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Partecipazioni nelle srl e regime patrimoniale tra i
coniugi
di
MARCO KROGH
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SOMMARIO: 1. PREMESSA - 2. NATURA GIURIDICA DELLA QUOTA DI
PARTECIPAZIONE IN SRL - 3. LA TITOLARITA’ DELLE PARTECIPAZIONI DA PARTE
DEI CONIUGI IN COMUNIONE LEGALE DEI BENI. CRITERI DISCRIMINANTI - 4.
OPPONIBILITA’ DEL REGIME DI COMUNIONE LEGALE ALLA SOCIETA’ - 5. CAUSE
DI ESCLUSIONE DALLA COMUNIONE LEGALE. IL RIFIUTO DEL COACQUISTO - 6. LA
LEGITTIMAZIONE ALLA CESSIONE DI QUOTE DI PARTECIPAZIONE NELLE SRL. IL
PASSAGGIO DALLA COMUNIONE LEGALE ALLA SEPARAZIONE DEI BENI - 7. CENNI
SULLA COSTITUZIONE DEL FONDO PATRIMONIALE AVENTE AD OGGETTO QUOTE
DI PARTECIPAZIONE IN UNA SRL
APPENDICE: CONCLUSIONI ED INDICAZIONI OPERATIVE
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1. PREMESSA
Il diritto di famiglia ed il diritto commerciale possono considerarsi due microsistemi
all’interno del nostro ordinamento giuridico, retti ciascuno da propri principi generali (sul punto M.
Mistretta, Partecipazioni sociali e comunione dei beni: l’interpretazione come governo della
complessità, in Collana del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università degli Studi di
Brescia, coordinata da Vincenzo Allegri, Marzia Barbera e Salvatore Prosdocimi, Giuffre’ Editore,
2004, pag. 8, nota 12 e M. Krogh, Gli acquisti del coniuge imprenditore in regime di comunione
legale dei beni, in Scritti in onore di Guido Capozzi, Diritto privato, 2, Milano, 1992, p. 713 e
segg). In alcuni casi, le norme presenti in ciascuno dei due microsistemi possono entrare tra loro in
conflitto e spetta all’interprete offrire soluzioni apprezzabili, dando la prevalenza a quei valori ed a
quegli interessi che appaiono prevalenti o maggiormente condivisi in un determinato momento
storico. In altri casi, può accadere che, all’interno di un microsistema, manchi ogni riferimento
espresso alla disciplina applicabile a determinate fattispecie; anche per queste ipotesi spetta
all’interprete ricostruire la disciplina applicando e dando coerenza ai principi generali che regolano
i due microsistemi.
Le vicende relative alla titolarità, all’amministrazione ed alla circolazione delle quote di
partecipazione nelle società a responsabilità limitata rientrano nell’ipotesi da ultimo accennata non
sussistendo, all’interno delle norme della riforma del diritto di famiglia (legge 19 maggio 1975 n.
151) e, più segnatamente, all’interno delle norme che regolano il regime patrimoniale tra i coniugi,
alcuna disposizione che espressamente prenda in considerazione le quote di partecipazione in
società.
Cosicché, l’interprete, nell’individuare le regole del diritto di famiglia applicabili
(estensivamente o analogicamente) agli atti ed ai rapporti riferibili alla titolarità ed alla circolazione
di quote di partecipazione nelle srl, dovrà armonizzare il potenziale conflitto tra i principi che
1
regolano il diritto societario con i principi che regolano la titolarità e l’amministrazione dei beni
all’interno del regime patrimoniale tra i coniugi, nel presupposto che, in astratto, non è possibile
dare prevalenza tout court ad un microsistema rispetto all’altro.
Gli interrogativi derivanti dalle interferenze del diritto di famiglia sulla titolarità e sulla
circolazione delle quote sociali riguardano, principalmente, l’ipotesi in cui l’acquisto della
partecipazione stessa avvenga ad opera di un solo coniuge, coniugato in regime di comunione
legale, e di conseguenza, è necessario accertarsi:
 se la quota di partecipazione sia soggetta o meno al regime della comunione legale;
 se il regime della comunione legale sia opponibile alla società ed il coniuge che non
ha partecipato all’atto di acquisto abbia o meno il diritto ad ottenere l’iscrizione nel
libro soci;
 se eventuali clausole limitative della circolazione delle quote sociali siano in grado di
prevalere sugli automatismi acquisitivi previsti dall’art. 177 lett. a) cod. civ.;
 quali formalismi devono essere posti in essere per escludere, ai sensi dell’art. 179
c.c., l’acquisto di una quota di partecipazione in una srl, dal regime della comunione
legale;
 quali conseguenze derivano in caso di cessione di quota di srl, soggetta al regime
della comunione legale, da parte di uno solo dei coniugi, senza il consenso dell’altro.
Non sono ravvisabili particolari problematiche, invece, nel caso in cui il coniuge che intende
acquistare una quota di partecipazione in una srl si trovi in regime di separazione dei beni,
applicandosi al medesimo le norme di diritto comune.
A soluzioni più articolate, deve, invece, pervenirsi, in caso di passaggio, da parte dei
coniugi, dal regime della comunione legale al regime della separazione dei beni qualora, medio
tempore, sia stata acquistata una quota di partecipazione in una srl.
Agli interrogativi sopra esposti si intende dare una risposta nei paragrafi successivi, nella
consapevolezza che la materia, per gli interessi ed i valori coinvolti, è costantemente in evoluzione
ed alla ricerca di nuove soluzioni più appaganti sul piano economico e sociale.
2. LA NATURA GIURIDICA DELLA QUOTA DI PARTECIPAZIONE IN SRL
Le risposte ai molteplici interrogativi che la materia offre derivano, per giusta coerenza,
anche dalla natura giuridica che, secondo l’interprete, qualifica la quota di partecipazione nelle srl.
In buona sostanza, la valenza della quota di partecipazione nelle srl come bene d’investimento
ovvero come bene strumentale per l’esplicazione della propria attività
professionale/imprenditoriale, potrà essere elemento determinante al fine di ritenere applicabile il
meccanismo di acquisizione automatica alla comunione legale previsto dall’art. 177 lett. a) c.c.
ovvero per escludere l’applicazione della suddetta norma e ricondurre la fattispecie nell’ambito
delle ipotesi regolate dall’ art. 178 c.c. ovvero dall’art. 179 lett. d) c.c.; così come la qualifica di
generico bene mobile ovvero di bene mobile registrato, sarà determinante al fine di verificare
l’applicabilità alle quote di partecipazione nelle srl di una serie di disposizioni dettate, in modo
specifico, per i beni mobili registrati (art. 179, ultimo comma, c. c., art. 184 c.c., art. 169 c.c.).
Giova ricordare che la qualificazione giuridica della quota di partecipazione nelle srl può
dirsi tutt’altro che pacifica. Ad una qualificazione della quota come mero diritto di credito del socio
agli utili nei confronti della società si sovrappongono qualificazioni giuridiche della posizione del
socio più articolate volte ad evidenziare la natura ambivalente della quota di partecipazione:
2
situazione soggettiva complessa, comprendente un insieme di diritti, oneri, obblighi, poteri , nei
rapporto socio – società (aspetto statico corporativo) ed al contempo bene giuridico autonomo,
allorquando la medesima è oggetto di scambio (aspetto dinamico patrimoniale) (sul punto, per tutti,
P. Revigliono, Il trasferimento della quota di società a responsabilità limitata, Milano, 1998, pag.
45 e segg e M. Mistretta, op. cit. pag. 75 e segg.).
Inoltre, come res oggetto di autonomi rapporti giuridici (di trasferimento, di garanzia, di
disposizione, etc) la quota di partecipazione è soggetta al regime dettato per i beni mobili
(immateriali). Discusso è poi se possa estendersi alla medesima la disciplina speciale prevista per i
beni mobili registrati
Su quest’ultimo aspetto, va evidenziato che la questione sembrerebbe rilevante
esclusivamente ai fini dell’estensione alle quote di partecipazione nelle srl della normativa sul
fondo patrimoniale, in quanto l’applicabilità dell’ultimo comma dell’art. 179 c.c. (acquisto di beni
personali) e dell’art. 184 c.c. (amministrazione dei beni della comunione), sembrerebbe potersi
escludere in forza del richiamo testuale, contenuto nelle suindicate norme, ai soli beni mobili
registrati elencati nell’articolo 2683 c.c., tra i quali non rientrano le quote di partecipazione nelle srl.
Tuttavia, secondo autorevole dottrina (M. Mistretta, Partecipazioni sociali e comunione dei beni,
cit., pag. 368 e segg.; F. Bocchini, L’amministrazione dei beni in comunione legale, in Dir. Priv.,
1999-2000, V-VI, L’invalidità degli atti privati, Padova, 2001, p. 57 e segg.) sarebbe applicabile
alle quote di partecipazione nelle srl l’intera disciplina prevista per i beni mobili registrati dal diritto
di famiglia.
Invero, si ritiene (M. Mistretta, op. cit., pag. 368) che nell’art. 2470 c.c., come formulato
dalla riforma del diritto societario, si è introdotta una regola di compromesso tra i principi che
governano la trascrizione nei registri immobiliari ed il principio di tutela della buona fede, rilevante
nella circolazione dei beni mobili e dei titoli di credito (ma non per i beni immobili ed i mobili
registrati indicati nell’art. 2683 c.c.), cosicché ragioni sistematiche convincerebbero ad applicare
anche alle quote di partecipazione nelle srl, in via estensiva, la disciplina dei beni mobili registrati
elencati nell’art. 2683 c.c. e, segnatamente, l’azione di annullamento anche ai negozi dispositivi
compiuti da un solo coniuge, in carenza di legittimazione.
L’applicabilità dell’art. 184, 1° comma c.c., che prevede l’annullabilità degli atti di
disposizioni compiuti da un coniuge senza il consenso dell’altro, anche agli atti di disposizione
delle quote di partecipazione nelle srl, determinerebbe un trattamento di minor favore nei confronti
del terzo estraneo che sarebbe giustificato dalla possibilità e, quindi, dall’onere a suo carico di
informarsi, mediante i pubblici registri, dell’effettivo stato giuridico del bene che intende acquistare
(espressamente F. Bocchini, op. cit., pag. 57 e segg.). Dunque, secondo tale Autore, il combinato
disposto dell’ultimo comma dell’art. 179 c.c. e del 1° comma dell’art. 184, c.c. sarebbe espressione,
unitamente all’art. 2740 c.c., di un principio generale diretto a bilanciare gli interessi dei coniugi in
regime di comunione legale dei beni e l’affidamento che i terzi possono riporre nelle risultanze dei
registri immobiliari (cfr. sulle problematiche relative all’affidamento dei terzi nella circolazione dei
beni in comunione legale: Cass. 24 settembre 2004 n. 19250, in Riv. Not. pag. 562 e segg e Cass. 5
dicembre 2003 n. 18619 in Riv. Not. 2004, pag. 996 e segg). Problematica, quest’ultima, con aspetti
di particolare criticità a seguito della recente modifica all’art. 2740 c.c. disposta dall’art. 36, comma
2°, del d.l. 112 del 25 giugno 2008, pubb. sul S.O. 152/l della G.U. n. 147 del 25 giugno 2008,
conv. in l. 133 del 6 agosto 2008 pubb. sul S.O. 196 della G. U. n. 195 del 21 agosto 2008 (sul
punto cfr. E. Maccarone G. Petrelli Le cessioni di quote di s.r.l. dopo la conversione del d.l. n. 112
del 2008 e P. Spada Una “postilla” in tema di cessione di quote con firma digitale, entrambi in
Notariato, Rassegna sistematica di diritto e tecniche contrattuali - Bimestrale di dottrina e
giurisprudenza, IPSOA, 2008, pagg. 533 e 538)
3
2. LA TITOLARITA’ DELLE PARTECIPAZIONI DA PARTE DEI CONIUGI IN
COMUNIONE LEGALE DEI BENI. CRITERI DISCRIMINANTI
L’interrogativo preliminare da sciogliere riguarda, innanzitutto, l’applicabilità o meno del
meccanismo acquisitivo previsto dall’art. 177 lett. a) c.c. alle quote di partecipazione nelle srl (per
una panoramica completa delle problematiche relative alle interferenze tra il diritto di famiglia e le
quote di partecipazione, cfr. C. Trinchillo, Partecipazioni sociali e comunione legale dei beni, in
Riv. Not. 2002, pag. 852 e segg.)
La riforma del diritto di famiglia, come già accennato, non detta alcuna norma espressa
diretta a disciplinare in modo specifico, all’interno della comunione legale, il regime applicabile
alle quote di partecipazione nelle società di capitali e nelle società di persone.
La giurisprudenza (Cass. 23 settembre 1997 n. 9355, in Nuova Giur. Comm., 1999, I, 627,
con nota di F. Alleva ed in Riv. Not. 1999, pag. 670, con nota di A. Ruotolo, Comunione legale e
proventi dell’attività separata ; Cass. 18 agosto 1994 n. 7437, ivi, 1995, I, p. 751, con nota di F.
Regine) sembra aver pochi dubbi che il criterio discriminante, idoneo a dar soluzione al principale
interrogativo posto, sia offerto dalla responsabilità limitata o illimitata che deriva dalla titolarità
della quota stessa; cosicché, le quote di partecipazione in società di capitali (e, quindi anche le quote
di srl) si caratterizzerebbero per essere beni di investimento e, come tali, rientranti nella disciplina
generale prevista dall’art. 177 lett. a), c.c., mentre le quote di partecipazione in società di persone
(con esclusione delle quote del socio accomandante) si caratterizzerebbero per la loro strumentalità
rispetto all’esercizio, da parte del socio, di un’attività d’impresa in forma collettiva. Pertanto, solo
alla titolarità delle quote di società di persone, dalle quali deriva la responsabilità illimitata del
socio, andrebbe applicata, in via estensiva la disciplina prevista dall’art. 178 c.c., che, come è noto,
dispone che i relativi beni si considerano oggetto della comunione solo se sussistono al momento
dello scioglimento di questa (cd. comunione de residuo) .
Nelle indicate sentenze l’aspetto patrimoniale, qualificante la titolarità delle partecipazioni
in società di capitali, è ritenuto assolutamente prevalente rispetto ad ulteriori aspetti che possono
astrattamente qualificare la titolarità della partecipazione stessa, quale, ad esempio, l’attitudine
strumentale del possesso della quota di srl a consentire al suo titolare l’esercizio di un’attività
d’impresa in forma collettiva,
In buona sostanza, secondo questa interpretazione, il solo modello organizzativo delle
società di persone sarebbe idoneo a giustificare l’estensione del regime previsto dall’art. 178 c.c.
(cd. comunione de residuo) per le imprese individuali anche alle partecipazioni sociali. La titolarità
della quota di srl si connoterebbe, invece, essenzialmente per il valore che rappresenta nel suo
aspetto statico, più che per la sua capacità dinamica ad essere strumento per l’esplicazione
dell’attività imprenditoriale del suo titolare.
Ad onor del vero, va riportato anche l’orientamento giurisprudenziale di alcune corti di
merito (Tribunale di Roma 18 febbraio 1994 in Società, 1994, 1237 con nota di Figone; Cass., 8
maggio 1996 n. 4273, in Riv. Notariato 1996, 1169 e segg. e Trib. Udine 27 gennaio 2007) secondo
cui il criterio discriminante sopra esposto della responsabilità limitata, andrebbe corretto
dall’ulteriore elemento rappresentato dalla verifica della finalità dell’investimento stesso e, quindi,
dalla possibilità di far rientrare la titolarità della quota di srl nel meccanismo dell’art. 178 c.c.,
qualora la titolarità della quota sia, in concreto, strumentale all’esercizio di un’attività d’impresa da
parte del coniuge in regime di comunione legale dei beni. In particolare, la sentenza da ultimo
citata, ravvisa un’analogia tra l’acquisto di partecipazioni sociali “di comando” (e non di mero o
4
prevalente investimento) e l’acquisto di “beni destinati all’esercizio dell’impresa di uno dei
coniugi” costituita o incrementata dopo il matrimonio, secondo la disciplina prevista dall’art. 178
c.c.
La dottrina sul punto, invece, è giunta a conclusioni più articolate.
Invero, accanto all’opinione prevalente (A. Finocchiaro – M. Finocchiaro, Diritto di
Famiglia, Giuffré Editore, 1984, pag. 906 e segg. ed autori citati nella nota 86; V. Buonocore,
Comunione legale tra i coniugi e partecipazione a società per azioni e a società cooperative, in
Riv. Not. 1977, pag. 1140 e segg, F. Corsi, Il regime patrimoniale della famiglia, in Trattato di
diritto civile e commerciale diretto da Cicu-Messineo-Mengoni, vol. Vi, Titolo II, sez. 2, p. 85 e
segg. M. Krogh, Acquisti del coniuge...cit., pag. 729), che ritiene estensibile tout court il regime
della comunione legale alle quote delle srl, per i motivi ripresi dalla giurisprudenza sopra riportata,
si riscontrano posizioni dottrinali di segno diverso.
Una parte della dottrina nega l’attitudine delle partecipazioni sociali ad essere oggetto di
comunione legale o facendo leva sulla natura giuridica strumentale dei diritti incorporati nella
partecipazione sociale nel presupposto che la comunione legale è un complesso di diritti reali
escludendo, di conseguenza, la possibilità che beni diversi dai diritti reali possano essere oggetto del
meccanismo acquisitivo di cui all’art. 177 lett. a) c.c. ( M.Detti, Oggetto, natura, amministrazione
della comunione legale dei coniugi, in Riv. Not., 1976, pag. 1206 e segg., G. Di Transo, Comunione
legale, ed. Simone, 1992, pag. 147 e segg., E. Russo, L’oggetto della comunione legale e i beni
personali, in Collana Il Codice Civile - Commentario - diretto da Francesco D. Busnelli, artt. 177-
179, Giuffré, Milano, 1999, pag. 294 e segg.), ovvero facendo leva su una prevalenza di valore delle
norme che regolano la circolazione delle partecipazioni sociali rispetto ai principi regolatori della
comunione legale, affermando che l’acquisto di una partecipazione sociale (quale che sia) da parte
di un coniuge, in costanza di comunione legale, non determina, mai, comunione (né ordinaria né)
legale sulla stessa, per la semplice ragione che l’ordinamento giuridico e le regole proprie della
circolazione delle partecipazioni sociali respingono, decisamente questa ricostruzione (G.A.M.
Trimarchi, Comunione legale e partecipazioni sociali, in Notiziario Assonotai Campania Notiziario
Telematico, anno IV, n. 1-3/2005, pag. 59 e segg.).
Altra parte della dottrina (M. Mistretta, op. cit., pag. 353 e segg. e 363 e segg),
nell’evidenziare che non sussiste alcun segnale di preminenza delle regole del diritto di famiglia
sulle regole del diritto societario, giunge alla conclusione che l’assoggettamento di una quota di srl
al regime di comunione legale si verifica qualora:
1. la partecipazione sociale non rivesta carattere strumentale all’esercizio di un’attività
d’impresa;
2. lo statuto della srl di cui è espressione la quota, non contenga clausole limitatrici alla
libera circolazione della quota che impediscano l’ingresso in società del coniuge estraneo
all’acquisto.
In presenza di una delle ipotesi sopra indicate, secondo l’Autore citato (M.Mistretta, op. cit,
pag. 359 e segg), prevarrebbe il carattere di bene personale della quota di partecipazione nella srl
che, risulterebbe esclusa dalla comunione legale, in via definitiva, in forza del disposto di cui all’art.
179, lett. d) c.c., non sussistendo giustificati motivi per l’applicazione dell’art. 178 c.c. in tema di
comunione de residuo
Le opinioni, sopra accennate, sembrano amplificare eccessivamente la tutela dell’autonomia
privata all’interno delle srl sacrificando quei valori e quegli interessi che, all’interno della
comunione legale, sono protetti da norme inderogabili o, più, precisamente, derogabili
5
esclusivamente mediante una convenzione matrimoniale perfezionata con l’accordo di entrambi i
coniugi e nel rispetto di determinate regole formali.
Tornando agli indirizzi giurisprudenziali in materia, va segnalato che, nei più recenti
orientamenti della Cassazione, si riscontra una tendenza ad amplificare la vis actrativa della
comunione legale e ad assegnare una portata sempre più ampia all’art. 177 lett. a) c.c.
Può ricordarsi la recentissima sentenza emessa dalla Suprema Corte (9 ottobre 2007 n.
21098, in Riv. Not. 2/2008, pag. 407 e segg., con nota di N.A. Toscano) che ha ribadito, in maniera
ancor più convinta, l’inclusione tra i beni che fanno parte della comunione legale anche i diritti di
credito, eccezion fatta esclusivamente per quelli che siano meramente strumentali all’acquisizione
di posizioni ulteriori (si pensi ai diritti nascenti da un contratto preliminare) e siano privi di
qualunque funzione di investimento, intesa quest’ultima come definitiva acquisizione di un bene
potenzialmente idoneo di per sé a produrre un aumento della ricchezza familiare.
Quest’ultima sentenza, sembra che faccia definitivamente giustizia del criterio di inclusione
od esclusione dei beni dalla comunione legale basato sulla distinzione tra diritti reali e diritti
relativi, privilegiando, invece, aspetti più sostanzialistici diretti a verificare l’attitudine del bene a
costituire un incremento patrimoniale immediato e definitivo ovvero uno strumento per la
realizzazione di posizioni giuridiche ulteriori.
3. OPPONIBILITA’ DEL REGIME DI COMUNIONE LEGALE ALLA SOCIETA’
In ordine alla possibilità, da parte del coniuge estraneo all’acquisto, di opporre il regime
della comunione legale alla società è necessario operare alcuni distinguo.
Invero, sembra condivisibile, all’interno di un ragionevole bilanciamento dei valori e degli
interessi all’interno del diritto di famiglia e del diritto societario, ritenere che il regime della
comunione legale non sia opponibile alla società al fine di consentire al coniuge, che non sia stato
parte dell’atto di acquisto della quota sociale, l’esercizio dei diritti amministrativi e patrimoniali nei
confronti della società stessa, nel caso in cui l’autonomia statutaria abbia escluso la libera
circolazione delle quote sociali tra soggetti estranei al perfezionamento dell’atto costitutivo ovvero
che non abbiano ottenuto il gradimento da parte della società stessa, restando, in questi casi,
l’effetto legale prodotto dall’art. 177 lett. a) c.c. rilevante nei soli rapporti interni tra i coniugi
(contra: Trib. Napoli, 21 settembre 1995, in Giur. Comm., 1997, II, p. 319, secondo cui, il bene non
ewntrerebeb a far parte della comunione e sarebbe personale, con nota critica di P. Piscitello,
Comunione coniugale e circolazione di quote di società a responsabilità limitata, secondo il quale,
invece, la cessione è semplicemente inopponibile alla società).
Nei casi, invece, in cui non sussistono clausole limitative alla libera circolazione delle quote
di partecipazione nelle srl, l’opinione prevalente in dottrina (A. Pavone La Rosa, Comunione
coniugale e partecipazioni sociali, in Vita not., 1979, p. 39-41 ed in Riv. Soc., 1979, p. 1 e segg.; M.
Comporti Gli acquisti dei coniugi in regime di comunione legale, in Riv. Not., 1979, pag. 77, G.
Baralis, Comunione coniugale e titolarità di partecipazioni sociali, in Riv. Not., 1977, p. 310 e
segg.) ritiene che al coniuge che non ha partecipato all’atto di acquisto della quota caduta in
comunione legale dei beni spetti un diritto alla cointestazione, da esercitare con una richiesta alla
società.
Altri Autori (M. Mistretta, op. cit, pag. 366) al contrario, ritengono che il coniuge estraneo
non possa, in alcun caso, effettuare autonomamente domanda di cointestazione della quota, in
quanto sfornito della legittimazione richiesta dal sistema normativo; il coniuge estraneo, infatti non
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è munito di un titolo depositato nel Registro delle Imprese che gli consentirebbe di esercitare il
diritto di chiedere l’iscrizione, nei confronti della società.
E’ preferibile ritenere che la richiesta di cointestazione debba, comunque, provenire da
entrambi i coniugi, potendo esistere all’interno della fattispecie acquisitiva cause di esclusione del
bene dalla comunione legale, ai sensi dell’art. 179 c.c., che non sono evidenziate nell’atto di
acquisto stesso (si pensi, ad esempio, all’acquisto con denaro proveniente dalla vendita di beni
personali ovvero all’acquisto mediante utilizzo di denaro di provenienza donativa o successoria).
Una richiesta di cointestazione da parte del solo coniuge che non ha partecipato all’acquisto
non consentirebbe all’organo amministrativo della società di verificare sulla base del solo titolo di
acquisto e dell’estratto dell’atto di matrimonio se si sia perfezionato o meno l’effetto acquisitivo
automatico regolato dall’art. 177 lett. a) c.c. ovvero se al momento dell’acquisto sussisteva una
legittima causa di esclusione del bene dalla comunione legale, secondo il paradigma di cui all’art.
179 c.c.
Ritenendo il contrario, si dovrebbe concludere che la società sarebbe investita di un potere
decisionale che compete, invece, in caso di contestazione, esclusivamente all’Autorità Giudiziaria.
4. CAUSE DI ESCLUSIONE DALLA COMUNIONE LEGALE. IL RIFIUTO DEL
COACQUISTO.
Nel presupposto che le quote di partecipazione nelle srl sono soggette alle regole generali
della comunione legale, valgono per le stesse le cause di esclusione disciplinate dall’art. 179 c.c.
Sul punto, giova rammentare, che la cessione di quota sociale non è un contratto con causa
propria ma, più correttamente, è una prestazione che può rientrare in qualunque schema
contrattuale, tipico ed atipico, oneroso o gratuito.
Sotto questo aspetto, la titolarità della partecipazione sociale può essere esclusa dal regime
della comunione legale in tutti i casi in cui l’acquisto avvenga in forza di atto di liberalità o di
successione mortis causa (art. 179 lett. b c.c.).
Sono, altresì, da escludere dal regime della comunione legale le quote di partecipazione
nelle srl acquistate da uno dei coniugi in epoca precedente al matrimonio (art. 179 lett. a c.c.).
Anche per le quote sociali valgono poi le cause di esclusione di cui alle lett. c) e d) dell’art.
179 c.c., anche se riguarderanno fattispecie marginali da un punto di vista delle frequesnza.
Beni personali sono, inoltre, le quote di partecipazione di srl acquistate utilizzando il
provento della vendita di beni personali ovvero attraverso lo scambio di beni personali (art. 179 lett.
f c.c.). Questa ipotesi ricorrerà sia nel caso di permuta che di contratto a titolo oneroso il cui prezzo
di acquisto sia costituito dal ricavo dell’alienazione di un bene personale ovvero nel caso in cui il
denaro utilizzato sia personale, perché di provenienza donativa o successoria, secondo il paradigma
di cui all’art. 179 lett. b) c.c.
Non ricorrerà, invece, la fattispecie di cui all’art. 179 lett. f) c.c., secondo il più recente
indirizzo della Suprema Corte (cfr. cit. Cass. 23 settembre 1997 n. 9355), nel caso in cui sia
utilizzato, quale prezzo di acquisto della quota di srl, denaro che sia provento della propria attività
lavorativa in quanto la fattispecie richiamata dalla suddetta lett. f) richiede espressamente che il
bene utilizzato come scambio per l’acquisto della quota di srl sia personale perché rientrante in una
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delle ipotesi di cui all’art. 179 stesso (per una panoramica generale sui più recenti indirizzi
giurisprudenziali in tema di acquisti in regime di comunione legale dei beni, cfr. M. Krogh, La
circolazione degli immobili della comunione legale nella prospettiva notarile, in Dir. e Giur.
2005/4, pag. 537 e segg.).
E’ esclusa, altresì, secondo l’orientamento recente della Suprema Corte (Cass. 27 febbraio
2003 n.2954, in Riv. Not. 2003, pag. 411 e segg. con nota di M. C. Lupetti e Cass. 19 febbraio 2000
n.1917, in Vita Not. 2000, pag. 895 e segg.; contra: Cass. 2 giugno 1989 n. 2688 in Giust. Civ.,
1990, I, p.1359, con nota di D. De Stefano, E’ possibile impedire la caduta in comunione legale tra
i coniugi al momento dell’acquisto di un bene immobile?; G. Gabrielli, Scioglimento parziale della
comunione legale fra coniugi, esclusione dalla comunione e rifiuto preventivo del coacquisto, in
Riv. Dir. Civ.., 1988, I, p. 344) la possibilità sia del rifiuto del coacquisto e, quindi che i coniugi
concordino, al di fuori delle ipotesi di cui all’art. 179 c.c. l’esclusione dal regime della comunione
legale dell’acquisto di una specifica quota di partecipazione in una srl.
Segnatamente, con la citata sentenza n. 2954 del 27 febbraio 2003 (emessa nello stesso
solco tracciato dalla precedente citata sentenza n. 1917 del 2000 e della Cass. 8 febbraio 1993 n.
1556, in Riv. Not. 1994, pag. 1023 e segg.) si afferma, da parte della Cassazione, che, nell’ambito
della comunione legale, l’art. 179 c.c. si pone come norma eccezionale, che consente l’esclusione
dalla comunione legale, di alcuni beni tassativamente indicati, nel solo caso in cui ricorrano tutti i
presupposti oggettivi previsti dalla norma stessa. Una deroga è consentita ai coniugi
esclusivamente attraverso la stipulazione di una convenzione matrimoniale, nel rispetto dei requisiti
di forma e di sostanza previsti dagli artt. 161 e 210 del codice civile (atto pubblico, irrinunciabilità
ai testimoni, presenza personale dei coniugi, indicazione specifica e concreta dei patti con i quali
intendono regolare i loro rapporti).
Peraltro, la convenzione matrimoniale potrà avere esclusivamente un contenuto cd.
programmatico, cioè riferito a categorie di beni, non essendo possibile, secondo questo indirizzo, la
stipulazione di convenzioni matrimoniali che abbiano ad oggetto singoli beni, le cd. convenzioni
matrimoniali “dispositive” (“inclusive” o “esclusive”).
Va, tuttavia, tenuto presente che il denaro ottenuto a titolo di prezzo per l’alienazione di un
bene personale rimane nella esclusiva disponibilità del coniuge alienante anche quando esso venga
dal medesimo coniuge depositato sul proprio conto corrente. Questa titolarità non muta in
conseguenza della mera circostanza che il denaro sia stato accantonato sotto forma di deposito
bancario, giacché il diritto di credito relativo al capitale non può considerarsi modificazione del
capitale stesso, né è d’altro canto configurabile come un acquisto nel senso indicato dall’art. 177,
primo comma, lettera a), cod. civ., cioè un’operazione finalizzata a determinare un mutamento
effettivo nell’assetto patrimoniale del depositante. Pertanto le somme accantonate da un coniuge sul
proprio conto corrente, provenienti dall’alienazione di un bene personale, possono essere utilizzate
ai fini della surrogazione reale di cui all’art. 179, primo comma, lettera f), cod. civ. (In questo senso
Cass. 20 gennaio 2006 n. 1197)
Giova ricordare che l’esclusione di cui alla lett. f) dell’art. 179 c.c non richiede la presenza,
al momento del perfezionamento del contratto di cessione, del coniuge escluso dall’acquisto, in
quanto l’ultimo comma dell’art. 179 c.c., che tale presenza richiede, per espressa previsione
normativa, si applica ai soli casi di acquisto di beni immobili e di beni mobili registrati di cui all’art.
2683 c.c. tra i quali non rientrano le quote di partecipazione nelle srl (cfr. però M. Mistretta, op. cit.
pag. 368 e F. Bocchini, op. cit, p. 57 e segg., già citati in precedenza, secondo cui, da un punto di
vista sistematico, il rinvio all’art. 2683 c.c., tende ad affermare più un principio generale che non
8
un’elencazione tassativa di beni interessati dalle disposizioni di cui agli artt. 179, ult. co. c.c. e 184
c.c.).
Non è, altresì, richiesto che dall’atto di acquisto risulti espressamente la ricorrenza della
causa di esclusione dell’acquisto dal regime della comunione legale. Eventuali dichiarazioni
contenute nell’atto di acquisto opereranno non sul piano del perfezionamento della fattispecie ma
sul piano probatorio.
E’ evidente che sul piano dell’opportunità e della certezza delle reciproche posizioni
giuridiche, qualora si voglia escludere un bene dal regime della comunione legale nella ricorrenza
di uno dei presupposti elencati nell’art. 179 c.c., sarà opportuno non solo evidenziare la causa di
esclusione, ma - al di là dell’applicabilità o meno dell’ultimo comma dell’art. 179 c.c. alla
fattispecie in oggetto -, anche acquisire la dichiarazione di conferma del coniuge escluso
dall’acquisto, che avrà natura ricognitiva e valore di confessione stragiudiziale ai sensi dell’art.
2735 c.c.
5. LA LEGITTIMAZIONE ALLA CESSIONE DI QUOTE DI PARTECIPAZIONE NELLE
SRL. IL PASSAGGIO DALLA COMUNIONE LEGALE ALLA SEPARAZIONE DEI BENI
In ordine agli aspetti che attengono alla legittimazione delle parti nei successivi atti di
cessione di quote sociali soggette al regime della comunione legale, va osservato che sia la
giurisprudenza costituzionale (C. Cost. 10 – 17 marzo 1988 n. 311, in Riv. Not. 1988, pag. 1306 e
segg.) che quella della Suprema Corte (ex multis: Cass. 4 maggio 2005 n. 9231 e 19 marzo 2003 n.
4033, in Vita Not., 2003, pag. 882 e segg) hanno, in più occasioni, ribadito che la natura giuridica
della comunione legale si caratterizza per essere una comunione senza quote in cui ciascun coniuge
ha la legittimazione a gestire e disporre di ciascun bene, nel rispetto tuttavia delle norme di cui
all’art. 184 c.c., relative all’amministrazione ordinaria e straordinaria dei relativi beni.
Per le cessioni di quote di partecipazione nelle srl, rientranti tra gli atti di straordinaria
amministrazione, ai sensi dell’art. 184, comma 3° c.c., il coniuge che li ha compiuti senza il
consenso dell’altro è obbligato su istanza di quest’ultimo a ricostituire la comunione nello stato cui
era prima del compimento dell’atto o, qualora ciò non sia possibile, al pagamento dell’equivalente
secondo i valori correnti all’epoca della ricostituzione della comunione.
Cosicché, in caso di disposizione della quota di partecipazione da parte di un coniuge in
comunione legale, la violazione del disposto dell’art. 184 c.c., non inficerà di invalidità o di
inefficacia il relativo atto, ma farà sorgere nel coniuge non partecipante all’atto il diritto nei
confronti dell’altro coniuge alla ricostituzione della comunione o di pagare l’equivalente (sul punto
cfr. Cass. 7 marzo 2006 n. 4890 che afferma il principio secondo cui il coniuge il quale abbia
venduto in nome proprio a terzi un bene mobile facente parte della comunione legale può agire da
solo per la giudiziale risoluzione del contratto in danno dell’acquirente senza che il contraente
inadempiente possa opporgli la mancata integrazione del giudizio nei confronti dell’altro coniuge,
in quanto la predetta attività processuale è speculare a quella negoziale sulla cosa comune che il
coniuge ha validamente compiuto da solo, salvi gli effetti nell’ambito della comunione previsti
dall’art. 184, terzo comma, cod. civ. e la pronunzia sulla relativa domanda sarebbe utilmente
emessa nei confronti del solo coniuge stipulante, essendo irrilevante a tal fine ogni questione
indotta dall’accertamento giudiziale nei rapporti interni tra coniugi).
Il coniuge che non ha partecipato all’atto non potrà agire per far valere l’invalidità dell’atto,
nemmeno nel caso in cui ci sia consapevolezza da parte del terzo acquirente della contitolarità in
comunione legale della quota di partecipazione. Secondo il principio affermato dalla Suprema Corte
9
(sent. 20 marzo 2008 n. 7485, in Riv. Not., 4, 2008, p. 875), non esiste alcuna norma che sancisca in
via generale la nullità del contratto in frode ai terzi, essendo prevista espressamente solo la nullità
del contratto in frode alla legge, mentre i terzi sono tutelati solo in particolari situazioni e a mezzo
di specifiche azioni.
Anche su quest’ultimo aspetto, va ricordato che l’orientamento appena accennato non è
condiviso da quegli Autori (M. Mistretta, op. cit. pag. e F. Bocchini, op. cit, p. 57 e segg.) i quali
ritengono applicabile l’art. 184, comma 1° del cod. civ. in tutti i casi in cui, in relazione a
determinati valori economici, è possibile per il terzo ottenere la conoscenza legale del relativo
statuto giuridico del bene.
Giova rimarcare che la suddetta opinione ha per suo presupposto la conoscibilità legale dello
statuto giuridico del bene attraverso un’applicazione completa del regime dei beni mobili registrati
alle quote di partecipazione nelle srl e, quindi, di un’applicazione (in via estensiva) della
disposizione di cui all’ultimo comma dell’art. 179 c.c. anche agli acquisti di quote di partecipazione
nelle srl. Ciò perché, in caso contrario, il terzo sarebbe nell’oggettiva impossibilità di conoscere
legalmente se, al momento dell’acquisto del bene, ricorreva o meno una legittima causa di
esclusione idonea a qualificare la quota di partecipazione stessa come bene personale, ai sensi del
citato art. 179 c.c.
A diversa soluzione deve invece pervenirsi nel caso in cui l’atto di disposizione abbia ad
oggetto una quota di partecipazione nella srl non più soggetta al regime di comunione legale dei
beni, vigente al momento dell’acquisto della quota stessa. Tale ipotesi può verificarsi nel caso in cui
i coniugi, già in comunione legale, decidano volontariamente di scegliere il regime della
separazione dei beni ovvero per il verificarsi di un evento che tale effetto produce (si pensi alla
separazione personale tra i coniugi).
In questo caso, la quota di partecipazione nella srl non sarà più soggetta alle norme speciali
che regolano il regime della comunione legale, ma sarà soggetta alle norme comuni che regolano la
comunione ordinaria. Pertanto, non potrà più essere invocato dal coniuge titolare apparente della
quota l’art. 184 c.c., rientrando nell’ipotesi generale di atto compiuto in assenza di legittimazione,
disciplinato dalle norme relative alla vendita di cosa parzialmente altrui.
6. CENNI SULLA COSTITUZIONE DEL FONDO PATRIMONIALE AVENTE AD
OGGETTO QUOTE DI PARTECIPAZIONE IN UNA SRL
Ulteriore aspetto controverso, tra le problematiche nascenti dall’applicazione degli istituti
del diritto di famiglia alle quote di partecipazione nelle srl e quello, sopra accennato, relativo
all’assoggettabilità o meno delle stesse al regime del fondo patrimoniale.
L’art. 167 c.c. dispone che può essere costituito un fondo patrimoniale per destinare
determinati beni, immobili o mobili iscritti in pubblici registri o titoli di credito, a far fronte ai
bisogni della famiglia.
La scelta del legislatore è dovuta non in base a criteri che riguardano il valore o la maggior o
minore attitudine di queste categorie di beni ad assolvere le finalità assegnate al fondo patrimoniale
all’interno della famiglia, ma a ragioni di tutela dei terzi e del credito che richiedono idonea
pubblicità e conoscibilità del vincolo di destinazione apposto al bene stesso.
Tenuto conto che le vicende relative alla titolarità ed alla circolazione delle quote sociali
sono oggetto di pubblicità nel registro delle imprese è ragionevole ritenere che oggetto di pubblicità
10
siano anche gli atti che abbiano l’effetto di limitare la libera disponibilità delle quote stesse quale il
vincolo di destinazione impresso dalla costituzione del fondo patrimoniale.
Il Registro delle Imprese di Brescia in data 28 ottobre 2003 con determinazione n. 184/Ad,
prot 29811, ha ordinato l’iscrizione di un atto di costituzione di fondo patrimoniale avente ad
oggetto una quota di partecipazione di srl nel presupposto che, nello spirito della legge, le previsioni
del legislatore intendono tutelare l’interesse all'immediata conoscibilità di ogni mutamento
soggettivo non solo della titolarità delle quote ma anche di quelle vicende che, seppure attraverso un
procedimento indiretto, modificano la libera disponibilità delle partecipazioni alle società di
capitali, nella considerazione, altresì che, tra le vicende che attribuiscono o limitano il diritto di
disposizione della quota senza modificarne la titolarità, si può ricomprendere il conferimento della
stessa in un fondo patrimoniale e ritenuto, infine, che le partecipazioni e le quote societarie devono
classificarsi tra i beni mobili immateriali iscritti in pubblici registri (favorevole anche Trib. Milano
5 maggio 2001).
In senso contrario si è pronunciato il Tribunale di Forlì (sent. 6 – 23 ottobre 2006 cron.
6710) il quale ha ritenuto che il notaio che riceva un atto di costituzione di fondo patrimoniale
avente per oggetto quote di srl qualificabili, secondo il medesimo Tribunale, beni immateriali e non
beni mobili registrati, commetta violazione dell'art.47 L.N., secondo comma, poiché non traduce la
volontà delle parti in modo tale da far scaturire da essa gli effetti previsti dalla legge per quella
specifica fattispecie negoziale.
Quest’ultima sentenza appare quanto meno poco motivata laddove è apoditticamente
affermato il principio secondo cui ci sarebbe incompatibilità tra la natura di bene immateriale e
bene mobile registrato confondendo aspetti che attengono alla fisicità del bene con quelli che
riguardano invece la pubblicità in pubblici registri delle vicende che attengono alla titolarità ed alla
circolazione dei beni stessi.
11
Conclusioni ed indicazioni operative
Per il cedente
Innanzitutto, è necessario acquisire l’originario atto di acquisto della quota di partecipazione
che si intende trasferire nonché l’estratto dell’atto di matrimonio ovvero il certificato di stato
civile del cedente al fine di individuare lo stato civile attuale e verificare se, al momento
dell’acquisto, il medesimo era coniugato o di stato civile libero.
Nel caso in cui al momento dell’acquisto il cedente era coniugato in regime di separazione dei
beni ovvero di stato civile libero, il cedente potrà disporre liberamente della quota, salvo che
risultino annotate, in calce all’estratto dell’atto di matrimonio, convenzioni matrimoniali
successive, che dispongano diversamente.
Nel caso in cui il cedente, già in comunione legale al momento dell’acquisto sia ancora
soggetto al regime della comunione legale dei beni, dovrà intervenire all’atto di cessione
anche il coniuge del cedente, per ottemperare al disposto dell’art. 180, comma 2, c.c. che
prevede “Il compimento degli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione …spettano
congiuntamente ad entrambi i coniugi”.
Giova rammentare, tuttavia, che in caso di mancato intervento del coniuge in comunione
legale del cedente, l’atto di cessione non sarà inficiato da invalidità, ma il coniuge che ha
compiuto l’atto senza il consenso dell’altro è obbligato, su istanza di quest’ultimo, a
ricostruire la comunione nello stato in cui era prima del compimento dell’atto o, qualora ciò
non sia possibile, al pagamento dell’equivalente secondo i valori correnti all’epoca della
ricostruzione della comunione (at. 184, ult. comma c.c.). (Per i vari orientamenti dottrinali
diversi da quello esposto si rinvia ai paragrafi precedenti).
Cosicché, il cessionario fa salvi i diritti acquistati, non potendo il coniuge non partecipante
all’atto opporre ai terzi la vigenza del regime della comunione legale dei beni.
Nel caso in cui il cedente, già in comunione legale al momento dell’acquisto, si trovi, al
momento della cessione, in regime di separazione dei beni, la quota è soggetta alle regole della
comunione ordinaria e non a quelle della comunione legale. Pertanto, sarà necessario
l’intervento nell’atto di disposizione della quota di entrambi i coniugi (ovvero di entrambi i
soggetti già coniugati se è intervenuta una causa di scioglimento del matrimonio).
In questa ipotesi, la cessione di quota, senza l’intervento di entrambi i coniugi, integrerà una
vendita di cosa parzialmente altrui (art. 1480 c.c.), non potendosi invocare il regime di cui
all’art. 184 c.c.
Per il cessionario
Sarà opportuno acquisire anche per il cessionario l’estratto dell’atto di matrimonio ovvero il
certificato attestante il suo stato civile libero. Ciò per agevolare il riconoscimento del regime
giuridico cui è soggetta la quota di partecipazione acquistata.
Nel caso in cui il cessionario si trovi in regime di comunione legale, l’acquisto della quota,
secondo la prevalente giurisprudenza, entra a far parte della comunione legale dei beni, ai
sensi dell’art. 177 lett. a) c.c. e, quindi, il relativo acquisto si estende anche al coniuge che non
12
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Krogh rev. 28092008 le interferenze del diritto di famigli acv

  • 1. Partecipazioni nelle srl e regime patrimoniale tra i coniugi di MARCO KROGH oooOOOooo SOMMARIO: 1. PREMESSA - 2. NATURA GIURIDICA DELLA QUOTA DI PARTECIPAZIONE IN SRL - 3. LA TITOLARITA’ DELLE PARTECIPAZIONI DA PARTE DEI CONIUGI IN COMUNIONE LEGALE DEI BENI. CRITERI DISCRIMINANTI - 4. OPPONIBILITA’ DEL REGIME DI COMUNIONE LEGALE ALLA SOCIETA’ - 5. CAUSE DI ESCLUSIONE DALLA COMUNIONE LEGALE. IL RIFIUTO DEL COACQUISTO - 6. LA LEGITTIMAZIONE ALLA CESSIONE DI QUOTE DI PARTECIPAZIONE NELLE SRL. IL PASSAGGIO DALLA COMUNIONE LEGALE ALLA SEPARAZIONE DEI BENI - 7. CENNI SULLA COSTITUZIONE DEL FONDO PATRIMONIALE AVENTE AD OGGETTO QUOTE DI PARTECIPAZIONE IN UNA SRL APPENDICE: CONCLUSIONI ED INDICAZIONI OPERATIVE oooOOOooo 1. PREMESSA Il diritto di famiglia ed il diritto commerciale possono considerarsi due microsistemi all’interno del nostro ordinamento giuridico, retti ciascuno da propri principi generali (sul punto M. Mistretta, Partecipazioni sociali e comunione dei beni: l’interpretazione come governo della complessità, in Collana del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università degli Studi di Brescia, coordinata da Vincenzo Allegri, Marzia Barbera e Salvatore Prosdocimi, Giuffre’ Editore, 2004, pag. 8, nota 12 e M. Krogh, Gli acquisti del coniuge imprenditore in regime di comunione legale dei beni, in Scritti in onore di Guido Capozzi, Diritto privato, 2, Milano, 1992, p. 713 e segg). In alcuni casi, le norme presenti in ciascuno dei due microsistemi possono entrare tra loro in conflitto e spetta all’interprete offrire soluzioni apprezzabili, dando la prevalenza a quei valori ed a quegli interessi che appaiono prevalenti o maggiormente condivisi in un determinato momento storico. In altri casi, può accadere che, all’interno di un microsistema, manchi ogni riferimento espresso alla disciplina applicabile a determinate fattispecie; anche per queste ipotesi spetta all’interprete ricostruire la disciplina applicando e dando coerenza ai principi generali che regolano i due microsistemi. Le vicende relative alla titolarità, all’amministrazione ed alla circolazione delle quote di partecipazione nelle società a responsabilità limitata rientrano nell’ipotesi da ultimo accennata non sussistendo, all’interno delle norme della riforma del diritto di famiglia (legge 19 maggio 1975 n. 151) e, più segnatamente, all’interno delle norme che regolano il regime patrimoniale tra i coniugi, alcuna disposizione che espressamente prenda in considerazione le quote di partecipazione in società. Cosicché, l’interprete, nell’individuare le regole del diritto di famiglia applicabili (estensivamente o analogicamente) agli atti ed ai rapporti riferibili alla titolarità ed alla circolazione di quote di partecipazione nelle srl, dovrà armonizzare il potenziale conflitto tra i principi che 1
  • 2. regolano il diritto societario con i principi che regolano la titolarità e l’amministrazione dei beni all’interno del regime patrimoniale tra i coniugi, nel presupposto che, in astratto, non è possibile dare prevalenza tout court ad un microsistema rispetto all’altro. Gli interrogativi derivanti dalle interferenze del diritto di famiglia sulla titolarità e sulla circolazione delle quote sociali riguardano, principalmente, l’ipotesi in cui l’acquisto della partecipazione stessa avvenga ad opera di un solo coniuge, coniugato in regime di comunione legale, e di conseguenza, è necessario accertarsi:  se la quota di partecipazione sia soggetta o meno al regime della comunione legale;  se il regime della comunione legale sia opponibile alla società ed il coniuge che non ha partecipato all’atto di acquisto abbia o meno il diritto ad ottenere l’iscrizione nel libro soci;  se eventuali clausole limitative della circolazione delle quote sociali siano in grado di prevalere sugli automatismi acquisitivi previsti dall’art. 177 lett. a) cod. civ.;  quali formalismi devono essere posti in essere per escludere, ai sensi dell’art. 179 c.c., l’acquisto di una quota di partecipazione in una srl, dal regime della comunione legale;  quali conseguenze derivano in caso di cessione di quota di srl, soggetta al regime della comunione legale, da parte di uno solo dei coniugi, senza il consenso dell’altro. Non sono ravvisabili particolari problematiche, invece, nel caso in cui il coniuge che intende acquistare una quota di partecipazione in una srl si trovi in regime di separazione dei beni, applicandosi al medesimo le norme di diritto comune. A soluzioni più articolate, deve, invece, pervenirsi, in caso di passaggio, da parte dei coniugi, dal regime della comunione legale al regime della separazione dei beni qualora, medio tempore, sia stata acquistata una quota di partecipazione in una srl. Agli interrogativi sopra esposti si intende dare una risposta nei paragrafi successivi, nella consapevolezza che la materia, per gli interessi ed i valori coinvolti, è costantemente in evoluzione ed alla ricerca di nuove soluzioni più appaganti sul piano economico e sociale. 2. LA NATURA GIURIDICA DELLA QUOTA DI PARTECIPAZIONE IN SRL Le risposte ai molteplici interrogativi che la materia offre derivano, per giusta coerenza, anche dalla natura giuridica che, secondo l’interprete, qualifica la quota di partecipazione nelle srl. In buona sostanza, la valenza della quota di partecipazione nelle srl come bene d’investimento ovvero come bene strumentale per l’esplicazione della propria attività professionale/imprenditoriale, potrà essere elemento determinante al fine di ritenere applicabile il meccanismo di acquisizione automatica alla comunione legale previsto dall’art. 177 lett. a) c.c. ovvero per escludere l’applicazione della suddetta norma e ricondurre la fattispecie nell’ambito delle ipotesi regolate dall’ art. 178 c.c. ovvero dall’art. 179 lett. d) c.c.; così come la qualifica di generico bene mobile ovvero di bene mobile registrato, sarà determinante al fine di verificare l’applicabilità alle quote di partecipazione nelle srl di una serie di disposizioni dettate, in modo specifico, per i beni mobili registrati (art. 179, ultimo comma, c. c., art. 184 c.c., art. 169 c.c.). Giova ricordare che la qualificazione giuridica della quota di partecipazione nelle srl può dirsi tutt’altro che pacifica. Ad una qualificazione della quota come mero diritto di credito del socio agli utili nei confronti della società si sovrappongono qualificazioni giuridiche della posizione del socio più articolate volte ad evidenziare la natura ambivalente della quota di partecipazione: 2
  • 3. situazione soggettiva complessa, comprendente un insieme di diritti, oneri, obblighi, poteri , nei rapporto socio – società (aspetto statico corporativo) ed al contempo bene giuridico autonomo, allorquando la medesima è oggetto di scambio (aspetto dinamico patrimoniale) (sul punto, per tutti, P. Revigliono, Il trasferimento della quota di società a responsabilità limitata, Milano, 1998, pag. 45 e segg e M. Mistretta, op. cit. pag. 75 e segg.). Inoltre, come res oggetto di autonomi rapporti giuridici (di trasferimento, di garanzia, di disposizione, etc) la quota di partecipazione è soggetta al regime dettato per i beni mobili (immateriali). Discusso è poi se possa estendersi alla medesima la disciplina speciale prevista per i beni mobili registrati Su quest’ultimo aspetto, va evidenziato che la questione sembrerebbe rilevante esclusivamente ai fini dell’estensione alle quote di partecipazione nelle srl della normativa sul fondo patrimoniale, in quanto l’applicabilità dell’ultimo comma dell’art. 179 c.c. (acquisto di beni personali) e dell’art. 184 c.c. (amministrazione dei beni della comunione), sembrerebbe potersi escludere in forza del richiamo testuale, contenuto nelle suindicate norme, ai soli beni mobili registrati elencati nell’articolo 2683 c.c., tra i quali non rientrano le quote di partecipazione nelle srl. Tuttavia, secondo autorevole dottrina (M. Mistretta, Partecipazioni sociali e comunione dei beni, cit., pag. 368 e segg.; F. Bocchini, L’amministrazione dei beni in comunione legale, in Dir. Priv., 1999-2000, V-VI, L’invalidità degli atti privati, Padova, 2001, p. 57 e segg.) sarebbe applicabile alle quote di partecipazione nelle srl l’intera disciplina prevista per i beni mobili registrati dal diritto di famiglia. Invero, si ritiene (M. Mistretta, op. cit., pag. 368) che nell’art. 2470 c.c., come formulato dalla riforma del diritto societario, si è introdotta una regola di compromesso tra i principi che governano la trascrizione nei registri immobiliari ed il principio di tutela della buona fede, rilevante nella circolazione dei beni mobili e dei titoli di credito (ma non per i beni immobili ed i mobili registrati indicati nell’art. 2683 c.c.), cosicché ragioni sistematiche convincerebbero ad applicare anche alle quote di partecipazione nelle srl, in via estensiva, la disciplina dei beni mobili registrati elencati nell’art. 2683 c.c. e, segnatamente, l’azione di annullamento anche ai negozi dispositivi compiuti da un solo coniuge, in carenza di legittimazione. L’applicabilità dell’art. 184, 1° comma c.c., che prevede l’annullabilità degli atti di disposizioni compiuti da un coniuge senza il consenso dell’altro, anche agli atti di disposizione delle quote di partecipazione nelle srl, determinerebbe un trattamento di minor favore nei confronti del terzo estraneo che sarebbe giustificato dalla possibilità e, quindi, dall’onere a suo carico di informarsi, mediante i pubblici registri, dell’effettivo stato giuridico del bene che intende acquistare (espressamente F. Bocchini, op. cit., pag. 57 e segg.). Dunque, secondo tale Autore, il combinato disposto dell’ultimo comma dell’art. 179 c.c. e del 1° comma dell’art. 184, c.c. sarebbe espressione, unitamente all’art. 2740 c.c., di un principio generale diretto a bilanciare gli interessi dei coniugi in regime di comunione legale dei beni e l’affidamento che i terzi possono riporre nelle risultanze dei registri immobiliari (cfr. sulle problematiche relative all’affidamento dei terzi nella circolazione dei beni in comunione legale: Cass. 24 settembre 2004 n. 19250, in Riv. Not. pag. 562 e segg e Cass. 5 dicembre 2003 n. 18619 in Riv. Not. 2004, pag. 996 e segg). Problematica, quest’ultima, con aspetti di particolare criticità a seguito della recente modifica all’art. 2740 c.c. disposta dall’art. 36, comma 2°, del d.l. 112 del 25 giugno 2008, pubb. sul S.O. 152/l della G.U. n. 147 del 25 giugno 2008, conv. in l. 133 del 6 agosto 2008 pubb. sul S.O. 196 della G. U. n. 195 del 21 agosto 2008 (sul punto cfr. E. Maccarone G. Petrelli Le cessioni di quote di s.r.l. dopo la conversione del d.l. n. 112 del 2008 e P. Spada Una “postilla” in tema di cessione di quote con firma digitale, entrambi in Notariato, Rassegna sistematica di diritto e tecniche contrattuali - Bimestrale di dottrina e giurisprudenza, IPSOA, 2008, pagg. 533 e 538) 3
  • 4. 2. LA TITOLARITA’ DELLE PARTECIPAZIONI DA PARTE DEI CONIUGI IN COMUNIONE LEGALE DEI BENI. CRITERI DISCRIMINANTI L’interrogativo preliminare da sciogliere riguarda, innanzitutto, l’applicabilità o meno del meccanismo acquisitivo previsto dall’art. 177 lett. a) c.c. alle quote di partecipazione nelle srl (per una panoramica completa delle problematiche relative alle interferenze tra il diritto di famiglia e le quote di partecipazione, cfr. C. Trinchillo, Partecipazioni sociali e comunione legale dei beni, in Riv. Not. 2002, pag. 852 e segg.) La riforma del diritto di famiglia, come già accennato, non detta alcuna norma espressa diretta a disciplinare in modo specifico, all’interno della comunione legale, il regime applicabile alle quote di partecipazione nelle società di capitali e nelle società di persone. La giurisprudenza (Cass. 23 settembre 1997 n. 9355, in Nuova Giur. Comm., 1999, I, 627, con nota di F. Alleva ed in Riv. Not. 1999, pag. 670, con nota di A. Ruotolo, Comunione legale e proventi dell’attività separata ; Cass. 18 agosto 1994 n. 7437, ivi, 1995, I, p. 751, con nota di F. Regine) sembra aver pochi dubbi che il criterio discriminante, idoneo a dar soluzione al principale interrogativo posto, sia offerto dalla responsabilità limitata o illimitata che deriva dalla titolarità della quota stessa; cosicché, le quote di partecipazione in società di capitali (e, quindi anche le quote di srl) si caratterizzerebbero per essere beni di investimento e, come tali, rientranti nella disciplina generale prevista dall’art. 177 lett. a), c.c., mentre le quote di partecipazione in società di persone (con esclusione delle quote del socio accomandante) si caratterizzerebbero per la loro strumentalità rispetto all’esercizio, da parte del socio, di un’attività d’impresa in forma collettiva. Pertanto, solo alla titolarità delle quote di società di persone, dalle quali deriva la responsabilità illimitata del socio, andrebbe applicata, in via estensiva la disciplina prevista dall’art. 178 c.c., che, come è noto, dispone che i relativi beni si considerano oggetto della comunione solo se sussistono al momento dello scioglimento di questa (cd. comunione de residuo) . Nelle indicate sentenze l’aspetto patrimoniale, qualificante la titolarità delle partecipazioni in società di capitali, è ritenuto assolutamente prevalente rispetto ad ulteriori aspetti che possono astrattamente qualificare la titolarità della partecipazione stessa, quale, ad esempio, l’attitudine strumentale del possesso della quota di srl a consentire al suo titolare l’esercizio di un’attività d’impresa in forma collettiva, In buona sostanza, secondo questa interpretazione, il solo modello organizzativo delle società di persone sarebbe idoneo a giustificare l’estensione del regime previsto dall’art. 178 c.c. (cd. comunione de residuo) per le imprese individuali anche alle partecipazioni sociali. La titolarità della quota di srl si connoterebbe, invece, essenzialmente per il valore che rappresenta nel suo aspetto statico, più che per la sua capacità dinamica ad essere strumento per l’esplicazione dell’attività imprenditoriale del suo titolare. Ad onor del vero, va riportato anche l’orientamento giurisprudenziale di alcune corti di merito (Tribunale di Roma 18 febbraio 1994 in Società, 1994, 1237 con nota di Figone; Cass., 8 maggio 1996 n. 4273, in Riv. Notariato 1996, 1169 e segg. e Trib. Udine 27 gennaio 2007) secondo cui il criterio discriminante sopra esposto della responsabilità limitata, andrebbe corretto dall’ulteriore elemento rappresentato dalla verifica della finalità dell’investimento stesso e, quindi, dalla possibilità di far rientrare la titolarità della quota di srl nel meccanismo dell’art. 178 c.c., qualora la titolarità della quota sia, in concreto, strumentale all’esercizio di un’attività d’impresa da parte del coniuge in regime di comunione legale dei beni. In particolare, la sentenza da ultimo citata, ravvisa un’analogia tra l’acquisto di partecipazioni sociali “di comando” (e non di mero o 4
  • 5. prevalente investimento) e l’acquisto di “beni destinati all’esercizio dell’impresa di uno dei coniugi” costituita o incrementata dopo il matrimonio, secondo la disciplina prevista dall’art. 178 c.c. La dottrina sul punto, invece, è giunta a conclusioni più articolate. Invero, accanto all’opinione prevalente (A. Finocchiaro – M. Finocchiaro, Diritto di Famiglia, Giuffré Editore, 1984, pag. 906 e segg. ed autori citati nella nota 86; V. Buonocore, Comunione legale tra i coniugi e partecipazione a società per azioni e a società cooperative, in Riv. Not. 1977, pag. 1140 e segg, F. Corsi, Il regime patrimoniale della famiglia, in Trattato di diritto civile e commerciale diretto da Cicu-Messineo-Mengoni, vol. Vi, Titolo II, sez. 2, p. 85 e segg. M. Krogh, Acquisti del coniuge...cit., pag. 729), che ritiene estensibile tout court il regime della comunione legale alle quote delle srl, per i motivi ripresi dalla giurisprudenza sopra riportata, si riscontrano posizioni dottrinali di segno diverso. Una parte della dottrina nega l’attitudine delle partecipazioni sociali ad essere oggetto di comunione legale o facendo leva sulla natura giuridica strumentale dei diritti incorporati nella partecipazione sociale nel presupposto che la comunione legale è un complesso di diritti reali escludendo, di conseguenza, la possibilità che beni diversi dai diritti reali possano essere oggetto del meccanismo acquisitivo di cui all’art. 177 lett. a) c.c. ( M.Detti, Oggetto, natura, amministrazione della comunione legale dei coniugi, in Riv. Not., 1976, pag. 1206 e segg., G. Di Transo, Comunione legale, ed. Simone, 1992, pag. 147 e segg., E. Russo, L’oggetto della comunione legale e i beni personali, in Collana Il Codice Civile - Commentario - diretto da Francesco D. Busnelli, artt. 177- 179, Giuffré, Milano, 1999, pag. 294 e segg.), ovvero facendo leva su una prevalenza di valore delle norme che regolano la circolazione delle partecipazioni sociali rispetto ai principi regolatori della comunione legale, affermando che l’acquisto di una partecipazione sociale (quale che sia) da parte di un coniuge, in costanza di comunione legale, non determina, mai, comunione (né ordinaria né) legale sulla stessa, per la semplice ragione che l’ordinamento giuridico e le regole proprie della circolazione delle partecipazioni sociali respingono, decisamente questa ricostruzione (G.A.M. Trimarchi, Comunione legale e partecipazioni sociali, in Notiziario Assonotai Campania Notiziario Telematico, anno IV, n. 1-3/2005, pag. 59 e segg.). Altra parte della dottrina (M. Mistretta, op. cit., pag. 353 e segg. e 363 e segg), nell’evidenziare che non sussiste alcun segnale di preminenza delle regole del diritto di famiglia sulle regole del diritto societario, giunge alla conclusione che l’assoggettamento di una quota di srl al regime di comunione legale si verifica qualora: 1. la partecipazione sociale non rivesta carattere strumentale all’esercizio di un’attività d’impresa; 2. lo statuto della srl di cui è espressione la quota, non contenga clausole limitatrici alla libera circolazione della quota che impediscano l’ingresso in società del coniuge estraneo all’acquisto. In presenza di una delle ipotesi sopra indicate, secondo l’Autore citato (M.Mistretta, op. cit, pag. 359 e segg), prevarrebbe il carattere di bene personale della quota di partecipazione nella srl che, risulterebbe esclusa dalla comunione legale, in via definitiva, in forza del disposto di cui all’art. 179, lett. d) c.c., non sussistendo giustificati motivi per l’applicazione dell’art. 178 c.c. in tema di comunione de residuo Le opinioni, sopra accennate, sembrano amplificare eccessivamente la tutela dell’autonomia privata all’interno delle srl sacrificando quei valori e quegli interessi che, all’interno della comunione legale, sono protetti da norme inderogabili o, più, precisamente, derogabili 5
  • 6. esclusivamente mediante una convenzione matrimoniale perfezionata con l’accordo di entrambi i coniugi e nel rispetto di determinate regole formali. Tornando agli indirizzi giurisprudenziali in materia, va segnalato che, nei più recenti orientamenti della Cassazione, si riscontra una tendenza ad amplificare la vis actrativa della comunione legale e ad assegnare una portata sempre più ampia all’art. 177 lett. a) c.c. Può ricordarsi la recentissima sentenza emessa dalla Suprema Corte (9 ottobre 2007 n. 21098, in Riv. Not. 2/2008, pag. 407 e segg., con nota di N.A. Toscano) che ha ribadito, in maniera ancor più convinta, l’inclusione tra i beni che fanno parte della comunione legale anche i diritti di credito, eccezion fatta esclusivamente per quelli che siano meramente strumentali all’acquisizione di posizioni ulteriori (si pensi ai diritti nascenti da un contratto preliminare) e siano privi di qualunque funzione di investimento, intesa quest’ultima come definitiva acquisizione di un bene potenzialmente idoneo di per sé a produrre un aumento della ricchezza familiare. Quest’ultima sentenza, sembra che faccia definitivamente giustizia del criterio di inclusione od esclusione dei beni dalla comunione legale basato sulla distinzione tra diritti reali e diritti relativi, privilegiando, invece, aspetti più sostanzialistici diretti a verificare l’attitudine del bene a costituire un incremento patrimoniale immediato e definitivo ovvero uno strumento per la realizzazione di posizioni giuridiche ulteriori. 3. OPPONIBILITA’ DEL REGIME DI COMUNIONE LEGALE ALLA SOCIETA’ In ordine alla possibilità, da parte del coniuge estraneo all’acquisto, di opporre il regime della comunione legale alla società è necessario operare alcuni distinguo. Invero, sembra condivisibile, all’interno di un ragionevole bilanciamento dei valori e degli interessi all’interno del diritto di famiglia e del diritto societario, ritenere che il regime della comunione legale non sia opponibile alla società al fine di consentire al coniuge, che non sia stato parte dell’atto di acquisto della quota sociale, l’esercizio dei diritti amministrativi e patrimoniali nei confronti della società stessa, nel caso in cui l’autonomia statutaria abbia escluso la libera circolazione delle quote sociali tra soggetti estranei al perfezionamento dell’atto costitutivo ovvero che non abbiano ottenuto il gradimento da parte della società stessa, restando, in questi casi, l’effetto legale prodotto dall’art. 177 lett. a) c.c. rilevante nei soli rapporti interni tra i coniugi (contra: Trib. Napoli, 21 settembre 1995, in Giur. Comm., 1997, II, p. 319, secondo cui, il bene non ewntrerebeb a far parte della comunione e sarebbe personale, con nota critica di P. Piscitello, Comunione coniugale e circolazione di quote di società a responsabilità limitata, secondo il quale, invece, la cessione è semplicemente inopponibile alla società). Nei casi, invece, in cui non sussistono clausole limitative alla libera circolazione delle quote di partecipazione nelle srl, l’opinione prevalente in dottrina (A. Pavone La Rosa, Comunione coniugale e partecipazioni sociali, in Vita not., 1979, p. 39-41 ed in Riv. Soc., 1979, p. 1 e segg.; M. Comporti Gli acquisti dei coniugi in regime di comunione legale, in Riv. Not., 1979, pag. 77, G. Baralis, Comunione coniugale e titolarità di partecipazioni sociali, in Riv. Not., 1977, p. 310 e segg.) ritiene che al coniuge che non ha partecipato all’atto di acquisto della quota caduta in comunione legale dei beni spetti un diritto alla cointestazione, da esercitare con una richiesta alla società. Altri Autori (M. Mistretta, op. cit, pag. 366) al contrario, ritengono che il coniuge estraneo non possa, in alcun caso, effettuare autonomamente domanda di cointestazione della quota, in quanto sfornito della legittimazione richiesta dal sistema normativo; il coniuge estraneo, infatti non 6
  • 7. è munito di un titolo depositato nel Registro delle Imprese che gli consentirebbe di esercitare il diritto di chiedere l’iscrizione, nei confronti della società. E’ preferibile ritenere che la richiesta di cointestazione debba, comunque, provenire da entrambi i coniugi, potendo esistere all’interno della fattispecie acquisitiva cause di esclusione del bene dalla comunione legale, ai sensi dell’art. 179 c.c., che non sono evidenziate nell’atto di acquisto stesso (si pensi, ad esempio, all’acquisto con denaro proveniente dalla vendita di beni personali ovvero all’acquisto mediante utilizzo di denaro di provenienza donativa o successoria). Una richiesta di cointestazione da parte del solo coniuge che non ha partecipato all’acquisto non consentirebbe all’organo amministrativo della società di verificare sulla base del solo titolo di acquisto e dell’estratto dell’atto di matrimonio se si sia perfezionato o meno l’effetto acquisitivo automatico regolato dall’art. 177 lett. a) c.c. ovvero se al momento dell’acquisto sussisteva una legittima causa di esclusione del bene dalla comunione legale, secondo il paradigma di cui all’art. 179 c.c. Ritenendo il contrario, si dovrebbe concludere che la società sarebbe investita di un potere decisionale che compete, invece, in caso di contestazione, esclusivamente all’Autorità Giudiziaria. 4. CAUSE DI ESCLUSIONE DALLA COMUNIONE LEGALE. IL RIFIUTO DEL COACQUISTO. Nel presupposto che le quote di partecipazione nelle srl sono soggette alle regole generali della comunione legale, valgono per le stesse le cause di esclusione disciplinate dall’art. 179 c.c. Sul punto, giova rammentare, che la cessione di quota sociale non è un contratto con causa propria ma, più correttamente, è una prestazione che può rientrare in qualunque schema contrattuale, tipico ed atipico, oneroso o gratuito. Sotto questo aspetto, la titolarità della partecipazione sociale può essere esclusa dal regime della comunione legale in tutti i casi in cui l’acquisto avvenga in forza di atto di liberalità o di successione mortis causa (art. 179 lett. b c.c.). Sono, altresì, da escludere dal regime della comunione legale le quote di partecipazione nelle srl acquistate da uno dei coniugi in epoca precedente al matrimonio (art. 179 lett. a c.c.). Anche per le quote sociali valgono poi le cause di esclusione di cui alle lett. c) e d) dell’art. 179 c.c., anche se riguarderanno fattispecie marginali da un punto di vista delle frequesnza. Beni personali sono, inoltre, le quote di partecipazione di srl acquistate utilizzando il provento della vendita di beni personali ovvero attraverso lo scambio di beni personali (art. 179 lett. f c.c.). Questa ipotesi ricorrerà sia nel caso di permuta che di contratto a titolo oneroso il cui prezzo di acquisto sia costituito dal ricavo dell’alienazione di un bene personale ovvero nel caso in cui il denaro utilizzato sia personale, perché di provenienza donativa o successoria, secondo il paradigma di cui all’art. 179 lett. b) c.c. Non ricorrerà, invece, la fattispecie di cui all’art. 179 lett. f) c.c., secondo il più recente indirizzo della Suprema Corte (cfr. cit. Cass. 23 settembre 1997 n. 9355), nel caso in cui sia utilizzato, quale prezzo di acquisto della quota di srl, denaro che sia provento della propria attività lavorativa in quanto la fattispecie richiamata dalla suddetta lett. f) richiede espressamente che il bene utilizzato come scambio per l’acquisto della quota di srl sia personale perché rientrante in una 7
  • 8. delle ipotesi di cui all’art. 179 stesso (per una panoramica generale sui più recenti indirizzi giurisprudenziali in tema di acquisti in regime di comunione legale dei beni, cfr. M. Krogh, La circolazione degli immobili della comunione legale nella prospettiva notarile, in Dir. e Giur. 2005/4, pag. 537 e segg.). E’ esclusa, altresì, secondo l’orientamento recente della Suprema Corte (Cass. 27 febbraio 2003 n.2954, in Riv. Not. 2003, pag. 411 e segg. con nota di M. C. Lupetti e Cass. 19 febbraio 2000 n.1917, in Vita Not. 2000, pag. 895 e segg.; contra: Cass. 2 giugno 1989 n. 2688 in Giust. Civ., 1990, I, p.1359, con nota di D. De Stefano, E’ possibile impedire la caduta in comunione legale tra i coniugi al momento dell’acquisto di un bene immobile?; G. Gabrielli, Scioglimento parziale della comunione legale fra coniugi, esclusione dalla comunione e rifiuto preventivo del coacquisto, in Riv. Dir. Civ.., 1988, I, p. 344) la possibilità sia del rifiuto del coacquisto e, quindi che i coniugi concordino, al di fuori delle ipotesi di cui all’art. 179 c.c. l’esclusione dal regime della comunione legale dell’acquisto di una specifica quota di partecipazione in una srl. Segnatamente, con la citata sentenza n. 2954 del 27 febbraio 2003 (emessa nello stesso solco tracciato dalla precedente citata sentenza n. 1917 del 2000 e della Cass. 8 febbraio 1993 n. 1556, in Riv. Not. 1994, pag. 1023 e segg.) si afferma, da parte della Cassazione, che, nell’ambito della comunione legale, l’art. 179 c.c. si pone come norma eccezionale, che consente l’esclusione dalla comunione legale, di alcuni beni tassativamente indicati, nel solo caso in cui ricorrano tutti i presupposti oggettivi previsti dalla norma stessa. Una deroga è consentita ai coniugi esclusivamente attraverso la stipulazione di una convenzione matrimoniale, nel rispetto dei requisiti di forma e di sostanza previsti dagli artt. 161 e 210 del codice civile (atto pubblico, irrinunciabilità ai testimoni, presenza personale dei coniugi, indicazione specifica e concreta dei patti con i quali intendono regolare i loro rapporti). Peraltro, la convenzione matrimoniale potrà avere esclusivamente un contenuto cd. programmatico, cioè riferito a categorie di beni, non essendo possibile, secondo questo indirizzo, la stipulazione di convenzioni matrimoniali che abbiano ad oggetto singoli beni, le cd. convenzioni matrimoniali “dispositive” (“inclusive” o “esclusive”). Va, tuttavia, tenuto presente che il denaro ottenuto a titolo di prezzo per l’alienazione di un bene personale rimane nella esclusiva disponibilità del coniuge alienante anche quando esso venga dal medesimo coniuge depositato sul proprio conto corrente. Questa titolarità non muta in conseguenza della mera circostanza che il denaro sia stato accantonato sotto forma di deposito bancario, giacché il diritto di credito relativo al capitale non può considerarsi modificazione del capitale stesso, né è d’altro canto configurabile come un acquisto nel senso indicato dall’art. 177, primo comma, lettera a), cod. civ., cioè un’operazione finalizzata a determinare un mutamento effettivo nell’assetto patrimoniale del depositante. Pertanto le somme accantonate da un coniuge sul proprio conto corrente, provenienti dall’alienazione di un bene personale, possono essere utilizzate ai fini della surrogazione reale di cui all’art. 179, primo comma, lettera f), cod. civ. (In questo senso Cass. 20 gennaio 2006 n. 1197) Giova ricordare che l’esclusione di cui alla lett. f) dell’art. 179 c.c non richiede la presenza, al momento del perfezionamento del contratto di cessione, del coniuge escluso dall’acquisto, in quanto l’ultimo comma dell’art. 179 c.c., che tale presenza richiede, per espressa previsione normativa, si applica ai soli casi di acquisto di beni immobili e di beni mobili registrati di cui all’art. 2683 c.c. tra i quali non rientrano le quote di partecipazione nelle srl (cfr. però M. Mistretta, op. cit. pag. 368 e F. Bocchini, op. cit, p. 57 e segg., già citati in precedenza, secondo cui, da un punto di vista sistematico, il rinvio all’art. 2683 c.c., tende ad affermare più un principio generale che non 8
  • 9. un’elencazione tassativa di beni interessati dalle disposizioni di cui agli artt. 179, ult. co. c.c. e 184 c.c.). Non è, altresì, richiesto che dall’atto di acquisto risulti espressamente la ricorrenza della causa di esclusione dell’acquisto dal regime della comunione legale. Eventuali dichiarazioni contenute nell’atto di acquisto opereranno non sul piano del perfezionamento della fattispecie ma sul piano probatorio. E’ evidente che sul piano dell’opportunità e della certezza delle reciproche posizioni giuridiche, qualora si voglia escludere un bene dal regime della comunione legale nella ricorrenza di uno dei presupposti elencati nell’art. 179 c.c., sarà opportuno non solo evidenziare la causa di esclusione, ma - al di là dell’applicabilità o meno dell’ultimo comma dell’art. 179 c.c. alla fattispecie in oggetto -, anche acquisire la dichiarazione di conferma del coniuge escluso dall’acquisto, che avrà natura ricognitiva e valore di confessione stragiudiziale ai sensi dell’art. 2735 c.c. 5. LA LEGITTIMAZIONE ALLA CESSIONE DI QUOTE DI PARTECIPAZIONE NELLE SRL. IL PASSAGGIO DALLA COMUNIONE LEGALE ALLA SEPARAZIONE DEI BENI In ordine agli aspetti che attengono alla legittimazione delle parti nei successivi atti di cessione di quote sociali soggette al regime della comunione legale, va osservato che sia la giurisprudenza costituzionale (C. Cost. 10 – 17 marzo 1988 n. 311, in Riv. Not. 1988, pag. 1306 e segg.) che quella della Suprema Corte (ex multis: Cass. 4 maggio 2005 n. 9231 e 19 marzo 2003 n. 4033, in Vita Not., 2003, pag. 882 e segg) hanno, in più occasioni, ribadito che la natura giuridica della comunione legale si caratterizza per essere una comunione senza quote in cui ciascun coniuge ha la legittimazione a gestire e disporre di ciascun bene, nel rispetto tuttavia delle norme di cui all’art. 184 c.c., relative all’amministrazione ordinaria e straordinaria dei relativi beni. Per le cessioni di quote di partecipazione nelle srl, rientranti tra gli atti di straordinaria amministrazione, ai sensi dell’art. 184, comma 3° c.c., il coniuge che li ha compiuti senza il consenso dell’altro è obbligato su istanza di quest’ultimo a ricostituire la comunione nello stato cui era prima del compimento dell’atto o, qualora ciò non sia possibile, al pagamento dell’equivalente secondo i valori correnti all’epoca della ricostituzione della comunione. Cosicché, in caso di disposizione della quota di partecipazione da parte di un coniuge in comunione legale, la violazione del disposto dell’art. 184 c.c., non inficerà di invalidità o di inefficacia il relativo atto, ma farà sorgere nel coniuge non partecipante all’atto il diritto nei confronti dell’altro coniuge alla ricostituzione della comunione o di pagare l’equivalente (sul punto cfr. Cass. 7 marzo 2006 n. 4890 che afferma il principio secondo cui il coniuge il quale abbia venduto in nome proprio a terzi un bene mobile facente parte della comunione legale può agire da solo per la giudiziale risoluzione del contratto in danno dell’acquirente senza che il contraente inadempiente possa opporgli la mancata integrazione del giudizio nei confronti dell’altro coniuge, in quanto la predetta attività processuale è speculare a quella negoziale sulla cosa comune che il coniuge ha validamente compiuto da solo, salvi gli effetti nell’ambito della comunione previsti dall’art. 184, terzo comma, cod. civ. e la pronunzia sulla relativa domanda sarebbe utilmente emessa nei confronti del solo coniuge stipulante, essendo irrilevante a tal fine ogni questione indotta dall’accertamento giudiziale nei rapporti interni tra coniugi). Il coniuge che non ha partecipato all’atto non potrà agire per far valere l’invalidità dell’atto, nemmeno nel caso in cui ci sia consapevolezza da parte del terzo acquirente della contitolarità in comunione legale della quota di partecipazione. Secondo il principio affermato dalla Suprema Corte 9
  • 10. (sent. 20 marzo 2008 n. 7485, in Riv. Not., 4, 2008, p. 875), non esiste alcuna norma che sancisca in via generale la nullità del contratto in frode ai terzi, essendo prevista espressamente solo la nullità del contratto in frode alla legge, mentre i terzi sono tutelati solo in particolari situazioni e a mezzo di specifiche azioni. Anche su quest’ultimo aspetto, va ricordato che l’orientamento appena accennato non è condiviso da quegli Autori (M. Mistretta, op. cit. pag. e F. Bocchini, op. cit, p. 57 e segg.) i quali ritengono applicabile l’art. 184, comma 1° del cod. civ. in tutti i casi in cui, in relazione a determinati valori economici, è possibile per il terzo ottenere la conoscenza legale del relativo statuto giuridico del bene. Giova rimarcare che la suddetta opinione ha per suo presupposto la conoscibilità legale dello statuto giuridico del bene attraverso un’applicazione completa del regime dei beni mobili registrati alle quote di partecipazione nelle srl e, quindi, di un’applicazione (in via estensiva) della disposizione di cui all’ultimo comma dell’art. 179 c.c. anche agli acquisti di quote di partecipazione nelle srl. Ciò perché, in caso contrario, il terzo sarebbe nell’oggettiva impossibilità di conoscere legalmente se, al momento dell’acquisto del bene, ricorreva o meno una legittima causa di esclusione idonea a qualificare la quota di partecipazione stessa come bene personale, ai sensi del citato art. 179 c.c. A diversa soluzione deve invece pervenirsi nel caso in cui l’atto di disposizione abbia ad oggetto una quota di partecipazione nella srl non più soggetta al regime di comunione legale dei beni, vigente al momento dell’acquisto della quota stessa. Tale ipotesi può verificarsi nel caso in cui i coniugi, già in comunione legale, decidano volontariamente di scegliere il regime della separazione dei beni ovvero per il verificarsi di un evento che tale effetto produce (si pensi alla separazione personale tra i coniugi). In questo caso, la quota di partecipazione nella srl non sarà più soggetta alle norme speciali che regolano il regime della comunione legale, ma sarà soggetta alle norme comuni che regolano la comunione ordinaria. Pertanto, non potrà più essere invocato dal coniuge titolare apparente della quota l’art. 184 c.c., rientrando nell’ipotesi generale di atto compiuto in assenza di legittimazione, disciplinato dalle norme relative alla vendita di cosa parzialmente altrui. 6. CENNI SULLA COSTITUZIONE DEL FONDO PATRIMONIALE AVENTE AD OGGETTO QUOTE DI PARTECIPAZIONE IN UNA SRL Ulteriore aspetto controverso, tra le problematiche nascenti dall’applicazione degli istituti del diritto di famiglia alle quote di partecipazione nelle srl e quello, sopra accennato, relativo all’assoggettabilità o meno delle stesse al regime del fondo patrimoniale. L’art. 167 c.c. dispone che può essere costituito un fondo patrimoniale per destinare determinati beni, immobili o mobili iscritti in pubblici registri o titoli di credito, a far fronte ai bisogni della famiglia. La scelta del legislatore è dovuta non in base a criteri che riguardano il valore o la maggior o minore attitudine di queste categorie di beni ad assolvere le finalità assegnate al fondo patrimoniale all’interno della famiglia, ma a ragioni di tutela dei terzi e del credito che richiedono idonea pubblicità e conoscibilità del vincolo di destinazione apposto al bene stesso. Tenuto conto che le vicende relative alla titolarità ed alla circolazione delle quote sociali sono oggetto di pubblicità nel registro delle imprese è ragionevole ritenere che oggetto di pubblicità 10
  • 11. siano anche gli atti che abbiano l’effetto di limitare la libera disponibilità delle quote stesse quale il vincolo di destinazione impresso dalla costituzione del fondo patrimoniale. Il Registro delle Imprese di Brescia in data 28 ottobre 2003 con determinazione n. 184/Ad, prot 29811, ha ordinato l’iscrizione di un atto di costituzione di fondo patrimoniale avente ad oggetto una quota di partecipazione di srl nel presupposto che, nello spirito della legge, le previsioni del legislatore intendono tutelare l’interesse all'immediata conoscibilità di ogni mutamento soggettivo non solo della titolarità delle quote ma anche di quelle vicende che, seppure attraverso un procedimento indiretto, modificano la libera disponibilità delle partecipazioni alle società di capitali, nella considerazione, altresì che, tra le vicende che attribuiscono o limitano il diritto di disposizione della quota senza modificarne la titolarità, si può ricomprendere il conferimento della stessa in un fondo patrimoniale e ritenuto, infine, che le partecipazioni e le quote societarie devono classificarsi tra i beni mobili immateriali iscritti in pubblici registri (favorevole anche Trib. Milano 5 maggio 2001). In senso contrario si è pronunciato il Tribunale di Forlì (sent. 6 – 23 ottobre 2006 cron. 6710) il quale ha ritenuto che il notaio che riceva un atto di costituzione di fondo patrimoniale avente per oggetto quote di srl qualificabili, secondo il medesimo Tribunale, beni immateriali e non beni mobili registrati, commetta violazione dell'art.47 L.N., secondo comma, poiché non traduce la volontà delle parti in modo tale da far scaturire da essa gli effetti previsti dalla legge per quella specifica fattispecie negoziale. Quest’ultima sentenza appare quanto meno poco motivata laddove è apoditticamente affermato il principio secondo cui ci sarebbe incompatibilità tra la natura di bene immateriale e bene mobile registrato confondendo aspetti che attengono alla fisicità del bene con quelli che riguardano invece la pubblicità in pubblici registri delle vicende che attengono alla titolarità ed alla circolazione dei beni stessi. 11
  • 12. Conclusioni ed indicazioni operative Per il cedente Innanzitutto, è necessario acquisire l’originario atto di acquisto della quota di partecipazione che si intende trasferire nonché l’estratto dell’atto di matrimonio ovvero il certificato di stato civile del cedente al fine di individuare lo stato civile attuale e verificare se, al momento dell’acquisto, il medesimo era coniugato o di stato civile libero. Nel caso in cui al momento dell’acquisto il cedente era coniugato in regime di separazione dei beni ovvero di stato civile libero, il cedente potrà disporre liberamente della quota, salvo che risultino annotate, in calce all’estratto dell’atto di matrimonio, convenzioni matrimoniali successive, che dispongano diversamente. Nel caso in cui il cedente, già in comunione legale al momento dell’acquisto sia ancora soggetto al regime della comunione legale dei beni, dovrà intervenire all’atto di cessione anche il coniuge del cedente, per ottemperare al disposto dell’art. 180, comma 2, c.c. che prevede “Il compimento degli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione …spettano congiuntamente ad entrambi i coniugi”. Giova rammentare, tuttavia, che in caso di mancato intervento del coniuge in comunione legale del cedente, l’atto di cessione non sarà inficiato da invalidità, ma il coniuge che ha compiuto l’atto senza il consenso dell’altro è obbligato, su istanza di quest’ultimo, a ricostruire la comunione nello stato in cui era prima del compimento dell’atto o, qualora ciò non sia possibile, al pagamento dell’equivalente secondo i valori correnti all’epoca della ricostruzione della comunione (at. 184, ult. comma c.c.). (Per i vari orientamenti dottrinali diversi da quello esposto si rinvia ai paragrafi precedenti). Cosicché, il cessionario fa salvi i diritti acquistati, non potendo il coniuge non partecipante all’atto opporre ai terzi la vigenza del regime della comunione legale dei beni. Nel caso in cui il cedente, già in comunione legale al momento dell’acquisto, si trovi, al momento della cessione, in regime di separazione dei beni, la quota è soggetta alle regole della comunione ordinaria e non a quelle della comunione legale. Pertanto, sarà necessario l’intervento nell’atto di disposizione della quota di entrambi i coniugi (ovvero di entrambi i soggetti già coniugati se è intervenuta una causa di scioglimento del matrimonio). In questa ipotesi, la cessione di quota, senza l’intervento di entrambi i coniugi, integrerà una vendita di cosa parzialmente altrui (art. 1480 c.c.), non potendosi invocare il regime di cui all’art. 184 c.c. Per il cessionario Sarà opportuno acquisire anche per il cessionario l’estratto dell’atto di matrimonio ovvero il certificato attestante il suo stato civile libero. Ciò per agevolare il riconoscimento del regime giuridico cui è soggetta la quota di partecipazione acquistata. Nel caso in cui il cessionario si trovi in regime di comunione legale, l’acquisto della quota, secondo la prevalente giurisprudenza, entra a far parte della comunione legale dei beni, ai sensi dell’art. 177 lett. a) c.c. e, quindi, il relativo acquisto si estende anche al coniuge che non 12
  • 13. 13