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Gli istituti tecnici industriali da
sempre svolgono un ruolo prio-
ritario nella formazione professionale
dei giovani, preparando Periti con no-
tevoli competenze tecniche, pronti per
essere impiegati in mansioni di fon-
damentale importanza per l’industria
italiana e non solo.
È il caso anche del prestigioso Istitu-
to tecnico industriale “Umberto Fol-
lador” di Agordo (BL), uno dei pochi
in Italia ad indirizzo minerario.
L’Istituto ha origine dalla Scuola mi-
neraria di Agordo, costituitasi uffi-
cialmente nel 1867, ma la sua nascita
può essere fatta risalire al 1775, con il
Decreto del Senato della Repubblica
di Venezia del 26 Settembre dove, da-
ta l’importanza mineraria del limitro-
fo giacimento di Valle Imperina, la “Se-
renissima” si espresse a favore dell’i-
struzione dei giovani da adibire ai la-
vori minerari.
Il 1° Ottobre 1933 la Regia scuola mi-
neraria di Agordo venne mutata in Re-
gio istituto tecnico industriale ad in-
dirizzo Minerario, e dal 1962, oltre al
diploma di Perito Minerario, vi si po-
té conseguire anche quello di Perito
Chimico Industriale.
L’Istituto di oggi è situato in un bel-
lissimo edificio, dalla caratteristica ar-
chitettura della zona dolomitica Agor-
dina, e continua, come molti altri isti-
tuti tecnici italiani, a formare ottimi
giovani, molto attenti agli sviluppi so-
ciali ed alle innovazioni tecniche, sen-
za per questo sminuire l’interesse ri-
guardo al proprio territorio ed alle pro-
prie radici.
È in tale contesto che si è formata
Chiara Renon, giovanissima Perito
Chimico Industriale, diplomata nel-
l’anno scolastico 2003-2004 ed oggi
studente all’Università di Padova in
32 anno XXXI - n. 9
Tecniche di Laboratorio Biochimico,
autrice di un piacevole libro intitola-
to: “Vallalta e il mercurio: la miniera
dimenticata”.
La pubblicazione riassume la tesina di
Chiara per l’esame di Stato e riporta,
con diligente preparazione: nozioni
storiche, geografiche, tecniche e am-
bientali sulla miniera di cinabro di Val-
lalta; vera e propria miniera dimenti-
cata, come è stato confermato dal pre-
sidente della Provincia di Belluno du-
rante la presentazione del libro, il 17
agosto scorso, nel suggestivo paesino
di Tisèr del Comune di Gosaldo, pres-
so la sede dell’Auser “Còl Bèl” che ne
ha patrocinato la pubblicazione.
La miniera di Vallalta è situata in pros-
simità del torrente Pezzea, affluente
del più grande Mis che assegna il no-
me alla valle omonima.
Il bacino idrografico del Mis si è for-
mato nell’ultima glaciazione Wurmia-
na dove, per fenomeni di weathering
sulla roccia calcarea, si sono evolute
le morfologie aspre ed inquietanti del
versante sud della valle.
Nel versante nord, invece, si estendo-
no più dolci i conoidi ed i depositi gla-
ciali della conca di Gosaldo, con i nu-
merosi massi erratici posati durante il
lento ritiro del ghiacciaio che, all’epo-
ca, raggiungeva, con il suo limite del-
le nevi, la quota di 1500-1550 metri.
È in questo fantastico paesaggio, dal-
le tante storie e dalle profonde radici
culturali del popolo veneto di alta
montagna, che è fiorita la coltivazio-
ne mineraria del mercurio di Vallalta,
il prezioso elemento appartenente al
II° gruppo B della Tavola Periodica
di Mendeleev, (gruppo che compren-
de Zinco, Cadmio e Mercurio), uni-
co metallo presente naturalmente in
forma liquida, conosciuto dagli Egizi
e dai Cinesi sin dalle epoche antiche
(4500 anni).
Il nome latino del mercurio è
Hydrargyrum (cioè ‘argento d’acqua’),
da cui è ricavato il simbolo chimico
Hg e la cui radice compone il nome
della sua più importante e pericolosa
tossicosi: l’idrargirismo. Tale intossi-
cazione, in genere professionale, si
contrae per assorbimento cutaneo,
inalazione o anche ingestione di mer-
curio nativo o di suoi composti; dan-
neggia la funzione renale, la vista ed
è devastante soprattutto per il Siste-
ma Nervoso Centrale, causandovi gra-
vi neuropatie, (Valori limite di esposi-
zione professionale per Mercurio ele-
mento, CAS 7439-97-6: TLV-TWA
0.025 mg/mc; IBE nelle urine 35mg/g
creatinina; IBE nel sangue 15mg/l; -
ACGIH 2005 -).
Per tali carateristiche fisiche, chimiche
e tossicologiche, il prezioso elemento
dal numero atomico 80, era ricercato
sin dall’antichità nel suo minerale più
comune: il cinabro, un Solfuro Mer-
currico, (HgS), d’origine idrotermale
e dal caratteristico color rosso; dall’a-
spetto terroso, pesante (densità 8.1
g/cc) e dai rari cristalli trigonali.
Il mercurio, infatti, veniva utilizzato
per produrre medicamenti (ad esem-
pio nella cura della sifilide), pigmenti
(il famoso ‘vermiglione’, ottenuto di-
rettamente dal cinabro), amalgami
(combinato con oro e argento veniva
utilizzato per dorature e argentature
chimiche), fino agli usi più moderni
nella costruzione degli specchi, nei pro-
cessi di estrazione dell’oro, nella co-
struzione di barometri e termometri,
e ancora più recentemente impiegato
nell’industria chimica organica, nella
composizione di esplosivi (es.
Hg(CNO)2 famoso detonante noto co-
Vallalta e il mercurio
la miniera dimenticata
È auspicabile il recupero di questa area
come investimento propizio
allo sviluppo sostenibile del territorio
MINERARIA
me ‘fulminato di mercurio’), nella for-
mulazione di cosmetici e farmaci vari.
Si spiega, allora, il grande interesse che
dovette suscitare a Venezia la scoper-
ta di cinabro e forse anche di mercu-
rio allo stato nativo, tra le rocce erose
affioranti lungo i torrenti Pezzea e Mis,
nella zona di Vallalta, verso la prima
metà del 1700.
Il 29 Settembre 1740, infatti, venne
consegnata dal Magistrato alle Minie-
re della Repubblica di Venezia, la pri-
ma concessione regolare di sfrutta-
mento al N.H. Ser Luigi Pisani che ne
iniziò subito la coltivazione, attraver-
so tormentati susseguirsi di eventi.
Il luogo inospitale, la mancanza nelle
adiacenze di un impianto di estrazio-
ne e purificazione del mercurio, la di-
stanza da Murano, dove veniva invia-
to il minerale grezzo per la lavorazio-
ne, e la difficoltà dei trasporti lungo
malagevoli e scoscese mulattiere, re-
sero estremamente difficoltosa l’atti-
vità che conobbe periodi di gloria al-
ternati ad insuccessi. Così fino al ven-
tennio 1850 –1870, dove divenne la
sesta miniera in Europa per la produ-
zione di mercurio, in concomitanza
con la costruzione, nelle sue imme-
diate vicinanze, di forni per l’arrosti-
mento del minerale ed impianti per la
distillazione del metallo puro. Nello
stesso periodo furono aperte nuove
gallerie, ma s’iniziarono a commette-
re alcuni errori, che causarono nel
tempo una serie d’incidenti ed allaga-
menti nei tunnel, portando la miniera
ad un primo abbandono nel 1879.
Dopo l’annessione del Veneto al Re-
gno d’Italia, con la pace di Vienna del-
l’Ottobre 1866, la valle del Mis segnò
il confine di stato tra Italia ed Austria,
così il giacimento venne sfruttato al-
ternativamente da due miniere con-
33settembre 2006
MINERARIA
trapposte: quella di Vallalta, nel terri-
torio di Gosaldo e quella di Sagron nel
Trentino, a pochi metri di distanza.
Nel 1905, dopo vari tentativi di società
diverse, fu riaperta l’attività d’estra-
zione ma i nuovi tentativi, sia italiani
sia austriaci, dettero scarsi risultati, so-
pratutto a causa di una precedente ge-
stione che causò l’impoverimento del
giacimento senza preoccuparsi della
ricerca di nuovi filoni.
Nel 1921 ci riprovò la Società Monte
Amiata, senza successo, e nel 1956 vi
riprese la Società Mineraria Vallalta
s.p.a (Gruppo Montedison).
Il 19 Gennaio 1962 l’acqua invase i
sotterranei arrivando a riempire alcu-
ni pozzi, vi persero tragicamente la vi-
ta tre persone: due Minatori ed un Pe-
rito Minerario.
L’anno successivo la miniera chiuse
definitivamente i battenti e da allora
risulta ancora abbandonata, con gra-
vi conseguenze per tutto l’indotto: at-
tività per la produzione del carbone
d’alimentazione dei forni, lavorazione
di tavole di legno per il consolidamento
delle gallerie, locande, taverne, eser-
cizi commerciali, ecc..
In questi ultimi decenni la vegetazio-
ne boschiva è avanzata, riprendendo
pieno possesso di quegli stessi luoghi
ed inglobando le costruzioni dell’uo-
mo, rimaste a monumento dell’inge-
gnosità e della caparbia operosità del-
la gente locale.
Consiglio a tutti i Colleghi d’Italia di
trovare l’occasione per visitare questi
luoghi, a poca distanza dai tradizio-
nali percorsi turistici delle dolomiti:
una terra dalle forti tradizioni popo-
lari, dai mestieri antichi, dalla natura
selvaggia, dalle estese foreste di coni-
fere, dagli affascinanti sottoboschi, dal-
le imponenti e sontuose cime.
Zone, spopolate dalla forte emigra-
zione del secolo scorso, che devono
essere rivalutate per la loro importan-
za geografica, paesaggistica, scientifi-
ca, storica ma anche per la valenza ar-
cheologico-industriale delle ex minie-
re, delle vecchie fucine, delle antiche
falegnamerie Venete (costruite sul pro-
getto originale di Leonardo da Vinci).
Confido in un crescente interessa-
mento da parte degli Enti e delle au-
torità locali, regionali, nonché nazio-
nali, affinché possano considerare il
recupero di queste aree come investi-
menti propizi allo sviluppo sostenibi-
le, anche economico, del proprio ter-
ritorio. Spero nella volontà di preser-
vare la memoria, magari con l’istitu-
zione di un apposito museo dedicato
al lavoro in miniera (complementare
a quello della vicina Valle Imperina),
anche con l’erezione di un monumento
dedicato a tutti coloro che nei secoli
sono caduti in miniera o a causa del-
le malattie professionali correlate ad
essa, con doveroso particolare tribu-
to ai minatori ed al collega Perito In-
dustriale, tragicamente scomparsi in
queste gallerie nel gennaio del ’62.
Tale ricordo è attualmente mantenu-
to vivo anche grazie all’interessamen-
to culturale d’illustri Istituti, come
l’Umberto Follador di Agordo, e al-
l’intelligente lavoro di bravi giovani
motivati, come Chiara Renon, per la
quale esprimo l’augurio di un florido
avvenire professionale e l’invito a pre-
sentare domanda d’iscrizione all’albo
praticanti del Collegio dei Periti In-
dustriali e Periti Industriali Laureati
della propria Provincia, affidandola
all’attenzione dei colleghi di Belluno
come potenziale nuova futura iscritta.
Stefano Sghedoni

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Vallalta e la miniera di mercurio

  • 1. Gli istituti tecnici industriali da sempre svolgono un ruolo prio- ritario nella formazione professionale dei giovani, preparando Periti con no- tevoli competenze tecniche, pronti per essere impiegati in mansioni di fon- damentale importanza per l’industria italiana e non solo. È il caso anche del prestigioso Istitu- to tecnico industriale “Umberto Fol- lador” di Agordo (BL), uno dei pochi in Italia ad indirizzo minerario. L’Istituto ha origine dalla Scuola mi- neraria di Agordo, costituitasi uffi- cialmente nel 1867, ma la sua nascita può essere fatta risalire al 1775, con il Decreto del Senato della Repubblica di Venezia del 26 Settembre dove, da- ta l’importanza mineraria del limitro- fo giacimento di Valle Imperina, la “Se- renissima” si espresse a favore dell’i- struzione dei giovani da adibire ai la- vori minerari. Il 1° Ottobre 1933 la Regia scuola mi- neraria di Agordo venne mutata in Re- gio istituto tecnico industriale ad in- dirizzo Minerario, e dal 1962, oltre al diploma di Perito Minerario, vi si po- té conseguire anche quello di Perito Chimico Industriale. L’Istituto di oggi è situato in un bel- lissimo edificio, dalla caratteristica ar- chitettura della zona dolomitica Agor- dina, e continua, come molti altri isti- tuti tecnici italiani, a formare ottimi giovani, molto attenti agli sviluppi so- ciali ed alle innovazioni tecniche, sen- za per questo sminuire l’interesse ri- guardo al proprio territorio ed alle pro- prie radici. È in tale contesto che si è formata Chiara Renon, giovanissima Perito Chimico Industriale, diplomata nel- l’anno scolastico 2003-2004 ed oggi studente all’Università di Padova in 32 anno XXXI - n. 9 Tecniche di Laboratorio Biochimico, autrice di un piacevole libro intitola- to: “Vallalta e il mercurio: la miniera dimenticata”. La pubblicazione riassume la tesina di Chiara per l’esame di Stato e riporta, con diligente preparazione: nozioni storiche, geografiche, tecniche e am- bientali sulla miniera di cinabro di Val- lalta; vera e propria miniera dimenti- cata, come è stato confermato dal pre- sidente della Provincia di Belluno du- rante la presentazione del libro, il 17 agosto scorso, nel suggestivo paesino di Tisèr del Comune di Gosaldo, pres- so la sede dell’Auser “Còl Bèl” che ne ha patrocinato la pubblicazione. La miniera di Vallalta è situata in pros- simità del torrente Pezzea, affluente del più grande Mis che assegna il no- me alla valle omonima. Il bacino idrografico del Mis si è for- mato nell’ultima glaciazione Wurmia- na dove, per fenomeni di weathering sulla roccia calcarea, si sono evolute le morfologie aspre ed inquietanti del versante sud della valle. Nel versante nord, invece, si estendo- no più dolci i conoidi ed i depositi gla- ciali della conca di Gosaldo, con i nu- merosi massi erratici posati durante il lento ritiro del ghiacciaio che, all’epo- ca, raggiungeva, con il suo limite del- le nevi, la quota di 1500-1550 metri. È in questo fantastico paesaggio, dal- le tante storie e dalle profonde radici culturali del popolo veneto di alta montagna, che è fiorita la coltivazio- ne mineraria del mercurio di Vallalta, il prezioso elemento appartenente al II° gruppo B della Tavola Periodica di Mendeleev, (gruppo che compren- de Zinco, Cadmio e Mercurio), uni- co metallo presente naturalmente in forma liquida, conosciuto dagli Egizi e dai Cinesi sin dalle epoche antiche (4500 anni). Il nome latino del mercurio è Hydrargyrum (cioè ‘argento d’acqua’), da cui è ricavato il simbolo chimico Hg e la cui radice compone il nome della sua più importante e pericolosa tossicosi: l’idrargirismo. Tale intossi- cazione, in genere professionale, si contrae per assorbimento cutaneo, inalazione o anche ingestione di mer- curio nativo o di suoi composti; dan- neggia la funzione renale, la vista ed è devastante soprattutto per il Siste- ma Nervoso Centrale, causandovi gra- vi neuropatie, (Valori limite di esposi- zione professionale per Mercurio ele- mento, CAS 7439-97-6: TLV-TWA 0.025 mg/mc; IBE nelle urine 35mg/g creatinina; IBE nel sangue 15mg/l; - ACGIH 2005 -). Per tali carateristiche fisiche, chimiche e tossicologiche, il prezioso elemento dal numero atomico 80, era ricercato sin dall’antichità nel suo minerale più comune: il cinabro, un Solfuro Mer- currico, (HgS), d’origine idrotermale e dal caratteristico color rosso; dall’a- spetto terroso, pesante (densità 8.1 g/cc) e dai rari cristalli trigonali. Il mercurio, infatti, veniva utilizzato per produrre medicamenti (ad esem- pio nella cura della sifilide), pigmenti (il famoso ‘vermiglione’, ottenuto di- rettamente dal cinabro), amalgami (combinato con oro e argento veniva utilizzato per dorature e argentature chimiche), fino agli usi più moderni nella costruzione degli specchi, nei pro- cessi di estrazione dell’oro, nella co- struzione di barometri e termometri, e ancora più recentemente impiegato nell’industria chimica organica, nella composizione di esplosivi (es. Hg(CNO)2 famoso detonante noto co- Vallalta e il mercurio la miniera dimenticata È auspicabile il recupero di questa area come investimento propizio allo sviluppo sostenibile del territorio MINERARIA
  • 2. me ‘fulminato di mercurio’), nella for- mulazione di cosmetici e farmaci vari. Si spiega, allora, il grande interesse che dovette suscitare a Venezia la scoper- ta di cinabro e forse anche di mercu- rio allo stato nativo, tra le rocce erose affioranti lungo i torrenti Pezzea e Mis, nella zona di Vallalta, verso la prima metà del 1700. Il 29 Settembre 1740, infatti, venne consegnata dal Magistrato alle Minie- re della Repubblica di Venezia, la pri- ma concessione regolare di sfrutta- mento al N.H. Ser Luigi Pisani che ne iniziò subito la coltivazione, attraver- so tormentati susseguirsi di eventi. Il luogo inospitale, la mancanza nelle adiacenze di un impianto di estrazio- ne e purificazione del mercurio, la di- stanza da Murano, dove veniva invia- to il minerale grezzo per la lavorazio- ne, e la difficoltà dei trasporti lungo malagevoli e scoscese mulattiere, re- sero estremamente difficoltosa l’atti- vità che conobbe periodi di gloria al- ternati ad insuccessi. Così fino al ven- tennio 1850 –1870, dove divenne la sesta miniera in Europa per la produ- zione di mercurio, in concomitanza con la costruzione, nelle sue imme- diate vicinanze, di forni per l’arrosti- mento del minerale ed impianti per la distillazione del metallo puro. Nello stesso periodo furono aperte nuove gallerie, ma s’iniziarono a commette- re alcuni errori, che causarono nel tempo una serie d’incidenti ed allaga- menti nei tunnel, portando la miniera ad un primo abbandono nel 1879. Dopo l’annessione del Veneto al Re- gno d’Italia, con la pace di Vienna del- l’Ottobre 1866, la valle del Mis segnò il confine di stato tra Italia ed Austria, così il giacimento venne sfruttato al- ternativamente da due miniere con- 33settembre 2006 MINERARIA trapposte: quella di Vallalta, nel terri- torio di Gosaldo e quella di Sagron nel Trentino, a pochi metri di distanza. Nel 1905, dopo vari tentativi di società diverse, fu riaperta l’attività d’estra- zione ma i nuovi tentativi, sia italiani sia austriaci, dettero scarsi risultati, so- pratutto a causa di una precedente ge- stione che causò l’impoverimento del giacimento senza preoccuparsi della ricerca di nuovi filoni. Nel 1921 ci riprovò la Società Monte Amiata, senza successo, e nel 1956 vi riprese la Società Mineraria Vallalta s.p.a (Gruppo Montedison). Il 19 Gennaio 1962 l’acqua invase i sotterranei arrivando a riempire alcu- ni pozzi, vi persero tragicamente la vi- ta tre persone: due Minatori ed un Pe- rito Minerario. L’anno successivo la miniera chiuse definitivamente i battenti e da allora risulta ancora abbandonata, con gra- vi conseguenze per tutto l’indotto: at- tività per la produzione del carbone d’alimentazione dei forni, lavorazione di tavole di legno per il consolidamento delle gallerie, locande, taverne, eser- cizi commerciali, ecc.. In questi ultimi decenni la vegetazio- ne boschiva è avanzata, riprendendo pieno possesso di quegli stessi luoghi ed inglobando le costruzioni dell’uo- mo, rimaste a monumento dell’inge- gnosità e della caparbia operosità del- la gente locale. Consiglio a tutti i Colleghi d’Italia di trovare l’occasione per visitare questi luoghi, a poca distanza dai tradizio- nali percorsi turistici delle dolomiti: una terra dalle forti tradizioni popo- lari, dai mestieri antichi, dalla natura selvaggia, dalle estese foreste di coni- fere, dagli affascinanti sottoboschi, dal- le imponenti e sontuose cime. Zone, spopolate dalla forte emigra- zione del secolo scorso, che devono essere rivalutate per la loro importan- za geografica, paesaggistica, scientifi- ca, storica ma anche per la valenza ar- cheologico-industriale delle ex minie- re, delle vecchie fucine, delle antiche falegnamerie Venete (costruite sul pro- getto originale di Leonardo da Vinci). Confido in un crescente interessa- mento da parte degli Enti e delle au- torità locali, regionali, nonché nazio- nali, affinché possano considerare il recupero di queste aree come investi- menti propizi allo sviluppo sostenibi- le, anche economico, del proprio ter- ritorio. Spero nella volontà di preser- vare la memoria, magari con l’istitu- zione di un apposito museo dedicato al lavoro in miniera (complementare a quello della vicina Valle Imperina), anche con l’erezione di un monumento dedicato a tutti coloro che nei secoli sono caduti in miniera o a causa del- le malattie professionali correlate ad essa, con doveroso particolare tribu- to ai minatori ed al collega Perito In- dustriale, tragicamente scomparsi in queste gallerie nel gennaio del ’62. Tale ricordo è attualmente mantenu- to vivo anche grazie all’interessamen- to culturale d’illustri Istituti, come l’Umberto Follador di Agordo, e al- l’intelligente lavoro di bravi giovani motivati, come Chiara Renon, per la quale esprimo l’augurio di un florido avvenire professionale e l’invito a pre- sentare domanda d’iscrizione all’albo praticanti del Collegio dei Periti In- dustriali e Periti Industriali Laureati della propria Provincia, affidandola all’attenzione dei colleghi di Belluno come potenziale nuova futura iscritta. Stefano Sghedoni