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IPI sul Gruppo Poste Italiane
Comitato Scientifico di Valutazione industriale
Il Comitato Scientifico di Valutazione Industriale (CSVI) è un organismo
indipendente, promosso da CGIL e Fondazione di Vittorio, che ha lo scopo di
indirizzare l’attività di studio e analisi di iniziative di acquisizione,
partecipazione, vendita e ristrutturazione delle imprese italiane.
Il Comitato è responsabile della realizzazione dell’Indagine Probabilistica
Industriale (IPI) in accordo con la CGIL Nazionale e la Consulta Industriale .
Il CSVI è formato da 6 persone che si sono distinte, e dunque curano
l’approfondimento, rispetto a 6 ambiti di approfondimento: - L’analisi del piano
industriale; - La sostenibilità finanziaria; - L’innovazione; - La compatibilità
rispetto al settore e al mercato; - La reputazione sindacale; - Gli elementi di
innovazione sociale e ambientale.
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Il caso Poste Spa
Report di: Enrico Ceccotti-Marco Tognetti-Marcello Minenna-Salvo Leonardi
Indice :
- Poste: Scelte di assetto azionario senza una adeguata strategia industriale
pg. 02
- Poste italiane – La sostenibilità finanziaria
Pg. 11
- Commenti piano industriale Poste – Impact&social innovation
Pg. 15
- Riorganizzazione produttiva e relazioni industriali in Poste Italiane
Pg. 19
- Valutazioni Sintetiche Pg. 23
Roma 27 6 2016
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Poste: Scelte di assetto azionario senza una adeguata strategia industriale
Verso la formale privatizzazione di Poste Spa
La completa privatizzazione formale delle Poste Spa, dopo la collocazione in Borsa del circa 30%
delle azioni dell’ottobre 2015, avviene in due ulteriori fasi:
1 – Il decreto del Presidente del Consiglio del 31-5-2016 definisce la cessione di una ulteriore quota
del 29,7% del capitale del Gruppo Poste Spa entro la fine dell’anno. Si supera così il limite del
precedente decreto che impediva al ministero dell’Economia di scendere sotto il 60%. Ai corsi
attuali Poste vale circa 2,6 miliardi di euro, e costituisce una fetta importante delle privatizzazioni
che il Ministero dell’Economia intende predisporre nel corso della seconda metà dell’anno per un
valore complessivo di 8 miliardi di incassi. Nell’elenco delle operazioni figurano anche la cessione
di Grandi Stazioni e la quotazione di Enav. Obiettivo dichiarato quello di ottenere risorse da
destinare innanzitutto alla riduzione del debito pubblico per ottemperare agli impegni assunti
dall’esecutivo con Bruxelles. Nel 2016 l’obiettivo di privatizzazioni è pari allo 0,5% del Pil
nonostante sia venuta meno la tranche legata a Fs essendo la società ancora con il bilancio in rosso.
Un ipotesi per superare questo intralcio potrebbe essere la fusione, in via di definizione, tra Ferrovie
e Anas (in una ipotesi che integri una strategia del trasporto su ferro con quello su gomma).
Un secondo obiettivo più o meno esplicito è quello di rendere il Gruppo Poste Italiane sempre più
una public company con una migliore liquidità (tutta da verificare).
2 - Nelle prossime settimane dovrebbe essere formalizzato il passaggio del 35% di Poste a Cassa
Depositi e Prestiti (il 35% della società dei recapiti era stato ceduto alla Cdp, che l’ha poi ripassato
al Tesoro nel 2010). La quota di maggioranza delle Poste Italiane viene trasferita tramite una
complessa operazione che passa per un aumento di capitale dell’istituto di via Goito. I risvolti sono
numerosi. Il Tesoro pagherà l’aumento di capitale della Cdp non con soldi liquidi, ma con azioni
delle Poste per un valore di quasi 3 miliardi di euro (che è appunto l’ammontare della
ricapitalizzazione).
Si intenderebbe così rafforzare il patrimonio di Cassa Deposito e Prestiti (che a fine 2015 era di
quasi 19 miliardi) in vista di eventuali nuovi interventi a sostegno della politica economica del
governo.
Dargli più risorse per attuare la mission di sviluppare un piano di sostegno dell’economia italiana.
L’operazione dovrebbe dall’altra parte creare ulteriori sinergie tra Cdp e Poste in modo da rendere
più solidi gli accordi in essere tra le stesse società, preservando inoltre la stabilità dell’azionariato di
Poste da eventuali scalate esterne. L’obbligo di Opa è stato escluso infatti dallo stesso ministero in
quanto la quota conferita a Cdp continuerà ad essere gestita dal ministero dell’Economia.
Il passaggio del controllo di Poste a Cdp dovrebbe infine contribuire a ridurre il rischio di revisione
del contratto – che scade nel 2019 – che regola la raccolta del risparmio postale, in base a cui Poste
Italiane riceve una commissione ricorrente di 0,5% sui saldi medi di buoni fruttiferi e libretti postali
collocati per conto di CdP.
Secondo alcuni analisti l’operazione di conferimento a Cdp creerà sinergie sugli investimenti nel
lungo periodo. Un più stretto legame di governance fra Poste Italiane e Cdp potrebbe portare a
sinergie in materia di investimenti di cui potrebbe beneficiare Poste Vita.
C’è però il rischio che gli investimenti, vengano ritardati fino a quando la governance non venga
meglio chiarita. La governance, i poteri di nomina e dovrebbero restare al ministero dell’Economia
con un meccanismo simile a quello relativo alla governance dell’Eni, di cui la Cdp controlla il
25,76% del capitale.
Al termine di questo riassetto azionario CdP diventa azionista di controllo di Poste Italiane con una
quota attorno o poco sotto il 30% e un flottante del 70%, analogamente alle altre società che
gestiscono reti di distribuzione in Italia (Snam e Terna) già in portafoglio a CdP.
4
Ciò consente al governo italiano di mantenere il controllo su tali società anche se, formalmente, le
stesse risultano fuori dal perimetro pubblico e dunque “privatizzate”.
La quotazione in borsa del Gruppo Poste Italiane rappresenta però una privatizzazione atipica,
realizzata secondo un modello di “azienda invariante”: a perimetro aziendale immutato e senza
alcun processo preliminare di riordino e riorganizzazione.
Quali conflitti di interessi. Gli intrecci tra Poste e Cdp fanno emergere potenziali conflitti di
interessi. Notevole è il peso che la distribuzione di risparmio postale per conto di CdP ha sul
bilancio di Poste Italiane. Poste colloca per conto della Cdp Buoni e libretti (l’ammontare
complessivo a fine marzo scorso è pari a 326 miliardi) e in cambio riceve laute commissioni. La
distribuzione di risparmio postale per conto di CdP genera circa 1,6 miliardi di euro di ricavi,
ovvero il 6% del totale di gruppo. Una volta che Cdp diventerà il maggiore azionista Poste viene ad
essere controllata da un soggetto che è anche controparte in un contratto economico con
conseguente debolezza contrattuale. Il Ministero dell’Economia e finanze per evitare questo rischio
non ha ancora definito una soluzione convincente.
Il posizionamento di Cassa depositi e prestiti. La CdP così configurata assomiglia sempre più ad
una versione 2.0 dell’Iri. L’ultima legge di stabilità ha riconosciuto la Cdp come istituto nazionale
di promozione. Secondo l’azienda la mission della Cassa è di dare un contributo per promuovere la
competitività del Paese. Investire nel lungo periodo cercando di lavorare dove non arriva al mercato
e in modo complementare al sistema finanziario.
La Cassa controlla diverse partecipazioni di società che gestiscono reti di distribuzione (Snam e
Terna) con il controllo di circa il 30% delle azioni. L'assetto azionario di Poste sarebbe dunque
speculare a queste società. Nel portafoglio di CdP, che vale oltre 28 miliardi, c'è un po' di tutto: il
25% di Eni, il 100% di Sace, il 30% di Snam, Fintecna e la Cdp Equity (ex Fondo strategico) che
investe in tante cose tra cui il 12,5% di Saipem e Sia (di cui parliamo più avanti). Ansaldo Energia,
ex controllata di Finmeccanica è partecipata al 44,8% dal Fondo strategico e al 40% dal colosso
cinese Shanghai Electric (Finmeccanica ha mantenuto un 15% ma uscirà nel 2017).
E’ da tenere presente anche l’ingresso della Cdp, con una quota di minoranza, nella cordata che
rileverà Ilva, primo gruppo siderurgico nazionale oggi in amministrazione straordinaria.
Il piano industriale 2016-2020 di CdP è ambizioso. Prevede di fare investimenti per 160 miliardi da
qui alla fine del periodo. I soldi alla Cdp arrivano per il 78% dal risparmio postale, comprensivo di
libretti e buoni fruttiferi, per uno stock complessivo che a fine del 2015 valeva 252 miliardi. E’ il
risparmio di tanti italiani perlopiù appartenenti alla fascia bassa e media della popolazione che
mette i soldi alle Poste perché non può permettersi un consulente finanziario. I libretti postali
valgono 118,7 miliardi e i buoni fruttiferi, valutati al costo ammortizzati, sono una fetta di 133,3
miliardi.
Il 2015 di Cdp, però, non è stato brillante: l'utile è crollato a 893 milioni dagli oltre 2,1 miliardi
dell'anno prima. Al ministero dell'Economia andrà un dividendo di circa 683 milioni. Il profitto è
sceso perché i tassi d'interesse calano, ma poi la Cassa ha dovuto svalutare alcune partecipazioni,
cioè quello in cui ha investito e che oggi vale meno: 145 milioni sul 100% di Fintecna e 63 milioni
sulla Cdp Immobiliare. Gli investimenti non hanno però tutti lo stesso rendimento: nel 2015 Eni, ad
esempio, ha distribuito a Cdp un dividendo inferiore di 140 milioni rispetto all'anno prima.
La strategia annunciata dall’azienda Poste.
Poste ha presentato l’ultimo piano industriale a dicembre 2014. Vediamo di capire quanto si sta
attuando di quel piano e le sue criticità.
Intanto vediamo l’andamento nel tempo del fatturato del Gruppo e la sua ripartizione nei vari
servizi
5
Dal grafico si evince come negli ultimi 7 anni la crescita dei ricavi sia dovuta quasi esclusivamente
alla crescita dei servizi assicurativi mentre sono rimasti quasi stazionari i servizi finanziari e quelli
postali (vedi anche le valutazioni finanziarie ed Impact&social innovation).
Il segmento assicurativo è divenuto il principale business del gruppo Poste. Dal lato dei ricavi il
Gruppo Poste è principalmente un’assicurazione.
Nel 2012 Poste Vita supera, con 9,5 miliardi di premi, il fatturato congiunto dei due segmenti
dell’intera capogruppo, per poi accrescere notevolmente la distanza negli anni seguenti.
Poste Vita con una struttura molto snella e soli 330 dipendenti è riuscita in dieci anni di attività a
divenire la prima compagnia assicurativa per raccolta premi in Italia ed è anche la prima compagnia
nel comparto della previdenza integrativa. Poste Vita nell’ultimo anno registra un crescita di premi
assicurativi del 18%, una crescita molto importante la che conferma come l'azienda specializzata in
polizze vita più grande del mercato italiano.
Nel 2006 il Bancoposta ha raggiunto lo stesso fatturato dei servizi di recapito e si mantiene circa
sullo stesso livello superandolo negli ultimi anni anche per la flessione dei servizi postali. Il
Bancoposta ha 1.800 dipendenti e riconosce alla capogruppo un compenso complessivo di 4,5
miliardi per tutti i servizi svolti in suo favore. I costi non comprendono tuttavia le spese di
funzionamento degli uffici postali e del relativo personale che non appartengono al Bancoposta
bensì alla restante parte della capogruppo e sono imputati dunque alle funzioni connesse al recapito.
Dal 2007, dunque, il recapito è il minore dei tre business. L’attività tradizionale del recapito
rappresenta meno di un sesto del fatturato, una quota minoritaria e persino trascurabile.
20.098
21.837 21.690
24.060
26.260
28.512
30.740
9.376
11.200 11.270
13.830
16.160
18.770
21.400
5.227 5.060 5.000 5.310 5.390
3.964 3.900
4.967 4.940 4.810 4.650 4.450 4.950 4.790
2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015
Poste Italiane Ricavi per tipo di servizio 2009 2015
ricavi totali servizi assicurativi servizi postali servizi finanziari
6
Nel 1998, all’atto della costituzione della società per azioni, il recapito rappresentava più del 60%
del fatturato. I servizi postali e commerciali hanno generato nel 2014 una perdita operativa netta di
504 milioni, che ha abbattuto del 73% il margine di gruppo (dati R&S Mediobanca). Al contrario
l’Ebit dei servizi finanziari in tre anni è salito da 580 a 766 milioni e quello dei servizi assicurativi è
raddoppiato da 199 a 415 milioni.
La rete degli uffici postali ha però dato una grossa mano al sviluppo. I servizi assicurativi e
finanziari non sarebbero riusciti a conseguire gli stessi risultati se avessero dovuto dotarsi di una
propria rete distributiva anziché avvalersi dei 13mila sportelli postali. Il contributo di Poste Vita alla
rete postale appare invece di portata limitata. Nelle perdite che continuano a registrarsi nei servizi
postali non sono valutati i benefici indotti sugli altri due rami.
Per Poste la presenza capillare di 13 mila uffici postali è quindi da considerata ancora un valore per
tutto il gruppo. Soprattutto nei piccoli Comuni, oltre a rappresentare un presidio irrinunciabile della
presenza dello Stato sul territorio, costituiscono un punto di riferimento per la Pubblica
Amministrazione allargata. Andrebbe fatta una maggiore conoscenza e valutazione più approfondita
di costi e benefici sul ruolo della rete postale non tanto e non solo in merito al servizio postale
specifico quanto agli effetti indotti sugli altri servizi sia del Gruppo Poste che per le funzioni
pubbliche (in primis per un servizio universale riformulato).
La corrispondenza resta comunque il primo problema.
Si tratta di ridefinire quali ruolo affidare agli uffici postali (secondo un’analisi di R&S Mediobanca
sono quasi pari alla somma di quelli delle cinque grandi banche nazionali). Nell’azienda viene
formulata la possibilità di un ampliamento di funzione nella direzione di Servizi per l’Agenda
digitale, di pagamento e riscossione, la messa a disposizione di applicativi per la pubblica
amministrazione, soluzioni per abbattere il divario digitale, e-commerce. Nello sviluppo del piano
però questa ipotesi non appare in corso di realizzazione. Il digitale richiede un nuovo paradigma
industriale con cambiamenti profondi dei processi, dei sistemi e della cultura. Bisogna combinare il
digitale con le persone. Lo smartphone è sempre più l’interfaccia dei clienti ma il digital divide è
ancora un ostacolo non superabile se non sul lungo periodo. Negli uffici postali la presenza di
impiegati e clienti nello stesso luogo e la possibilità di essere connessi può contribuire a ridurlo. Ci
domandiamo se questo ruolo, annunciato dall’azienda sia compatibile con il processo di
privatizzazione in atto.
Intanto nelle azioni previste dal piano industriale legate allo sviluppo non sono visibili azioni
operative nella prospettiva di sviluppo della logistica, nè appaiono innovazioni nell’offerta degli
auspicati nuovi servizi.
Viceversa Poste si sta dimostrando attiva su diversi altri fronti:
Fondo Atlante. Poste attraverso Poste Vita partecipa, con un’importante presenza, nella costituzione
del Fondo Atlante. Atlante è il paracadute messo a punto dai maggiori istituti di credito e dalla
Cassa depositi e prestiti per mettere in sicurezza le banche più traballanti e intervenire in caso di
quotazioni flop. L’investimento di Atlante, da parte di Poste, è giustificato in un’ottica di
diversificazione degli impieghi che aumentino il ritorno degli investimenti dei cittadini. L’azienda
dichiara che è in linea con le politiche di investimento di Poste Vita previste nel piano industriale
del gruppo. Ha investito 260 milioni in un’iniziativa che promette un rendimento del 6 per cento. Se
consideriamo che la società ha riserve tecniche per 106 miliardi, di cui il 73% investite in titoli di
Stato, l’operazione viene giustificata come un investimento più redditizio in cui diversificare.
Presenza all’estero. Le acquisizioni, anche all’estero, sono considerate un’opportunità di crescita
per l’azienda ma al momento l’interesse principale è sul mercato domestico.
Inoltre le Poste sono preoccupate della mancanza di incentivi agli investimenti in prodotti finanziari
di Stato. Ritiene che i risparmiatori a causa degli scarsi ritorni possano ritirare i propri risparmi.
Poste si sta guardando attorno, magari all’estero, dove i rendimenti sono più alti e le regole più
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chiare nell’ipotesi di offrire ai risparmiatori maggiori guadagni, portando i loro risparmi dove ci
sono maggiori ritorni anche se con qualche rischio in più.
Poste e Sia. Una delle acquisizioni che Poste sta valutando, possibilmente per creare valore in vista
del collocamento della seconda tranche da parte del ministero per l’Economia, riguarda la Sia. La
società leader è nel sistema dei pagamenti, che oggi è controllata dal Fondo Strategico che fa capo
alla Cassa Depositi e Prestiti. Per ora l’operazione sembra ancora in una fase iniziale.
Per Poste potrebbe essere un partner per crescere nel sistema dei pagamenti digitali e nell’e-
commerce. Sia è leader europeo nella progettazione, realizzazione e gestione di infrastrutture e
servizi tecnologici dedicati alle istituzioni finanziarie, alle banche centrali, alle imprese e alle
pubbliche amministrazioni, nelle aree dei pagamenti, della monetica, dei servizi di rete e dei mercati
dei capitali. Il gruppo Sia serve clienti in oltre 40 paesi. Ha 1.600 dipendenti, 70 milioni di utile su
150 di ricavi. Gestisce le reti di pagamento e ha per clienti la Bce, la Banca d’Italia, la Borsa di
Londra, la Bundesbank. È leader europeo, progetta, realizza e gestisce infrastrutture e servizi
tecnologici per banche centrali, istituzioni finanziarie, imprese e pubbliche amministrazioni:
pagamenti, monetica, servizi di rete, mercati dei capitali.
Il punto di partenza è che Poste e Sia avranno lo stesso azionista. Sia è partecipata col 49,48% dal
Fondo strategico italiano diventato Cdp Equity. Sia è ritenuta una partecipazione strategica.
Il mercato dei pagamenti digitali comincia a decollare anche nell’Italia.
Nelle Carte prepagate e nello shopping via cellulare Poste e Sia crescono entrambi. Poste ha ormai
13,5 milioni di carte prepagate PostePay, più della metà del mercato; 6,5 milioni di carte Postamat;
e copre il 52% del mercato degli operatori mobili di rete con PosteMobile (società di telefonia, utile
per gli acquisti con il cellulare). Nel 2015 i pagamenti in questa forma sono cresciuti del 36% pari a
460 milioni di euro. Nella Sia le operazioni gestite con carte sono aumentate dell’11% a 3,35
miliardi di unità e quelle di pagamento del 4% a 2,8 miliardi.
La Sia ha già Poste come cliente. Ne gestisce incassi e pagamenti come per i bollettini postali
accettati dalle banche. È innovativa ed ha una rilevante presenza internazionale. Poste si
rafforzerebbe nella monetica e potrebbe giocare la partita della digitalizzazione della PA e del
Paese. La sinergia è già in atto in quanto Sia gestisce le transazioni su carte di credito di Poste.
Nell’integrazione si potrebbe dare vita ad una piattaforma telematica che costituisca la nuova
interfaccia con il cittadino e trovi punti di accesso fisici negli uffici postali.
Anche in questa operazione può sorgere un conflitto d’interessi in quanto Sia è una infrastruttura
portante delle transazioni fra banche. E’ possibile una reazione del mondo bancario che è cliente e
socio di Sia.
Il gruppo Sia gestisce la piattaforma Step 2 su cui passano tutti i bonifici e pagamenti Sepa
dell’area euro, banche tedesche incluse.
Le operazioni tra Poste e Cdp potrebbero non fermarsi alla Sia. Tra i dossier allo studio, anche se
per ora a uno stadio molto preliminare, ci sarebbe la cessione della Banca del Mezzogiorno-Mcc,
che da tempo Poste pensa di vendere in quanto non coerente con il proprio core business, alla Sace
(al 100% controllata da CdP) per trasformarla poi in una banca per le esportazioni.
La vera missione di Poste
Definire quali sono le vere intenzioni del Governo sul futuro delle Poste è assolutamente oscuro.
Di certo si vende formalmente per fare cassa senza aver esplicitato una strategia industriale. E poi è
un fare cassa solo apparente in quanto, come scritto nella analisi finanziaria di seguito riportata, per
i benefici effettivi per le Casse dello Stato (al netto dei dividendi delle Posta e del debito che lo
Stato ha dovuto saldare alle Poste) il saldo diviene negativo in pochi anni.
I danni per le casse dello Stato, in tema di mancati dividendi, sono già preventivabili.
Infatti per il 2015 è stata deliberata la distribuzione di un dividendo di 34 centesimi ad azione che
per il Tesoro, azionista di Poste con il 64,7% del capitale, si traduce in un assegno di 287 milioni.
Anche la conferma che l'80% dell'utile netto andrà a dividendo anche nel 2016.
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Ci sembra di riproporre la logica dell’incasso a breve non facendo tesoro di quanto è successo in
Stet e la sua controllata Telecom, che era fino a pochi anni fa il quinto gestore di telefonia al mondo
e che ora è in gravi difficoltà finanziarie e senza strategia. Non ci pare che si prenda atto degli errori
che sono stati fatti negli anni passati, errori che hanno depauperato il paese, e adoperarsi per non
ripeterli.
Insomma una privatizzazione senza un progetto che abbia una valenza sociale e, ancor più a
processi di privatizzazione non accompagnati da politiche industriali chiare e coerenti.
Cosa c’è nell’immediato futuro di Poste? Sicuramente la revisione del rapporto con le famiglie, da
sempre il vero bacino delle Poste. Caio, AD del Gruppo, ha parlato di vera e propria “missione” nel
portare le famiglie verso nuovi strumenti finanziari, in grado di superare per rendimento quelli
tradizionali, seppur con qualche rischio in più.
La ricerca di una nuova frontiera del risparmio rappresenta un passaggio importantissimo per
assicurare che Poste continui a dare quel livello di trasparenza e continui ad essere riferimento per il
risparmio ma non è privo di rischi.
La risorsa umana
Nel Piano Industriale 2015-2020 si prospetta la creazione di 8.000 posti di lavoro ed investimenti
per circa 3 miliardi di euro in infrastrutture e piattaforme digitali, nonché la riqualificazione degli
Uffici Postali entro il 2020. I posti di lavoro che Poste Italiane dichiara di mettere a disposizione
saranno per la maggior parte destinati a giovani neolaureati, ma è anche previsto un piano di
conversioni di contratti part-time. Tra le figure più ricercate dall’azienda c’è quella del portalettere,
le cui assunzioni si intensificano soprattutto nei periodi estivi o delle festività natalizie. Le
assunzioni avvengono con contratti a tempo determinato di 3/4 mesi e stipendio che si aggira sui
1.100 euro mensili.
Nel 2015 i dipendenti di Poste Italiane hanno visto incrementi per circa 1.800 e uscite per 3.200
persone "attraverso il meccanismo dei prepensionamenti e l'esodo incentivato". Nel primo trimestre
2016 ci sono stati 300 ingressi e sempre con il sistema degli esodi incentivati e prepensionamenti
sono uscite 600 persone.
Il posizionamento del gruppo Poste sul mercato e la sua tendenza a orientarsi sempre di più sui
servizi assicurativi e finanziari non può che avere dei pesanti risvolti sul personale del gruppo.
Innanzitutto consideriamo la forte concentrazione dello stesso sulle attività tradizionali nonché
l’alta età media (52 -53 anni) e il profilo professionale degli addetti a vario titolo al servizio postale
e con bassa competenza su attività sia finanziarie che di Information e Comunication Technology.
Professionalità per lo più obsolete per le future prospettive del gruppo. Né dal piano appare una
sufficiente esigenza di affinare la gestione manageriale delle risorse umane ossia la valutazione
corretta delle competenze presenti in azienda. Non troviamo nelle dichiarazioni dell’azienda una
esplicita volontà di fare emergere quel sapere tacito comunque presente nei dipendenti, tramite
modalità formative e lavorative innovative.
Il tema della formazione diviene dunque centrale. E’ necessaria la costruzione di percorsi formativi
più complessi di quelli attualmente in essere, che superino i confini del mero addestramento per
arrivare a costruire professionalità che abbiano rispondenza con la complessiva attività processuale
e di prodotto coerente con la strategia del gruppo e che risponda alle esigenze dell’utenza e dei
lavoratori e coerente con gli investimenti nella riorganizzazione efficiente dei servizi.
Sul fronte delle relazioni industriali emerge da una parte una dichiarata volontà di fare dell’azienda
postale il ‘laboratorio’ di moderne relazioni industriali aprendo all’azionariato collettivo proprio
con il coinvolgimento diretto dei lavoratori nelle scelte strategiche dell’azienda (vedi il contributo
su relazioni industriali). La gestione pratica sembra però più finalizzata a ridurre al massimo la
conflittualità con alcune pratiche consociative ma senza la esplicita volontà di confrontarsi sui veri
problemi della riconversione del personale e soprattutto con una adeguata analisi dei fabbisogni
professionali basati sulle prospettive strategiche a partire dalle attuali competenze presenti.
9
Insomma non si evince una grande alleanza tra azienda, lavoratori e azionista pubblico.
La non attuazione di una politica del personale che vada in questa direzione, è la ulteriore
obsolescenza professionale e la demotivazione della manodopera presente in azienda, la riduzione
della qualità dei servizi con l’inevitabile drastica riduzione dei posti di lavoro imposta in ultima
analisi da questo processo repentino di privatizzazione.
Evoluzione inerziale sulla base delle scelte governativa
Sulla base delle scelte di privatizzazione messe in atto dal Governo e in base al posizionamento
strategico del gruppo Poste vediamo di simulare quale potrebbe essere la sua evoluzione inerziale in
un’ottica esclusivamente di mercato.
Le Poste si candidano a diventare un soggetto forte nella gestione dei flussi di capitale. Poste
Italiane diventerà sempre più forte nel settore del risparmio gestito e nelle assicurazioni. Le Poste
privatizzate potrebbero evolvere esclusivamente in una banca.
Se si volesse applicare rigorosamente l’abc della finanza per valorizzare al massimo il potenziale
strategico di un’impresa converrebbe separare le diverse linee di business e poi venderle, in modo
che chi sia interessato alla banca compri la banca e non altro, e così via.
Nella ottica pura di mercato il management dovrebbe puntare alla massimizzazione del ritorno degli
investimenti da fare per raggiungere il massimo profitto. In questa ottica la scelta ricadrebbe nel
caratterizzare il gruppo sempre più come una Merchant Bank e sfruttare il crescente mercato delle
assicurazioni.
Le conseguenze di questa logica farebbero sì che il servizio più corposo di Poste (in termini di
struttura e personale), ossia il monopolio nella grande parte del settore postale, verrebbe
depotenziato. Ma senza la presenza capillare degli uffici postali, Poste italiane diventerebbe una
banca non diversa dalle altre. Ma anche Poste Mobile, che conta sul potere di mercato negli altri
servizi per sostenere i suoi servizi finanziari attraverso la rete telefonica, non si distinguerebbe
molto dalle altre normali imprese telefoniche “virtuali”. Si ridurrebbe di molto la possibilità, come
fa oggi, di attirare gli investitori. La rete serve a vendere prodotti che non afferiscono al servizio
universale.
Il frazionamento dei servizi farebbe emergere l’insostenibilità economico-finanziaria del servizio
postale che è legato a un mercato strutturalmente in declino. Ma nelle condizioni attuali diventano
sempre meno competitivi perché il servizio postale tradizionale diventa sempre più limitato1
. Anche
in un’ottica di privatizzazione dismettere le attività tradizionali senza rimetterci troppo implica il
superamento delle inefficienze finora non intaccate. Diciamo che se la privatizzazione avrà luogo
non sarà senza costi per i lavoratori, per gli utenti e per le imprese. I discutibili proventi per la
finanza pubblica derivanti da privatizzazione produrranno pesanti effetti collaterali per l’insieme del
Paese.
In alternativa alla esternalizzazione, per evitare che i servizi tradizionali come i servizi postali
diventino sempre più marginali, sarebbero invece necessari massicci investimenti con redditività
incerta e differita in direzione di un rinnovato servizio universale per i recapiti avvalendosi di più
delle tecnologie informatiche e sfruttare le potenzialità del mercato dell’ e-commerce avvalendosi
(come dice Tognetti nel suo contributo) di modelli organizzativi basati sulla open innovation. L'e-
commerce è il futuro mentre il servizio universale delle lettere perde terreno e non è più
remunerativo. Ma l'e-commerce è legato anche al sistema dei pagamenti e si potrebbe sfruttare la
platea dei clienti Postepay che ha due milioni di clienti e che concorre alla crescita di Bancoposta.
Lo sviluppo dell’e-commerce richiede però una profonda reingegnerizzazione della catena logistica,
una fortissima riqualificazione della mano d’opera e più in generale un forte riorientamento delle
funzioni dei siti territoriali (uffici postali e centri di smistamento). Inoltre alla reingegnerizzazione
dei processi, delle reti e delle modalità distributive deve accompagnarsi un’adeguata attività di
1
Il trend internazionale e nazionale di decrescita costante della posta tradizionale,
10
marketing. Si dovrebbe insomma, per riconquistare quote di mercato, investire fortemente in
innovazione nel segmento della consegna fisica delle merci, esercitare un'azione congiunta sui
prezzi e sul livello di affidabilità. Senza questi interventi Poste Italiane nella gestione del
commercio on line e dell'efficiente trasporto fisico delle merci e digitale delle informazioni ad essa
attinenti, sarebbero relegate a giocare un ruolo marginale (vedi contributo di Impact&social
innovation).
E quindi si ripropone il tema dell’esternalizzazione come naturale scelta finale con conseguente
drastica riduzione del personale.
Potrebbe diventare conveniente anche esternalizzare i servizi telematici o concentrarli in società
collegate. In questa logica le attività transazionali svolte tramite Poste Mobile, che costituiscono
uno dei paradigmi per la sinergia tra aziende del Gruppo, potrebbero diventare strumenti sostitutivi
alla consegna materiale di posta e giornali sarebbero svolte, una volta venduta questa società, da
altre imprese magari multinazionali o addirittura gestite da società controllate da Post Office esteri.
Ad esempio in Giappone hanno preferito spezzare in tre l’azienda Japan Post facendo guadagnare di
più al governo.
Nell’ottica della pura privatizzazione si avrebbe nei fatti una negazione della visione strategica del
Gruppo configurata dal Piano Industriale 2015-2019 e riaffermata da gruppo dirigente in diverse
occasioni. La naturale gestione privatizzata andrebbe in contraddizione con le affermazioni
dell’azienda di rendere gli uffici sempre più multifunzionali in cui “il postino non diventa operatore
finanziario, ma può consigliare a chi rivolgersi nell'ambito del nostro gruppo” ”diffusore di cultura
digitale dove gli uffici postali sono una rete fisica importante” (dichiarazione di Caio). Si
perderebbe l’opportunità di mettere Poste a servizio del rilancio economico del Paese, di smembrare
una grande realtà infrastrutturale del Paese e non cogliere le potenzialità di ulteriore sviluppo del
servizio reso ai cittadini, alle imprese, alla Pubblica Amministrazione. Infatti con la realizzazione
dell'identità digitale e la password unica al cittadino si aprirebbe un orizzonte che permette di
accedere a tutti i comparti della pubblica di amministrazione e di regolare atti e pendenze,
semplificando la vita dei cittadini.
L’esigenza di innovazione sui servizi pubblici necessaria al sistema Paese Italia andrebbe ricercata
altrove. In questa logica non si intravedono soggetti che possano giocare un ruolo di sostegno a
riforme che coinvolgano i diversi aspetti della relazione Stato-cittadino e del sistema di
distribuzione di merci e servizi fortemente connesso al tema della digitalizzazione. Chi sarebbero
allora i soggetti che potrebbero concorre all'attuazione dell'Agenda Digitale (una delle riforme
principali della PA e quindi, complessivamente, della relazione tra Stato e Cittadino)?
L'attuazione dell'Agenda Digitale ricomprende, tra gli altri, il tema della fatturazione elettronica,
estesa a Province e regioni, dei pagamenti elettronici, dell'anagrafe digitale e del fascicolo sanitario
elettronico.
Chi dovrebbe contribuire a raggiungere gli obbiettivi di e-government, oltre all’innovazione nei
servizi ed al miglioramento delle performance della PA, comprensiva dell’innovazione tecnologica
nelle infrastrutture di informatica e di telecomunicazione?
Ad esempio il sistema pubblico di identità digitale (SPID) che prevede Postecom S.p.A, azienda del
Gruppo, come una delle tre autorità certificatrici italiane della nuova Identità Digitale non potrebbe
essere inclusa nel perimetro del gruppo in una logica di pura privatizzazione. Già oggi Poste
esercita attività a sostegno della realizzazione della digitalizzazione del paese con la fornitura di
alcuni strumenti necessari ed indispensabili perché la digitalizzazione dispieghi i suoi effetti.
Poste Italiane esercita un ruolo centrale in relazione al suo radicamento territoriale. Pensare alla rete
di uffici postali presenti sul territorio quali punti di accesso pubblici digitalizzati sembrerebbe la
perfetta declinazione anche di un rinnovato servizio universale. La rivisitazione delle modalità di
erogazione del servizio universale passa dal forte radicamento territoriale di Poste e dal valore
aggiunto dato dalla prossimità del servizio.
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Il valore aggiunto costituito dalla rete fisica andrebbe perduto anche in relazione ai servizi finanziari
e assicurativi che fino ad oggi hanno contribuito alla forte incremento di questi servizi.
Ci troviamo per concludere di fronte ad un bivio:
- Lasciare al mercato e alle capacità del suo management lo sviluppo del Gruppo Poste lasciandolo
agire come una azienda privatizzata che pensa solo alla remunerazione degli azionisti.
- Esercitare una direzione pubblica tale da tutelare i principi di uguaglianza di accesso e di fruizione
ed interpretare e prevedere le mutevoli esigenze del paese e dei cittadini. Sulle scelta già decise
dal governo di affidare a Cassa depositi e Prestiti il pacchetto di controllo diventa chiaro che tutto
dipenderà dagli indirizzi e dall’assetto che la stessa Cassa acquisirà in futuro. L’unicità del
Gruppo ci pare però il prerequisito irrinunciabile allo svolgimento del suo ruolo. Del resto la sua
solidità patrimoniale consentirebbe, con un ampiamento delle sinergie dei vari servizi, anche
investimenti in altri segmenti produttivi che abbiano una ratio industriale di congruenza e
completamento delle attività già in essere.
Questo però è oggetto di ulteriore approfondimento sulle prospettive di CdP e del suo ruolo per lo
sviluppo del Paese.
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Poste italiane – La sostenibilità finanziaria
Le privatizzazioni in Italia:
 è stato preventivato dal Governo un ricavo di mezzo punto di PIL l’anno (8 mld) nel
triennio 2016-2018 da ottenere con le privatizzazioni per poter far fronte alle richieste BCE.
 Nel Dpcm del 16 maggio 2014 era stato fissato il limite massimo delle privatizzazioni al
40%. Quindi per dare il via alla seconda operazione di privatizzazione su Poste è necessario
un intervento normativo per modificare nel Dpcm il limite massimo di privatizzazione.
 A metà aprile dovrà essere predisposto un nuovo documento di finanza pubblica (con
coinvolgimento della Cdp)
Le operazioni di svendita del patrimonio pubblico:
 Molti parlano di svendita del patrimonio pubblico che ha come committente l’Unione Europea e
come beneficiari i grandi gruppi stranieri
 POSTE: prima privatizzazione
- Il 27 ottobre 2015 offerta globale di vendita (Ipo) sul MTA di 461.104.008 azioni ordinarie
pari al 35,3% del capitale sociali; lo Stato ha ridotto la sua partecipazione al 64,7%
- A privati e ai dipendenti sono state destinate il 30% delle azioni, il restante 70% invece è stato
appannaggio degli investitori istituzionali
- Per sollecitare le richieste globali Poste Italiane ha garantito un payout almeno dell’80% per il
periodo 2015-2016
- A conclusione del periodo di offerta, il prezzo di valorizzazione di un’azione è stato fissato in
6,75 euro per azione.
- Lo Stato ha incassato 3,1 mld. Successivamente alla privatizzazione lo Stato ha dovuto pagare
2,6 mld di debiti pregressi vantati da Poste verso lo Stato. (Vedi Tabella 2 per comprendere la
convenienza dell’operazione)
 Poste: ora si ipotizza possa passare alla seconda privatizzazione
- l’impegno del Governo a non vendere ulteriori quote di Poste scade in aprile 2016 (clausola di
lock-up di 6 mesi)
- si ipotizza una cessione di un altro 30% (scendendo dal 65% al 35%)
- con un incasso per lo Stato di altri 3 mld
 Ferrovie dello stato: la privatizzazione di Ferrovie dello Stato è saltata per il 2016 ed è stata
rimandata al 2017
 Enav: dalla privatizzazione Enav entreranno nelle casse dello Stato al massimo 1,8 mld (tra i
750 mln e 1 mld).
Poste italiane - risultati annuali 2015:
FONTE ANNO
RICAVI UTILE
NETTO
POSIZIONE
FINANZ.NETTA
DIVIDENDI DIPENDENTI
(MLN €) VAR SU ANNO -1
Bilancio
2010 19.639 1.018 1.057 149.703
2011 19.646 0,0% 846 -1.198 350 146.363
2012 20.464 4,2% 1.032 1.959 350 144.628
2013 22.822 11,5% 1.005 3.257 250 143.655
2014
24.622
Rettificato a
28.512
7,9% 212 4.741 500 143.003
Proposta di
bilancio 2015
2015 30.739 7,8% 552 8.700 442
13
 Avanzo della posizione netta finanziaria passata da 4,7 mld nel 2014 a 8,7 mld nel 2015
 Il risultato operativo è aumentato del 27,4% a 880 mln
 I ricavi di gruppo sono cresciuti del 7,8% a 30,7 mld
Nel 2015 i ricavi dai servizi assicurativi (prodotti assicurativi di tutela salute e casa) hanno
registrato un aumento del 14% a 21,4 mld
 L’Utile/risultato netto consolidato è passato da 212 del 2014 a 552 nel 2015.
L’apparente miglioramento è dovuto al fatto che nel 2014 era stato fatto l’investimento in
Alitalia che ha prodotto ingenti perdite.
Infatti, se si confrontano gli utili del 2013 con quelli del 2015 risulta chiaro che la società ha
recuperato ma non è assolutamente nella situazione del 2013.
 Sul risultato netto, pari a 552 mln, è stato deciso un pay-out pari all’80% con un dividendo di €
34 centesimi per azione. Il monte dividendi è di 444 mln. Lo stacco cedola avverrà il 21 giugno
2016.
Il tesoro incasserà 287 mln di dividendo; da notare che senza privatizzazione avrebbe incassato
444 mln (157 mln in più).
Incasso privatizzazione = 3.1 mld
Pagato debiti pregressi = 2.6 Mld
Ricavo netto da 1 privatizzazione = 500 mln
Minori introiti da dividendo = 157 mln
Ipotizzando una distribuzione di dividendi costante nei prossimi anni (ipotesi conservativa)
entro il 4° anno l’operazione è finanziariamente negativa (157 mln * 4 = 628 mln > 500 mln)
 Costi:
- Politica di contenimento dei costi con una flessione di 220 mln di cui 80 mln sul lavoro,
infatti sono stati ridotti i costi operativi legati alla rete commerciale.
- Salario medio 40mila euro (53mila nella divisione servizi finanziari, molto inferiore rispetto
ai 78mila dei dipendenti banche)
Poste italiane - dopo la privatizzazione rinnovo della gestione operativa:
 Dipendenti: sono stati inseriti 1.000 nuovi addetti.
L’organico complessivo medio del Gruppo si è ridotto di 900 unità.
Nel Nuovo Piano Industriale sono previsti 8.000 ingressi (tra assunzioni e trasformazioni di
part time in full time) al fine di adeguare le competenze a supporto della strategia del Gruppo.
All’atto della quotazione POSTE si è impegnata a non ricorrere, per la gestione delle
eccedenze, alle procedure ex art. 4 e 24 della legge numero 223/91 (licenziamenti collettivi).
Anche in ragione del fatto che il 53% dei dipendenti ha un età superiore ai 51 anni, il che rende
più conveniente uscite agevolate. A riprova il fatto che negli ultimi due anni le adesioni
volontarie ai piani di incentivazione di uscita agevolata attivati dall’Emittente hanno
comportato mediamente circa 4.000 uscite per anno.
Continuando questi trend che comportano un saldo netto negativo di circa 1000 unità per anno
da un punto di vista delle finanze dello Stato la convenienza dell’operazione di privatizzazione
è ulteriormente ridotta dall’incremento dei costi sociali per le pensioni.
 Piano industriale strategico:
- Obiettivi principali sono:
14
a) Diventare dal 2020 leader di mercato nella raccolta del risparmio, nei pagamenti e nelle
transazioni digitali e nell’e-commerce
b) Generare flussi di cassa stabili per supportare la politica di dividendi. Alcuni analisti si
aspettano per il quinquennio 2015-2019 2,8 mld la generazione di dividendi.
- Poste Italiane si è rimodellata completamente concentrando la sua attività dai servizi postali
sempre più verso i servizi finanziari. Mentre nel 2000 i servizi postali generavano 7,1 mld
pari al 61% delle sue entrate pari a, ad oggi i servizi postali generano solo 4 mld pari al 14%
delle entrate complessive di 28,5 mld.
- La strategia della società da un punto di vista dei prodotti consiste – dopo aver completato
l’offerta dei prodotti con i fondi di ANIMA – nel lanciare nuovi prodotti assicurativi ibridi
nel comparto vita
- La strategia della società è focalizzata anche nella implementazione di una posizione del
banking digitale attraverso la realizzazione di tre pillars fondamentali: digital banking
transformation; digital payments e digital evolution
 Attività:
Il marchio di POSTE ha una lunga storia e riscuote molta fiducia. Poste ha una clientela ampia
e fedele: 33 mln di clienti, di cui 7,6 mln hanno un conto corrente e 3,1 mln hanno sottoscritto
polizze; la popolazione italiana è pari a 60 mln
- Servizi Finanziari (19%). Il grosso è Banco Posta, fra l’altro ha ricevuto 1.6 miliardi di
commissioni per distribuire i prodotti CdP.
- Servizi Postali (in perdita). Potrebbe uscire dal negativo per effetto della recente
deregolamentazione.
- Divisione Assicurativa (66%). Soprattutto PosteVita. Ampio margine di miglioramento
perché la base di potenziale clientela è enorme.
Nel 2015 la società ha riorientato la sua attività verso i servizi assicurativi (prodotti assicurativi di
tutela salute e casa) registrando un aumento dei ricavi del 14% a 21,4 mld (il giro d’affari totale
della società si è attestato a 30,7 mld con un +7%).
Il 25 giugno 2015 Poste ha acquistato il 10,32% di Anima Holding SpA. Il 30 luglio 2015 Poste ha
firmato un accordo commerciale di collaborazione industriale nel settore del risparmio gestito retail.
Fortemente criticata la decisione di consegna a giorni alterni delle lettere in 5.000 comuni dal 1°
aprile.
 Possibili riflessi negativi sui ricavi derivanti dallla riduzione delle attivita’
Dal 1° aprile 2016 inoltre Poste Italiane non eroga più il servizio di notifica “Data Certa” ossia
il timbro sui documenti necessario a fornire la prova che il documento è stato formato in un
determinato giorno, mese, anno. È tramontato anche un altro storico servizio di Poste Italiane, il
timbro postale.
I ricavi dell’attività postale sono destinati a ridursi ulteriormente a causa della sostituzione delle
notifiche giudiziarie a mezzo posta con quelle a mezzo PEC (circa 380 mln di ricavi) .
Valutazioni prospettiche
1. Tenuto conto della posizione finanziaria netta (oltre 8 mld), delle potenzialità di crescita e della
diffusione capillare degli sportelli, ove lo Stato privatizzasse una percentuale tale da rendere
scalabile Poste, questa potrebbe divenire un obiettivo per una o più Banche che attraverso
l’acquisizione e l’eventuale “spezzettamento” di poste potrebbero risolvere problemi di
capitalizzazione. Ciò, sulla falsa riga di quanto è accaduto per Telecom in prospettiva, potrebbe
comportare anche forti problematiche occupazionali.
2. In ogni caso, tenuto conto della strategicità di POSTE, dell’obbligatorietà alla presenza di
almeno un operatore nazionale che garantisca il servizio di consegna su tutto il territorio, della
rilevanza occupazionale di POSTE, ogni ulteriore cessione di quote non dovrebbe prescindere
dalla fissazioni di adeguati poteri speciali riservati allo Stato (simil golden share)
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3. L’analisi dell’andamento dei ricavi nei diversi anni dimostra come l’attività prevalente di
POSTE sia sempre più di tipo finanziario (merchant banking). Tenuto conto da un lato della
capillarità della diffusione degli uffici postali e della buona percezione sino ad oggi assicurata
nei risparmiatori/clienti dal soggetto POSTE, in quanto soggetto pubblico, tradizionalmente
emittente di strumenti a basso rischio e non legato agli scandali bancari e dall’altro della
competizione nel recapito dei pacchi da parte di operatori privati, lo spostamento verso
l’attività di tipo finanziario non può che incrementare nel tempo.
Tale premessa implica che il personale di Poste sarà chiamato sempre più a svolgere l’attività
del dipendente bancario anche se, allo stato, il loro regime retributivo è circa 2/3 di quello di
questi ultimi.
Ciò pone due ordini di problemi dal punto di vista dei dipendenti si spostarsi verso il contratto
bancario e dal punto di vista degli altri operatori finanziari la necessità di evitare pratiche di
concorrenza sleale.
4. Il mercato, gli analisti finanziari e i risparmiatori percepiscono positivamente le prospettive di
crescita del titolo di POSTE:
a) se si analizzano i principali studi disponibili su POSTE (9 studi prodotti da Mediobanca,
Equita SIM, Banca IMI, Kepler Cheuvreux, UBS, Goldman Sachs, ICBPI, Morgan Stanley
e J.P. Morgan), le loro previsioni a un anno, con un prezzo attuale di € 6,43, sono in una
forchetta tra € 7,13 e € 8,5;
b) confrontando l’andamento del titolo POSTE e quello dell’Indice di borsa, si può osservare
come il titolo POSTE si sia ripreso dalla fase di contrazione dei mercati (generata, tra le
altre cose, da alcuni scandali bancari, da eventi di politica internazionale legati anche al
terrorismo e dalla dinamica dei prezzi del petrolio), in modo più consistente e più
rapidamente della media degli altri principali titoli, tanto da tornare sui valori dell’IPO
(valori pre crisi) mentre l’indice cede ancora oltre il 30% del suo valore di ottobre 2015.
16
Commenti al piano industriale poste – Impact&social innovation
Dal 2002 al 2014 sotto la gestione Sarmi Poste Italiane ha vissuto un periodo di forte
riqualificazione dei propri bilanci, di migliore posizionamento aziendale nel mercato e di
innovazione di prodotto. In particolare è in questo periodo che si determina lo sviluppo dei servizi
assicurativi e finanziari contemporaneamente alla riduzione dei ricavi e dei margini sui servizi
postali “standard”.
La gestione e le scelte strategiche enunciate nel piano strategico 2015-2020 dall’AD Caio, sono, per
le informazioni in nostro possesso, più vicine allo sfruttamento dello status quo che all’innovazione.
Grazie alla gestione precedente lo status quo non è uno stato immobile. E’, al contrario, uno status
di dinamica chiara:
- Ricavi e margini crescenti sul comparto assicurativo;
- Ricavi crescenti ma soprattutto margini crescenti nel comparto bancario, con una capillare
raccolta (oltre 45 miliardi tra conti, libretti e buoni postali) ed una presenza sorprendente nelle
carte (ultima: Postepay evolution);
- Ricavi decrescenti e margini negativi nel comparto servizi postali;
- Ricavi positivi e presenza stabile nel settore della telefonia Mobile, con Poste Mobile eccellenza
europea.
Realizzato con successo il primo round di privatizzazione è probabile aspettarsi un secondo round
entro la fine dell’anno, con la riduzione della proprietà del Tesoro dal 65% al 35%.
Il piano indica come proiezione inerziale al 2019 la decrescita tendenziale dell’EBIT Margine,
segnando al 2018 il passaggio da positivo a negativo (sulla base della riduzione già avvenuta del
13% tra il 2010 e il 2013), promettendo grazie al piano il cambio di orientamento della curva che
dovrebbe così vedere al 2019 risultati superiori e in pendenza di crescita rispetto al 2013.
Il piano si basa su 3 elementi:
- La logistica e i servizi postali;
- I pagamenti e le transazioni;
- Il risparmio e le assicurazioni.
In particolare, nel descrivere gli elementi centrali della crescita risulta chiara la volontà di:
- Puntare sulla riduzione dei costi (uffici, persone) legati alla logistica e servizi postali standard;
- Operare in visione del rafforzamento del ruolo dell’e-commerce, dell’automazione e dei
pagamenti elettronici;
- Aumentare la presenza nella gestione del risparmio, della previdenza Salute/Casa e degli
Investimenti;
- Convertire, investendo in formazione e infrastrutture, le competenze e dotazioni attuali in
funzione dei punti di cui sopra.
Il quadro descritto, ed ampiamente documentato, pur riconoscendo l’asset distintivo caratterizzato
dalla capillarità degli uffici e dai servizi storici postali, sta in realtà costruendo le basi che
renderanno altamente probabili 3 operazioni:
- La fortissima contrazione nel comparto logistica e pacchi, che potrà portare
a) nel breve/medio-termine a mantenerlo “confinato” alle posizioni di mercato nelle quali esiste
un vantaggio comparato storico più che altro determinato da rapporti con le altre parti dello
Stato
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b) nel medio/lungo-termine alla vendita dello stesso agli attori privati che nel frattempo
continueranno ad investire sfruttando i “buchi di innovazione e servizio al cliente” lasciati
da Poste;
- La caratterizzazione di PI sempre più come merchant bank da un lato, provider e broker di
prodotti assicurativi dall’altro;
- Il possibile vantaggio e incentivo ad alienarsi quei servizi non strettamente legati a questo
andamento “core” (Poste Mobile).
Vediamo perché.
Competizione e mercato customer-driven
Nel momento in cui PI si misura col mercato liberalizzato ed essa stessa entra in una dinamica di
aspettative private dei suoi azionisti comprensibilmente farà le scelte che dimostrano già nel breve
termine i maggiori risultati in termini di EBITDA ed EBIT.
Il settore della logistica è sempre più dominato dalle grandi piattaforme e-commerce (Amazon,
Alibaba, Ebay, ecc.). Sono questi gli attori che governano il mercato ed è in riferimento a questi che
la logistica e le consegne si riorganizzano. Come ampiamente documentato in accademia e nelle
riviste di settore (vedi Postal Innovation Platform e le relative newsletter dal 2014 al 2016), non è
credibile che PI possa sviluppare in proprio soluzioni per il mondo e-commerce con sufficiente
velocità per attestare già dal 2016/17 la propria presenza competitiva in questo settore. I processi
innovativi in Poste, anche quelli del periodo 2002-2014, hanno una gestazione media di 2,5 anni. Il
settore e-commerce è molto più veloce e molto ben presidiato.
Le esigenze che il mondo e-commerce esprime nei confronti della logistica sono anch’esse
ampiamente documentate, e sono riassumibile come segue:
- Identificazione & Tracciamento efficaci;
- Abbassamento dei prezzi nelle spedizioni transfrontaliere;
- Maggiori esigenze in termini di tempi di consegna, luoghi di consegna e re-indirizzamento;
- Standardizzazione del labeling;
- Soluzioni per la riconsegna;
- Collezione e condivisione dei dati.
Dati i volumi di crescita e la vivacità del mercato la ricerca di soddisfazione a queste esigenze è
un’impellenza di ORA. E’ adesso, subito, che Amazon ha bisogno di queste soluzioni.
Dal punto di vista del cliente è verificato che la maggior parte degli italiani a domanda diretta
ritiene adeguata la consegna a giorni alterni. Anche questa però è una considerazione da status quo.
La crescita del digitale e le esigenze legate all’informatizzazione non più solo del mondo business
ma anche ed ampiamente di quello privato tenderà a far scegliere sempre più quei servizi che
integrano velocità, digitale e costo.
Sono già presenti le offerte di Nexive sulla posta ibrida che concorre con la stessa di PI proprio in
questa direzione. Nella competizione di mercato, in assenza di investimenti dedicati, sarà sempre
più difficile mantenere soddisfazione su questa dimensione, la quale si rivelerà vera nelle intenzioni
ma non mantenuta nelle scelte. Per fare un esempio parallelo oltre il 90% delle donne italiane
ritiene che la sanità pubblica sia preferibile a quella privata. Eppure oltre l’80% delle donne in
gravidanza si fanno assistere da un ginecologo privato.
Nel tempo attuale comanda molto di più la soddisfazione del cliente rispetto alla proposizione
dell’offerta, rispetto alla quale il cliente può dirsi d’accordo senza minimamente far però a questo
corrispondere il proprio comportamento d’acquisto.
18
Open Innovation come approccio al piano industriale
Ammettendo la buona fede del Piano Industriale e del management che l’ha redatto, e dunque
l’effettiva volontà di rilanciare anche la parte logistico-postale (con i suoi uffici e persone)
adattando il business alle mutate condizioni di mercato, manca a nostro parere nel piano un
ingrediente fondamentale.
Date le considerazioni di cui sopra il modello di innovazione non può essere lo stesso seguito nel
periodo 2002-2014, ovvero un modello basato sull’identificazione di opportunità di mercato nelle
quale si entra con soluzioni costruite in-house. Se vogliamo dare una chance al ramo storico di PI e
alle sue risorse umane e strumentali e contemporaneamente non accontentarsi di piccole quote
legate al comparto e-commerce è necessaria una convinta scelta di modello basata sull’Open
Innovation. Il maggior impatto sociale e ambientale del ruolo di PI è infatti a nostro avviso
ritrovabile nel momento in cui PI si comporta come piattaforma aperta, abilitante le innovazioni
tanto utili al suo piano industriale quanto positive per le persone.
Per Open Innovation si intende il processo interno ed esterno di attrazione di conoscenza e risorse
(Chesbrough, 2006) basato su:
- L’utilizzo di idee tanto provenienti dall’interno (dipendenti, manager) quanto dall’esterno
(clienti, università, startup, competitor) per sviluppare innovazione;
- La strutturazione di un processo costante, e dunque aziendalmente codificato e più rapido dei
normali processi aziendali, di ricezione e sperimentazione delle proposte innovative che superi
la sindrome del “not-invented-here”;
- La determinazione strategica e tattica delle alleanze, anche con competitor, che più
velocemente permettano il posizionamento nei mercati di riferimento.
In altre parole stiamo suggerendo il fatto che l’innovazione necessaria a sostanziare il Piano
Industriale, per necessità di velocità e flessibilità, ha bisogno dell’intelligenza collettiva, sia interna
che esterna. Al di là delle volontà, che ripetiamo assumiamo in sincera buona fede, saranno il tempo
prima e la forma privata poi a rendere più conveniente per tutti (management, proprietà e alla fine
anche Stato) dedicarsi ai servizi in cui già c’è un posizionamento vincente (assicurazioni e banca),
arrivando al massimo, come già detto, a mantenere quella parte di servizi postali minima su cui per
il privato puro sarà ancora per qualche anno (decennio) impossibile scalzare Poste.
Ri-orientare il piano in questa ottica comporterebbe dunque:
a) Ripensare il ruolo degli uffici postali, riconosciuti unanimemente come presidi territoriali
socialmente fondamentali, aprendo a proposte che provengano da ovunque (cittadini,
organizzazioni, imprese, ecc.). E’ più difficile immaginare un’unica nuova funzione in grado di
“salvare” i presidi territoriali dall’impatto del digitale e della automazione rispetto invece ad
aprirli a molteplici e ibride funzioni per come potrebbero essere pensate direttamente da chi
intende utilizzarli. Un processo aperto ha maggiori probabilità di successo e di ritorni;
b) Aprire ad un percorso di innovazione interna che interessi tutti i servizi del Gruppo Poste. I
dipendenti sono spesso una “miniera” di informazioni sulle piccole inefficienze che impattano
sulla qualità dell’offerta complessiva. Stimolare la competizione interna a partire dalla
produzione di idee e proposte e l’attivazione di risorse economiche dedicate tanto per il test
delle stesse quanto per i premi ai dipendenti che le pensano/realizzano;
c) I big players del mondo e-commerce hanno esigenze e spesso anche soluzioni in-house. Sono
sempre più diffuse le soluzioni digitali, web-based, tecnologiche ma anche logistiche che si
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appropriano di “pezzetti” della filiera perché in grado di dare più velocemente le risposte (un
esempio su tutti: il comparatore di spedizionieri in grado di permettere scelta, gestione ordini,
stampa lettera di vettura e tracking). Swiss Post ha strutturato l’innovation management
basandolo sulla raccolta continua e sperimentazione immediata delle soluzioni unendo così la
propria forza in termini di dimensioni con la freschezza e flessibilità delle idee provenienti da
startup, PMI e accademia;
d) Scegliere, dichiarare ed impegnarsi ad utilizzare parte dei fondi della quotazione in borsa ai
fini sopra dedicati. Destinarli totalmente all’abbattimento del debito italiano è una scelta
pubblica miope, al servizio di una visione di brevissimo termine, senza alcun beneficio per
l’azienda. Allo stesso tempo pensare di fare innovazione senza investimento dedicato è
improbabile.
20
Riorganizzazione produttiva e relazioni industriali in Poste Italiane
1. I sindacati e la contrattazione collettiva
Poste Italiane vanta, sul terreno delle relazioni industriali, un assetto molto consolidato e articolato,
con pratiche ispirate al confronto continuo fra la parti, attraverso il combinato disposto di una
negoziazione multi-livello e svariate sedi bilaterali di concertazione e consultazione. Ciò riflette
storicamente i livelli straordinariamente elevati di sindacalizzazione nel Gruppo, che fra i 137.000
addetti del Gruppo, raggiunge una media dell’80%; ben oltre il doppio del dato medio nazionale,
che fa di questo specifico comparto uno dei più sindacalizzati del paese. Su di esso, va detto, incide
anche l’anomalia delle deleghe multiple, suscettibile di ingenerare qualche distorsioni sul dato
effettivo qualora si passasse al sistema di certificazione preposto dal Testo Unico del 2014, su
rappresentanza e contrattazione.
La Slp-Cisl è storicamente l’organizzazione di gran lunga più rappresentativa, raccogliendo circa
la metà delle adesioni, sia in termini di iscritti che di voti (46% alle elezioni RSU del 2012).
Un’incidenza tale da configurare una peculiare federazione nazionale mono-aziendale, simile in ciò
a Uil-poste, a differenza dell’organizzazioni affine di Cgil, in cui i lavoratori delle poste afferiscono
ad una federazione nazionale di categoria (Slc) che ricomprende il più ampio universo dei lavoratori
delle comunicazioni. Un dato, questo dei sindacati nazionali mono-aziendali, che ha storicamente
concorso a forgiare e ad accentuare – in questo particolare settore delle relazioni sindacali italiane –
alcuni tratti particolarmente corporativi e notoriamente consociativi, sia col management (non di
rado di provenienza sindacale e segnatamente cislina) che con l’attore pubblico, a lungo in grado di
avvalersene in chiave clientelare.
La Slc-Cgil è il secondo sindacato in azienda, col 14% circa degli iscritti e il 20 dei voti, davanti
alla Uil.poste. Le organizzazioni che accedono ai tavoli negoziali sono in tutto sei: le tre sigle dei
confederali, l’Ugl, la Failp-Cisal e la Confsal, con queste ultime nate da un distaccamento di ex
quadri e rappresentanti della Cisl, in grado di raccogliere il 6-7% dei voti per le RSU/RLS.
Questi dati variano nelle altre aziende del gruppo – ad esempio nel ramo recapiti – dove la Slc-
Cgil risulta essere il primo sindacato. La diffusione delle rappresentanze nei luoghi di lavoro, sulla
base dei parametri dimensionali stabiliti dal contratto nazionale, è particolarmente capillare. Il loro
numero attuale è stimato intorno ai 2.150, a fronte di poco più di 13 mila uffici sparsi su tutto il
territorio nazionale, a cui vanno aggiunti i numerosi centri di recapito ed i centri di meccanizzazione
postale.
Impiegando il criterio di misurazione della rappresentatività negoziale stabilito nel Testo Unico
del 2014 – media ponderata fra iscritti e voti nelle elezioni per le RSU – l’organizzazione della Cisl
si attesta esattamente al 50%, contro il 18% della CGIL.
Tuttavia, il sistema contrattuale di Poste Italiane si discosta da quello derivato dal protocollo del
’93, a cui pure si rimanda, ed ora rimodulato dal “trittico sindacale” 2011-14, che non è stato ancora
recepito. Anche a dispetto del fatto che il gruppo costituisce il maggior contribuente in seno a
Confindustria. L’anomalia maggiore risiede – alla stregua di poche altre grandi imprese a rete, e da
qualche anno la FIAT/FCA – nel fatto che il contratto nazionale di lavoro corrisponde col solo
ambito giuridico del gruppo Poste Italiane, non configurando di conseguenza quelle caratteristiche
settoriali che altrimenti connotano il primo livello contrattuale del nostro sistema. Alcune aziende
del Gruppo, come ad esempio Mistral o SDA, non sono coperte dal CCNL di Poste Italiane, che si
applica invece alle varie aziende di ramo o comparto (Postel, Postel Print, Docutel, Poste Vita,
Postecom, BancoPosta, PosteShop, Poste Assicura, Poste Tributi, Poste Energia), che compongono
il conglomerato del principale gruppo infrastrutturale italiano. Le altre aziende che svolgono
attività di recapito (es: Nexive) applicano il CCNL delle agenzie di recapito.
L’ultimo contratto nazionale, siglato il 14 aprile 2011, ed è scaduto il 31 dicembre 2012. Nel 2013
si è stipulato un accordo ponte che ha previsto l'erogazione di un quantum economico e la
21
rivalutazione del valore punto (parametro su cui si misurano gli aumenti contrattuali) ed è ora in
corso la trattativa per il rinnovo complessivo del CCNL. Ci torneremo alla fine.
I livelli contrattuali contemplati dal CCNL sono formalmente due: quello nazionale di Gruppo (di
durata triennale) e quello di secondo livello, che per Poste Italiane Spa si svolge in ambito
regionale, con alcune materie rimandate a livello di interlocuzione nelle unità produttive. Per le
aziende del Gruppo diverse da Poste Italiane, assetti e contenuti sono pressoché gli stessi, senza
però la previsione di un livello regionale.
I contenuti e le procedure che regolano i due livelli, nonché il loro coordinamento, appaiono ben
formalizzati e piuttosto esaustivi, alla stregua delle pratiche migliori presenti nel panorama
contrattuale nazionale. Alla suddivisione piuttosto canonica di attribuzioni e competenze di
carattere generale, il CCNL aggiunge la “gestione delle conseguenze sul piano sociale
dell’attuazione dei processi di riorganizzazione e/o ristrutturazione e/o trasformazione aziendale che
abbiano ricadute sulle condizioni di lavoro, ivi ricomprendendo di mobilità collettiva”. Obiettivo a
cui si lega coerentemente quello per il quale l’Azienda “fornirà alle OO.SS. nazionali stipulanti il
presente CCNL, una informativa preventiva con indicazione contestuale della data dell’avvio del
confronto, che sarà finalizzato a ricercare possibili soluzioni per governare gli effetti sociali di cui
sopra”. Analogamente, si procederà qualora le misure abbiano una rilevanza di livello territoriale.
Quest’ultimo riguarda principalmente le erogazioni economiche variabili – nella forma di un premio
di risultato – e l’organizzazione del lavoro, relativamente ai nuovi regimi di orario, telelavoro,
ricorso al tempo determinato, la gestione delle conseguenze sul piano sociale – anche qui – in caso
di attuazione dei processi di riorganizzazione e/o ristrutturazione e/o trasformazione aziendale che
abbiano ricadute sulle condizioni di lavoro, ivi compresi processi di mobilità collettiva territoriale,
qualora i richiamati processi riguardino una sola regione.
Le delegazioni sindacali territoriali hanno una composizione numerica che varia in relazione alle
diverse dimensioni regionali e si compongono di dirigenti RSU provenienti da Unità Produttive e,
nominati dalle OO.SS., ammesse ai tavoli negoziali. In ogni singola U.P. la delegazione sindacale si
compone di non più di un dirigente RSU eletto in rappresentanza di ciascuna lista che ha ottenuto
seggi presso la U.P., congiuntamente a non più di 1 dirigente sindacale delle strutture territoriali di
ciascuna OO.SS. stipulanti il CCNL.
2. Bilateralità e gestione della riorganizzazione produttiva
Tutto il sistema contrattuale è fortemente intersecato da clausole e sedi consultative di confronto e
anche gestione, come nel caso dei vari organismi bilaterali: l’osservatorio paritetico nazionale,
innanzitutto, con competenze ad ampio raggio in materia di analisi delle prospettive strategiche e
produttive del mercato dei servizi postali, situazione occupazionale nel settore, sviluppi tecnologici
e delle figure professionali, possibilità di intervento su organismi pubblici ai fini del miglior
accordo tra le esigenze dell’azienda e del mondo del lavoro con le infrastrutture esistenti, le
iniziative per migliorare l’integrazione delle persone appartenenti a categorie svantaggiate. Vi è poi
un comitato per le pari opportunità, per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro ed un ente
bilaterale per la formazione e la riqualificazione professionale. In questa importante sede si
elaborano proposte e progetti formativi da realizzare mediante convenzioni con enti pubblici o
privati, o per accedere ai finanziamenti comunitari, nazionali, regionali. L’altro pilastro della
bilateralità, alle poste, è quello del sostegno al reddito e ora – sempre di più – del welfare
contrattuale. Nel primo caso, ricordiamo come tutte le public utilities (insieme a banche e trasporti),
vennero esclusi dal regime dell’integrazione ordinaria, e che – a rimedio parziale di ciò – la legge n.
662/96, stabilì l’obbligo per tali realtà di dotarsi di un Fondo bilaterale, da istituire presso l’INPS,
col compito di provvedere al sostegno al reddito in caso di sospensioni temporanee del lavoro, in
costanza di rapporto, ma anche di provvedere eventualmente ad ulteriori prestazioni straordinarie,
come quelle legate alla riqualificazione del personale o all’accompagnamento anticipato alla
pensione. Uno strumento fondamentale che può consentire di gestire, in maniera relativamente
indolore, una profonda riorganizzazione interna; ad oggi Poste propone singolarmente, con
22
transazione tra le parti interessate, l’esodo agevolato di una quota importante di lavoratori più
anziani. Fra il 1996 e il 2016 il numero di addetti a Poste Italiane è sceso da circa 210 mila a 137
mila, senza che ciò abbia mai assunto tratti particolarmente traumatici e deflagranti sulla gestione
del personale e delle relazioni sindacali. In nessun caso, ad esempio, si è dovuto fare ricorso alla
legge n. 223 in materia di licenziamenti collettivi. E le OO.SS. hanno svolto un ruolo importante
nella gestione consensuale delle fuoriuscite, ancora di recente, quando l’originario progetto di
chiusura di circa 500 uffici postali è stato ridimensionato a non più di 200, con piani locali di
mobilità che limiteranno al massimo l’impatto sull’occupazione. Anche il ricorso al tempo
determinato, secondo le causali e i tetti previsti nel contratto nazionale, è avvenuto in un clima di
sostanziale rispetto delle procedure, senza che il sindacato ne abbia lamentato utilizzi abusivi da
parte dell’azienda, anche in deroga regionale, consentita in presenza di determinati picchi stagionali
e locali.
3. Piano industriale e risorse umane
Il nuovo piano industriale, che il Gruppo ha presentato nell’autunno del 2014, prevede – fra il 2015
e il 2019 – l’assunzione di 8 mila nuovi dipendenti, fra nuovi ingressi e conversioni, a fronte di
circa 4 mila uscite fisiologiche l’anno, per un saldo complessivo che alla fine del periodo sarà
comunque negativo. Un turn over che consentirà un significativo ringiovanimento del personale, la
cui età media è oggi di 53 anni, con la possibilità di attingere – tramite un sistema di assunzioni non
concorsuale e ispirato a meriti obiettivi – a giovani qualificati, da inserire nei nuovi gangli di un
Gruppo che si va sempre più riposizionando nei rami più innovativi della digitalizzazione e del
cloud computing, nella gestione del risparmio e dei pagamenti. Ma anche in quello dei recapiti,
secondo le nuove tendenze dell’e-commerce e dell’efficientamento delle consegne, entro i vincoli
del servizio universale.
La formazione continua e la riconversione di una parte del personale costituisce oggi una delle
maggiori sfide che attengono alla gestione del personale. Si pensi ai 37 mila portalettere, sempre più
spiazzati dalla pesantissima contrazione della corrispondenza tradizionale, solo in parte compensata
dall’espansione della consegna pacchi, legata all’espansione dell’e-commerce. Il loro
inquadramento e la declaratoria professionale attengono a funzioni esecutive e tecniche e non sarà
certo facile ripensarne compiti e mansioni.
Fra le conseguenze della crescente digitalizzazione e domiciliarizzazione dei servizi postali e
finanziari, c’è quella di una riduzione della frequenza degli uffici postali, sempre più appannaggio
della popolazione più anziana. Una risorse straordinariamente preziosa, alla quale andrà affiancata
una maggiore capacità di promozione porta-a-porta dei nuovi servizi offerti dall’azienda,
avvalendosi del presidio capillare legato alla consegna della posta. A cui potrà legarsi, previa ri-
professionalizzazione del personale addetto, un’attività di rappresentanza e indirizzo, verso i più
vicini uffici competenti. Il contatto personale, insieme alla presenza radicata della rete nei territori,
costituisce una risorsa formidabile per l’azienda, anche in vista dei nuovi compiti a cui la indirizza
il piano industriale.
L’ente bilaterale per la formazione ha finora prodotto un significativo sforzo nella predisposizione
di piani formativi e soprattutto per l’addestramento più contingente – ad esempio sulle ultime novità
dei prodotti finanziari e assicurativi – laddove forse è mancata una maggiore capacità di esercitare
un’analisi dei fabbisogni di più ampio respiro, e dei feedback, differenziando maggiormente per
tipologie professionali e realtà locali. Il nuovo piano industriale prevede un impegno significativo,
nell’ordine di tre milioni di ore l’anno, e ciò costituisce indubbiamente un’opportunità
preziosissima, anche per i sindacati, per potere – attraverso la bilateralità – concorrere ad un uso
efficace di queste risorse.
Nel frattempo l’organizzazione del lavoro, con particolare riguardo a carichi e orari, costituisce il
terreno più delicato su cui – nelle diverse U.P. – si verificano situazioni di attrito fra la dirigenza e il
personale. Il ramo che ne risente di più è quello dei recapiti, con scioperi relativi alle prestazioni
straordinarie, frequentemente richieste per insufficienza degli organici, specie in concomitanza di
23
alcuni picchi di attività. Nella prima settimana del mese, ad esempio, o nel mese di agosto, nelle
regioni settentrionali.
4. A giugno 2016, le OO.SS. di categoria hanno presentato all’azienda la loro piattaforma per il
rinnovo del contratto. I suoi punti più qualificanti consistono nel: a) recupero del potere di acquisto
dei salari dei lavoratori; b) rilancio e crescita dell’Azienda e del Gruppo in un contesto
caratterizzato da una crisi complessiva e, per quanto riguarda il Gruppo Poste, dalla liberalizzazione
e da una profonda trasformazione del mercato postale tradizionale (e-substitution). I sindacati
valutano criticamente le recenti scelte del governo in materia di privatizzazione di una quota
minoritaria del capitale di Poste Italiane Spa, ritenute foriere di un peggioramento della qualità del
servizio universale, e in grado di ledere gravemente il carattere unitario del Gruppo.
I sindacati ambiscono ad una significativa razionalizzazione del sistema contrattuale, riducendone
il numero e accrescendone l’omogeneità. Ad esempio espandendo l’ambito di applicazione del
CCNL alle altre aziende del Gruppo, che oggi svolgono attività importanti nella filiera del servizio
universale. Se da un lato si ribadisce la natura nazionale e inter-aziendale del CCNL dall’altro si
chiedono che vengano adottate anche per il Gruppo Poste Italiane le misure previste dal T.U. del
2014 in tema di certificazione della rappresentanza. Si auspica un maggiore riconoscimento del
ruolo delle RSU (e degli RLS), nonché della contrattazione territoriale, particolarmente necessaria
per la gestione dei carichi di lavoro e mobilità fra singole sedi e unità lavorative.
Le richieste economiche si attestano su un incremento di 115 euro della retribuzione complessiva;
questa somma dovrà essere ripartita nelle seguenti voci di spesa:
 incrementi tabellari
 finanziamento Fondo sanitario
 rivalutazione/estensione di alcune voci accessorie
 aumento contributo datoriale per la previdenza complementare
 incremento valore Ticket (legato comunque ai tempi di estensione, fino a copertura di tutto il
territorio nazionale, del formato elettronico)
A fianco della contrattazione e del coinvolgimento informativo e consultivo, viene chiesto di
potenziare ulteriormente gli strumenti e i canali della bilateralità – sul piano delle risorse e delle
agibilità – con particolare riguardo all’EBF, che si occupa di formazione. Come si è già accennato, i
sindacati considerano quanto mai cruciale migliorare le capacità di progettazione e analisi del
fabbisogno, in modo da prevenire e contrastare l’obsolescenza delle competenze, sviluppando al
contempo le risorse umane dell’azienda. L’altro terreno su cui adoperare la leva della bilateralità è
quello della individuazione, prevenzione, eliminazione e riduzione del rischio da stress lavoro
correlato, il cui peso sulle condizioni di lavoro si sta facendo sempre più gravoso.
Ma è sulla partecipazione alle decisioni dell’impresa che si trovano forse gli spunti più innovativi,
laddove essa viene ritenuta un autentico caposaldo delle nuove relazioni industriali, consolidando
ed espandendo gli assetti già conosciuti. L’informazione, innanzitutto, deve poter divenire
effettivamente preventiva, consentendo in questo modo un adeguato scambio di pareri nella fase
successiva della consultazione e della contrattazione. L’avanzamento più rilevante consiste qui
nell’obiettivo dichiarato di poter esplorare e porre in essere tutte le potenzialità contenute all’art. 5
dell’ultimo CCNL, a proposito della previsione di una presenza dei lavoratori negli assetti di
governance dell’azienda, adottando il sistema duale, e dunque provvedendo alla costituzione di un
comitato di sorveglianza, in cui – si legge – “i rappresentanti dei lavoratori possano davvero
incidere sulle strategie aziendali”. Il riferimento, in tal senso, va al protocollo interconfederale dello
scorso gennaio, in cui Cgil, Cisl e Uil hanno espressamente dichiarato la loro intenzione a favore di
un sostanziale avanzamento sui temi della democrazia economica ed industriale. Ed è su questo
piano che, a nostro avviso, una nuova qualità delle relazioni industriali può fattivamente concorrere
– sotto il profilo procedimentale – ad un rafforzamento condiviso e socialmente responsabile delle
politiche industriali del Gruppo.
24
- Valutazioni Sintetiche
Analisi Piano industriale
Eventi Probabilità eventi
Prospettive negative 40%
Prospettive neutrali 30%
Prospettive soddisfacenti 30%
Analisi Finanziaria
Eventi Probabilità eventi Valori medi
Prospettive negative 20% 50
Prospettive neutrali 40% 110
Prospettive soddisfacenti 40% 135
Impact&social innovation
Eventi Probabilità eventi
Prospettive negative 40%
Prospettive neutrali 30%
Prospettive soddisfacenti 30%
Riorganizzazione produttiva e relazioni industriali
Livello della qualità delle relazioni 0 pessima 6 ottima
0 1 2 3 4 5 6

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Report comitato scientifico valutazione industriale

  • 1. 1 IPI sul Gruppo Poste Italiane Comitato Scientifico di Valutazione industriale Il Comitato Scientifico di Valutazione Industriale (CSVI) è un organismo indipendente, promosso da CGIL e Fondazione di Vittorio, che ha lo scopo di indirizzare l’attività di studio e analisi di iniziative di acquisizione, partecipazione, vendita e ristrutturazione delle imprese italiane. Il Comitato è responsabile della realizzazione dell’Indagine Probabilistica Industriale (IPI) in accordo con la CGIL Nazionale e la Consulta Industriale . Il CSVI è formato da 6 persone che si sono distinte, e dunque curano l’approfondimento, rispetto a 6 ambiti di approfondimento: - L’analisi del piano industriale; - La sostenibilità finanziaria; - L’innovazione; - La compatibilità rispetto al settore e al mercato; - La reputazione sindacale; - Gli elementi di innovazione sociale e ambientale.
  • 2. 2 Il caso Poste Spa Report di: Enrico Ceccotti-Marco Tognetti-Marcello Minenna-Salvo Leonardi Indice : - Poste: Scelte di assetto azionario senza una adeguata strategia industriale pg. 02 - Poste italiane – La sostenibilità finanziaria Pg. 11 - Commenti piano industriale Poste – Impact&social innovation Pg. 15 - Riorganizzazione produttiva e relazioni industriali in Poste Italiane Pg. 19 - Valutazioni Sintetiche Pg. 23 Roma 27 6 2016
  • 3. 3 Poste: Scelte di assetto azionario senza una adeguata strategia industriale Verso la formale privatizzazione di Poste Spa La completa privatizzazione formale delle Poste Spa, dopo la collocazione in Borsa del circa 30% delle azioni dell’ottobre 2015, avviene in due ulteriori fasi: 1 – Il decreto del Presidente del Consiglio del 31-5-2016 definisce la cessione di una ulteriore quota del 29,7% del capitale del Gruppo Poste Spa entro la fine dell’anno. Si supera così il limite del precedente decreto che impediva al ministero dell’Economia di scendere sotto il 60%. Ai corsi attuali Poste vale circa 2,6 miliardi di euro, e costituisce una fetta importante delle privatizzazioni che il Ministero dell’Economia intende predisporre nel corso della seconda metà dell’anno per un valore complessivo di 8 miliardi di incassi. Nell’elenco delle operazioni figurano anche la cessione di Grandi Stazioni e la quotazione di Enav. Obiettivo dichiarato quello di ottenere risorse da destinare innanzitutto alla riduzione del debito pubblico per ottemperare agli impegni assunti dall’esecutivo con Bruxelles. Nel 2016 l’obiettivo di privatizzazioni è pari allo 0,5% del Pil nonostante sia venuta meno la tranche legata a Fs essendo la società ancora con il bilancio in rosso. Un ipotesi per superare questo intralcio potrebbe essere la fusione, in via di definizione, tra Ferrovie e Anas (in una ipotesi che integri una strategia del trasporto su ferro con quello su gomma). Un secondo obiettivo più o meno esplicito è quello di rendere il Gruppo Poste Italiane sempre più una public company con una migliore liquidità (tutta da verificare). 2 - Nelle prossime settimane dovrebbe essere formalizzato il passaggio del 35% di Poste a Cassa Depositi e Prestiti (il 35% della società dei recapiti era stato ceduto alla Cdp, che l’ha poi ripassato al Tesoro nel 2010). La quota di maggioranza delle Poste Italiane viene trasferita tramite una complessa operazione che passa per un aumento di capitale dell’istituto di via Goito. I risvolti sono numerosi. Il Tesoro pagherà l’aumento di capitale della Cdp non con soldi liquidi, ma con azioni delle Poste per un valore di quasi 3 miliardi di euro (che è appunto l’ammontare della ricapitalizzazione). Si intenderebbe così rafforzare il patrimonio di Cassa Deposito e Prestiti (che a fine 2015 era di quasi 19 miliardi) in vista di eventuali nuovi interventi a sostegno della politica economica del governo. Dargli più risorse per attuare la mission di sviluppare un piano di sostegno dell’economia italiana. L’operazione dovrebbe dall’altra parte creare ulteriori sinergie tra Cdp e Poste in modo da rendere più solidi gli accordi in essere tra le stesse società, preservando inoltre la stabilità dell’azionariato di Poste da eventuali scalate esterne. L’obbligo di Opa è stato escluso infatti dallo stesso ministero in quanto la quota conferita a Cdp continuerà ad essere gestita dal ministero dell’Economia. Il passaggio del controllo di Poste a Cdp dovrebbe infine contribuire a ridurre il rischio di revisione del contratto – che scade nel 2019 – che regola la raccolta del risparmio postale, in base a cui Poste Italiane riceve una commissione ricorrente di 0,5% sui saldi medi di buoni fruttiferi e libretti postali collocati per conto di CdP. Secondo alcuni analisti l’operazione di conferimento a Cdp creerà sinergie sugli investimenti nel lungo periodo. Un più stretto legame di governance fra Poste Italiane e Cdp potrebbe portare a sinergie in materia di investimenti di cui potrebbe beneficiare Poste Vita. C’è però il rischio che gli investimenti, vengano ritardati fino a quando la governance non venga meglio chiarita. La governance, i poteri di nomina e dovrebbero restare al ministero dell’Economia con un meccanismo simile a quello relativo alla governance dell’Eni, di cui la Cdp controlla il 25,76% del capitale. Al termine di questo riassetto azionario CdP diventa azionista di controllo di Poste Italiane con una quota attorno o poco sotto il 30% e un flottante del 70%, analogamente alle altre società che gestiscono reti di distribuzione in Italia (Snam e Terna) già in portafoglio a CdP.
  • 4. 4 Ciò consente al governo italiano di mantenere il controllo su tali società anche se, formalmente, le stesse risultano fuori dal perimetro pubblico e dunque “privatizzate”. La quotazione in borsa del Gruppo Poste Italiane rappresenta però una privatizzazione atipica, realizzata secondo un modello di “azienda invariante”: a perimetro aziendale immutato e senza alcun processo preliminare di riordino e riorganizzazione. Quali conflitti di interessi. Gli intrecci tra Poste e Cdp fanno emergere potenziali conflitti di interessi. Notevole è il peso che la distribuzione di risparmio postale per conto di CdP ha sul bilancio di Poste Italiane. Poste colloca per conto della Cdp Buoni e libretti (l’ammontare complessivo a fine marzo scorso è pari a 326 miliardi) e in cambio riceve laute commissioni. La distribuzione di risparmio postale per conto di CdP genera circa 1,6 miliardi di euro di ricavi, ovvero il 6% del totale di gruppo. Una volta che Cdp diventerà il maggiore azionista Poste viene ad essere controllata da un soggetto che è anche controparte in un contratto economico con conseguente debolezza contrattuale. Il Ministero dell’Economia e finanze per evitare questo rischio non ha ancora definito una soluzione convincente. Il posizionamento di Cassa depositi e prestiti. La CdP così configurata assomiglia sempre più ad una versione 2.0 dell’Iri. L’ultima legge di stabilità ha riconosciuto la Cdp come istituto nazionale di promozione. Secondo l’azienda la mission della Cassa è di dare un contributo per promuovere la competitività del Paese. Investire nel lungo periodo cercando di lavorare dove non arriva al mercato e in modo complementare al sistema finanziario. La Cassa controlla diverse partecipazioni di società che gestiscono reti di distribuzione (Snam e Terna) con il controllo di circa il 30% delle azioni. L'assetto azionario di Poste sarebbe dunque speculare a queste società. Nel portafoglio di CdP, che vale oltre 28 miliardi, c'è un po' di tutto: il 25% di Eni, il 100% di Sace, il 30% di Snam, Fintecna e la Cdp Equity (ex Fondo strategico) che investe in tante cose tra cui il 12,5% di Saipem e Sia (di cui parliamo più avanti). Ansaldo Energia, ex controllata di Finmeccanica è partecipata al 44,8% dal Fondo strategico e al 40% dal colosso cinese Shanghai Electric (Finmeccanica ha mantenuto un 15% ma uscirà nel 2017). E’ da tenere presente anche l’ingresso della Cdp, con una quota di minoranza, nella cordata che rileverà Ilva, primo gruppo siderurgico nazionale oggi in amministrazione straordinaria. Il piano industriale 2016-2020 di CdP è ambizioso. Prevede di fare investimenti per 160 miliardi da qui alla fine del periodo. I soldi alla Cdp arrivano per il 78% dal risparmio postale, comprensivo di libretti e buoni fruttiferi, per uno stock complessivo che a fine del 2015 valeva 252 miliardi. E’ il risparmio di tanti italiani perlopiù appartenenti alla fascia bassa e media della popolazione che mette i soldi alle Poste perché non può permettersi un consulente finanziario. I libretti postali valgono 118,7 miliardi e i buoni fruttiferi, valutati al costo ammortizzati, sono una fetta di 133,3 miliardi. Il 2015 di Cdp, però, non è stato brillante: l'utile è crollato a 893 milioni dagli oltre 2,1 miliardi dell'anno prima. Al ministero dell'Economia andrà un dividendo di circa 683 milioni. Il profitto è sceso perché i tassi d'interesse calano, ma poi la Cassa ha dovuto svalutare alcune partecipazioni, cioè quello in cui ha investito e che oggi vale meno: 145 milioni sul 100% di Fintecna e 63 milioni sulla Cdp Immobiliare. Gli investimenti non hanno però tutti lo stesso rendimento: nel 2015 Eni, ad esempio, ha distribuito a Cdp un dividendo inferiore di 140 milioni rispetto all'anno prima. La strategia annunciata dall’azienda Poste. Poste ha presentato l’ultimo piano industriale a dicembre 2014. Vediamo di capire quanto si sta attuando di quel piano e le sue criticità. Intanto vediamo l’andamento nel tempo del fatturato del Gruppo e la sua ripartizione nei vari servizi
  • 5. 5 Dal grafico si evince come negli ultimi 7 anni la crescita dei ricavi sia dovuta quasi esclusivamente alla crescita dei servizi assicurativi mentre sono rimasti quasi stazionari i servizi finanziari e quelli postali (vedi anche le valutazioni finanziarie ed Impact&social innovation). Il segmento assicurativo è divenuto il principale business del gruppo Poste. Dal lato dei ricavi il Gruppo Poste è principalmente un’assicurazione. Nel 2012 Poste Vita supera, con 9,5 miliardi di premi, il fatturato congiunto dei due segmenti dell’intera capogruppo, per poi accrescere notevolmente la distanza negli anni seguenti. Poste Vita con una struttura molto snella e soli 330 dipendenti è riuscita in dieci anni di attività a divenire la prima compagnia assicurativa per raccolta premi in Italia ed è anche la prima compagnia nel comparto della previdenza integrativa. Poste Vita nell’ultimo anno registra un crescita di premi assicurativi del 18%, una crescita molto importante la che conferma come l'azienda specializzata in polizze vita più grande del mercato italiano. Nel 2006 il Bancoposta ha raggiunto lo stesso fatturato dei servizi di recapito e si mantiene circa sullo stesso livello superandolo negli ultimi anni anche per la flessione dei servizi postali. Il Bancoposta ha 1.800 dipendenti e riconosce alla capogruppo un compenso complessivo di 4,5 miliardi per tutti i servizi svolti in suo favore. I costi non comprendono tuttavia le spese di funzionamento degli uffici postali e del relativo personale che non appartengono al Bancoposta bensì alla restante parte della capogruppo e sono imputati dunque alle funzioni connesse al recapito. Dal 2007, dunque, il recapito è il minore dei tre business. L’attività tradizionale del recapito rappresenta meno di un sesto del fatturato, una quota minoritaria e persino trascurabile. 20.098 21.837 21.690 24.060 26.260 28.512 30.740 9.376 11.200 11.270 13.830 16.160 18.770 21.400 5.227 5.060 5.000 5.310 5.390 3.964 3.900 4.967 4.940 4.810 4.650 4.450 4.950 4.790 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 Poste Italiane Ricavi per tipo di servizio 2009 2015 ricavi totali servizi assicurativi servizi postali servizi finanziari
  • 6. 6 Nel 1998, all’atto della costituzione della società per azioni, il recapito rappresentava più del 60% del fatturato. I servizi postali e commerciali hanno generato nel 2014 una perdita operativa netta di 504 milioni, che ha abbattuto del 73% il margine di gruppo (dati R&S Mediobanca). Al contrario l’Ebit dei servizi finanziari in tre anni è salito da 580 a 766 milioni e quello dei servizi assicurativi è raddoppiato da 199 a 415 milioni. La rete degli uffici postali ha però dato una grossa mano al sviluppo. I servizi assicurativi e finanziari non sarebbero riusciti a conseguire gli stessi risultati se avessero dovuto dotarsi di una propria rete distributiva anziché avvalersi dei 13mila sportelli postali. Il contributo di Poste Vita alla rete postale appare invece di portata limitata. Nelle perdite che continuano a registrarsi nei servizi postali non sono valutati i benefici indotti sugli altri due rami. Per Poste la presenza capillare di 13 mila uffici postali è quindi da considerata ancora un valore per tutto il gruppo. Soprattutto nei piccoli Comuni, oltre a rappresentare un presidio irrinunciabile della presenza dello Stato sul territorio, costituiscono un punto di riferimento per la Pubblica Amministrazione allargata. Andrebbe fatta una maggiore conoscenza e valutazione più approfondita di costi e benefici sul ruolo della rete postale non tanto e non solo in merito al servizio postale specifico quanto agli effetti indotti sugli altri servizi sia del Gruppo Poste che per le funzioni pubbliche (in primis per un servizio universale riformulato). La corrispondenza resta comunque il primo problema. Si tratta di ridefinire quali ruolo affidare agli uffici postali (secondo un’analisi di R&S Mediobanca sono quasi pari alla somma di quelli delle cinque grandi banche nazionali). Nell’azienda viene formulata la possibilità di un ampliamento di funzione nella direzione di Servizi per l’Agenda digitale, di pagamento e riscossione, la messa a disposizione di applicativi per la pubblica amministrazione, soluzioni per abbattere il divario digitale, e-commerce. Nello sviluppo del piano però questa ipotesi non appare in corso di realizzazione. Il digitale richiede un nuovo paradigma industriale con cambiamenti profondi dei processi, dei sistemi e della cultura. Bisogna combinare il digitale con le persone. Lo smartphone è sempre più l’interfaccia dei clienti ma il digital divide è ancora un ostacolo non superabile se non sul lungo periodo. Negli uffici postali la presenza di impiegati e clienti nello stesso luogo e la possibilità di essere connessi può contribuire a ridurlo. Ci domandiamo se questo ruolo, annunciato dall’azienda sia compatibile con il processo di privatizzazione in atto. Intanto nelle azioni previste dal piano industriale legate allo sviluppo non sono visibili azioni operative nella prospettiva di sviluppo della logistica, nè appaiono innovazioni nell’offerta degli auspicati nuovi servizi. Viceversa Poste si sta dimostrando attiva su diversi altri fronti: Fondo Atlante. Poste attraverso Poste Vita partecipa, con un’importante presenza, nella costituzione del Fondo Atlante. Atlante è il paracadute messo a punto dai maggiori istituti di credito e dalla Cassa depositi e prestiti per mettere in sicurezza le banche più traballanti e intervenire in caso di quotazioni flop. L’investimento di Atlante, da parte di Poste, è giustificato in un’ottica di diversificazione degli impieghi che aumentino il ritorno degli investimenti dei cittadini. L’azienda dichiara che è in linea con le politiche di investimento di Poste Vita previste nel piano industriale del gruppo. Ha investito 260 milioni in un’iniziativa che promette un rendimento del 6 per cento. Se consideriamo che la società ha riserve tecniche per 106 miliardi, di cui il 73% investite in titoli di Stato, l’operazione viene giustificata come un investimento più redditizio in cui diversificare. Presenza all’estero. Le acquisizioni, anche all’estero, sono considerate un’opportunità di crescita per l’azienda ma al momento l’interesse principale è sul mercato domestico. Inoltre le Poste sono preoccupate della mancanza di incentivi agli investimenti in prodotti finanziari di Stato. Ritiene che i risparmiatori a causa degli scarsi ritorni possano ritirare i propri risparmi. Poste si sta guardando attorno, magari all’estero, dove i rendimenti sono più alti e le regole più
  • 7. 7 chiare nell’ipotesi di offrire ai risparmiatori maggiori guadagni, portando i loro risparmi dove ci sono maggiori ritorni anche se con qualche rischio in più. Poste e Sia. Una delle acquisizioni che Poste sta valutando, possibilmente per creare valore in vista del collocamento della seconda tranche da parte del ministero per l’Economia, riguarda la Sia. La società leader è nel sistema dei pagamenti, che oggi è controllata dal Fondo Strategico che fa capo alla Cassa Depositi e Prestiti. Per ora l’operazione sembra ancora in una fase iniziale. Per Poste potrebbe essere un partner per crescere nel sistema dei pagamenti digitali e nell’e- commerce. Sia è leader europeo nella progettazione, realizzazione e gestione di infrastrutture e servizi tecnologici dedicati alle istituzioni finanziarie, alle banche centrali, alle imprese e alle pubbliche amministrazioni, nelle aree dei pagamenti, della monetica, dei servizi di rete e dei mercati dei capitali. Il gruppo Sia serve clienti in oltre 40 paesi. Ha 1.600 dipendenti, 70 milioni di utile su 150 di ricavi. Gestisce le reti di pagamento e ha per clienti la Bce, la Banca d’Italia, la Borsa di Londra, la Bundesbank. È leader europeo, progetta, realizza e gestisce infrastrutture e servizi tecnologici per banche centrali, istituzioni finanziarie, imprese e pubbliche amministrazioni: pagamenti, monetica, servizi di rete, mercati dei capitali. Il punto di partenza è che Poste e Sia avranno lo stesso azionista. Sia è partecipata col 49,48% dal Fondo strategico italiano diventato Cdp Equity. Sia è ritenuta una partecipazione strategica. Il mercato dei pagamenti digitali comincia a decollare anche nell’Italia. Nelle Carte prepagate e nello shopping via cellulare Poste e Sia crescono entrambi. Poste ha ormai 13,5 milioni di carte prepagate PostePay, più della metà del mercato; 6,5 milioni di carte Postamat; e copre il 52% del mercato degli operatori mobili di rete con PosteMobile (società di telefonia, utile per gli acquisti con il cellulare). Nel 2015 i pagamenti in questa forma sono cresciuti del 36% pari a 460 milioni di euro. Nella Sia le operazioni gestite con carte sono aumentate dell’11% a 3,35 miliardi di unità e quelle di pagamento del 4% a 2,8 miliardi. La Sia ha già Poste come cliente. Ne gestisce incassi e pagamenti come per i bollettini postali accettati dalle banche. È innovativa ed ha una rilevante presenza internazionale. Poste si rafforzerebbe nella monetica e potrebbe giocare la partita della digitalizzazione della PA e del Paese. La sinergia è già in atto in quanto Sia gestisce le transazioni su carte di credito di Poste. Nell’integrazione si potrebbe dare vita ad una piattaforma telematica che costituisca la nuova interfaccia con il cittadino e trovi punti di accesso fisici negli uffici postali. Anche in questa operazione può sorgere un conflitto d’interessi in quanto Sia è una infrastruttura portante delle transazioni fra banche. E’ possibile una reazione del mondo bancario che è cliente e socio di Sia. Il gruppo Sia gestisce la piattaforma Step 2 su cui passano tutti i bonifici e pagamenti Sepa dell’area euro, banche tedesche incluse. Le operazioni tra Poste e Cdp potrebbero non fermarsi alla Sia. Tra i dossier allo studio, anche se per ora a uno stadio molto preliminare, ci sarebbe la cessione della Banca del Mezzogiorno-Mcc, che da tempo Poste pensa di vendere in quanto non coerente con il proprio core business, alla Sace (al 100% controllata da CdP) per trasformarla poi in una banca per le esportazioni. La vera missione di Poste Definire quali sono le vere intenzioni del Governo sul futuro delle Poste è assolutamente oscuro. Di certo si vende formalmente per fare cassa senza aver esplicitato una strategia industriale. E poi è un fare cassa solo apparente in quanto, come scritto nella analisi finanziaria di seguito riportata, per i benefici effettivi per le Casse dello Stato (al netto dei dividendi delle Posta e del debito che lo Stato ha dovuto saldare alle Poste) il saldo diviene negativo in pochi anni. I danni per le casse dello Stato, in tema di mancati dividendi, sono già preventivabili. Infatti per il 2015 è stata deliberata la distribuzione di un dividendo di 34 centesimi ad azione che per il Tesoro, azionista di Poste con il 64,7% del capitale, si traduce in un assegno di 287 milioni. Anche la conferma che l'80% dell'utile netto andrà a dividendo anche nel 2016.
  • 8. 8 Ci sembra di riproporre la logica dell’incasso a breve non facendo tesoro di quanto è successo in Stet e la sua controllata Telecom, che era fino a pochi anni fa il quinto gestore di telefonia al mondo e che ora è in gravi difficoltà finanziarie e senza strategia. Non ci pare che si prenda atto degli errori che sono stati fatti negli anni passati, errori che hanno depauperato il paese, e adoperarsi per non ripeterli. Insomma una privatizzazione senza un progetto che abbia una valenza sociale e, ancor più a processi di privatizzazione non accompagnati da politiche industriali chiare e coerenti. Cosa c’è nell’immediato futuro di Poste? Sicuramente la revisione del rapporto con le famiglie, da sempre il vero bacino delle Poste. Caio, AD del Gruppo, ha parlato di vera e propria “missione” nel portare le famiglie verso nuovi strumenti finanziari, in grado di superare per rendimento quelli tradizionali, seppur con qualche rischio in più. La ricerca di una nuova frontiera del risparmio rappresenta un passaggio importantissimo per assicurare che Poste continui a dare quel livello di trasparenza e continui ad essere riferimento per il risparmio ma non è privo di rischi. La risorsa umana Nel Piano Industriale 2015-2020 si prospetta la creazione di 8.000 posti di lavoro ed investimenti per circa 3 miliardi di euro in infrastrutture e piattaforme digitali, nonché la riqualificazione degli Uffici Postali entro il 2020. I posti di lavoro che Poste Italiane dichiara di mettere a disposizione saranno per la maggior parte destinati a giovani neolaureati, ma è anche previsto un piano di conversioni di contratti part-time. Tra le figure più ricercate dall’azienda c’è quella del portalettere, le cui assunzioni si intensificano soprattutto nei periodi estivi o delle festività natalizie. Le assunzioni avvengono con contratti a tempo determinato di 3/4 mesi e stipendio che si aggira sui 1.100 euro mensili. Nel 2015 i dipendenti di Poste Italiane hanno visto incrementi per circa 1.800 e uscite per 3.200 persone "attraverso il meccanismo dei prepensionamenti e l'esodo incentivato". Nel primo trimestre 2016 ci sono stati 300 ingressi e sempre con il sistema degli esodi incentivati e prepensionamenti sono uscite 600 persone. Il posizionamento del gruppo Poste sul mercato e la sua tendenza a orientarsi sempre di più sui servizi assicurativi e finanziari non può che avere dei pesanti risvolti sul personale del gruppo. Innanzitutto consideriamo la forte concentrazione dello stesso sulle attività tradizionali nonché l’alta età media (52 -53 anni) e il profilo professionale degli addetti a vario titolo al servizio postale e con bassa competenza su attività sia finanziarie che di Information e Comunication Technology. Professionalità per lo più obsolete per le future prospettive del gruppo. Né dal piano appare una sufficiente esigenza di affinare la gestione manageriale delle risorse umane ossia la valutazione corretta delle competenze presenti in azienda. Non troviamo nelle dichiarazioni dell’azienda una esplicita volontà di fare emergere quel sapere tacito comunque presente nei dipendenti, tramite modalità formative e lavorative innovative. Il tema della formazione diviene dunque centrale. E’ necessaria la costruzione di percorsi formativi più complessi di quelli attualmente in essere, che superino i confini del mero addestramento per arrivare a costruire professionalità che abbiano rispondenza con la complessiva attività processuale e di prodotto coerente con la strategia del gruppo e che risponda alle esigenze dell’utenza e dei lavoratori e coerente con gli investimenti nella riorganizzazione efficiente dei servizi. Sul fronte delle relazioni industriali emerge da una parte una dichiarata volontà di fare dell’azienda postale il ‘laboratorio’ di moderne relazioni industriali aprendo all’azionariato collettivo proprio con il coinvolgimento diretto dei lavoratori nelle scelte strategiche dell’azienda (vedi il contributo su relazioni industriali). La gestione pratica sembra però più finalizzata a ridurre al massimo la conflittualità con alcune pratiche consociative ma senza la esplicita volontà di confrontarsi sui veri problemi della riconversione del personale e soprattutto con una adeguata analisi dei fabbisogni professionali basati sulle prospettive strategiche a partire dalle attuali competenze presenti.
  • 9. 9 Insomma non si evince una grande alleanza tra azienda, lavoratori e azionista pubblico. La non attuazione di una politica del personale che vada in questa direzione, è la ulteriore obsolescenza professionale e la demotivazione della manodopera presente in azienda, la riduzione della qualità dei servizi con l’inevitabile drastica riduzione dei posti di lavoro imposta in ultima analisi da questo processo repentino di privatizzazione. Evoluzione inerziale sulla base delle scelte governativa Sulla base delle scelte di privatizzazione messe in atto dal Governo e in base al posizionamento strategico del gruppo Poste vediamo di simulare quale potrebbe essere la sua evoluzione inerziale in un’ottica esclusivamente di mercato. Le Poste si candidano a diventare un soggetto forte nella gestione dei flussi di capitale. Poste Italiane diventerà sempre più forte nel settore del risparmio gestito e nelle assicurazioni. Le Poste privatizzate potrebbero evolvere esclusivamente in una banca. Se si volesse applicare rigorosamente l’abc della finanza per valorizzare al massimo il potenziale strategico di un’impresa converrebbe separare le diverse linee di business e poi venderle, in modo che chi sia interessato alla banca compri la banca e non altro, e così via. Nella ottica pura di mercato il management dovrebbe puntare alla massimizzazione del ritorno degli investimenti da fare per raggiungere il massimo profitto. In questa ottica la scelta ricadrebbe nel caratterizzare il gruppo sempre più come una Merchant Bank e sfruttare il crescente mercato delle assicurazioni. Le conseguenze di questa logica farebbero sì che il servizio più corposo di Poste (in termini di struttura e personale), ossia il monopolio nella grande parte del settore postale, verrebbe depotenziato. Ma senza la presenza capillare degli uffici postali, Poste italiane diventerebbe una banca non diversa dalle altre. Ma anche Poste Mobile, che conta sul potere di mercato negli altri servizi per sostenere i suoi servizi finanziari attraverso la rete telefonica, non si distinguerebbe molto dalle altre normali imprese telefoniche “virtuali”. Si ridurrebbe di molto la possibilità, come fa oggi, di attirare gli investitori. La rete serve a vendere prodotti che non afferiscono al servizio universale. Il frazionamento dei servizi farebbe emergere l’insostenibilità economico-finanziaria del servizio postale che è legato a un mercato strutturalmente in declino. Ma nelle condizioni attuali diventano sempre meno competitivi perché il servizio postale tradizionale diventa sempre più limitato1 . Anche in un’ottica di privatizzazione dismettere le attività tradizionali senza rimetterci troppo implica il superamento delle inefficienze finora non intaccate. Diciamo che se la privatizzazione avrà luogo non sarà senza costi per i lavoratori, per gli utenti e per le imprese. I discutibili proventi per la finanza pubblica derivanti da privatizzazione produrranno pesanti effetti collaterali per l’insieme del Paese. In alternativa alla esternalizzazione, per evitare che i servizi tradizionali come i servizi postali diventino sempre più marginali, sarebbero invece necessari massicci investimenti con redditività incerta e differita in direzione di un rinnovato servizio universale per i recapiti avvalendosi di più delle tecnologie informatiche e sfruttare le potenzialità del mercato dell’ e-commerce avvalendosi (come dice Tognetti nel suo contributo) di modelli organizzativi basati sulla open innovation. L'e- commerce è il futuro mentre il servizio universale delle lettere perde terreno e non è più remunerativo. Ma l'e-commerce è legato anche al sistema dei pagamenti e si potrebbe sfruttare la platea dei clienti Postepay che ha due milioni di clienti e che concorre alla crescita di Bancoposta. Lo sviluppo dell’e-commerce richiede però una profonda reingegnerizzazione della catena logistica, una fortissima riqualificazione della mano d’opera e più in generale un forte riorientamento delle funzioni dei siti territoriali (uffici postali e centri di smistamento). Inoltre alla reingegnerizzazione dei processi, delle reti e delle modalità distributive deve accompagnarsi un’adeguata attività di 1 Il trend internazionale e nazionale di decrescita costante della posta tradizionale,
  • 10. 10 marketing. Si dovrebbe insomma, per riconquistare quote di mercato, investire fortemente in innovazione nel segmento della consegna fisica delle merci, esercitare un'azione congiunta sui prezzi e sul livello di affidabilità. Senza questi interventi Poste Italiane nella gestione del commercio on line e dell'efficiente trasporto fisico delle merci e digitale delle informazioni ad essa attinenti, sarebbero relegate a giocare un ruolo marginale (vedi contributo di Impact&social innovation). E quindi si ripropone il tema dell’esternalizzazione come naturale scelta finale con conseguente drastica riduzione del personale. Potrebbe diventare conveniente anche esternalizzare i servizi telematici o concentrarli in società collegate. In questa logica le attività transazionali svolte tramite Poste Mobile, che costituiscono uno dei paradigmi per la sinergia tra aziende del Gruppo, potrebbero diventare strumenti sostitutivi alla consegna materiale di posta e giornali sarebbero svolte, una volta venduta questa società, da altre imprese magari multinazionali o addirittura gestite da società controllate da Post Office esteri. Ad esempio in Giappone hanno preferito spezzare in tre l’azienda Japan Post facendo guadagnare di più al governo. Nell’ottica della pura privatizzazione si avrebbe nei fatti una negazione della visione strategica del Gruppo configurata dal Piano Industriale 2015-2019 e riaffermata da gruppo dirigente in diverse occasioni. La naturale gestione privatizzata andrebbe in contraddizione con le affermazioni dell’azienda di rendere gli uffici sempre più multifunzionali in cui “il postino non diventa operatore finanziario, ma può consigliare a chi rivolgersi nell'ambito del nostro gruppo” ”diffusore di cultura digitale dove gli uffici postali sono una rete fisica importante” (dichiarazione di Caio). Si perderebbe l’opportunità di mettere Poste a servizio del rilancio economico del Paese, di smembrare una grande realtà infrastrutturale del Paese e non cogliere le potenzialità di ulteriore sviluppo del servizio reso ai cittadini, alle imprese, alla Pubblica Amministrazione. Infatti con la realizzazione dell'identità digitale e la password unica al cittadino si aprirebbe un orizzonte che permette di accedere a tutti i comparti della pubblica di amministrazione e di regolare atti e pendenze, semplificando la vita dei cittadini. L’esigenza di innovazione sui servizi pubblici necessaria al sistema Paese Italia andrebbe ricercata altrove. In questa logica non si intravedono soggetti che possano giocare un ruolo di sostegno a riforme che coinvolgano i diversi aspetti della relazione Stato-cittadino e del sistema di distribuzione di merci e servizi fortemente connesso al tema della digitalizzazione. Chi sarebbero allora i soggetti che potrebbero concorre all'attuazione dell'Agenda Digitale (una delle riforme principali della PA e quindi, complessivamente, della relazione tra Stato e Cittadino)? L'attuazione dell'Agenda Digitale ricomprende, tra gli altri, il tema della fatturazione elettronica, estesa a Province e regioni, dei pagamenti elettronici, dell'anagrafe digitale e del fascicolo sanitario elettronico. Chi dovrebbe contribuire a raggiungere gli obbiettivi di e-government, oltre all’innovazione nei servizi ed al miglioramento delle performance della PA, comprensiva dell’innovazione tecnologica nelle infrastrutture di informatica e di telecomunicazione? Ad esempio il sistema pubblico di identità digitale (SPID) che prevede Postecom S.p.A, azienda del Gruppo, come una delle tre autorità certificatrici italiane della nuova Identità Digitale non potrebbe essere inclusa nel perimetro del gruppo in una logica di pura privatizzazione. Già oggi Poste esercita attività a sostegno della realizzazione della digitalizzazione del paese con la fornitura di alcuni strumenti necessari ed indispensabili perché la digitalizzazione dispieghi i suoi effetti. Poste Italiane esercita un ruolo centrale in relazione al suo radicamento territoriale. Pensare alla rete di uffici postali presenti sul territorio quali punti di accesso pubblici digitalizzati sembrerebbe la perfetta declinazione anche di un rinnovato servizio universale. La rivisitazione delle modalità di erogazione del servizio universale passa dal forte radicamento territoriale di Poste e dal valore aggiunto dato dalla prossimità del servizio.
  • 11. 11 Il valore aggiunto costituito dalla rete fisica andrebbe perduto anche in relazione ai servizi finanziari e assicurativi che fino ad oggi hanno contribuito alla forte incremento di questi servizi. Ci troviamo per concludere di fronte ad un bivio: - Lasciare al mercato e alle capacità del suo management lo sviluppo del Gruppo Poste lasciandolo agire come una azienda privatizzata che pensa solo alla remunerazione degli azionisti. - Esercitare una direzione pubblica tale da tutelare i principi di uguaglianza di accesso e di fruizione ed interpretare e prevedere le mutevoli esigenze del paese e dei cittadini. Sulle scelta già decise dal governo di affidare a Cassa depositi e Prestiti il pacchetto di controllo diventa chiaro che tutto dipenderà dagli indirizzi e dall’assetto che la stessa Cassa acquisirà in futuro. L’unicità del Gruppo ci pare però il prerequisito irrinunciabile allo svolgimento del suo ruolo. Del resto la sua solidità patrimoniale consentirebbe, con un ampiamento delle sinergie dei vari servizi, anche investimenti in altri segmenti produttivi che abbiano una ratio industriale di congruenza e completamento delle attività già in essere. Questo però è oggetto di ulteriore approfondimento sulle prospettive di CdP e del suo ruolo per lo sviluppo del Paese.
  • 12. 12 Poste italiane – La sostenibilità finanziaria Le privatizzazioni in Italia:  è stato preventivato dal Governo un ricavo di mezzo punto di PIL l’anno (8 mld) nel triennio 2016-2018 da ottenere con le privatizzazioni per poter far fronte alle richieste BCE.  Nel Dpcm del 16 maggio 2014 era stato fissato il limite massimo delle privatizzazioni al 40%. Quindi per dare il via alla seconda operazione di privatizzazione su Poste è necessario un intervento normativo per modificare nel Dpcm il limite massimo di privatizzazione.  A metà aprile dovrà essere predisposto un nuovo documento di finanza pubblica (con coinvolgimento della Cdp) Le operazioni di svendita del patrimonio pubblico:  Molti parlano di svendita del patrimonio pubblico che ha come committente l’Unione Europea e come beneficiari i grandi gruppi stranieri  POSTE: prima privatizzazione - Il 27 ottobre 2015 offerta globale di vendita (Ipo) sul MTA di 461.104.008 azioni ordinarie pari al 35,3% del capitale sociali; lo Stato ha ridotto la sua partecipazione al 64,7% - A privati e ai dipendenti sono state destinate il 30% delle azioni, il restante 70% invece è stato appannaggio degli investitori istituzionali - Per sollecitare le richieste globali Poste Italiane ha garantito un payout almeno dell’80% per il periodo 2015-2016 - A conclusione del periodo di offerta, il prezzo di valorizzazione di un’azione è stato fissato in 6,75 euro per azione. - Lo Stato ha incassato 3,1 mld. Successivamente alla privatizzazione lo Stato ha dovuto pagare 2,6 mld di debiti pregressi vantati da Poste verso lo Stato. (Vedi Tabella 2 per comprendere la convenienza dell’operazione)  Poste: ora si ipotizza possa passare alla seconda privatizzazione - l’impegno del Governo a non vendere ulteriori quote di Poste scade in aprile 2016 (clausola di lock-up di 6 mesi) - si ipotizza una cessione di un altro 30% (scendendo dal 65% al 35%) - con un incasso per lo Stato di altri 3 mld  Ferrovie dello stato: la privatizzazione di Ferrovie dello Stato è saltata per il 2016 ed è stata rimandata al 2017  Enav: dalla privatizzazione Enav entreranno nelle casse dello Stato al massimo 1,8 mld (tra i 750 mln e 1 mld). Poste italiane - risultati annuali 2015: FONTE ANNO RICAVI UTILE NETTO POSIZIONE FINANZ.NETTA DIVIDENDI DIPENDENTI (MLN €) VAR SU ANNO -1 Bilancio 2010 19.639 1.018 1.057 149.703 2011 19.646 0,0% 846 -1.198 350 146.363 2012 20.464 4,2% 1.032 1.959 350 144.628 2013 22.822 11,5% 1.005 3.257 250 143.655 2014 24.622 Rettificato a 28.512 7,9% 212 4.741 500 143.003 Proposta di bilancio 2015 2015 30.739 7,8% 552 8.700 442
  • 13. 13  Avanzo della posizione netta finanziaria passata da 4,7 mld nel 2014 a 8,7 mld nel 2015  Il risultato operativo è aumentato del 27,4% a 880 mln  I ricavi di gruppo sono cresciuti del 7,8% a 30,7 mld Nel 2015 i ricavi dai servizi assicurativi (prodotti assicurativi di tutela salute e casa) hanno registrato un aumento del 14% a 21,4 mld  L’Utile/risultato netto consolidato è passato da 212 del 2014 a 552 nel 2015. L’apparente miglioramento è dovuto al fatto che nel 2014 era stato fatto l’investimento in Alitalia che ha prodotto ingenti perdite. Infatti, se si confrontano gli utili del 2013 con quelli del 2015 risulta chiaro che la società ha recuperato ma non è assolutamente nella situazione del 2013.  Sul risultato netto, pari a 552 mln, è stato deciso un pay-out pari all’80% con un dividendo di € 34 centesimi per azione. Il monte dividendi è di 444 mln. Lo stacco cedola avverrà il 21 giugno 2016. Il tesoro incasserà 287 mln di dividendo; da notare che senza privatizzazione avrebbe incassato 444 mln (157 mln in più). Incasso privatizzazione = 3.1 mld Pagato debiti pregressi = 2.6 Mld Ricavo netto da 1 privatizzazione = 500 mln Minori introiti da dividendo = 157 mln Ipotizzando una distribuzione di dividendi costante nei prossimi anni (ipotesi conservativa) entro il 4° anno l’operazione è finanziariamente negativa (157 mln * 4 = 628 mln > 500 mln)  Costi: - Politica di contenimento dei costi con una flessione di 220 mln di cui 80 mln sul lavoro, infatti sono stati ridotti i costi operativi legati alla rete commerciale. - Salario medio 40mila euro (53mila nella divisione servizi finanziari, molto inferiore rispetto ai 78mila dei dipendenti banche) Poste italiane - dopo la privatizzazione rinnovo della gestione operativa:  Dipendenti: sono stati inseriti 1.000 nuovi addetti. L’organico complessivo medio del Gruppo si è ridotto di 900 unità. Nel Nuovo Piano Industriale sono previsti 8.000 ingressi (tra assunzioni e trasformazioni di part time in full time) al fine di adeguare le competenze a supporto della strategia del Gruppo. All’atto della quotazione POSTE si è impegnata a non ricorrere, per la gestione delle eccedenze, alle procedure ex art. 4 e 24 della legge numero 223/91 (licenziamenti collettivi). Anche in ragione del fatto che il 53% dei dipendenti ha un età superiore ai 51 anni, il che rende più conveniente uscite agevolate. A riprova il fatto che negli ultimi due anni le adesioni volontarie ai piani di incentivazione di uscita agevolata attivati dall’Emittente hanno comportato mediamente circa 4.000 uscite per anno. Continuando questi trend che comportano un saldo netto negativo di circa 1000 unità per anno da un punto di vista delle finanze dello Stato la convenienza dell’operazione di privatizzazione è ulteriormente ridotta dall’incremento dei costi sociali per le pensioni.  Piano industriale strategico: - Obiettivi principali sono:
  • 14. 14 a) Diventare dal 2020 leader di mercato nella raccolta del risparmio, nei pagamenti e nelle transazioni digitali e nell’e-commerce b) Generare flussi di cassa stabili per supportare la politica di dividendi. Alcuni analisti si aspettano per il quinquennio 2015-2019 2,8 mld la generazione di dividendi. - Poste Italiane si è rimodellata completamente concentrando la sua attività dai servizi postali sempre più verso i servizi finanziari. Mentre nel 2000 i servizi postali generavano 7,1 mld pari al 61% delle sue entrate pari a, ad oggi i servizi postali generano solo 4 mld pari al 14% delle entrate complessive di 28,5 mld. - La strategia della società da un punto di vista dei prodotti consiste – dopo aver completato l’offerta dei prodotti con i fondi di ANIMA – nel lanciare nuovi prodotti assicurativi ibridi nel comparto vita - La strategia della società è focalizzata anche nella implementazione di una posizione del banking digitale attraverso la realizzazione di tre pillars fondamentali: digital banking transformation; digital payments e digital evolution  Attività: Il marchio di POSTE ha una lunga storia e riscuote molta fiducia. Poste ha una clientela ampia e fedele: 33 mln di clienti, di cui 7,6 mln hanno un conto corrente e 3,1 mln hanno sottoscritto polizze; la popolazione italiana è pari a 60 mln - Servizi Finanziari (19%). Il grosso è Banco Posta, fra l’altro ha ricevuto 1.6 miliardi di commissioni per distribuire i prodotti CdP. - Servizi Postali (in perdita). Potrebbe uscire dal negativo per effetto della recente deregolamentazione. - Divisione Assicurativa (66%). Soprattutto PosteVita. Ampio margine di miglioramento perché la base di potenziale clientela è enorme. Nel 2015 la società ha riorientato la sua attività verso i servizi assicurativi (prodotti assicurativi di tutela salute e casa) registrando un aumento dei ricavi del 14% a 21,4 mld (il giro d’affari totale della società si è attestato a 30,7 mld con un +7%). Il 25 giugno 2015 Poste ha acquistato il 10,32% di Anima Holding SpA. Il 30 luglio 2015 Poste ha firmato un accordo commerciale di collaborazione industriale nel settore del risparmio gestito retail. Fortemente criticata la decisione di consegna a giorni alterni delle lettere in 5.000 comuni dal 1° aprile.  Possibili riflessi negativi sui ricavi derivanti dallla riduzione delle attivita’ Dal 1° aprile 2016 inoltre Poste Italiane non eroga più il servizio di notifica “Data Certa” ossia il timbro sui documenti necessario a fornire la prova che il documento è stato formato in un determinato giorno, mese, anno. È tramontato anche un altro storico servizio di Poste Italiane, il timbro postale. I ricavi dell’attività postale sono destinati a ridursi ulteriormente a causa della sostituzione delle notifiche giudiziarie a mezzo posta con quelle a mezzo PEC (circa 380 mln di ricavi) . Valutazioni prospettiche 1. Tenuto conto della posizione finanziaria netta (oltre 8 mld), delle potenzialità di crescita e della diffusione capillare degli sportelli, ove lo Stato privatizzasse una percentuale tale da rendere scalabile Poste, questa potrebbe divenire un obiettivo per una o più Banche che attraverso l’acquisizione e l’eventuale “spezzettamento” di poste potrebbero risolvere problemi di capitalizzazione. Ciò, sulla falsa riga di quanto è accaduto per Telecom in prospettiva, potrebbe comportare anche forti problematiche occupazionali. 2. In ogni caso, tenuto conto della strategicità di POSTE, dell’obbligatorietà alla presenza di almeno un operatore nazionale che garantisca il servizio di consegna su tutto il territorio, della rilevanza occupazionale di POSTE, ogni ulteriore cessione di quote non dovrebbe prescindere dalla fissazioni di adeguati poteri speciali riservati allo Stato (simil golden share)
  • 15. 15 3. L’analisi dell’andamento dei ricavi nei diversi anni dimostra come l’attività prevalente di POSTE sia sempre più di tipo finanziario (merchant banking). Tenuto conto da un lato della capillarità della diffusione degli uffici postali e della buona percezione sino ad oggi assicurata nei risparmiatori/clienti dal soggetto POSTE, in quanto soggetto pubblico, tradizionalmente emittente di strumenti a basso rischio e non legato agli scandali bancari e dall’altro della competizione nel recapito dei pacchi da parte di operatori privati, lo spostamento verso l’attività di tipo finanziario non può che incrementare nel tempo. Tale premessa implica che il personale di Poste sarà chiamato sempre più a svolgere l’attività del dipendente bancario anche se, allo stato, il loro regime retributivo è circa 2/3 di quello di questi ultimi. Ciò pone due ordini di problemi dal punto di vista dei dipendenti si spostarsi verso il contratto bancario e dal punto di vista degli altri operatori finanziari la necessità di evitare pratiche di concorrenza sleale. 4. Il mercato, gli analisti finanziari e i risparmiatori percepiscono positivamente le prospettive di crescita del titolo di POSTE: a) se si analizzano i principali studi disponibili su POSTE (9 studi prodotti da Mediobanca, Equita SIM, Banca IMI, Kepler Cheuvreux, UBS, Goldman Sachs, ICBPI, Morgan Stanley e J.P. Morgan), le loro previsioni a un anno, con un prezzo attuale di € 6,43, sono in una forchetta tra € 7,13 e € 8,5; b) confrontando l’andamento del titolo POSTE e quello dell’Indice di borsa, si può osservare come il titolo POSTE si sia ripreso dalla fase di contrazione dei mercati (generata, tra le altre cose, da alcuni scandali bancari, da eventi di politica internazionale legati anche al terrorismo e dalla dinamica dei prezzi del petrolio), in modo più consistente e più rapidamente della media degli altri principali titoli, tanto da tornare sui valori dell’IPO (valori pre crisi) mentre l’indice cede ancora oltre il 30% del suo valore di ottobre 2015.
  • 16. 16 Commenti al piano industriale poste – Impact&social innovation Dal 2002 al 2014 sotto la gestione Sarmi Poste Italiane ha vissuto un periodo di forte riqualificazione dei propri bilanci, di migliore posizionamento aziendale nel mercato e di innovazione di prodotto. In particolare è in questo periodo che si determina lo sviluppo dei servizi assicurativi e finanziari contemporaneamente alla riduzione dei ricavi e dei margini sui servizi postali “standard”. La gestione e le scelte strategiche enunciate nel piano strategico 2015-2020 dall’AD Caio, sono, per le informazioni in nostro possesso, più vicine allo sfruttamento dello status quo che all’innovazione. Grazie alla gestione precedente lo status quo non è uno stato immobile. E’, al contrario, uno status di dinamica chiara: - Ricavi e margini crescenti sul comparto assicurativo; - Ricavi crescenti ma soprattutto margini crescenti nel comparto bancario, con una capillare raccolta (oltre 45 miliardi tra conti, libretti e buoni postali) ed una presenza sorprendente nelle carte (ultima: Postepay evolution); - Ricavi decrescenti e margini negativi nel comparto servizi postali; - Ricavi positivi e presenza stabile nel settore della telefonia Mobile, con Poste Mobile eccellenza europea. Realizzato con successo il primo round di privatizzazione è probabile aspettarsi un secondo round entro la fine dell’anno, con la riduzione della proprietà del Tesoro dal 65% al 35%. Il piano indica come proiezione inerziale al 2019 la decrescita tendenziale dell’EBIT Margine, segnando al 2018 il passaggio da positivo a negativo (sulla base della riduzione già avvenuta del 13% tra il 2010 e il 2013), promettendo grazie al piano il cambio di orientamento della curva che dovrebbe così vedere al 2019 risultati superiori e in pendenza di crescita rispetto al 2013. Il piano si basa su 3 elementi: - La logistica e i servizi postali; - I pagamenti e le transazioni; - Il risparmio e le assicurazioni. In particolare, nel descrivere gli elementi centrali della crescita risulta chiara la volontà di: - Puntare sulla riduzione dei costi (uffici, persone) legati alla logistica e servizi postali standard; - Operare in visione del rafforzamento del ruolo dell’e-commerce, dell’automazione e dei pagamenti elettronici; - Aumentare la presenza nella gestione del risparmio, della previdenza Salute/Casa e degli Investimenti; - Convertire, investendo in formazione e infrastrutture, le competenze e dotazioni attuali in funzione dei punti di cui sopra. Il quadro descritto, ed ampiamente documentato, pur riconoscendo l’asset distintivo caratterizzato dalla capillarità degli uffici e dai servizi storici postali, sta in realtà costruendo le basi che renderanno altamente probabili 3 operazioni: - La fortissima contrazione nel comparto logistica e pacchi, che potrà portare a) nel breve/medio-termine a mantenerlo “confinato” alle posizioni di mercato nelle quali esiste un vantaggio comparato storico più che altro determinato da rapporti con le altre parti dello Stato
  • 17. 17 b) nel medio/lungo-termine alla vendita dello stesso agli attori privati che nel frattempo continueranno ad investire sfruttando i “buchi di innovazione e servizio al cliente” lasciati da Poste; - La caratterizzazione di PI sempre più come merchant bank da un lato, provider e broker di prodotti assicurativi dall’altro; - Il possibile vantaggio e incentivo ad alienarsi quei servizi non strettamente legati a questo andamento “core” (Poste Mobile). Vediamo perché. Competizione e mercato customer-driven Nel momento in cui PI si misura col mercato liberalizzato ed essa stessa entra in una dinamica di aspettative private dei suoi azionisti comprensibilmente farà le scelte che dimostrano già nel breve termine i maggiori risultati in termini di EBITDA ed EBIT. Il settore della logistica è sempre più dominato dalle grandi piattaforme e-commerce (Amazon, Alibaba, Ebay, ecc.). Sono questi gli attori che governano il mercato ed è in riferimento a questi che la logistica e le consegne si riorganizzano. Come ampiamente documentato in accademia e nelle riviste di settore (vedi Postal Innovation Platform e le relative newsletter dal 2014 al 2016), non è credibile che PI possa sviluppare in proprio soluzioni per il mondo e-commerce con sufficiente velocità per attestare già dal 2016/17 la propria presenza competitiva in questo settore. I processi innovativi in Poste, anche quelli del periodo 2002-2014, hanno una gestazione media di 2,5 anni. Il settore e-commerce è molto più veloce e molto ben presidiato. Le esigenze che il mondo e-commerce esprime nei confronti della logistica sono anch’esse ampiamente documentate, e sono riassumibile come segue: - Identificazione & Tracciamento efficaci; - Abbassamento dei prezzi nelle spedizioni transfrontaliere; - Maggiori esigenze in termini di tempi di consegna, luoghi di consegna e re-indirizzamento; - Standardizzazione del labeling; - Soluzioni per la riconsegna; - Collezione e condivisione dei dati. Dati i volumi di crescita e la vivacità del mercato la ricerca di soddisfazione a queste esigenze è un’impellenza di ORA. E’ adesso, subito, che Amazon ha bisogno di queste soluzioni. Dal punto di vista del cliente è verificato che la maggior parte degli italiani a domanda diretta ritiene adeguata la consegna a giorni alterni. Anche questa però è una considerazione da status quo. La crescita del digitale e le esigenze legate all’informatizzazione non più solo del mondo business ma anche ed ampiamente di quello privato tenderà a far scegliere sempre più quei servizi che integrano velocità, digitale e costo. Sono già presenti le offerte di Nexive sulla posta ibrida che concorre con la stessa di PI proprio in questa direzione. Nella competizione di mercato, in assenza di investimenti dedicati, sarà sempre più difficile mantenere soddisfazione su questa dimensione, la quale si rivelerà vera nelle intenzioni ma non mantenuta nelle scelte. Per fare un esempio parallelo oltre il 90% delle donne italiane ritiene che la sanità pubblica sia preferibile a quella privata. Eppure oltre l’80% delle donne in gravidanza si fanno assistere da un ginecologo privato. Nel tempo attuale comanda molto di più la soddisfazione del cliente rispetto alla proposizione dell’offerta, rispetto alla quale il cliente può dirsi d’accordo senza minimamente far però a questo corrispondere il proprio comportamento d’acquisto.
  • 18. 18 Open Innovation come approccio al piano industriale Ammettendo la buona fede del Piano Industriale e del management che l’ha redatto, e dunque l’effettiva volontà di rilanciare anche la parte logistico-postale (con i suoi uffici e persone) adattando il business alle mutate condizioni di mercato, manca a nostro parere nel piano un ingrediente fondamentale. Date le considerazioni di cui sopra il modello di innovazione non può essere lo stesso seguito nel periodo 2002-2014, ovvero un modello basato sull’identificazione di opportunità di mercato nelle quale si entra con soluzioni costruite in-house. Se vogliamo dare una chance al ramo storico di PI e alle sue risorse umane e strumentali e contemporaneamente non accontentarsi di piccole quote legate al comparto e-commerce è necessaria una convinta scelta di modello basata sull’Open Innovation. Il maggior impatto sociale e ambientale del ruolo di PI è infatti a nostro avviso ritrovabile nel momento in cui PI si comporta come piattaforma aperta, abilitante le innovazioni tanto utili al suo piano industriale quanto positive per le persone. Per Open Innovation si intende il processo interno ed esterno di attrazione di conoscenza e risorse (Chesbrough, 2006) basato su: - L’utilizzo di idee tanto provenienti dall’interno (dipendenti, manager) quanto dall’esterno (clienti, università, startup, competitor) per sviluppare innovazione; - La strutturazione di un processo costante, e dunque aziendalmente codificato e più rapido dei normali processi aziendali, di ricezione e sperimentazione delle proposte innovative che superi la sindrome del “not-invented-here”; - La determinazione strategica e tattica delle alleanze, anche con competitor, che più velocemente permettano il posizionamento nei mercati di riferimento. In altre parole stiamo suggerendo il fatto che l’innovazione necessaria a sostanziare il Piano Industriale, per necessità di velocità e flessibilità, ha bisogno dell’intelligenza collettiva, sia interna che esterna. Al di là delle volontà, che ripetiamo assumiamo in sincera buona fede, saranno il tempo prima e la forma privata poi a rendere più conveniente per tutti (management, proprietà e alla fine anche Stato) dedicarsi ai servizi in cui già c’è un posizionamento vincente (assicurazioni e banca), arrivando al massimo, come già detto, a mantenere quella parte di servizi postali minima su cui per il privato puro sarà ancora per qualche anno (decennio) impossibile scalzare Poste. Ri-orientare il piano in questa ottica comporterebbe dunque: a) Ripensare il ruolo degli uffici postali, riconosciuti unanimemente come presidi territoriali socialmente fondamentali, aprendo a proposte che provengano da ovunque (cittadini, organizzazioni, imprese, ecc.). E’ più difficile immaginare un’unica nuova funzione in grado di “salvare” i presidi territoriali dall’impatto del digitale e della automazione rispetto invece ad aprirli a molteplici e ibride funzioni per come potrebbero essere pensate direttamente da chi intende utilizzarli. Un processo aperto ha maggiori probabilità di successo e di ritorni; b) Aprire ad un percorso di innovazione interna che interessi tutti i servizi del Gruppo Poste. I dipendenti sono spesso una “miniera” di informazioni sulle piccole inefficienze che impattano sulla qualità dell’offerta complessiva. Stimolare la competizione interna a partire dalla produzione di idee e proposte e l’attivazione di risorse economiche dedicate tanto per il test delle stesse quanto per i premi ai dipendenti che le pensano/realizzano; c) I big players del mondo e-commerce hanno esigenze e spesso anche soluzioni in-house. Sono sempre più diffuse le soluzioni digitali, web-based, tecnologiche ma anche logistiche che si
  • 19. 19 appropriano di “pezzetti” della filiera perché in grado di dare più velocemente le risposte (un esempio su tutti: il comparatore di spedizionieri in grado di permettere scelta, gestione ordini, stampa lettera di vettura e tracking). Swiss Post ha strutturato l’innovation management basandolo sulla raccolta continua e sperimentazione immediata delle soluzioni unendo così la propria forza in termini di dimensioni con la freschezza e flessibilità delle idee provenienti da startup, PMI e accademia; d) Scegliere, dichiarare ed impegnarsi ad utilizzare parte dei fondi della quotazione in borsa ai fini sopra dedicati. Destinarli totalmente all’abbattimento del debito italiano è una scelta pubblica miope, al servizio di una visione di brevissimo termine, senza alcun beneficio per l’azienda. Allo stesso tempo pensare di fare innovazione senza investimento dedicato è improbabile.
  • 20. 20 Riorganizzazione produttiva e relazioni industriali in Poste Italiane 1. I sindacati e la contrattazione collettiva Poste Italiane vanta, sul terreno delle relazioni industriali, un assetto molto consolidato e articolato, con pratiche ispirate al confronto continuo fra la parti, attraverso il combinato disposto di una negoziazione multi-livello e svariate sedi bilaterali di concertazione e consultazione. Ciò riflette storicamente i livelli straordinariamente elevati di sindacalizzazione nel Gruppo, che fra i 137.000 addetti del Gruppo, raggiunge una media dell’80%; ben oltre il doppio del dato medio nazionale, che fa di questo specifico comparto uno dei più sindacalizzati del paese. Su di esso, va detto, incide anche l’anomalia delle deleghe multiple, suscettibile di ingenerare qualche distorsioni sul dato effettivo qualora si passasse al sistema di certificazione preposto dal Testo Unico del 2014, su rappresentanza e contrattazione. La Slp-Cisl è storicamente l’organizzazione di gran lunga più rappresentativa, raccogliendo circa la metà delle adesioni, sia in termini di iscritti che di voti (46% alle elezioni RSU del 2012). Un’incidenza tale da configurare una peculiare federazione nazionale mono-aziendale, simile in ciò a Uil-poste, a differenza dell’organizzazioni affine di Cgil, in cui i lavoratori delle poste afferiscono ad una federazione nazionale di categoria (Slc) che ricomprende il più ampio universo dei lavoratori delle comunicazioni. Un dato, questo dei sindacati nazionali mono-aziendali, che ha storicamente concorso a forgiare e ad accentuare – in questo particolare settore delle relazioni sindacali italiane – alcuni tratti particolarmente corporativi e notoriamente consociativi, sia col management (non di rado di provenienza sindacale e segnatamente cislina) che con l’attore pubblico, a lungo in grado di avvalersene in chiave clientelare. La Slc-Cgil è il secondo sindacato in azienda, col 14% circa degli iscritti e il 20 dei voti, davanti alla Uil.poste. Le organizzazioni che accedono ai tavoli negoziali sono in tutto sei: le tre sigle dei confederali, l’Ugl, la Failp-Cisal e la Confsal, con queste ultime nate da un distaccamento di ex quadri e rappresentanti della Cisl, in grado di raccogliere il 6-7% dei voti per le RSU/RLS. Questi dati variano nelle altre aziende del gruppo – ad esempio nel ramo recapiti – dove la Slc- Cgil risulta essere il primo sindacato. La diffusione delle rappresentanze nei luoghi di lavoro, sulla base dei parametri dimensionali stabiliti dal contratto nazionale, è particolarmente capillare. Il loro numero attuale è stimato intorno ai 2.150, a fronte di poco più di 13 mila uffici sparsi su tutto il territorio nazionale, a cui vanno aggiunti i numerosi centri di recapito ed i centri di meccanizzazione postale. Impiegando il criterio di misurazione della rappresentatività negoziale stabilito nel Testo Unico del 2014 – media ponderata fra iscritti e voti nelle elezioni per le RSU – l’organizzazione della Cisl si attesta esattamente al 50%, contro il 18% della CGIL. Tuttavia, il sistema contrattuale di Poste Italiane si discosta da quello derivato dal protocollo del ’93, a cui pure si rimanda, ed ora rimodulato dal “trittico sindacale” 2011-14, che non è stato ancora recepito. Anche a dispetto del fatto che il gruppo costituisce il maggior contribuente in seno a Confindustria. L’anomalia maggiore risiede – alla stregua di poche altre grandi imprese a rete, e da qualche anno la FIAT/FCA – nel fatto che il contratto nazionale di lavoro corrisponde col solo ambito giuridico del gruppo Poste Italiane, non configurando di conseguenza quelle caratteristiche settoriali che altrimenti connotano il primo livello contrattuale del nostro sistema. Alcune aziende del Gruppo, come ad esempio Mistral o SDA, non sono coperte dal CCNL di Poste Italiane, che si applica invece alle varie aziende di ramo o comparto (Postel, Postel Print, Docutel, Poste Vita, Postecom, BancoPosta, PosteShop, Poste Assicura, Poste Tributi, Poste Energia), che compongono il conglomerato del principale gruppo infrastrutturale italiano. Le altre aziende che svolgono attività di recapito (es: Nexive) applicano il CCNL delle agenzie di recapito. L’ultimo contratto nazionale, siglato il 14 aprile 2011, ed è scaduto il 31 dicembre 2012. Nel 2013 si è stipulato un accordo ponte che ha previsto l'erogazione di un quantum economico e la
  • 21. 21 rivalutazione del valore punto (parametro su cui si misurano gli aumenti contrattuali) ed è ora in corso la trattativa per il rinnovo complessivo del CCNL. Ci torneremo alla fine. I livelli contrattuali contemplati dal CCNL sono formalmente due: quello nazionale di Gruppo (di durata triennale) e quello di secondo livello, che per Poste Italiane Spa si svolge in ambito regionale, con alcune materie rimandate a livello di interlocuzione nelle unità produttive. Per le aziende del Gruppo diverse da Poste Italiane, assetti e contenuti sono pressoché gli stessi, senza però la previsione di un livello regionale. I contenuti e le procedure che regolano i due livelli, nonché il loro coordinamento, appaiono ben formalizzati e piuttosto esaustivi, alla stregua delle pratiche migliori presenti nel panorama contrattuale nazionale. Alla suddivisione piuttosto canonica di attribuzioni e competenze di carattere generale, il CCNL aggiunge la “gestione delle conseguenze sul piano sociale dell’attuazione dei processi di riorganizzazione e/o ristrutturazione e/o trasformazione aziendale che abbiano ricadute sulle condizioni di lavoro, ivi ricomprendendo di mobilità collettiva”. Obiettivo a cui si lega coerentemente quello per il quale l’Azienda “fornirà alle OO.SS. nazionali stipulanti il presente CCNL, una informativa preventiva con indicazione contestuale della data dell’avvio del confronto, che sarà finalizzato a ricercare possibili soluzioni per governare gli effetti sociali di cui sopra”. Analogamente, si procederà qualora le misure abbiano una rilevanza di livello territoriale. Quest’ultimo riguarda principalmente le erogazioni economiche variabili – nella forma di un premio di risultato – e l’organizzazione del lavoro, relativamente ai nuovi regimi di orario, telelavoro, ricorso al tempo determinato, la gestione delle conseguenze sul piano sociale – anche qui – in caso di attuazione dei processi di riorganizzazione e/o ristrutturazione e/o trasformazione aziendale che abbiano ricadute sulle condizioni di lavoro, ivi compresi processi di mobilità collettiva territoriale, qualora i richiamati processi riguardino una sola regione. Le delegazioni sindacali territoriali hanno una composizione numerica che varia in relazione alle diverse dimensioni regionali e si compongono di dirigenti RSU provenienti da Unità Produttive e, nominati dalle OO.SS., ammesse ai tavoli negoziali. In ogni singola U.P. la delegazione sindacale si compone di non più di un dirigente RSU eletto in rappresentanza di ciascuna lista che ha ottenuto seggi presso la U.P., congiuntamente a non più di 1 dirigente sindacale delle strutture territoriali di ciascuna OO.SS. stipulanti il CCNL. 2. Bilateralità e gestione della riorganizzazione produttiva Tutto il sistema contrattuale è fortemente intersecato da clausole e sedi consultative di confronto e anche gestione, come nel caso dei vari organismi bilaterali: l’osservatorio paritetico nazionale, innanzitutto, con competenze ad ampio raggio in materia di analisi delle prospettive strategiche e produttive del mercato dei servizi postali, situazione occupazionale nel settore, sviluppi tecnologici e delle figure professionali, possibilità di intervento su organismi pubblici ai fini del miglior accordo tra le esigenze dell’azienda e del mondo del lavoro con le infrastrutture esistenti, le iniziative per migliorare l’integrazione delle persone appartenenti a categorie svantaggiate. Vi è poi un comitato per le pari opportunità, per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro ed un ente bilaterale per la formazione e la riqualificazione professionale. In questa importante sede si elaborano proposte e progetti formativi da realizzare mediante convenzioni con enti pubblici o privati, o per accedere ai finanziamenti comunitari, nazionali, regionali. L’altro pilastro della bilateralità, alle poste, è quello del sostegno al reddito e ora – sempre di più – del welfare contrattuale. Nel primo caso, ricordiamo come tutte le public utilities (insieme a banche e trasporti), vennero esclusi dal regime dell’integrazione ordinaria, e che – a rimedio parziale di ciò – la legge n. 662/96, stabilì l’obbligo per tali realtà di dotarsi di un Fondo bilaterale, da istituire presso l’INPS, col compito di provvedere al sostegno al reddito in caso di sospensioni temporanee del lavoro, in costanza di rapporto, ma anche di provvedere eventualmente ad ulteriori prestazioni straordinarie, come quelle legate alla riqualificazione del personale o all’accompagnamento anticipato alla pensione. Uno strumento fondamentale che può consentire di gestire, in maniera relativamente indolore, una profonda riorganizzazione interna; ad oggi Poste propone singolarmente, con
  • 22. 22 transazione tra le parti interessate, l’esodo agevolato di una quota importante di lavoratori più anziani. Fra il 1996 e il 2016 il numero di addetti a Poste Italiane è sceso da circa 210 mila a 137 mila, senza che ciò abbia mai assunto tratti particolarmente traumatici e deflagranti sulla gestione del personale e delle relazioni sindacali. In nessun caso, ad esempio, si è dovuto fare ricorso alla legge n. 223 in materia di licenziamenti collettivi. E le OO.SS. hanno svolto un ruolo importante nella gestione consensuale delle fuoriuscite, ancora di recente, quando l’originario progetto di chiusura di circa 500 uffici postali è stato ridimensionato a non più di 200, con piani locali di mobilità che limiteranno al massimo l’impatto sull’occupazione. Anche il ricorso al tempo determinato, secondo le causali e i tetti previsti nel contratto nazionale, è avvenuto in un clima di sostanziale rispetto delle procedure, senza che il sindacato ne abbia lamentato utilizzi abusivi da parte dell’azienda, anche in deroga regionale, consentita in presenza di determinati picchi stagionali e locali. 3. Piano industriale e risorse umane Il nuovo piano industriale, che il Gruppo ha presentato nell’autunno del 2014, prevede – fra il 2015 e il 2019 – l’assunzione di 8 mila nuovi dipendenti, fra nuovi ingressi e conversioni, a fronte di circa 4 mila uscite fisiologiche l’anno, per un saldo complessivo che alla fine del periodo sarà comunque negativo. Un turn over che consentirà un significativo ringiovanimento del personale, la cui età media è oggi di 53 anni, con la possibilità di attingere – tramite un sistema di assunzioni non concorsuale e ispirato a meriti obiettivi – a giovani qualificati, da inserire nei nuovi gangli di un Gruppo che si va sempre più riposizionando nei rami più innovativi della digitalizzazione e del cloud computing, nella gestione del risparmio e dei pagamenti. Ma anche in quello dei recapiti, secondo le nuove tendenze dell’e-commerce e dell’efficientamento delle consegne, entro i vincoli del servizio universale. La formazione continua e la riconversione di una parte del personale costituisce oggi una delle maggiori sfide che attengono alla gestione del personale. Si pensi ai 37 mila portalettere, sempre più spiazzati dalla pesantissima contrazione della corrispondenza tradizionale, solo in parte compensata dall’espansione della consegna pacchi, legata all’espansione dell’e-commerce. Il loro inquadramento e la declaratoria professionale attengono a funzioni esecutive e tecniche e non sarà certo facile ripensarne compiti e mansioni. Fra le conseguenze della crescente digitalizzazione e domiciliarizzazione dei servizi postali e finanziari, c’è quella di una riduzione della frequenza degli uffici postali, sempre più appannaggio della popolazione più anziana. Una risorse straordinariamente preziosa, alla quale andrà affiancata una maggiore capacità di promozione porta-a-porta dei nuovi servizi offerti dall’azienda, avvalendosi del presidio capillare legato alla consegna della posta. A cui potrà legarsi, previa ri- professionalizzazione del personale addetto, un’attività di rappresentanza e indirizzo, verso i più vicini uffici competenti. Il contatto personale, insieme alla presenza radicata della rete nei territori, costituisce una risorsa formidabile per l’azienda, anche in vista dei nuovi compiti a cui la indirizza il piano industriale. L’ente bilaterale per la formazione ha finora prodotto un significativo sforzo nella predisposizione di piani formativi e soprattutto per l’addestramento più contingente – ad esempio sulle ultime novità dei prodotti finanziari e assicurativi – laddove forse è mancata una maggiore capacità di esercitare un’analisi dei fabbisogni di più ampio respiro, e dei feedback, differenziando maggiormente per tipologie professionali e realtà locali. Il nuovo piano industriale prevede un impegno significativo, nell’ordine di tre milioni di ore l’anno, e ciò costituisce indubbiamente un’opportunità preziosissima, anche per i sindacati, per potere – attraverso la bilateralità – concorrere ad un uso efficace di queste risorse. Nel frattempo l’organizzazione del lavoro, con particolare riguardo a carichi e orari, costituisce il terreno più delicato su cui – nelle diverse U.P. – si verificano situazioni di attrito fra la dirigenza e il personale. Il ramo che ne risente di più è quello dei recapiti, con scioperi relativi alle prestazioni straordinarie, frequentemente richieste per insufficienza degli organici, specie in concomitanza di
  • 23. 23 alcuni picchi di attività. Nella prima settimana del mese, ad esempio, o nel mese di agosto, nelle regioni settentrionali. 4. A giugno 2016, le OO.SS. di categoria hanno presentato all’azienda la loro piattaforma per il rinnovo del contratto. I suoi punti più qualificanti consistono nel: a) recupero del potere di acquisto dei salari dei lavoratori; b) rilancio e crescita dell’Azienda e del Gruppo in un contesto caratterizzato da una crisi complessiva e, per quanto riguarda il Gruppo Poste, dalla liberalizzazione e da una profonda trasformazione del mercato postale tradizionale (e-substitution). I sindacati valutano criticamente le recenti scelte del governo in materia di privatizzazione di una quota minoritaria del capitale di Poste Italiane Spa, ritenute foriere di un peggioramento della qualità del servizio universale, e in grado di ledere gravemente il carattere unitario del Gruppo. I sindacati ambiscono ad una significativa razionalizzazione del sistema contrattuale, riducendone il numero e accrescendone l’omogeneità. Ad esempio espandendo l’ambito di applicazione del CCNL alle altre aziende del Gruppo, che oggi svolgono attività importanti nella filiera del servizio universale. Se da un lato si ribadisce la natura nazionale e inter-aziendale del CCNL dall’altro si chiedono che vengano adottate anche per il Gruppo Poste Italiane le misure previste dal T.U. del 2014 in tema di certificazione della rappresentanza. Si auspica un maggiore riconoscimento del ruolo delle RSU (e degli RLS), nonché della contrattazione territoriale, particolarmente necessaria per la gestione dei carichi di lavoro e mobilità fra singole sedi e unità lavorative. Le richieste economiche si attestano su un incremento di 115 euro della retribuzione complessiva; questa somma dovrà essere ripartita nelle seguenti voci di spesa:  incrementi tabellari  finanziamento Fondo sanitario  rivalutazione/estensione di alcune voci accessorie  aumento contributo datoriale per la previdenza complementare  incremento valore Ticket (legato comunque ai tempi di estensione, fino a copertura di tutto il territorio nazionale, del formato elettronico) A fianco della contrattazione e del coinvolgimento informativo e consultivo, viene chiesto di potenziare ulteriormente gli strumenti e i canali della bilateralità – sul piano delle risorse e delle agibilità – con particolare riguardo all’EBF, che si occupa di formazione. Come si è già accennato, i sindacati considerano quanto mai cruciale migliorare le capacità di progettazione e analisi del fabbisogno, in modo da prevenire e contrastare l’obsolescenza delle competenze, sviluppando al contempo le risorse umane dell’azienda. L’altro terreno su cui adoperare la leva della bilateralità è quello della individuazione, prevenzione, eliminazione e riduzione del rischio da stress lavoro correlato, il cui peso sulle condizioni di lavoro si sta facendo sempre più gravoso. Ma è sulla partecipazione alle decisioni dell’impresa che si trovano forse gli spunti più innovativi, laddove essa viene ritenuta un autentico caposaldo delle nuove relazioni industriali, consolidando ed espandendo gli assetti già conosciuti. L’informazione, innanzitutto, deve poter divenire effettivamente preventiva, consentendo in questo modo un adeguato scambio di pareri nella fase successiva della consultazione e della contrattazione. L’avanzamento più rilevante consiste qui nell’obiettivo dichiarato di poter esplorare e porre in essere tutte le potenzialità contenute all’art. 5 dell’ultimo CCNL, a proposito della previsione di una presenza dei lavoratori negli assetti di governance dell’azienda, adottando il sistema duale, e dunque provvedendo alla costituzione di un comitato di sorveglianza, in cui – si legge – “i rappresentanti dei lavoratori possano davvero incidere sulle strategie aziendali”. Il riferimento, in tal senso, va al protocollo interconfederale dello scorso gennaio, in cui Cgil, Cisl e Uil hanno espressamente dichiarato la loro intenzione a favore di un sostanziale avanzamento sui temi della democrazia economica ed industriale. Ed è su questo piano che, a nostro avviso, una nuova qualità delle relazioni industriali può fattivamente concorrere – sotto il profilo procedimentale – ad un rafforzamento condiviso e socialmente responsabile delle politiche industriali del Gruppo.
  • 24. 24 - Valutazioni Sintetiche Analisi Piano industriale Eventi Probabilità eventi Prospettive negative 40% Prospettive neutrali 30% Prospettive soddisfacenti 30% Analisi Finanziaria Eventi Probabilità eventi Valori medi Prospettive negative 20% 50 Prospettive neutrali 40% 110 Prospettive soddisfacenti 40% 135 Impact&social innovation Eventi Probabilità eventi Prospettive negative 40% Prospettive neutrali 30% Prospettive soddisfacenti 30% Riorganizzazione produttiva e relazioni industriali Livello della qualità delle relazioni 0 pessima 6 ottima 0 1 2 3 4 5 6