E SE RAGIONASSIMO UN PO’ INVECE DI ACCETTARE PASSIVAMENTE OGNI NOTIZIA ? Spu...tramerper
Forse, prima di accettare come vere le notizie e come giusti i commenti che troviamo nei mass-media, sarebbe il caso di mantenere un po’ di spirito critico
E SE RAGIONASSIMO UN PO’ INVECE DI ACCETTARE PASSIVAMENTE OGNI NOTIZIA ? Spu...tramerper
Forse, prima di accettare come vere le notizie e come giusti i commenti che troviamo nei mass-media, sarebbe il caso di mantenere un po’ di spirito critico
1. Io N° 409782
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Mi chiamo David Striets e quest'incubo è iniziato nell'Aprile del 1944; ero l'ultimo ancora in
vita, ed ero anche l'ultimo a dover raggiungere una meta precisa, l’ultimo perché i miei cari ed
amati genitori si erano già spenti nel fuoco dei forni crematori.
Quel giorno ci misero o meglio scaraventarono in quel furgone che era diretto in un
carcere… carcere a noi sconosciuto com'era sconosciuta la città in cui ci avevano portati.
In camerate: fredde, buie e piene di ricordi di coloro che ci hanno trascorso giorni, mesi o
addirittura anni; eravamo in sette ed uno per uno venivamo chiamati per interrogatori, botte e visite
mediche: se non eravamo in ottima forma ci avrebbero uccisi… lì… al momento senza portarci
tanto lontano.
Il giorno dopo eravamo già in viaggio per Auschwitz, nel treno c'era terrore, abbiamo
trascorso ore e ore stando zitti ma nella nostra mente urlavamo, e la seconda e ultima tappa era
raggiunta.
Scesi dal treno ci fecero indossare dei pigiama a righe e al posto delle scarpe delle miserabili
ciabatte e subito fecero la selezione di chi doveva morire subito e di chi doveva invece morire
lentamente. A noi, pochi, che per ironia della sorte eravamo costretti a morire in un lungo e
massacrante arco di tempo, ci furono incisi sul braccio un insieme di numeri che avrebbero dovuto
accompagnarci per il resto dei nostri giorni, ci dissero che erano i numeri al posto del nome.
Un nome inciso con l'inchiostro sul braccio destro.
La prima sera che ho trascorso ad Auschwitz ho visto e sentito cose che mi impressionarono:
gente che programmava la propria morte perché ormai desiderosa di raggiungere in Paradiso la
gente che amava. Ma la cosa più brutta era quel fumo che ogni sera usciva dai camini di
quell'edificio che loro chiamavano forno della morte; era evidente che c'era chi si inventava che
bruciavano della legna, chi indumenti ma la verità era raccontata da chi diceva che lì dentro
bruciavano corpi di persone.
A lungo andare diminuivamo sempre di più… e sinceramente l'unico pensiero che avevo
nella testa era che prima o poi toccasse anche a me, ma non so perché non succedeva mai.
Passati tre giorni di massacro puro ci scaraventarono per l'ennesima volta a terra perché avevano
deciso di darci il colpo di grazia e ci dissero <<ora si fa la doccia>> ed ero contento perché sapevo
che “doccia” voleva dire morte… ed ero felice di morire perché finalmente avrei raggiunto la mia
pace.
Io nato con un nome e morto con dei numeri incisi sulla pelle.
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Io N° 407982
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Erik Vitiello 3°E Scuola “G.Borsi”