli strumen-
ti Costruzioni: questo equivale nell’impostazione tradizionale a proibire l’uso del righello
millimetrato.
3
Di norma utilizzati negli esami per il conseguimento della ECDL e cortesemente forniti
dallo CSIA dell’Univerit`a di Trieste
4
Questa prova consiste nel discriminare pi`u rapidamente possibile e contrassegnare (bar-
rer) alcuni simboli o segni mescolati ad altri, in mezzo ai quali possono essere facilmente
3.2. TEST 1 21
barrages” [43], [44], e un pi`u recente test di conoscenze e competenze matema-
tiche per la scuola dell’obbligo [2] sviluppato dal Nucleo di ricerca in didattica
della matematica e dall’Istituto di psicologia dell’Universit`a degli studi di Pa-
via5
(vedi anche [34]). I test di Amoretti `e stato somministrato con la stessa
procedura che sarebbe stata utilizzata per il test sperimentale, al fine di fami-
liarizzare gli allievi per tale procedura. I due test sono descritti brevemente
nelle Appendici B e rispettivamente C. Sulla base dei due test `e stato redatto
per ciascuno degli n = 42 allievi un profilo psicologico. Tale profilo consiste in
un vettore numerico 7−dimensionale π(k), k = 1, . . . , n.
Le componenti del profilo π(k) sono:
π(k)1 = sesso std. in scala nominale (maschio = 0, femmina = 1),
π(k)2 = tempo std. in minuti per la prima parte del test di Zazzo,
π(k)3 = numero std. di errori nella prima parte del test di Zazzo,
π(k)4 = tempo std. in minuti per la seconda parte del test di Zazzo,
π(k)5 = numero std. di errori nella seconda parte del test di Zazzo,
π(k)6 = tempo std. in minuti per concludere il test di Amoretti,
π(k)7 = numero std. di risposte esatte nel test di Amoretti.
Le 7 variabili sono state standardizzate (sottraendo la media e dividendo
per la deviazione standard) in modo da dare lo steso peso a ciascuna variabile.
`E stato poi implementato in R un algoritmo (vedi Tabella 3.1) per creare
n/2 = 21 coppie di partecipanti tali che, in ciascuna coppia, i due partecipanti
componenti la coppia abbiamo profili psicologici vicini. Per una descrizione
e discussione tecnica di tale algoritmo si veda l’Appendice D. La “distanza”
d(h, k) fra due partecipanti (il numero h ed il numero k) `e calcolata con la
distanza detta l1
fra i loro rispettivi profili:
d(h, k) = π(h) − π(k) 1 =
i=1,7
|π(h)i − π(k)i|
Successivamente `e stato scelto a caso da ogni coppia un partecipante compo-
confusi. In et`a evolutiva, il test permette di decifrare la causa di risultati scolastici carenti se
dovuti a ritardo intellettuale o motorio, ad un deficit speciale di discriminazione percettiva
o ad instabilit`a o inibizione.
5
Questo test `e stato introdotto in sostituzione delle valutazioni di classe sempre per
rendere il progetto indipendente dalle personalit`a dei singoli docenti.
22 CAPITOLO 3. IL PROGETTO PILOTA
inizializza l’indice: j ← 1
inizializza la popolazione: Pj ← tutti i partecipanti
ripeti:
scegli un partecipante pj1 a caso in Pj
scegli pj2 ∈ argmin{ π(p) − π(pj1) 1 | p ∈ Pj}
crea la coppia cj ← {pj1, pj2}
aumenta l’indice: j ← j + 1
riduci la popolazione: Pj ← Pj−1  {pj1, pj2}
stop se Pj = ∅.
Tabella 3.1: Algoritmo per la suddivisione della popolazione iniziale in due
gruppi simili; l’algoritmo `e di tipo avido, ossia ottimizza solo localmente.
nente, formando con queste scelte il primo gruppo g1 di n/2 = 21 partecipanti,
e formando con i rimanenti (quelli non scelti) il secondo gruppo g2 sempre di
n/2 = 21 partecipanti. Questa procedura ha la funzione di comporre due grup-
pi simili dal punto di vista dei profili psicologici, in quanto, dato un qualunque
partecipante p ∈ g1, esiste un partecipante p ∈ g2 con profilo psicologico
vicino a quello di p ; si tratta ovviamente di quel partecipante p che formava
la coppia {p , p } creata dall’algoritmo.6
Commento
La scelta del compito `e evidentemente un punto critico del progetto. In questa
fase pilota, `e stato scelto un tema non presente nei programmi standard di
geometria del ciclo primario, il Teorema di Varignon,7
ma giudicato del tutto
affrontabile anche a questo livello. La congettura ultima dell’Esercizio 2 do-
vrebbe essere appunto tale teorema. L’Esercizio 1, basato sulle similitudini
di triangoli, ha evidentemente funzione propedeutica all’Esercizio 2. Per una
visualizzazione in cabri g´eom`etre del Teorema di Varignon, vedi [31].
6 `E interessante notare che, ad algoritmo eseguito, le due classi iniziali risultano quasi
equiripartite nei due gruppi, il che `e piuttosto rassicurante per il risultato finale.
7
Il quadrilatero LMNQ che si ottiene congiungendo i punti medi L, M, N e Q dei lati
di un quadrilatero qualunque ABCD `e un parallelogramma.
3.3. TEST 2 23
Esecuzione del test
Durante lo svolgimento del compito, per ogni partecipante, individuato con
una sigla di 3 o 4 lettere, `e stato segnato il sesso,8
e sono stati rilevati il tempo
T1 di “consegna” per l’Esercizio 1 ed il tempo T2 di “consegna” per l’Esercizio
2. Per tutti gli elaborati dei partecipanti di g1 sono stati anche memorizzati i
singoli file .fig di cabri g´eom`etre e successivamente sono state stampate
su carta le relative costruzioni geometriche utilizzate nello svolgimento del
compito, ai fini della successiva valutazione.
Esempio
A titolo di esempio, riportiamo nella Figura 3.1 le figure iniziali degli elaborati
di uno dei partecipanti.
(a) (b)
Figura 3.1: Figure iniziali degli elaborati di un partecipante: (a) Esercizio 1,
(b) Esercizio 2.
3.3 Test 2
3.3.1 Metodo
Partecipanti
Hanno partecipato al Test 2 gli n = 22 allievi della classe che non ha ricevuto
l’insegnamento con cabri g´eom`etre, ma col metodo tradizionale.
8
Per eventuali ulteriori indagini legate al genere che non sono qui state considerate.
24 CAPITOLO 3. IL PROGETTO PILOTA
Materiali e procedure
A ogni partecipante `e stato assegnata la stessa consegna del Test 1, da risol-
versi individualmente con la presenza dell’insegnante e dello sperimentatore,
in un’aula della scuola. Il Test 2 ha una sola condizione che, per coerenza con
il Test 1, pu`o essere numerata come
Condizione g3 Gli allievi, che non hanno ricevuto l’insegnamento con ca-
bri g´eom`etre, risolvono il compito assegnato in modo individuale e tradizio-
nale, senza cabri g´eom`etre, ossia con carta, matita o penna ed eventual-
mente righello millimetrato.
Il ruolo della condizione g3 del Test 2 `e quello di valutare se o quanto
il compito sia eventualmente distorto a favore dell’insegnamento con cabri
g´eom`etre.
In un futuro sviluppo di questo progetto, il Test 2 potrebbe comprendere
anche una
Condizione g4 Gli allievi, che non hanno ricevuto l’insegnamento con ca-
bri g´eom`etre, risolvono il compito assegnato in modo individuale con cabri
g´eom`etre, subito dopo un brevissimo addestramento all’uso del software (per
esempio di un’ora). Il ruolo della condizione g4 `e quello di valutare se o quanto
il ruolo del software sia puramente strumentale, o se produca invece, nell’uso
prolungato, un miglioramento “profondo” dell’apprendimento. Nella realizza-
zione del progetto pilota presentata in questa tesi la condizone g4 non `e stata
considerata.
3.4 La valutazione dei test
La valutazione dei compiti sia del Test 1 che del Test 2 `e stata affidata a due
referee indipendenti,9
che hanno concordato di valutare gli elaborati nell’am-
bito dello schema tassonomico di Bloom. Non sono stati sottoposti ai referee
9
La prof. G. Caristi, del Dipartimento di Matematica ed Informatica dell’Universit`a di
Trieste e docente di Matematica per psicologi, ed il prof. M. Borelli, docente di matematica
presso l’Istituto Professionale Statale “Leonardo da Vinci – Scipione De’ Sandrinelli”.
3.4. LA VALUTAZIONE DEI TEST 25
gli elaborati di 4 allievi con insegnante di sostegno,10
ma che si `e deciso di far
partecipare comunque al test in ogni caso per ragioni evidenti.
3.4.1 La tassonomia di Bloom
La tassonomia degli obiettivi educativi `e stata elaborata da Benjamin S. Bloom
sulla base di precise esigenze didattiche [7]; gli obiettivi si presentano ordinati
secondo un criterio irreversibile, nel senso che il raggiungimento dei pi`u semplici
`e considerato essenziale per il raggiungimento dei pi`u complessi. La tassonomia
di Bloom, per quanto considerata superata da successivi studi pedagogici [24],
[25], `e comunemente ritenuta quella che sembra rispondere meglio alle esigenze
della scuola italiana; viene insegnata nelle SIS, ed `e in generale molto ben co-
nosciuta ed “amata” dagli insegnanti, tanto che spesso questi l’utilizzano nella
descrizione della propria offerta didattica. Nella parte pi`u propriamente cogni-
tiva, la tassonomia di Bloom distingue sei categorie fondamentali di obiettivi,
che vengono qui riportati nella versione proposta da A.M. Notti [15]:
1. Conoscenza La conoscenza comprende il richiamo dei fatti specifici e dei
concetti universali, il richiamo di metodi e processi o il richiamo di uno
schema, struttura o disposizione; gli obiettivi di conoscenza sottolinea-
no soprattutto i processi psicologici della memoria (la mente come un
archivio).
2. Comprensione Si riferisce a un grado del capire e dell’apprendere tale che
il soggetto intenda ci`o che gli viene comunicato e possa far uso del mate-
riale e delle idee comunicate senza necessariamente mettere in relazione
con altro materiale ed individuarne tutte le implicazioni.
3. Applicazione Uso di astrazioni in particolari situazioni concrete. Le astra-
zioni possono essere in forma di idee personali, regole di procedure o
metodi generalizzati.
4. Analisi La scomposizione di una comunicazione nei suoi elementi costitu-
tivi o parti, tali che la relativa gerarchia delle idee sia resa chiara e/o le
relazioni tra le idee espresse siano rese esplicite.
10
Ai sensi della Legge 104/1992.
26 CAPITOLO 3. IL PROGETTO PILOTA
5. Sintesi Capacit`a di mettere insieme gli elementi e le parti cos`ı da formare
un tutto; ci`o richiede il processo di elaborare pezzi, parti, ecc. e di disporli
e combinarli in modo da costituire uno schema e una struttura che prima
non esisteva in modo evidente.
6. Valutazione Giudizi sul valore dei materiale e dei modi per determina-
ti propositi. Giudizi quantitativi e qualitativi sull’estensione in cui i
materiali e i metodi soddisfano determinati criteri; uso di standard di
apprezzamento (giudizi in termini di criteri interni: giudizi in termini di
criteri esterni).
I referee hanno concordato che l’Esercizio 1 attiene ai livelli di conoscen-
za, comprensione ed applicazione, mentre l’Esercizio 2 richiede anche capacit`a
di analisi e di sintesi. Conseguentemente hanno valutato i compiti numerica-
mente con un indice che, secondo il loro parere, indica il livello raggiunto dal
partecipante nella scala di Bloom,11
e precisamente con un indice B1 (da 0 a
3) per l’Esercizio 1 e con un indice B2 (da 0 a 5) per l’Esercizio 2. Si noti che
questo `e cosa diversa dal valutare la mera correttezza formale dell’elaborato.12
3.4.2 Il dataframe dei risultati del Test 1
Per ogni partecipante `e stato infine calcolato un indice di performance P1
per l’Esercizio 1, un indice di performance P2 per l’Esercizio 2, ed un indice
sintetico PI secondo le formule:
P1 = 100 (B1/B1)/ T1/T1 (3.1)
P2 = 100 (B2/B2)/ T2/T2 (3.2)
PI = (P1 + P2)/2 (3.3)
dove il cappuccio indica il valor medio della variabile calcolato su tutti i
partecipanti. I rapporti fra gli indici della scala di Bloom e le loro medie sono
11
Occasionalmente `e stato usato anche il mezzo punto.
12
In effetti la valutazione del livello raggiunto nella scala di Bloom `e certo pi`u soggettiva
di quanto pu`o esserlo la valutazione della correttezza formale, che peraltro `e molto meno
informativa.
3.4. LA VALUTAZIONE DEI TEST 27
poi divisi per la radice quadrata dei rapporti fra i tempi impegati e le loro
medie. La introduzione della radice quadrata `e ispirata dalla Legge Potenza
di Stevens.13
La costante di normalizzazione 100 serve per fare s`ı che un
partecipante che sia salito in al livello medio della scala in un tempo medio
riceva il valore 100 come indice di performance. Come indice complessivo si
assume semplicemente la media aritmetica degli indici dei due esercizi.14
Per il Test 1, questo ha condotto al seguente dataframe, dove P `e il codice
del partecipante, G il gruppo di assegnazione, S il sesso, e le altre variabili
quelle dette:
P G S T1 T2 B1 B2 P1 P2 PI
1 *AT 1 M 3.7 28.3 3.0 4.0 246 133 190
2 *CF 1 M 17.6 33.8 2.0 3.0 75 92 83
3 *GG 1 F 11.5 29.9 2.5 0.0 116 0 58
4 *PC 1 F 13.8 33.4 3.0 4.0 127 123 125
5 *PL 1 F 10.5 28.0 2.0 3.0 97 101 99
6 *RM 1 M 22.0 32.8 2.0 4.5 67 139 103
7 *RG 1 F 9.7 26.1 2.0 3.0 101 104 103
8 *RA 1 M 5.7 30.0 3.0 0.0 198 0 99
9 *TF 1 M 7.6 30.0 3.0 4.0 172 130 151
10 *VS 1 M 9.8 28.9 3.0 4.0 151 132 142
11 *CA 1 M 19.4 30.0 2.0 0.0 72 0 36
12 *CM 1 M 11.5 22.0 2.0 3.0 93 113 103
13 *DG 1 M 10.8 27.2 2.0 4.0 96 136 116
14 *SM 1 M 5.1 19.1 3.0 4.0 210 162 186
15 *FN 1 M 11.2 25.3 2.0 3.0 94 106 100
16 *LM 1 F 19.1 20.1 2.0 3.5 72 138 105
13
Ovviamente l’esponente 1/2 della potenza y = x1/2
=
√
x `e scelto arbitrariamente. Con
tale scelta, se due partecipanti A e B hanno ottenuto lo stesso risultato b nella scala di Bloom,
ma A ha impiegato un tempo doppio di quello t di B, la performance di A risulta uguale a
b/
√
2t = (1/
√
2)(b/
√
t) ≈ 0.7071(b/
√
t), ossia `e pari a circa il 70% della performance b/
√
t
di B, e non alla sua met`a, come si avrebbe se si dividesse il risultato nella scala di Bloom
per il tempo impiegato. In sostanza la radice quadrata controlla la variabile tempo in modo
da non sfavorire troppo gli allievi meno svelti o pi`u riflessivi.
14
Ad esempio il partecipante di cui alla Figura 3.1 `e stato valutato esattamente con il
valore medio di PI = 100.
28 CAPITOLO 3. IL PROGETTO PILOTA
17 *MR 1 M 21.5 30.0 2.0 0.0 68 0 34
18 *SD 1 M 11.3 26.1 2.5 4.5 117 156 137
19 *SI 1 F 6.7 30.2 2.5 3.5 152 113 133
20 *TC 1 F 10.8 21.2 3.0 4.5 144 173 159
21 *BS 2 M 13.8 20.7 3.0 4.0 127 156 142
22 *DL 2 M 18.1 28.0 3.0 4.0 111 134 123
23 *MS 2 M 21.0 29.5 2.0 3.0 69 98 83
24 *GN 2 M 11.4 20.9 3.0 3.5 140 136 138
25 *MC 2 F 13.1 30.0 2.5 3.0 109 97 103
26 *MM 2 M 21.0 23.8 2.0 3.0 69 109 89
27 *ML 2 F 15.4 23.5 2.0 2.0 80 73 77
28 *NM 2 M 12.5 23.0 2.0 3.0 89 111 100
29 *PE 2 M 22.0 30.0 1.0 2.0 34 65 49
30 *SD 2 M 11.3 18.1 2.0 2.0 94 83 89
31 *ZP 2 M 15.0 28.0 2.5 2.0 102 67 84
32 *CM 2 M 8.5 25.7 2.0 4.0 108 140 124
33 *CF 2 M 9.2 22.3 2.5 3.0 130 113 121
34 *CP 2 M 22.6 33.0 2.0 2.0 66 62 64
35 *GG 2 F 18.6 29.0 2.0 3.0 73 99 86
36 *PC 2 F 11.5 22.4 2.0 2.0 93 75 84
37 *US 2 F 12.0 26.0 2.5 4.0 114 139 126
38 *VF 2 F 16.5 34.0 2.0 2.0 78 61 69
3.5 Conclusioni e discussione
La Figura 3.2 mostra il boxplot dei tempi di esecuzione T1, T2 in minuti ed il
boxplot degli indici di performance B1, B2 nella scala tassonomica di Bloom
per i due gruppi g1 (svolgimento con cabri g´eom`etre) e g2 (svolgimento
tradizionale con carta e matita). Le differenze sono poco evidenti ma vanno
ossservate alcune tendenze: nell’Esercizio 1 il Gruppo 1 ha lavorato un po’ pi`u
rapidamente e con risultati lievemente migliori, mentre nell’Esercizio 2 i tempi
del Gruppo 1 sono un po’ pi`u lunghi (hanno lavorato di pi`u) ma permangono
risultati lievemente migliori.
La Figura 3.3(a) mostra il boxplot dell’indice sintetico PI per i due gruppi
3.5. CONCLUSIONI E DISCUSSIONE 29
g1 (svolgimento con cabri g´eom`etre) e g2 (svolgimento tradizionale con
carta e matita). Si osservi che le distribuzioni sono simili fra loro, entrambe
fortemente asimmetriche con il secondo quartile [Q1, Q2] quasi completamente
schiacciato sulla mediana; il sommario numerico `e riportato nella Tabella 3.2.
Min. Q1 Mediana Q2 Media Q3 Max.
g1 34.00 99.00 104.00 113.10 138.30 190.00
g2 49.00 83.25 89.00 97.28 122.50 142.00
Tabella 3.2: Sommario numerico dell’indice PI relativo ai due gruppi g1 e g2.
Ribadiamo che lo scopo di questo progetto pilota non `e la valutazione “defini-
tiva” dell’efficacia didattica dell’insegnamento della geometria con l’utilizzo di
un software di geometria dinamica rispetto all’insegnamento tradizionale con
carta e matita: `e invece quello di proporre una strategia di indagine adatta a
svolgere tale valutazione qualora si possa usufruire di un campione molto pi`u
ampio di quello qui considerato. Tuttavia va osservato nella Tabella 3.2 che
l’indice PI relativo al gruppo g1 (risp. al gruppo g2) ha sia media che mediana
maggiori (risp. minori) del valore medio di riferimento uguale a 100. Per una
analisi statistica pi`u approfondita, va notato che la natura qualitativa di PI
rende inapproprato l’uso del test di Student o dell’indice η2
di dipendenza in
media.15 `E tuttavia sempre possibile eseguire un test χ2
di indipendenza sulla
tabella di contingenza che relaziona l’appartenenza al gruppo g1 oppure a g2
con valori PI ≤ 100 oppure PI > 100. La significativit`a dei dati `e 89.25%, per
cui limiti di fiducia inferiori a circa 90% condurrebbero a respingere l’ipotesi
di indipendenza fra l’uso o meno di cabri g´eom`etre e la performance nella
soluzione del compito.
15
Il test di Student `e ovviamente controindicato anche dalla evidente non–normalit`a della
distribuzione di PI. L’ideale sarebbe un test su due campioni a una coda del tipo H0 : µ1 =
µ2 contro H1 : µ1 > µ2.
30 CAPITOLO 3. IL PROGETTO PILOTA
PI ≤ 100 PI > 100
g1 7 13 20
g2 11 7 18
18 20 38
Tabella 3.3: Tabella di contingenza
q
T1[g1] T1[g2] T2[g1] T2[g2]
5101520253035
Tempi di esecuzione
q
qqqq
B1[g1] B1[g2] B2[g1] B2[g2]
01234
Indici di Bloom
(a) (b)
Figura 3.2: Boxplot (a) dei tempi di esecuzione in minuti e (b) degli indici di
performance nella scala tassonomica di Bloom per i due gruppi g1 (svolgimento
con cabri g´eom`etre) e g2 (svolgimento tradizionale con carta e matita)
3.5. CONCLUSIONI E DISCUSSIONE 31
qq
g1 g2
50100150200 Indici di performance
qq
g1 g2 g3
50100150200
Indici di performance
(a) (b)
Figura 3.3: Indice sintetico PI per (a) i due gruppi g1 (svolgimento con cabri
g´eom`etre) e g2 (svolgimento tradizionale con carta e matita); confronto (b)
con l’indice PI relativo al terzo gruppo g3 a didattica tradizionale.
3.5.1 Il dataframe dei risultati del Test 2
Il Test 2 `e stato somministrato ai partecipanti che costituiscono il gruppo g3;
per esso `e stato valutato l’indice PI come in precedenza:
P G S T1 T2 B1 B2 P1 P2 PI
39 *BA 3 M 6.1 12.5 2.0 1.0 128 50 89
40 *BR 3 M 12.1 20.8 2.0 3.0 91 117 104
41 *CC 3 M 6.3 19.2 3.0 3.5 189 142 165
42 *DM 3 M 11.0 35.6 3.0 4.5 143 134 138
43 *FI 3 F 6.7 11.4 3.0 4.5 183 236 210
44 *GC 3 F 5.4 20.3 2.0 2.0 136 79 107
45 *GM 3 M 8.9 18.6 3.0 4.0 159 165 162
46 *ME 3 F 4.8 18.6 3.0 3.0 216 123 170
47 *NM 3 F 17.9 33.9 2.0 2.0 75 61 68
48 *OG 3 M 8.3 19.2 2.0 4.0 109 162 136
49 *OA 3 F 9.2 32.8 2.0 2.0 104 62 83
50 *PM 3 M 7.3 24.2 3.0 4.5 175 162 169
32 CAPITOLO 3. IL PROGETTO PILOTA
51 *PA 3 M 10.9 20.5 3.0 3.0 143 118 130
52 *PG 3 M 5.1 20.1 2.0 2.0 140 79 109
53 *RA 3 M 6.3 19.2 4.0 4.5 251 182 217
54 *RG 3 F 9.4 19.2 2.0 2.0 103 81 92
55 *RC 3 F 9.8 33.7 2.0 3.0 101 92 96
56 *ST 3 M 7.4 20.3 2.0 2.5 116 98 107
57 *SF 3 M 6.7 19.2 2.0 2.5 122 101 112
58 *TC 3 F 15.0 20.8 3.0 3.5 122 136 129
59 *TG 3 F 8.3 17.1 2.0 3.0 109 129 119
60 *ZE 3 F 6.7 18.6 3.0 1.0 183 41 112
La Figura 3.3(b) mostra il boxplot dell’indice sintetico PI per i tre gruppi
g1, g2 e g3: le performance di g3 sono superiori sia a quelle di g1 che di
g2. Questo potrebbe apparire come un argomento a sfavore dell’utilizzo di un
DGS, ma non `e cos`ı: questo mostra semplicemente che il compito scelto non
`e pregiuzionalmente orientato verso l’ipotesi favorevole all’utilizzo di un DGS,
tanto che una classe diversa che non `e stata istruita con un DGS `e stata in
grado di svolgere il compito in modo altrettanto buono (se non meglio) delle
classi istruite con un DGS.
3.5.2 Analisi per genere
`E ben noto che ricerche degli ultimi decenni hanno documentato diversi ren-
dimenti scolastici in matematica fra maschi e femmine. Tipicamente, nella
fascia 5–10 anni il rendimento in matematica delle femmine `e pari a quello dei
maschi, ma successivamente diminuisce [19]. Questo fenomeno `e conosciuto in
letteratura come “gender gap in mathematics” e le sue origini sono tema di
ricerca e discussione.
Nei partecipanti al progetto pilota, i due generi non sono egualmente rap-
presentati nei gruppi g1, g2 e g3, essendo le femmine circa met`a dei maschi:
vedi Tabella 3.4. Per analizzare se i test abbiano evidenziato un rendimento
diverso per genere, abbiamo disaggregato per ciascuno dei gruppi g1, g2 e g3
i dati del corrispondente indice sintetico PI di performance: vedi Figura 3.4.
Nella figura i tre grafici hanno la stessa scala delle ordinate (35 ≤ PI ≤ 215).
Si pu`o affermare che non si riscontrano in questo campione differenze statisti-
3.5. CONCLUSIONI E DISCUSSIONE 33
camente significative nell’indice sintetico PI di performance dovute al genere
del partecipante. Tuttavia i tre grafici della Figura 3.4 indicano tendenzial-
mente una maggior abilit`a nei maschi nelle condizioni “carta e matita” g2 e
g3, mentre nella condizione g1 corrispondente all’uso di cabri g´eom`etre si
osserva una sostanziale pari abilit`a fra maschi e femmine. Questa osservazione,
se confermata ulteriormente, potrebbe essere oggetto di uno studio successi-
vo, avente lo scopo di verificare se, per quanto attiene l’apprendimento della
geometria, l’uso di un DGS consente di chiudere o ridurre il gender gap.16
g1 g2 g3
Femmine 7 6 10 23
Maschi 13 12 12 37
20 18 22 60
Tabella 3.4: Suddivisione dei gruppi g1, g2 e g3 per genere.
q
q qq
Femmine Maschi Tutti
50100150200
Indici di performance (G=1)
Femmine Maschi Tutti
50100150200
Indici di performance (G=2)
q
Femmine Maschi Tutti
50100150200
Indici di performance (G=3)
Figura 3.4: Indice sintetico PI relativo ai partecipanti de gruppi g1, g2 e g3, di-
saggregato per genere (scala: 35 ≤ PI ≤ 215): non si riscontrano nel campione
differenze statisticamente significative dovute al sesso del partecipante.
16
L’uso di un DGS potrebbe avere effetto sia indirettamente sulla socializzazione, sul
lavoro collaborativo ecc., che direttamente sulle abilit`a visuo–spaziali, due delle principali
cause che sono spesso indicate all’origine del gender gap in mathematics.
34 CAPITOLO 3. IL PROGETTO PILOTA
3.5.3 Prospettive
Il progetto pilota ha mostrato la fattibilit`a di un test che valuti l’apprendimen-
to della geometria al termine del primo ciclo o all’inizio del secondo, in due
condizioni principali, con o senza l’uso di un DGS. Infatti, nel progetto pilota
sono emerse, fra le due condizioni, differenze di performance nella risoluzione
di esercizi–guida che sono risultate statisticamente significative all’80% circa
(test χ2
). Conseguentemente, si ritiene che il progetto pilota possa essere sug-
gerito per la ripetizione dei test (inclusa la fase preliminare di preparazione) in
un numero adeguatamente elevato di scuole (almeno una decina), presentan-
dolo e proponendolo a strutture di ricerca didattica gi`a qualificate nell’impiego
in classe di cabri g´eom`etre, come l’IRRE–Emilia Romagna. Su questa sca-
la, sarebbe utile testare anche la condizione g4 precedentemente illustrata e
valutare la ipotesi discussa nella sezione 3.5.2.
Qualora il test a larga scala fornisse risultati statisticamente significativi,
questi potrebbero costituire una base per la proposta di un esperimento di brain
imaging relativo al ruolo dei software dinamici nei processi di apprendimento
della geometria, come gi`a detto nel Capitolo 1.
Appendice A
Una breve descrizione di CABRI G´EOM`ETRE
A.1 Presentazione
cabri g´eom`etre `e un software progettato per l’insegnamento della geome-
tria, creato nel 1988 da un gruppo di ricercatori dell’Universit`a Joseph Fourier
di Grenoble guidato da Jean–Marie Laborde. Nella prima versione, Cabri I,
erano impiegate tecnologie informatiche allora molto avanzate, in particolare
l’interazione diretta tramite il mouse ed un’interfaccia grafica, due caratteristi-
che che sarebbero diventate in seguito degli standard per i sistemi operativi e
per i principali software applicativi. Essa `e apparsa subito molto interessante
agli insegnanti ed ha avuto una notevole diffusione nella scuola media e nelle
scuole superiori in ambiente operativo MS-DOS, sistema allora prevalente nei
computer presenti nei laboratori di informatica delle scuole, introdotti a se-
guito del Piano Nazionale per l’Informatica (1989). Nel 1996 viene diffusa la
seconda versione, Cabri II, per i sistemi MS-DOS e per Mac, due anni dopo
la versione per Windows; agli inizi del 2003 esce la terza versione del software,
con il nome di cabri g´eom`etre ii plus.
cabri g´eom`etre conta, dopo quindici anni, pi`u di una decina di milioni
di utenti in tutto il mondo, che lo utilizzano su computer dotati di sistemi
Windows e Mac OS, oltre che su alcune calcolatrici grafiche (TI-92 Plus, TI-89,
Voyage 200 e - dal luglio 2003 – sulla TI-83 Plus con Cabri Junior) prodotte
dalla Texas Instruments. cabri g´eom`etre `e ora sviluppato da Cabrilog,
Grenoble (Francia), una societ`a fondata nel 2000 da Jean–Marie Laborde.
La terza versione del software contiene molti miglioramenti, in larga parte
35
36 APPENDICE A. DESCRIZIONE DI CABRI G´EOM`ETRE
suggeriti dagli utenti stessi, che la rendono ancora pi`u ricca di prestazioni,
piacevole da usare, oltre che di notevole valenza didattica per l’insegnamento
e l’apprendimento della geometria. `E la versione utilizzata in questo lavoro.
La Figura A.1, adattata da [40], da dove `e tratta anche questa presentazione,
mostra una tipica finestra di cabri g´eom`etre.
Figura A.1: Una tipica finestra di cabri g´eom`etre, adattata da [40].
Quali sono le caratteristiche di cabri g´eom`etre e quali possono essere le
ragioni che hanno convinto cos`ı tanti insegnanti, non solo in Italia, a utilizzarlo
in classe?
L’ambiente cabri g´eom`etre permette di costruire per mezzo di operato-
ri (primitive di costruzione) degli oggetti geometrici facendo intervenire delle
relazioni tra gli oggetti stessi. Essi hanno un modo di utilizzazione che rende il
loro comportamento simile a quello che questi oggetti hanno nella geometria eu-
clidea. L’utente costruisce sullo schermo del computer un disegno e gli d`a delle
specifiche geometriche tramite la manipolazione diretta e con l’aiuto di stru-
menti contenuti in menu “a tendina”. Le propriet`a che rimangono invarianti
A.2. ALCUNE CARATTERISTICHE 37
nella figura sono individuate tramite il trascinamento (dragging) degli elementi
grafici della figura con il mouse. Le figure create con cabri g´eom`etre non
rappresentano quindi una sola configurazione, ma potenzialmente si riferiscono
a un’intera classe di disegni equivalenti.
Alcune ragioni a favore del suo utilizzo sono le seguenti, ben note a chiunque
abbia usato cabri g´eom`etre anche poche volte:
• la manipolazione diretta delle figure come base per l’apprendimento di
fatti geometrici.
• la dinamicit`a delle figure e la facile interazione con esse.
• l’uso semplice e intuitivo (il mouse `e fondamentale nell’uso di questo
software): non ci sono complicazioni informatiche per il suo uso; in un
certo senso `e nato per fare matematica;
• cabri g´eom`etre “si comporta” nel funzionamento come ci si aspetta
si comporti da un punto di vista matematico; in esso `e incorporata in
qualche modo una “logica di funzionamento” simile a quella che si usa
in geometria.
A.2 Alcune caratteristiche
Il cursore di cabri g´eom`etre pu`o assumere diverse forme: la Tabella A.1
mostra alcune delle varie forme che pu`o assumere il cursore nelle varie situazio-
ni. Delle forme del cursore presentate, le principali sono quattro: la croce, la
mano con indice, la mano semi chiusa, la matita. Il cursore “a croce” `e quello
di default, ed appare all’avvio del programma. Indica che il cursore si trova
in una zona libera della zona di lavoro; sotto Windows, se si tiene premuto il
tasto sinistro del mouse, o il tasto unico sotto Mac OS, si pu`o selezionare una
parte rettangolare dello schermo, e se in questa zona sono compresi degli og-
getti questi lampeggiano (tranne le rette e le semirette) e si possono cancellare
tramite il tasto canc.
Se il cursore invece passa su un oggetto la forma cambia diventando “mano
con indice”: questa `e la modalit`a manipolazione, ed insieme compare anche
38 APPENDICE A. DESCRIZIONE DI CABRI G´EOM`ETRE
Un oggetto esistente pu`o essere selezionato
Un oggetto esistente pu`o essere selezionato, spostato o usato
all’interno di una costruzione
Compare quando si clicca sopra un oggetto esistente per
selezionarlo o per usarlo in una costruzione
Viene offerto un menu a tendina con un certo numero di
differenti opzioni che possono essere scelte
Compare quando si sposta un oggetto (dragging)
Il cursore `e in una regione libera del foglio di lavoro. Si pu`o
usare il ‘Click & Drag’ per selezionare una regione rettangolare
Segnala la modalit`a di spostamento del foglio di lavoro
Compare quando si sposta il foglio di lavoro
Indica che un singolo click generer`a un nuovo ‘punto libero’ sul
foglio di lavoro
Indica che un singolo click generer`a un nuovo punto su un
oggetto esistente o all’intersezione di due oggetti esistenti
Indica che un singolo click riempir`a l’oggetto sotto il cursore
con il colore attualmente selezionato
Indica che un singolo click cambier`q gli attributi (per esempio:
colore, stile, spessore, ecc.) dell’oggetto sotto il cursore
Tabella A.1: Alcuni dei cursori di cabri g´eom`etre ed il loro significato.
A.2. ALCUNE CARATTERISTICHE 39
una scritta che indica il nome dell’oggetto. Con questa modalit`a `e possibile
selezionare l’oggetto con un clic e l’indice si piegher`a assumendo la forma
“mano con indice piegato”.
Il cursore a forma di “mano quasi chiusa” indica che l’oggetto selezionato `e
in una fase di spostamento, lo spostamento di un oggetto `e possibile dopo che `e
stato selezionato tenendo premuto il tasto sinistro del mouse sotto Windows, o
il tasto unico sotto Mac OS. Il cursore prende la forma “matita in su” quando
si possono creare oggetti con un clic.
Tra i diversi sottomenu e funzioni, vale la pena descriverne alcuni molto
utili dal punto di vista didattico.
Cursore a mano aperta Il cursore a forma di mano aperta consente di spo-
stare gli oggetti rappresentati di cui compare il nome, ed una rapida
verifica, sia da parte dell’ allievo che dell’insegnante, se il lavoro svolto `e
corretto, potendo in questo modo apportare delle modifiche.
Preferenze Preferenze `e utile per correggere i difetti causati dalle proporzioni
in pixel, affinch´e si possa vedere sempre la stesso aspetto in tutte le
sessioni di lavoro.
Aspetto oggetto L’aspetto oggetto si utilizza alla fine del lavoro permetten-
do di abbellire l’aspetto del lavoro colorando alcuni oggetti, evidenziarne
o nascondere altri; questo strumento `e gratificante per i ragazzi perch´e
consente loro di presentare un lavoro formalmente curato e gradevole di
aspetto.
Ri–costruzione passo a passo Ri–costruzione passo a passo offre la possi-
bilit`a di ripercorrere tutti i passaggi effettuati nella costruzione presente
sullo schermo; `e molto utile all’insegnante che pu`o controllare se la co-
struzione `e stata svolta in modo corretto e se l’allievo ha rispettato le
consegne; `e molto utile anche all’allievo perch´e in questo modo svolge
il doppio compito di applicare le stesse istruzioni sia per un esecutore
di azioni reali con carta e matita che per un utente cabri g´eom`etre;
inoltre `e un ottimo metodo per ripassare e mantenere l’informazione pi`u
a lungo in memoria o rielaborarla.
40 APPENDICE A. DESCRIZIONE DI CABRI G´EOM`ETRE
Appendice B
Strumenti per la valutazione dell’attenzione:
il test di Zazzo dei deux barrages
L’attenzione selettiva e di mantenimento viene comunemente valutata median-
te prove di risposta differenziale a stimoli uditivi o visivi, che l’individuo deve
distinguere da altri. Si pu`o per esempio procedere alla misura dei tempi di
reazione (per esempio la quantit`a di tempo che intercorre tra la presentazione
degli stimoli e la risposta dell’individuo) di una serie di prove in cui si deve
riconoscere un determinato stimolo presentato assieme ad altri. Pi`u il compito
`e prolungato e pi`u gli stimoli sono simili tra loro, pi`u la vigilanza deve essere
sostenuta; per questo motivo compiti di questo tipo vengono definiti compiti di
“vigilanza”. Tralasciamo i test uditivi (come il Continuous Performance Test,
o CPT), e descriviamo in dettaglio, seguendo [34], una prova originariamente
sviluppata da Zazzo [43, 44], detta comunemente test dei deux barrages.
Questa prova consiste nel discriminare pi`u rapidamente possibile e segnare
(barrer) alcuni simboli mescolati ad altri, con i quali possono essere facilmente
confusi. Questo test si riferisce a quello di Toulose-Pi´eron, ma nella versione di
Zazzo i quadrati sono leggermente pi`u grandi per poter diminuire l’influenza
del fattore di acuit`a visiva sull’abilit`a di discriminazione visiva. La prova si
svolge in due fasi, una prima in cui si deve individuare e segnare un solo tipo
di segni, una seconda in cui si devono individuarne e segnarne due diversi. Nel
caso dell’individuazione di un segno non vi `e limite di tempo, e ogni soggetto
viene classificato in base al tempo d’esecuzione (metodo cronometrico). Ogni
quattro righe si prende nota del tempo: i tempi parziali, tradotti in velocit`a
d’esecuzione (ossia numero dei segni contrassegnati ogni minuto) forniscono la
41
42 APPENDICE B. TEST DI ZAZZO DEI DEUX BARRAGES
base per stabilire l’andamento nella velocit`a di svolgimento della prova. Nel
caso della prova con due segni `e invece stabilito un tempo massimo di ese-
cuzione di 10 minuti. La variabile `e dunque la quantit`a di esecuzione della
prova (numero dei segni esaminati) fornita ogni minuto (metodo ergonometri-
co). Alla fine di ogni minuto si prende nota del numero di righe terminate dal
soggetto e del numero di segni esaminati. Anche questo metodo permette di
individuare la curva di velocit`a.
Vi sono vari indici per valutare la prova. Uno di questi `e quello relativo
alle “inesattezze” nel barrage, ossia il rapporto fra il numero totale degli errori
(falsi positivi + omissioni) e il numero totale dei segni da barrare nella prova,
che nel caso della prova con un segno `e 125, mentre nel caso della prova con
due segni tale numero complessivo non `e fisso, essendo la qualit`a di esecuzione
della prova variabile da soggetto a soggetto. Un altro indice riguarda il “ren-
dimento”, che `e dato dal numero medio dei segni barrati in un minuto. Ci`o
che `e importante `e confrontare comparativamente (qualitativamente e quanti-
tativamente) il risultato della prima e della seconda fase. `E particolarmente
significativo il confronto nel rendimento e nelle strategie utilizzate per indivi-
duare e contrassegnare un solo segno e due segni. Zazzo sottolinea che queste
variazioni sperimentali nel numero di segni da individuare potrebbero essere
aumentate, in modo da costruire prove di barrage con tre o quattro livelli di
difficolt`a. Per una trattazione completa della prova si rinvia a [44].
Il caso in esame Nel caso in esame, il test `e stato somministrato singo-
larmrnte ad ogni allievo, in un’aula concessa appositamente dalla scuola. In
questa aula c’erano buone condizioni di luce, quattro tavolini e quattro sedie,
situate in una sezione della scuola abbastanza silenziosa. Gli allievi sono stati
inviati singolarmente, dalla propria insegnante nell’ora di scienze. La dispo-
sizione tra lo sperimentatore e il partecipante era quella classica proposta da
Zazzo, ossia lo sperimentatore si sedeva alla destra di lato del partecipante. Il
materiale a disposizione era per lo sperimentatore un foglio di notazione, un
cronometro, una matita; per il partecipante una matita lunga e ben appuntita,
un foglio per il contrassegno di un segno, e un secondo foglio per il contrassegno
di due segni. L’ordine dei preparativi per l’esame `e stato il seguente:
1. Si `e sistemato il partecipante e si `e stabilita la scheda per l’esame; il
43
partecipante ha poi scritto sul foglio di notazione le iniziali del nome e
cognome, la lateralit`a, il sesso, la data e l’ora dell’esame.
2. `E stata presentata la prova e si `e messo a proprio agio il partecipante;
dopo esserci assicurati che non conoscesse gi`a la prova, gli si `e mostrato il
foglio della prima notazione ed `e stato rassicurato su cosa ci si aspettava
da lui: “Ti domander`o di eseguire un lavoro facile, esige solola massima
attenzione. Si tratta di vedere solo se lavori presto e bene. . . ”.
3. Sono state date le consegne.
Per la prima prova non sono stati fissati limiti di tempo, mentre per la seconda
`e stato previsto un tempo massimo di dieci minuti. Agli allievi `e stato spiegato
che che non si trattava di un test di intelligenza e che insegnanti, famiglie o
altri non avrebbero potuto prendere visione dei risultati personali.
44 APPENDICE B. TEST DI ZAZZO DEI DEUX BARRAGES
Appendice C
Strumenti per la valutazione delle abilit`a scolastiche:
il test di Amoretti et al.
Il test di Matematica per la scuola dell’obbligo, a cura del nucleo di ricerca in
didattica della matematica dell’istituto di Psicologia dell’Universit`a di Pavia
`e un test di profitto, relativo in particolar modo alla valutazione sommativa
delle abilit`a al termine dell’anno scolastico. Pu`o essere somministrato all’inizio
dell’anno come test d’ingresso, utilizzando dil test relativo all’anno precedente.
Comprende i temi proposti dai programmi ministeriali per le scuole elementari
e da quelli della scuola media ad eccezione dell’informatica, ritenuta troppo
difficile perch´e dipendente dalle scelte del singolo insegnante.
La prova `e composta da tre subtest, riguardanti rispettivamente la geo-
metria, la logica e infine la probabilit`a e la statistica. L’elaborazione delle
domande d’ogni prova, `e stata fatta in modo tale da focalizzare la valutazione
degli obiettivi proposti dai programmi. Sono state utilizzate in prevalenza do-
mande a scelta multipla o aperta con risposta univoca. Le prove per la scuola
elementare sono mediamente facili e mediamente discriminative, mentre quel-
le della scuola media sono pi`u difficili e pi`u discriminative. Le prove inoltre
consentono una valutazione rispetto ai gruppi di riferimento, consentendo di
paragonare i risultati degli alunni con quelli dei compagni di pari et`a e livello
scolare.
Il test ha dimostrato buone capacit`a psicometriche, si `e dimostrato atten-
dibile per evidenziare gli allievi con delle difficolt`a nell’area della matematica
[35, 36].
45
46 APPENDICE C. TEST DI AMORETTI ET AL.
Il caso in esame La somministrazione del test `e avvenuta in classe, duran-
te un’ora di scienze; le insegnanti non avevano preavvisato gli allievi che ci
sarebbe stata la prova, che `e avvenuta con la presenza dell’insegnante e del-
l’esaminatrice. Gli allievi sono stati invitati a spostarsi, allontanando i banchi
alla distanza di circa un metro l’uno dall’altro, e a togliere dal proprio banco
ogni cosa, lasciando solo una matita, una riga e una calcolatrice. Sono stati
invitati ad ascoltare l’esaminatrice, che li ha invitati a stare in silenzio e fare
attenzione a ci`o che avrebbe detto. `E stato spiegato che i risultati dei test
non avrebbero influito in nessun modo sui voti in scienze, ma che ugualmente
dovevano svolgere il test nel modo migliore possibile. Assegnati gli esercizi,
dovevano inserire le iniziali del nome, cognome, sesso e data dell’esame. Al via
dell’esaminatrice avrebbero potuto girare il foglio e iniziare lo svolgimento del
test, in un tempo massimo di 35 minuti. In caso qualcosa non risultasse chiaro,
erano invitati al silenzio: dovevano in tal caso alzare la mano e l’esaminatrice
sarebbe andata al loro banco per i chiarimenti necessari (gli esercizi del test
sono stati selezionati dall’insegnante).
Appendice D
Descrizione dell’algoritmo per la formazione dei gruppi
Descriviamo pi`u in dettaglio l’algoritmo della Tabella 3.1 e la sua implementa-
zione in R, tratta da [21]. Consideriamo il caso di n partecipanti numerati da
1 ad n, e supponiamo per semplicit`a che il profilo psicologico per partecipante
k sia un vettore 2−dimensionale π(k) = (π(k)1, π(k)2). Supponiamo che π1 e
π1 siano variabili indipendenti distribuite normalmente con µ = 0 e σ = 1, e
simuliamo i due campioni aleatori delle osservazioni con i comandi1
n <- 43 # ad esempio
p <- 2 # ad esempio
nomi <- c(1:n)
π1 = pi1 <- rnorm(n)
π2 = pi2 <- rnorm(n)
Costruiamo allora una matrice numerica tab di tipo n × p (nel caso in
esame 43 × 2) ponendo tab <- matrix(c(pi1,pi2),43,2), ed utilizziamo il
seguente codice di R:
> dm <- 0
> for(k in 1:floor(n/2)) {
+ s <- length(tab[,1])
1
I dati cos`ı simulati sono π1 = (−0.15, −0.37, 2.61, −0.39, −0.23, −0.76, 1.67, 0.25, 0.18,
1.60, 1.38, −2.34, −0.48, −0.51, −1.81, −0.24, 0.34, −0.03, 0.27, −0.30, −1.26, 0.43, 1.79,
1.52, −0.22, 0.82, 0.92, 0.23, −0.23, 0.00, −0.38, −1.52, 0.86, 0.81, 1.58, 1.34, −0.01, −0.57,
−0.23, 0.55, 0.10, −0.54, −1.21); π2 = (−1.06, −1.69, 0.98, −1.27, −0.31, −0.97, −0.94,
−0.18, 0.77, 0.14, −1.46, −0.67, −0.15, −0.33, 0.05, −0.07, 1.94, −0.31, 0.42, 1.17, 0.26,
0.00, −1.24, 0.61, −0.54, −0.54, 0.43, 0.55, 1.90, 0.19, −0.16, −0.96, −0.31, 1.91, −1.12,
−0.36, −0.81, −1.19, −0.65, 0.75, −0.20, 0.22, 0.66).
47
48 APPENDICE D. DESCRIZIONE DELL’ALGORITMO
+ i <- 1 + floor(s*runif(1))
+ f <- margin.table(abs(t(tab) - tab[i,]), 2)
+ m <- min(f[which(f!=0)])
+ j <- which(f==m)
+ if(length(j)>1) {j <- j[1 + floor(length(j)*runif(1))]}
+ d <- sum(abs(tab[j,]-tab[i,]))
+ dm <- dm + d
+ cat("Coppia",k,": ", nomi[[i]], nomi[[j]],"(d = ",d,")n")
+ r <- which((1:s!=j) & (1:s!=i))
+ tab <- tab[r,]
+ nomi <- nomi[r]
+ }
> if(length(nomi)>0) {cat("Viene escluso:",nomi)}
> cat("Distanza media:",dm/floor(n/2))
Eseguendo questo codice, otteniamo per i dati simulati i due gruppi seguenti:
g1 = ( 8, 23, 31, 11, 17, 21, 18, 33, 29, 30, 1, 2, 28, 32, 14, 38, 22, 36, 24, 12, 42)
g2 = (41, 35, 13, 7, 34, 43, 5, 26, 20, 16, 37, 4, 19, 6, 25, 39, 40, 10, 27, 15, 9 )
dai quali `e rimasto escluso il partecipante numero 3. Il grafico scatterato della
Figura D.1 mostra con simboli diversi la collocazione dei due gruppi nel piano
delle variabili π1 e π2.
La distanza media fra le coppie `e risultata 0.5819048.
Si noti quindi che l’algoritmo `e pi`u efficiente della semplice selezione casuale
nei punti seguenti.
• Nel trattamento degli outliers vicini, che di norma vengono ripartiti
“equamente” fra i due gruppi. Ad esempio, consideriamo nella simu-
lazione di Figura D.1 il gruppo dei quattro partecipanti (i numeri 7, 11,
23 e 35) nell’angolo basso–destro, con valori massimi di π1 e minimi di
π2, che hanno profili molto simili:
π(23) = (1.79, −1.24), π(35) = (1.58, −1.52)
π(11) = (1.38, −1.46), π(7) = (1.67, −0.94)
L’algoritmo ha accoppiato il partecipante 23 con il 35 ed l’11 con il
7, ponendo il 23 e l’11 in g1 ed il 35 ed il 7 in g2. In principio un
procedimento casuale non avrebbe assicurato a priori questo risultato.
49
−3 −2 −1 0 1 2 3
−3−2−10123
pi1
pi2
Figura D.1: Esempio di applicazione dell’algoritmo: gruppo g1: triangle point–
up rosso; gruppo g2: triangle point–down blu.
• Nella minimizzazione della distanza media fra i membri delle coppie.
Per chiarire questo punto abbiamo eseguito 1000 volte l’algoritmo sui
dati reali dei test preparatori (con n = 43 e p = 7), ottenendo per
la distanza media l’istogramma della Figura D.2(a). Per confronto, la
Figura D.2(b) mostra l’istogramma che si ottiene se si procede sempre
per 1000 volte all’accoppiamento in modo puramente casuale (senza tener
conto dei profili psicologici): si noti che in tale caso il valore atteso `e quasi
raddoppiato (ed anche la deziazione standard `e quasi doppia). Questo
dimostra l’utilit`a che anche il semplice algoritmo “avido” che abbiamo
implementato pu`o avere nella composizione dei due campioni.2
2
Gli algoritmi avidi (greedy) lavorano per passi successivi. Ad ogni passo viene presa
una decisione che sembra in quel momento la migliore, senza tener conto delle conseguenze
future di tale scelta. Questa strategia del tipo “meglio un uovo oggi. . . ” `e all’origine del
nome di questa classe di algoritmi. In generale gli algoritmi avidi non producono soluzioni
ottime, ma, se queste non sono richieste, essi sono da preferire agli algoritmi pi`u complessi
generalmente necessari per l’ottimo.
50 APPENDICE D. DESCRIZIONE DELL’ALGORITMO
Distanza media
V1
Frequency
3.2 3.4 3.6 3.8 4.0 4.2 4.4
050100150200
Distanza media
V1
Frequency
5.5 6.0 6.5 7.0 7.5 8.0
050100150200
(a) (b)
Figura D.2: Istogrammi: (a) µ = 3.70, σ = 0.178; (b) µ = 6.81, σ = 0.384.
Numero di prove: 1000.
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Copia di importante apprendimento

  • 1. Universit`a degli Studi di Trieste Facolt`a di Psicologia Corso di Laurea in Discipline dello sviluppo psicologico e dell’istruzione Classe 34 – Scienze e tecniche psicologiche Tesi di Laurea in Discipline dello sviluppo psicologico e dell’istruzione valutazione dell’apprendimento in un ambiente di geometria dinamica Laureanda: Relatore: Nadia Sollazzo Chiar.mo Prof. Sergio Invernizzi Correlatore: Chiar.ma Prof.ssa Giovanna Maria Pelamatti anno accademico 2004-2005
  • 2.
  • 3. A tutti i bambini ed ai miei genitori
  • 5. Indice Prefazione xv 1 Introduzione 1 2 L’apprendimento 5 2.1 Definizione dell’apprendimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 2.2 I modi di apprendere a scuola . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6 2.3 Il pensiero scientifico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 2.4 La teoria dell’attribuzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 2.5 L’attenzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 2.6 Il problem solving . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 3 Il progetto pilota 17 3.1 Fase preliminare di preparazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 3.2 Test 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19 3.2.1 Metodo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19 3.3 Test 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 3.3.1 Metodo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 3.4 La valutazione dei test . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24 3.4.1 La tassonomia di Bloom . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 3.4.2 Il dataframe dei risultati del Test 1 . . . . . . . . . . . . 26 3.5 Conclusioni e discussione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28 3.5.1 Il dataframe dei risultati del Test 2 . . . . . . . . . . . . 31 3.5.2 Analisi per genere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32 3.5.3 Prospettive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34 ix
  • 6. x INDICE A Descrizione di CABRI G´EOM`ETRE 35 A.1 Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35 A.2 Alcune caratteristiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37 B Test di Zazzo dei deux barrages 41 C Test di Amoretti et al. 45 D Descrizione dell’algoritmo 47
  • 7. Elenco delle figure 3.1 Elaborati di un partecipante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 3.2 Boxplot dei tempi di esecuzione e degli indici di performance . . 30 3.3 Indice sintetico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31 3.4 Indice sintetico per genere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33 A.1 Una tipica finestra di cabri g´eom`etre . . . . . . . . . . . . . 36 D.1 Esempio di applicazione dell’algoritmo . . . . . . . . . . . . . . 49 D.2 Istogrammi. Numero di prove: 1000 . . . . . . . . . . . . . . . . 50 xi
  • 9. Elenco delle tabelle 3.1 Algoritmo per la suddivisione della popolazione . . . . . . . . . 22 3.2 Sommario numerico dell’indice PI . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 3.3 Tabella di contingenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30 3.4 Suddivisione dei gruppi per genere . . . . . . . . . . . . . . . . . 33 A.1 Cursori di cabri g´eom`etre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38 xiii
  • 10.
  • 11. Prefazione Questo mio lavoro rappresenta l’epilogo di un progetto pilota avviato circa due anni fa e presentato nella tesi di laurea della classe 34 della Dott.ssa Raffaella Marin. La peculiarit`a del presente lavoro `e stata, fin dall’inizio, grazie al contributo offerto dalla Marin, la ricerca di un’analisi approfondita delle variabili psico- biologiche relative all’argomento. Nel mio personale contributo mi prefiggo di raggiungere un obiettivo applicativo e metodologico, seppur minato dai limiti insiti nella complessit`a della materia in oggetto e dalla scarsit`a di contributi in letteratura. L’argomento riguarda l’uso delle nuove metodologie didattiche, in questo caso l’apprendimento della geometria in un ambiente dinamico offerto da ca- bri g´eom`etre. Molti insegnanti sono convinti che sia uno strumento utile ed efficace per promuovere l’aquisizione della materia, ma ci sono poche evidenze empiriche che lo dimostrino. Nadia Sollazzo Settembre 2005 xv
  • 12. xvi PREFAZIONE Ringraziamenti Ringraziamenti sentiti per: Il Prof. Sergio Invernizzi, per il pregevole supporto che ha saputo offrire nel faticoso percorso evolutivo che ha condotto alla realizzazione di questo lavoro e per il sostegno infaticabile ricco di preziosi consigli e di meticoloso impegno. Il Prof. Pier Paolo Battaglini, per l’appoggio ed i materiali forniti per la stesura delle due tesi. La Prof.ssa Lucia Lumbelli per alcuni utili colloqui e per la disponibilit`a dimostrata. La Prof.ssa Maria Giovanna Pelamatti per il suo sostegno . . . la sua pazien- za, e per avermi indirizzato nel percorso del tirocinio. La Prof.ssa Luciana Zuccheri, per avermi introdotto nel mondo di Cabri. La Prof.ssa Gisella Paoletti, per avermi fornito di materiale prezioso. La Prof.ssa Paola Gallopin, il Preside e tre allievi del Liceo Scientifico “Galileo Galilei” di Trieste, per una prova preliminare ai fini della realizzazione del progetto. La Preside Prof.ssa Marina Rocco, le Proff.sse Patrizia Chiaratto, Laura Relli, Claudia Passagnoli Cavicchi, il Prof. Livio Famiani, il personale ATA e gli allievi delle sezioni A, C e D dell’Istituto comprensivo “Tiziana Weiss” di Trieste. La prof.ssa Gabriella Caristi ed il prof. Massimo Borelli, per la valutazione degli elaborati. Le Proff.sse Aurelia Orlandoni e Franca No`e dell’IRRE Emilia–Romagna per utili colloqui e l’aver posto a disposizione del materiale didattico. I Proff. Ferdinando Arzarello e Ornella Robutti dell’Universit`a di Torino per aver suggerito questo lavoro. La Dott.ssa Raffaella Marin per avermi consentito di capire come nella vita si possono ottenere “grandi risultati con minimi sforzi”, prerogativa di una mente sagace. La mia famiglia per tutto il sostegno di cui mi ha fornito, ed in parico- lare mia sorella Cinzia per avermi introdotto nell’affascinante mondo della psicologia. Mio cognato Pierto Scialpi, per avermi spronato e incoraggiato nei momenti di difficolt`a.
  • 13. xvii I miei amici per sopportato le mie paturnie diurne e notturne, Alain, Ales- sandra, Anna, David, Davide, Elisabetta, Elda, Giulia, Franck, Frosina, Marco, Maria Grazia, Maria Luisa, Mario, Patrizia, Simone, Zoran. La ditta Media Direct srl di Bassano del Grappa, per le licenze concesse a me ed a Raffaella. Il Dipartimento di Matematica e Informatica dell’Universit`a di Trieste per l’uso delle strutture didattiche di editing, di stampa e di riproduzione normalmente riservate agli studenti di matematica ed informatica.
  • 15. Capitolo 1 Introduzione La matematica `e uno degli sforzi pi`u profondi e pi`u belli del- l’immaginazione in cui si siano impegnati gli esseri umani. Tuttavia, molte delle sue bellezze e profondit`a sono state inaccessibili ai non matematici, in quanto la maggior parte della struttura cognitiva della matematica `e rimasta ignota per molto tempo. (Lakoff & Nu˜nez, 2000) La Scuola italiana considera ormai “naturale” l’uso delle tecnologie infor- matiche nell’insegnamento/apprendimento della matematica. Il volume Ma- tematica 2003 [5], nato da una collaborazione fra il Ministero dell’Istruzione dell’Universit`a e della Ricerca (Direzione Generale per la Formazione), l’Unio- ne Matematica Italiana, la Societ`a Italiana di Statistica, e la societ`a Mathesis, riporta in pi`u punti1 espliciti riferimenti all’uso di un software di geometria dinamica. Altri riferimenti alla tecnologia riguardano l’uso dei software di calcolo simbolico e delle calcolatrici grafiche programmabili. Un’altra importante considerazione `e che la proposta di Matematica 1 Per esempio nelle tre attivit`a: Esplorazione di figure piane: dalle congetture alla dimostrazione; Origami, riga e compasso, software geometrico; Attivit`a con software geometrico. 1
  • 16. 2 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 2003 tiene esplicitamente conto (ed in un certo senso si fonda su) specifici risultati delle scienze cognitive: scrive F. Arzarello nella Premessa: Il bambino, e tanto pi`u il giovane, non `e una tabula rasa che acqui- sisce i concetti matematici per pura astrazione. Le ricerche pi`u recenti hanno provato che sono le esperienze ad attivare gli opportuni circuiti cerebrali di cui l’essere umano gi`a dispone. Non si tratta di imporre una matematica dall’esterno, ma di fare evolvere dall’interno la matematica che vive nel nostro corpo. Quindi le intuizioni, le metafore concettuali ecc. non sono un primo vago approccio ai concetti matematici, qualcosa di ‘sporco’ e scorretto da fare sparire al pi`u presto, ma ne costituisco- no un ingrediente fondamentale, che rimane anche a livelli estremi di rigore. Conseguentemente, la matematica deve essere insegnata come un’impresa umana (nel senso ampio di questo termine), non come qual- cosa che va contro il nostro essere. Ci`o ha conseguenze importanti sia rispetto a molte teorie didattiche sia rispetto al ruolo che i misconcetti e gli errori possono giocare nell’apprendimento. Il riferimento alla matematica “che vive nel nostro corpo” si connette con le teorie dell’embodiment di Lakoff G. & Nu˜nez [28].2 2 Secondo questi autori, il contenuto intellettuale delle idee matematiche non risiede nel linguaggio che viene utilizzato, o nei simboli, ma nelle idee umane. Compete alle scienze cognitive e alle neuroscienze fare ci`o che la matematica da sola non pu`o fare: applicare le scienze della mente alle idee matematiche. Come questo pu`o avvenire? Una delle scoper- te pi`u importanti per quel che riguarda la scienza cognitiva `e che le nostre idee ricevono forma dalle nostre esperienze corporee, attraverso il radicamento del nostro intero sistema concettuale nella vita di tutti i giorni. Secondo queste teorie `e importante ri–orientare l’in- segnamento delle matematica verso la comprensione delle idee matematiche e del perch´e i teoremi sono veri. La matematica `e un linguaggio adoperato dagli esseri umani, l’unico che conosciamo `e limitata alla struttura del cervello umano e dalle capacit`a mentali umane (in questo caso si mette da parte la metematica come era intesa da Platone). Il cervello e il corpo umano sono evoluti insieme, in modo tale che il primo possa far funzionare il secondo in modo migliore. Scoperte recenti, sulla natura della matematica (ed in particolare della comprensione della matematica) evidenziano ci sia un embodiment della mente; la natura dettagliata dei nostri corpi, dei cervelli e del nostro funzionamento quotidiano nel mondo, struttura i concetti e i ragionamenti umani tra cui i concetti e i ragionamenti matematici. Una seconda scoperta riguarda il pensiero metaforico; gli esseri umani concettualizzano i concetti astratti in ter- mini concreti, utilizzando idee e modelli fondati sul sistema senso–motorio, il meccanismo
  • 17. 3 Peraltro l’introduzione della tecnologia nella didattica della matematica offre ovvi vantaggi, ma pu`o dar luogo a nuovi tipi di errori nel pensiero umano ([17], pp. 9–10); conseguentemente pu`o aprire nuovi campi di ricerca interdisciplinari in psicologia, matematica ed informatica. Questo lavoro nasce in questo ambito: seguendo un suggerimento di F. Ar- zarello ed O. Robutti, si `e inteso proporre un’analisi dell’impatto che l’uso di un software di geometria dinamica, in particolare il pi`u diffuso, cabri g´eom`etre, pu`o avere sull’apprendimento della geometria. Pi`u precisamente, il lavoro ha avuto origine da un incontro avvenuto a Udine nell’aprile 2004 tra i proff. F. Arzarello ed O. Robutti dell’Universit`a di Torino, P.P. Battaglini e S. Invernizzi dell’Universit`a di Trieste, e due laurean- de in Psicologia,3 su un progetto di ricerca riguardante quel che “accade” nel cervello di studenti impegnati in una sessione di geometria dinamica. I soft- ware di geometria dinamica, per esempio cabri g´eom`etre, sono utilizzati fin dal primo ciclo scolastico (6–14 anni). Essi introducono nello studio della geometria euclidea, tipicamente “statica”, importanti fattori dinamici, quali il movimento, sia di immagini che corporeo (per la manipolazione col il mouse), e possono essere un interessante campo di indagine per le scienze cognitive [4].4 attraverso il quale l’astratto viene compreso in termini concreti `E la metafora concettuale. `E un meccanismo cognitivo che permette di ragionare su un tipo di cose come se fossero altre, non `e una mera figura retorica ma un sistema che appartiene al modo di ragionare; tecnicamente metafora concettuale significa “mappa fondata che conserva l’inferenza tra i domini”. Per esempio ci permette di usare la struttura inferenziale di un dominio concet- tuale, come per esempio la geometria, per ragionare su un’altro dominio come l’aritmetica. La metafora stratifica metafore su metafore, ed il compito dello scienziato cognitivo `e di separarle in modo tale da rivelarne la struttura. 3 La gi`a laureata dott.ssa Raffaella Marin e la presente candidata. 4 Nel lavoro citato, gli autori enfatizzano in modo particolare il ruolo del trascinamento, o dragging, particolare tecnica che consente di collegare il movimento biologico (della mano che muove il mouse) a quello virtuale degli enti geometrici presenti sullo schermo (le animazioni delle costruzioni geometriche). Tale tecnica sembra creare e promuovere dei processi di controllo sull’azione e sugli effetti che si ottengono nella scoperta di regolarit`a e propriet`a degli oggetti di studio. Queste pratiche possono essere spiegate attraverso un’evoluzione cognitiva che parte dalla percezione per poi giungere alla formazione dei concetti astratti. I meccanismi cognitivi individuati in questa evoluzione sono il processo ascendente, in cui lo studente fa riferimento alla figura per poter risalire alla teoria, ed il processo discendente
  • 18. 4 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE In problematiche simili sono state usate tecniche di brain imaging, tramite PET e fMRI [20]. La fMRI `e tuttavia estrememente delicata nel caso di ses- sioni di geometria dinamica, sia per l’utilizzo di materiale metallico, sia per la difficile reperibilit`a di partecipanti nella fascia di et`a interessata. Quindi l’obiettivo principale si `e spostato verso un altro tipo di indagi- ne: investigare i fondamenti psicobiologici coinvolti nell’uso dei software di gemetria dinamica [30], e successivamente, con il presente lavoro, verificare se l’ausilio del software di gemetria dinamica consenta agli allievi di formare delle congetture, favorite dalla costruzione e dalla manipolazione sulla figura costrui- ta, e di conseguenza, se corrette, dimostrarle e argomentarle “pi`u facilmente” che con il metodo tradizionale carta e matita. Quindi a questo lavoro `e stato affidato il compito di produrre un progetto sperimentale pilota che potesse essere da base per sviluppi successivi, trovando una scuola (e gli insegnanti) che ne consentissero l’applicazione. Il Capitolo 2 richiama preliminarmente le principali componenti dell’ap- prendimento relative al progetto: attenzione, problem solving, ecc. Il Capitolo 3 descrive la realizzazione del progetto pilota, incluse alcune valutazioni stati- stiche dei risultati conseguiti. La tesi `e completata da quattro appendici, che illustrano in dettaglio alcune particolarit`a tecniche del progetto. Note tecniche cabri g´eom`etre e cabri sono marchi registrati della Cabrilog SAS, Grenoble (Francia). Per i metodi matematici e statistici usati nella tesi, vedi Agresti [1]. I calcoli numerici ed i grafici sono stati realizzati nell’ambito del pacchetto statistico R [37]. Parte della tesi `e stata scritta in MSWord e tradotta in LATEX dal convertitore automatico rtf2latex2e disponibile gratuitamente sul sito www.ctan.org. in cui lo studente parte da una congettura del tipo “se . . . allora”, e usa le conoscenze per validare eventualmente la congettura.
  • 19. Capitolo 2 L’apprendimento Quando ci si trova davanti ad un ostacolo, la linea pi`u breve tra due punti pu`o essere una linea curva. Angesichts von Hindernissen mag die k¨urzeste Linie zwischen zwei Punkten die krumme sein. (B. Brecht, Vita di Galileo, XIV) 2.1 Definizione dell’apprendimento L’apprendimento viene definito come il processo mentale che consente una modificazione durevole del comportamento per effetto dell’esperienza. Con- venzionalmente si distinguono due forme di apprendimento: apprendimento associativo e cognitivo. L’apprendimento associativo si riferisce ad una for- ma di apprendimento fondato sulla relazione stimolo–risposta, che consente la formazione delle abitudini; comprende l’apprendimento classico, il condizio- namento operante e l’apprendimento di risposte combinate. L’apprendimento cognitivo, definito anche apprendimento complesso, coinvolge invece funzioni psichiche superiori, come la percezione. Quando il ruolo della percezione, ed in generale della conoscenza, `e preva- lente, la comprensione non avviene per una somma di attivit`a frammentarie, ma esige che si colgano le relazioni essenziali e il significato delle situazione, 5
  • 20. 6 CAPITOLO 2. L’APPRENDIMENTO dove non si arriva alla soluzione di problemi tramite prove ed errori perch´e si coglie la struttura portante di una complessit`a. Una delle forme con cui si realizza questa forma di apprendimento `e l’insight. Con questo termine si fa riferimento ad un costrutto teorico elaborato dalla psicologia della Gestalt, e si riferisce ad una ristrutturazione del problema che conduce ad una soluzione immediata e improvvisa 2.2 I modi di apprendere a scuola Seguendo Antinucci [3], nella scuola abbiamo due modi diversi per apprendere, l’apprendimento simbolico–ricostruttivo e l’apprendimento percettivo–motorio. L’apprendimento simbolico–ricostruttivo `e nato grazie all’avvento della stam- pa che ha permesso di istruire le grandi masse, a scapito dell’apprendimento percettivo–motorio che promuove un modo di conoscere che scaturisce dal- l’esperienza, che permette di interiorizzare il materiale, facendolo “proprio”. A questi due modi di apprendere sembra corrispondere non solo il modo ma anche il risultato che si ottiene, e il tipo di sforzo che il discente compie. Si parla di apprendimento simbolico–ricostruttivo quando bisogna decifrare simboli, ri–costruire nella mente il significato a cui si riferiscono. Questo `e il metodo classico di studiare i testi. Il processo di apprendimento avviene nella nostra mente, senza scambi con l’esterno, ed `e un lavoro esplicito e coscien- te, si `e consapevoli di tutti i passaggi che la mente compie, di conseguenza, `e necessaria un’attenzione costante, e a lungo andare “ci si stanca”. Il ritmo dell’apprendimento `e lento, bisogna fermarsi spesso per riflettere, ed elaborare; la conoscenza che ne deriva, essendo esplicita, `e sempre manifestabile verbal- mente, quindi pu`o essere dimenticata facilmente e c’`e una certa difficolt`a a utilizzarla nei contesti concreti che la richiedono. Viceversa, l’apprendimento percettivo–motorio avviene attraverso la per- cezione e l’azione motoria sulla realt`a. Si percepisce un oggetto, o un evento, con la vista, il tatto o con l’udito ed si interviene su di esso modificandolo con un’azione; questa, a sua volta, produce anche un effetto ed un cambiamento nella percezione. L’azione `e nota, perch´e l’abbiamo prodotta noi, quindi si percepisce la differenza tra il prima e il dopo. Viene prodotta in questo modo
  • 21. 2.3. IL PENSIERO SCIENTIFICO 7 una conoscenza sulla natura dell’oggetto. Questa conoscenza porter`a ad agire ancora sull’oggetto, il che produrr`a un ulteriore effetto e si agir`a nuovamente, costituendo in questo modo cicli ripetuti di percezione/azione. C’`e da dire che questo tipo di apprendimento non `e confinato solo a sa- peri pratici ma va ben oltre, “esperiamo” e conosciamo per prove. Come si `e intuito, il processo di apprendimento avviene in un continuo scambio tra input percettivi e output motori verso l’esterno, ed `e in parte inconscio perch´e si `e coscienti solo delle azioni che si fanno, non dei passaggi che legano l’uno all’altro e neanche delle motivazioni; la conoscenza emerge gradualmente tra- mite la ripetizione sempre pi`u focalizzata. L’attenzione posta in questo caso `e considerata come un partecipare interessato, quindi sembra che serva pi`u a monitorare che a selezionare informazioni importanti. Inoltre questo processo presenta una sorta di piacevolezza simile a quella ludica. La conoscenza che ne deriva `e “interiorizzata”, legata ad un contesto e la sua manifestazione `e di tipo fattuale e poco verbale, la conoscenza `e impiegata e poco dichiarata ed `e facilmente reperibile nella memoria. Il computer `e considerato una risorsa importante sul quale `e importante costruire dei ragionamenti, sia per la funzioni tecnologiche che semiotiche che offre [29]. 2.3 Il pensiero scientifico e l’elaborazione dell’informazione La metafora del bambino come scienziato intuitivo `e la pi`u diffusa nel campo dello sviluppo cognitivo, questo vale a dire che lo sviluppo cognitivo `e visto come un’evoluzione che si dirige sempre verso una forma di elaborazione pi`u elevata, pi`u scientifica. Secondo le teorie dell’Human Information Processing (HIP), il bambino cerca di dare un significato all’ambiente fisico che lo circonda, costruendosi dei modelli mentali definiti come “teorie causali intepretative”. Come scienziati in erba, essi rivisitano di volta in volta le loro teorie in base ai nuovi dati sostituendo le vecchie con le nuove. Carey [16], studiosa di questi processi, asserisce che il cambiamento nello sviluppo delle teorie scientifiche va visto
  • 22. 8 CAPITOLO 2. L’APPRENDIMENTO lungo un continuum fra una ristrutturazione morbida ed una forte. Per ri- strutturazione morbida si intende che i fanciulli possono creare nuove relazioni e differenziazioni all’interno della loro teoria, ma gli assunti fondamentali per- mangono. D’altro canto, l’altra estremit`a del continuum, la ristrutturazione forte, i fanciulli cambiano gli assunti della loro teoria, cosicch´e le vecchie e le nuove risultano incompatibili ([16] p. 231, verbatim): `E importante che gli educatori capiscano che gli studenti ar- rivano in classe con dei fraintendimenti sulla scienza, invece che con nessuna concezione. Questi fraintendimenti possono resiste- re notevolmente all’istruzione, che, spesso, non `e solo questione di insegnamento di nuove informazioni, ma comporta anche la corre- zione di vecchie convinzioni – spesso mostrando che le convinzioni dei bambini funzionano in certe situazioni ma non in altre – o rimuovendo le vecchie credenze e sostituendole con delle nuove [9]. L’essenza del pensiero scientifico consiste nella coordinazione tra la teoria e l’evidenza empirica, l’evidenza conferma o confuta una teoria che, a sua volta, organizza ed interpreta l’evidenza empirica. I bambini e gli adulti inesperti non pensano come gli scienziati riguardo al processo di verifica delle ipotesi. Il cuore dello sviluppo cognitivo consiste nel processo di revisione delle teorie in base alle nuove evidenze empiriche. Secondo i lavori della Karmiloff–Smith [22] e della Kunh [26, 27] sia gli adulti inesperti che i bambini sembrano essere dei buoni pensatori scientifici ma con tre difetti importanti. Sono legati alla teoria Contrariamente agli scienziati, sia i bambini che gli adulti inesperti, spesso ignorano o considerano in modo limitato una evi- dente discrepanza, modificando l’evidenza empirica purch´e si adatti alla loro teoria o le sostengono con certezza [26, 27]. La Kuhn sostiene che i bambini, ma spesso anche gli adulti, non riescono a diffrenziare in modo adeguato fra l’evidenza e la teoria, incontrano delle difficolt`a ad abban- donare la propria teoria e e guardare all’evidenza al di fuori di un assetto teorico. Di conseguenza quando si chiede loro di presentare le evidenze che confermino o disconfermino la loro teoria, loro si limitano a illustrar- la senza far riferimento alla evidenza empirica. Inoltre, interpretano in
  • 23. 2.3. IL PENSIERO SCIENTIFICO 9 modo errato il compito di verifica delle ipotesi, come generare un effetto previsto dalla teoria. Le persone dovrebbero imparare prima di tutto a separare i dati dalla teoria, prima di poterli integrare. Questa inade- guata distinzione tra teoria e evidenza empirica, si evidenzia quando si possiedono gi`a delle teorie preferite o quando ci sono molte cause poten- ziali. Di conseguenza sembra chiaro che la conoscenza preesistenze dirige il nostro pensiero. Se non possiedono delle nozioni precostituite, anche i bambini di sei anni sanno distinguere teoria da evidenza empirica. Hanno la tendenza a dipendere dai dati I bambini pi`u piccoli dimostra- no buone capacit`a di costruire una spiegazione per i risultati pi`u recenti, ma tendono a ignorare o eliminare i dati incongruenti. I bambini pi`u grandi o gli adulti, cercano di costruire una teoria pi`u estensiva, legan- dosi ad essa, incapaci di abbandonarla se si presentano dati nuovi, e sono capaci di inventare delle false osservazioni pur di confermarla. Hanno bisogno di teorie di riferimento Quando l’evidenza a sfavore di una teoria si accumula, e non si pu`o pi`u ignorarla, arriveranno a ri- conoscerlo solo dopo che avranno generato una teoria alternativa per spiegarla. Com’`e stato detto prima, non sembrano in grado di considerare l’evidenza empirica al di fuori di una teoria, hanno bisogno di un possibile legame causale tra un fattore ed i suoi effetti, prima di poter accettare i suoi dati. Dal punto di vista della Kuhn, tutti devono possedere una coscienza metacognitiva dei propri processi mentali prima di poter raggiungere il controllo dell’interazio- ne tra teoria ed evidenza empirica nel proprio pensiero. Le persone devono pensare alle loro teorie piuttosto che con esse, perch´e se non sono consapevoli del fatto che le loro sono solo teorie, `e improbabile che riescano a controllare quanto sostegno empirico vi sia a loro favore. Per un ragionamento scientifi- co, `e necessario sviluppare una comprensione metacognitiva della natura della logica, dei suoi limiti e del perch´e alcune strategie mentali siano pi`u efficaci di altre e quale sia il loro campo di applicazione.
  • 24. 10 CAPITOLO 2. L’APPRENDIMENTO 2.4 La teoria dell’attribuzione Sono molti i potenziali motivi che rientrano nel processo di apprendimento, tra questi intervengono fattori emotivi relativi al soggetto che apprende, le sue motivazioni, le sue aspettative, il senso di autoefficacia e il sistema attributivo che in misura diversa incidono nell’apprendimento. Per quel che riguarda le at- tribuzioni, esse traggono origine dal bisogno di ogni individuo di comprendere il mondo e possono essere considerate i processi attraverso i quali gli individui interpretano le cause e gli eventi [23]. Si `e osservato che la causa pi`u funzio- nale per l’apprendimento strategico `e l’impegno. Assumersi la responsabilit`a delle proprie azioni permette di trovare soluzioni nel caso di un fallimento, individuando delle strategie per mantenere un buon livello di fiducia di s`e [6]. Attraverso l’analisi delle reazioni cognitive al successo o al fallimento, sono state individuate le dimensioni critiche entro le quali le attribuzioni possono variare [41, 42]. Tali reazioni variano per tre dimensioni: internalit`a, stabilit`a e controllabilit`a. La dimensione dell’internalit`a `e simile al costrutto del locus of control, che prevede una contrapposizione tra un’assunzione di controllo esterno ed una di controllo interno [38]. Le cause possono essere considerate come esterne o interne; quelle esterne sono la fortuna e la difficolt`a del compito, mentre, quelle interne sono l’abilit`a e l’impegno. La seconda dimensione `e il carattere stabile o instabile delle cause. Per esempio, se si ritiene che il risultato positivo di un compito sia dovuto alla propria abilit`a, la causa `e da considerarsi interna e stabile, mentre, se si ritiene che il risultato sia dovuto al caso, questo `e un’attribuzione esterna e instabile. La terza dimensione `e la controllabilit`a: `e controllabile l’impegno ma non lo sono la fortuna e l’abilit`a. Ritenere di aver superato un esame perch´e ci si `e impegnati, implica un locus of control interno – dipende dal soggetto stesso –, instabile – perch´e l’impegno pu`o esserci oppure no –, `e controllabile — perch´e si pu`o agire sul proprio impegno. Nello stile di attribuzione `e determinante la propria storia personale, di successi o insuccessi. `E importante possedere un sistema positivo delle attri- buzioni delle cause dei propri successi o insuccessi, in particolar modo per quei ragazzi che incontrano difficolt`a nell’apprendimento che di conseguenza sono soggetti ad un numero elevato di fallimenti, e ci`o li porta a diminuire le loro aspettative di successo scolastico. Questi ragazzi uniscono ad una bassa auto-
  • 25. 2.5. L’ATTENZIONE 11 stima credenze attributive immature, tutte percezioni che vanno a costituire quello che viene definita l’“impotenza appresa” o “esperienza della pedina” [39]. Questo porta i ragazzi a sentirsi come pedine; credono che le loro vite siano regolate da forze esterne e non hanno un senso di controllo personale; questo li conduce ad una minore persistenza di fronte a compiti difficili, a mi- nori aspettative riguardo al futuro, ed ad un concetto negativo di s`e e ad una minore strategicit`a nell’apprendimento. In particolare, le credenze attributive inappropriate, bloccano l’acquisizione delle conoscenze strategiche e metaco- gnitive, portando ad una scarsa propensione a crescere e ad utilizzare strategie ininfluenti a determinare un successo scolastico. La situazione ottimale `e quella rappresentata da coloro che possiedono uno stile attributivo che riconosce l’importanza del proprio impegno, poich´e, con- seguentemente sono pi`u motivati al successo e perseverano di fronte ai compiti difficili per portarli a termine. Questo tipo di studenti sono definiti da Borko- wisky [8] come good strategy users, perch´e riescono a selezionare, applicare e modificare le strategie pi`u adeguate al compito richiesto. L’attribuzione non `e un tratto irreversibile della personalit`a, ma pu`o essere modificata dall’espe- rienza e dall’insegnamento. In Italia recenti programmi metacognitivi, che hanno come scopo l’insegnamento di strategie specifiche, per esempio la lettu- ra, la comprensione e la matematica, prevedono un’attenzione particolare per lo sviluppo di un corretto sistema attributivo. 2.5 L’attenzione L’attenzione `e una funzione cognitiva di base, necessaria per qualsiasi forma di attivit`a. `E un processo attivo che analizza le caratteristiche degli stimoli presenti nell’ambiente circostante attraverso meccanismi economici ed efficaci per il raggiungimento degli obiettivi. La sua efficienza si sviluppa in lunghi tempi, a causa della maturazione dei lobi frontali, pertanto pu`o essere educata ed `e influenzata dall’esperienza di ap- prendimento del bambino. Nel suo sviluppo, non aumenta in capacit`a, vale a dire nella quantit`a di informazioni che pu`o gestire o elaborare, ma nell’efficien- za di esecuzione dei processi. Tale efficienza dipende dalle conoscenze acquisite
  • 26. 12 CAPITOLO 2. L’APPRENDIMENTO e dalle abilit`a di controllo e di selezione delle informazioni. Un aspetto intrin- seco nel suo sviluppo riguarda la capacit`a di autoregolazione, che permette di decidere volontariamente un’azione e di poterla eseguire volontariamente, pianificando le proprie attivit`a e usando strategie sia a livello cognitivo che comportamentale. Si suddivide in forme diverse. Si parla di attenzione sostenuta o mantenuta quando si `e in grado di resistere agli elementi distrattori presenti nell’ambiente e di mantenere la concentrazione sulle caratteristiche importanti per portare a termine un’azione. Tale forma si sviluppa fino agli 11 anni e la sua funzionalit`a nel periodo scolastico non `e autonoma e neanche completa. La selettivit`a `e la capacit`a di selezionare tra diversi stimoli quelli pertinen- ti rispetto al compito o alla situazione, mentre, quando bisogna suddividere l’attenzione su due categorie di stimoli senza una che di queste divenga quella prevalente si parla di attenzione selettiva. Se bisogna alternare il focus dell’at- tenzione da un compito all’altro, ossia quando un compito alternativamente diventa quello principale, si parla di shifting di attenzione. Nei processi di apprendimento, l’attenzione entra in relazione con la mo- tivazione, la comprensione e la memoria. In particolare, la motivazione e la comprensione sono dei potenti modulatori per l’attenzione mantenuta, non esi- stono span di attenzione fissi e costanti che variano con l’et`a ma, tale forma di attenzione dipende dalla comprensione di ci`o che l’insegnante dice e da come sia riuscito ad innalzare livello di motivazione. La motivazione, a sua volta, prevede un’interazione tra chi apprende e l’ambiente circostante. Per poter sostenere un compito bisogna: • Essere in grado di svolgerlo; • Dare valore all’attivit`a da svolgere; • Possedere convinzioni positive di se stessi e dell’apprendimento. A sua volta, la motivazione necessita di adeguati processi cognitivi; l’allievo che non possiede una motivazione adeguata per il compito non riesce nelle seguenti operazioni [14]: • Individuazione di mete da raggiungere;
  • 27. 2.6. IL PROBLEM SOLVING 13 • Adeguata valutazione della della probabilit`a di successo o insuccesso; • Flessibilit`a nell’importanza assegnata ad ogni scopo; • Corretta attribuzione delle cause che determinano i risultati; • Corretta valutazione delle conseguenze dei propri comportamenti; • Sufficiente capacit`a di perseverazione per il raggiungimento dello scopo. 2.6 Il problem solving La soluzione dei problemi `e una delle principali competenze del nostro sistema cognitivo. Pu`o assumere due significati diversi: da un lato rappresenta un’at- tivit`a connessa ad apprendimenti di discipline a carattere scientifico, come per esempio la matematica, dall’altro, pu`o considerarsi un’abilit`a caratteristica di uno stile cognitivo che procede in modo strategico nella ricerca della soluzione. L’analisi dei processi cognitivi implicati nel problem solving si `e sviluppata nello studio: • Delle componenti di comprensione del problema; • Delle abilit`a strategiche e metacognitive di soluzione. Una dei filoni di ricerca pi`u importanti che hanno avviato lo studio in questo ambito deriva dai padri della Gestalt. Si deve a Wertheimer e a Katona la convinzione che una mente strategica ricavi la propria abilit`a da forme di pensiero produttivo, che permette all’individuo, motivato a raggiungere una meta, di farlo in modo flessibile e costruttivo, superando ostacoli e pianificando un percorso di soluzione. Questa convinzione `e talmente forte da permeare anche approcci pi`u re- centi, di matrice cognitivista. Secondo le teorie dell’HIP, la soluzione di un problema implica un atteggiamento strategico capace di modificare la situa- zione in vista dell’obiettivo finale. A differenza dei gestaltisti, questo approccio pone l’enfasi sui processi che la mente compie in questa fase di ricerca della soluzione.
  • 28. 14 CAPITOLO 2. L’APPRENDIMENTO Secondo Newell e Simon [33] affinch´e ci possa essere una strategia, `e necessa- rio che la mente sappia come modificare la situazione (conoscenza procedurale), e del cosa modificare, il che implica la conoscenza delle informazioni rilevanti contenute nel problema (conoscenza dichiarativa). Simon sostiene che un in- dividuo, per risolvere un problema, deve ricavare una vera rappresentazione cognitiva delle informazioni, ossia individuare le informazioni chiave selezio- nandole tra le altre e integrarle tra loro. Vista in questo modo, la competenza nella soluzione di un problema sembra implicare due meccanismi cognitivi: la comprensione del problema e la ricerca di strategie che per raggiungere l’obiettivo. Greeno [18] riprendendo i risultati di alcune ricerche cognitive, propone un modello secondo cui la comprensione del problema richede due abilit`a: • Rappresentazione cognitiva delle informazioni (conoscenza schematica); • Comprensione delle operazioni per la soluzione di piani e strategie da compiere (conoscenza strategica). Le capacit`a per la comprensione dei dati e della situazione, e di usare strategie, possono essere insegnate, affinate e sviluppate. Studi della Chi dimostrano che i soggetti esperti nelle soluzioni di problemi usano strategie differenti e diversamente recuperate a livello mnemonico, poich´e tendono ad effettuare fin dall’inizio un’analisi qualitativa del problema, e ad essere pi`u rapidi nella soluzione, utilizzando sia la conoscenza dichiarativa che procedurale. Pressley sostiene che la riuscita in compiti di problem solving matemati- co dipendono da quando il soggetto riesce a far corrispondere alla conoscen- za procedurale dei fatti e degli algoritmi, riflessioni strategiche di controllo metacognitivo (per esempio “Ho compreso il problema?”, “ L’ho impostato correttamente?”). L’uso competente delle strategie sembra dipendere dai pro- cessi di pensiero sovraordinati che permettono tale autodialogo metacogntivo, che consente una piena comprensione procedurale. In ulteriori studi sono sta- ti analizzati quattro processi cognitivi coinvolti nella soluzione di problemi matematici: 1. Traduzione, conversione di ogni frase del testo in una rappresentazione mentale;
  • 29. 2.6. IL PROBLEM SOLVING 15 2. Integrazione, corretta relazione e integrazione delle informazioni in una rappresentazione coerente di tutto il problema; 3. Pianificazione, cio`e il piano d’azione per la soluzione del problema; 4. Esecuzione con cui il problema `e portato a termine e risolto mediante l’uso di operazioni matematiche. Anche secondo la Montague [32], autoistruzione, automonitoraggio e autoin- terrogazione sono i canali metacognitivi attraverso i quali i bambini possono apprendere ad usare in modo adeguato i tre livelli di conoscenze per la soluzio- ne dei problemi, cio`e, sia il livello dichiarativo relativo ai concetti quantitativi, delle operazioni matematiche e degli algoritmi di soluzione, sia il livello pro- cedurale, attraverso il quale le conoscenze dichiarative vengono applicate in modo corretto a seconda del contesto e infine il livello condizionale attraverso il quale il soggetto usa criticamente e consapevolmente le strategie pi`u adatte, modificando l’atteggiamento cognitivo al variare del compito. La matematica, date le caratteristiche specifiche della sua natura, per esse- re compresa, richiede a livello cognitivo che i soggetti sappiano utilizzare bene una forma di pensiero abile e addestrato nella soluzione dei problemi. Il “lin- guaggio matematico” procede cio`e richiedendo ai soggetti di trovare soluzioni e di superare ostacoli attraverso vere e proprie operazioni sulle informazioni disponibili.
  • 30.
  • 31. Capitolo 3 Il progetto pilota Come in ogni cambiamento, occorre stabilire quale valore formativo hanno questi nuovi strumenti e quali problemi incontreranno (Gisella Paoletti, 2001) 3.1 Fase preliminare di preparazione La scuola prescelta per la realizzazione del progetto pilota `e una scuola di Trieste, e precisamente l’Istituto Comprensivo “Tiziana Weiss”, Strada di Rozzol, 61 Trieste (http://xoomer.virgilio.it/groscil/Stuparich.htm, luglio 2005). La scuola `e situata in un rione con la fisionomia tipica della prima periferia urbana, ad edilizia principalmente di tipo popolare agevolata e privata. Il progetto ha viste coinvolte tre classi del penultimo anno del ciclo primario.1 . 1 In termini meno formali, si tratta di tre classi di II media (tipicamente 12/13 anni d’et`a). Il disegno sperimentale adottato `e between i soggetti, perch`e ognuno ha partecipato ad una sola condizione. L’ambiente d’indagine astrattamente pi`u desiderabile potrebbe essere il primo biennio del ciclo secondario, ossia la I o la II superiore. In questo progetto pilota `e stata per`o preferita la media inferiore per evitare le disomogeniet`a derivanti dalla diverse preparazioni degli allievi delle superiori, ed `e stata scelta la II per avere la possibilit`a di ripe- tere facilmente un test con gli stessi partecipanti al termine dell’anno scolastico successivo, 17
  • 32. 18 CAPITOLO 3. IL PROGETTO PILOTA In due classi, nell’aula computer della scuola, sono state impartite 25 ore di lezione con cabri g´eom`etre, distribuite in 4 mesi, dal gennaio al maggio 2005, mentre la classe restante ha ricevuto l’insegnamento tradizionale “con carta e matita”. Le prime due classi hanno ricevuto un’ora di lezione introdut- tiva agli strumenti di cabri g´eom`etre, pi`u 24 ore di laboratorio, suddivise in 4 gruppi di 6 ore/settimana (dedicando a cabri g´eom`etre tutte le 6 ore disponibili per matematica e scienze nella prima settimana dei 4 mesi suddetti). Nell’aula computer della scuola gli allievi sono stati invitati a lavorare sem- pre in coppia (sia per la limitatezza del numero di computer, ma anche perch´e in alcuni casi lavorare in coppia pu`o rinforzare l’apprendimento). Le coppie di lavoro sono state decise a priori dall’insegnante, ed ognuna era associata ad un computer, e ad una propria cartella dove poteva salvare i propri lavori. Gli allievi della coppia doveveno lavorare alternandosi, in modo tale che ciascuno, per ogni ora di laboratorio, prendeva appunti per mezz’ora e nell’altra mez- z’ora lavorava con il software. Va precisato che le insegnanti delle due classi erano alla loro prima esperienza didattica con cabri g´eom`etre in aula. Con le insegnanti `e stato ben precisato che l’oggetto della valutazione sarebbe sta- to esclusivamnte l’eleborato finale degli allievi, e non il lavoro dell’insegnante stessa, nonostante le due variabili siano in stretta connessione. Dopo la prima ora introduttiva, le insegnanti hanno costruito dei percorsi (identici per le due classi), preparando delle schede con dei quesiti con difficolt`a crescenti; nelle attivit`a di laboratorio ogni allievo riceveva la propria scheda e doveva completarla scrivendo passo a passo tutte le operazioni che aveva compiuto per risolvere il problema. Svolti tutti i problemi la scheda andava riconsegnata alle insegnanti, ma, prima di completare la scheda, ogni allievo doveva mostrare il propro lavoro all’insegnante, discutere e dimostrare le propie ipotesi con la funzione Ri–costruzione passo a passo. Se l’allievo aveva rag- giunto l’obiettivo in modo corretto, senza utilizzo di scorciatoie, ossia funzioni gi`a pronte, e se l’oggetto rispettava le regole matematiche prefissate, il lavoro poteva essere salvato, e trascritto interamente sulla scheda da consegnare. La terza classe considerata ha ricevuto nello stesso periodo e per lo stesso il 2005–2006.
  • 33. 3.2. TEST 1 19 numero di ore l’insegnamento tradizionale senza ausilio di software di geometria dinamica. 3.2 Test 1 3.2.1 Metodo Partecipanti Hanno partecipato al Test 1 gli n = 42 allievi delle due classi che hanno ricevuto l’insegnamento con cabri g´eom`etre. Materiali e procedure L’obiettivo `e quello di valutare l’apprendimento della geometria euclidea nel primo ciclo in un ambiente di geometria dinamica in confronto all’ambiente tradizionale carta e matita. A ogni partecipante `e stato assegnata la stessa consegna (task), consistente in due esercizi di geometria da svolgersi separa- tamente ed individualmente, in presenza dello sperimentatore e della propria insegnante. I testi degli esercizi sono stati preliminarmente elaborati con la consulenza e l’accordo dei docenti degli allievi partecipanti, seguendo alcuni suggerimenti dei professori F. Arzarello e O. Robutti. Per i due quesiti nel loro complesso `e stato proposto un tempo massimo “indicativo” di soluzione di un’ora. Il compito assegnato `e il seguente: Esercizio 1 Disegna un triangolo ABC qualunque; costruisci i punti medi L, M ed N dei lati in modo da ottenere un triangolo LMN. Aiutandoti con disegni, completa le seguenti frasi: se il triangolo ABC `e isoscele, allora il triangolo LMN `e . . . . . . , se il triangolo ABC `e scaleno, allora il triangolo LMN `e . . . . . . , se il triangolo ABC `e equilatero, allora il triangolo LMN `e . . . . . . , e dimostra le tue affermazioni. Esercizio 2
  • 34. 20 CAPITOLO 3. IL PROGETTO PILOTA Disegna un quadrilatero ABCD qualunque; costruisci i punti me- di L, M, N e Q dei lati in modo da ottenere un quadrilatero LMNQ. Aiutandoti con disegni, scrivi alcune congetture del tipo: se il quadrilatero ABCD `e . . . . . . , allora il quadrilatero LMNQ `e . . . . . . Il Test 1 comprende due condizioni: Condizione g1 Gli allievi, che hanno seguito il corso di cabri g´eom`etre, risolvono il compito assegnato con cabri g´eom`etre, su un terminale in- dividuale dell’aula computer della scuola, senza porre limitazioni al menu degli strumenti;2 ogni allievo viene isolato dagli altri con opportuni schermi pieghevoli di cartone.3 . Condizione g2 Gli allievi, che hanno seguito il corso di cabri g´eom`etre, risolvono il compito assegnato, sempre in modo individuale, ma tradizionale, senza cabri g´eom`etre, ossia con carta, matita o penna ed eventualmente righello millimetrato, in un’aula della scuola. La suddivisione dei partecipanti in due gruppi (un gruppo per ciascuna delle due predette condizioni) `e stata realizzata non con la ripartizione casua- le, ma con una procedura maggiormente complessa che dovrebbe per`o risul- tare pi`u efficace sia (a) per evitare disomogeneit`a fra i due gruppi, che (b) per “rimuovere” la variabile non controllabile costituita dalla personalit`a del docente. A tale scopo il totale di n = 42 allievi delle due classi ha sostenuto due test preparatori: il classico test di attenzione sostenuta di Zazzo,4 o dei “Deux 2 Ad esempio, in cabri g´eom`etre, si pu`o usare il menu Opzioni/Configurazione degli strumenti per togliere (o aggiungere) “strumenti” al software. Per esempio, nell’attivit`a pro- posta, si potrebbe togliere lo strumento Distanza o lunghezza dalla casella degli strumen- ti Costruzioni: questo equivale nell’impostazione tradizionale a proibire l’uso del righello millimetrato. 3 Di norma utilizzati negli esami per il conseguimento della ECDL e cortesemente forniti dallo CSIA dell’Univerit`a di Trieste 4 Questa prova consiste nel discriminare pi`u rapidamente possibile e contrassegnare (bar- rer) alcuni simboli o segni mescolati ad altri, in mezzo ai quali possono essere facilmente
  • 35. 3.2. TEST 1 21 barrages” [43], [44], e un pi`u recente test di conoscenze e competenze matema- tiche per la scuola dell’obbligo [2] sviluppato dal Nucleo di ricerca in didattica della matematica e dall’Istituto di psicologia dell’Universit`a degli studi di Pa- via5 (vedi anche [34]). I test di Amoretti `e stato somministrato con la stessa procedura che sarebbe stata utilizzata per il test sperimentale, al fine di fami- liarizzare gli allievi per tale procedura. I due test sono descritti brevemente nelle Appendici B e rispettivamente C. Sulla base dei due test `e stato redatto per ciascuno degli n = 42 allievi un profilo psicologico. Tale profilo consiste in un vettore numerico 7−dimensionale π(k), k = 1, . . . , n. Le componenti del profilo π(k) sono: π(k)1 = sesso std. in scala nominale (maschio = 0, femmina = 1), π(k)2 = tempo std. in minuti per la prima parte del test di Zazzo, π(k)3 = numero std. di errori nella prima parte del test di Zazzo, π(k)4 = tempo std. in minuti per la seconda parte del test di Zazzo, π(k)5 = numero std. di errori nella seconda parte del test di Zazzo, π(k)6 = tempo std. in minuti per concludere il test di Amoretti, π(k)7 = numero std. di risposte esatte nel test di Amoretti. Le 7 variabili sono state standardizzate (sottraendo la media e dividendo per la deviazione standard) in modo da dare lo steso peso a ciascuna variabile. `E stato poi implementato in R un algoritmo (vedi Tabella 3.1) per creare n/2 = 21 coppie di partecipanti tali che, in ciascuna coppia, i due partecipanti componenti la coppia abbiamo profili psicologici vicini. Per una descrizione e discussione tecnica di tale algoritmo si veda l’Appendice D. La “distanza” d(h, k) fra due partecipanti (il numero h ed il numero k) `e calcolata con la distanza detta l1 fra i loro rispettivi profili: d(h, k) = π(h) − π(k) 1 = i=1,7 |π(h)i − π(k)i| Successivamente `e stato scelto a caso da ogni coppia un partecipante compo- confusi. In et`a evolutiva, il test permette di decifrare la causa di risultati scolastici carenti se dovuti a ritardo intellettuale o motorio, ad un deficit speciale di discriminazione percettiva o ad instabilit`a o inibizione. 5 Questo test `e stato introdotto in sostituzione delle valutazioni di classe sempre per rendere il progetto indipendente dalle personalit`a dei singoli docenti.
  • 36. 22 CAPITOLO 3. IL PROGETTO PILOTA inizializza l’indice: j ← 1 inizializza la popolazione: Pj ← tutti i partecipanti ripeti: scegli un partecipante pj1 a caso in Pj scegli pj2 ∈ argmin{ π(p) − π(pj1) 1 | p ∈ Pj} crea la coppia cj ← {pj1, pj2} aumenta l’indice: j ← j + 1 riduci la popolazione: Pj ← Pj−1 {pj1, pj2} stop se Pj = ∅. Tabella 3.1: Algoritmo per la suddivisione della popolazione iniziale in due gruppi simili; l’algoritmo `e di tipo avido, ossia ottimizza solo localmente. nente, formando con queste scelte il primo gruppo g1 di n/2 = 21 partecipanti, e formando con i rimanenti (quelli non scelti) il secondo gruppo g2 sempre di n/2 = 21 partecipanti. Questa procedura ha la funzione di comporre due grup- pi simili dal punto di vista dei profili psicologici, in quanto, dato un qualunque partecipante p ∈ g1, esiste un partecipante p ∈ g2 con profilo psicologico vicino a quello di p ; si tratta ovviamente di quel partecipante p che formava la coppia {p , p } creata dall’algoritmo.6 Commento La scelta del compito `e evidentemente un punto critico del progetto. In questa fase pilota, `e stato scelto un tema non presente nei programmi standard di geometria del ciclo primario, il Teorema di Varignon,7 ma giudicato del tutto affrontabile anche a questo livello. La congettura ultima dell’Esercizio 2 do- vrebbe essere appunto tale teorema. L’Esercizio 1, basato sulle similitudini di triangoli, ha evidentemente funzione propedeutica all’Esercizio 2. Per una visualizzazione in cabri g´eom`etre del Teorema di Varignon, vedi [31]. 6 `E interessante notare che, ad algoritmo eseguito, le due classi iniziali risultano quasi equiripartite nei due gruppi, il che `e piuttosto rassicurante per il risultato finale. 7 Il quadrilatero LMNQ che si ottiene congiungendo i punti medi L, M, N e Q dei lati di un quadrilatero qualunque ABCD `e un parallelogramma.
  • 37. 3.3. TEST 2 23 Esecuzione del test Durante lo svolgimento del compito, per ogni partecipante, individuato con una sigla di 3 o 4 lettere, `e stato segnato il sesso,8 e sono stati rilevati il tempo T1 di “consegna” per l’Esercizio 1 ed il tempo T2 di “consegna” per l’Esercizio 2. Per tutti gli elaborati dei partecipanti di g1 sono stati anche memorizzati i singoli file .fig di cabri g´eom`etre e successivamente sono state stampate su carta le relative costruzioni geometriche utilizzate nello svolgimento del compito, ai fini della successiva valutazione. Esempio A titolo di esempio, riportiamo nella Figura 3.1 le figure iniziali degli elaborati di uno dei partecipanti. (a) (b) Figura 3.1: Figure iniziali degli elaborati di un partecipante: (a) Esercizio 1, (b) Esercizio 2. 3.3 Test 2 3.3.1 Metodo Partecipanti Hanno partecipato al Test 2 gli n = 22 allievi della classe che non ha ricevuto l’insegnamento con cabri g´eom`etre, ma col metodo tradizionale. 8 Per eventuali ulteriori indagini legate al genere che non sono qui state considerate.
  • 38. 24 CAPITOLO 3. IL PROGETTO PILOTA Materiali e procedure A ogni partecipante `e stato assegnata la stessa consegna del Test 1, da risol- versi individualmente con la presenza dell’insegnante e dello sperimentatore, in un’aula della scuola. Il Test 2 ha una sola condizione che, per coerenza con il Test 1, pu`o essere numerata come Condizione g3 Gli allievi, che non hanno ricevuto l’insegnamento con ca- bri g´eom`etre, risolvono il compito assegnato in modo individuale e tradizio- nale, senza cabri g´eom`etre, ossia con carta, matita o penna ed eventual- mente righello millimetrato. Il ruolo della condizione g3 del Test 2 `e quello di valutare se o quanto il compito sia eventualmente distorto a favore dell’insegnamento con cabri g´eom`etre. In un futuro sviluppo di questo progetto, il Test 2 potrebbe comprendere anche una Condizione g4 Gli allievi, che non hanno ricevuto l’insegnamento con ca- bri g´eom`etre, risolvono il compito assegnato in modo individuale con cabri g´eom`etre, subito dopo un brevissimo addestramento all’uso del software (per esempio di un’ora). Il ruolo della condizione g4 `e quello di valutare se o quanto il ruolo del software sia puramente strumentale, o se produca invece, nell’uso prolungato, un miglioramento “profondo” dell’apprendimento. Nella realizza- zione del progetto pilota presentata in questa tesi la condizone g4 non `e stata considerata. 3.4 La valutazione dei test La valutazione dei compiti sia del Test 1 che del Test 2 `e stata affidata a due referee indipendenti,9 che hanno concordato di valutare gli elaborati nell’am- bito dello schema tassonomico di Bloom. Non sono stati sottoposti ai referee 9 La prof. G. Caristi, del Dipartimento di Matematica ed Informatica dell’Universit`a di Trieste e docente di Matematica per psicologi, ed il prof. M. Borelli, docente di matematica presso l’Istituto Professionale Statale “Leonardo da Vinci – Scipione De’ Sandrinelli”.
  • 39. 3.4. LA VALUTAZIONE DEI TEST 25 gli elaborati di 4 allievi con insegnante di sostegno,10 ma che si `e deciso di far partecipare comunque al test in ogni caso per ragioni evidenti. 3.4.1 La tassonomia di Bloom La tassonomia degli obiettivi educativi `e stata elaborata da Benjamin S. Bloom sulla base di precise esigenze didattiche [7]; gli obiettivi si presentano ordinati secondo un criterio irreversibile, nel senso che il raggiungimento dei pi`u semplici `e considerato essenziale per il raggiungimento dei pi`u complessi. La tassonomia di Bloom, per quanto considerata superata da successivi studi pedagogici [24], [25], `e comunemente ritenuta quella che sembra rispondere meglio alle esigenze della scuola italiana; viene insegnata nelle SIS, ed `e in generale molto ben co- nosciuta ed “amata” dagli insegnanti, tanto che spesso questi l’utilizzano nella descrizione della propria offerta didattica. Nella parte pi`u propriamente cogni- tiva, la tassonomia di Bloom distingue sei categorie fondamentali di obiettivi, che vengono qui riportati nella versione proposta da A.M. Notti [15]: 1. Conoscenza La conoscenza comprende il richiamo dei fatti specifici e dei concetti universali, il richiamo di metodi e processi o il richiamo di uno schema, struttura o disposizione; gli obiettivi di conoscenza sottolinea- no soprattutto i processi psicologici della memoria (la mente come un archivio). 2. Comprensione Si riferisce a un grado del capire e dell’apprendere tale che il soggetto intenda ci`o che gli viene comunicato e possa far uso del mate- riale e delle idee comunicate senza necessariamente mettere in relazione con altro materiale ed individuarne tutte le implicazioni. 3. Applicazione Uso di astrazioni in particolari situazioni concrete. Le astra- zioni possono essere in forma di idee personali, regole di procedure o metodi generalizzati. 4. Analisi La scomposizione di una comunicazione nei suoi elementi costitu- tivi o parti, tali che la relativa gerarchia delle idee sia resa chiara e/o le relazioni tra le idee espresse siano rese esplicite. 10 Ai sensi della Legge 104/1992.
  • 40. 26 CAPITOLO 3. IL PROGETTO PILOTA 5. Sintesi Capacit`a di mettere insieme gli elementi e le parti cos`ı da formare un tutto; ci`o richiede il processo di elaborare pezzi, parti, ecc. e di disporli e combinarli in modo da costituire uno schema e una struttura che prima non esisteva in modo evidente. 6. Valutazione Giudizi sul valore dei materiale e dei modi per determina- ti propositi. Giudizi quantitativi e qualitativi sull’estensione in cui i materiali e i metodi soddisfano determinati criteri; uso di standard di apprezzamento (giudizi in termini di criteri interni: giudizi in termini di criteri esterni). I referee hanno concordato che l’Esercizio 1 attiene ai livelli di conoscen- za, comprensione ed applicazione, mentre l’Esercizio 2 richiede anche capacit`a di analisi e di sintesi. Conseguentemente hanno valutato i compiti numerica- mente con un indice che, secondo il loro parere, indica il livello raggiunto dal partecipante nella scala di Bloom,11 e precisamente con un indice B1 (da 0 a 3) per l’Esercizio 1 e con un indice B2 (da 0 a 5) per l’Esercizio 2. Si noti che questo `e cosa diversa dal valutare la mera correttezza formale dell’elaborato.12 3.4.2 Il dataframe dei risultati del Test 1 Per ogni partecipante `e stato infine calcolato un indice di performance P1 per l’Esercizio 1, un indice di performance P2 per l’Esercizio 2, ed un indice sintetico PI secondo le formule: P1 = 100 (B1/B1)/ T1/T1 (3.1) P2 = 100 (B2/B2)/ T2/T2 (3.2) PI = (P1 + P2)/2 (3.3) dove il cappuccio indica il valor medio della variabile calcolato su tutti i partecipanti. I rapporti fra gli indici della scala di Bloom e le loro medie sono 11 Occasionalmente `e stato usato anche il mezzo punto. 12 In effetti la valutazione del livello raggiunto nella scala di Bloom `e certo pi`u soggettiva di quanto pu`o esserlo la valutazione della correttezza formale, che peraltro `e molto meno informativa.
  • 41. 3.4. LA VALUTAZIONE DEI TEST 27 poi divisi per la radice quadrata dei rapporti fra i tempi impegati e le loro medie. La introduzione della radice quadrata `e ispirata dalla Legge Potenza di Stevens.13 La costante di normalizzazione 100 serve per fare s`ı che un partecipante che sia salito in al livello medio della scala in un tempo medio riceva il valore 100 come indice di performance. Come indice complessivo si assume semplicemente la media aritmetica degli indici dei due esercizi.14 Per il Test 1, questo ha condotto al seguente dataframe, dove P `e il codice del partecipante, G il gruppo di assegnazione, S il sesso, e le altre variabili quelle dette: P G S T1 T2 B1 B2 P1 P2 PI 1 *AT 1 M 3.7 28.3 3.0 4.0 246 133 190 2 *CF 1 M 17.6 33.8 2.0 3.0 75 92 83 3 *GG 1 F 11.5 29.9 2.5 0.0 116 0 58 4 *PC 1 F 13.8 33.4 3.0 4.0 127 123 125 5 *PL 1 F 10.5 28.0 2.0 3.0 97 101 99 6 *RM 1 M 22.0 32.8 2.0 4.5 67 139 103 7 *RG 1 F 9.7 26.1 2.0 3.0 101 104 103 8 *RA 1 M 5.7 30.0 3.0 0.0 198 0 99 9 *TF 1 M 7.6 30.0 3.0 4.0 172 130 151 10 *VS 1 M 9.8 28.9 3.0 4.0 151 132 142 11 *CA 1 M 19.4 30.0 2.0 0.0 72 0 36 12 *CM 1 M 11.5 22.0 2.0 3.0 93 113 103 13 *DG 1 M 10.8 27.2 2.0 4.0 96 136 116 14 *SM 1 M 5.1 19.1 3.0 4.0 210 162 186 15 *FN 1 M 11.2 25.3 2.0 3.0 94 106 100 16 *LM 1 F 19.1 20.1 2.0 3.5 72 138 105 13 Ovviamente l’esponente 1/2 della potenza y = x1/2 = √ x `e scelto arbitrariamente. Con tale scelta, se due partecipanti A e B hanno ottenuto lo stesso risultato b nella scala di Bloom, ma A ha impiegato un tempo doppio di quello t di B, la performance di A risulta uguale a b/ √ 2t = (1/ √ 2)(b/ √ t) ≈ 0.7071(b/ √ t), ossia `e pari a circa il 70% della performance b/ √ t di B, e non alla sua met`a, come si avrebbe se si dividesse il risultato nella scala di Bloom per il tempo impiegato. In sostanza la radice quadrata controlla la variabile tempo in modo da non sfavorire troppo gli allievi meno svelti o pi`u riflessivi. 14 Ad esempio il partecipante di cui alla Figura 3.1 `e stato valutato esattamente con il valore medio di PI = 100.
  • 42. 28 CAPITOLO 3. IL PROGETTO PILOTA 17 *MR 1 M 21.5 30.0 2.0 0.0 68 0 34 18 *SD 1 M 11.3 26.1 2.5 4.5 117 156 137 19 *SI 1 F 6.7 30.2 2.5 3.5 152 113 133 20 *TC 1 F 10.8 21.2 3.0 4.5 144 173 159 21 *BS 2 M 13.8 20.7 3.0 4.0 127 156 142 22 *DL 2 M 18.1 28.0 3.0 4.0 111 134 123 23 *MS 2 M 21.0 29.5 2.0 3.0 69 98 83 24 *GN 2 M 11.4 20.9 3.0 3.5 140 136 138 25 *MC 2 F 13.1 30.0 2.5 3.0 109 97 103 26 *MM 2 M 21.0 23.8 2.0 3.0 69 109 89 27 *ML 2 F 15.4 23.5 2.0 2.0 80 73 77 28 *NM 2 M 12.5 23.0 2.0 3.0 89 111 100 29 *PE 2 M 22.0 30.0 1.0 2.0 34 65 49 30 *SD 2 M 11.3 18.1 2.0 2.0 94 83 89 31 *ZP 2 M 15.0 28.0 2.5 2.0 102 67 84 32 *CM 2 M 8.5 25.7 2.0 4.0 108 140 124 33 *CF 2 M 9.2 22.3 2.5 3.0 130 113 121 34 *CP 2 M 22.6 33.0 2.0 2.0 66 62 64 35 *GG 2 F 18.6 29.0 2.0 3.0 73 99 86 36 *PC 2 F 11.5 22.4 2.0 2.0 93 75 84 37 *US 2 F 12.0 26.0 2.5 4.0 114 139 126 38 *VF 2 F 16.5 34.0 2.0 2.0 78 61 69 3.5 Conclusioni e discussione La Figura 3.2 mostra il boxplot dei tempi di esecuzione T1, T2 in minuti ed il boxplot degli indici di performance B1, B2 nella scala tassonomica di Bloom per i due gruppi g1 (svolgimento con cabri g´eom`etre) e g2 (svolgimento tradizionale con carta e matita). Le differenze sono poco evidenti ma vanno ossservate alcune tendenze: nell’Esercizio 1 il Gruppo 1 ha lavorato un po’ pi`u rapidamente e con risultati lievemente migliori, mentre nell’Esercizio 2 i tempi del Gruppo 1 sono un po’ pi`u lunghi (hanno lavorato di pi`u) ma permangono risultati lievemente migliori. La Figura 3.3(a) mostra il boxplot dell’indice sintetico PI per i due gruppi
  • 43. 3.5. CONCLUSIONI E DISCUSSIONE 29 g1 (svolgimento con cabri g´eom`etre) e g2 (svolgimento tradizionale con carta e matita). Si osservi che le distribuzioni sono simili fra loro, entrambe fortemente asimmetriche con il secondo quartile [Q1, Q2] quasi completamente schiacciato sulla mediana; il sommario numerico `e riportato nella Tabella 3.2. Min. Q1 Mediana Q2 Media Q3 Max. g1 34.00 99.00 104.00 113.10 138.30 190.00 g2 49.00 83.25 89.00 97.28 122.50 142.00 Tabella 3.2: Sommario numerico dell’indice PI relativo ai due gruppi g1 e g2. Ribadiamo che lo scopo di questo progetto pilota non `e la valutazione “defini- tiva” dell’efficacia didattica dell’insegnamento della geometria con l’utilizzo di un software di geometria dinamica rispetto all’insegnamento tradizionale con carta e matita: `e invece quello di proporre una strategia di indagine adatta a svolgere tale valutazione qualora si possa usufruire di un campione molto pi`u ampio di quello qui considerato. Tuttavia va osservato nella Tabella 3.2 che l’indice PI relativo al gruppo g1 (risp. al gruppo g2) ha sia media che mediana maggiori (risp. minori) del valore medio di riferimento uguale a 100. Per una analisi statistica pi`u approfondita, va notato che la natura qualitativa di PI rende inapproprato l’uso del test di Student o dell’indice η2 di dipendenza in media.15 `E tuttavia sempre possibile eseguire un test χ2 di indipendenza sulla tabella di contingenza che relaziona l’appartenenza al gruppo g1 oppure a g2 con valori PI ≤ 100 oppure PI > 100. La significativit`a dei dati `e 89.25%, per cui limiti di fiducia inferiori a circa 90% condurrebbero a respingere l’ipotesi di indipendenza fra l’uso o meno di cabri g´eom`etre e la performance nella soluzione del compito. 15 Il test di Student `e ovviamente controindicato anche dalla evidente non–normalit`a della distribuzione di PI. L’ideale sarebbe un test su due campioni a una coda del tipo H0 : µ1 = µ2 contro H1 : µ1 > µ2.
  • 44. 30 CAPITOLO 3. IL PROGETTO PILOTA PI ≤ 100 PI > 100 g1 7 13 20 g2 11 7 18 18 20 38 Tabella 3.3: Tabella di contingenza q T1[g1] T1[g2] T2[g1] T2[g2] 5101520253035 Tempi di esecuzione q qqqq B1[g1] B1[g2] B2[g1] B2[g2] 01234 Indici di Bloom (a) (b) Figura 3.2: Boxplot (a) dei tempi di esecuzione in minuti e (b) degli indici di performance nella scala tassonomica di Bloom per i due gruppi g1 (svolgimento con cabri g´eom`etre) e g2 (svolgimento tradizionale con carta e matita)
  • 45. 3.5. CONCLUSIONI E DISCUSSIONE 31 qq g1 g2 50100150200 Indici di performance qq g1 g2 g3 50100150200 Indici di performance (a) (b) Figura 3.3: Indice sintetico PI per (a) i due gruppi g1 (svolgimento con cabri g´eom`etre) e g2 (svolgimento tradizionale con carta e matita); confronto (b) con l’indice PI relativo al terzo gruppo g3 a didattica tradizionale. 3.5.1 Il dataframe dei risultati del Test 2 Il Test 2 `e stato somministrato ai partecipanti che costituiscono il gruppo g3; per esso `e stato valutato l’indice PI come in precedenza: P G S T1 T2 B1 B2 P1 P2 PI 39 *BA 3 M 6.1 12.5 2.0 1.0 128 50 89 40 *BR 3 M 12.1 20.8 2.0 3.0 91 117 104 41 *CC 3 M 6.3 19.2 3.0 3.5 189 142 165 42 *DM 3 M 11.0 35.6 3.0 4.5 143 134 138 43 *FI 3 F 6.7 11.4 3.0 4.5 183 236 210 44 *GC 3 F 5.4 20.3 2.0 2.0 136 79 107 45 *GM 3 M 8.9 18.6 3.0 4.0 159 165 162 46 *ME 3 F 4.8 18.6 3.0 3.0 216 123 170 47 *NM 3 F 17.9 33.9 2.0 2.0 75 61 68 48 *OG 3 M 8.3 19.2 2.0 4.0 109 162 136 49 *OA 3 F 9.2 32.8 2.0 2.0 104 62 83 50 *PM 3 M 7.3 24.2 3.0 4.5 175 162 169
  • 46. 32 CAPITOLO 3. IL PROGETTO PILOTA 51 *PA 3 M 10.9 20.5 3.0 3.0 143 118 130 52 *PG 3 M 5.1 20.1 2.0 2.0 140 79 109 53 *RA 3 M 6.3 19.2 4.0 4.5 251 182 217 54 *RG 3 F 9.4 19.2 2.0 2.0 103 81 92 55 *RC 3 F 9.8 33.7 2.0 3.0 101 92 96 56 *ST 3 M 7.4 20.3 2.0 2.5 116 98 107 57 *SF 3 M 6.7 19.2 2.0 2.5 122 101 112 58 *TC 3 F 15.0 20.8 3.0 3.5 122 136 129 59 *TG 3 F 8.3 17.1 2.0 3.0 109 129 119 60 *ZE 3 F 6.7 18.6 3.0 1.0 183 41 112 La Figura 3.3(b) mostra il boxplot dell’indice sintetico PI per i tre gruppi g1, g2 e g3: le performance di g3 sono superiori sia a quelle di g1 che di g2. Questo potrebbe apparire come un argomento a sfavore dell’utilizzo di un DGS, ma non `e cos`ı: questo mostra semplicemente che il compito scelto non `e pregiuzionalmente orientato verso l’ipotesi favorevole all’utilizzo di un DGS, tanto che una classe diversa che non `e stata istruita con un DGS `e stata in grado di svolgere il compito in modo altrettanto buono (se non meglio) delle classi istruite con un DGS. 3.5.2 Analisi per genere `E ben noto che ricerche degli ultimi decenni hanno documentato diversi ren- dimenti scolastici in matematica fra maschi e femmine. Tipicamente, nella fascia 5–10 anni il rendimento in matematica delle femmine `e pari a quello dei maschi, ma successivamente diminuisce [19]. Questo fenomeno `e conosciuto in letteratura come “gender gap in mathematics” e le sue origini sono tema di ricerca e discussione. Nei partecipanti al progetto pilota, i due generi non sono egualmente rap- presentati nei gruppi g1, g2 e g3, essendo le femmine circa met`a dei maschi: vedi Tabella 3.4. Per analizzare se i test abbiano evidenziato un rendimento diverso per genere, abbiamo disaggregato per ciascuno dei gruppi g1, g2 e g3 i dati del corrispondente indice sintetico PI di performance: vedi Figura 3.4. Nella figura i tre grafici hanno la stessa scala delle ordinate (35 ≤ PI ≤ 215). Si pu`o affermare che non si riscontrano in questo campione differenze statisti-
  • 47. 3.5. CONCLUSIONI E DISCUSSIONE 33 camente significative nell’indice sintetico PI di performance dovute al genere del partecipante. Tuttavia i tre grafici della Figura 3.4 indicano tendenzial- mente una maggior abilit`a nei maschi nelle condizioni “carta e matita” g2 e g3, mentre nella condizione g1 corrispondente all’uso di cabri g´eom`etre si osserva una sostanziale pari abilit`a fra maschi e femmine. Questa osservazione, se confermata ulteriormente, potrebbe essere oggetto di uno studio successi- vo, avente lo scopo di verificare se, per quanto attiene l’apprendimento della geometria, l’uso di un DGS consente di chiudere o ridurre il gender gap.16 g1 g2 g3 Femmine 7 6 10 23 Maschi 13 12 12 37 20 18 22 60 Tabella 3.4: Suddivisione dei gruppi g1, g2 e g3 per genere. q q qq Femmine Maschi Tutti 50100150200 Indici di performance (G=1) Femmine Maschi Tutti 50100150200 Indici di performance (G=2) q Femmine Maschi Tutti 50100150200 Indici di performance (G=3) Figura 3.4: Indice sintetico PI relativo ai partecipanti de gruppi g1, g2 e g3, di- saggregato per genere (scala: 35 ≤ PI ≤ 215): non si riscontrano nel campione differenze statisticamente significative dovute al sesso del partecipante. 16 L’uso di un DGS potrebbe avere effetto sia indirettamente sulla socializzazione, sul lavoro collaborativo ecc., che direttamente sulle abilit`a visuo–spaziali, due delle principali cause che sono spesso indicate all’origine del gender gap in mathematics.
  • 48. 34 CAPITOLO 3. IL PROGETTO PILOTA 3.5.3 Prospettive Il progetto pilota ha mostrato la fattibilit`a di un test che valuti l’apprendimen- to della geometria al termine del primo ciclo o all’inizio del secondo, in due condizioni principali, con o senza l’uso di un DGS. Infatti, nel progetto pilota sono emerse, fra le due condizioni, differenze di performance nella risoluzione di esercizi–guida che sono risultate statisticamente significative all’80% circa (test χ2 ). Conseguentemente, si ritiene che il progetto pilota possa essere sug- gerito per la ripetizione dei test (inclusa la fase preliminare di preparazione) in un numero adeguatamente elevato di scuole (almeno una decina), presentan- dolo e proponendolo a strutture di ricerca didattica gi`a qualificate nell’impiego in classe di cabri g´eom`etre, come l’IRRE–Emilia Romagna. Su questa sca- la, sarebbe utile testare anche la condizione g4 precedentemente illustrata e valutare la ipotesi discussa nella sezione 3.5.2. Qualora il test a larga scala fornisse risultati statisticamente significativi, questi potrebbero costituire una base per la proposta di un esperimento di brain imaging relativo al ruolo dei software dinamici nei processi di apprendimento della geometria, come gi`a detto nel Capitolo 1.
  • 49. Appendice A Una breve descrizione di CABRI G´EOM`ETRE A.1 Presentazione cabri g´eom`etre `e un software progettato per l’insegnamento della geome- tria, creato nel 1988 da un gruppo di ricercatori dell’Universit`a Joseph Fourier di Grenoble guidato da Jean–Marie Laborde. Nella prima versione, Cabri I, erano impiegate tecnologie informatiche allora molto avanzate, in particolare l’interazione diretta tramite il mouse ed un’interfaccia grafica, due caratteristi- che che sarebbero diventate in seguito degli standard per i sistemi operativi e per i principali software applicativi. Essa `e apparsa subito molto interessante agli insegnanti ed ha avuto una notevole diffusione nella scuola media e nelle scuole superiori in ambiente operativo MS-DOS, sistema allora prevalente nei computer presenti nei laboratori di informatica delle scuole, introdotti a se- guito del Piano Nazionale per l’Informatica (1989). Nel 1996 viene diffusa la seconda versione, Cabri II, per i sistemi MS-DOS e per Mac, due anni dopo la versione per Windows; agli inizi del 2003 esce la terza versione del software, con il nome di cabri g´eom`etre ii plus. cabri g´eom`etre conta, dopo quindici anni, pi`u di una decina di milioni di utenti in tutto il mondo, che lo utilizzano su computer dotati di sistemi Windows e Mac OS, oltre che su alcune calcolatrici grafiche (TI-92 Plus, TI-89, Voyage 200 e - dal luglio 2003 – sulla TI-83 Plus con Cabri Junior) prodotte dalla Texas Instruments. cabri g´eom`etre `e ora sviluppato da Cabrilog, Grenoble (Francia), una societ`a fondata nel 2000 da Jean–Marie Laborde. La terza versione del software contiene molti miglioramenti, in larga parte 35
  • 50. 36 APPENDICE A. DESCRIZIONE DI CABRI G´EOM`ETRE suggeriti dagli utenti stessi, che la rendono ancora pi`u ricca di prestazioni, piacevole da usare, oltre che di notevole valenza didattica per l’insegnamento e l’apprendimento della geometria. `E la versione utilizzata in questo lavoro. La Figura A.1, adattata da [40], da dove `e tratta anche questa presentazione, mostra una tipica finestra di cabri g´eom`etre. Figura A.1: Una tipica finestra di cabri g´eom`etre, adattata da [40]. Quali sono le caratteristiche di cabri g´eom`etre e quali possono essere le ragioni che hanno convinto cos`ı tanti insegnanti, non solo in Italia, a utilizzarlo in classe? L’ambiente cabri g´eom`etre permette di costruire per mezzo di operato- ri (primitive di costruzione) degli oggetti geometrici facendo intervenire delle relazioni tra gli oggetti stessi. Essi hanno un modo di utilizzazione che rende il loro comportamento simile a quello che questi oggetti hanno nella geometria eu- clidea. L’utente costruisce sullo schermo del computer un disegno e gli d`a delle specifiche geometriche tramite la manipolazione diretta e con l’aiuto di stru- menti contenuti in menu “a tendina”. Le propriet`a che rimangono invarianti
  • 51. A.2. ALCUNE CARATTERISTICHE 37 nella figura sono individuate tramite il trascinamento (dragging) degli elementi grafici della figura con il mouse. Le figure create con cabri g´eom`etre non rappresentano quindi una sola configurazione, ma potenzialmente si riferiscono a un’intera classe di disegni equivalenti. Alcune ragioni a favore del suo utilizzo sono le seguenti, ben note a chiunque abbia usato cabri g´eom`etre anche poche volte: • la manipolazione diretta delle figure come base per l’apprendimento di fatti geometrici. • la dinamicit`a delle figure e la facile interazione con esse. • l’uso semplice e intuitivo (il mouse `e fondamentale nell’uso di questo software): non ci sono complicazioni informatiche per il suo uso; in un certo senso `e nato per fare matematica; • cabri g´eom`etre “si comporta” nel funzionamento come ci si aspetta si comporti da un punto di vista matematico; in esso `e incorporata in qualche modo una “logica di funzionamento” simile a quella che si usa in geometria. A.2 Alcune caratteristiche Il cursore di cabri g´eom`etre pu`o assumere diverse forme: la Tabella A.1 mostra alcune delle varie forme che pu`o assumere il cursore nelle varie situazio- ni. Delle forme del cursore presentate, le principali sono quattro: la croce, la mano con indice, la mano semi chiusa, la matita. Il cursore “a croce” `e quello di default, ed appare all’avvio del programma. Indica che il cursore si trova in una zona libera della zona di lavoro; sotto Windows, se si tiene premuto il tasto sinistro del mouse, o il tasto unico sotto Mac OS, si pu`o selezionare una parte rettangolare dello schermo, e se in questa zona sono compresi degli og- getti questi lampeggiano (tranne le rette e le semirette) e si possono cancellare tramite il tasto canc. Se il cursore invece passa su un oggetto la forma cambia diventando “mano con indice”: questa `e la modalit`a manipolazione, ed insieme compare anche
  • 52. 38 APPENDICE A. DESCRIZIONE DI CABRI G´EOM`ETRE Un oggetto esistente pu`o essere selezionato Un oggetto esistente pu`o essere selezionato, spostato o usato all’interno di una costruzione Compare quando si clicca sopra un oggetto esistente per selezionarlo o per usarlo in una costruzione Viene offerto un menu a tendina con un certo numero di differenti opzioni che possono essere scelte Compare quando si sposta un oggetto (dragging) Il cursore `e in una regione libera del foglio di lavoro. Si pu`o usare il ‘Click & Drag’ per selezionare una regione rettangolare Segnala la modalit`a di spostamento del foglio di lavoro Compare quando si sposta il foglio di lavoro Indica che un singolo click generer`a un nuovo ‘punto libero’ sul foglio di lavoro Indica che un singolo click generer`a un nuovo punto su un oggetto esistente o all’intersezione di due oggetti esistenti Indica che un singolo click riempir`a l’oggetto sotto il cursore con il colore attualmente selezionato Indica che un singolo click cambier`q gli attributi (per esempio: colore, stile, spessore, ecc.) dell’oggetto sotto il cursore Tabella A.1: Alcuni dei cursori di cabri g´eom`etre ed il loro significato.
  • 53. A.2. ALCUNE CARATTERISTICHE 39 una scritta che indica il nome dell’oggetto. Con questa modalit`a `e possibile selezionare l’oggetto con un clic e l’indice si piegher`a assumendo la forma “mano con indice piegato”. Il cursore a forma di “mano quasi chiusa” indica che l’oggetto selezionato `e in una fase di spostamento, lo spostamento di un oggetto `e possibile dopo che `e stato selezionato tenendo premuto il tasto sinistro del mouse sotto Windows, o il tasto unico sotto Mac OS. Il cursore prende la forma “matita in su” quando si possono creare oggetti con un clic. Tra i diversi sottomenu e funzioni, vale la pena descriverne alcuni molto utili dal punto di vista didattico. Cursore a mano aperta Il cursore a forma di mano aperta consente di spo- stare gli oggetti rappresentati di cui compare il nome, ed una rapida verifica, sia da parte dell’ allievo che dell’insegnante, se il lavoro svolto `e corretto, potendo in questo modo apportare delle modifiche. Preferenze Preferenze `e utile per correggere i difetti causati dalle proporzioni in pixel, affinch´e si possa vedere sempre la stesso aspetto in tutte le sessioni di lavoro. Aspetto oggetto L’aspetto oggetto si utilizza alla fine del lavoro permetten- do di abbellire l’aspetto del lavoro colorando alcuni oggetti, evidenziarne o nascondere altri; questo strumento `e gratificante per i ragazzi perch´e consente loro di presentare un lavoro formalmente curato e gradevole di aspetto. Ri–costruzione passo a passo Ri–costruzione passo a passo offre la possi- bilit`a di ripercorrere tutti i passaggi effettuati nella costruzione presente sullo schermo; `e molto utile all’insegnante che pu`o controllare se la co- struzione `e stata svolta in modo corretto e se l’allievo ha rispettato le consegne; `e molto utile anche all’allievo perch´e in questo modo svolge il doppio compito di applicare le stesse istruzioni sia per un esecutore di azioni reali con carta e matita che per un utente cabri g´eom`etre; inoltre `e un ottimo metodo per ripassare e mantenere l’informazione pi`u a lungo in memoria o rielaborarla.
  • 54. 40 APPENDICE A. DESCRIZIONE DI CABRI G´EOM`ETRE
  • 55. Appendice B Strumenti per la valutazione dell’attenzione: il test di Zazzo dei deux barrages L’attenzione selettiva e di mantenimento viene comunemente valutata median- te prove di risposta differenziale a stimoli uditivi o visivi, che l’individuo deve distinguere da altri. Si pu`o per esempio procedere alla misura dei tempi di reazione (per esempio la quantit`a di tempo che intercorre tra la presentazione degli stimoli e la risposta dell’individuo) di una serie di prove in cui si deve riconoscere un determinato stimolo presentato assieme ad altri. Pi`u il compito `e prolungato e pi`u gli stimoli sono simili tra loro, pi`u la vigilanza deve essere sostenuta; per questo motivo compiti di questo tipo vengono definiti compiti di “vigilanza”. Tralasciamo i test uditivi (come il Continuous Performance Test, o CPT), e descriviamo in dettaglio, seguendo [34], una prova originariamente sviluppata da Zazzo [43, 44], detta comunemente test dei deux barrages. Questa prova consiste nel discriminare pi`u rapidamente possibile e segnare (barrer) alcuni simboli mescolati ad altri, con i quali possono essere facilmente confusi. Questo test si riferisce a quello di Toulose-Pi´eron, ma nella versione di Zazzo i quadrati sono leggermente pi`u grandi per poter diminuire l’influenza del fattore di acuit`a visiva sull’abilit`a di discriminazione visiva. La prova si svolge in due fasi, una prima in cui si deve individuare e segnare un solo tipo di segni, una seconda in cui si devono individuarne e segnarne due diversi. Nel caso dell’individuazione di un segno non vi `e limite di tempo, e ogni soggetto viene classificato in base al tempo d’esecuzione (metodo cronometrico). Ogni quattro righe si prende nota del tempo: i tempi parziali, tradotti in velocit`a d’esecuzione (ossia numero dei segni contrassegnati ogni minuto) forniscono la 41
  • 56. 42 APPENDICE B. TEST DI ZAZZO DEI DEUX BARRAGES base per stabilire l’andamento nella velocit`a di svolgimento della prova. Nel caso della prova con due segni `e invece stabilito un tempo massimo di ese- cuzione di 10 minuti. La variabile `e dunque la quantit`a di esecuzione della prova (numero dei segni esaminati) fornita ogni minuto (metodo ergonometri- co). Alla fine di ogni minuto si prende nota del numero di righe terminate dal soggetto e del numero di segni esaminati. Anche questo metodo permette di individuare la curva di velocit`a. Vi sono vari indici per valutare la prova. Uno di questi `e quello relativo alle “inesattezze” nel barrage, ossia il rapporto fra il numero totale degli errori (falsi positivi + omissioni) e il numero totale dei segni da barrare nella prova, che nel caso della prova con un segno `e 125, mentre nel caso della prova con due segni tale numero complessivo non `e fisso, essendo la qualit`a di esecuzione della prova variabile da soggetto a soggetto. Un altro indice riguarda il “ren- dimento”, che `e dato dal numero medio dei segni barrati in un minuto. Ci`o che `e importante `e confrontare comparativamente (qualitativamente e quanti- tativamente) il risultato della prima e della seconda fase. `E particolarmente significativo il confronto nel rendimento e nelle strategie utilizzate per indivi- duare e contrassegnare un solo segno e due segni. Zazzo sottolinea che queste variazioni sperimentali nel numero di segni da individuare potrebbero essere aumentate, in modo da costruire prove di barrage con tre o quattro livelli di difficolt`a. Per una trattazione completa della prova si rinvia a [44]. Il caso in esame Nel caso in esame, il test `e stato somministrato singo- larmrnte ad ogni allievo, in un’aula concessa appositamente dalla scuola. In questa aula c’erano buone condizioni di luce, quattro tavolini e quattro sedie, situate in una sezione della scuola abbastanza silenziosa. Gli allievi sono stati inviati singolarmente, dalla propria insegnante nell’ora di scienze. La dispo- sizione tra lo sperimentatore e il partecipante era quella classica proposta da Zazzo, ossia lo sperimentatore si sedeva alla destra di lato del partecipante. Il materiale a disposizione era per lo sperimentatore un foglio di notazione, un cronometro, una matita; per il partecipante una matita lunga e ben appuntita, un foglio per il contrassegno di un segno, e un secondo foglio per il contrassegno di due segni. L’ordine dei preparativi per l’esame `e stato il seguente: 1. Si `e sistemato il partecipante e si `e stabilita la scheda per l’esame; il
  • 57. 43 partecipante ha poi scritto sul foglio di notazione le iniziali del nome e cognome, la lateralit`a, il sesso, la data e l’ora dell’esame. 2. `E stata presentata la prova e si `e messo a proprio agio il partecipante; dopo esserci assicurati che non conoscesse gi`a la prova, gli si `e mostrato il foglio della prima notazione ed `e stato rassicurato su cosa ci si aspettava da lui: “Ti domander`o di eseguire un lavoro facile, esige solola massima attenzione. Si tratta di vedere solo se lavori presto e bene. . . ”. 3. Sono state date le consegne. Per la prima prova non sono stati fissati limiti di tempo, mentre per la seconda `e stato previsto un tempo massimo di dieci minuti. Agli allievi `e stato spiegato che che non si trattava di un test di intelligenza e che insegnanti, famiglie o altri non avrebbero potuto prendere visione dei risultati personali.
  • 58. 44 APPENDICE B. TEST DI ZAZZO DEI DEUX BARRAGES
  • 59. Appendice C Strumenti per la valutazione delle abilit`a scolastiche: il test di Amoretti et al. Il test di Matematica per la scuola dell’obbligo, a cura del nucleo di ricerca in didattica della matematica dell’istituto di Psicologia dell’Universit`a di Pavia `e un test di profitto, relativo in particolar modo alla valutazione sommativa delle abilit`a al termine dell’anno scolastico. Pu`o essere somministrato all’inizio dell’anno come test d’ingresso, utilizzando dil test relativo all’anno precedente. Comprende i temi proposti dai programmi ministeriali per le scuole elementari e da quelli della scuola media ad eccezione dell’informatica, ritenuta troppo difficile perch´e dipendente dalle scelte del singolo insegnante. La prova `e composta da tre subtest, riguardanti rispettivamente la geo- metria, la logica e infine la probabilit`a e la statistica. L’elaborazione delle domande d’ogni prova, `e stata fatta in modo tale da focalizzare la valutazione degli obiettivi proposti dai programmi. Sono state utilizzate in prevalenza do- mande a scelta multipla o aperta con risposta univoca. Le prove per la scuola elementare sono mediamente facili e mediamente discriminative, mentre quel- le della scuola media sono pi`u difficili e pi`u discriminative. Le prove inoltre consentono una valutazione rispetto ai gruppi di riferimento, consentendo di paragonare i risultati degli alunni con quelli dei compagni di pari et`a e livello scolare. Il test ha dimostrato buone capacit`a psicometriche, si `e dimostrato atten- dibile per evidenziare gli allievi con delle difficolt`a nell’area della matematica [35, 36]. 45
  • 60. 46 APPENDICE C. TEST DI AMORETTI ET AL. Il caso in esame La somministrazione del test `e avvenuta in classe, duran- te un’ora di scienze; le insegnanti non avevano preavvisato gli allievi che ci sarebbe stata la prova, che `e avvenuta con la presenza dell’insegnante e del- l’esaminatrice. Gli allievi sono stati invitati a spostarsi, allontanando i banchi alla distanza di circa un metro l’uno dall’altro, e a togliere dal proprio banco ogni cosa, lasciando solo una matita, una riga e una calcolatrice. Sono stati invitati ad ascoltare l’esaminatrice, che li ha invitati a stare in silenzio e fare attenzione a ci`o che avrebbe detto. `E stato spiegato che i risultati dei test non avrebbero influito in nessun modo sui voti in scienze, ma che ugualmente dovevano svolgere il test nel modo migliore possibile. Assegnati gli esercizi, dovevano inserire le iniziali del nome, cognome, sesso e data dell’esame. Al via dell’esaminatrice avrebbero potuto girare il foglio e iniziare lo svolgimento del test, in un tempo massimo di 35 minuti. In caso qualcosa non risultasse chiaro, erano invitati al silenzio: dovevano in tal caso alzare la mano e l’esaminatrice sarebbe andata al loro banco per i chiarimenti necessari (gli esercizi del test sono stati selezionati dall’insegnante).
  • 61. Appendice D Descrizione dell’algoritmo per la formazione dei gruppi Descriviamo pi`u in dettaglio l’algoritmo della Tabella 3.1 e la sua implementa- zione in R, tratta da [21]. Consideriamo il caso di n partecipanti numerati da 1 ad n, e supponiamo per semplicit`a che il profilo psicologico per partecipante k sia un vettore 2−dimensionale π(k) = (π(k)1, π(k)2). Supponiamo che π1 e π1 siano variabili indipendenti distribuite normalmente con µ = 0 e σ = 1, e simuliamo i due campioni aleatori delle osservazioni con i comandi1 n <- 43 # ad esempio p <- 2 # ad esempio nomi <- c(1:n) π1 = pi1 <- rnorm(n) π2 = pi2 <- rnorm(n) Costruiamo allora una matrice numerica tab di tipo n × p (nel caso in esame 43 × 2) ponendo tab <- matrix(c(pi1,pi2),43,2), ed utilizziamo il seguente codice di R: > dm <- 0 > for(k in 1:floor(n/2)) { + s <- length(tab[,1]) 1 I dati cos`ı simulati sono π1 = (−0.15, −0.37, 2.61, −0.39, −0.23, −0.76, 1.67, 0.25, 0.18, 1.60, 1.38, −2.34, −0.48, −0.51, −1.81, −0.24, 0.34, −0.03, 0.27, −0.30, −1.26, 0.43, 1.79, 1.52, −0.22, 0.82, 0.92, 0.23, −0.23, 0.00, −0.38, −1.52, 0.86, 0.81, 1.58, 1.34, −0.01, −0.57, −0.23, 0.55, 0.10, −0.54, −1.21); π2 = (−1.06, −1.69, 0.98, −1.27, −0.31, −0.97, −0.94, −0.18, 0.77, 0.14, −1.46, −0.67, −0.15, −0.33, 0.05, −0.07, 1.94, −0.31, 0.42, 1.17, 0.26, 0.00, −1.24, 0.61, −0.54, −0.54, 0.43, 0.55, 1.90, 0.19, −0.16, −0.96, −0.31, 1.91, −1.12, −0.36, −0.81, −1.19, −0.65, 0.75, −0.20, 0.22, 0.66). 47
  • 62. 48 APPENDICE D. DESCRIZIONE DELL’ALGORITMO + i <- 1 + floor(s*runif(1)) + f <- margin.table(abs(t(tab) - tab[i,]), 2) + m <- min(f[which(f!=0)]) + j <- which(f==m) + if(length(j)>1) {j <- j[1 + floor(length(j)*runif(1))]} + d <- sum(abs(tab[j,]-tab[i,])) + dm <- dm + d + cat("Coppia",k,": ", nomi[[i]], nomi[[j]],"(d = ",d,")n") + r <- which((1:s!=j) & (1:s!=i)) + tab <- tab[r,] + nomi <- nomi[r] + } > if(length(nomi)>0) {cat("Viene escluso:",nomi)} > cat("Distanza media:",dm/floor(n/2)) Eseguendo questo codice, otteniamo per i dati simulati i due gruppi seguenti: g1 = ( 8, 23, 31, 11, 17, 21, 18, 33, 29, 30, 1, 2, 28, 32, 14, 38, 22, 36, 24, 12, 42) g2 = (41, 35, 13, 7, 34, 43, 5, 26, 20, 16, 37, 4, 19, 6, 25, 39, 40, 10, 27, 15, 9 ) dai quali `e rimasto escluso il partecipante numero 3. Il grafico scatterato della Figura D.1 mostra con simboli diversi la collocazione dei due gruppi nel piano delle variabili π1 e π2. La distanza media fra le coppie `e risultata 0.5819048. Si noti quindi che l’algoritmo `e pi`u efficiente della semplice selezione casuale nei punti seguenti. • Nel trattamento degli outliers vicini, che di norma vengono ripartiti “equamente” fra i due gruppi. Ad esempio, consideriamo nella simu- lazione di Figura D.1 il gruppo dei quattro partecipanti (i numeri 7, 11, 23 e 35) nell’angolo basso–destro, con valori massimi di π1 e minimi di π2, che hanno profili molto simili: π(23) = (1.79, −1.24), π(35) = (1.58, −1.52) π(11) = (1.38, −1.46), π(7) = (1.67, −0.94) L’algoritmo ha accoppiato il partecipante 23 con il 35 ed l’11 con il 7, ponendo il 23 e l’11 in g1 ed il 35 ed il 7 in g2. In principio un procedimento casuale non avrebbe assicurato a priori questo risultato.
  • 63. 49 −3 −2 −1 0 1 2 3 −3−2−10123 pi1 pi2 Figura D.1: Esempio di applicazione dell’algoritmo: gruppo g1: triangle point– up rosso; gruppo g2: triangle point–down blu. • Nella minimizzazione della distanza media fra i membri delle coppie. Per chiarire questo punto abbiamo eseguito 1000 volte l’algoritmo sui dati reali dei test preparatori (con n = 43 e p = 7), ottenendo per la distanza media l’istogramma della Figura D.2(a). Per confronto, la Figura D.2(b) mostra l’istogramma che si ottiene se si procede sempre per 1000 volte all’accoppiamento in modo puramente casuale (senza tener conto dei profili psicologici): si noti che in tale caso il valore atteso `e quasi raddoppiato (ed anche la deziazione standard `e quasi doppia). Questo dimostra l’utilit`a che anche il semplice algoritmo “avido” che abbiamo implementato pu`o avere nella composizione dei due campioni.2 2 Gli algoritmi avidi (greedy) lavorano per passi successivi. Ad ogni passo viene presa una decisione che sembra in quel momento la migliore, senza tener conto delle conseguenze future di tale scelta. Questa strategia del tipo “meglio un uovo oggi. . . ” `e all’origine del nome di questa classe di algoritmi. In generale gli algoritmi avidi non producono soluzioni ottime, ma, se queste non sono richieste, essi sono da preferire agli algoritmi pi`u complessi generalmente necessari per l’ottimo.
  • 64. 50 APPENDICE D. DESCRIZIONE DELL’ALGORITMO Distanza media V1 Frequency 3.2 3.4 3.6 3.8 4.0 4.2 4.4 050100150200 Distanza media V1 Frequency 5.5 6.0 6.5 7.0 7.5 8.0 050100150200 (a) (b) Figura D.2: Istogrammi: (a) µ = 3.70, σ = 0.178; (b) µ = 6.81, σ = 0.384. Numero di prove: 1000.
  • 65. Bibliografia [1] Agresti, A., Finlay, B. (1999). Statistical Methods for the social sciences, 3th edition. Prentice Hall. [2] Amoretti, G. (1993). Test di matematica per la scuola dell’ob- bligo: manuale, a cura di Guido Amoretti et al., Organizzazioni speciali, Firenze. [3] Antinucci, F. (2003). La scuola si `e rotta. Nuovi modi di apprendere tra libri e computer, Laterza. [4] Arzarello, F. et al. (2002). A cognitive analysis of dragging practises in Cabri environments, Zentralblatt f¨ur Didaktik der Mathematik, 34, 3, 66–72. [5] Matematica 2003. Attivit`a didattiche e prove di verifica per un nuovo curricolo di Matematica, a cura di Giuseppe Anichini, Ferdinando Arzarello, Lucia Ciarrapico, Ornella Robutti. [6] Ashman, A.F., Conway R.N.F. (1991). Guida alla didatti- ca metacognitiva per le difficolt`a di apprendimento, Trento, Erikson. [7] Bloom, B.S. (1986). Tassonomia degli obiettivi educativi, La classificazione delle mete dell’educazione, Volume I, Area cognitiva, Giunti & Lisciani Editori (trad. Mauro Laeng). [8] Borkowski, J. G., Muthukrishna, N. (1994). Lo sviluppo del- la metacognizione del bambino: un modello utile per intro- 51
  • 66. 52 BIBLIOGRAFIA durre l’insegnamento metacognitivo in classe, in: Insegnare all’Handicappato, 8, 3, pp. 229–251. [9] Chi, M.T.H. (1992). Conceptual Change within and across onto- logical categories:Examples from learning and discovery in scien- ce. In: Cognitive Models of science: Minnesota studies in the philosophy of science, a cura di R. Giere, Minneapolis, MN, University of Minnesota Press. [10] Cornoldi, C., De Beni, R., Gruppo MT (1989) Guida alla comprensione del testo, Bergamo, Walk–Over Juvenilia. [11] Cornoldi, C., De Beni, R., Gruppo MT (1993). Imparare a studiare, Trento, Erikson. [12] De Beni, R., Pazzaglia, F. (1991). Lettura e metacognizio- ne. Attivit`a didattiche per la comprensione del testo, Trento, Erikson. [13] De Beni, R. e Zamperlin, C. (1993). Guida allo studio del testo di storia, Trento, Erikson. [14] Caprara G.V., Gennaro A. (1994). Psicologia della Personalit`a. Bologna. [15] Coggi C., Notti A.M. (2002). Docimologia, Pensa Multimedia, Lecce. [16] Flavell, J.H., Miller P.H., Miller S.A. (1996). Psicologia dello sviluppo cognitivo. Strumenti., Il Mulino, Bologna. [17] AA.VV. (1999). Psicologia del pensiero, a cura di V. Girotto e P. Legrenzi, Il Mulino, Bologna. [18] Greeno, J.G. (1978). A study of problem solving. In: R. Glaser, Advances in instructional psychology, vol. 1, Hillsdale, Erlbaum. [19] Hanna, G., Kundiger, E., & Larouche, C. (1990). Mathematical achievement of grade 12 girls in fifteen countries. In L. Burton
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