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Contro l’aumento dei contributi.
                                        Senza se e senza ma
                                   ACTA - Associazione Consulenti
                                          Terziario Avanzato



Questa volta un po’ tutti hanno metabolizzato un concetto che da sempre come ACTA sosteniamo: i
contributi li paghiamo noi iscritti alla Gestione Separata e non i nostri committenti, ogni aumento
determina una riduzione del nostro reddito disponibile.
C’è tuttavia un altro concetto che invece risulta incompreso da politici, sindacalisti e anche
professori: già ora i contributi pensionistici pagati da noi sono superiori a quelli di tutti gli altri
lavoratori, compresi i dipendenti. Non è corretto sostenere che noi paghiamo il 26% e i dipendenti
il 33%, perché quest’ultima percentuale è calcolata su una base diversa.
E’ vero i calcoli non sono facilissimi, ci riproviamo a spiegarli con dei grafici, in cui evidenziamo le
principali voci che compongono il costo del lavoro.
Facciamo l’esempio di due imprese che hanno necessità di un servizio. La prima si avvale di un
dipendente per un anno, la seconda nello stesso periodo ne affida la realizzazione ad un
professionista autonomo. Ipotizziamo che il costo delle due soluzioni sia lo stesso : 40.000 euro.
Vediamo nelle due soluzioni quale è l’incidenza pensionistica e il reddito disponibile.




      A parità di costo del lavoro, il netto in tasca del professionista è lievemente inferiore a quello
      del dipendente (53,7% contro il 54,7%).
      Riportando entrambi alla stessa base di calcolo, l’aliquota pensionistica “reale” di INPS
      pagata dal dipendente, è pari al 25,5%, inferiore dello 0,5% a quella del professionista.
      Il professionista paga molta più IRPEF , oltre all’l’IRAP (complessivamente il 4,4% in più!)
      Il professionista paga meno in termini di “altri oneri sociali” (malattia, disoccupazione
      infortunio …) e infatti non gode di alcuna protezione contro malattia, infortunio e
      disoccupazione e non ha diritto né ad allattamento né a congedi parentali.

In sintesi ciò che il professionista versa in più come imposte, il dipendente versa come oneri sociali
non pensionistici che gli permettono di accedere alle tutele di malattia disoccupazione, infortuni,
congedi vari. Il reddito netto è lo stesso, ma il professionista è sostanzialmente escluso dalle
                                                                protezioni del welfare.
Cosa succederebbe se i contributi
                                                              pensionistici aumentassero al 33%?

                                                              Il reddito disponibile diminuirebbe
                                                              ancora e scenderebbe sotto la metà del
                                                              fatturato, già su questi livelli di reddito.

                                                              E sapete perché non pensano di
                                                              aumentare invece gli altri oneri? Perché
                                                              non servirebbe a fare cassa, dovrebbero
                                                              infatti restituirli come prestazioni e
                                                              indennità (malattia, disoccupazione…).
                                                              Almeno in teoria, visto che quel poco
                                                              che attualmente versiamo per gli altri
                                                              oneri (0,72%) ci viene restituito per
                                                              meno della metà (0,33%, sulla base di
                                                              quanto calcolato dall’INPS stessa)

Note metodologiche

      Per il lavoratore dipendente sono state prese come riferimento le aliquote contributive di un
      impiegato presso l’industria in genere, con più di 15 dipendenti,
      Nei calcoli per il dipendente non è stato considerato il Trattamento di fine rapporto (TFR)
      trattandosi di una retribuzione differita che non ha possibilità di comparazione con la struttura
      dei compensi della Partita IVA.
      Per rendere più immediata la comprensione, non si tiene conto delle aliquote INAIL e delle
      addizionali IRPEF che interessano tutti i lavoratori
      Non si considerano altre detrazioni fiscali collegate a situazioni personali e familiari che
      esulano dal contratto di lavoro.

Le incomprensioni nascono da una particolarità della struttura della busta paga del lavoratore
dipendente. La base su cui vengono calcolati i contributi previdenziali, sociali e fiscali è infatti la
RAL, retribuzione annua lorda, che viene definita dai contratti collettivi. Su questa RAL le aliquote
contributive e sociali sono calcolate per una parte a carico del datore del lavoro e per l’altra parte a
carico del lavoratore. Per approfondire vai all’analisi del CERM Le pensioni degli iscritti alla
Gestione separata dell’INPS. Quattro proposte per ACTA.

ACTA

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Contro aumento dei contributi

  • 1. Contro l’aumento dei contributi. Senza se e senza ma ACTA - Associazione Consulenti Terziario Avanzato Questa volta un po’ tutti hanno metabolizzato un concetto che da sempre come ACTA sosteniamo: i contributi li paghiamo noi iscritti alla Gestione Separata e non i nostri committenti, ogni aumento determina una riduzione del nostro reddito disponibile. C’è tuttavia un altro concetto che invece risulta incompreso da politici, sindacalisti e anche professori: già ora i contributi pensionistici pagati da noi sono superiori a quelli di tutti gli altri lavoratori, compresi i dipendenti. Non è corretto sostenere che noi paghiamo il 26% e i dipendenti il 33%, perché quest’ultima percentuale è calcolata su una base diversa. E’ vero i calcoli non sono facilissimi, ci riproviamo a spiegarli con dei grafici, in cui evidenziamo le principali voci che compongono il costo del lavoro. Facciamo l’esempio di due imprese che hanno necessità di un servizio. La prima si avvale di un dipendente per un anno, la seconda nello stesso periodo ne affida la realizzazione ad un professionista autonomo. Ipotizziamo che il costo delle due soluzioni sia lo stesso : 40.000 euro. Vediamo nelle due soluzioni quale è l’incidenza pensionistica e il reddito disponibile. A parità di costo del lavoro, il netto in tasca del professionista è lievemente inferiore a quello del dipendente (53,7% contro il 54,7%). Riportando entrambi alla stessa base di calcolo, l’aliquota pensionistica “reale” di INPS pagata dal dipendente, è pari al 25,5%, inferiore dello 0,5% a quella del professionista. Il professionista paga molta più IRPEF , oltre all’l’IRAP (complessivamente il 4,4% in più!) Il professionista paga meno in termini di “altri oneri sociali” (malattia, disoccupazione infortunio …) e infatti non gode di alcuna protezione contro malattia, infortunio e disoccupazione e non ha diritto né ad allattamento né a congedi parentali. In sintesi ciò che il professionista versa in più come imposte, il dipendente versa come oneri sociali non pensionistici che gli permettono di accedere alle tutele di malattia disoccupazione, infortuni, congedi vari. Il reddito netto è lo stesso, ma il professionista è sostanzialmente escluso dalle protezioni del welfare.
  • 2. Cosa succederebbe se i contributi pensionistici aumentassero al 33%? Il reddito disponibile diminuirebbe ancora e scenderebbe sotto la metà del fatturato, già su questi livelli di reddito. E sapete perché non pensano di aumentare invece gli altri oneri? Perché non servirebbe a fare cassa, dovrebbero infatti restituirli come prestazioni e indennità (malattia, disoccupazione…). Almeno in teoria, visto che quel poco che attualmente versiamo per gli altri oneri (0,72%) ci viene restituito per meno della metà (0,33%, sulla base di quanto calcolato dall’INPS stessa) Note metodologiche Per il lavoratore dipendente sono state prese come riferimento le aliquote contributive di un impiegato presso l’industria in genere, con più di 15 dipendenti, Nei calcoli per il dipendente non è stato considerato il Trattamento di fine rapporto (TFR) trattandosi di una retribuzione differita che non ha possibilità di comparazione con la struttura dei compensi della Partita IVA. Per rendere più immediata la comprensione, non si tiene conto delle aliquote INAIL e delle addizionali IRPEF che interessano tutti i lavoratori Non si considerano altre detrazioni fiscali collegate a situazioni personali e familiari che esulano dal contratto di lavoro. Le incomprensioni nascono da una particolarità della struttura della busta paga del lavoratore dipendente. La base su cui vengono calcolati i contributi previdenziali, sociali e fiscali è infatti la RAL, retribuzione annua lorda, che viene definita dai contratti collettivi. Su questa RAL le aliquote contributive e sociali sono calcolate per una parte a carico del datore del lavoro e per l’altra parte a carico del lavoratore. Per approfondire vai all’analisi del CERM Le pensioni degli iscritti alla Gestione separata dell’INPS. Quattro proposte per ACTA. ACTA