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Introduzione alle
     Psicoterapie Brevi
           Dott. Angelo Pennella




                                    “Se ti incammini su una strada
                                   e ti accorgi che non sai dove stai
                                        andando, fermati, volgiti
                                   e chiediti da dove stai venendo”
                                           (proverbio indiano)


                   SIRPIDI
Corso di Specializzazione in Psicologia Clinica e
          Psicoterapia Psicoanalitica

                        1
Introduzione

Da un punto di vista generale si può dire che quasi tutte le psicoterapie
brevi (Migone, 1997; Book, 1998):
   fanno riferimento al modello psicoanalitico
   propongono strategie tecniche al fine di abbreviare la durata
   del trattamento

Le terapie brevi pongono una serie di questioni, tra cui:
    si tratta di soluzioni alternative da attuare in condizioni o con pazienti
    particolari?
    come può essere considerato il cambiamento ottenuto con questo tipo
    di interventi in termini di estensione, profondità, durata?
    è più corretto parlare di terapie brevi o terapie focali?
    fino a che punto si tratta di interventi collusivi?

    quali solo le implicazioni teoriche delle psicoterapie dinamiche brevi?
    quali solo le implicazioni teoriche delle psicoterapie dinamiche brevi?


                                         2
Introduzione    (segue)


Vi sono due prospettive con cui è possibile inquadrare le psicoterapie brevi
(Malan, 1963):

   “Conservatori”: intervento di minore efficacia rispetto all’analisi
   classica, ma
   particolarmente indicata per certi pazienti (ad es. quando non si è in
   grado di tollerare/fruire di un’analisi) o per situazioni specifiche (ad es.
   emergenze/crisi)
   La proposta di una terapia breve si configurerebbe, quindi, come una
   sorta di variazione dei "parametri” della tecnica analitica classica, così
   come sono descritti da Eissler (1953)
   “Radicali”: un intervento “autonomo” rispetto alla psicoanalisi e
   alla psicoterapia psicoanalitica
   In questa prospettiva, la terapia breve è considerata un intervento che
   consente cambiamenti strutturali della personalità del paziente e non si
   pongono questioni di elettività o di “posizionamento” dell’intervento in
   situazioni o contesti specifici (ad es. servizi ambulatoriali)

                                       3
Cenni storici

L’esperienza clinica della psicoanalisi si è inizialmente caratterizzata per la
“brevità” degli interventi, spesso portati a termine nel giro di qualche
settimana o mese (sei/dodici)
Un esempio storico del modo con cui Freud ha utilizzato il tempo come
parametro tecnico ci è fornito dal caso dell’Uomo dei lupi
“Per superare questa resistenza non c’era che un modo. Dovetti aspettare
finché il suo attaccamento alla mia persona non fu abbastanza intenso da
controbilanciare la sua ritrosia, e allora contrapposi questi due fattori.
Stabilii (non prima, però, di aver giudicato, da chiari segni, che il momento
era opportuno) di interrompere la cura in una data prefissata, prescindendo
dai risultati che si fossero conseguiti” (Freud S., 1918)
Un’ulteriore esemplificazione, meno nota, ma chiaramente espressiva di
una terapia breve, fu l’intervento che Freud attuò con Gustav Mahler: in
quattro sedute egli infatti identificò e risolse il problema d’impotenza del
compositore (Jones, 1955)


                                       4
Cenni storici (segue)



Probabilmente, oltre ai casi di cui si ha traccia (ad es. Dora, che effettuò
una analisi della durata di undici settimane, Bruno Walter con una terapia
di sei colloqui), Freud condusse molti trattamenti “brevi” evidenziando una
scarsa attenzione per il fattore tempo
Secondo Malan (1963), nel periodo tra il 1909 ed il 1914 è possibile
rintracciare anche altri esempi di terapie brevi
Nel 1909 Oberndorf ebbe in cura, ad esempio, per un anno con frequenza
settimanale, una donna affetta da depressione, intensa angoscia ed
allucinazioni. La paziente guarì e continuò ad informare l’analista della sua
buona salute fino al 1947
E’ noto a tutti che da questa iniziale brevità, si è gradualmente passati ad
interventi molto più lunghi, che si protraggono – in genere – per anni
(spesso cinque/sette sono considerati “normali” per una analisi)



                                      5
Cenni storici   (segue)

Riprendendo in questo Malan (1963), è possibile individuare una serie di
motivi sottesi a questa tendenza alla dilatazione dei “tempi analitici”:
                          1) Resistenza
                          2) Transfert                         “…possono essere affrontati
                          3) Transfert negativo connesso       più semplicemente con
                             alla cessazione dell’analisi      l’interpretazione diretta…”
    FATTORI INSITI NEL    4) Dipendenza
    PAZIENTE              5) Radici infantili delle nevrosi
                          6) Necessità di elaborazione         “…può essere compiuta
                             analitica                         entro i limiti di una terapia
                                                               breve…” (40 incontri)
                          7) Nevrosi di transfert              “…possono essere eliminati o
                          8) Polideterminazione                evitati tutti con una franca
                          9) Senso di eternità (trasmesso al   discussione dei limiti della
    FATTORI INSITI NEL      paziente)                          terapia con il paziente
    TERAPEUTA             10) Tendenza alla passività e a      all’inizio, con la formulazione
                            lasciarsi condurre dal paziente    di un programma e di un
                          11) Perfezionismo terapeutico        limitato scopo terapeutico e
                          12) Crescente interesse per          con il perseguimento di tale
                            esperienze sempre più              scopo con l’aiuto della
                            profonde                           tecnica focale…”




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Cenni storici   (segue)




In ogni caso, già nel 1918 Ferenczi tentò di risolvere il graduale
prolungamento nella durata dei trattamenti, sperimentando una forma di
trattamento “attivo” che richiedeva una maggiore partecipazione del
paziente
L’approccio di Ferenczi era esplicitamente direttivo e prevedeva:
   prescrizioni e divieti
   modificazioni nell’atteggiamento del terapeuta per “direzionare”
   contenuti e comportamenti del paziente
   ricorso alla catarsi per rivivere conflitti infantili
   definizione di un termine preciso per il trattamento




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Cenni storici   (segue)


Un altro esempio è quello di Otto Rank (“Il trauma della nascita”, 1924): la sua
ipotesi di connessione tra nevrosi ed atto della nascita sembrava infatti
consentire interventi psicoterapeutici più “brevi” di quelli che si stavano
attuando nella psicoanalisi dell’epoca
Negli anni ‘40 Alexander propose invece il concetto di “esperienza
emozionale correttiva” e con French insistette sulla:
   flessibilità nella frequenza degli incontri
   possibilità di stabilire la durata del trattamento
   necessità di individuare il conflitto presente nel soggetto
Per Alexander, il conflitto è:
   focale, se si manifesta essenzialmente a livello superficiale/preconscio
   (cosa che lo rende più facilmente aggredibile da un Io “rieducato”)
   nucleare, se si colloca più propriamente nell’inconscio (la conoscenza di
   questo conflitto è essenziale per il terapeuta, ma potrebbe anche non
   essere affrontato/elaborato dal paziente nel corso della terapia)


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Cenni storici   (segue)

Nel 1955, presso la Tavistock di Londra, fu costituito un gruppo di studio
che vedeva la partecipazione di Balint e Malan e che aveva come oggetto
le psicoterapie brevi
Il gruppo concluse i lavori nel 1961 e sottolineò la necessità di:
    effettuare una accurata selezione dei pazienti, anche rispetto alla loro
    motivazione alla psicoterapia
    valutarne la struttura di personalità
    identificare con attenzione il focus terapeutico, cioè l’area conflittuale da
    affrontare ed elaborare nei corso dei colloqui
Questo gruppo individuò nel rapporto tra psicoterapeuta e paziente un
fattore decisivo del successo terapeutico
Dagli anni ’60 ad oggi, l’interesse nei confronti della psicoterapia breve ad
orientamento psicoanalitico è gradualmente aumentato per motivi sia
socio-economici che teorico-pratici
Tra gli autori più noti in questo ambito vi sono Malan, Sifneos, Bellak e
Small ma anche Davanloo, che promosse nel 1975 il primo Congresso
sulla Psicoterapia Breve
                                        9
Il tempo della formazione

Si è detto che uno dei fattori del prolungamento delle terapie analitiche è
da individuare nell’iter formativo degli analisti. L’obiettivo sembra quello di
giungere ad una:
   completa risoluzione delle problematiche personali dell’analista
   piena padronanza tecnica
Anche perché, come aveva notato Glover        (1954), “le difficoltà nella pratica
analitica si possono suddividere in tre gruppi, quelle inerenti al materiale
del caso, quelle inerenti al metodo dell’indagine e in terzo luogo, le
angosce, i sensi di colpa, le depressioni, i sospetti e le altre difese personali
dell’analista” e sono quelle del terzo gruppo ad essere le più importanti,
anche perché possono ingigantire le precedenti
Obiettivi illusori e discutibili perché l’immagine di un terapeuta capace di
fronteggiare qualsiasi evenienza e che tutto può e tutto conosce non è altro
che la “rappresentazione di un perfezionismo compensatorio che affonda le
sue origini nel bisogno di identificarsi e confondersi con il genitore
onnipotente dell’infanzia” (Grasso, 1997)

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Tempo e setting

Con il termine setting, si indica l’insieme di elementi sia “esterni” (ambiente,
arredi, ecc.) che “interni” (atteggiamento mentale dello psicologo e del suo
interlocutore) su cui si fonda quella particolare relazione sociale definita
come colloquio clinico
Il tempo costituisce una componente essenziale sia degli elementi
“esterni” che di quelli “interni”
   Elementi “esterni”
In tutte le situazioni sociali, tempo e spazio svolgono una funzione
strutturante perché sviluppano e rinforzano il senso di condivisione e di
identità
Anche se la frequenza giornaliera degli incontri fu definita da Freud sulla
base di motivi pratici, essa rispondeva però anche alla necessità di saldare
la terapia con la vita quotidiana del paziente
Durata e frequenza delle sedute non sono solo una variabile dipendente del
processo terapeutico: una volta introdotte, diventano “una parte della
cornice (setting) su cui si possono cristallizzare conflitti relazionali”   (Thoma e
Kachele, 1990)   che a loro volta evocano il tempo “interno” dei due soggetti in
campo
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Tempo e setting (segue)


   Elementi “interni”
Il tempo del setting definisce quindi il “palcoscenico” psicoterapeutico:
“l’ampiezza e la ristrettezza dello spazio non solo comporta un
orientamento generale riguardo alla possibilità della messa in scena, ma
esige qualcosa di più dal regista” (Thoma e Kachele, 1990)
L’interazione che si sviluppa ed i derivati che si presentano all’interno di un
setting sono quindi espressioni delle modalità relazionali del paziente e del
suo mondo intrapsichico ma vengono co-determinate anche dal tempo a
disposizione: ridurlo significa incidere/influenzare l’entità e la qualità degli
interventi terapeutici
Il tempo dei colloqui può essere considerato:
   time-out per il paziente, che passa dal tempo contratto della vita
   quotidiana al tempo dilatato dell’analisi
   time-in per lo psicoterapeuta, che considera ed utilizza il tempo in
   modo “ibrido”


                                       12
Tempo e setting (segue)

Dal punto di vista temporale, il setting ha un carattere intrinsecamente
paradossale, in quanto:
   è qualcosa di reale, nel senso che si radica nel “qui ed ora”, ma rende
   tangibile e presente anche il passato
      il transfert stesso può essere considerato come l’esperienza di un
      tempo ciclico e non lineare, la cui analisi ed elaborazione
   consente all’Io di attuare un processo di ritrascrizione con cui può
   rimodellare la memoria in conformità con l’esperienza immediata ed
   attuale
   si basa sull’accettazione e condivisione (anche se in modo discontinuo e
   parziale) di una serie di regole che lo rendono uno spazio in cui presen-
   te, passato ed illusione possono convivere
“il gioco è fondamentalmente paradossale in quanto l’essenza del gioco è la
sua libertà e spontaneità, ma è una libertà che deve aver luogo all’interno
di determinate limitazioni; ogni gioco è una attività volontaria, tuttavia esso
è circoscritto e definito dalle ‘regole del gioco’ e da limitazioni temporali e
spaziali. Il gioco illustra la profonda verità che la libertà esiste per mezzo
delle limitazioni.” (Model, 1994)
                                      13
Tempo e setting (segue)

La riduzione del numero complessivo dei colloqui o della loro
frequenza rappresenta l’aspetto più evidente delle terapie brevi
(Grasso, Cordella, 1989), tanto da essere considerato da alcuni (Migone, 1997)
l’unica differenza fondamentale con le terapie a tempo non determinato
Il time-limit setting consentirebbe – dal punto di vista terapeutico – di
fruire di alcuni vantaggi, perché:
   la consapevolezza del tempo che scorre faciliterebbe l’attivazione di
   tutte le risorse disponibili nella coppia terapeutica (Marmor, 1979)
   agevolerebbe la focalizzazione/elaborazione delle dinamiche di
   separazione/individuazione, che nelle altre terapie rischiano di
   indurre analisi interminabili
   A questo proposito c’è da osservare che il paziente vive la terapia
   (ri)attivando atteggiamenti di dipendenza infantile in cui si attribuisce al
   terapeuta una sorta di onnipotenza
   Alexander rilevò che le analisi sono spesso gratificanti proprio per le
   profonde regressioni che il paziente si può permettere e che possono
   consentirgli di rivolgere la sua attenzione sulla conflittualità passata e
   non su quella presente
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Tempo e setting (segue)




Ulteriori vantaggi del time-limit setting possono essere individuati nel:
   rinforzo all’indipendenza e all’autostima del paziente
   riconoscimento dei dati di realtà di cui il paziente è portatore

Si possono però individuare, nel limite temporale posto nelle terapie brevi,
una serie di rischi:
   eccessiva compressione dei tempi di analisi/elaborazione
   collusione con le resistenze del paziente (fuga nella salute)




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Teoria della tecnica: l’attività

Elementi fondamentali delle terapie brevi sono:
   l’attività del terapeuta, spesso contrapposta alla “passività” dell’analista
   In realtà, si tratta di una dicotomia forzata: qualsiasi intervento implica,
   infatti, sempre – anche se con intensità variabile – una certa attività da
   parte del terapeuta
   Lo stesso Ferenczi, a cui si deve l’idea della tecnica attiva, non la
   proponeva come una alternativa al metodo classico, ma come una sua
   eventuale integrazione
   In ogni caso, il termine faceva riferimento alla prescrizione o alla
   proibizione di determinati comportamenti del paziente da parte
   dell’analista e richiedeva quindi una maggiore “attività” del primo e non
   del secondo
   L’attività a cui si fa riferimento non deve essere quindi intesa in termini
   assoluti, ma relativi: la compressione del tempo costringe infatti il
   terapeuta ad intervenire in modo più consistente all’interno del processo,
   selezionando con maggiore determinazione i derivati proposti dal
   paziente

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Teoria della tecnica: l’attività (segue)


Nelle elaborazioni più recenti, l’attività si traduce:
   Davanloo, in interventi e sollecitazioni tese a far confrontare il paziente
   con i propri sentimenti/emozioni
   Sifneos, in interventi ansiogeni tesi ad evidenziare - in modo a volte
   anche francamente provocatorio - aspetti e tematiche attinenti il focus
   (edipico) e le difese
   Bellak e Small, in interventi anche supportivi se non addirittura educativi
E’ evidente che il tema dell’attività pone una serie di interrogativi, ad
esempio, rispetto alla:
   dimensione manipolativa e suggestiva delle terapie brevi
   direttività degli interventi tecnici attuati dallo psicoterapeuta
In ogni caso, l’attività dello psicoterapeuta si basa e si intreccia con una
precisa delimitazione dell’area di intervento e degli obiettivi che intende
raggiungere la psicoterapia



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Teoria della tecnica: il focus

Tutte le psicoterapie psicodinamiche brevi si basano sulla individuazione di
un’area circoscritta sulla quale focalizzare il trattamento
In genere, si può affermare che tanto migliore è la definizione del focus,
(identificato nei colloqui preliminari), tanto migliori saranno i risultati
dell’intervento (Book, 1998)
Un esempio è il focus della TLDP (Time Limited Dynamic Psychoterapy)
di Strupp e Binder che rappresenta una sorta di “guida euristica” per il
trattamento (Strupp e Binder, 1994)
Nella TLDP, il focus è un modello operativo di uno schema particolarmente
significativo dei ruoli interpersonali in cui il paziente entra inconsciamente,
dei ruoli in cui colloca gli altri e/o che può indurre in essi, delle sequenze
interazionali inadeguate, delle aspettative e valutazioni di sé negative che
ne derivano
Il focus della TLDP si basa su due principi:
    la sede primaria di interpretazione di una esperienza
    esistenziale sono le relazioni interpersonali
    la principale modalità psicologica di interpretazione di una
    esperienza esistenziale è la narrazione
                                      18
Teoria della tecnica: il focus (segue)


La scelta di fondare il focus della TLDP sulle relazioni interpersonali è
determinata dal fatto che:
   le transazioni interpersonali forniscono uno spazio psicologico in cui
   hanno origine e vengono rappresentate le problematiche del paziente;
   le persone sviluppano strutture cognitive, affettive e motivazionali in un
   contesto profondamente interpersonale: “…ogni transazione contiene
   qualcosa dell’insieme più grande…” (Strupp e Binder, 1994)

Per quanto riguarda, invece, la narrazione è possibile constatare che:
   nella comunicazione del paziente, le esperienze, i vissuti e le azioni
   sono presentate in modo sequenziale secondo schemi che il soggetto
   utilizza per dare senso alla propria realtà personale e che risultano
   espressivi dei suoi sentimenti, desideri, deduzioni, attività, ecc.
   gli schemi identificabili nell’ambito della narrazione del paziente
   possiedono un valore coercitivo per il soggetto e presentano spesso
   aspetti e dinamismi inconsci


                                       19
Teoria della tecnica: il focus (segue)


Per giungere alla identificazione del focus, Strupp e Binder sottolineano
la necessità di:
    identificare le “azioni” attuate dal paziente, perché
       consente di costruire più facilmente i racconti sul comportamento e
       sulle esperienze del paziente
       agevola l’empatia dello psicoterapeuta con il proprio interlocutore

   enucleare dalla narrazione solo le transazioni interpersonali
   individuare lo schema psicodinamico ciclico (nella prospettiva
   della TLDP l’attenzione si focalizza sulla “serie di circoli viziosi che si
   autopropagano e che vengono agiti nel presente” (Strupp e Binder, 1994)

       il focus dovrebbe idealmente comprendere uno schema di
       transazioni interpersonali significativo dal punto biografico e tale da
       poter spiegare le difficoltà attuali del paziente



                                      20
Teoria della tecnica: il focus (segue)




Un altro esempio di focus è il CCRT (Tema Relazionale Conflittuale
Centrale) di Luborsky
  Tema: motivo ricorrente nel modo con cui il soggetto intrattiene le pro-
  prie relazioni con la famiglia, gli amici, i colleghi, ecc.
   Relazionale conflittuale: espressione che evidenzia la presenza di un
   conflitto tra ciò che il soggetto desidera (in modo conscio o inconscio)
   all’interno delle relazioni che intrattiene con gli altri e ciò che percepisce
   o sperimenta di ottenere
   Centrale: sottolineatura del fatto che si tratta di un tema fondamentale
   all’interno della sintomatologia/problematica del soggetto




                                       21
Teoria della tecnica: il focus    (segue)

Il CCRT si concretizza in una descrizione verbale - comunicabile al cliente
nella fase di restituzione dei colloqui preliminari - in cui sono riportati tre
componenti:
    Desiderio, intenzione, aspettativa del soggetto
    Risposta dell’Oggetto (attesa e/o effettiva)
    Risposta del Sé (componente comportamentale e componente
    affettiva)
L’individuazione del CCRT non implica conoscenze psicodinamiche (Book,
1998) ma un’attenta identificazione, scomposizione ed analisi degli RE
(Episodi Relazionali) riferiti dal soggetto nel corso dei colloqui
In estrema sintesi, gli RE si configurano come parti della narrazione del
soggetto in cui sono descritte interazioni (sia reali che immaginarie) che lo
vedono in qualche modo coinvolto
“Un episodio relazionale è una parte di seduta che si presenta come un
momento relativamente distinto di esplicita narrazione di episodi in cui il
paziente interagisce con altre persone o con il Sé.” (Luborsky, 1992)

                                      22
Teoria della tecnica: il focus     (segue)

Per enucleare in modo preciso un RE, è necessario:
   identificare in modo preciso l’interlocutore con cui il paziente
   sta interagendo, si può infatti trattare di:
      una singola persona (ad es. una persona significativa dell’ambito
      familiare, sociale o lavorativo);
      un gruppo di persone (familiari, amici o colleghi);
      lo psicoterapeuta (in questo caso l’Episodio Relazionale può essere
      raccontato o agito e costituisce una attualizzazione);
      il Sé del paziente (anche se la maggior parte dei riferimenti al Sé si
      configurino come autodescrizioni, è possibile che il paziente narri
      una interazione tra chi racconta ed il proprio Sé)
   definire lo sviluppo dell’Episodio Relazionale (in quanto unità
   narrativa esso tende, infatti, a presentare un inizio, un corpo centrale
   ed una fine)
   L’avvio di un RE spesso è segnalata da indicatori linguistici convenzionali (una
   pausa, “vorrei raccontarle…”, “la settimana scorsa mi è successo…” ecc.) o da
   un esplicito intento esemplificativo (“per farle capire come sono fatto…”)

                                        23
Teoria della tecnica: il focus      (segue)


   riconoscere la collocazione temporale dell’RE (si può infatti
   trattare di un evento presente o passato, in ogni caso è necessario
   contestualizzarlo)
   approfondire/focalizzare tutte le informazioni utili a chiarire le
   diverse componenti del CCRT

   Esempio 1
   “…le voglio raccontare che ieri alla fine sono riuscito a conoscere Enrica. Mi è
   sembrata una persona veramente carina, non intendo solo dal punto di vista
   fisico, che pure è importante e lei ha molte cose che mi piacciono, ma voglio
   dire proprio come persona. Mi ha subito chiamato per nome ed ha voluto che le
   raccontassi del mio lavoro, mi è sembrata molto interessata…”

   Esempio 2
   “…non ho mai avuto a che fare con mio padre. Ho fatto attenzione a tenermi
   fuori dalla sua strada. A lui non piaceva che gli si rispondesse. Ti metti nei guai
   per parlare. Anche mamma era spaventata da lui. Lui l’aveva picchiata
   ferocemente ed io ho pensato: se lui tratta lei in questo modo ed è una adulta,
   che possibilità ho io? C’erano delle volte che volevo parlare apertamente ma ero
   troppo impaurito ed ho imparato a tacere…”
                                         24
Teoria della tecnica: RE e Narrazione

In modo esplicito Strupp e Binder, in modo implicito Luborsky, fanno
riferimento al concetto di narrazione. Risulta quindi utile fornire alcune
indicazioni intorno ad essa partendo da una differenziazione con l’ambito
letterario
    Il messaggio clinico-psicoterapeutico rispetto a quello letterario è orale
    ed avviene in preasentia, mentre il secondo è scritto ed ha luogo in
   absentia
   Il colloquio ha un carattere dialogico ed interlocutorio che non
   consente una narrazione unidirezionale da parte dell’autore - narratore
   Per lo psicologo è impossibile assumere un ruolo esclusivamente
   decodificatorio
   Si configura la conseguente presenza di un secondo piano narrativo
   di cui è autore e narratore lo stesso psicologo
   In sostanza, il colloquio si caratterizza per “la contemporanea presenza
   di due testi viventi che interagiscono di continuo fra loro
   trasformandosi” (Ferro, 1992)
                                      25
Tecnica




Se si ipotizza che il paziente tende a riprodurre in psicoterapia una
situazione simile a quella che ha originato la disfunzionalità e che
l’intervento si propone di correggere modelli interattivi e rappresentazioni,
è possibile pensare che:
“nella tecnica di psicoterapia analitica breve questo processo viene condotto
a livello dell’Io, cioè stimolando a questo fine, nel paziente, una limitata
regressione ‘al servizio dell’Io’ ed utilizzando molto di più la capacità dell’Io
di modificare i processi di difesa organizzandoli su qualunque attività dell’Io
e distogliendoli da attività che non sono funzionali alla sua omeostasi”
(Pinkus, 1978)




                                       26
Tecnica   (segue)

In modo analogo alle psicoterapie a tempo non determinato, anche le
terapie brevi hanno componenti supportive. Il sostegno può derivare,
infatti, dagli:
    aspetti intrinseci al trattamento (Luborsky, 1989);
    Tra questi, fondamentale è la definizione di una “cornice” sicura (Langs,
    1990), che consente al paziente di esperire una senso di coerenza e di
    congruità tra il lavoro psicologico e gli obiettivi del trattamento
   interventi tecnici
   In questo ambito emergono la conferma, la convalidazione empatica e
   l’incoraggiamento ad elaborare. Hanno però valenze supportive anche
   alcune “tattiche” come:
   • notare/sottolineare i miglioramenti/obiettivi raggiunti;
   • aiutare il paziente a mantenere le difese vitali;
   • focalizzare i problemi nel “qui ed ora”;
   • incoraggiare il legame “noi-insieme”;
   • fare riferimento ad esperienze che paziente e psicoterapeuta hanno
      attraversato insieme
                                     27
Caratteristiche tecniche: un confronto




 Una sintesi delle caratteristiche tecniche delle diverse terapie brevi
 (modificato da Grasso e Cordella, 1989)


AUTORE                  N° COLLOQUI      DURATA          TRANSFERT +           TRANSFERT -          TERAPEUTA
Bellak e Small                 5       5 settimane    favorito/incoraggiato        evitato        attivo e direttivo
Davanloo                    5 - 40        variabile        interpretato         interpretato     attivo/non direttivo
Malan                       10 - 40       variabile        interpretato         interpretato            attivo
Mann                          12           3 mesi        non analizzato       rapp. esp. prim.    attivo e direttivo
Pinkus                      8 - 25     circa 6 mesi      non analizzato         interpretato     attivo/non direttivo
Sifneos (ansiogena)         12 - 20       variabile   favorito/incoraggiato      contestato             attivo
Sifneos (ansiolitica)      variabile      variabile              "




                                                      28
Indicazioni



Sebbene si tenda ad evidenziare l’importanza della selezione dei pazienti, le
indicazioni generali della psicoterapia breve sono sostanzialmente
sovrapponibili a quelle della terapia espressiva a tempo non
determinato (Gabbard, 1992)
   buona capacità di insight
   elevati livelli di funzionamento dell’Io
   forte motivazione a comprendere se stessi e non solo a risolvere la
   propria sintomatologia
   capacità di instaurare relazioni profonde (condizione essenziale per
   poter stabilire in breve tempo una alleanza terapeutica)
   capacità di tollerare l’ansia
  condizione essenziale è però la presenza di un focus




                                     29
Indicazioni (segue)


Vi sono però anche indicazioni specifiche che consentono di individuare
con maggiore precisione i soggetti più idonei alla terapia breve (Grasso e
Cordella, 1989)

    pazienti incapaci di far fronte a situazioni esistenziali (lutto, divorzio,
    ecc.), sociali (licenziamento) o legate a periodi particolari della vita
    (adolescenza)
       in questi casi la terapia breve può favorire reazioni adattive prima
       che la sintomatologia si cristallizzi
    persone che, in seguito ad interventi chirurgici gravi, hanno bisogno di
    riadattarsi alle nuove condizioni di realtà
    pazienti con sintomi psicosomatici non cronicizzati
    pazienti con problematiche innescate da situazioni non prevedibili o
    evitabili, limitate nel tempo quanto ad origine



                                        30
Elementi riassuntivi: i pazienti


   Stabilità della situazione di vita reale
   Sebbene sia sottinteso da molti autori, è importante ricordare che il
   paziente    dovrebbe    godere   di   una    situazione   ambientale
   sufficientemente organizzata.

   Capacità di riflessione psicologica
   Un fattore agevolante è la capacità di insight del paziente, che può
   essere saggiata con delle interpretazioni di prova.
   Da questo punto di vista è importante che il paziente risponda sia
   intellettualmente che con l’affetto adeguato (se quest’ultimo è assente
   o inadeguato la terapia non avrà efficacia).
   Capacità di stabilire una rapida alleanza terapeutica
   Questo non implica che la presenza iniziale di ostilità o di ritiro emotivo
   debbano far scartare il paziente, ma sottolinea l’importanza che vi
   siano indicazioni concrete di collaborazione.


                                     31
Elementi riassuntivi: il focus




   Focale/nucleare
   Il primo si manifesta essenzialmente a livello superficiale/preconscio
   (cosa che lo rende più facilmente aggredibile), il secondo si colloca a
   livello inconscio e potrebbe non essere affrontato in terapia breve.
   Edipico/preedipico
   Segnala la profondità delle problematiche e differenzia i diversi autori:
   secondo Sifneos, ad esempio, i conflitti che coinvolgono tre persone,
   come quelli edipici o di rivalità con i fratelli si prestano meglio alla
   terapia breve.




                                    32
Elementi riassuntivi: il focus




Alcune indicazioni pratiche:
   spesso il focus è mimetizzato tra una notevole quantità di disturbi
   generalizzati, è necessario rilevare le analogie/somiglianze
   se, dopo aver raccolto una esauriente anamnesi, non si riesce a chiarire
   il rapporto tra focus e storia personale, questo può essere un indizio di
   patologia grave

   nella fase di restituzione il focus deve essere proposto al paziente
   utilizzando la sua terminologia ed ancorandolo alle concrete difficoltà
   esposte nel corso dei colloqui preliminari




                                     33
Elementi riassuntivi: la tecnica


Il controllo della regressione
   la tecnica delle libere associazioni e la passività del terapeuta sono i
   principali responsabili della regressione nei pazienti in analisi, è quindi
   necessario:
       incrementare i livelli di attività del terapeuta (assumere un
       atteggiamento eccessivamente neutrale induce, infatti, nella coppia
       una sensazione di atemporalità, ma anche una forte passività nel
       paziente)
       costituire un setting vis a vis ed una frequenza di incontri di tipo
       settimanale

       formulare e concordare un “piano di trattamento”

       utilizzare interpretazioni precoci del transfert, in modo da rendere il
       paziente più consapevole del processo


                                      34

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  • 1. Introduzione alle Psicoterapie Brevi Dott. Angelo Pennella “Se ti incammini su una strada e ti accorgi che non sai dove stai andando, fermati, volgiti e chiediti da dove stai venendo” (proverbio indiano) SIRPIDI Corso di Specializzazione in Psicologia Clinica e Psicoterapia Psicoanalitica 1
  • 2. Introduzione Da un punto di vista generale si può dire che quasi tutte le psicoterapie brevi (Migone, 1997; Book, 1998): fanno riferimento al modello psicoanalitico propongono strategie tecniche al fine di abbreviare la durata del trattamento Le terapie brevi pongono una serie di questioni, tra cui: si tratta di soluzioni alternative da attuare in condizioni o con pazienti particolari? come può essere considerato il cambiamento ottenuto con questo tipo di interventi in termini di estensione, profondità, durata? è più corretto parlare di terapie brevi o terapie focali? fino a che punto si tratta di interventi collusivi? quali solo le implicazioni teoriche delle psicoterapie dinamiche brevi? quali solo le implicazioni teoriche delle psicoterapie dinamiche brevi? 2
  • 3. Introduzione (segue) Vi sono due prospettive con cui è possibile inquadrare le psicoterapie brevi (Malan, 1963): “Conservatori”: intervento di minore efficacia rispetto all’analisi classica, ma particolarmente indicata per certi pazienti (ad es. quando non si è in grado di tollerare/fruire di un’analisi) o per situazioni specifiche (ad es. emergenze/crisi) La proposta di una terapia breve si configurerebbe, quindi, come una sorta di variazione dei "parametri” della tecnica analitica classica, così come sono descritti da Eissler (1953) “Radicali”: un intervento “autonomo” rispetto alla psicoanalisi e alla psicoterapia psicoanalitica In questa prospettiva, la terapia breve è considerata un intervento che consente cambiamenti strutturali della personalità del paziente e non si pongono questioni di elettività o di “posizionamento” dell’intervento in situazioni o contesti specifici (ad es. servizi ambulatoriali) 3
  • 4. Cenni storici L’esperienza clinica della psicoanalisi si è inizialmente caratterizzata per la “brevità” degli interventi, spesso portati a termine nel giro di qualche settimana o mese (sei/dodici) Un esempio storico del modo con cui Freud ha utilizzato il tempo come parametro tecnico ci è fornito dal caso dell’Uomo dei lupi “Per superare questa resistenza non c’era che un modo. Dovetti aspettare finché il suo attaccamento alla mia persona non fu abbastanza intenso da controbilanciare la sua ritrosia, e allora contrapposi questi due fattori. Stabilii (non prima, però, di aver giudicato, da chiari segni, che il momento era opportuno) di interrompere la cura in una data prefissata, prescindendo dai risultati che si fossero conseguiti” (Freud S., 1918) Un’ulteriore esemplificazione, meno nota, ma chiaramente espressiva di una terapia breve, fu l’intervento che Freud attuò con Gustav Mahler: in quattro sedute egli infatti identificò e risolse il problema d’impotenza del compositore (Jones, 1955) 4
  • 5. Cenni storici (segue) Probabilmente, oltre ai casi di cui si ha traccia (ad es. Dora, che effettuò una analisi della durata di undici settimane, Bruno Walter con una terapia di sei colloqui), Freud condusse molti trattamenti “brevi” evidenziando una scarsa attenzione per il fattore tempo Secondo Malan (1963), nel periodo tra il 1909 ed il 1914 è possibile rintracciare anche altri esempi di terapie brevi Nel 1909 Oberndorf ebbe in cura, ad esempio, per un anno con frequenza settimanale, una donna affetta da depressione, intensa angoscia ed allucinazioni. La paziente guarì e continuò ad informare l’analista della sua buona salute fino al 1947 E’ noto a tutti che da questa iniziale brevità, si è gradualmente passati ad interventi molto più lunghi, che si protraggono – in genere – per anni (spesso cinque/sette sono considerati “normali” per una analisi) 5
  • 6. Cenni storici (segue) Riprendendo in questo Malan (1963), è possibile individuare una serie di motivi sottesi a questa tendenza alla dilatazione dei “tempi analitici”: 1) Resistenza 2) Transfert “…possono essere affrontati 3) Transfert negativo connesso più semplicemente con alla cessazione dell’analisi l’interpretazione diretta…” FATTORI INSITI NEL 4) Dipendenza PAZIENTE 5) Radici infantili delle nevrosi 6) Necessità di elaborazione “…può essere compiuta analitica entro i limiti di una terapia breve…” (40 incontri) 7) Nevrosi di transfert “…possono essere eliminati o 8) Polideterminazione evitati tutti con una franca 9) Senso di eternità (trasmesso al discussione dei limiti della FATTORI INSITI NEL paziente) terapia con il paziente TERAPEUTA 10) Tendenza alla passività e a all’inizio, con la formulazione lasciarsi condurre dal paziente di un programma e di un 11) Perfezionismo terapeutico limitato scopo terapeutico e 12) Crescente interesse per con il perseguimento di tale esperienze sempre più scopo con l’aiuto della profonde tecnica focale…” 6
  • 7. Cenni storici (segue) In ogni caso, già nel 1918 Ferenczi tentò di risolvere il graduale prolungamento nella durata dei trattamenti, sperimentando una forma di trattamento “attivo” che richiedeva una maggiore partecipazione del paziente L’approccio di Ferenczi era esplicitamente direttivo e prevedeva: prescrizioni e divieti modificazioni nell’atteggiamento del terapeuta per “direzionare” contenuti e comportamenti del paziente ricorso alla catarsi per rivivere conflitti infantili definizione di un termine preciso per il trattamento 7
  • 8. Cenni storici (segue) Un altro esempio è quello di Otto Rank (“Il trauma della nascita”, 1924): la sua ipotesi di connessione tra nevrosi ed atto della nascita sembrava infatti consentire interventi psicoterapeutici più “brevi” di quelli che si stavano attuando nella psicoanalisi dell’epoca Negli anni ‘40 Alexander propose invece il concetto di “esperienza emozionale correttiva” e con French insistette sulla: flessibilità nella frequenza degli incontri possibilità di stabilire la durata del trattamento necessità di individuare il conflitto presente nel soggetto Per Alexander, il conflitto è: focale, se si manifesta essenzialmente a livello superficiale/preconscio (cosa che lo rende più facilmente aggredibile da un Io “rieducato”) nucleare, se si colloca più propriamente nell’inconscio (la conoscenza di questo conflitto è essenziale per il terapeuta, ma potrebbe anche non essere affrontato/elaborato dal paziente nel corso della terapia) 8
  • 9. Cenni storici (segue) Nel 1955, presso la Tavistock di Londra, fu costituito un gruppo di studio che vedeva la partecipazione di Balint e Malan e che aveva come oggetto le psicoterapie brevi Il gruppo concluse i lavori nel 1961 e sottolineò la necessità di: effettuare una accurata selezione dei pazienti, anche rispetto alla loro motivazione alla psicoterapia valutarne la struttura di personalità identificare con attenzione il focus terapeutico, cioè l’area conflittuale da affrontare ed elaborare nei corso dei colloqui Questo gruppo individuò nel rapporto tra psicoterapeuta e paziente un fattore decisivo del successo terapeutico Dagli anni ’60 ad oggi, l’interesse nei confronti della psicoterapia breve ad orientamento psicoanalitico è gradualmente aumentato per motivi sia socio-economici che teorico-pratici Tra gli autori più noti in questo ambito vi sono Malan, Sifneos, Bellak e Small ma anche Davanloo, che promosse nel 1975 il primo Congresso sulla Psicoterapia Breve 9
  • 10. Il tempo della formazione Si è detto che uno dei fattori del prolungamento delle terapie analitiche è da individuare nell’iter formativo degli analisti. L’obiettivo sembra quello di giungere ad una: completa risoluzione delle problematiche personali dell’analista piena padronanza tecnica Anche perché, come aveva notato Glover (1954), “le difficoltà nella pratica analitica si possono suddividere in tre gruppi, quelle inerenti al materiale del caso, quelle inerenti al metodo dell’indagine e in terzo luogo, le angosce, i sensi di colpa, le depressioni, i sospetti e le altre difese personali dell’analista” e sono quelle del terzo gruppo ad essere le più importanti, anche perché possono ingigantire le precedenti Obiettivi illusori e discutibili perché l’immagine di un terapeuta capace di fronteggiare qualsiasi evenienza e che tutto può e tutto conosce non è altro che la “rappresentazione di un perfezionismo compensatorio che affonda le sue origini nel bisogno di identificarsi e confondersi con il genitore onnipotente dell’infanzia” (Grasso, 1997) 10
  • 11. Tempo e setting Con il termine setting, si indica l’insieme di elementi sia “esterni” (ambiente, arredi, ecc.) che “interni” (atteggiamento mentale dello psicologo e del suo interlocutore) su cui si fonda quella particolare relazione sociale definita come colloquio clinico Il tempo costituisce una componente essenziale sia degli elementi “esterni” che di quelli “interni” Elementi “esterni” In tutte le situazioni sociali, tempo e spazio svolgono una funzione strutturante perché sviluppano e rinforzano il senso di condivisione e di identità Anche se la frequenza giornaliera degli incontri fu definita da Freud sulla base di motivi pratici, essa rispondeva però anche alla necessità di saldare la terapia con la vita quotidiana del paziente Durata e frequenza delle sedute non sono solo una variabile dipendente del processo terapeutico: una volta introdotte, diventano “una parte della cornice (setting) su cui si possono cristallizzare conflitti relazionali” (Thoma e Kachele, 1990) che a loro volta evocano il tempo “interno” dei due soggetti in campo 11
  • 12. Tempo e setting (segue) Elementi “interni” Il tempo del setting definisce quindi il “palcoscenico” psicoterapeutico: “l’ampiezza e la ristrettezza dello spazio non solo comporta un orientamento generale riguardo alla possibilità della messa in scena, ma esige qualcosa di più dal regista” (Thoma e Kachele, 1990) L’interazione che si sviluppa ed i derivati che si presentano all’interno di un setting sono quindi espressioni delle modalità relazionali del paziente e del suo mondo intrapsichico ma vengono co-determinate anche dal tempo a disposizione: ridurlo significa incidere/influenzare l’entità e la qualità degli interventi terapeutici Il tempo dei colloqui può essere considerato: time-out per il paziente, che passa dal tempo contratto della vita quotidiana al tempo dilatato dell’analisi time-in per lo psicoterapeuta, che considera ed utilizza il tempo in modo “ibrido” 12
  • 13. Tempo e setting (segue) Dal punto di vista temporale, il setting ha un carattere intrinsecamente paradossale, in quanto: è qualcosa di reale, nel senso che si radica nel “qui ed ora”, ma rende tangibile e presente anche il passato il transfert stesso può essere considerato come l’esperienza di un tempo ciclico e non lineare, la cui analisi ed elaborazione consente all’Io di attuare un processo di ritrascrizione con cui può rimodellare la memoria in conformità con l’esperienza immediata ed attuale si basa sull’accettazione e condivisione (anche se in modo discontinuo e parziale) di una serie di regole che lo rendono uno spazio in cui presen- te, passato ed illusione possono convivere “il gioco è fondamentalmente paradossale in quanto l’essenza del gioco è la sua libertà e spontaneità, ma è una libertà che deve aver luogo all’interno di determinate limitazioni; ogni gioco è una attività volontaria, tuttavia esso è circoscritto e definito dalle ‘regole del gioco’ e da limitazioni temporali e spaziali. Il gioco illustra la profonda verità che la libertà esiste per mezzo delle limitazioni.” (Model, 1994) 13
  • 14. Tempo e setting (segue) La riduzione del numero complessivo dei colloqui o della loro frequenza rappresenta l’aspetto più evidente delle terapie brevi (Grasso, Cordella, 1989), tanto da essere considerato da alcuni (Migone, 1997) l’unica differenza fondamentale con le terapie a tempo non determinato Il time-limit setting consentirebbe – dal punto di vista terapeutico – di fruire di alcuni vantaggi, perché: la consapevolezza del tempo che scorre faciliterebbe l’attivazione di tutte le risorse disponibili nella coppia terapeutica (Marmor, 1979) agevolerebbe la focalizzazione/elaborazione delle dinamiche di separazione/individuazione, che nelle altre terapie rischiano di indurre analisi interminabili A questo proposito c’è da osservare che il paziente vive la terapia (ri)attivando atteggiamenti di dipendenza infantile in cui si attribuisce al terapeuta una sorta di onnipotenza Alexander rilevò che le analisi sono spesso gratificanti proprio per le profonde regressioni che il paziente si può permettere e che possono consentirgli di rivolgere la sua attenzione sulla conflittualità passata e non su quella presente 14
  • 15. Tempo e setting (segue) Ulteriori vantaggi del time-limit setting possono essere individuati nel: rinforzo all’indipendenza e all’autostima del paziente riconoscimento dei dati di realtà di cui il paziente è portatore Si possono però individuare, nel limite temporale posto nelle terapie brevi, una serie di rischi: eccessiva compressione dei tempi di analisi/elaborazione collusione con le resistenze del paziente (fuga nella salute) 15
  • 16. Teoria della tecnica: l’attività Elementi fondamentali delle terapie brevi sono: l’attività del terapeuta, spesso contrapposta alla “passività” dell’analista In realtà, si tratta di una dicotomia forzata: qualsiasi intervento implica, infatti, sempre – anche se con intensità variabile – una certa attività da parte del terapeuta Lo stesso Ferenczi, a cui si deve l’idea della tecnica attiva, non la proponeva come una alternativa al metodo classico, ma come una sua eventuale integrazione In ogni caso, il termine faceva riferimento alla prescrizione o alla proibizione di determinati comportamenti del paziente da parte dell’analista e richiedeva quindi una maggiore “attività” del primo e non del secondo L’attività a cui si fa riferimento non deve essere quindi intesa in termini assoluti, ma relativi: la compressione del tempo costringe infatti il terapeuta ad intervenire in modo più consistente all’interno del processo, selezionando con maggiore determinazione i derivati proposti dal paziente 16
  • 17. Teoria della tecnica: l’attività (segue) Nelle elaborazioni più recenti, l’attività si traduce: Davanloo, in interventi e sollecitazioni tese a far confrontare il paziente con i propri sentimenti/emozioni Sifneos, in interventi ansiogeni tesi ad evidenziare - in modo a volte anche francamente provocatorio - aspetti e tematiche attinenti il focus (edipico) e le difese Bellak e Small, in interventi anche supportivi se non addirittura educativi E’ evidente che il tema dell’attività pone una serie di interrogativi, ad esempio, rispetto alla: dimensione manipolativa e suggestiva delle terapie brevi direttività degli interventi tecnici attuati dallo psicoterapeuta In ogni caso, l’attività dello psicoterapeuta si basa e si intreccia con una precisa delimitazione dell’area di intervento e degli obiettivi che intende raggiungere la psicoterapia 17
  • 18. Teoria della tecnica: il focus Tutte le psicoterapie psicodinamiche brevi si basano sulla individuazione di un’area circoscritta sulla quale focalizzare il trattamento In genere, si può affermare che tanto migliore è la definizione del focus, (identificato nei colloqui preliminari), tanto migliori saranno i risultati dell’intervento (Book, 1998) Un esempio è il focus della TLDP (Time Limited Dynamic Psychoterapy) di Strupp e Binder che rappresenta una sorta di “guida euristica” per il trattamento (Strupp e Binder, 1994) Nella TLDP, il focus è un modello operativo di uno schema particolarmente significativo dei ruoli interpersonali in cui il paziente entra inconsciamente, dei ruoli in cui colloca gli altri e/o che può indurre in essi, delle sequenze interazionali inadeguate, delle aspettative e valutazioni di sé negative che ne derivano Il focus della TLDP si basa su due principi: la sede primaria di interpretazione di una esperienza esistenziale sono le relazioni interpersonali la principale modalità psicologica di interpretazione di una esperienza esistenziale è la narrazione 18
  • 19. Teoria della tecnica: il focus (segue) La scelta di fondare il focus della TLDP sulle relazioni interpersonali è determinata dal fatto che: le transazioni interpersonali forniscono uno spazio psicologico in cui hanno origine e vengono rappresentate le problematiche del paziente; le persone sviluppano strutture cognitive, affettive e motivazionali in un contesto profondamente interpersonale: “…ogni transazione contiene qualcosa dell’insieme più grande…” (Strupp e Binder, 1994) Per quanto riguarda, invece, la narrazione è possibile constatare che: nella comunicazione del paziente, le esperienze, i vissuti e le azioni sono presentate in modo sequenziale secondo schemi che il soggetto utilizza per dare senso alla propria realtà personale e che risultano espressivi dei suoi sentimenti, desideri, deduzioni, attività, ecc. gli schemi identificabili nell’ambito della narrazione del paziente possiedono un valore coercitivo per il soggetto e presentano spesso aspetti e dinamismi inconsci 19
  • 20. Teoria della tecnica: il focus (segue) Per giungere alla identificazione del focus, Strupp e Binder sottolineano la necessità di: identificare le “azioni” attuate dal paziente, perché consente di costruire più facilmente i racconti sul comportamento e sulle esperienze del paziente agevola l’empatia dello psicoterapeuta con il proprio interlocutore enucleare dalla narrazione solo le transazioni interpersonali individuare lo schema psicodinamico ciclico (nella prospettiva della TLDP l’attenzione si focalizza sulla “serie di circoli viziosi che si autopropagano e che vengono agiti nel presente” (Strupp e Binder, 1994) il focus dovrebbe idealmente comprendere uno schema di transazioni interpersonali significativo dal punto biografico e tale da poter spiegare le difficoltà attuali del paziente 20
  • 21. Teoria della tecnica: il focus (segue) Un altro esempio di focus è il CCRT (Tema Relazionale Conflittuale Centrale) di Luborsky Tema: motivo ricorrente nel modo con cui il soggetto intrattiene le pro- prie relazioni con la famiglia, gli amici, i colleghi, ecc. Relazionale conflittuale: espressione che evidenzia la presenza di un conflitto tra ciò che il soggetto desidera (in modo conscio o inconscio) all’interno delle relazioni che intrattiene con gli altri e ciò che percepisce o sperimenta di ottenere Centrale: sottolineatura del fatto che si tratta di un tema fondamentale all’interno della sintomatologia/problematica del soggetto 21
  • 22. Teoria della tecnica: il focus (segue) Il CCRT si concretizza in una descrizione verbale - comunicabile al cliente nella fase di restituzione dei colloqui preliminari - in cui sono riportati tre componenti: Desiderio, intenzione, aspettativa del soggetto Risposta dell’Oggetto (attesa e/o effettiva) Risposta del Sé (componente comportamentale e componente affettiva) L’individuazione del CCRT non implica conoscenze psicodinamiche (Book, 1998) ma un’attenta identificazione, scomposizione ed analisi degli RE (Episodi Relazionali) riferiti dal soggetto nel corso dei colloqui In estrema sintesi, gli RE si configurano come parti della narrazione del soggetto in cui sono descritte interazioni (sia reali che immaginarie) che lo vedono in qualche modo coinvolto “Un episodio relazionale è una parte di seduta che si presenta come un momento relativamente distinto di esplicita narrazione di episodi in cui il paziente interagisce con altre persone o con il Sé.” (Luborsky, 1992) 22
  • 23. Teoria della tecnica: il focus (segue) Per enucleare in modo preciso un RE, è necessario: identificare in modo preciso l’interlocutore con cui il paziente sta interagendo, si può infatti trattare di: una singola persona (ad es. una persona significativa dell’ambito familiare, sociale o lavorativo); un gruppo di persone (familiari, amici o colleghi); lo psicoterapeuta (in questo caso l’Episodio Relazionale può essere raccontato o agito e costituisce una attualizzazione); il Sé del paziente (anche se la maggior parte dei riferimenti al Sé si configurino come autodescrizioni, è possibile che il paziente narri una interazione tra chi racconta ed il proprio Sé) definire lo sviluppo dell’Episodio Relazionale (in quanto unità narrativa esso tende, infatti, a presentare un inizio, un corpo centrale ed una fine) L’avvio di un RE spesso è segnalata da indicatori linguistici convenzionali (una pausa, “vorrei raccontarle…”, “la settimana scorsa mi è successo…” ecc.) o da un esplicito intento esemplificativo (“per farle capire come sono fatto…”) 23
  • 24. Teoria della tecnica: il focus (segue) riconoscere la collocazione temporale dell’RE (si può infatti trattare di un evento presente o passato, in ogni caso è necessario contestualizzarlo) approfondire/focalizzare tutte le informazioni utili a chiarire le diverse componenti del CCRT Esempio 1 “…le voglio raccontare che ieri alla fine sono riuscito a conoscere Enrica. Mi è sembrata una persona veramente carina, non intendo solo dal punto di vista fisico, che pure è importante e lei ha molte cose che mi piacciono, ma voglio dire proprio come persona. Mi ha subito chiamato per nome ed ha voluto che le raccontassi del mio lavoro, mi è sembrata molto interessata…” Esempio 2 “…non ho mai avuto a che fare con mio padre. Ho fatto attenzione a tenermi fuori dalla sua strada. A lui non piaceva che gli si rispondesse. Ti metti nei guai per parlare. Anche mamma era spaventata da lui. Lui l’aveva picchiata ferocemente ed io ho pensato: se lui tratta lei in questo modo ed è una adulta, che possibilità ho io? C’erano delle volte che volevo parlare apertamente ma ero troppo impaurito ed ho imparato a tacere…” 24
  • 25. Teoria della tecnica: RE e Narrazione In modo esplicito Strupp e Binder, in modo implicito Luborsky, fanno riferimento al concetto di narrazione. Risulta quindi utile fornire alcune indicazioni intorno ad essa partendo da una differenziazione con l’ambito letterario Il messaggio clinico-psicoterapeutico rispetto a quello letterario è orale ed avviene in preasentia, mentre il secondo è scritto ed ha luogo in absentia Il colloquio ha un carattere dialogico ed interlocutorio che non consente una narrazione unidirezionale da parte dell’autore - narratore Per lo psicologo è impossibile assumere un ruolo esclusivamente decodificatorio Si configura la conseguente presenza di un secondo piano narrativo di cui è autore e narratore lo stesso psicologo In sostanza, il colloquio si caratterizza per “la contemporanea presenza di due testi viventi che interagiscono di continuo fra loro trasformandosi” (Ferro, 1992) 25
  • 26. Tecnica Se si ipotizza che il paziente tende a riprodurre in psicoterapia una situazione simile a quella che ha originato la disfunzionalità e che l’intervento si propone di correggere modelli interattivi e rappresentazioni, è possibile pensare che: “nella tecnica di psicoterapia analitica breve questo processo viene condotto a livello dell’Io, cioè stimolando a questo fine, nel paziente, una limitata regressione ‘al servizio dell’Io’ ed utilizzando molto di più la capacità dell’Io di modificare i processi di difesa organizzandoli su qualunque attività dell’Io e distogliendoli da attività che non sono funzionali alla sua omeostasi” (Pinkus, 1978) 26
  • 27. Tecnica (segue) In modo analogo alle psicoterapie a tempo non determinato, anche le terapie brevi hanno componenti supportive. Il sostegno può derivare, infatti, dagli: aspetti intrinseci al trattamento (Luborsky, 1989); Tra questi, fondamentale è la definizione di una “cornice” sicura (Langs, 1990), che consente al paziente di esperire una senso di coerenza e di congruità tra il lavoro psicologico e gli obiettivi del trattamento interventi tecnici In questo ambito emergono la conferma, la convalidazione empatica e l’incoraggiamento ad elaborare. Hanno però valenze supportive anche alcune “tattiche” come: • notare/sottolineare i miglioramenti/obiettivi raggiunti; • aiutare il paziente a mantenere le difese vitali; • focalizzare i problemi nel “qui ed ora”; • incoraggiare il legame “noi-insieme”; • fare riferimento ad esperienze che paziente e psicoterapeuta hanno attraversato insieme 27
  • 28. Caratteristiche tecniche: un confronto Una sintesi delle caratteristiche tecniche delle diverse terapie brevi (modificato da Grasso e Cordella, 1989) AUTORE N° COLLOQUI DURATA TRANSFERT + TRANSFERT - TERAPEUTA Bellak e Small 5 5 settimane favorito/incoraggiato evitato attivo e direttivo Davanloo 5 - 40 variabile interpretato interpretato attivo/non direttivo Malan 10 - 40 variabile interpretato interpretato attivo Mann 12 3 mesi non analizzato rapp. esp. prim. attivo e direttivo Pinkus 8 - 25 circa 6 mesi non analizzato interpretato attivo/non direttivo Sifneos (ansiogena) 12 - 20 variabile favorito/incoraggiato contestato attivo Sifneos (ansiolitica) variabile variabile " 28
  • 29. Indicazioni Sebbene si tenda ad evidenziare l’importanza della selezione dei pazienti, le indicazioni generali della psicoterapia breve sono sostanzialmente sovrapponibili a quelle della terapia espressiva a tempo non determinato (Gabbard, 1992) buona capacità di insight elevati livelli di funzionamento dell’Io forte motivazione a comprendere se stessi e non solo a risolvere la propria sintomatologia capacità di instaurare relazioni profonde (condizione essenziale per poter stabilire in breve tempo una alleanza terapeutica) capacità di tollerare l’ansia condizione essenziale è però la presenza di un focus 29
  • 30. Indicazioni (segue) Vi sono però anche indicazioni specifiche che consentono di individuare con maggiore precisione i soggetti più idonei alla terapia breve (Grasso e Cordella, 1989) pazienti incapaci di far fronte a situazioni esistenziali (lutto, divorzio, ecc.), sociali (licenziamento) o legate a periodi particolari della vita (adolescenza) in questi casi la terapia breve può favorire reazioni adattive prima che la sintomatologia si cristallizzi persone che, in seguito ad interventi chirurgici gravi, hanno bisogno di riadattarsi alle nuove condizioni di realtà pazienti con sintomi psicosomatici non cronicizzati pazienti con problematiche innescate da situazioni non prevedibili o evitabili, limitate nel tempo quanto ad origine 30
  • 31. Elementi riassuntivi: i pazienti Stabilità della situazione di vita reale Sebbene sia sottinteso da molti autori, è importante ricordare che il paziente dovrebbe godere di una situazione ambientale sufficientemente organizzata. Capacità di riflessione psicologica Un fattore agevolante è la capacità di insight del paziente, che può essere saggiata con delle interpretazioni di prova. Da questo punto di vista è importante che il paziente risponda sia intellettualmente che con l’affetto adeguato (se quest’ultimo è assente o inadeguato la terapia non avrà efficacia). Capacità di stabilire una rapida alleanza terapeutica Questo non implica che la presenza iniziale di ostilità o di ritiro emotivo debbano far scartare il paziente, ma sottolinea l’importanza che vi siano indicazioni concrete di collaborazione. 31
  • 32. Elementi riassuntivi: il focus Focale/nucleare Il primo si manifesta essenzialmente a livello superficiale/preconscio (cosa che lo rende più facilmente aggredibile), il secondo si colloca a livello inconscio e potrebbe non essere affrontato in terapia breve. Edipico/preedipico Segnala la profondità delle problematiche e differenzia i diversi autori: secondo Sifneos, ad esempio, i conflitti che coinvolgono tre persone, come quelli edipici o di rivalità con i fratelli si prestano meglio alla terapia breve. 32
  • 33. Elementi riassuntivi: il focus Alcune indicazioni pratiche: spesso il focus è mimetizzato tra una notevole quantità di disturbi generalizzati, è necessario rilevare le analogie/somiglianze se, dopo aver raccolto una esauriente anamnesi, non si riesce a chiarire il rapporto tra focus e storia personale, questo può essere un indizio di patologia grave nella fase di restituzione il focus deve essere proposto al paziente utilizzando la sua terminologia ed ancorandolo alle concrete difficoltà esposte nel corso dei colloqui preliminari 33
  • 34. Elementi riassuntivi: la tecnica Il controllo della regressione la tecnica delle libere associazioni e la passività del terapeuta sono i principali responsabili della regressione nei pazienti in analisi, è quindi necessario: incrementare i livelli di attività del terapeuta (assumere un atteggiamento eccessivamente neutrale induce, infatti, nella coppia una sensazione di atemporalità, ma anche una forte passività nel paziente) costituire un setting vis a vis ed una frequenza di incontri di tipo settimanale formulare e concordare un “piano di trattamento” utilizzare interpretazioni precoci del transfert, in modo da rendere il paziente più consapevole del processo 34