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Lo strano Natale
di Lupo Solitario
Come un’azienda fece i primi passi nel mondo
della Responsabilità Sociale d’Impresa
Un racconto di
Marcello de Martino Rosaroll
Illustrazioni di
Valeria Cafagna
Lo strano Natale
di Lupo Solitario
Come un’azienda fece i primi passi nel mondo
della Responsabilità Sociale d’Impresa
Un racconto di
Marcello de Martino Rosaroll
Illustrazioni di
Valeria Cafagna
Nonostante fosse il 24 dicembre, Lupo Solitario uscì, come tutte le mattine, alle 6 e
quindici da casa, per recarsi presso la sua azienda farmaceutica “Pharmasolit S.p.A.”.
Quella mattina gli venne di pensare ai suoi genitori, anzi a quegli accidenti dei
suoi genitori, che, con un cognome così, lo avevano, per di più, chiamato Lupo!
Bello scherzo gli avevano fatto! E lui era davvero diventato un Lupo Solitario,
dedito soltanto al lavoro ed alla sua azienda, ormai unico scopo della sua vita, a
quarantacinque anni suonati: pochi amici, se tali potevano dirsi, qualche nemico,
ma che lui sapeva tenere a bada tranquillamente e tanti conoscenti, più o meno
tutti interessati ai suoi soldi ed alle fortune, a dire il vero, non eccezionali, della
sua azienda.
Lupo, come sempre, doveva percorrere un tratto di città, attraversare il centro,
per poi arrivare sulla statale che, percorrendo anche un tratto di costa, lo avrebbe
portato alla Pharmasolit. In giro, a quell’ora, si vedeva ancora poca gente, ma nelle
strade erano rimaste accese le luminarie serali del Natale; una festa di stelline
lampeggianti, di slitte rosse, luminose, cariche di pacchetti regalo disegnati
con lampadine colorate e poi alberi di natale alle finestre o sui balconi, festoni
scintillanti. “Insomma”, pensò Lupo, “tutta quella paccottiglia inutile, che serve
soltanto a consumare energia, spingere ad una falsa allegria, capace di ingannare
solo i bambini; ma quelli sempre più piccoli eh! Perchè quelli più grandetti ormai
lo capiscono subito che Babbo Natale è solo una fiaba! Uffa! Speriamo che il Natale
passi presto anche quest’anno!”
Mentre pensava, annoiato, queste cose, Lupo raggiunse la periferia della cittadina
in cui viveva e diresse l’auto sulla solita strada, verso il mare, che lo avrebbe portato,
come tutti giorni, verso la Pharmasolit.
La Pharmasolit, l’azienda che Lupo aveva fondato e che coltivava con affetto quasi
paterno, produceva, principalmente, farmaci da banco e prodotti per il benessere,
capitolo 1
Lupo Solitario
multivitaminici, come il “Solstitium plus”. Non aveva prodotti di punta, fatturato e
profitto venivano realizzati tutti gli anni, ma con fatica e stentavano a mantenersi
in linea con le aspettative, se non grazie agli sforzi sovrumani di Lupo e di un paio
di fidati dirigenti che Lupo aveva saputo scegliersi, con cura, durante tutti quegli
anni di fatica.
Però Pharmasolit stava per svoltare; i suoi ricercatori avevano messo a punto
un prodotto unico ed avevano già ottenuto tutte le autorizzazioni necessarie per
commercializzarlo: il “Solitalifen”, l’unico farmaco in grado di salvare la vita degli
ammalati di LNM (life–no-more) *, una malattia scoperta da pochi anni, capace di
uccidere centinaia di migliaia di persone, con esito spesso letale nel giro di pochi
mesi, ad alto contagio, che si stava diffondendo nel Mondo, ma, in particolare, in
Africa.
Lupo non aveva mai visto gli effetti della LNM dal vero, ma soltanto foto o filmati
di ammalati ed aveva letto i report dei suoi ricercatori; certo, le descrizioni della
sofferenza a cui i malati di LNM erano sottoposti, facevano e fanno rabbrividire, ma
Lupo contava di moltiplicare i profitti della Pharmasolit, avendo messo il Solitalifen
in commercio ad un prezzo molto elevato: 150€ a siringa (in genere ne occorrevano
due per far retrocedere la malattia); i numeri in gioco erano davvero importanti!
Lupo stava affrontando la strada, nel punto in cui costeggia il mare; dopo una curva
disegnata da uno sperone roccioso, apparve, come sempre, una delle più belle
spiagge dell’intera costa: una lingua dorata, a forma di mezza luna, lunga circa
duecento metri ed interrotta, di tanto in tanto, da qualche scoglio affiorante, chiusa,
sui due lati, da rocce bianche degradanti, quasi a picco, dal fianco della collina fino
al mare. Sulla collina, fin quasi a livello del mare, crescevano, nel tiepido inverno
di quell’anno, erbe, cespugli e rosmarino e, di tanto in tanto, piccoli pini marini che
arricchivano la vegetazione profumando l’aria.
Ma lì, appena svoltato, a Lupo apparve qualcosa che avrebbe cambiato la sua
giornata e tutta la sua vita.
* la malattia LNM non esiste come non esiste la Pharmasolit ed i suoi prodotti; ma sarebbero
potuti benissimo esistere.
Anna Ipadi quella mattina era uscita di casa di buon umore. Il giorno prima aveva
avuto la fortuna di trovarsi al posto giusto, al momento giusto: aveva ripreso un Babbo
Natale grosso e grasso, proprio nel momento in cui scivolava su una buccia d’arancio,
lasciata in strada dal destino (un destino un po’ maleducato, ma tant’è!); il Babbo natale
era ruzzolato, per fortuna senza conseguenze serie, finendo su una bancarella di frutta
secca che era volata in aria, formando una spettacolare onda beige e marrone, fatta di
nocciole tostate e castagne del prete, noccioline americane ed altri semi cotti di vario
tipo, tra la disperazione dell’ambulante e gli sguardi stupiti degli acquirenti.
capitolo 2
Anna Ipadi
Anna stava giusto riprendendo, con il suo telefonino, le bancarelle e Babbo Natale, per
testimoniare sul web le attività natalizie in quella parte del Sud Italia ed aveva visto,
senza poter far nulla per evitare il peggio a causa della distanza e della rapidità della
scena, Babbo Natale dirigersi con il piede verso la buccia d’arancia, non vista, da lui,
forse a causa della lunghezza della barba bianca, ma anche della circonferenza, non
del tutto fittizia, dello stomaco del nostro personaggio. Così l’intera scena era stata
filmata come fosse stata organizzata appositamente; invece era stato un vero colpo
di fortuna!
Anna era corsa a casa ed aveva subito rivisto l’intera scena, aveva montato il tutto
nel migliore dei modi, aggiungendo un commento musicale stile anni trenta, aveva
ripetuto due volte la scena della caduta, rallentandola, la seconda volta, al fine di far
gustare l’ineluttabilità dell’evento a chi avesse guardato il suo lavoro, poi, finalmente,
aveva postato il tutto su un paio di siti social di cui si fidava e di cui conosceva l’effetto.
Tombola!Ilvideoavevaavutoun’enormediffusioneenelgiroditreoreavevaraggiunto
70.000 visualizzazioni, migliaia di commenti e continuava a girare, promettendo di
superare presto i 100.000 accessi!
Anna era molto soddisfatta del lavoro eseguito. Un altro paio di colpi così e sarebbe
diventata una web author conosciuta ovunque dagli appassionati del genere; certo
non era facile, ma lei era una cacciatrice d’immagini esperta e piena d’intuito e non
aveva fretta di raggiungere il suo scopo; si dava sei mesi di tempo e, accidenti, ce
l’avrebbe fatta!
Così il 24 mattina aveva deciso che meritava una pausa; aveva chiamato Salvatore,
Sasà per gli amici, il suo migliore amico, quasi il suo ragazzo, se soltanto se lo fossero
detto; ma a cosa serviva dirselo e, magari, rovinare tutto? Meglio continuare così, da
ottimi amici, che ogni tanto si concedevano qualche intimità (anche, naturalmente in
fatto di sesso), evitando pericolosi impegni che avrebbero potuto agire da gabbie al loro
stupendo rapporto, portandoli verso una rottura che nessuno dei due voleva.
Sasà si era detto entusiasta di fare una passeggiata al mare, visto che la giornata
appariva bella e luminosa come soltanto da Roma in giù riesce ad essere, in pieno
inverno; così Sasà era andato a prenderla con lo scooter e avevano preso la strada che
porta verso il mare, ben coperti, perché nonostante vivessero al Sud, l’aria fresca si
faceva sentire a dicembre ormai quasi terminato. Anna aveva avuto giusto il tempo di
preparare un paio di frittate di pasta ed aveva rubacchiato dal frigo quattro polpette di
carne che la mamma aveva preparato per la cena della sera.
La giornata era un po’ ventosa, ma molto limpida ed, appena usciti dalla città, il traffico
scomparve quasi del tutto, dando ai due giovani un senso di libertà e di pace, come
soltanto i momenti di relax a contatto con la natura sanno dare.
La moto filava sicura e Sasà ed Anna, anche se collegati dalle radio inserite nei caschi,
tacevano, godendo l’uno della vicinanza dell’altra e dell’aria pulita che potevano
respirare.
Così, sereni e quasi felici, fecero rotta verso la spiaggia, quella nascosta dallo sperone
di roccia, intorno alla quale la strada girava, prima di affacciarsi su un superbo
spettacolo.
Ma quella mattina, li aspettava qualcosa di diverso ...
capitolo 3
Naufraghi
Lupo, in un primo momento, non riuscì a capire quello che i suoi occhi vedevano, poi
credette di vedere un gruppo di pescatori sulla spiaggia, ma poi … no, c’era qualcosa di
strano in quei pescatori. Rallentò per guardare meglio e cercare di capire; di colpo, si
accese una lampadina nella sua testa: no, non erano pescatori e non erano neanche
persone del luogo; quello che stava vedendo era una piccola folla (ad occhio saranno
state circa trecento persone), ammassata sulla spiaggia, con abiti decisamente
insufficienti per la stagione, infreddoliti, storditi, dall’aspetto impaurito, smarrito,
dolente ma,strano, anche felice; tutti questi sentimenti Lupo riuscì a vederli, come
in un film, in una sola volta, riflessi negli occhi spalancati, pieni di paura e sui visi
sofferenti, visibili anche da quella distanza, di quei disgraziati.
Erano persone di colore e Lupo capì immediatamente: per la prima volta, un paio di
barconi di migranti erano arrivati dall’Africa settentrionale, direttamente lì, così a
nord, rispetto alle rotte abituali!
Alcuni stavano ancora tentando di sbarcare dai barconi che, fortunatamente, pur se
ridotti quasi a brandelli, li avevano trasportati vivi (almeno quelli che poteva vedere!)
fino alla spiaggia.
Da una delle barche, Lupo vide scendere una donna di colore; doveva avere circa
trentacinque anni, almeno così sembrò a Lupo che era abituato a valutare le persone
con un solo colpo d’occhio; indossava una tunica di colore verde scuro, bagnata fino
all’inguine ed in braccio aveva un fagotto avvolto in uno straccio di lana.
Lupo accostò l’auto al ciglio della strada e guardò meglio: vide una testolina ricciuta
tra quegli stracci e comprese che la donna teneva un bambino stretto a se, con
disperazione, con forza, il viso rigato di lacrime e, negli occhi una profonda tristezza,
priva di quel barlume di felicità che, a dispetto delle sofferenze subite, brillava, invece,
negli occhi degli altri supersiti, per la gioia della meta raggiunta ed il rischio scampato.
Pensò di avvisare subito qualcuno, i Carabinieri o la Polizia o qualcuno dei suoi amici
potenti, che avrebbero potuto aiutare quei disperati ma, come impietrito, non potè
distogliere lo sguardo dal viso della donna e dal suo piccolo fardello.
Scese dall’auto e si avvicinò ai naufraghi; non sapeva esattamente cosa fare, cosa dire,
in quale lingua esprimersi; si diresse verso la donna: temeva il peggio, temeva che il
bambino non fosse sopravvissuto al viaggio.
Gli altri naufraghi gli corsero intorno, urlavano, ridevano, piangevano, chiedevano
acqua, pronunciavano ripetutamente, in Italiano, le parole, fame, freddo, bere … Ma
Lupo quasi non li sentiva, quasi non li vedeva; vedeva soltanto la donna con il suo
bambino, che, raggiunta una zona asciutta sulla sabbia, era crollata in terra e rimaneva
lì, silenziosa, piangente, disperata.
Lupo sentiva mille mani che lo toccavano, lo tiravano, quasi lo strattonavano, ma lui,
ormai, vedeva solo quella Madonnina nera, con il suo bimbo inerte, fra le braccia. Si
divincolò, si liberò da quelle mani quasi con cattiveria e si avvicinò alla donna.
Quello che vide in quel momento, non lo avrebbe più dimenticato.
capitolo 4
La spiaggia occupata
Sasà e Anna erano quasi giunti alla loro destinazione: la spiaggia che frequentavano
spesso nella bella stagione, ma che offriva un buon riparo anche in una giornata
invernale, un po’ fredda ma bella, come in quella Vigilia di Natale. La spiaggia era
riparata da rocce alte ed a picco sul mare, che la nascondevano parzialmente alla vista
dalla strada, almeno fino alla curva che girava intorno ad uno splendido spuntone di
roccia granitica, tipica della costa in quella zona.
I ragazzi già pregustavano la giornata che li attendeva: la spiaggia deserta o quasi,
in quella stagione, un cielo limpido ed azzurro che si specchiava nel colore intenso
del mare profondo ed il silenzio rotto soltanto dall’urlo stridulo dei gabbiani che
disegnavano traiettorie tondeggianti, inseguendosi nell’aria, e dallo sciabordio dolce
del mare. E loro due a guardarsi negli occhi, respirando uno nell’altra.
Ma, affrontata la curva che avrebbe aperto loro le porte di quel piccolo paradiso,
si resero subito conto che qualcosa di diverso da quanto da loro immaginato si
presentava ai loro occhi: la spiaggia era tutt’altro che deserta, anzi, appariva affollata!
Ci saranno state circa trecento persone ed in mare galleggiavano un paio di barconi,
alquanto malconci ed ormai vuoti.
Sasà fermò lo scooter nello spiazzo ai bordi della strada, proprio dietro un auto di
grossa cilindrata, grigio chiaro e molto elegante, che era già ferma nel parcheggio. I due
ragazzi scesero dalla moto fissando la scena davanti ai loro occhi. Poi si guardarono,
avevano capito entrambi la situazione: erano incappati nel primo sbarco di migranti
dall’Africa, che avvenisse così a nord e lontano dalle mete abituali. Però quello che
vedevano non lasciava spazio ai dubbi; avevano visto decine di volte quelle scene in
televisione o nei video sul web: una moltitudine di persone, quasi tutti uomini, poche
donne ed una decina di bambini, tutti di colore, con capelli ricci ed occhi molto grandi,
con abiti leggeri, inadatti al periodo; solo qualche fortunato e alcune tra le donne ed i
bambini erano avvolti in coperte molto colorate, ma decisamente malconce.
Anna afferrò immediatamente il suo cellulare e compose il numero dei Carabinieri;
ci volle un po’ per riuscire a spiegare la situazione che avevano davanti ed a farsi
capire, sia per l’emozione che aveva preso Anna alla gola, rendendole difficile riuscire
a parlare ed a spiegarsi, sia perché il Carabiniere che le rispose stentava a credere al
suo racconto e tornava a ripetere le stesse domande, sul luogo in cui si trovavano,
su quello che stavano segnalando, sul numero di persone che vedevano, sulla loro
descrizione e così via. Alla fine il Militare dovette arrendersi alle insistenze di Anna e
promise di mandare una pattuglia a verificare.
Poi, tenendosi per mano ed un po’ intimiditi dalla situazione, Anna e Sasà si diressero
verso la spiaggia e verso quella moltitudine di anime in sofferenza. La giornata si
preannunciava decisamente diversa da quella che avevano immaginato, soltanto
dieci minuti prima!
Anna guardava stupita i volti degli uomini che la circondavano ed i loro volti scavati;
avevano smesso di gridare e li guardavano silenziosi, carichi di disperazione, di
speranza, di paura, di attesa.
Poi lo sguardo di Anna si posò su qualcosa che non aveva notato fino ad allora: più
vicino al bagnasciuga un uomo in giacca e cravatta ed un elegante soprabito in pelle,
era chino, con un ginocchio posato sulla sabbia e guardava con intensità una donna
che teneva il suo bambino, di circa due anni, tra le braccia; il bambino era avvolto
in pochi stracci ed appariva pallido ed esanime, non piangeva, non si muoveva ed
aveva gli occhi semiaperti; sembrava del tutto privo di forze e, forse, privo di sensi o,
addirittura, di vita.
Anna distolse lo sguardo dal bambino e si soffermò su quell’uomo che appariva del
tutto fuori posto in quello scenario; il cuore di Anna ebbe un sussulto! Lei conosceva
quell’uomo, lo aveva visto tante volte nei telegiornali o sui filmati caricati sul web!
Era, senza dubbio, Lupo Solitario, l’insopportabile uomo più influente della città,
proprietario di quella c… di azienda farmaceutica, poco distante da lì.
Lupo guardò la donna: il viso ovale ed i grandi occhi neri erano incorniciati da capelli
lunghi e ricci ed il naso, solo appena infossato, accompagnava la forma del viso,
dandole il tipico aspetto delle eleganti donne di razza etiope; poi Lupo si soffermò a
guardare il bambino in braccio alla donna ma rimase sbalordito nel vederne l’ aspetto;
aveva già visto quello sguardo, quelle lacrime rosse di sangue, quelle piaghe centinaia
di volte nei filmati che i suoi ricercatori gli avevano più volte mostrato, per spiegargli
gli effetti della LNM; solo che i filmati mostravano sempre adulti, uomini o donne; Lupo
non aveva mai visto quelle cose su bambini.
capitolo 5
Lnm
Il bimbo era pallido, di un pallore giallognolo, probabilmente anche a causa del colore
naturalmente ambrato della pelle; in altra situazione, sarebbe stato un bellissimo
bambino di colore, con grandi occhi neri e la testolina riccia; ma gli occhi erano
sofferentiediricciradisulcapo;Lupocapìchetuttoquestononeradovutounicamente
agli stenti patiti durante il viaggio; riconobbe i caratteristici segni negli occhi, tipici
della LNM.
Si avvicinò alla madre con i modi più dolci e gentili che riuscisse a dimostrare,
cercando di farle capire che la sua intenzione era di aiutarli. Con delicatezza allungò
una mano verso il bambino, ma la madre, spaventata, si ritrasse. Lupo la guardò e lesse
negli occhi profondi il dolore, la speranza, la dolcezza di chi ama disperatamente e
per quell’amore, per suo figlio, è pronta a tutto; cercò di comunicare con lei con i gesti,
con lo sguardo e, sorridendole quasi con timidezza, di nuovo allungò la mano verso
il bambino. Questa volta Karima, questo era il suo nome, non si sottrasse e lasciò che
egli, con delicatezza, scoprisse il corpo del bambino. Lupo non ebbe più dubbi: il piccolo
naufrago era malato di LNM. Non c’era da perdere neanche un minuto; occorreva agire
subito per salvare lui dalla malattia ma anche molti dei naufraghi che erano sbarcati,
e che avrebbero potuto essere contagiati.
Si tolse il giaccone di pelle che indossava e lo porse alla donna, la quale vi avvolse il
bambino sofferente: poi Lupo afferrò il telefono e chiamò immediatamente Carla, la
sua segretaria, un’ottima collaboratrice di cui aveva massima fiducia e le spiegò la
situazione: le disse del bambino e della madre e che occorrevano immediatamente
almeno quattrocento dosi di Solitalifen, poi, che era necessario allestire velocemente
un campo attrezzato per tenere in quarantena tutti i naufraghi.
Carla un po’ titubante, gli propose di utilizzare il nuovo capannone che era stato
terminato da poco e che avrebbe potuto essere attrezzato facilmente con brande, una
cucina da campo, una sala per le visite mediche, tavoli e sedie, bagni aggiuntivi e tutto
quanto fosse stato necessario, anche se la cosa non sarebbe stata proprio semplice ed
avrebbe richiesto un notevole impegno.
Lupo la ringraziò per avere, come sempre, compreso, al volo, la situazione; le chiese
di informare il personale dell’Azienda e di chiedere loro chi se la fosse sentita,
liberamente, di dare una mano.
Poi chiuse la comunicazione e chiamò il sindaco della sua città, con il quale aveva
rapporti grazie alla sua attività; lo informò dell’accaduto, gli chiese di mobilitare
le strutture più indicate: Protezione Civile, Polizia e Carabinieri, Guardie Mediche,
Vigili del Fuoco e Polizia Locale. Occorreva bloccare immediatamente l’accesso alla
spiaggia, per evitare rischi di ulteriori contagi, ma, contemporaneamente, occorreva
organizzare il campo, fornire acqua, viveri, coperte ed abiti asciutti e caldi ai naufraghi.
La Pharmasolit avrebbe fatto la sua parte, ma occorreva fare presto e mettere la
situazione sotto controllo.
Insomma, Lupo, che quasi non riconosceva se stesso, aveva preso nelle sue mani
l’organizzazione dei soccorsi a Karima ed ai suoi sventurati compagni. Mentre si
rivolgeva ai naufraghi, per cominciare a rassicurarli, udì l’urlo della sirena di un auto
della polizia che si avvicinava verso la spiaggia …
… Il resto furono 48 ore senza tregua; Lupo non trovò il tempo per riposare se non
un paio di ore e così, con lui, molti fra quelle persone che si erano offerte di aiutare
i disperati, compreso quasi la metà dei suoi dipendenti: medici, operai, impiegati.
Fu un Natale molto diverso, indimenticabile, faticoso, felice per quasi mille persone,
tra naufraghi e soccorritori: alla fine Karima e suo figlio furono salvi, insieme ai loro
trecento compagni.
Epilogo
Dopoquestostrano,meravigliosoNataleincompagniaditrecentonaufraghidall’Africa
e di settecento loro soccorritori, Lupo ha deciso di abbassare drasticamente, a livello
di puro costo, il prezzo del Solitalifen, per renderlo disponibile a centinaia di migliaia
o forse milioni di individui in Africa e nel Mondo, rinunciando al profitto su questo
prodotto.
Quello che Lupo non sapeva e che ha scoperto soltanto una settimana dopo il Natale
di quell’anno, è che, un web author (anzi una web autrice) di nome Anna, arrivata
anche lei sulla spiaggia quella mattina per trascorrere una giornata di svago, aveva
assistito al suo intervento, lo aveva riconosciuto, lo aveva filmato e, insieme al suo
amico Sasà, dopo essersi unita ai soccorritori per prestare aiuto, aveva messo on-
line il filmato che, rapidissimamente, era diventato virale (“L’AD della Pharmasolit, il
magnate L. Solitario, come San Martino, dona il suo soprabito a chi ne ha più bisogno”),
regalando all’azienda una fama ed un apprezzamento che avevano avuto un effetto
straordinariamente positivo sulle vendite e sui profitti ed aveva fatto di Anna il Web
Manager della Pharmasolit.
Inutile dirvi che Solitario ha deciso, inoltre, di investire parte degli accresciuti proventi
della sua azienda per creare una Fondazione che ha, come obbiettivo, l’inserimento
dei Migranti che fuggono da fame e guerre; a questa Fondazione hanno aderito più
della metà dei suoi dipendenti e molte personalità famose.
Per quanto lo riguarda personalmente, Lupo … be’ ... non sarà più solitario, perché, dopo
sei mesi, ha sposato Karima ed adottato Yassuf il suo bambino.
Ancora una cosa: i ricercatori dell’azienda farmaceutica di Solitario hanno vinto, nel
2019ilpremioNobelperlamedicina,inquanto,continuandoastudiareilprincipioattivo
del Solitalifen, hanno scoperto che esso può sconfiggere molte forme di cancro e che
potrebbe essere la base per debellarlo completamente. Le ricerche, con l’aiuto di molti
cittadini di buona volontà, ma anche di molte aziende responsabili, continuano.
Buon Natale e Felice 2016
a tutti Voi!!!!!
Lupo solitario 221215-1

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  • 1. Lo strano Natale di Lupo Solitario Come un’azienda fece i primi passi nel mondo della Responsabilità Sociale d’Impresa Un racconto di Marcello de Martino Rosaroll Illustrazioni di Valeria Cafagna
  • 2. Lo strano Natale di Lupo Solitario Come un’azienda fece i primi passi nel mondo della Responsabilità Sociale d’Impresa Un racconto di Marcello de Martino Rosaroll Illustrazioni di Valeria Cafagna
  • 3. Nonostante fosse il 24 dicembre, Lupo Solitario uscì, come tutte le mattine, alle 6 e quindici da casa, per recarsi presso la sua azienda farmaceutica “Pharmasolit S.p.A.”. Quella mattina gli venne di pensare ai suoi genitori, anzi a quegli accidenti dei suoi genitori, che, con un cognome così, lo avevano, per di più, chiamato Lupo! Bello scherzo gli avevano fatto! E lui era davvero diventato un Lupo Solitario, dedito soltanto al lavoro ed alla sua azienda, ormai unico scopo della sua vita, a quarantacinque anni suonati: pochi amici, se tali potevano dirsi, qualche nemico, ma che lui sapeva tenere a bada tranquillamente e tanti conoscenti, più o meno tutti interessati ai suoi soldi ed alle fortune, a dire il vero, non eccezionali, della sua azienda. Lupo, come sempre, doveva percorrere un tratto di città, attraversare il centro, per poi arrivare sulla statale che, percorrendo anche un tratto di costa, lo avrebbe portato alla Pharmasolit. In giro, a quell’ora, si vedeva ancora poca gente, ma nelle strade erano rimaste accese le luminarie serali del Natale; una festa di stelline lampeggianti, di slitte rosse, luminose, cariche di pacchetti regalo disegnati con lampadine colorate e poi alberi di natale alle finestre o sui balconi, festoni scintillanti. “Insomma”, pensò Lupo, “tutta quella paccottiglia inutile, che serve soltanto a consumare energia, spingere ad una falsa allegria, capace di ingannare solo i bambini; ma quelli sempre più piccoli eh! Perchè quelli più grandetti ormai lo capiscono subito che Babbo Natale è solo una fiaba! Uffa! Speriamo che il Natale passi presto anche quest’anno!” Mentre pensava, annoiato, queste cose, Lupo raggiunse la periferia della cittadina in cui viveva e diresse l’auto sulla solita strada, verso il mare, che lo avrebbe portato, come tutti giorni, verso la Pharmasolit. La Pharmasolit, l’azienda che Lupo aveva fondato e che coltivava con affetto quasi paterno, produceva, principalmente, farmaci da banco e prodotti per il benessere, capitolo 1 Lupo Solitario
  • 4. multivitaminici, come il “Solstitium plus”. Non aveva prodotti di punta, fatturato e profitto venivano realizzati tutti gli anni, ma con fatica e stentavano a mantenersi in linea con le aspettative, se non grazie agli sforzi sovrumani di Lupo e di un paio di fidati dirigenti che Lupo aveva saputo scegliersi, con cura, durante tutti quegli anni di fatica. Però Pharmasolit stava per svoltare; i suoi ricercatori avevano messo a punto un prodotto unico ed avevano già ottenuto tutte le autorizzazioni necessarie per commercializzarlo: il “Solitalifen”, l’unico farmaco in grado di salvare la vita degli ammalati di LNM (life–no-more) *, una malattia scoperta da pochi anni, capace di uccidere centinaia di migliaia di persone, con esito spesso letale nel giro di pochi mesi, ad alto contagio, che si stava diffondendo nel Mondo, ma, in particolare, in Africa. Lupo non aveva mai visto gli effetti della LNM dal vero, ma soltanto foto o filmati di ammalati ed aveva letto i report dei suoi ricercatori; certo, le descrizioni della sofferenza a cui i malati di LNM erano sottoposti, facevano e fanno rabbrividire, ma Lupo contava di moltiplicare i profitti della Pharmasolit, avendo messo il Solitalifen in commercio ad un prezzo molto elevato: 150€ a siringa (in genere ne occorrevano due per far retrocedere la malattia); i numeri in gioco erano davvero importanti! Lupo stava affrontando la strada, nel punto in cui costeggia il mare; dopo una curva disegnata da uno sperone roccioso, apparve, come sempre, una delle più belle spiagge dell’intera costa: una lingua dorata, a forma di mezza luna, lunga circa duecento metri ed interrotta, di tanto in tanto, da qualche scoglio affiorante, chiusa, sui due lati, da rocce bianche degradanti, quasi a picco, dal fianco della collina fino al mare. Sulla collina, fin quasi a livello del mare, crescevano, nel tiepido inverno di quell’anno, erbe, cespugli e rosmarino e, di tanto in tanto, piccoli pini marini che arricchivano la vegetazione profumando l’aria. Ma lì, appena svoltato, a Lupo apparve qualcosa che avrebbe cambiato la sua giornata e tutta la sua vita. * la malattia LNM non esiste come non esiste la Pharmasolit ed i suoi prodotti; ma sarebbero potuti benissimo esistere.
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  • 6. Anna Ipadi quella mattina era uscita di casa di buon umore. Il giorno prima aveva avuto la fortuna di trovarsi al posto giusto, al momento giusto: aveva ripreso un Babbo Natale grosso e grasso, proprio nel momento in cui scivolava su una buccia d’arancio, lasciata in strada dal destino (un destino un po’ maleducato, ma tant’è!); il Babbo natale era ruzzolato, per fortuna senza conseguenze serie, finendo su una bancarella di frutta secca che era volata in aria, formando una spettacolare onda beige e marrone, fatta di nocciole tostate e castagne del prete, noccioline americane ed altri semi cotti di vario tipo, tra la disperazione dell’ambulante e gli sguardi stupiti degli acquirenti. capitolo 2 Anna Ipadi
  • 7. Anna stava giusto riprendendo, con il suo telefonino, le bancarelle e Babbo Natale, per testimoniare sul web le attività natalizie in quella parte del Sud Italia ed aveva visto, senza poter far nulla per evitare il peggio a causa della distanza e della rapidità della scena, Babbo Natale dirigersi con il piede verso la buccia d’arancia, non vista, da lui, forse a causa della lunghezza della barba bianca, ma anche della circonferenza, non del tutto fittizia, dello stomaco del nostro personaggio. Così l’intera scena era stata filmata come fosse stata organizzata appositamente; invece era stato un vero colpo di fortuna! Anna era corsa a casa ed aveva subito rivisto l’intera scena, aveva montato il tutto nel migliore dei modi, aggiungendo un commento musicale stile anni trenta, aveva ripetuto due volte la scena della caduta, rallentandola, la seconda volta, al fine di far gustare l’ineluttabilità dell’evento a chi avesse guardato il suo lavoro, poi, finalmente, aveva postato il tutto su un paio di siti social di cui si fidava e di cui conosceva l’effetto. Tombola!Ilvideoavevaavutoun’enormediffusioneenelgiroditreoreavevaraggiunto 70.000 visualizzazioni, migliaia di commenti e continuava a girare, promettendo di superare presto i 100.000 accessi! Anna era molto soddisfatta del lavoro eseguito. Un altro paio di colpi così e sarebbe diventata una web author conosciuta ovunque dagli appassionati del genere; certo non era facile, ma lei era una cacciatrice d’immagini esperta e piena d’intuito e non aveva fretta di raggiungere il suo scopo; si dava sei mesi di tempo e, accidenti, ce l’avrebbe fatta! Così il 24 mattina aveva deciso che meritava una pausa; aveva chiamato Salvatore, Sasà per gli amici, il suo migliore amico, quasi il suo ragazzo, se soltanto se lo fossero detto; ma a cosa serviva dirselo e, magari, rovinare tutto? Meglio continuare così, da ottimi amici, che ogni tanto si concedevano qualche intimità (anche, naturalmente in fatto di sesso), evitando pericolosi impegni che avrebbero potuto agire da gabbie al loro stupendo rapporto, portandoli verso una rottura che nessuno dei due voleva. Sasà si era detto entusiasta di fare una passeggiata al mare, visto che la giornata appariva bella e luminosa come soltanto da Roma in giù riesce ad essere, in pieno inverno; così Sasà era andato a prenderla con lo scooter e avevano preso la strada che porta verso il mare, ben coperti, perché nonostante vivessero al Sud, l’aria fresca si faceva sentire a dicembre ormai quasi terminato. Anna aveva avuto giusto il tempo di
  • 8. preparare un paio di frittate di pasta ed aveva rubacchiato dal frigo quattro polpette di carne che la mamma aveva preparato per la cena della sera. La giornata era un po’ ventosa, ma molto limpida ed, appena usciti dalla città, il traffico scomparve quasi del tutto, dando ai due giovani un senso di libertà e di pace, come soltanto i momenti di relax a contatto con la natura sanno dare. La moto filava sicura e Sasà ed Anna, anche se collegati dalle radio inserite nei caschi, tacevano, godendo l’uno della vicinanza dell’altra e dell’aria pulita che potevano respirare. Così, sereni e quasi felici, fecero rotta verso la spiaggia, quella nascosta dallo sperone di roccia, intorno alla quale la strada girava, prima di affacciarsi su un superbo spettacolo. Ma quella mattina, li aspettava qualcosa di diverso ...
  • 9. capitolo 3 Naufraghi Lupo, in un primo momento, non riuscì a capire quello che i suoi occhi vedevano, poi credette di vedere un gruppo di pescatori sulla spiaggia, ma poi … no, c’era qualcosa di strano in quei pescatori. Rallentò per guardare meglio e cercare di capire; di colpo, si accese una lampadina nella sua testa: no, non erano pescatori e non erano neanche persone del luogo; quello che stava vedendo era una piccola folla (ad occhio saranno state circa trecento persone), ammassata sulla spiaggia, con abiti decisamente insufficienti per la stagione, infreddoliti, storditi, dall’aspetto impaurito, smarrito, dolente ma,strano, anche felice; tutti questi sentimenti Lupo riuscì a vederli, come in un film, in una sola volta, riflessi negli occhi spalancati, pieni di paura e sui visi sofferenti, visibili anche da quella distanza, di quei disgraziati. Erano persone di colore e Lupo capì immediatamente: per la prima volta, un paio di barconi di migranti erano arrivati dall’Africa settentrionale, direttamente lì, così a nord, rispetto alle rotte abituali! Alcuni stavano ancora tentando di sbarcare dai barconi che, fortunatamente, pur se ridotti quasi a brandelli, li avevano trasportati vivi (almeno quelli che poteva vedere!) fino alla spiaggia. Da una delle barche, Lupo vide scendere una donna di colore; doveva avere circa trentacinque anni, almeno così sembrò a Lupo che era abituato a valutare le persone con un solo colpo d’occhio; indossava una tunica di colore verde scuro, bagnata fino all’inguine ed in braccio aveva un fagotto avvolto in uno straccio di lana. Lupo accostò l’auto al ciglio della strada e guardò meglio: vide una testolina ricciuta tra quegli stracci e comprese che la donna teneva un bambino stretto a se, con disperazione, con forza, il viso rigato di lacrime e, negli occhi una profonda tristezza, priva di quel barlume di felicità che, a dispetto delle sofferenze subite, brillava, invece, negli occhi degli altri supersiti, per la gioia della meta raggiunta ed il rischio scampato. Pensò di avvisare subito qualcuno, i Carabinieri o la Polizia o qualcuno dei suoi amici
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  • 11. potenti, che avrebbero potuto aiutare quei disperati ma, come impietrito, non potè distogliere lo sguardo dal viso della donna e dal suo piccolo fardello. Scese dall’auto e si avvicinò ai naufraghi; non sapeva esattamente cosa fare, cosa dire, in quale lingua esprimersi; si diresse verso la donna: temeva il peggio, temeva che il bambino non fosse sopravvissuto al viaggio. Gli altri naufraghi gli corsero intorno, urlavano, ridevano, piangevano, chiedevano acqua, pronunciavano ripetutamente, in Italiano, le parole, fame, freddo, bere … Ma Lupo quasi non li sentiva, quasi non li vedeva; vedeva soltanto la donna con il suo bambino, che, raggiunta una zona asciutta sulla sabbia, era crollata in terra e rimaneva lì, silenziosa, piangente, disperata. Lupo sentiva mille mani che lo toccavano, lo tiravano, quasi lo strattonavano, ma lui, ormai, vedeva solo quella Madonnina nera, con il suo bimbo inerte, fra le braccia. Si divincolò, si liberò da quelle mani quasi con cattiveria e si avvicinò alla donna. Quello che vide in quel momento, non lo avrebbe più dimenticato.
  • 12. capitolo 4 La spiaggia occupata Sasà e Anna erano quasi giunti alla loro destinazione: la spiaggia che frequentavano spesso nella bella stagione, ma che offriva un buon riparo anche in una giornata invernale, un po’ fredda ma bella, come in quella Vigilia di Natale. La spiaggia era riparata da rocce alte ed a picco sul mare, che la nascondevano parzialmente alla vista dalla strada, almeno fino alla curva che girava intorno ad uno splendido spuntone di roccia granitica, tipica della costa in quella zona. I ragazzi già pregustavano la giornata che li attendeva: la spiaggia deserta o quasi, in quella stagione, un cielo limpido ed azzurro che si specchiava nel colore intenso del mare profondo ed il silenzio rotto soltanto dall’urlo stridulo dei gabbiani che disegnavano traiettorie tondeggianti, inseguendosi nell’aria, e dallo sciabordio dolce del mare. E loro due a guardarsi negli occhi, respirando uno nell’altra. Ma, affrontata la curva che avrebbe aperto loro le porte di quel piccolo paradiso, si resero subito conto che qualcosa di diverso da quanto da loro immaginato si presentava ai loro occhi: la spiaggia era tutt’altro che deserta, anzi, appariva affollata! Ci saranno state circa trecento persone ed in mare galleggiavano un paio di barconi, alquanto malconci ed ormai vuoti. Sasà fermò lo scooter nello spiazzo ai bordi della strada, proprio dietro un auto di grossa cilindrata, grigio chiaro e molto elegante, che era già ferma nel parcheggio. I due ragazzi scesero dalla moto fissando la scena davanti ai loro occhi. Poi si guardarono, avevano capito entrambi la situazione: erano incappati nel primo sbarco di migranti dall’Africa, che avvenisse così a nord e lontano dalle mete abituali. Però quello che vedevano non lasciava spazio ai dubbi; avevano visto decine di volte quelle scene in televisione o nei video sul web: una moltitudine di persone, quasi tutti uomini, poche donne ed una decina di bambini, tutti di colore, con capelli ricci ed occhi molto grandi, con abiti leggeri, inadatti al periodo; solo qualche fortunato e alcune tra le donne ed i bambini erano avvolti in coperte molto colorate, ma decisamente malconce. Anna afferrò immediatamente il suo cellulare e compose il numero dei Carabinieri;
  • 13. ci volle un po’ per riuscire a spiegare la situazione che avevano davanti ed a farsi capire, sia per l’emozione che aveva preso Anna alla gola, rendendole difficile riuscire a parlare ed a spiegarsi, sia perché il Carabiniere che le rispose stentava a credere al suo racconto e tornava a ripetere le stesse domande, sul luogo in cui si trovavano, su quello che stavano segnalando, sul numero di persone che vedevano, sulla loro descrizione e così via. Alla fine il Militare dovette arrendersi alle insistenze di Anna e promise di mandare una pattuglia a verificare. Poi, tenendosi per mano ed un po’ intimiditi dalla situazione, Anna e Sasà si diressero verso la spiaggia e verso quella moltitudine di anime in sofferenza. La giornata si preannunciava decisamente diversa da quella che avevano immaginato, soltanto dieci minuti prima! Anna guardava stupita i volti degli uomini che la circondavano ed i loro volti scavati; avevano smesso di gridare e li guardavano silenziosi, carichi di disperazione, di speranza, di paura, di attesa. Poi lo sguardo di Anna si posò su qualcosa che non aveva notato fino ad allora: più vicino al bagnasciuga un uomo in giacca e cravatta ed un elegante soprabito in pelle, era chino, con un ginocchio posato sulla sabbia e guardava con intensità una donna che teneva il suo bambino, di circa due anni, tra le braccia; il bambino era avvolto in pochi stracci ed appariva pallido ed esanime, non piangeva, non si muoveva ed aveva gli occhi semiaperti; sembrava del tutto privo di forze e, forse, privo di sensi o, addirittura, di vita. Anna distolse lo sguardo dal bambino e si soffermò su quell’uomo che appariva del tutto fuori posto in quello scenario; il cuore di Anna ebbe un sussulto! Lei conosceva quell’uomo, lo aveva visto tante volte nei telegiornali o sui filmati caricati sul web! Era, senza dubbio, Lupo Solitario, l’insopportabile uomo più influente della città, proprietario di quella c… di azienda farmaceutica, poco distante da lì.
  • 14. Lupo guardò la donna: il viso ovale ed i grandi occhi neri erano incorniciati da capelli lunghi e ricci ed il naso, solo appena infossato, accompagnava la forma del viso, dandole il tipico aspetto delle eleganti donne di razza etiope; poi Lupo si soffermò a guardare il bambino in braccio alla donna ma rimase sbalordito nel vederne l’ aspetto; aveva già visto quello sguardo, quelle lacrime rosse di sangue, quelle piaghe centinaia di volte nei filmati che i suoi ricercatori gli avevano più volte mostrato, per spiegargli gli effetti della LNM; solo che i filmati mostravano sempre adulti, uomini o donne; Lupo non aveva mai visto quelle cose su bambini. capitolo 5 Lnm
  • 15. Il bimbo era pallido, di un pallore giallognolo, probabilmente anche a causa del colore naturalmente ambrato della pelle; in altra situazione, sarebbe stato un bellissimo bambino di colore, con grandi occhi neri e la testolina riccia; ma gli occhi erano sofferentiediricciradisulcapo;Lupocapìchetuttoquestononeradovutounicamente agli stenti patiti durante il viaggio; riconobbe i caratteristici segni negli occhi, tipici della LNM. Si avvicinò alla madre con i modi più dolci e gentili che riuscisse a dimostrare, cercando di farle capire che la sua intenzione era di aiutarli. Con delicatezza allungò una mano verso il bambino, ma la madre, spaventata, si ritrasse. Lupo la guardò e lesse negli occhi profondi il dolore, la speranza, la dolcezza di chi ama disperatamente e per quell’amore, per suo figlio, è pronta a tutto; cercò di comunicare con lei con i gesti, con lo sguardo e, sorridendole quasi con timidezza, di nuovo allungò la mano verso il bambino. Questa volta Karima, questo era il suo nome, non si sottrasse e lasciò che egli, con delicatezza, scoprisse il corpo del bambino. Lupo non ebbe più dubbi: il piccolo naufrago era malato di LNM. Non c’era da perdere neanche un minuto; occorreva agire subito per salvare lui dalla malattia ma anche molti dei naufraghi che erano sbarcati, e che avrebbero potuto essere contagiati. Si tolse il giaccone di pelle che indossava e lo porse alla donna, la quale vi avvolse il bambino sofferente: poi Lupo afferrò il telefono e chiamò immediatamente Carla, la sua segretaria, un’ottima collaboratrice di cui aveva massima fiducia e le spiegò la situazione: le disse del bambino e della madre e che occorrevano immediatamente almeno quattrocento dosi di Solitalifen, poi, che era necessario allestire velocemente un campo attrezzato per tenere in quarantena tutti i naufraghi. Carla un po’ titubante, gli propose di utilizzare il nuovo capannone che era stato terminato da poco e che avrebbe potuto essere attrezzato facilmente con brande, una cucina da campo, una sala per le visite mediche, tavoli e sedie, bagni aggiuntivi e tutto quanto fosse stato necessario, anche se la cosa non sarebbe stata proprio semplice ed avrebbe richiesto un notevole impegno. Lupo la ringraziò per avere, come sempre, compreso, al volo, la situazione; le chiese di informare il personale dell’Azienda e di chiedere loro chi se la fosse sentita, liberamente, di dare una mano. Poi chiuse la comunicazione e chiamò il sindaco della sua città, con il quale aveva rapporti grazie alla sua attività; lo informò dell’accaduto, gli chiese di mobilitare le strutture più indicate: Protezione Civile, Polizia e Carabinieri, Guardie Mediche,
  • 16. Vigili del Fuoco e Polizia Locale. Occorreva bloccare immediatamente l’accesso alla spiaggia, per evitare rischi di ulteriori contagi, ma, contemporaneamente, occorreva organizzare il campo, fornire acqua, viveri, coperte ed abiti asciutti e caldi ai naufraghi. La Pharmasolit avrebbe fatto la sua parte, ma occorreva fare presto e mettere la situazione sotto controllo. Insomma, Lupo, che quasi non riconosceva se stesso, aveva preso nelle sue mani l’organizzazione dei soccorsi a Karima ed ai suoi sventurati compagni. Mentre si rivolgeva ai naufraghi, per cominciare a rassicurarli, udì l’urlo della sirena di un auto della polizia che si avvicinava verso la spiaggia … … Il resto furono 48 ore senza tregua; Lupo non trovò il tempo per riposare se non un paio di ore e così, con lui, molti fra quelle persone che si erano offerte di aiutare i disperati, compreso quasi la metà dei suoi dipendenti: medici, operai, impiegati. Fu un Natale molto diverso, indimenticabile, faticoso, felice per quasi mille persone, tra naufraghi e soccorritori: alla fine Karima e suo figlio furono salvi, insieme ai loro trecento compagni.
  • 17. Epilogo Dopoquestostrano,meravigliosoNataleincompagniaditrecentonaufraghidall’Africa e di settecento loro soccorritori, Lupo ha deciso di abbassare drasticamente, a livello di puro costo, il prezzo del Solitalifen, per renderlo disponibile a centinaia di migliaia o forse milioni di individui in Africa e nel Mondo, rinunciando al profitto su questo prodotto. Quello che Lupo non sapeva e che ha scoperto soltanto una settimana dopo il Natale di quell’anno, è che, un web author (anzi una web autrice) di nome Anna, arrivata anche lei sulla spiaggia quella mattina per trascorrere una giornata di svago, aveva assistito al suo intervento, lo aveva riconosciuto, lo aveva filmato e, insieme al suo amico Sasà, dopo essersi unita ai soccorritori per prestare aiuto, aveva messo on- line il filmato che, rapidissimamente, era diventato virale (“L’AD della Pharmasolit, il magnate L. Solitario, come San Martino, dona il suo soprabito a chi ne ha più bisogno”), regalando all’azienda una fama ed un apprezzamento che avevano avuto un effetto straordinariamente positivo sulle vendite e sui profitti ed aveva fatto di Anna il Web Manager della Pharmasolit. Inutile dirvi che Solitario ha deciso, inoltre, di investire parte degli accresciuti proventi della sua azienda per creare una Fondazione che ha, come obbiettivo, l’inserimento dei Migranti che fuggono da fame e guerre; a questa Fondazione hanno aderito più della metà dei suoi dipendenti e molte personalità famose. Per quanto lo riguarda personalmente, Lupo … be’ ... non sarà più solitario, perché, dopo sei mesi, ha sposato Karima ed adottato Yassuf il suo bambino. Ancora una cosa: i ricercatori dell’azienda farmaceutica di Solitario hanno vinto, nel 2019ilpremioNobelperlamedicina,inquanto,continuandoastudiareilprincipioattivo del Solitalifen, hanno scoperto che esso può sconfiggere molte forme di cancro e che potrebbe essere la base per debellarlo completamente. Le ricerche, con l’aiuto di molti cittadini di buona volontà, ma anche di molte aziende responsabili, continuano.
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  • 19. Buon Natale e Felice 2016 a tutti Voi!!!!!