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MARCO KROGH
NOTAIO
SEMINARIO
GDPR E SICUREZZA DATI: GLI ADEMPIMENTI PER PROFESSIONISTI E IMPRESE
Mercoledi 15 gennaio 2020, ore 14,30 – 19,00, sede ODCEC Napoli, Centro Direzionale, is. E/1
RELAZIONE MARCO KROGH
DAL SEGRETO PROFESSIONALE ALLA TUTELA DELLA PRIVACY. LE CRITICITA’
DERIVANTI DALLA LOTTA AL RICICLAGGIO
La tutela della Privacy non ha carattere assoluto, ciò significa che al suo interno
esistono deroghe alle regole a tutela della riservatezza giustificate dall’insofferenza di
alcune aree, quali quelle della lotta al riciclaggio, alla corruzione, all’evasione fiscale
ed al finanziamento del terrorismo verso ogni forma di opacità e segretezza. Ciò può
apparire scontato nella misura in cui le deroghe sono riferibili a soggetti che
istituzionalmente sono preposti alla prevenzione ed alla repressione delle attività
criminose, meno scontato è quando queste deroghe si riferiscono al rapporto cliente-
professionista e si riferiscono al segreto professionale che, come è noto, è uno dei
pilastri fondamentali su cui si regge la prestazione del professionista. In buona
sostanza, il professionista nell’assolvere gli obblighi antiriciclaggio, in deroga ai
normali doveri di segretezza, senza il consenso del cliente ed anche contro la volontà
del cliente, ha l’obbligo di segnalare alle Istituzioni a ciò preposte tutti i dati ed
informazioni forniti dal cliente che presentino caratteri anomali (rectius: sospetti). La
segnalazione avrà per oggetto non il sospetto che si stia commettendo un reato o che
sia stato commesso un reato, fatti questi che giustificherebbero comunque un
rapporto all’Autorità Giudiziaria, ma, più in generale, qualunque anomalia che possa
in qualche modo opacizzare gli aspetti finanziari della prestazione professionale che
attengono alla provenienza delle somme (o valori) utilizzate, alla destinazione delle
somme (o valori) utilizzate dei soggetti che partecipano alla transazione.
Le norme di riferimento sono contenute nel D.Lgs. 231 del 2007 in più occasioni
modificato che trae origine dalle Raccomandazioni GAFI e dalle Direttive Europee.
In via preliminare, prima di commentare le norme che dettano una disciplina speciale
rispetto alle regole generali in materia di Privacy e fare qualche riflessione sulle
ricadute operative, vorrei soffermarmi su alcuni aspetti storici ed altri di carattere
generale delle norme a tutela della riservatezza, allo scopo di offrire un miglior
inquadramento sistematico alle criticità emergenti.
Nel nostro ordinamento non abbiamo una definizione di “Privacy”, abbiamo una
definizione di “dati personali”, di “trattamento di dati personali” ed altre definizioni
sul tema che troviamo nell’incipit di tutti i decreti che si occupano della materia.
L’aspetto definitorio è ritenuto di fondamentale importanza oggi nel cd. drafting
normativo che impone nella parte iniziale di tutti i testi normativi le definizioni
concettuali dei termini utilizzati all’interno del testo normativo stesso, in buona
MARCO KROGH
NOTAIO
sostanza, la parte iniziale dei testi normativi detta la nomenclatura del testo stesso. La
mancanza di una definizione del termine “Privacy” è quindi una precisa scelta di
politica legislativa giustificata dal fatto che ci troviamo di fronte non ad un concetto
giuridico definito ma ad una “clausola generale”, quindi ad un concetto non statico
ma dinamico, mutevole in rapporto ai vari modelli sociali di riferimento.
La tutela della riservatezza assume rilevanza giuridica in epoca relativamente recente.
In passato la riservatezza era demandata alla buona educazione, alla sfera etica e
morale, con l’avvento della stampa e dei mass media inizia a prendere luce,
soprattutto nel mondo anglosassone, l’esigenza di tutela della riservatezza ed il primo
scritto che fa da battistrada a questo concetto è di matrice anglosassone, datato
intorno al 1890, dove si afferma il “right to be let alone” , il “diritto di essere lasciato
in pace” o per usare una terminologia giuridica più tradizionale lo “jus solitudinis”.
La tutela aveva pertanto un connotato soprattutto statico e tendeva ad affermava il
diritto di ciascuno ad escludere la possibilità che fossero diffusi dati ed informazioni
riguardanti la propria vita privata. Si afferma il diritto di restare nell’ombra e
mantenere tutta l’opacità desiderata in relazione alla propria vita privata.
In contrapposizione a questa immagine che concettualmente avvicina la tutela della
privacy alla difesa tipica dei diritti reali, come diritto assoluto ad escludere chiunque
dalla propria sfera privata chiudendo se stesso in un recinto dai confini invalicabili, si
contrappone l’immagine dell’”uomo di vetro” di matrice nazista ma che rispecchia un
po’ un’immagine presente in tutti i regimi, laddove il cittadino virtuoso è quello che
non ha nulla da nascondere che è trasparente e non teme stigmatizzazione sociale e
controllo pubblico. Il cittadino che vuol rendere opaci alcuni aspetti della propria vita
è guardato con sospetto ed autorizza un controllo da parte dell’Autorità.
Tra questi due poli estremi, tra la tutela dell’uomo che rivendica a giusto titolo il suo
diritto allo jus solitudinis e la negazione di ogni tutela della riservatezza racchiusa
nell’immagine dell’uomo di vetro, oggi abbiamo un nuovo concetto di tutela della
privacy, non più statico ma dinamico. Il modello sociale di riferimento non è più
quello di fine ottocento, ma quello di una società “social” inaugurata dalla stagione
del “Grande Fratello” che, tuttavia, non è il “Grande Fratello” di Orwell descritto nel
suo romanzo “1984” dove un soggetto (anonimo) controllava tutti gli altri, ma di un
“Grande Fratello” dove la prospettiva si capovolge, in cui troviamo un soggetto che
consapevolmente desidera che i propri dati siano noti a tutti, al quale è finalmente
riconosciuto il suo diritto al famoso “quarto d’ora di notorietà” che Andy Warhol
rivendicava per chiunque. La tutela passa, oggi, attraverso il concetto di
“trattamento” dei dati personali; ognuno ha diritto di divulgare i dati relativi alla
propria persona, costruirsi un’immagine da diffondere in pubblico, anche se non
corrispondente al vero, con il limite della frode, e, per converso, ha diritto di seguire
la sorte dei propri dati, conoscere le finalità per le quali i dati sono acquisiti da un
terzo, ha diritto di modificare i dati e le informazioni detenuti da un terzo ed ha diritto
a restare o tornare nell’anonimato (il cd. diritto all’oblio). Una tutela, pertanto,
MARCO KROGH
NOTAIO
allineata con un modello sociale che appare sempre più un palcoscenico con attori
che rivendicano il diritto ad un quarto d’ora di notorietà, ma con la possibilità di
tornare sui propri passi fino a rivendicare il diritto ad essere del tutto dimenticati,
L’altra faccia della medaglia è rappresentata da un mondo di relazioni sociali,
politiche, economiche e finanziarie sempre più condizionato dal possesso e
dall’elaborazione dei dati ed informazioni a disposizione. In questo flusso continuo di
dati ed informazioni che circolano nel mondo digitale gli interessi giuridicamente
rilevanti non sono più limitati a quelli del soggetto a cui si riferiscono, ma riguardano
l’utilizzo della massa circolante di dati ed informazioni che va ad incidere sulle
relazioni sociali, sulle relazioni politiche, sulle relazioni economiche, sulle relazioni
finanziarie e che può alterare quelle che sono le tradizionali regole della concorrenza
economica o delle competizioni politiche. E’ fatto notorio che oggi la vera ricchezza
è il possesso dei cd. “big data” , ed il vero valore aggiunto in tutti i campi è la
creazione e l’utilizzo di algoritmi in grado di gestire questo enorme flusso di dati.
L’attuale quadro normativo nasce con l’intento di dettare regole contemperando la
molteplicità di interessi in gioco; nel Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento
europeo e del Consiglio è presente l’intento dichiarato di voler omogeneizzare e
rendere equivalente in tutti gli Stati membri la normativa relativa alla protezione dei
dati personali per evitare frammentazioni nell’applicazione delle norme che possa
ostacolare la libera circolazione dei dati personali all’interno dell’Unione e creare
indirettamente vantaggi a favore di alcuni ed a danno di altri nelle relazioni
economiche, sociali e politiche.
La descrizione di questo “mondo” tendenzialmente perfetto o quasi perfetto sotto il
profilo della tutela dei dati personali entra in crisi laddove si scontri con aree che
sono insofferenti a tutto ciò che in qualche sia opaco. L’area che, allo stato, si pone in
modo più evidente in contrasto con la tutela della riservatezza è l’area
dell’antiriciclaggio, della lotta alla criminalità, alla corruzione, all’evasione fiscale, al
finanziamento del terrorismo.
La tutela della riservatezza, come già accennato, non ha carattere assoluto, così come
l’interesse dello Stato alla lotta al riciclaggio, al finanziamento del terrorismo,
all’evasione fiscale ed alla corruzione non ha una tutela assoluta, le aree che si
pongono in contrapposizione tra loro richiedono un ragionevole bilanciamento degli
interessi in gioco dando la prevalenza all’uno o all’altro secondo una scala gerarchica
di valori da prendere in considerazione in un determinato momento storico.
Le norme poste a tutela della Privacy hanno una rilevanza sotto un duplice aspetto:
statico e dinamico. Sotto il primo aspetto, nessuno può essere obbligato a comunicare
i propri dati ed informazioni a terzi, sotto il secondo aspetto chiunque ha il diritto di
gestire nel corso del tempo i propri dati ed informazioni divulgati e, quindi ha un
diritto di controllo dei propri dati ed informazioni sino al cd. diritto all’oblio. Il terzo
che acquisisce e detiene dati di terzi è, a sua volta, tenuto ad osservare determinati
MARCO KROGH
NOTAIO
obblighi e doveri per evitarne la divulgazione, anche involontaria, a terzi, senza il
consenso dell’interessato, per evitare, più in generale un utilizzo non conforme alla
volontà dell’interessato. Tutto ciò subisce una deroga rispetto alle norme
antiriciclaggio, sia per quanto riguarda l’acquisizione dei dati che il cliente deve
obbligatoriamente fornire, sia sotto il profilo della gestione degli stessi che non
avviene al di fuori del controllo dell’interessato, pur essendo soggette a rigorose
norme per evitare che i dati stessi siano utilizzati per finalità diverse da quelle per cui
sono stati acquisiti e per evitare dispersioni, anche involontarie dei dati stessi.
La lotta al riciclaggio ed al finanziamento del terrorismo è oggi considerata una
priorità non solo per l’Italia e per l’Unione Europea, ma per tutti gli Ordinamenti che
aderiscono al GAFI (l’agenzia internazionale preposta alla lotta al riciclaggio ed al
finanziamento del terrorismo) e ciò giustifica ampie deroghe alle norme che tutelano
la riservatezza dei dati personali ogni qual volta le stesse entrino in conflitto con le
norme dettate a presidio della legalità. Tuttavia, la tutela della privacy non viene del
tutto meno, ma si ridimensiona nella misura in cui ciò sia indispensabile per la
realizzazione di obiettivi ritenuti prioritari.
In questo momento storico, con l’antiriciclaggio si torna al concetto dell’”uomo di
vetro” definizione presente in tutti i regimi totalitari. Il cittadino virtuoso è il cittadino
trasparente che non ha nulla da nascondere. Chi vuol nascondere qualcosa è per ciò
solo sospetto ed autorizza un’investigazione o, più precisamente, una segnalazione di
operazione sospetta.
Il cliente che deve effettuare un prestazione professionale o un’operazione finanziaria
deve mettere a nudo tutto ciò che riguarda la propria sfera patrimoniale, finanziaria e
fiscale; deve consentire al destinatario degli obblighi antiriciclaggio di tracciare una
perfetta profilatura del cliente allo scopo di verificarne la coerenza con l’operazione
da compiere. Il minimo sospetto autorizza un approfondimento, prima da parte del
destinatario degli obblighi antiriciclaggio e poi della GdF, dell’UIF e dell’Autorità
Giudiziaria e di qualunque altro ente o organo statale preposta alla prevenzione ed
alla repressione del riciclaggio, del finanziamento del terrorismo, dell’evasione
fiscale e della corruzione.
I profili di maggior interesse sotto il profilo della tutela della riservatezza attengono
alla disciplina del segreto professionale e, di conseguenza, all’acquisizione ed alla
conservazione dei dati, alla segnalazione delle operazioni sospette, al divieto di
comunicazione della segnalazione al soggetto segnalato ed ai terzi ed alla tutela del
segnalante.
Soffermiamoci, innanzitutto, almeno in via di approssimazione, sul significato del
segreto professionale. In aree ad alta asimmetria informativa la consulenza
professionale costituisce un mezzo per la realizzazione dei propri diritti. Il
riconoscimento e la tutela di determinati diritti fondamentali è condizionata dalla
MARCO KROGH
NOTAIO
possibilità di potersi affidare all’opera di un professionista e, quindi, alla possibilità
di confidare al professionista tutti i dati e le informazioni, senza nulla tacere,
lasciando al professionista la selezione di ciò che può essere utile da ciò è superfluo.
E’ evidente che il segreto professionale in una relazione di questo tipo gioca un ruolo
fondamentale. Se viene meno la fiducia sull’utilizzo dei dati ed informazioni che
vengono forniti al professionista viene meno anche la possibilità di esporre in modo
completo la vicenda di cui si chiede il supporto del professionista; laddove si
pongono ostacoli alla libertà di comunicazione con il professionista, di fatto, si
impedisce l’esercizio pieno di quel determinato diritto o la tutela di quel determinato
interesse. Il segreto professionale costituisce un pilastro fondante di tutte le
professioni, in sua assenza il rapporto cliente professionista rischierebbe di essere
viziato da una mancata o incompleta conoscenza dei fatti. Se ne trova traccia già nel
giuramento di Ippocrate che risale al V secolo A.C. “Ciò che io possa vedere o
sentire durante il mio esercizio o anche fuori dell'esercizio sulla vita degli uomini,
tacerò ciò che non è necessario sia divulgato, ritenendo come un segreto cose
simili...”(versione attuale:… di osservare il segreto su tutto ciò che mi è confidato,
che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell’esercizio della mia professione o in
ragione del mio stato…). E’ il motivo per cui la sua violazione è punita con sanzioni
penali, con sanzioni amministrative come violazione dei doveri deontologici e può
dar luogo a risarcimento dei danni, esistono, inoltre, norme procedurali che
presidiano il segreto professionale (Art.200 – Segreto professionale 1. Non possono
essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio
ministero, ufficio o professione, salvi i casi in cui hanno l'obbligo di riferirne
all'autorità giudiziaria:
a) i ministri di confessioni religiose, i cui statuti non contrastino con l'ordinamento
giuridico italiano;
b) gli avvocati, gli investigatori privati autorizzati, i consulenti tecnici e i notai;
c) i medici e i chirurghi, i farmacisti, le ostetriche e ogni altro esercente una
professione sanitaria;
d) gli esercenti altri uffici o professioni ai quali la legge riconosce la facoltà di
astenersi dal deporre determinata dal segreto professionale.
2. Il giudice, se ha motivo di dubitare che la dichiarazione resa da tali persone per
esimersi dal deporre sia infondata, provvede agli accertamenti necessari. Se risulta
infondata, ordina che il testimone deponga.
3. Le disposizioni previste dai commi 1 e 2 si applicano ai giornalisti professionisti
iscritti nell'albo professionale, relativamente ai nomi delle persone dalle quali i
medesimi hanno avuto notizie di carattere fiduciario nell'esercizio della loro
professione. Tuttavia se le notizie sono indispensabili ai fini della prova del reato per
cui si procede e la loro veridicità può essere accertata solo attraverso
l'identificazione della fonte della notizia, il giudice ordina al giornalista di indicare
la fonte delle sue informazioni.)
Altre norme a tutela del segreto professionale riguardano le ispezioni e perquisizioni
presso gli studi professionali, laddove il professionista potrà, allo scopo di impedire
MARCO KROGH
NOTAIO
la divulgazione di dati ed informazioni riservate, opporre il segreto professionale. Per
le verifiche antiriciclaggio è stata riconosciuta la possibilità di accedere negli studi
professionali anche senza preventiva autorizzazione del Procuratore della Repubblica
(equiparando, così, l’accesso presso gli studi professionali all’accesso presso i locali
di attività imprenditoriali) ma è stata prevista una duplice forma cautelativa operante:
- in una prima fase, mediante la obbligatoria presenza, al momento dell’accesso,
del titolare dello studio professionale o di un suo delegato in modo tale da assicurare
la concreta possibilità di far valere il segreto professionale (art. 52, primo comma,
D.P.R. n. 633/72);
- in una seconda fase, attraverso il rilascio di un’autorizzazione da parte dell’autorità
giudiziaria nelle ipotesi in cui, per l’esame di documenti e la richiesta di notizie,
dovesse essere eccepito dal professionista il segreto professionale, “(…) ferma
restando la norma di cui all’articolo 103 del codice di procedura penale” (art. 52,
terzo comma, D.P.R. n. 633/72). Va ricordato che le norme per gli accertamenti
fiscali sono le medesime che sono applicate per le verifiche antiriciclaggio
L’importanza che l’Ordinamento dà al segreto professionale ed al ruolo svolto dai
professionisti nella tutela di determinati diritti e libertà rende chiaro il motivo per cui
laddove l’interesse protetto sia di rango costituzionale, come, ad esempio, la difesa
dei propri diritti in giudizio, il segreto professionale torna pieno e le norme
antiriciclaggio sono “recessive” rispetto ai superiori interessi tutelati con il segreto
professionale.
Le norme antiriciclaggio prevedono, dunque, un’espressa deroga all’obbligo di
segnalazione per le prestazioni professionali che riguardano l’attività di difesa in
giudizio (compresa la negoziazione assistita) e subiscono una deroga anche nella fase
dell’esame della posizione giuridica del cliente che precede il conferimento
dell’incarico. L’esonero dall’obbligo di segnalazione e, quindi, il dovere di rispettare
il segreto professionale è giustificato, in questo secondo caso, dall’importanza che
l’Ordinamento attribuisce alla possibilità di rivolgersi ad un professionista per
prendere consapevolezza dei propri diritti, dei propri obblighi, delle proprie
responsabilità; la deroga cessa con il conferimento dell’incarico al professionista di
eseguire una prestazione professionale.
La deroga al segreto professionale, peraltro, non è assoluta, ma è giustificata, in tema
di segnalazione di operazione sospetta, esclusivamente nel caso in cui sia effettuata
dal professionista in buona fede; l’art. 35 comma 4 espressamente dispone che “Le
comunicazioni delle informazioni, effettuate in buona fede dai soggetti obbligati, dai
loro dipendenti o amministratori ai fini della segnalazione di operazioni sospette,
non costituiscono violazione di eventuali restrizioni alla comunicazione di
informazioni imposte in sede contrattuale o da disposizioni legislative, regolamentari
o amministrative. Le medesime comunicazioni non comportano responsabilità di
alcun tipo anche nelle ipotesi in cui colui che le effettua non sia a conoscenza
dell'attività criminosa sottostante e a prescindere dal fatto che l'attività illegale sia
MARCO KROGH
NOTAIO
stata realizzata.” Non rientrano, pertanto, in questo schema eventuali segnalazioni
effettuate come ritorsione verso il cliente o a scopo meramente prudenziale prive di
una ragionevole giustificazione.
Il segreto professionale rileva, altresì, anche per quanto riguarda l’obbligo di
adeguata verifica e l’obbligo di conservazione dei dati e delle informazioni.
Sotto il primo profilo va ricordato che l’esecuzione dell’adeguata verifica da parte dei
terzi è dalla legge consentita esclusivamente per i professionisti nei confronti di altri
professionisti. Pertanto, eventuali richieste di Banche o intermediari finanziari o
agenzie immobiliari rivolte a notai o ad altri professionisti di fornire dati ed
informazioni acquisiti in sede di adeguata verifica non è consentito, senza il consenso
dell’interessato.
In tema di obblighi di conservazione, va sottolineato che i dati acquisiti in sede di
adeguata verifica del cliente possono essere legittimamente custoditi nel fascicolo del
cliente, tuttavia l’art. 32 del D.Lgs 231/2007 espressamente dispone che “I soggetti
obbligati adottano sistemi di conservazione dei documenti, dei dati e delle
informazioni idonei a garantire il rispetto delle norme dettate dal codice in materia
di protezione dei dati personali nonché il trattamento dei medesimi esclusivamente
per le finalità di cui al presente decreto.” A mio avviso, il professionista, nel rispetto
di questa norma, dovrebbe evitare di confondere i dati e le informazioni acquisite in
sede di adeguata verifica con altri dati personali che riguardano altri aspetti che
emergono nel corso dell’esecuzione della prestazione professionale. In sede di
verifica antiriciclaggio, laddove nel fascicolo siano custoditi in modo promiscuo dati
antiriciclaggio e dati di altra natura, il professionista dovrebbe, a mio avviso, chiedere
all’organo ispezionante (Polizia valutaria, GdF, MEF, UIF, etc.) la possibilità di
estrarre dal fascicolo i dati acquisiti per altre finalità e ciò, soprattutto perché tutti i
dati acquisiti in sede di verifica possono essere utilizzati anche per altre finalità una
volta acquisiti. La legge (1° comma dell’art. 34 del D.Lgs. 231/2007) dispone
espressamente che i dati e le informazioni acquisite in sede di verifica possono essere
utilizzate ai fini fiscali, ma è evidente che una volta acquisiti dati ed informazioni,
anche se estranei all’adeguata verifica del cliente risultano divulgati a terzi al di fuori
delle ipotesi previste dalla legge e, pertanto, è ravvisabile una responsabilità del
professionista laddove abbia consentito l’acquisizione di dati non relativi adeguata
verifica antiriciclaggio ma presenti nel fascicolo di studio messo a disposizione dei
soggetti ispezionanti. In sede di verifica, giova ricordare, il professionista potrà
sempre eccepire il segreto professionale su ogni richiesta dell’organo ispettivo che
ritenga abusiva o in violazione del segreto professionale ed, in tal caso, la decisione è
rimessa all’Autorità Giudiziaria che provvederà con un provvedimento
endoprocedimentale non autonomamente impugnabile.
La tutela della riservatezza, sotto altro aspetto, è presa in considerazione dalla norma
che impone il divieto di comunicare al segnalato ed a terzi di aver effettuato la
MARCO KROGH
NOTAIO
segnalazione di operazione sospetta o di aver comunicato la violazione di una
disposizione valutaria. In questo caso, la segretezza tende a tutelare non tanto
l’interesse del segnalato alla riservatezza, ma il buon esito delle indagine contro il
rischio di inquinamento delle prove. Non sono ritenuti violazione del divieto di
comunicazione i tentativi di dissuasione posti in essere dal professionista per
convincere il cliente a non eseguire una determinata operazione.
Va segnalato che con la creazione della sezione speciale dei Titolari effettivi presso il
Registro delle imprese con un decreto di prossima emanazione, il titolare effettivo,
ossia la persona fisica che pur non partecipando ad un atto o ad un’operazione è
destinataria ultima degli effetti dell’atto o dell’operazione, dovrà essere messo in
chiaro laddove si sia in presenza di una società con personalità giuridica, di una
persona giuridica, di un Trust o di un ente o istituzione assimilati e la relativa sezione
sarà accessibile non solo ai destinatari degli obblighi antiriciclaggio ma anche ai
soggetti terzi. Ciò costituisce un ulteriore vulnus alla tutela della riservatezza tenuto
conto che il titolare effettivo è un soggetto normalmente destinato a restare
nell’ombra non necessariamente per motivi illeciti, ma anche per motivi leciti. La V
Direttiva ed il D.Lgs. 125/2019 ritenendo prevalente un interesse alla massima
trasparenza per questi soggetti ha previsto che “L’accesso pubblico alle informazioni
sulla titolarità effettiva consente alla società civile, anche attraverso le sue
organizzazioni e la stampa, di effettuare una valutazione più accurata di queste
informazioni e contribuisce a mantenere la fiducia nell’integrità delle operazioni
commerciali e del sistema finanziario. Inoltre può contribuire a combattere l’uso
improprio di società, altri soggetti giuridici e istituti giuridici per riciclare denaro e
finanziare il terrorismo sia favorendo le indagini che per i suoi effetti in termini di
reputazione, dato che tutti coloro che potrebbero effettuare operazioni sono a
conoscenza dell’identità dei titolari effettivi. Ciò facilita anche la tempestiva ed
efficiente messa a disposizione delle informazioni agli istituti finanziari e alle
autorità, comprese quelle dei paesi terzi, che si occupano del contrasto di tali reati.
L’accesso a tali informazioni gioverebbe inoltre alle indagini sul riciclaggio di
denaro, sui reati presupposto associati e sul finanziamento del terrorismo” (30°
Considerando).
La tutela della privacy rileva anche per quanto riguarda la tutela del segnalante sotto
il profilo del divieto di svelare anche indirettamente il nominativo del segnalante. In
questo caso si tende a tutelare l’interesse del segnalante che potrebbe, a tacer d’altro,
subire ritorsioni da parte del segnalato e, comunque la sua azione potrebbe essere
oggetto di stigmatizzazione sociale nel contesto dove opera per lo strappo al segreto
professionale che sebbene dovuto rappresenta comunque un evento traumatico per
l’immagine del professionista. Nonostante le rigorose norme che vietano di rivelare il
nominativo del segnalante non solo nelle fase delle indagini, ma anche nella fase
dibattimentale, salvo che il nominativo del segnalante non debba essere rivelato
perché l’autorità giudiziaria con decreto motivato lo ritenga indispensabile ai fini
dell’accertamento del reato per cui si procede, troppo spesso sui giornali si legge che
MARCO KROGH
NOTAIO
una determinata indagine è partita da una segnalazione antiriciclaggio consentendo,
in via indiretta o di supposizione, di risalire al nominativo del segnalante. In questi
casi, il medesimo rigore sanzionatorio previsto per i professionisti che violano la
normativa antiriciclaggio e sulla privacy dovrebbe essere applicato nei confronti di
chi consente questa fuga di notizie mettendo a repentaglio non solo l’incolumità e
l’immagine del professionista, ma anche la tenuta del sistema che non può che
reggersi sulla massima segretezza delle segnalazioni.
Mi sembra di poter concludere che ci troviamo di fronte ad una normativa
eccessivamente speciosa spesso con incoerenze di sistema che forse andavano risolte
dando maggior considerazione alle diversità, anche dimensionali, dei soggetti
destinatari delle norme e della molte3plicità degli interessi in gioco. Stefano Rodotà,
che può definirsi il “padre” della Privacy in Italia, nel suo libro “La vita e le regole”
riportava una considerazione del noto critico letterario Franco Moretti che
nell’analizzare l’Ulisse di Joyce, proponeva una società stracolma di cultura ma del
tutto priva di saggezza, per traslato potremmo dire che oggi ci troviamo, soprattutto
in certe aree, in una società stracolma di regole giuridiche ma se non del tutto priva di
giustizia, con una giustizia spesso inefficiente ed a volte contraddittoria.
14 gennaio 2020 - Notaio Marco Krogh

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Privacy ed antiriciclaggio

  • 1. MARCO KROGH NOTAIO SEMINARIO GDPR E SICUREZZA DATI: GLI ADEMPIMENTI PER PROFESSIONISTI E IMPRESE Mercoledi 15 gennaio 2020, ore 14,30 – 19,00, sede ODCEC Napoli, Centro Direzionale, is. E/1 RELAZIONE MARCO KROGH DAL SEGRETO PROFESSIONALE ALLA TUTELA DELLA PRIVACY. LE CRITICITA’ DERIVANTI DALLA LOTTA AL RICICLAGGIO La tutela della Privacy non ha carattere assoluto, ciò significa che al suo interno esistono deroghe alle regole a tutela della riservatezza giustificate dall’insofferenza di alcune aree, quali quelle della lotta al riciclaggio, alla corruzione, all’evasione fiscale ed al finanziamento del terrorismo verso ogni forma di opacità e segretezza. Ciò può apparire scontato nella misura in cui le deroghe sono riferibili a soggetti che istituzionalmente sono preposti alla prevenzione ed alla repressione delle attività criminose, meno scontato è quando queste deroghe si riferiscono al rapporto cliente- professionista e si riferiscono al segreto professionale che, come è noto, è uno dei pilastri fondamentali su cui si regge la prestazione del professionista. In buona sostanza, il professionista nell’assolvere gli obblighi antiriciclaggio, in deroga ai normali doveri di segretezza, senza il consenso del cliente ed anche contro la volontà del cliente, ha l’obbligo di segnalare alle Istituzioni a ciò preposte tutti i dati ed informazioni forniti dal cliente che presentino caratteri anomali (rectius: sospetti). La segnalazione avrà per oggetto non il sospetto che si stia commettendo un reato o che sia stato commesso un reato, fatti questi che giustificherebbero comunque un rapporto all’Autorità Giudiziaria, ma, più in generale, qualunque anomalia che possa in qualche modo opacizzare gli aspetti finanziari della prestazione professionale che attengono alla provenienza delle somme (o valori) utilizzate, alla destinazione delle somme (o valori) utilizzate dei soggetti che partecipano alla transazione. Le norme di riferimento sono contenute nel D.Lgs. 231 del 2007 in più occasioni modificato che trae origine dalle Raccomandazioni GAFI e dalle Direttive Europee. In via preliminare, prima di commentare le norme che dettano una disciplina speciale rispetto alle regole generali in materia di Privacy e fare qualche riflessione sulle ricadute operative, vorrei soffermarmi su alcuni aspetti storici ed altri di carattere generale delle norme a tutela della riservatezza, allo scopo di offrire un miglior inquadramento sistematico alle criticità emergenti. Nel nostro ordinamento non abbiamo una definizione di “Privacy”, abbiamo una definizione di “dati personali”, di “trattamento di dati personali” ed altre definizioni sul tema che troviamo nell’incipit di tutti i decreti che si occupano della materia. L’aspetto definitorio è ritenuto di fondamentale importanza oggi nel cd. drafting normativo che impone nella parte iniziale di tutti i testi normativi le definizioni concettuali dei termini utilizzati all’interno del testo normativo stesso, in buona
  • 2. MARCO KROGH NOTAIO sostanza, la parte iniziale dei testi normativi detta la nomenclatura del testo stesso. La mancanza di una definizione del termine “Privacy” è quindi una precisa scelta di politica legislativa giustificata dal fatto che ci troviamo di fronte non ad un concetto giuridico definito ma ad una “clausola generale”, quindi ad un concetto non statico ma dinamico, mutevole in rapporto ai vari modelli sociali di riferimento. La tutela della riservatezza assume rilevanza giuridica in epoca relativamente recente. In passato la riservatezza era demandata alla buona educazione, alla sfera etica e morale, con l’avvento della stampa e dei mass media inizia a prendere luce, soprattutto nel mondo anglosassone, l’esigenza di tutela della riservatezza ed il primo scritto che fa da battistrada a questo concetto è di matrice anglosassone, datato intorno al 1890, dove si afferma il “right to be let alone” , il “diritto di essere lasciato in pace” o per usare una terminologia giuridica più tradizionale lo “jus solitudinis”. La tutela aveva pertanto un connotato soprattutto statico e tendeva ad affermava il diritto di ciascuno ad escludere la possibilità che fossero diffusi dati ed informazioni riguardanti la propria vita privata. Si afferma il diritto di restare nell’ombra e mantenere tutta l’opacità desiderata in relazione alla propria vita privata. In contrapposizione a questa immagine che concettualmente avvicina la tutela della privacy alla difesa tipica dei diritti reali, come diritto assoluto ad escludere chiunque dalla propria sfera privata chiudendo se stesso in un recinto dai confini invalicabili, si contrappone l’immagine dell’”uomo di vetro” di matrice nazista ma che rispecchia un po’ un’immagine presente in tutti i regimi, laddove il cittadino virtuoso è quello che non ha nulla da nascondere che è trasparente e non teme stigmatizzazione sociale e controllo pubblico. Il cittadino che vuol rendere opaci alcuni aspetti della propria vita è guardato con sospetto ed autorizza un controllo da parte dell’Autorità. Tra questi due poli estremi, tra la tutela dell’uomo che rivendica a giusto titolo il suo diritto allo jus solitudinis e la negazione di ogni tutela della riservatezza racchiusa nell’immagine dell’uomo di vetro, oggi abbiamo un nuovo concetto di tutela della privacy, non più statico ma dinamico. Il modello sociale di riferimento non è più quello di fine ottocento, ma quello di una società “social” inaugurata dalla stagione del “Grande Fratello” che, tuttavia, non è il “Grande Fratello” di Orwell descritto nel suo romanzo “1984” dove un soggetto (anonimo) controllava tutti gli altri, ma di un “Grande Fratello” dove la prospettiva si capovolge, in cui troviamo un soggetto che consapevolmente desidera che i propri dati siano noti a tutti, al quale è finalmente riconosciuto il suo diritto al famoso “quarto d’ora di notorietà” che Andy Warhol rivendicava per chiunque. La tutela passa, oggi, attraverso il concetto di “trattamento” dei dati personali; ognuno ha diritto di divulgare i dati relativi alla propria persona, costruirsi un’immagine da diffondere in pubblico, anche se non corrispondente al vero, con il limite della frode, e, per converso, ha diritto di seguire la sorte dei propri dati, conoscere le finalità per le quali i dati sono acquisiti da un terzo, ha diritto di modificare i dati e le informazioni detenuti da un terzo ed ha diritto a restare o tornare nell’anonimato (il cd. diritto all’oblio). Una tutela, pertanto,
  • 3. MARCO KROGH NOTAIO allineata con un modello sociale che appare sempre più un palcoscenico con attori che rivendicano il diritto ad un quarto d’ora di notorietà, ma con la possibilità di tornare sui propri passi fino a rivendicare il diritto ad essere del tutto dimenticati, L’altra faccia della medaglia è rappresentata da un mondo di relazioni sociali, politiche, economiche e finanziarie sempre più condizionato dal possesso e dall’elaborazione dei dati ed informazioni a disposizione. In questo flusso continuo di dati ed informazioni che circolano nel mondo digitale gli interessi giuridicamente rilevanti non sono più limitati a quelli del soggetto a cui si riferiscono, ma riguardano l’utilizzo della massa circolante di dati ed informazioni che va ad incidere sulle relazioni sociali, sulle relazioni politiche, sulle relazioni economiche, sulle relazioni finanziarie e che può alterare quelle che sono le tradizionali regole della concorrenza economica o delle competizioni politiche. E’ fatto notorio che oggi la vera ricchezza è il possesso dei cd. “big data” , ed il vero valore aggiunto in tutti i campi è la creazione e l’utilizzo di algoritmi in grado di gestire questo enorme flusso di dati. L’attuale quadro normativo nasce con l’intento di dettare regole contemperando la molteplicità di interessi in gioco; nel Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio è presente l’intento dichiarato di voler omogeneizzare e rendere equivalente in tutti gli Stati membri la normativa relativa alla protezione dei dati personali per evitare frammentazioni nell’applicazione delle norme che possa ostacolare la libera circolazione dei dati personali all’interno dell’Unione e creare indirettamente vantaggi a favore di alcuni ed a danno di altri nelle relazioni economiche, sociali e politiche. La descrizione di questo “mondo” tendenzialmente perfetto o quasi perfetto sotto il profilo della tutela dei dati personali entra in crisi laddove si scontri con aree che sono insofferenti a tutto ciò che in qualche sia opaco. L’area che, allo stato, si pone in modo più evidente in contrasto con la tutela della riservatezza è l’area dell’antiriciclaggio, della lotta alla criminalità, alla corruzione, all’evasione fiscale, al finanziamento del terrorismo. La tutela della riservatezza, come già accennato, non ha carattere assoluto, così come l’interesse dello Stato alla lotta al riciclaggio, al finanziamento del terrorismo, all’evasione fiscale ed alla corruzione non ha una tutela assoluta, le aree che si pongono in contrapposizione tra loro richiedono un ragionevole bilanciamento degli interessi in gioco dando la prevalenza all’uno o all’altro secondo una scala gerarchica di valori da prendere in considerazione in un determinato momento storico. Le norme poste a tutela della Privacy hanno una rilevanza sotto un duplice aspetto: statico e dinamico. Sotto il primo aspetto, nessuno può essere obbligato a comunicare i propri dati ed informazioni a terzi, sotto il secondo aspetto chiunque ha il diritto di gestire nel corso del tempo i propri dati ed informazioni divulgati e, quindi ha un diritto di controllo dei propri dati ed informazioni sino al cd. diritto all’oblio. Il terzo che acquisisce e detiene dati di terzi è, a sua volta, tenuto ad osservare determinati
  • 4. MARCO KROGH NOTAIO obblighi e doveri per evitarne la divulgazione, anche involontaria, a terzi, senza il consenso dell’interessato, per evitare, più in generale un utilizzo non conforme alla volontà dell’interessato. Tutto ciò subisce una deroga rispetto alle norme antiriciclaggio, sia per quanto riguarda l’acquisizione dei dati che il cliente deve obbligatoriamente fornire, sia sotto il profilo della gestione degli stessi che non avviene al di fuori del controllo dell’interessato, pur essendo soggette a rigorose norme per evitare che i dati stessi siano utilizzati per finalità diverse da quelle per cui sono stati acquisiti e per evitare dispersioni, anche involontarie dei dati stessi. La lotta al riciclaggio ed al finanziamento del terrorismo è oggi considerata una priorità non solo per l’Italia e per l’Unione Europea, ma per tutti gli Ordinamenti che aderiscono al GAFI (l’agenzia internazionale preposta alla lotta al riciclaggio ed al finanziamento del terrorismo) e ciò giustifica ampie deroghe alle norme che tutelano la riservatezza dei dati personali ogni qual volta le stesse entrino in conflitto con le norme dettate a presidio della legalità. Tuttavia, la tutela della privacy non viene del tutto meno, ma si ridimensiona nella misura in cui ciò sia indispensabile per la realizzazione di obiettivi ritenuti prioritari. In questo momento storico, con l’antiriciclaggio si torna al concetto dell’”uomo di vetro” definizione presente in tutti i regimi totalitari. Il cittadino virtuoso è il cittadino trasparente che non ha nulla da nascondere. Chi vuol nascondere qualcosa è per ciò solo sospetto ed autorizza un’investigazione o, più precisamente, una segnalazione di operazione sospetta. Il cliente che deve effettuare un prestazione professionale o un’operazione finanziaria deve mettere a nudo tutto ciò che riguarda la propria sfera patrimoniale, finanziaria e fiscale; deve consentire al destinatario degli obblighi antiriciclaggio di tracciare una perfetta profilatura del cliente allo scopo di verificarne la coerenza con l’operazione da compiere. Il minimo sospetto autorizza un approfondimento, prima da parte del destinatario degli obblighi antiriciclaggio e poi della GdF, dell’UIF e dell’Autorità Giudiziaria e di qualunque altro ente o organo statale preposta alla prevenzione ed alla repressione del riciclaggio, del finanziamento del terrorismo, dell’evasione fiscale e della corruzione. I profili di maggior interesse sotto il profilo della tutela della riservatezza attengono alla disciplina del segreto professionale e, di conseguenza, all’acquisizione ed alla conservazione dei dati, alla segnalazione delle operazioni sospette, al divieto di comunicazione della segnalazione al soggetto segnalato ed ai terzi ed alla tutela del segnalante. Soffermiamoci, innanzitutto, almeno in via di approssimazione, sul significato del segreto professionale. In aree ad alta asimmetria informativa la consulenza professionale costituisce un mezzo per la realizzazione dei propri diritti. Il riconoscimento e la tutela di determinati diritti fondamentali è condizionata dalla
  • 5. MARCO KROGH NOTAIO possibilità di potersi affidare all’opera di un professionista e, quindi, alla possibilità di confidare al professionista tutti i dati e le informazioni, senza nulla tacere, lasciando al professionista la selezione di ciò che può essere utile da ciò è superfluo. E’ evidente che il segreto professionale in una relazione di questo tipo gioca un ruolo fondamentale. Se viene meno la fiducia sull’utilizzo dei dati ed informazioni che vengono forniti al professionista viene meno anche la possibilità di esporre in modo completo la vicenda di cui si chiede il supporto del professionista; laddove si pongono ostacoli alla libertà di comunicazione con il professionista, di fatto, si impedisce l’esercizio pieno di quel determinato diritto o la tutela di quel determinato interesse. Il segreto professionale costituisce un pilastro fondante di tutte le professioni, in sua assenza il rapporto cliente professionista rischierebbe di essere viziato da una mancata o incompleta conoscenza dei fatti. Se ne trova traccia già nel giuramento di Ippocrate che risale al V secolo A.C. “Ciò che io possa vedere o sentire durante il mio esercizio o anche fuori dell'esercizio sulla vita degli uomini, tacerò ciò che non è necessario sia divulgato, ritenendo come un segreto cose simili...”(versione attuale:… di osservare il segreto su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell’esercizio della mia professione o in ragione del mio stato…). E’ il motivo per cui la sua violazione è punita con sanzioni penali, con sanzioni amministrative come violazione dei doveri deontologici e può dar luogo a risarcimento dei danni, esistono, inoltre, norme procedurali che presidiano il segreto professionale (Art.200 – Segreto professionale 1. Non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio ministero, ufficio o professione, salvi i casi in cui hanno l'obbligo di riferirne all'autorità giudiziaria: a) i ministri di confessioni religiose, i cui statuti non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano; b) gli avvocati, gli investigatori privati autorizzati, i consulenti tecnici e i notai; c) i medici e i chirurghi, i farmacisti, le ostetriche e ogni altro esercente una professione sanitaria; d) gli esercenti altri uffici o professioni ai quali la legge riconosce la facoltà di astenersi dal deporre determinata dal segreto professionale. 2. Il giudice, se ha motivo di dubitare che la dichiarazione resa da tali persone per esimersi dal deporre sia infondata, provvede agli accertamenti necessari. Se risulta infondata, ordina che il testimone deponga. 3. Le disposizioni previste dai commi 1 e 2 si applicano ai giornalisti professionisti iscritti nell'albo professionale, relativamente ai nomi delle persone dalle quali i medesimi hanno avuto notizie di carattere fiduciario nell'esercizio della loro professione. Tuttavia se le notizie sono indispensabili ai fini della prova del reato per cui si procede e la loro veridicità può essere accertata solo attraverso l'identificazione della fonte della notizia, il giudice ordina al giornalista di indicare la fonte delle sue informazioni.) Altre norme a tutela del segreto professionale riguardano le ispezioni e perquisizioni presso gli studi professionali, laddove il professionista potrà, allo scopo di impedire
  • 6. MARCO KROGH NOTAIO la divulgazione di dati ed informazioni riservate, opporre il segreto professionale. Per le verifiche antiriciclaggio è stata riconosciuta la possibilità di accedere negli studi professionali anche senza preventiva autorizzazione del Procuratore della Repubblica (equiparando, così, l’accesso presso gli studi professionali all’accesso presso i locali di attività imprenditoriali) ma è stata prevista una duplice forma cautelativa operante: - in una prima fase, mediante la obbligatoria presenza, al momento dell’accesso, del titolare dello studio professionale o di un suo delegato in modo tale da assicurare la concreta possibilità di far valere il segreto professionale (art. 52, primo comma, D.P.R. n. 633/72); - in una seconda fase, attraverso il rilascio di un’autorizzazione da parte dell’autorità giudiziaria nelle ipotesi in cui, per l’esame di documenti e la richiesta di notizie, dovesse essere eccepito dal professionista il segreto professionale, “(…) ferma restando la norma di cui all’articolo 103 del codice di procedura penale” (art. 52, terzo comma, D.P.R. n. 633/72). Va ricordato che le norme per gli accertamenti fiscali sono le medesime che sono applicate per le verifiche antiriciclaggio L’importanza che l’Ordinamento dà al segreto professionale ed al ruolo svolto dai professionisti nella tutela di determinati diritti e libertà rende chiaro il motivo per cui laddove l’interesse protetto sia di rango costituzionale, come, ad esempio, la difesa dei propri diritti in giudizio, il segreto professionale torna pieno e le norme antiriciclaggio sono “recessive” rispetto ai superiori interessi tutelati con il segreto professionale. Le norme antiriciclaggio prevedono, dunque, un’espressa deroga all’obbligo di segnalazione per le prestazioni professionali che riguardano l’attività di difesa in giudizio (compresa la negoziazione assistita) e subiscono una deroga anche nella fase dell’esame della posizione giuridica del cliente che precede il conferimento dell’incarico. L’esonero dall’obbligo di segnalazione e, quindi, il dovere di rispettare il segreto professionale è giustificato, in questo secondo caso, dall’importanza che l’Ordinamento attribuisce alla possibilità di rivolgersi ad un professionista per prendere consapevolezza dei propri diritti, dei propri obblighi, delle proprie responsabilità; la deroga cessa con il conferimento dell’incarico al professionista di eseguire una prestazione professionale. La deroga al segreto professionale, peraltro, non è assoluta, ma è giustificata, in tema di segnalazione di operazione sospetta, esclusivamente nel caso in cui sia effettuata dal professionista in buona fede; l’art. 35 comma 4 espressamente dispone che “Le comunicazioni delle informazioni, effettuate in buona fede dai soggetti obbligati, dai loro dipendenti o amministratori ai fini della segnalazione di operazioni sospette, non costituiscono violazione di eventuali restrizioni alla comunicazione di informazioni imposte in sede contrattuale o da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative. Le medesime comunicazioni non comportano responsabilità di alcun tipo anche nelle ipotesi in cui colui che le effettua non sia a conoscenza dell'attività criminosa sottostante e a prescindere dal fatto che l'attività illegale sia
  • 7. MARCO KROGH NOTAIO stata realizzata.” Non rientrano, pertanto, in questo schema eventuali segnalazioni effettuate come ritorsione verso il cliente o a scopo meramente prudenziale prive di una ragionevole giustificazione. Il segreto professionale rileva, altresì, anche per quanto riguarda l’obbligo di adeguata verifica e l’obbligo di conservazione dei dati e delle informazioni. Sotto il primo profilo va ricordato che l’esecuzione dell’adeguata verifica da parte dei terzi è dalla legge consentita esclusivamente per i professionisti nei confronti di altri professionisti. Pertanto, eventuali richieste di Banche o intermediari finanziari o agenzie immobiliari rivolte a notai o ad altri professionisti di fornire dati ed informazioni acquisiti in sede di adeguata verifica non è consentito, senza il consenso dell’interessato. In tema di obblighi di conservazione, va sottolineato che i dati acquisiti in sede di adeguata verifica del cliente possono essere legittimamente custoditi nel fascicolo del cliente, tuttavia l’art. 32 del D.Lgs 231/2007 espressamente dispone che “I soggetti obbligati adottano sistemi di conservazione dei documenti, dei dati e delle informazioni idonei a garantire il rispetto delle norme dettate dal codice in materia di protezione dei dati personali nonché il trattamento dei medesimi esclusivamente per le finalità di cui al presente decreto.” A mio avviso, il professionista, nel rispetto di questa norma, dovrebbe evitare di confondere i dati e le informazioni acquisite in sede di adeguata verifica con altri dati personali che riguardano altri aspetti che emergono nel corso dell’esecuzione della prestazione professionale. In sede di verifica antiriciclaggio, laddove nel fascicolo siano custoditi in modo promiscuo dati antiriciclaggio e dati di altra natura, il professionista dovrebbe, a mio avviso, chiedere all’organo ispezionante (Polizia valutaria, GdF, MEF, UIF, etc.) la possibilità di estrarre dal fascicolo i dati acquisiti per altre finalità e ciò, soprattutto perché tutti i dati acquisiti in sede di verifica possono essere utilizzati anche per altre finalità una volta acquisiti. La legge (1° comma dell’art. 34 del D.Lgs. 231/2007) dispone espressamente che i dati e le informazioni acquisite in sede di verifica possono essere utilizzate ai fini fiscali, ma è evidente che una volta acquisiti dati ed informazioni, anche se estranei all’adeguata verifica del cliente risultano divulgati a terzi al di fuori delle ipotesi previste dalla legge e, pertanto, è ravvisabile una responsabilità del professionista laddove abbia consentito l’acquisizione di dati non relativi adeguata verifica antiriciclaggio ma presenti nel fascicolo di studio messo a disposizione dei soggetti ispezionanti. In sede di verifica, giova ricordare, il professionista potrà sempre eccepire il segreto professionale su ogni richiesta dell’organo ispettivo che ritenga abusiva o in violazione del segreto professionale ed, in tal caso, la decisione è rimessa all’Autorità Giudiziaria che provvederà con un provvedimento endoprocedimentale non autonomamente impugnabile. La tutela della riservatezza, sotto altro aspetto, è presa in considerazione dalla norma che impone il divieto di comunicare al segnalato ed a terzi di aver effettuato la
  • 8. MARCO KROGH NOTAIO segnalazione di operazione sospetta o di aver comunicato la violazione di una disposizione valutaria. In questo caso, la segretezza tende a tutelare non tanto l’interesse del segnalato alla riservatezza, ma il buon esito delle indagine contro il rischio di inquinamento delle prove. Non sono ritenuti violazione del divieto di comunicazione i tentativi di dissuasione posti in essere dal professionista per convincere il cliente a non eseguire una determinata operazione. Va segnalato che con la creazione della sezione speciale dei Titolari effettivi presso il Registro delle imprese con un decreto di prossima emanazione, il titolare effettivo, ossia la persona fisica che pur non partecipando ad un atto o ad un’operazione è destinataria ultima degli effetti dell’atto o dell’operazione, dovrà essere messo in chiaro laddove si sia in presenza di una società con personalità giuridica, di una persona giuridica, di un Trust o di un ente o istituzione assimilati e la relativa sezione sarà accessibile non solo ai destinatari degli obblighi antiriciclaggio ma anche ai soggetti terzi. Ciò costituisce un ulteriore vulnus alla tutela della riservatezza tenuto conto che il titolare effettivo è un soggetto normalmente destinato a restare nell’ombra non necessariamente per motivi illeciti, ma anche per motivi leciti. La V Direttiva ed il D.Lgs. 125/2019 ritenendo prevalente un interesse alla massima trasparenza per questi soggetti ha previsto che “L’accesso pubblico alle informazioni sulla titolarità effettiva consente alla società civile, anche attraverso le sue organizzazioni e la stampa, di effettuare una valutazione più accurata di queste informazioni e contribuisce a mantenere la fiducia nell’integrità delle operazioni commerciali e del sistema finanziario. Inoltre può contribuire a combattere l’uso improprio di società, altri soggetti giuridici e istituti giuridici per riciclare denaro e finanziare il terrorismo sia favorendo le indagini che per i suoi effetti in termini di reputazione, dato che tutti coloro che potrebbero effettuare operazioni sono a conoscenza dell’identità dei titolari effettivi. Ciò facilita anche la tempestiva ed efficiente messa a disposizione delle informazioni agli istituti finanziari e alle autorità, comprese quelle dei paesi terzi, che si occupano del contrasto di tali reati. L’accesso a tali informazioni gioverebbe inoltre alle indagini sul riciclaggio di denaro, sui reati presupposto associati e sul finanziamento del terrorismo” (30° Considerando). La tutela della privacy rileva anche per quanto riguarda la tutela del segnalante sotto il profilo del divieto di svelare anche indirettamente il nominativo del segnalante. In questo caso si tende a tutelare l’interesse del segnalante che potrebbe, a tacer d’altro, subire ritorsioni da parte del segnalato e, comunque la sua azione potrebbe essere oggetto di stigmatizzazione sociale nel contesto dove opera per lo strappo al segreto professionale che sebbene dovuto rappresenta comunque un evento traumatico per l’immagine del professionista. Nonostante le rigorose norme che vietano di rivelare il nominativo del segnalante non solo nelle fase delle indagini, ma anche nella fase dibattimentale, salvo che il nominativo del segnalante non debba essere rivelato perché l’autorità giudiziaria con decreto motivato lo ritenga indispensabile ai fini dell’accertamento del reato per cui si procede, troppo spesso sui giornali si legge che
  • 9. MARCO KROGH NOTAIO una determinata indagine è partita da una segnalazione antiriciclaggio consentendo, in via indiretta o di supposizione, di risalire al nominativo del segnalante. In questi casi, il medesimo rigore sanzionatorio previsto per i professionisti che violano la normativa antiriciclaggio e sulla privacy dovrebbe essere applicato nei confronti di chi consente questa fuga di notizie mettendo a repentaglio non solo l’incolumità e l’immagine del professionista, ma anche la tenuta del sistema che non può che reggersi sulla massima segretezza delle segnalazioni. Mi sembra di poter concludere che ci troviamo di fronte ad una normativa eccessivamente speciosa spesso con incoerenze di sistema che forse andavano risolte dando maggior considerazione alle diversità, anche dimensionali, dei soggetti destinatari delle norme e della molte3plicità degli interessi in gioco. Stefano Rodotà, che può definirsi il “padre” della Privacy in Italia, nel suo libro “La vita e le regole” riportava una considerazione del noto critico letterario Franco Moretti che nell’analizzare l’Ulisse di Joyce, proponeva una società stracolma di cultura ma del tutto priva di saggezza, per traslato potremmo dire che oggi ci troviamo, soprattutto in certe aree, in una società stracolma di regole giuridiche ma se non del tutto priva di giustizia, con una giustizia spesso inefficiente ed a volte contraddittoria. 14 gennaio 2020 - Notaio Marco Krogh