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LA NATIVITA’ NELLA STORIA DELL’ARTE
DALL’ANNUNCIAZIONE ALLA SACRA
FAMIGLIA ATTRAVERSO LE OPERE DI:
Simone Martini – Giotto – Gentile da
Fabriano – Andreij Rublev- Robert Campin
- Fra Beato Angelico – Sandro Botticelli -
Leonardo da Vinci – Lorenzo Lotto – Il
Correggio – Federico Barocci - Caravaggio -
Raffaello
La Natività nell'Arte
Un'antica quanto infondata leggenda fa di San Luca il primo pittore cristiano. Ma
il terzo Evangelista era invece un medico. Scrisse, non dipinse. Qualche merito
artistico l'ebbe lo stesso, dettando il testo dal quale dovevano nascere tutti i
Presepi dell'arte:
"Ora, in quei giorni, uscì un editto di Cesare Augusto, che ordinava il censimento
di tutto l'Impero .....Tutti partivano per farsi iscrivere, ciascuno nella propria città.
Anche Giuseppe salì dalla Galilea, dalla città di Nazaret, in Giudea, alla città di
David, chiamata Betlemme per farsi iscrivere con Maria, sua sposa, che era
incinta. Ora, mentre essi si trovavano là, giunse per lei il tempo del parto, e
partorì il suo figlio primogenito, e lo avvolse in fasce e lo pose a giacere in una
mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo".
Personaggi della scena: il Bambino, la Madonna, San Giuseppe, l'Angelo che
veglia, i pastori. I primi artisti cristiani, con questi personaggi, dovettero
comporre il Presepio, nel paesaggio della stalla a grotta.
Questo è lo schema delle prime Natività. Perché il Presepio acquistasse una
intimità più cristiana e una delicatezza più affettuosa, doveva venire San
Francesco, con la sua tenera devozione per il Bambino Gesù. La notte di
Greccio, con San Francesco ebbe un grande riflesso sull'iconografia natalizia
già a partire da Giotto.
Non passerà molto e diventerà addirittura una festa mondana. Dagli angoli della
scena, una folla di personaggi profani invaderanno il quadro. Nelle Natività di
Domenico Ghiriandaio, di Sandro Botticelli, il nucleo religioso sarà ridotto al
minimo, mentre l'accessorio, addirittura il profano, occuperà la maggior parte
dello spazio. La nascita di Gesù, nel Rinascimento, è un, pretesto per la
celebrazione della potenza e della ricchezza. Un solo artista, il più sensitivo e
spirituale, avverte la vanità di quella pittura profana. Sandro Botticelli, dopo aver
dipinto Natività piene di estranei personaggi compone una Natività fortemente
allegorica, dove il Bambino non è più al centro di un mondo mondano, ma si
trova al centro della lotta fra il bene e il male. Angeli abbracciano uomini di
buona volontà, mentre diavoli si rintanano nelle screpolature della roccia. E'
tempo ormai di divisione. Gesù torna ad essere segno di contraddizione. Ed
ecco allora che ogni dilettazione episodica sparisce. Soltanto l'amore per Gesù,
soltanto la sua adorabile divinità può dare ai Santi la forza di resistere e di
vincere. Perciò l'arte del Cinquecento e del Seicento dimentica ogni
descrittivismo; abbandona la piena narrazione e assume il tono e il rilievo
dell'apologia. Contro l'eresia che divide la natura dalla Grazia, l'arte sublima la
natura per mezzo della luce. Il corpo di Gesù, cioè del Dio incarnato, acquista
un soprannaturale splendore. Nascono così i capolavori del Correggio e dei
Tintoretto, nei quali il Bambino Gesù è come un'ostia fulgidissima offerta per la
redenzione del mondo. Nascono i Presepi tutto miracolo, senza più leggenda;
quei Presepi che oggi ci sembrano alquanto enfatici, ma che rappresentano
invece il vertice di un'arte che gareggia con l'estasi.
L’Annunciazione che Simone Martini realizzò nel 1333 è sicuramente una delle
più belle opere pittoriche di tutto il Trecento europeo. In essa si concentra tutta
l’eleganza un po’ astratta dell’arte di Simone Martini. L’Annunciazione è uno dei
soggetti più diffusi in assoluto di tutta l’arte di soggetto cristiano. La
rappresentazione si basa essenzialmente sul racconto tratto dal vangelo di san
Luca. L’arcangelo Gabriele si presenta alla Madonna per annunciarle la futura
maternità. La Madonna, che in quel momento stava leggendo, accolse con stupore e
un po’ di diffidenza l’annuncio dell’arcangelo, ma, dopo un istante di esitazione,
accetta l’imminente nascita di Gesù. Il soggetto presenta alcuni elementi iconografici
costanti: la presenza dei gigli, simbolo della verginità della Madonna, la colomba che
simboleggia lo Spirito Santo, e il libro che, per tradizione, rivela la dimensione
spirituale della Madonna. Questi elementi sono tutti presenti nella tavola di Simone
Martini, ma qui l’artista inserisce qualcosa di più e di diverso rispetto ai canoni del
tempo. L’Annunciazione è stato un soggetto molto diffuso nell’arte cristiana per una
finalità teologica ben precisa: la Chiesa ha sempre voluto sottolineare con forza la
natura divina di Gesù, e questa natura divina viene espressa con l’accettazione che
egli non è nato come gli altri uomini. Egli nasce senza concepimento da una donna
che rimane vergine. L’impossibilità "umana" di un simile evento manifesta, appunto,
la natura divina di Gesù. La cosa non è di poco conto, perché uno dei grandi
contrasti espressi contro i fondamenti della Chiesa è stato appunto il dubbio sulla
natura divina o solo umana di Gesù. In questo caso, alla serietà e profondità del
messaggio cristiano, Simone Martini aggiunge un’atmosfera da corte principesca
che dà all’immagine un carattere quasi profano.
L’artista ha scelto di rappresentare l’attimo della scena in cui la Madonna rimane
perplessa e un po’ turbata dall’annuncio appena ricevuto. È una scelta abbastanza
comune. Ma qui la Madonna ha un aspetto molto, ma molto, femminile e il suo
atteggiamento assomiglia molto ad una gran dama che ascolta con fastidio la corte di
un pretendente . In realtà mai, fino ad ora (e spesso anche dopo) si era vista una
Madonna dai caratteri così poco eterei e viceversa molto terreni. È una Madonna
molto elegante e seducente, tutto l’opposto rispetto all’asessuata immagine alla quale
si era abituati. Lo spazio nella quale è collocata la scena è molto ristretto. Appena
una linea divide il piano del pavimento da quello della parete di fondo. Questa
limitatezza spaziale non mortifica l’immagine ma le dà, viceversa, un senso di
maggiore intimità. La figura della Madonna è ricoperta, quasi per intero, da un
mantello azzurro scuro senza alcun accenno di chiaroscuro o di lumeggiature.
Tuttavia la figura non appare per nulla piatta o schiacciata, per la sapiente posizione
nella quale viene collocata la figura della Madonna. Essa compie, infatti, una
rotazione sul proprio asse in senso antiorario, mentre la testa si piega leggermente in
senso contrario. Questa simultaneità di movimenti dà alla figura un aspetto
naturalistico straordinario, facendo a meno di qualsiasi effetto di colore chiaroscurato,
e al contempo dà alla figura della Madonna un’eleganza ancora più accentuata. La
tavola è stata realizzata da Simone Martini in collaborazione con il cognato Lippo
Memmi. Benché non sia documentata la parte avuta dai due, si ritiene che la tavola
centrale sia stata realizzata da Simone Martini, mentre i due santi negli sportelli
laterali siano stati realizzati da Lippo Memmi. L’opera fu realizzata per essere
collocata sull’altare di Sant’Ansano nel Duomo di Siena. Nel 1799 fu trasferita negli
Uffizi di Firenze dove è attualmente conservata
SIMONE MARTINI – “ANNUNCIAZIONE - 1333
• GIOTTO- IL PRESEPE DI GRECCIO - 1290
• Il Presepe di Greccio o Natale di Greccio è la tredicesima delle ventotto scene del ciclo di
affreschi delle Storie di San Francesco della Basilica superioRE di Assisi attribuiti a Giotto. Fu
dipinta verosimilmente tra il 1290e il 1295 e misura 230 x 270 cm.
• Questo episodio appartiene alla serie della Legenda maior (X,7) di San Francesco: "Come il
beato Francesco, in memoria del Natale di Cristo, ordinò che si apprestasse il presepe, che si
portasse il fieno, che si conducessero il bue e l'asino; e predicò sulla natività del Re povero; e,
mentre il santo uomo teneva la sua orazione, un cavaliere scorse il <vero> Gesù Bambino in
luogo di quello che il santo aveva portato."
• Durante la notte di Natale del 1223, a Greccio (in provincia di Rieti, sulla strada che da Stroncone
prosegue verso il reatino), Francesco rievocò la nascita di Gesù, facendo una rappresentazione
vivente di quell'evento. Secondo le agiografie, durante la Messa, sarebbe apparso nella culla un
bambino in carne ed ossa, che Francesco prese in braccio. Da questo episodio ebbe origine la
tradizione del presepe.
• Nonostante le fonti Giotto pone la scena nel presbiterio che ricorda la Basilica inferiore di Assisi.
• La scena, oltre che una delle più famose, è uno straordinario documento dell'epoca. Nessun
pittore si era mai spinto a tanto realismo: Lo spettatore osserva dalla parte di solito riservata ai
soli sacerdoti e religiosi (da un ipotetico punto di vista nell'abside), dove sono rappresentati con
minuzia e vivace descrittività le caratteristiche dell'ambiente oltre il tramezzo che lo separa dalla
navata: un ciborio che ricorda quelli di Arnolfo di Cambio, i frati che cantano nel coro guardando
al reggilibro in alto, un pulpito visto dal lato dell'ingresso ed una croce lignea sagomata appesa
vista dal dietro, con tutti i rinforzi, e sapientemente raffigurata obliqua mentre pende verso la
navata.
• Una gran folla di persone assiste alla scena in primo piano di Francesco con il santo Bambino tra
le mani (provvisto pure lui di aureola), ma le donne non possono entrare e osservano dalla porta.
Molto reale è la collocazione dei personaggi nello spazio, che appaiono su piani diversi senza
dare l'effetto di librarsi nell'aria o di schiacciarsi l'uno sull'altro, come nelle tavole di pittori di poco
più antiche. Solo i frati sporgono in alto perché sono in piedi sugli stalli del coro di cui si intuisce
la presenza solo da un piccolo dettaglio accanto alla porta.
Giotto – Presepe di Greccio - 1290
GIOTTO – NATIVITA’ – CAPPELLA DEGLI SCROVEGNI
Nel luogo - la città di Padova - in cui la concezione spaziale di Giotto raggiunge
piena maturazione, la Cappella degli Scrovegni ci consegna una serie di mirabili
rappresentazioni della vita di Cristo, disposte lungo due registri paralleli in modo da
creare efficaci rispondenze.
L'episodio della "Natività" rievoca il noto racconto della nascita di Gesù ("Maria
pose il fanciullo nella mangiatoia e il bue e l'asino lo adorarono", Pseudo Matteo,
13-14), ponendo al centro della scena, in primo piano, proprio la Madonna nell'atto
di deporre il Bambino nella mangiatoia, all'interno di una capanna ben inserita nello
spazio. Insolitamente, l'asino affianca il bue spuntando anch'esso da sinistra e
Giuseppe è accovacciato. Accanto a lui, nella medesima posizione, le pecore,
mentre i pastori dialogano con l'angelo e fissano un'immagine d'intensa spiritualità,
destinata ad una lunga fortuna presso i seguaci di Giotto.
Si tratta di un'opera d'autentica poesia, che interpreta con delicatezza ed umanità il
racconto sacro. Commovente l'espressione sognante di Giuseppe, cui fa da
inconsueto "contraltare" il vivace dinamismo degli angeli che volteggiano nel cielo.
Come si può notare dall'affresco di Giotto, sono scomparsi tutti i riferimenti di
significato teologico presenti nell'icona classica del mondo slavo-bizantino, e
l'avvenimento storico del natale del Cristo è stato ridotto a fenomeno naturale: la
nascita di un bambino, in cui l'importanza dei protagonisti umani si confonde con
quella degli animali, all'interno di un contesto spaziale il cui significato non va oltre
le pareti che lo delimitano.
GIOTTO –
“NATIVITA’ “-
CAPPELLA
DEGLI
SCROVEGNI
GIOTTO – “NATIVITA’ “ - 1301
Nell'iconografia antica della nascita di Gesù la stella cometa non è
rappresentata con la coda. Fu Giotto, che probabilmente aveva visto
la cometa di Halley nel 1301, a dipingere nella cappella degli
Scrovegni a Padova un affresco con una cometa dalla lunga coda
sopra il luogo del presepe.
Dal XIV secolo in poi si moltiplicano i quadri ispirati a questo
affresco. La coda risponde al desiderio di avere un oggetto celeste
che indichi una direzione. Per quanto riguarda Giotto, questi realizzò
un particolare dedicato alla Madonna in una posizione anomala (non
simmetrica rispetto alle pitture circostanti) proprio sotto la
riproduzione in miniatura della stessa Cappella. Nel giorno
dell'Annunciazione infatti, un raggio di sole penetra da una fessura
praticata ad una finestra creando effetti di luce straordinari. Alcune
strisce di luce colpiscono la Madonna e salgono sulla miniatura della
Cappella.
GIOTTO – NATIVITA’ - 1301
ADORAZIONE DEI MAGI – Gentile da Fabriano - 1423
• Un lungo corteo si dipana atraverso l’ampia superficie di questa tavola: passa per i
campi, lambisce lecittà, sfiora appena un orizzonte dorato e lontanissimo. La veduta
che offre Gentile da Fabriano è profonda, senza confini.
• L’artista la dipinse in piena maturità: mentre si trovava a Firenze gil fu commissionata
dal commerciante Palla Strozzi, ed è senza dubbio la più celebre fra le opere –non
numerose- rimaste di Gentile da Fabriano.
• Il perfetto stato di conservazione mette in risalto la pittura preziosa, la vivacità dei
colori, le finissime cesellature sulle foglie d’oro e d’argento.
• A sinistra troviamo la scena degli omaggi al figlio di Dio, a destra la massa viva del
corteo. La scena si trasforma in un salto temporale e spaziale nella descrizione
dell’avvicinamento dei Magi al luogo sacro: in alto a sinistra è rappresentato
l’avvistamento della cometa, in mezzo l’ingresso a Gerusalemme e infine l’arrivo a
Betlemme.
• L’artista rifiuta il rigoroso rispetto della prospettiva: la tavola è ancora un luogo
magico, al cui interno possono accavallarsi storie e in cui ci si può perdere nella
descrizione di stoffe dorate , armi, piante. La stella cometa appare ben tre volte, si
rifrange nelle superfici d’oro, si accende nelle aureole e nelle corone.
• In questa tavola compare anche il committente: al centro della tavola, dietro il re più
giovane e sfavillante si intravedono due personaggi riccamente vistiti: si tratta del
commerciante Palla Strozzi, che ha in mano un falcone, simbolo del suo casato, e del
figlio Lorenzo, esponenti di una delle più potenti famiglei di Firenze.
Gentile da Fabriano – Adorazione dei Magi- 1423
ANDREIJ RUBLEV – “NATIVITA DI ZVENIDOROG” -1420 ca.
Lo schema della composizione di tale icona russa risale ai secoli III - IV.
L'iconografo russo, Andrej Rublev, che la dipinse a Mosca, intorno al 1420, ha
suddiviso le diverse scene in tre fasce orizzontali che si ordinano intorno al
centro dell'immagine, costituito dalla figura di Maria e del Cristo neonato.
Il paesaggio che fa da sfondo alla scena della natività, nelle icone bizantine e
slave, è roccioso e brullo, quasi tutto occupato da una grande montagna, a
significare che il messia è nato in un mondo arido e freddo e quindi ostile. Lo
stile a balze della prospettiva bizantina qui è molto evidente.
Dalla montagna o comunque dalla parte alta dell'icona, un fascio di luce che
comprende in sé la stella che guida i Magi, scende come per illuminare
l'oscurità della caverna che si apre nel centro della montagna, e si suddivide in
tre raggi che intendono manifestare il dio uno e trino.
Sempre in alto si scorgono i re magi, a cavallo, che rappresentano i giusti che,
pur estranei al popolo di Israele, saranno compresi nel nuovo regno
messianico. La tradizione iconografica attribuisce loro come caratteristica
costante un aspetto giovanile, adulto e senile, riproducendo in una unica sintesi
visiva le tre età dell’uomo.
La stessa grotta si staglia scura e buia come fosse un inferno dove splende la
luce della salvezza. Dentro la grotta vi è un bambino il cui corpo ha le
proporzioni di quello di un adulto, ed è avvolto come se fosse già morto e
sepolto in una mangiatoia a forma di tomba. Il neonato ha la testa sull’asse
verticale individuato dal raggio della stella.
Dentro la grotta due simboli ricavati dai vangeli apocrifi: il bue e l'asino (in realtà
un cavallo, perché l'asino in Russia era sconosciuto). Secondo gli autori cristiani
raffigurano la parola del profeta Isaia: “Il bue conosce il suo proprietario e l’asino
la greppia del suo padrone; Israele invece, non comprende, il mio popolo non ha
senno” (Is 1,5) e simboleggiano quindi i Gentili.
Maria spicca per le sue proporzioni ed è collocata al centro della scena, distesa
nel riposo, come ogni donna che ha dato alla luce il figlio - una posizione che
serve a sottolineare il realismo dell'incarnazione - ma ha lo sguardo mesto,
preoccupato, rivolto non verso il bambino, ma verso il destino di dolore che
attende lei e lo stesso figlio, o comunque rivolto verso i pastori, simbolo
dell'umanità non in grado di capire la venuta del messia, a differenza degli angeli,
le cui proporzioni sono di molto superiori a quelle dei pastori, pur essendo sullo
stesso asse (in altre icone però ha lo sguardo rivolto verso Giuseppe). Maria è
distesa su di un manto rosso fuoco, intessuto d'oro, simbolo del sangue e della
vita, mentre la forma a mandorla simboleggia lo spirito. Gli altri personaggi sono
sistemati a raggiera. Le classiche tre stelle sul suo manto regale rappresentano la
verginità prima, durante e dopo il parto, secondo la tradizione cristiana.
Giuseppe è seduto, appare in preda a tristi e angosciosi pensieri,
che gli vengono suggeriti da un demone travestito da pastore: sono i
pensieri relativi alla legittimità del figlio che gli è appena nato, in
quanto lui è convinto di non esserne il padre. I vangeli apocrifi si
dilungano dettagliatamente sui dubbi e sulle reazioni incredule di
Giuseppe davanti al concepimento di Maria, e anche il vangelo di
Matteo lo dipinge mentre è in preda all’incertezza (Mt 1,19).
La tradizione dà al pastore–diavolo il nome di Tirso (thirsos), che è
anche il nome del bastone di Dioniso, dei satiri e delle baccanti, che
non fu capace di germogliare, tant'è che le parole del pastore
sarebbero: "Come questo bastone non può produrre fronde, così un
vecchio come te non può generare e d'altronde una vergine non può
partorire".
Al suo fianco però viene dipinto un alberello germogliato, che
rappresenta la profezia di Isaia: "Un rampollo nascerà dal tronco di
Jesse, un virgulto spunterà dalle sue radici"(11,1s.), la quale, tra
l'altro, si rifaceva alla verga secca e scortecciata di Aronne che poté
germogliare (le allusioni alla procreazione sono evidenti).
RUBLEV–
“NATIVITA DI
ZVENIGOROD”-
1420
Robert Campin, a lungo noto come “Maestro di Flemalle”, fu
insieme a Van Eyck, l’altro grande innovatore della pittura
fiamminga.
La sua pittura presenta caratteristiche differenti rispetto a quella di
van Eyck: le figure sono colte spesso in atteggiamenti familiari,
lontane dalla ieraticità che caratterizza i personaggi di van Eyck.
Sono figure monumentali e plastiche.
La linea ne incide i contorni, mentre la luce adamantina le fissa
nello spazio.
Nella “Natività” le figure principali sono collocate in cerchio attorno
al Bambino, coperte da corposi panneggi dalle pieghe taglienti. La
luce ne intaglia i contorni e le isola, trasformandole in
monumentali sculture, e descrive in modo molto particolareggiato
il paesaggio sul fondo della scena.
ROBERT CAMPIN –
NATIVITA’ – 1430 ca.
BEATO ANGELICO – NATIVITA- 1439
Giovanni da Fiesole al secolo Guido di Pietro Trosini
(Vicchio 1395 – Roma, 1455) detto Beato Angelico o Fra Angelico,
è stato un pittore e religioso italiano. È venerato come beato dalla
Chiesa cattolica (fu, infatti, beatificato da papa Giovanni Paolo II nel
1984).
Il frate domenicano, cerca di saldare i nuovi principi rinascimentali,
come la costruzione prospettica e l'attenzione alla figura umana, con i
vecchi valori medievali, quali la funzione didattica dell'arte e il valore
mistico della luce.
L' Adorazione del Bambino è un affresco di Beato Angelico e aiuti.
Rappresenta la natività con Santa Caterina d'Alessandria e San
Pietro Martire.
L'opera - un dipinto murale di cm. 193x164,5 realizzato tra il 1439 e il
1443 - è custodita nel convento di Museo Nazionale di San Marco di
Firenze.
Il bue e l'asinello sono elementi mutuati dal vangelo apocrifo dello
Pseudo Matteo, a sua volta derivati da un errore interpretativo dei libri
di Isaia e Abacuc, forse commesso per la prima volta da San
Girolamo; gli angeli sulla capanna sono opera di bottega.
BEATO
ANGELICO-
“NATIVITA’” -
1439
La Adorazione dei Magi è un dipinto ad tempera su tavola di cm
111 x 134 realizzato nel 1475 dal pittore italiano Sandro Botticelli. È
conservato alla Galleria degli Uffizi di Firenze.
Nonostante questo l'opera ci è giunta incompiuta ed in condizioni
abbastanza precarie, a causa di interventi successivi alla originaria
redazione da parte dell'autore.
Fu commissionato da Giovanni di Zanobi del Lama, un banchiere
fiorentino, cortigiano della famiglia dei Medici, Gaspare Zanobi del
Lama, per la sua cappella funebre in Santa Maria Novella.
Si tratta di un'opera molto importante perché introdusse una grande
novità a livello formale, ossia la visione frontale della scena, con le
figure sacre al centro e gli altri personaggi disposti
prospetticamente ai lati; prima di questa infatti, si usava disporre i
tre re e tutti gli altri membri del seguito lateralmente, a destra o a
sinistra, in modo che i personaggi creassero una sorta di corteo,
che ricordava l'annuale cavalcata dei Magi, una rappresentazione
sacra che si teneva per le vie fiorentine.
Botticelli inserì, anche per volere del committente, un cortigiano dei Medici, i
ritratti dei membri della famiglia, per cui si riconoscono Cosimo il Vecchio ed i
suoi figli Piero e Giovanni, mentre Lorenzo il Magnifico, Giuliano de' Medici e altri
personaggi della corte medicea sono ritratti tra gli astanti, disposti ai lati a
formare due quinte, raccordate dalle figure dei due Magi in primo piano al centro.
La composizione dei personaggi creò qualche anacronismo, perché nel 1475
eranogià morte le tre persone rappresentate come Magi.
Ma il motivo iconografico più innovativo è quello della capanna entro cui si trova
la sacra famiglia, posta su di un edificio diroccato, mentre sullo sfondo si
intravedono le arcate di un'altra costruzione semidistrutta su cui ormai è nata
l'erba; questo tema avrà in seguito larga diffusione e sarà ripreso anche da
Leonardo per la sua Adorazione dei Magi e si basava su di un episodio della
Leggenda Aurea, secondo cui l'imperatore Augusto, che si vantava di aver
pacificato il mondo, incontrò un giorno una Sibilla che gli predisse l'arrivo di un
nuovo re, che sarebbe riuscito a superalo e ad avere un potere ben più grande
del suo.
Gli edifici in rovina sullo sfondo perciò rappresentano simbolicamnete il mondo
antico ed il paganesimo, mentre la cristianità raffigurata nella scena della Natività
si trova in primo piano perché essa costituisce il presente ed il futuro del mondo;
il dipinto costituisce oltretutto un'eccezionale giustificazione, sia in termini filosofici
che religiosi, del principato mediceo a Firenze.
BOTTICELLI – “ADORAZIONE DEI MAGI”
Adorazione dei Magi è un dipinto a olio su tavola di cm
246 x 243 realizzato tra il 1481 ed il 1482 dal pittore
Leonardo da Vinci. È conservato alla Galleria degli
Uffizi di Firenze.
Questa tavola fu commissionata nel 1481 dai monaci di
San Donato a Scopeto, ma poiché non venne mai
portata a termine essa rimase, alla partenza di
Leonardo per Milano, nella stanza della casa del suo
amico Amerigo Benci. Sull'altare di Scopeto fu poi
collocata, in sostituzione di quella di Leonardo, mai
pervenuta, una tavola di Filippino Lippi.
Passò successivamente nella collezione della famiglia
Medici, arrivando infine alla Galleria degli Uffizi.
In primo piano, al centro la Madonna con il Bambino circondata da una folla di
personaggi fra cui anche i Magi, in essa domina un senso di circolarità, un
vortice di azione e gesti che fa perno sul gruppo della Vergine con Figlio, che
rappresenta l'Epifania che sconvolge tutti gli astanti. Con i Magi, la Madonna
dà origine ad una piramide, di cui lei è il vertice; il fatto che le sue gambe siano
rivolte a sinistra mentre la sua testa e quella di Gesù si volgono a destra danno
alla piramide un senso di movimento rotatorio. La testa di Maria è l'intersezione
delle due diagonali del dipinto, che si può dire quadrato visto la lieve differenza
tra altezza e base, quindi la testa della Madonna è centrale nell'opera.
Sullo sfondo, attraverso la diagonale formata dai due alberi, il primo un alloro
simbolo di trionfo e il secondo una arecacee, simbolo di martirio si svolgono
due scene a destra, uno scontro di armati, uomini disarcionati e cavalli che
s'impennano, come simbolo della follia degli uomini che non hanno ancora
ricevuto il messaggio cristiano e a sinistra il tempio in rovina che allude alla
caduta Tempio di Gerusalemme, sull'arco spezzato, piccoli arbusti come si
vedono talvolta su alcune costruzioni in cui la natura ha avuto tutto il tempo di
impadronirsene nuovamente. Secondo alcuni esperti inoltre, il fanciullo
all'estrema destra del quadro potrebbe essere un autoritratto giovanile
diLeonardo.
LEONARDO – “ADORAZIONE DEI MAGI”- 1482
La figura centrale del quadro di Sandro Botticelli è rappresentata da una
capanna appoggiata alle rocce e sostenuta da due grossi pali. Al centro della
capanna sono poste, da sinistra, le figure di san Giuseppe, del Bambino e di
Maria: sullo sfondo, i tradizionali bue e asinello. Sul tetto, ricoperto di paglia, sono
posti tre angeli, vestiti con abiti nei colori che contraddistinguono le virtù teologali,
il bianco per la fede, il verde per la speranza, il rosso per la carità. Ai due lati
della capanna, ancora tre angeli - più un uomo - su ciascun lato. Sopra la
capanna, dodici angeli librati in volo sopra un cielo azzurro sopra gli alberi (vestiti
a tre a tre con gli stessi colori delle tre virtù teologali) si tengono tutti per mano e
fanno un girotondo, lasciando cadere allo stesso tempo alcune coroncine.
Sotto la capanna (in prospettiva, davanti a essa) prati verdi su rocce terrazzate
conducono a un’altra scena, quella in cui tre angeli (sempre con i tre colori già
indicati) abbracciano tre uomini coperti da ampi mantelli. Poco più sotto - alcuni
esanimi, altri quasi calpestati dai gruppi di angeli e uomini - appaiono cinque
piccoli diavoli grigi. Essa appartiene all'ultima fase dell'attività del pittore che,
anche a ricordo del Vasari, aveva accentuato il suo spirito "sofistico" ed era
diventato un seguace del Savonarola.
Botticelli – Natività Mistica
• La morte di Lorenzo il Magnifico (1492) aveva segnato la
conclusione di una delle più fulgide stagioni della storia fiorentina,
quella dei Medici, e l'inizio, per la città, di una crisi politica e morale
squarciata soltanto dal rigore etico e dalla predicazione di Girolamo
Savonarola, figura senza dubbio significativa nella biografia umana
e artistica dell'ultimo Botticelli, chiaramente improntata a una vivida
religiosità e a un non meno intenso misticismo.
• Forse proprio le predicazioni del Savonarola ispirarono dunque il
carattere ascetico e di profonda riflessione sulla fede che denota il
dipinto in questione. Il tema della nascita di Cristo qui si unisce a
quello della grazia divina che trasfigura tutto l'universo, secondo una
tematica presente appunto nelle prediche del frate..
• Il quadro mostra tuttavia il momento in cui il diavolo viene
sopraffatto secondo il dodicesimo capitolo della profezia. Tutti i
diavoletti vengono scacciati sottoterra e gli uomini e gli angeli sono
incoronati con rami di ulivo come segno della pace riconquistata.
BOTTICELLI
–“NATIVITA’
MISTICA”- 1501
LORENZO LOTTO – “NATIVITA” - 1523
Nel 1523 Lotto dipinge la Natività, una piccola tavola (cm 46 x 36)
conservata alla National Gallery of Art di Washington. Stava per finire il
soggiorno bergamasco, un periodo che occupa l'arco di anni compresi tra il
1512 e il 1525 e caratterizzato da un "misticismo affettivo" e da un senso
magico infuso nelle opere grazie all'utilizzo della luce. Quella di Bergamo
passa per una stagione serena, favorita anche da una committenza che gli
chiede quadri con una forte carica religiosa come La Pala Martinengo
(Madonna con Bambino e santi, Bergamo – Chiesa di San Bartolomeo) e le
Nozze mistiche di santa Caterina (Bergamo – Accademia Carrara). Lotto,
amico dei Domenicani, viene indotto a immergersi e a meditare ancora di più
sulle verità di fede. I risultati si vedono. La Natività è destinata a un'abitazione
privata come dicono le piccole dimensioni. È un quadro pensato per la
devozione di una famiglia. L'incarnazione si sposta dal luogo di culto, dove ci
si reca a pregare, alle stanze di un palazzo in cui la giornata vorrebbe essere
illuminata dalla memoria di Cristo. Il mistero lo si vuole prossimo, dentro le
mura domestiche.
Nel dipinto i santi personaggi sono collocati in primo piano,
tanto da porre l’osservatore, meglio il fedele, in una posizione
privilegiata, siamo nella stalla! Non guardiamo dentro da fuori,
la scena è vista dall’interno; si dà una condizione di intimità del
fedele con il mistero che si rivela Lotto rompe gli schemi
tradizionali e valorizza Giuseppe affiancandolo alla Madonna
che ha gli occhi incollati su Gesù. Sono sgranati dalla
meraviglia. Osserva il bambino che le sta parlando con lo
sguardo, con il movimento delle labbra, con i piedini che
scattano e con le mani che si muovono in uno slancio di affetto.
Si vuole aggrappare, Lui che è Dio, a sua madre.
Comportamenti naturali di ciascun neonato, si direbbe… è vero
uomo! Ma in questa rappresentazione assumono sfumature e
significati che superano la contingenza per inscriversi dentro il
linguaggio dell'eterno entrato nel tempo
LORENZO
LOTTO –
“NATIVITA’ “ -
1523
CORREGGIO – “L’ADORAZIONE DEI PASTORI”-1529
La pala,conosciuta come “La notte” rappresenta l’adorazione dei
pastori, e , si affianca ad un’altra opera, la “Madonna di San
Gerolamo”, maggiormente conosciuta come “Il Giorno”.
La pala è ambientata a lume notturno; l’impostazione
monumentale delle figure non impedisce al Correggio di
articolare l’insieme dei personaggi secondo un registro
affettuoso, che traspare dalle loro espressioni, ben evidenti
anche nell’oscurità.
Vasari era rimasto particolarmente impressionato dalla figura
femminile che accompagna i pastori, la quale sembra ripararsi
dalla luce divina, quasi l’occhio umano non possa reggere a tale
bellezza.
CORREGGIO
–”L’ADORAZIONE DEI
PASTORI” -1529
FEDERICO BAROCCI – “NATIVITA” - 1579
Il Barocci, pur partecipando all’indirizzo
controriformista che impone un’arte educativa, si
riallaccia ai grandi maestri del medio rinascimento, al
loro idealismo e alla purezza della forma..
Nel 1579 dipinge la “Natività”: nell’umile ambiente,
simbolo della presenza divina anche nei luoghi più
poveri, le figure disposte in tralice vengono illuminate
dalla luce notturna che emana dal Bambino; luce
fluida che a contatto con i colori teneri crea
un’atmosfera dolce e raccolta.
FEDERICO
BAROCCI
“NATIVITA’ “-1579
CARAVAGGIO – “NATIVITA’ “-1609
Negli anni più cupi della sua breve esistenza, quelli nei quali maturò un'amara
consapevolezza della condizione umana, Caravaggio preannuncia con
quest'opera l'irreversibile riduzione luministica che caratterizzerà la sua ultima
produzione e svela ancora una volta una religiosità intimamente legata al senso
doloroso della vita: lo sguardo della Madonna verso il Bambino è, difatti, assorto
e malinconico, quasi ne presagisse la tragica fine, mentre San Giuseppe, di
spalle, dialoga, forse concitatamente, con un personaggio posto accanto a San
Francesco. Il tutto in un'atmosfera da "veglia funebre" più che da "gioiosa festa",
che non può non rimandare al drammatico epilogo dell'esistenza di Gesù.
Il tema evangelico della Natività è riletto in modo assai originale dall'autore,
che, trasgredendo gli schemi iconografici tradizionali, assegna ai personaggi le
fattezze della gente semplice e ritrae la Madonna nelle sembianze di un'umile
popolana, conferendole, proprio in virtù di questo, una singolare intensità
espressiva e rendendo come nessun altro il senso della quotidianità del sacro.
Nell'autunno del 1969, e più precisamente nella notte tra il 17 e il 18 ottobre, per
volere di un capomafia siciliano, l'opera veniva trafugata. Un famoso "pentito"
ha poi raccontato che la tela fu tagliata lungo i bordi della cornice con una
banale lametta da barba e poi piegata per renderne più agevole il trasporto. Da
allora se ne sono perse le tracce.
CARAVAGGIO –
“NATIVITA” -1609
RAFFAELLO – “SACRA FAMIGLIA CANIGIANI”- 1507
In un ampio e luminoso paesaggio con scorci di cittadelle sono
raffigurate in primo piano la Vergine e sant’Elisabetta che tengono
sule ginocchia Gesù Bambino e san Giovannino che giocano con
un cartiglio. Alle loro spalle, rivolto verso Elisabetta, è san
Giuseppe appoggiato ad un bastone. Un coro di angeli sovrasta la
Sacra Famiglia. Il dipinto fu eseguito su commissione di Domenico
Canigiani, ricco mercante fiorentino, forse in occasione delle sue
nozze, presumibilmente verso la fine del soggiorno fiorentino di
Raffaello.
Lo schema particolarmente elaborato conclude il periodo di
ricerche sui gruppi di Madonne con Bambino e santi iniziato da
Raffaello durante il soggiorno fiorentino. Qui l’artista ha oramai
assimilato la lezione di Leonardo e Michelangelo: al primo si ispira
per la costruzione piramidale, al secondo in particolare nella figura
di san Giuseppe.
RAFFAELLO –
“SACRA FAMIGLIA
CANIGIANI” - 1507

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La nativita'

  • 1. LA NATIVITA’ NELLA STORIA DELL’ARTE DALL’ANNUNCIAZIONE ALLA SACRA FAMIGLIA ATTRAVERSO LE OPERE DI: Simone Martini – Giotto – Gentile da Fabriano – Andreij Rublev- Robert Campin - Fra Beato Angelico – Sandro Botticelli - Leonardo da Vinci – Lorenzo Lotto – Il Correggio – Federico Barocci - Caravaggio - Raffaello
  • 2. La Natività nell'Arte Un'antica quanto infondata leggenda fa di San Luca il primo pittore cristiano. Ma il terzo Evangelista era invece un medico. Scrisse, non dipinse. Qualche merito artistico l'ebbe lo stesso, dettando il testo dal quale dovevano nascere tutti i Presepi dell'arte: "Ora, in quei giorni, uscì un editto di Cesare Augusto, che ordinava il censimento di tutto l'Impero .....Tutti partivano per farsi iscrivere, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe salì dalla Galilea, dalla città di Nazaret, in Giudea, alla città di David, chiamata Betlemme per farsi iscrivere con Maria, sua sposa, che era incinta. Ora, mentre essi si trovavano là, giunse per lei il tempo del parto, e partorì il suo figlio primogenito, e lo avvolse in fasce e lo pose a giacere in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo". Personaggi della scena: il Bambino, la Madonna, San Giuseppe, l'Angelo che veglia, i pastori. I primi artisti cristiani, con questi personaggi, dovettero comporre il Presepio, nel paesaggio della stalla a grotta. Questo è lo schema delle prime Natività. Perché il Presepio acquistasse una intimità più cristiana e una delicatezza più affettuosa, doveva venire San Francesco, con la sua tenera devozione per il Bambino Gesù. La notte di Greccio, con San Francesco ebbe un grande riflesso sull'iconografia natalizia già a partire da Giotto.
  • 3. Non passerà molto e diventerà addirittura una festa mondana. Dagli angoli della scena, una folla di personaggi profani invaderanno il quadro. Nelle Natività di Domenico Ghiriandaio, di Sandro Botticelli, il nucleo religioso sarà ridotto al minimo, mentre l'accessorio, addirittura il profano, occuperà la maggior parte dello spazio. La nascita di Gesù, nel Rinascimento, è un, pretesto per la celebrazione della potenza e della ricchezza. Un solo artista, il più sensitivo e spirituale, avverte la vanità di quella pittura profana. Sandro Botticelli, dopo aver dipinto Natività piene di estranei personaggi compone una Natività fortemente allegorica, dove il Bambino non è più al centro di un mondo mondano, ma si trova al centro della lotta fra il bene e il male. Angeli abbracciano uomini di buona volontà, mentre diavoli si rintanano nelle screpolature della roccia. E' tempo ormai di divisione. Gesù torna ad essere segno di contraddizione. Ed ecco allora che ogni dilettazione episodica sparisce. Soltanto l'amore per Gesù, soltanto la sua adorabile divinità può dare ai Santi la forza di resistere e di vincere. Perciò l'arte del Cinquecento e del Seicento dimentica ogni descrittivismo; abbandona la piena narrazione e assume il tono e il rilievo dell'apologia. Contro l'eresia che divide la natura dalla Grazia, l'arte sublima la natura per mezzo della luce. Il corpo di Gesù, cioè del Dio incarnato, acquista un soprannaturale splendore. Nascono così i capolavori del Correggio e dei Tintoretto, nei quali il Bambino Gesù è come un'ostia fulgidissima offerta per la redenzione del mondo. Nascono i Presepi tutto miracolo, senza più leggenda; quei Presepi che oggi ci sembrano alquanto enfatici, ma che rappresentano invece il vertice di un'arte che gareggia con l'estasi.
  • 4. L’Annunciazione che Simone Martini realizzò nel 1333 è sicuramente una delle più belle opere pittoriche di tutto il Trecento europeo. In essa si concentra tutta l’eleganza un po’ astratta dell’arte di Simone Martini. L’Annunciazione è uno dei soggetti più diffusi in assoluto di tutta l’arte di soggetto cristiano. La rappresentazione si basa essenzialmente sul racconto tratto dal vangelo di san Luca. L’arcangelo Gabriele si presenta alla Madonna per annunciarle la futura maternità. La Madonna, che in quel momento stava leggendo, accolse con stupore e un po’ di diffidenza l’annuncio dell’arcangelo, ma, dopo un istante di esitazione, accetta l’imminente nascita di Gesù. Il soggetto presenta alcuni elementi iconografici costanti: la presenza dei gigli, simbolo della verginità della Madonna, la colomba che simboleggia lo Spirito Santo, e il libro che, per tradizione, rivela la dimensione spirituale della Madonna. Questi elementi sono tutti presenti nella tavola di Simone Martini, ma qui l’artista inserisce qualcosa di più e di diverso rispetto ai canoni del tempo. L’Annunciazione è stato un soggetto molto diffuso nell’arte cristiana per una finalità teologica ben precisa: la Chiesa ha sempre voluto sottolineare con forza la natura divina di Gesù, e questa natura divina viene espressa con l’accettazione che egli non è nato come gli altri uomini. Egli nasce senza concepimento da una donna che rimane vergine. L’impossibilità "umana" di un simile evento manifesta, appunto, la natura divina di Gesù. La cosa non è di poco conto, perché uno dei grandi contrasti espressi contro i fondamenti della Chiesa è stato appunto il dubbio sulla natura divina o solo umana di Gesù. In questo caso, alla serietà e profondità del messaggio cristiano, Simone Martini aggiunge un’atmosfera da corte principesca che dà all’immagine un carattere quasi profano.
  • 5. L’artista ha scelto di rappresentare l’attimo della scena in cui la Madonna rimane perplessa e un po’ turbata dall’annuncio appena ricevuto. È una scelta abbastanza comune. Ma qui la Madonna ha un aspetto molto, ma molto, femminile e il suo atteggiamento assomiglia molto ad una gran dama che ascolta con fastidio la corte di un pretendente . In realtà mai, fino ad ora (e spesso anche dopo) si era vista una Madonna dai caratteri così poco eterei e viceversa molto terreni. È una Madonna molto elegante e seducente, tutto l’opposto rispetto all’asessuata immagine alla quale si era abituati. Lo spazio nella quale è collocata la scena è molto ristretto. Appena una linea divide il piano del pavimento da quello della parete di fondo. Questa limitatezza spaziale non mortifica l’immagine ma le dà, viceversa, un senso di maggiore intimità. La figura della Madonna è ricoperta, quasi per intero, da un mantello azzurro scuro senza alcun accenno di chiaroscuro o di lumeggiature. Tuttavia la figura non appare per nulla piatta o schiacciata, per la sapiente posizione nella quale viene collocata la figura della Madonna. Essa compie, infatti, una rotazione sul proprio asse in senso antiorario, mentre la testa si piega leggermente in senso contrario. Questa simultaneità di movimenti dà alla figura un aspetto naturalistico straordinario, facendo a meno di qualsiasi effetto di colore chiaroscurato, e al contempo dà alla figura della Madonna un’eleganza ancora più accentuata. La tavola è stata realizzata da Simone Martini in collaborazione con il cognato Lippo Memmi. Benché non sia documentata la parte avuta dai due, si ritiene che la tavola centrale sia stata realizzata da Simone Martini, mentre i due santi negli sportelli laterali siano stati realizzati da Lippo Memmi. L’opera fu realizzata per essere collocata sull’altare di Sant’Ansano nel Duomo di Siena. Nel 1799 fu trasferita negli Uffizi di Firenze dove è attualmente conservata
  • 6. SIMONE MARTINI – “ANNUNCIAZIONE - 1333
  • 7. • GIOTTO- IL PRESEPE DI GRECCIO - 1290 • Il Presepe di Greccio o Natale di Greccio è la tredicesima delle ventotto scene del ciclo di affreschi delle Storie di San Francesco della Basilica superioRE di Assisi attribuiti a Giotto. Fu dipinta verosimilmente tra il 1290e il 1295 e misura 230 x 270 cm. • Questo episodio appartiene alla serie della Legenda maior (X,7) di San Francesco: "Come il beato Francesco, in memoria del Natale di Cristo, ordinò che si apprestasse il presepe, che si portasse il fieno, che si conducessero il bue e l'asino; e predicò sulla natività del Re povero; e, mentre il santo uomo teneva la sua orazione, un cavaliere scorse il <vero> Gesù Bambino in luogo di quello che il santo aveva portato." • Durante la notte di Natale del 1223, a Greccio (in provincia di Rieti, sulla strada che da Stroncone prosegue verso il reatino), Francesco rievocò la nascita di Gesù, facendo una rappresentazione vivente di quell'evento. Secondo le agiografie, durante la Messa, sarebbe apparso nella culla un bambino in carne ed ossa, che Francesco prese in braccio. Da questo episodio ebbe origine la tradizione del presepe. • Nonostante le fonti Giotto pone la scena nel presbiterio che ricorda la Basilica inferiore di Assisi. • La scena, oltre che una delle più famose, è uno straordinario documento dell'epoca. Nessun pittore si era mai spinto a tanto realismo: Lo spettatore osserva dalla parte di solito riservata ai soli sacerdoti e religiosi (da un ipotetico punto di vista nell'abside), dove sono rappresentati con minuzia e vivace descrittività le caratteristiche dell'ambiente oltre il tramezzo che lo separa dalla navata: un ciborio che ricorda quelli di Arnolfo di Cambio, i frati che cantano nel coro guardando al reggilibro in alto, un pulpito visto dal lato dell'ingresso ed una croce lignea sagomata appesa vista dal dietro, con tutti i rinforzi, e sapientemente raffigurata obliqua mentre pende verso la navata. • Una gran folla di persone assiste alla scena in primo piano di Francesco con il santo Bambino tra le mani (provvisto pure lui di aureola), ma le donne non possono entrare e osservano dalla porta. Molto reale è la collocazione dei personaggi nello spazio, che appaiono su piani diversi senza dare l'effetto di librarsi nell'aria o di schiacciarsi l'uno sull'altro, come nelle tavole di pittori di poco più antiche. Solo i frati sporgono in alto perché sono in piedi sugli stalli del coro di cui si intuisce la presenza solo da un piccolo dettaglio accanto alla porta.
  • 8. Giotto – Presepe di Greccio - 1290
  • 9. GIOTTO – NATIVITA’ – CAPPELLA DEGLI SCROVEGNI Nel luogo - la città di Padova - in cui la concezione spaziale di Giotto raggiunge piena maturazione, la Cappella degli Scrovegni ci consegna una serie di mirabili rappresentazioni della vita di Cristo, disposte lungo due registri paralleli in modo da creare efficaci rispondenze. L'episodio della "Natività" rievoca il noto racconto della nascita di Gesù ("Maria pose il fanciullo nella mangiatoia e il bue e l'asino lo adorarono", Pseudo Matteo, 13-14), ponendo al centro della scena, in primo piano, proprio la Madonna nell'atto di deporre il Bambino nella mangiatoia, all'interno di una capanna ben inserita nello spazio. Insolitamente, l'asino affianca il bue spuntando anch'esso da sinistra e Giuseppe è accovacciato. Accanto a lui, nella medesima posizione, le pecore, mentre i pastori dialogano con l'angelo e fissano un'immagine d'intensa spiritualità, destinata ad una lunga fortuna presso i seguaci di Giotto. Si tratta di un'opera d'autentica poesia, che interpreta con delicatezza ed umanità il racconto sacro. Commovente l'espressione sognante di Giuseppe, cui fa da inconsueto "contraltare" il vivace dinamismo degli angeli che volteggiano nel cielo. Come si può notare dall'affresco di Giotto, sono scomparsi tutti i riferimenti di significato teologico presenti nell'icona classica del mondo slavo-bizantino, e l'avvenimento storico del natale del Cristo è stato ridotto a fenomeno naturale: la nascita di un bambino, in cui l'importanza dei protagonisti umani si confonde con quella degli animali, all'interno di un contesto spaziale il cui significato non va oltre le pareti che lo delimitano.
  • 11. GIOTTO – “NATIVITA’ “ - 1301 Nell'iconografia antica della nascita di Gesù la stella cometa non è rappresentata con la coda. Fu Giotto, che probabilmente aveva visto la cometa di Halley nel 1301, a dipingere nella cappella degli Scrovegni a Padova un affresco con una cometa dalla lunga coda sopra il luogo del presepe. Dal XIV secolo in poi si moltiplicano i quadri ispirati a questo affresco. La coda risponde al desiderio di avere un oggetto celeste che indichi una direzione. Per quanto riguarda Giotto, questi realizzò un particolare dedicato alla Madonna in una posizione anomala (non simmetrica rispetto alle pitture circostanti) proprio sotto la riproduzione in miniatura della stessa Cappella. Nel giorno dell'Annunciazione infatti, un raggio di sole penetra da una fessura praticata ad una finestra creando effetti di luce straordinari. Alcune strisce di luce colpiscono la Madonna e salgono sulla miniatura della Cappella.
  • 13. ADORAZIONE DEI MAGI – Gentile da Fabriano - 1423 • Un lungo corteo si dipana atraverso l’ampia superficie di questa tavola: passa per i campi, lambisce lecittà, sfiora appena un orizzonte dorato e lontanissimo. La veduta che offre Gentile da Fabriano è profonda, senza confini. • L’artista la dipinse in piena maturità: mentre si trovava a Firenze gil fu commissionata dal commerciante Palla Strozzi, ed è senza dubbio la più celebre fra le opere –non numerose- rimaste di Gentile da Fabriano. • Il perfetto stato di conservazione mette in risalto la pittura preziosa, la vivacità dei colori, le finissime cesellature sulle foglie d’oro e d’argento. • A sinistra troviamo la scena degli omaggi al figlio di Dio, a destra la massa viva del corteo. La scena si trasforma in un salto temporale e spaziale nella descrizione dell’avvicinamento dei Magi al luogo sacro: in alto a sinistra è rappresentato l’avvistamento della cometa, in mezzo l’ingresso a Gerusalemme e infine l’arrivo a Betlemme. • L’artista rifiuta il rigoroso rispetto della prospettiva: la tavola è ancora un luogo magico, al cui interno possono accavallarsi storie e in cui ci si può perdere nella descrizione di stoffe dorate , armi, piante. La stella cometa appare ben tre volte, si rifrange nelle superfici d’oro, si accende nelle aureole e nelle corone. • In questa tavola compare anche il committente: al centro della tavola, dietro il re più giovane e sfavillante si intravedono due personaggi riccamente vistiti: si tratta del commerciante Palla Strozzi, che ha in mano un falcone, simbolo del suo casato, e del figlio Lorenzo, esponenti di una delle più potenti famiglei di Firenze.
  • 14. Gentile da Fabriano – Adorazione dei Magi- 1423
  • 15. ANDREIJ RUBLEV – “NATIVITA DI ZVENIDOROG” -1420 ca. Lo schema della composizione di tale icona russa risale ai secoli III - IV. L'iconografo russo, Andrej Rublev, che la dipinse a Mosca, intorno al 1420, ha suddiviso le diverse scene in tre fasce orizzontali che si ordinano intorno al centro dell'immagine, costituito dalla figura di Maria e del Cristo neonato. Il paesaggio che fa da sfondo alla scena della natività, nelle icone bizantine e slave, è roccioso e brullo, quasi tutto occupato da una grande montagna, a significare che il messia è nato in un mondo arido e freddo e quindi ostile. Lo stile a balze della prospettiva bizantina qui è molto evidente. Dalla montagna o comunque dalla parte alta dell'icona, un fascio di luce che comprende in sé la stella che guida i Magi, scende come per illuminare l'oscurità della caverna che si apre nel centro della montagna, e si suddivide in tre raggi che intendono manifestare il dio uno e trino. Sempre in alto si scorgono i re magi, a cavallo, che rappresentano i giusti che, pur estranei al popolo di Israele, saranno compresi nel nuovo regno messianico. La tradizione iconografica attribuisce loro come caratteristica costante un aspetto giovanile, adulto e senile, riproducendo in una unica sintesi visiva le tre età dell’uomo. La stessa grotta si staglia scura e buia come fosse un inferno dove splende la luce della salvezza. Dentro la grotta vi è un bambino il cui corpo ha le proporzioni di quello di un adulto, ed è avvolto come se fosse già morto e sepolto in una mangiatoia a forma di tomba. Il neonato ha la testa sull’asse verticale individuato dal raggio della stella.
  • 16. Dentro la grotta due simboli ricavati dai vangeli apocrifi: il bue e l'asino (in realtà un cavallo, perché l'asino in Russia era sconosciuto). Secondo gli autori cristiani raffigurano la parola del profeta Isaia: “Il bue conosce il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone; Israele invece, non comprende, il mio popolo non ha senno” (Is 1,5) e simboleggiano quindi i Gentili. Maria spicca per le sue proporzioni ed è collocata al centro della scena, distesa nel riposo, come ogni donna che ha dato alla luce il figlio - una posizione che serve a sottolineare il realismo dell'incarnazione - ma ha lo sguardo mesto, preoccupato, rivolto non verso il bambino, ma verso il destino di dolore che attende lei e lo stesso figlio, o comunque rivolto verso i pastori, simbolo dell'umanità non in grado di capire la venuta del messia, a differenza degli angeli, le cui proporzioni sono di molto superiori a quelle dei pastori, pur essendo sullo stesso asse (in altre icone però ha lo sguardo rivolto verso Giuseppe). Maria è distesa su di un manto rosso fuoco, intessuto d'oro, simbolo del sangue e della vita, mentre la forma a mandorla simboleggia lo spirito. Gli altri personaggi sono sistemati a raggiera. Le classiche tre stelle sul suo manto regale rappresentano la verginità prima, durante e dopo il parto, secondo la tradizione cristiana.
  • 17. Giuseppe è seduto, appare in preda a tristi e angosciosi pensieri, che gli vengono suggeriti da un demone travestito da pastore: sono i pensieri relativi alla legittimità del figlio che gli è appena nato, in quanto lui è convinto di non esserne il padre. I vangeli apocrifi si dilungano dettagliatamente sui dubbi e sulle reazioni incredule di Giuseppe davanti al concepimento di Maria, e anche il vangelo di Matteo lo dipinge mentre è in preda all’incertezza (Mt 1,19). La tradizione dà al pastore–diavolo il nome di Tirso (thirsos), che è anche il nome del bastone di Dioniso, dei satiri e delle baccanti, che non fu capace di germogliare, tant'è che le parole del pastore sarebbero: "Come questo bastone non può produrre fronde, così un vecchio come te non può generare e d'altronde una vergine non può partorire". Al suo fianco però viene dipinto un alberello germogliato, che rappresenta la profezia di Isaia: "Un rampollo nascerà dal tronco di Jesse, un virgulto spunterà dalle sue radici"(11,1s.), la quale, tra l'altro, si rifaceva alla verga secca e scortecciata di Aronne che poté germogliare (le allusioni alla procreazione sono evidenti).
  • 19. Robert Campin, a lungo noto come “Maestro di Flemalle”, fu insieme a Van Eyck, l’altro grande innovatore della pittura fiamminga. La sua pittura presenta caratteristiche differenti rispetto a quella di van Eyck: le figure sono colte spesso in atteggiamenti familiari, lontane dalla ieraticità che caratterizza i personaggi di van Eyck. Sono figure monumentali e plastiche. La linea ne incide i contorni, mentre la luce adamantina le fissa nello spazio. Nella “Natività” le figure principali sono collocate in cerchio attorno al Bambino, coperte da corposi panneggi dalle pieghe taglienti. La luce ne intaglia i contorni e le isola, trasformandole in monumentali sculture, e descrive in modo molto particolareggiato il paesaggio sul fondo della scena.
  • 21. BEATO ANGELICO – NATIVITA- 1439 Giovanni da Fiesole al secolo Guido di Pietro Trosini (Vicchio 1395 – Roma, 1455) detto Beato Angelico o Fra Angelico, è stato un pittore e religioso italiano. È venerato come beato dalla Chiesa cattolica (fu, infatti, beatificato da papa Giovanni Paolo II nel 1984). Il frate domenicano, cerca di saldare i nuovi principi rinascimentali, come la costruzione prospettica e l'attenzione alla figura umana, con i vecchi valori medievali, quali la funzione didattica dell'arte e il valore mistico della luce. L' Adorazione del Bambino è un affresco di Beato Angelico e aiuti. Rappresenta la natività con Santa Caterina d'Alessandria e San Pietro Martire. L'opera - un dipinto murale di cm. 193x164,5 realizzato tra il 1439 e il 1443 - è custodita nel convento di Museo Nazionale di San Marco di Firenze. Il bue e l'asinello sono elementi mutuati dal vangelo apocrifo dello Pseudo Matteo, a sua volta derivati da un errore interpretativo dei libri di Isaia e Abacuc, forse commesso per la prima volta da San Girolamo; gli angeli sulla capanna sono opera di bottega.
  • 23. La Adorazione dei Magi è un dipinto ad tempera su tavola di cm 111 x 134 realizzato nel 1475 dal pittore italiano Sandro Botticelli. È conservato alla Galleria degli Uffizi di Firenze. Nonostante questo l'opera ci è giunta incompiuta ed in condizioni abbastanza precarie, a causa di interventi successivi alla originaria redazione da parte dell'autore. Fu commissionato da Giovanni di Zanobi del Lama, un banchiere fiorentino, cortigiano della famiglia dei Medici, Gaspare Zanobi del Lama, per la sua cappella funebre in Santa Maria Novella. Si tratta di un'opera molto importante perché introdusse una grande novità a livello formale, ossia la visione frontale della scena, con le figure sacre al centro e gli altri personaggi disposti prospetticamente ai lati; prima di questa infatti, si usava disporre i tre re e tutti gli altri membri del seguito lateralmente, a destra o a sinistra, in modo che i personaggi creassero una sorta di corteo, che ricordava l'annuale cavalcata dei Magi, una rappresentazione sacra che si teneva per le vie fiorentine.
  • 24. Botticelli inserì, anche per volere del committente, un cortigiano dei Medici, i ritratti dei membri della famiglia, per cui si riconoscono Cosimo il Vecchio ed i suoi figli Piero e Giovanni, mentre Lorenzo il Magnifico, Giuliano de' Medici e altri personaggi della corte medicea sono ritratti tra gli astanti, disposti ai lati a formare due quinte, raccordate dalle figure dei due Magi in primo piano al centro. La composizione dei personaggi creò qualche anacronismo, perché nel 1475 eranogià morte le tre persone rappresentate come Magi. Ma il motivo iconografico più innovativo è quello della capanna entro cui si trova la sacra famiglia, posta su di un edificio diroccato, mentre sullo sfondo si intravedono le arcate di un'altra costruzione semidistrutta su cui ormai è nata l'erba; questo tema avrà in seguito larga diffusione e sarà ripreso anche da Leonardo per la sua Adorazione dei Magi e si basava su di un episodio della Leggenda Aurea, secondo cui l'imperatore Augusto, che si vantava di aver pacificato il mondo, incontrò un giorno una Sibilla che gli predisse l'arrivo di un nuovo re, che sarebbe riuscito a superalo e ad avere un potere ben più grande del suo. Gli edifici in rovina sullo sfondo perciò rappresentano simbolicamnete il mondo antico ed il paganesimo, mentre la cristianità raffigurata nella scena della Natività si trova in primo piano perché essa costituisce il presente ed il futuro del mondo; il dipinto costituisce oltretutto un'eccezionale giustificazione, sia in termini filosofici che religiosi, del principato mediceo a Firenze.
  • 26. Adorazione dei Magi è un dipinto a olio su tavola di cm 246 x 243 realizzato tra il 1481 ed il 1482 dal pittore Leonardo da Vinci. È conservato alla Galleria degli Uffizi di Firenze. Questa tavola fu commissionata nel 1481 dai monaci di San Donato a Scopeto, ma poiché non venne mai portata a termine essa rimase, alla partenza di Leonardo per Milano, nella stanza della casa del suo amico Amerigo Benci. Sull'altare di Scopeto fu poi collocata, in sostituzione di quella di Leonardo, mai pervenuta, una tavola di Filippino Lippi. Passò successivamente nella collezione della famiglia Medici, arrivando infine alla Galleria degli Uffizi.
  • 27. In primo piano, al centro la Madonna con il Bambino circondata da una folla di personaggi fra cui anche i Magi, in essa domina un senso di circolarità, un vortice di azione e gesti che fa perno sul gruppo della Vergine con Figlio, che rappresenta l'Epifania che sconvolge tutti gli astanti. Con i Magi, la Madonna dà origine ad una piramide, di cui lei è il vertice; il fatto che le sue gambe siano rivolte a sinistra mentre la sua testa e quella di Gesù si volgono a destra danno alla piramide un senso di movimento rotatorio. La testa di Maria è l'intersezione delle due diagonali del dipinto, che si può dire quadrato visto la lieve differenza tra altezza e base, quindi la testa della Madonna è centrale nell'opera. Sullo sfondo, attraverso la diagonale formata dai due alberi, il primo un alloro simbolo di trionfo e il secondo una arecacee, simbolo di martirio si svolgono due scene a destra, uno scontro di armati, uomini disarcionati e cavalli che s'impennano, come simbolo della follia degli uomini che non hanno ancora ricevuto il messaggio cristiano e a sinistra il tempio in rovina che allude alla caduta Tempio di Gerusalemme, sull'arco spezzato, piccoli arbusti come si vedono talvolta su alcune costruzioni in cui la natura ha avuto tutto il tempo di impadronirsene nuovamente. Secondo alcuni esperti inoltre, il fanciullo all'estrema destra del quadro potrebbe essere un autoritratto giovanile diLeonardo.
  • 28. LEONARDO – “ADORAZIONE DEI MAGI”- 1482
  • 29. La figura centrale del quadro di Sandro Botticelli è rappresentata da una capanna appoggiata alle rocce e sostenuta da due grossi pali. Al centro della capanna sono poste, da sinistra, le figure di san Giuseppe, del Bambino e di Maria: sullo sfondo, i tradizionali bue e asinello. Sul tetto, ricoperto di paglia, sono posti tre angeli, vestiti con abiti nei colori che contraddistinguono le virtù teologali, il bianco per la fede, il verde per la speranza, il rosso per la carità. Ai due lati della capanna, ancora tre angeli - più un uomo - su ciascun lato. Sopra la capanna, dodici angeli librati in volo sopra un cielo azzurro sopra gli alberi (vestiti a tre a tre con gli stessi colori delle tre virtù teologali) si tengono tutti per mano e fanno un girotondo, lasciando cadere allo stesso tempo alcune coroncine. Sotto la capanna (in prospettiva, davanti a essa) prati verdi su rocce terrazzate conducono a un’altra scena, quella in cui tre angeli (sempre con i tre colori già indicati) abbracciano tre uomini coperti da ampi mantelli. Poco più sotto - alcuni esanimi, altri quasi calpestati dai gruppi di angeli e uomini - appaiono cinque piccoli diavoli grigi. Essa appartiene all'ultima fase dell'attività del pittore che, anche a ricordo del Vasari, aveva accentuato il suo spirito "sofistico" ed era diventato un seguace del Savonarola. Botticelli – Natività Mistica
  • 30. • La morte di Lorenzo il Magnifico (1492) aveva segnato la conclusione di una delle più fulgide stagioni della storia fiorentina, quella dei Medici, e l'inizio, per la città, di una crisi politica e morale squarciata soltanto dal rigore etico e dalla predicazione di Girolamo Savonarola, figura senza dubbio significativa nella biografia umana e artistica dell'ultimo Botticelli, chiaramente improntata a una vivida religiosità e a un non meno intenso misticismo. • Forse proprio le predicazioni del Savonarola ispirarono dunque il carattere ascetico e di profonda riflessione sulla fede che denota il dipinto in questione. Il tema della nascita di Cristo qui si unisce a quello della grazia divina che trasfigura tutto l'universo, secondo una tematica presente appunto nelle prediche del frate.. • Il quadro mostra tuttavia il momento in cui il diavolo viene sopraffatto secondo il dodicesimo capitolo della profezia. Tutti i diavoletti vengono scacciati sottoterra e gli uomini e gli angeli sono incoronati con rami di ulivo come segno della pace riconquistata.
  • 32. LORENZO LOTTO – “NATIVITA” - 1523 Nel 1523 Lotto dipinge la Natività, una piccola tavola (cm 46 x 36) conservata alla National Gallery of Art di Washington. Stava per finire il soggiorno bergamasco, un periodo che occupa l'arco di anni compresi tra il 1512 e il 1525 e caratterizzato da un "misticismo affettivo" e da un senso magico infuso nelle opere grazie all'utilizzo della luce. Quella di Bergamo passa per una stagione serena, favorita anche da una committenza che gli chiede quadri con una forte carica religiosa come La Pala Martinengo (Madonna con Bambino e santi, Bergamo – Chiesa di San Bartolomeo) e le Nozze mistiche di santa Caterina (Bergamo – Accademia Carrara). Lotto, amico dei Domenicani, viene indotto a immergersi e a meditare ancora di più sulle verità di fede. I risultati si vedono. La Natività è destinata a un'abitazione privata come dicono le piccole dimensioni. È un quadro pensato per la devozione di una famiglia. L'incarnazione si sposta dal luogo di culto, dove ci si reca a pregare, alle stanze di un palazzo in cui la giornata vorrebbe essere illuminata dalla memoria di Cristo. Il mistero lo si vuole prossimo, dentro le mura domestiche.
  • 33. Nel dipinto i santi personaggi sono collocati in primo piano, tanto da porre l’osservatore, meglio il fedele, in una posizione privilegiata, siamo nella stalla! Non guardiamo dentro da fuori, la scena è vista dall’interno; si dà una condizione di intimità del fedele con il mistero che si rivela Lotto rompe gli schemi tradizionali e valorizza Giuseppe affiancandolo alla Madonna che ha gli occhi incollati su Gesù. Sono sgranati dalla meraviglia. Osserva il bambino che le sta parlando con lo sguardo, con il movimento delle labbra, con i piedini che scattano e con le mani che si muovono in uno slancio di affetto. Si vuole aggrappare, Lui che è Dio, a sua madre. Comportamenti naturali di ciascun neonato, si direbbe… è vero uomo! Ma in questa rappresentazione assumono sfumature e significati che superano la contingenza per inscriversi dentro il linguaggio dell'eterno entrato nel tempo
  • 35. CORREGGIO – “L’ADORAZIONE DEI PASTORI”-1529 La pala,conosciuta come “La notte” rappresenta l’adorazione dei pastori, e , si affianca ad un’altra opera, la “Madonna di San Gerolamo”, maggiormente conosciuta come “Il Giorno”. La pala è ambientata a lume notturno; l’impostazione monumentale delle figure non impedisce al Correggio di articolare l’insieme dei personaggi secondo un registro affettuoso, che traspare dalle loro espressioni, ben evidenti anche nell’oscurità. Vasari era rimasto particolarmente impressionato dalla figura femminile che accompagna i pastori, la quale sembra ripararsi dalla luce divina, quasi l’occhio umano non possa reggere a tale bellezza.
  • 37. FEDERICO BAROCCI – “NATIVITA” - 1579 Il Barocci, pur partecipando all’indirizzo controriformista che impone un’arte educativa, si riallaccia ai grandi maestri del medio rinascimento, al loro idealismo e alla purezza della forma.. Nel 1579 dipinge la “Natività”: nell’umile ambiente, simbolo della presenza divina anche nei luoghi più poveri, le figure disposte in tralice vengono illuminate dalla luce notturna che emana dal Bambino; luce fluida che a contatto con i colori teneri crea un’atmosfera dolce e raccolta.
  • 39. CARAVAGGIO – “NATIVITA’ “-1609 Negli anni più cupi della sua breve esistenza, quelli nei quali maturò un'amara consapevolezza della condizione umana, Caravaggio preannuncia con quest'opera l'irreversibile riduzione luministica che caratterizzerà la sua ultima produzione e svela ancora una volta una religiosità intimamente legata al senso doloroso della vita: lo sguardo della Madonna verso il Bambino è, difatti, assorto e malinconico, quasi ne presagisse la tragica fine, mentre San Giuseppe, di spalle, dialoga, forse concitatamente, con un personaggio posto accanto a San Francesco. Il tutto in un'atmosfera da "veglia funebre" più che da "gioiosa festa", che non può non rimandare al drammatico epilogo dell'esistenza di Gesù. Il tema evangelico della Natività è riletto in modo assai originale dall'autore, che, trasgredendo gli schemi iconografici tradizionali, assegna ai personaggi le fattezze della gente semplice e ritrae la Madonna nelle sembianze di un'umile popolana, conferendole, proprio in virtù di questo, una singolare intensità espressiva e rendendo come nessun altro il senso della quotidianità del sacro. Nell'autunno del 1969, e più precisamente nella notte tra il 17 e il 18 ottobre, per volere di un capomafia siciliano, l'opera veniva trafugata. Un famoso "pentito" ha poi raccontato che la tela fu tagliata lungo i bordi della cornice con una banale lametta da barba e poi piegata per renderne più agevole il trasporto. Da allora se ne sono perse le tracce.
  • 41. RAFFAELLO – “SACRA FAMIGLIA CANIGIANI”- 1507 In un ampio e luminoso paesaggio con scorci di cittadelle sono raffigurate in primo piano la Vergine e sant’Elisabetta che tengono sule ginocchia Gesù Bambino e san Giovannino che giocano con un cartiglio. Alle loro spalle, rivolto verso Elisabetta, è san Giuseppe appoggiato ad un bastone. Un coro di angeli sovrasta la Sacra Famiglia. Il dipinto fu eseguito su commissione di Domenico Canigiani, ricco mercante fiorentino, forse in occasione delle sue nozze, presumibilmente verso la fine del soggiorno fiorentino di Raffaello. Lo schema particolarmente elaborato conclude il periodo di ricerche sui gruppi di Madonne con Bambino e santi iniziato da Raffaello durante il soggiorno fiorentino. Qui l’artista ha oramai assimilato la lezione di Leonardo e Michelangelo: al primo si ispira per la costruzione piramidale, al secondo in particolare nella figura di san Giuseppe.