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Delineare una visione complessiva del computing model può apparire com-
plesso. All’inizio degli anni 80, infatti, i Ced erano disegnati secondo un
Host-Centric computing model, con le risorse elaborative e di memorizza-
zione dati collocate fisicamente in un luogo unico e rese accessibili da reti
dedicate, tramite terminali remoti.
Poi ci fu l’avvento dei pc, la capacità elaborativa e di storage prese le
sembianze di box metallici che popolarono le scrivanie e che, oltre a ospi-
tare pupazzi, oggetti e foglietti di appunti, diedero il via al Client-Server
computing model. I Ced supportarono questo cambiamento sviluppando
infrastrutture di software distribution. Si aggiornavano gli uffici remoti con
listini, tabelle di parametri e così via e si ricevevano, consolidando nei
data base aziendali, i risultati delle attività sul territorio. L’aumento delle
capacità e la diminuzione dei costi diedero vita a printer server, file server,
data base server e quanto di più utile per gli uffici e le agenzie. Anche le
reti miglioravano e, con maggior velocità, lo scambio di dati diventava più
facile. Per favorire il proliferare di elaborazioni, i Ced si modificarono in due
direzioni: una tecnologica che ebbe come risultato la crescita dei server
anche all’interno dei datacenter dando vita al Distributed computing model,
l’altra organizzativa, che vide il nascere e lo svilupparsi delle strutture di
“supporto utenti” e di “presidio server”.
Una situazione che, temporalmente, si colloca agli inizi degli anni 2000.
La diffusione dei server raggiungeva livelli tali da generare addirittura
confusione: poteva capitare di non sapere dove si trovasse un determinato
server o di non poterlo spegnere perché non certi della sua destinazione
d’uso. Un periodo che vedeva nascere la virtualizzazione, in cui lo scettici-
smo pian piano lasciò il posto all’entusiasmo trasformando i Ced secondo
un Virtualized computing model, disaccoppiando le risorse fisiche dai si-
stemi che le utilizzavano, fino al punto di virtualizzare anche i desktop e
restituire parte dello spazio rubato a puffi, pupazzi e soprammobili.
È ovvio che questo iter non è stato lo stesso per tutti, anzi, in genere nei
Centri di elaborazione dati si sono sovrapposti più modelli, aumentando la
complessità e disturbando maggiormente il sonno dei Cio che ora sono di
nuovo perplessi quando sentono parlare di Cloud computing model coniu-
gato in tutte le sue forme (pubblico, privato e via dicendo). Sì, perché tutte
le risorse elaborative che in questi anni sono uscite e rientrate nei Ced in
forma differente, ora pretenderebbero di scappare nuovamente addirittura
in un posto non meglio identificato.
Le novità devono essere adottate o rifiutate consapevolmente. Un buon
inizio, per un Cio che non avesse già avviato delle attività in modalità Cloud
potrebbe essere quello di iniziare a individuare un ambito specifico da cui
partire per valutarne concretamente i benefici e fare del training-on-the-job
al team, con buona pace del diritto a un sonno tranquillo.
Riflessioni dal Web
Lunga vita al Computing Model
VITTORIO
DELLA ROSSA
Vittorio Della Rossa,
Ibm Executive Consultant
Blogger e fondatore del sito
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vittorio_dellarossa@it.ibm.com
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