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IL MONDO ISLAMICO
Isis
Storia, risorse e sviluppo
(Relatore: Dottor Davide Spada Pianezzola)
Isis: un'organizzazione dai molti nomi
JTJ, Tanzim, Isis, IS, Daesh, ISIL... dalla sua data di nascita (1999) fino ad oggi l'organizzazione
terrorista ha cambiato più volte nome. Il fatto che essa venga denominata in modo diverso da vari
giornali e telegiornali può portare ad una certa confusione. L'organizzazione è in realtà sempre la
stessa, e la differenza nel nome indica esclusivamente un diverso momento della sua evoluzione.
L'Isis è un'organizzazione estremista formata nella stragrande maggioranza da musulmani sunniti
siriani e iracheni. Attualmente l'Isis controlla un grande territorio situato fra il Nord dell'Irak e il
Sud della Siria. All'interno di questa regione vive una popolazione di circa 3,5 milioni di persone.
La cifra esatta è sconosciuta e le stime delle varie fonti in materia divergono notevolmente: secondo
alcuni il territorio controllato dall'Isis è abitato da 2,8 milioni di persone, secondo altri la cifra
supera i 5 milioni di individui.
Oltre a Irak e Siria, l'Isis ha ottenuto negli ultimi anni il controllo di alcune piccole regioni della
Libia, della Nigeria (tramite gli alleati di Boko Haram) e dell'Afghanistan.
Breve storia dell'Isis e delle sue denominazioni
JTJ: L'organizzazione oggi conosciuta come Isis nasce in Giordania nel 1999 con il nome di JTJ
Jamāʻat al-Tawḥīd wa-al-Jihād (‫والجهاد‬ ‫التوحيد‬ ‫جماعة‬‎), Organizzazione del Monoteismo e della Jihad.
Il suo fondatore, Abu Musab al-Zarqawi, era un terrorista giordano che fondò il JTJ quando aveva
solo 33 anni.
Nato nel 1966, il giovane al-Zarqawi si era recato in Afghanistan alla fine degli anni '80 con
l'obiettivo di lottare contro l'esercito dell'Unione Sovietica che aveva invaso l'Afghanistan nel 1980.
Zarqawi arrivò però troppo tardi (nel 1988 le truppe sovietiche, esauste dopo aver sopportato anni di
durissima guerriglia, avevano iniziato a ritirarsi dal paese). Al-Zarqawi ne approfittò per avviare un
suo campo nelle vicinanze della città di Herat, nel Sud Ovest del paese (per inciso, Herat è l'area in
cui opera oggi l'esercito italiano).
Dopo alcuni mesi il terrorista giordano ritornò al suo paese d'origine, dove organizzò un gruppo
terrorista minore (il Jund al Sham, “soldati dello Sham”, cioè della Siria). Arrestato nel 1992 per
possesso di armi ed esplosivi, al-Zarqawi fu liberato in seguito ad un'amnistia generale . Dopo aver
tentato di organizzare un attentato per il capodanno del millennio, al-Zarqawi fu costretto a fuggire
in Afghanistan, dove avrebbe incontrato Osama Bin Laden ed ottenuto da quest'ultimo la cifra di
200.000 $ per organizzare un nuovo campo di addestramento sempre nella zona di Herat.
L'ideologia di al-Zarqawi era però talmente estrema che secondo alcune fonti persino Osama Bin
Laden se ne sarebbe distanziato. Il terrorista giordano infatti non odiava soltanto gli occidentali,
americani ed israeliani in primis: per al-Zarqawi tutti i musulmani sciiti erano takfir (apostati) e per
tale ragione avrebbero dovuto essere uccisi.
Ottobre 2001: l'esercito americano invade l'Afghanistan.
al-Zarqawi, ferito durante un combattimento, lascia il paese e viene curato prima in Iran e
successivamente in Irak.
Marzo 2003: l'esercito americano invade l'Irak.
Al-Zarqawi organizza una fitta serie di attacchi terroristici.
Ottobre 2004: Trasformazione del JTJ in Tanẓīm.
Nonostante le differenze di vedute fra al-Zarqawi e Osama Bin Laden, il miliardario saudita inizia
a guardare con interesse il giovane giordano quando questi rapisce e decapita l'ostaggio americano
Nick Berg (Maggio 2006).
Per quale ragione Bin Laden passò da un atteggiamento di scetticismo verso il terrorista giordano ad
una così entusiasta accoglienza? Un plausibile motivo potrebbe essere stato la necessità, per al
Qaeda, di sfruttare la complessa rete creata da al-Zarqawi col fine di insediarsi efficacemente in
Irak, un territorio che Bin Laden non conosceva approfonditamente.
Giugno del 2006: al-Zarqawi viene ucciso dall'aviazione americana nelle vicinanze di Baghdad,
Pochi mesi dopo la morte il suo gruppo (Al Qaida in Irak) si fonde con altri gruppi insurrezionali,
creando l'organizzazione nota come
ISI (Islamic State of Iraq, ‫السإلماية‬ ‫العراق‬ ‫دولة‬‎Dawlat al-ʿIrāq al-ʾIslāmiyyah),
i cui capi erano Abu Abdullah al-Rashid al-Baghdadi, detto anche Abu Omar al-Baghdadi (iraqeno,
esistono pochissime notizie sul suo conto, si presume fosse un ex ufficiale nell'esercito di Saddam
Hussein) e Abu Ayyub al-Masri (egiziano, ex aiutante di al-Zarqawi).
L'ISI ereditò la forza militare del gruppo di al-Zarqawi, formata da circa 2.000 combattenti.
I due capi dell'ISI furono uccisi nel 2010 in un operazione congiunta dell'esercito americano e
irakeno nella città di Tikrit, 140 km. a nord est di Baghdad. Tikrit era la città di origine di Saddam,
il cui nome completo era infatti Saddam Hussein'Abd al-Magid al-Tikriti.
Il nuovo capo dell'organizzazione divenne Abu Bakr al-Baghdadi.
Nato nel 1971 in Iraq, Abu Bakr al-Baghdadi è il fondatore e l'attuale leader dell'Isis.
Aprile 2013: l'ISI espande le proprie operazioni in Siria e cambia il proprio nome in Isis
(Islamic State of Iraq and al-Sham, detto anche Isil: Stato Islamico dell'Irak e del Levante, ad-
Dawlah al-Islāmiyah fī 'l-ʿIrāq wa-sh- Shām, ‫الدولةالسإلمايةفيالعراقوالشام‬ )
o Islamic State of Iraq and Syria ( Stato Islamico dell'Irak e della Siria). Gli acronimi in inglese Isis
e Isil rappresenterebbero quindi la medesima organizzazione.
L'Isis è conosciuto anche con un altro termine: Daesh, la cui etimologia è decisamente più
interessante. Daesh è l'acronimo di al-Dawlah al-Islamīyah fī al-ʻIrāq wa-al-Shām. (all'incirca
“Stato islamico dell'Irak e del Levante”). Tuttavia la parola “Daesh” assomiglia molto ad un altra
parola araba: Dahis (che indicherebbe la persona che porta discordia). Consci di questa pericolosa
assonanza, i membri dell'Isis pare vietino l'uso del termine “Daesh” nei territori da loro controllati,
pena la fustigazione o il taglio della lingua.
Quando annunciò la nascita dell'Isis, al-Baghdadi affermò che l'organizzazione jihadista siriana nota
come Jabhat al-Nusra (detta anche Al-Nusra Front) era stata un'estensione dell'ISI in Siria ed
entrava ora ufficialmente nell'Isis. Il leader di Jabhat al-Nusra (Abu Mohammed al-Julani) si oppose
a questa decisione ed ottenne l'appoggio di Ayman al-Zawahiri, leader di al Qaeda dopo la morte di
Bin Laden. Al-Zawahiri rispose con durezza ed affermò che l'Isis doveva essere disciolta e al
Baghdadi avrebbe dovuto limitare le sue attività all'Irak. Ma quest'ultimo rifiutò l'ultimatum,
assorbendo nell'Isis circa l'80% delle forze di Jabhat al-Nusra.
Questo atto portò ad una rottura fra al Qaeda e l'Isis: nel Febbraio del 2014 al Qaeda affermò
ufficialmente di non avere più alcun rapporto con l'Isis.
Giugno 2014: lSIS si rinomina IS (Islamic State) ( ‫السإلماية‬ ‫الدولة‬‎ ad-dawlah al-islāmiyah) e
dichiara di essere un califfato mondiale. Tale dichiarazione provoca le forti proteste di
numerosissimi leader musulmani del mondo intero.
Per dare maggior peso alla propria dichiarazione, nell'estate del 2014 l'Isis aumenta notevolmente la
sua azione militare.
Sempre nel Giugno del 2014 un gruppo estremista delle Filippine fa circolare un video in cui
dichiara il proprio sostegno all'Isis.
In Agosto l'Isis conquista alcune città nel Nord dell'Irak, costringendo alla fuga migliaia di Yazidi,
una minoranza religiosa disprezzata dagli integralisti, che dichiarano di volere eliminare fisicamente
questi “takfir”.
Gli Yazidi, rifugiatisi sulla cima di una montagna, esausti, privi di acqua e di cibo, furono salvati in
extremis dall'intervento dell'esercito americano e dei rappresentanti di alcune ONG.
In seguito a questo evento ed al pericoloso avanzare dell'Isis nel Nord dell'Irak
nell'Agosto del 2014 gli Stati Uniti iniziano una campagna di bombardamenti aerei contro le basi
del gruppo estremista.
Autunno 2014: gli Stati Uniti organizzano tre conferenze finalizzare a creare una coalizione di
Stati contro l'Isis. Gli Stati militarmente più importanti presenti a tutti e tre gli incontri sono gli
Stati Uniti, il Regno Unito, la Francia, la Germania, la Turchia. La terza conferenza (organizzata a
Dicembre) crea un'alleanza di ben 59 nazioni, finalizzata a combattere l'Isis non solo militarmente
ma soprattutto finanziariamente.
L'intervento militare guidato dagli Stati Uniti riesce a controbattere l'espansione dell'Isis: nel giro di
pochi mesi i bombardamenti dell'alleanza contro l'Isis e l'azione sul terreno dell'esercito irakeno e
dei combattenti curdi riduce del 30% il territorio controllato dall'organizzazione estremista. La
maggioranza dei bombardamenti (più di 200) è stata effettuata dall'esercito americano, ma ha
partecipato anche l'aviazione militare della Francia, dell'Olanda, del Regno Unito e del Belgio.
Ad essi sono seguiti Dicembre gli interventi di Australia, Danimarca, Canada e Marocco.
Espansione dell'Isis nel 2015
Nel Febbraio del 2015 l'Isis ha aumentato massivamente la sua presenza in Libia. I contrattacchi
dell'esercito regolare non sono riusciti a fermare l'avanzata del movimento, che si è espanso anche
nell'area della Sirte, nel sud del paese, oltre a prendere il controllo dell'area intorno alla città di
Bengazi e della zona ad Est della capitale libica, Tripoli.
Nel Marzo del 2015 l'Isis si è espansa ulteriormente nel continente africano tramite l'uso di
“proxies” (emissari), ossia di un'altra organizzazione già presente in loco e tristemente famosa per
la sua attività violenza: Boko Haram.
Il gruppo fondamentalista Boko Haram (il cui nome significa pressappoco “l'educazione occidentale
è peccato” ha dichiarato nel Marzo 2015 di aver stipulato un'alleanza con l'Isis. In questo modo
l'Isis ha potuto controllare (anche se indirettamente) dei territori all'interno della Nigeria, del Niger,
del Ciad e del Camerun.
Nello stesso mese il gruppo integralista chiamato Movimento Islamico dell'Uzbekistan ha formato
un'alleanza con l'Isis, fornendo all'organizzazione un nuovo fronte su cui sviluppare la propria
futura eventuale espansione.
A fine Marzo 2015 un alto comandante dell'organizzazione estremista Anshar al-Sharia in Libia ha
abbandonato il suo gruppo per unirsi all'Isis.
Risulta evidente come il 2015 sia stato l'anno di massima espansione dell'organizzazione, che è
riuscita, grazie all' aumento di prestigio nel mondo fondamentalista, a formare alleanze con i
principali gruppi estremisti dell'area africana e con almeno un gruppo estremista della regione
caucasica.
All'aumento dell'influenza dell'Isis nella regione corrisponde un aumento degli attacchi dell'esercito
irakeno ed americano contro l'organizzazione, di cui si è finalmente compresa tutta la pericolosità.
La risposta indiretta dell'Isis a questa dichiarazione è stata una serie di attacchi terroristici in vari
paesi. Si presume che alcuni (o forse tutti) questi attacchi siano stati eseguiti tramite “proxies”,
emissari non necessariamente legati direttamente all'Isis, ma sicuramente ideologicamente vicini
all'organizzazione.
Novembre 2015: in seguito ad un aumento degli attacchi dell'esercito francese nei territori
controllati dall'organizzazione, l'Isis ha rivendicato una serie di attacchi terroristici avvenuti nella
città di Parigi. Anche qui è importante sottolineare che gli assalitori non erano cittadini
mediorientali, pare fossero invece cittadini belgi e francesi, provenienti dalla città di Bruxelles.
Chi è Abu Bakr al-Baghdadi, l'attuale capo dell'Isis
È innanzitutto necessario comprendere che nelle organizzazioni terroristiche di grandi dimensioni
l'ideologia conta molto più della figura che guida l'organizzazione stessa. Con l'eccezione di Osama
Bin Laden, un capo particolarmente carismatico, la maggior parte dei leader terroristi sono figure
intercambiabili e la loro eliminazione non porta necessariamente alla scomparsa
dell'organizzazione: nella maggior parte dei casi la loro dipartita provoca solo una crisi (nel senso
etimologico del termine) all'interno del gruppo terroristico. “Crisi” significa infatti “cambiamento”
non necessariamente in senso negativo. La morte del terrorista giordano al-Zarqawi non distrusse la
sua organizzazione, tutt'altro: ne provocò un cambiamento ed un aumento di dimensioni ed
obiettivi. L'eliminazione di Abu Omar al-Baghdadi non mise in grave difficoltà l'Isi, che nel giro di
pochi mesi si trovò un nuovo leader, ancora più ambizioso del precedente, e si evolse in nuovo
gruppo: l'Isis.
Bisogna ribadire questo concetto: nonostante sia utile conoscere approfonditamente la storia, il
carattere ed il pensiero dei dirigenti delle organizzazioni terroristiche, dobbiamo capire che i
dirigenti non sono l'organizzazione, bensì sono espressione dell'organizzazione: così come sono
stati scelti possono essere deposti, e se perdono la vita vengono rapidamente sostituiti da altri capi,
di solito ancora più radicali dei precedenti.
Abu Bakr al-Baghdadi è il “nome de guerre” (nome di battaglia) di un uomo irakeno, il cui vero
nome sarebbe Ibrahim Awwad Ibrahim Ali-al-Badri al-Samarra i.
Al-Baghdadi sarebbe nato in Irak nel 1973 ed avrebbe studiato diritto, per poi specializzarsi in studi
islamici con un dottorato di ricerca nell'Università di Scienze Islamiche di Baghdad.
Secondo alcune fonti al-Baghdadi sarebbe stato addirittura un Imam ed avrebbe ricoperto questo
ruolo all'inizio degli anni 2.000, durante l'invasione americana dell'Irak. Sarebbe stata proprio
l'invasione statunitense a spingere l'imam nelle braccia di al-Zarqawi, all'epoca leader di al-Qaida in
Irak. Particolare interessante, al-Baghdadi sarebbe stato arrestato nel 2004 e detenuto per alcuni
mesi nel carcere militare irakeno di Camp Bucca, gestito dall'esercito americano. Ritenuto dalle
autorità irakene un individuo non pericoloso, venne rilasciato nel Dicembre del 2004 (suscitando
notevoli perplessità in alcuni militari americani che gestivano il campo). Al momento non esistono
informazioni sulle attività di al-Baghdadi dal 2005 al 2010, ma si presume che si sia fatto largo
all'interno della dirigenza di ciò che sarebbe diventata l'Isis e nel 2010, alla morte del vecchio leader
(Abu Omar al-Baghdadi) il giovane Abu Bakr è divenuto il nuovo capo dell'organizzazione.
Gli Stati Uniti d'America hanno posto sul terrorista una taglia di ben 10 milioni di dollari, inferiore
solo a quella di 25 milioni di dollari destinata alla cattura di Ayman al-Zawahiri (leader di Al Qaeda
dopo la morte di Bin Laden) .
Il 29 Giugno 2014 al-Baghdadi viene proclamato dai suoi uomini Califfo dello Stato islamico
dell'Irak e del Levante.
È importante sottolineare come la proclamazione del Califfato islamico (e di al-Baghdadi come
Califfo) sia stata dichiarata nulla dai principali dotti (ulema) del mondo islamico, fra cui l'ulema
della moschea e università di al-Azhar al Cairo, quella di Qarawyyin di Fez (Marocco) e la
moschea di Zaytuna di Tunisi. Anche il mufti egiziano al-Qaradawi ha dichiarato nulla la
proclamazione di al-Baghdadi, oltre a considerarla pericolosa per la comunità musulmana sciita.
Principi ed escatologia dell'Isis
L'Isis basa la sua strategia politico-militare sulla figura storica del “califfato islamico”, in realtà mai
esistito nei tempi e nei modi descritti dall'organizzazione.
Nell'idea dell'Isis il califfato sarebbe retto da un comandante che è al tempo stesso leader militare,
politico e soprattutto religioso. Nella pluricentenaria storia dell'Islam tale “figura unica” è esistita
per non più di 30 anni su 1.400. Solo Maometto e i suoi primi 4 successori ebbero infatti
contemporaneamente il potere politico e quello religioso. Successivamente allo scisma fra sunniti e
sciiti la comunità islamica si divise anche per quanto concerneva la figura del massimo leader, che
diventò un politico “puro”, spesso affiancato da una figura religiosa.
Si trattava, e si tratta tuttora, di due figure ben distinte.
Un altro “mito” propagandato dall'Isis è la restaurazione del califfato alla sua presunta “masima
estensione”, ossia nell'enorme territorio che va dalla Persia alla Spagna. Storicamente non è mai
comparso un califfato che abbia posseduto contemporaneamente tali territori: il califfato omayyade
che si stabilì in Spagna (con capitale Cordoba) nell'VIII secolo era infatti in lotta aperta col
califfato abbaside presente in Irak (con capitale Baghdad)
L'Isis si rifà quindi a un “califfato perfetto” immaginario, che nella realtà non è mai esistito.
La stessa figura del Califfo come khalifat rasul Allah, successore del profeta di Allah, non è prevista
nel Corano né compare negli hadith (i detti) di Maometto.
Al tempo stesso l'Isis sembra ignorare che il vero sviluppo dell'Islam non è stato verso Occidente,
verso la “Cristianità”, bensì verso Oriente: in questo momento la maggioranza dei musulmani del
mondo (il 62% di essi) non vive nei paesi mediorientali ma in Asia (oltre 1 miliardo di fedeli
musulmani) . Lo Stato musulmano più popolato al mondo è l'Indonesia (200 milioni di cittadini
musulmani), il secondo è il Pakistan (178 milioni di cittadini musulmani), il terzo è il Bangladesh
(145 milioni di musulmani). L'India, Stato di religione induista, ha una “minoranza” musulmana di
ben 177 milioni di persone.
In nessuna mappa del Califfato islamico sono presenti questi quattro stati, i cui abitanti sommati
insieme ammontano a circa 700 milioni di abitanti, quasi la metà dei musulmani del mondo (che
sono un miliardo e 600 milioni1
).
Che senso avrebbe un Califfato islamico mondiale che non vuole includere ben 700 milioni di
musulmani?
Risulta evidente che le pretese territoriali dell'Isis non hanno quindi una base religiosa quanto
1 Tutti i dati sulla popolazione musulmana nel mondo risalgono al 2010 e provengono dal sito del Pew Research
Center: http://www.pewforum.org/2011/01/27/table-muslim-population-by-country/
piuttosto storica. L'Isis afferma di pensare in termini universali ma in realtà ragiona in mediocri
termini regionali: non riesce ad andare al di là del Golfo Persico e del Mediterraneo.
Escatologia dell'Isis
Il termine “escatologia” significa “discorso sulle cose ultime del mondo”. Tutta la retorica dell'Isis è
incentrata proprio sull'escatologia e sull'apocalittica (la parola apocalisse significa “rivelazione”).
Probabilmente consapevole di non possedere la forza militare e politica per riunire il mondo
musulmano sotto di sé, l'Isis ricorre appunto ad un'apocalisse, una rivelazione: l'arrivo del Madhi2
sarebbe vicino e insieme ad esso il trionfo dell'Islam sull'armata di “Roma” (ossia del
cristianesimo).
È interessante notare che nemmeno Bin Laden aveva mai usato in modo così intenso l'escatologia
del Mahdi, limitandosi a criticare la corruzione dei regimi mediorientali ed il loro asservimento alle
potenze occidentali, in primis agli Stati Uniti.
Va inoltre sottolineato come nessun autorevole religioso islamico del mondo intero abbia mai
confermato la dichiarazione dell'Isis riguardo un prossimo arrivo del Mahdi.
È evidente come tale dichiarazione sia funzionale a minimizzare eventuali sconfitte sul campo
subite dall'organizzazione e a tenerne serrati i ranghi anche nei momenti di maggior difficoltà.
Il potere dell'Isis: armi, terrorismo, sostegno popolare, denaro
Per quale ragione l'Isis è diventato il gruppo estremista più potente del mondo? Come ha potuto
un' organizzazione inizialmente priva di grandi mezzi e di un vero esercito crescere indisturbata fino
a riuscire ad occupare parte dell'Irak e della Siria?
Ed infine: per quale motivo l'Isis è così difficile da sconfiggere?
Il potere dell'organizzazione si basa su quattro fattori:
1) Forza militare: l'Isis vanta un esercito di migliaia di individui pronti a tutto,
equipaggiato con un armamento moderno ed efficiente.
2) Terrorismo: grazie ad azioni dirette, all'uso di proxies e ad un vero e proprio
franchising del terrore, l'Isis può colpire obiettivi civili e militari sia in Medio Oriente sia in
Europa, sia negli Stati Uniti (anche se fin'ora c'è stato un solo evento violento in Usa che
può essere collegato a questa organizzazione estremista3
)
3) Sostegno popolare: l'Isis è riuscito a creare nei territori controllati un embrione di
apparato statale che comprende (sebbene rudimentali) ospedali, scuole, polizia, tribunali,
distribuzione di cibo e medicinali ai poveri. Piuttosto che vivere nel caos della guerra civile,
molti irakeni e siriani hanno preferito (almeno all'inizio) condurre le loro esistenze in un
territorio che assicurava sicurezza e pace.
Insieme al sostegno popolare l'Isis ha conquistato il cuore degli estremisti di tutto il mondo:
la sua retorica anti americana, il suo appellarsi (a parole) ai principi dell'Islam, la sua aurea
di invincibilità hanno affascinato e ispirato migliaia di persone in tutti i continenti.
4) Denaro: grazie al possesso di numerosi pozzi di petrolio in Irak e alla capacità di
vendere la produzione al mercato nero internazionale, l'Isis è diventato il più ricco gruppo
estremista del mondo. Agli introiti del petrolio si aggiungono quelli ottenuti con i sequestri
2 Il Mahdi (“il guidato”) è una figura che dovrebbe regnare sull'Islam per alcuni anni prima del giorno del giudizio
finale. Non esistono referenze al Mahdi nel Corano ma se ne parla in alcuni hadith di Maometto. Particolare
interessante: insieme al Mahdi dovrebbe comparire anche Gesù (Isa ibn Maryam), che assisterà il Mahdi nella lotta
contro il falso Messia: Masih ad-Dajjal (noto come “Anticristo” nella religione cristiana).
3 L'attacco di San Bernardino, California, nel Dicembre 2015 (14 persone uccise da una coppia di origine pakistana)
di denaro nelle banche irakene del territorio conquistato e tramite l'estorsione e
l'imposizione di tasse, che vengono raccolte da incaricati dell'Isis nella regione.
Un'altra fonte di reddito è data dal traffico di droga (soprattutto eroina) e da presunte
donazioni in denaro ricevute dall'Arabia Saudita, dal Qatar e dal Kuwait.
Questi quattro fattori devono essere analizzati in profondità per capire i punti di forza
dell'organizzazione ed il modo in cui questi punti di forza possono essere indeboliti ed infine
cancellati.
Forza militare:
Un grande errore compiuto dagli Stati Uniti al momento di ritirare le proprie truppe dall'Irak fu di
chiedere al governo irakeno il licenziamento di tutte le truppe dell'esercito di Saddam Hussein. Non
avendo alcuna fiducia in questi soldati, gli americani preferirono liquidarli professionalmente senza
fornire loro nemmeno una pensione. Gli ex soldati, che prima dell'invasione americana dell'Irak
avevano nascosto armi e munizioni in varie aree del paese, costituirono la spina dorsale del futuro
esercito dell'Isis. Non avendo più né un lavoro né una pensione né alcuna prospettiva lavorativa (chi
avrebbe mai assunto gli ex soldati dell'odiato Saddam?) questi militari entrarono a migliaia nelle
fila dell'organizzazione estremista. Oltre a donare (o forse vendere?) armi e munizioni, apportarono
la loro esperienza come combattenti e soprattutto come addestratori per volontari ricchi di
entusiasmo ma poveri di conoscenze belliche.
Attualmente risulta impossibile conoscere il numero esatto dei combattenti dell'Isis, Le stime
divergono moltissimo: si va dalle 200.000 unità (conteggio fornito dai combattenti kurdi, forse
volutamente esagerato per ottenere maggiori aiuti dalle potenza occidentali), passando per le
100.000 unità dichiarate dall'Isis stesso, e terminando con i 20.000–30.000 combattenti ipotizzati
dalla CIA nel Settembre 20144
. Alcune centinaia di essi avrebbero origine europea o americana.
Migliaia di combattenti potrebbero provenire dagli Stati del Maghreb, del Medio Oriente e da
alcune repubbliche ex sovietiche (soprattutto di religione islamica).
Armamenti leggeri:
l'Isis sarebbe in possesso di circa 30.000 fucili d'assalto russi Ak-47 (e delle successive versioni),
appartenenti all'armamento di Saddam. Possiederebbe anche alcune centinaia di M16 americani,
rubati o presi con la forza all'esercito irakeno attuale, generosamente armato dagli Stati Uniti.
I combattenti avrebbero anche centinaia di fucili da cecchino, vari lancia granate ed un numero
imprecisato di IED (Improvised Explosive Devices: Ordigni esplosivi improvvisati). Questi ultimi
sono particolarmente pericolosi perché possono essere assemblati praticamente con qualsiasi
materiale (bombole del gas, chiodi, fertilizzante...), sono economici e causano decine, se non
centinaia, di vittime sia tra i militari che fra i civili. È un fatto noto che l'esercito americano teme
più le IED che gli attacchi convenzionali portati dai miliziani dell'Isis: un attacco convenzionale
può essere intercettato e bloccato con l'uso di una forza militare preponderante, ma nulla può
fermare una bomba nascosta sul lato di una strada od in un vicolo di Baghdad.
Armamenti pesanti:
sebbene fin'ora non sia stato riscontrato un uso davvero efficace di questi strumenti da parte
dell'Isis, il gruppo possiederebbe numerosi cannoni antiaerei, alcuni di produzione americana
(catturati alle truppe irakene) altri di produzione russa (anch'essi eredità dell'esercito di Saddam).
Veicoli militari:
4 Dichiarazione di Ryan Trapani, portavoce della C.I.A. http://www.bbc.com/news/world-middle-east-29169914
si calcola che centinaia, se non migliaia, di jeep e furgonette civili sono state convertite in veicoli da
combattimento improvvisati. È sufficiente installare sul retro del furgone una mitragliatrice
antiaerea per ottenere un arma estremamente efficace in battaglia. Rapidi, economici, letali, se bene
utilizzati questi furgoni possono fare la differenza quando i miliziani attaccano un villaggio od un
fortino isolato.
L'Isis possederebbe anche dei moderni Humvee americani: delle jeep militari blindate
particolarmente efficaci sul terreno desertico irakeno.
Infine, particolare inquietante per gli esperti militari, gli estremisti potrebbero detenere nel loro
arsenale anche dei mezzi militari pesanti e dei carri armati.
Come è riuscita l'Isis a procurarsi questi mezzi? Si tratta di oggetti che non possono essere
facilmente rubati, né è possibile attaccare una base militare che li possiede, in quanto essa sarebbe
capace di usarli per difendersi efficacemente.
Pare che questi mezzi siano stati ottenuti senza eccessiva difficoltà quando l'Isis effettuò un attacco
massivo nell'Irak centrale. I soldati irakeni che si ritiravano avrebbero dovuto portare con sé i propri
carri e, nel caso non fosse stato possibile spostarli, avrebbero dovuto distruggerli. Probabilmente ciò
non è sempre avvenuto: i soldati in rotta si sono forse ritirati lasciando i loro mezzi inesplosi,
oppure (altro particolare inquietante) li avrebbero venduti all'Isis in cambio di denaro e della
salvezza della vita.
Il gruppo estremista non sarebbe nuovo a questo tipo di “spesa in grande stile”: in passato avrebbe
acquistato una trentina di Tank russi T55 da dei gruppi armati siriani, che a loro volta avrebbero
sottratto i mezzi all'esercito regolare della Siria.
Mezzi aerei:
l'Isis potrebbe essere in possesso di uno o più MiG-21 sovietici (uno degli aerei più prodotti al
mondo), anch'essi appartenuti all'esercito irakeno. Si tratta di mezzi non moderni e appare difficile
che esistano dei piloti dell'Isis così bene addestrati da utilizzare efficacemente in battaglia questi
mezzi. Servirebbero inoltre delle basi aeree da cui fare partire i velivoli, basi che però potrebbero
essere facilmente individuate e distrutte dall'aviazione irakena o americana.
Al momento quindi l'Isis non possiede una forza aerea degna di questo nome, motivo per cui non
potrebbe vincere nessun confronto militare di grande entità. Nelle guerre attuali la copertura aerea è
indispensabile per vincere gli scontri sul terreno; l'esercito che possiede la forza aerea superiore è
quasi sempre l'esercito che vince i conflitti.
Missili:
l'Isis potrebbe essere in possesso di uno o più missili Scud (un missile tattico balistico, ossia di
corto raggio), ma non esistono prove sicure.
Armi chimiche:
l'esercito siriano del Presidente Assad sarebbe in possesso di armi chimiche e si presume che l'Isis
potrebbe essere riuscito ad ottenerne alcune. Secondo alcune fonti l'Isis avrebbe addirittura
saccheggiato un deposito militare ad Al-Muthanna, in Irak, che avrebbe contenuto circa 2.500
missili con testata chimica facenti parte dell'arsenale dell'esercito di Saddam Hussein. (Saddam
aveva usato tali armi contro i kurdi negli anni '80, vedasi il massacro di Halabja nel 1988: oltre
5.000 morti uccisi con gas Sarin, Tabun e gas mostarda). I miliziani kurdi hanno dichiarato che
durante l'assedio della città di Kobane sono stati attaccati dall'Isis con il “chlorine gas” (un'arma
chimica usata per la prima volta durante la prima guerra mondiale, che distrugge gli organi
respiratori e provoca la morte per asfissia). Fortunatamente le armi chimiche sono molto delicate e
si deteriorano facilmente, perciò l'Isis potrebbe non essere più in grado di utilizzare in battaglia i
razzi ottenuti nel deposito di Al-Muthanna. Inoltre tali armi erano probabilmente già state rese
inoffensive per evitare che cadessero nelle mani degli eserciti che invasero l'Irak nel 1992.
Terrorismo
L'attività terroristica dell'Isis si è sviluppata principalmente su 4 regioni: Medio Oriente, Africa,
Europa e Nord America. Sono tuttavia avvenuti degli attacchi riconducibili (direttamente o
indirettamente) all'Isis anche in Australia e ad inizio Gennaio 2016), in Indonesia.
Quando si parla di terrorismo è necessario effettuare una netta distinzione fra le azioni organizzate e
dirette dall'Isis e quegli attacchi terroristici che dall'Isis sono soltanto ispirati, ma non diretti.
Da questo punto di vista, l'Isis è un franchising del terrorismo, esattamente come lo è stata in
passato Al Qaeda, l'organizzazione di Osama Bin Laden. Per franchising si intende il mutuo accordo
fra due parti, in cui l'organizzatore dell'attacco terroristico compie tale azione senza aver bisogno né
del sostegno organizzativo ed economico dell'Isis né della sua approvazione preventiva.
Il vantaggio è reciproco: l'attentatore ottiene maggiore rilevanza mediatica su tv e stampa se la sua
azione possiede il “marchio” dell'Isis; al tempo stesso l'Isis guadagna dalle azioni terroristiche una
enorme pubblicità a costo zero. Ma non solo: se gli attentati vengono effettuati da individui
completamente svincolati dall'Isis, le forze antiterroristiche non possono in alcun modo intercettare
i terroristi né fermare gli ordini provenienti dalla “casa madre”, per il semplice fatto che non esiste
alcun legame fra la “casa madre” in Siria e il terrorista che opera a Parigi.
In alcuni casi, come quello dell'attacco terroristico a Berlino nel Dicembre 2016, il responsabile si
era probabilmente radicalizzato in una prigione italiana la sua dichiarazione di affiliazione all'Isis è
stata resa nota solo dopo l'effettiva esecuzione dell'attentato. Ciò potrebbe far presumere che il
legame con fra l'attentatore e l'organizzazione terrorista mediorientale sia blando, quasi a livello di
franchising.
Ciò che invece risulta evidente è il legame “tecnico” fra le modalità dell'attentato di Berlino e quelle
dell'attacco di Cannes del 14 Luglio 2016. E' molto probabile che Anis Amri, il presunto attentatore
in Germania, si sia ispirato all'azione di Mohamed Lahouaiej-Bouhlel, tunisino naturalizzato
francese, che pare si fosse radicalizzato pochi giorni prima dell'esecuzione del sanguinoso attentato.
In entrambi i casi risulta evidente come gli attentatori non siano dei miliziani dell'Isis inviati dal
Medio Oriente all'Europa con lo scopo di organizzare degli attentati precisi, quanto piuttosto delle
“anime perdute”: persone con una vita sociale e lavorativa compromessa, spesso inframezzata da
azioni criminali di piccola entità (furti, violenze private). Persone quindi senza uno scopo di vita
chiaro (nel caso dell'attentatore di Nizza si potrebbe ipotizzare anche la presenza di disturbi
mentali) e per questa ragione facilmente sensibili al messaggio escatologico dell'Isis. E' una
caratteristica precipua di molte organizzazioni terroristiche quella di cooptare persone ai margini
della società, facilmente influenzabili e disposte a riscattare un'esistenza fallimentare con un
attentato quasi sicuramente con esiti suicidi.
Al di là del cosiddetto franchising (ossia degli attentati compiuti da singoli individui indipendenti
dall'Isis ma disposti ad appoggiarlo nelle loro dichiarazioni) il gruppo siriano vanta delle vere e
proprie alleanze con molti gruppi terroristici mediorientali, africani ed asiatici. In alcuni casi questi
gruppi possono agire come “proxies” (emissari) dell'Isis, ossia possono ricevere dall'Isis
addestramento e mezzi (armi ed esplosivi, informazioni, logistica); molto più spesso però si tratta di
gruppi terroritici autonomi, con degli obiettivi locali separati da quelli dell'organizzazione siriana.
Ciò che unisce questi gruppi così differenti per lingua, cultura e zone operative sono alcune
caratteristiche precise: l'estremismo (ossia la volontà di raggiungere i propri obiettivi con azioni
violente e brutali anche verso la popolazione civile), il massimalismo (l'assenza di qualsiasi
prudenza nel raggiungimento dei loro scopi, la volontà di ottenere “tutto e subito”, senza una
strategia di lungo periodo), il fondamentalismo (il rifarsi a precetti religiosi incontestabili e
irrinunciabili, anche se in realtà quasi sempre estranei alla religione islamica).
Le organizzazioni terroristiche che hanno formato un'alleanza con l'Isis sono numerose: il TRAC
(Terrorism Research and Analysis Consortium) ne conta ben 60, distribuite in 30 Stati. Si tratta
nella stragrande maggioranza di organizzazioni che si autodefiniscono di ispirazione islamica, ma
va sempre sottolineato come tale “ispirazione” sia in realtà corrotta, in quanto nessun Ulema e
nessun esperto di diritto islamico ha mai appoggiato queste organizzazioni né mai ha considerato
valide le loro motivazioni pseudoreligiose
Le più importanti fra queste organizzazioni sono:
Boko Haram: organizzazione estremista con base in Nigeria, tristemente nota per gli attacchi ai
civili e per i rapimenti, soprattutto di ragazze adolescenti costrette con la forza a sposare i loro
rapitori.
Ansar al-Sharia: organizzazione estremista tunisina
Islamic Movement of Uzbekistan: movimento estremista con base in Asia, nella repubblica uzbeka
Jundallah: movimento estremista pakistano
Emirati del Caucaso: insieme di gruppi estremisti che operano nell'area della Cecenia
Ansar Khalifah Philippines: movimento estremista che opera nello Stato delle Filippine (un paese a
maggioranza cristiana cattolica)
Oltre a queste organizzazioni estremiste, alcuni analisti ipotizzano che l'Isis potrebbe essere stato
assistito finanziariamente da alcune “monarchie del petrolio” arabe, quali l'Arabia Saudita e il
Qatar; al momento però non esisterebbero delle prove certe del coinvolgimento di questi Stati.
L'ex vicepresidente americano Joe Biden ha invece accusato un altro Stato, la Turchia, di mantenere
dei rapporti di collaborazione con l'Isis, con lo scopo di combattere un comune nemico: i Kurdi, un
popolo che ha una forte presenza in Turchia ed in Siria e che da secoli lotta per creare un proprio
Stato indipendente nella regione. Tale accusa è sostenuta anche da numerosi siriani Kurdi e da
alcuni esperti di politica internazionale. Anche in questo caso però mancherebbero delle prove certe.
La Russia ha a sua volta accusato la Turchia di comprare il petrolio dell'Isis, contribuendo così ad
arricchire l'organizzazione terroristica. Il Presidente russo Putin ha dichiarato di possedere chiare
prove di tale contrabbando, ma le autorità turche hanno sempre negato ogni addebito. Al di là delle
presunte complicità del governo turco, è cosa quasi certa che contrabbandieri operanti nell'area del
Sud Est della Turchia acquistino petrolio dell'Isis in cambio di forti somme di denaro, contribuendo
ad irrobustire le già ricche finanze dell'organizzazione.
Nonostante l'Isis vanti numerose alleanze con organizzazioni estremiste in vari continenti, appare
evidente come tali dichiarazioni di alleanza siano quasi sempre strumentali: i legami fra gli
estremisti filippini e quelli siriani sono flebili e l'unica cosa che li unisce è il profondo odio sia
verso l'Occidente sia verso qualsiasi interpretazione dell'Islam diversa dalla propria. Anche nelle sue
prospettive più rosee l'Isis non ha mai immaginato di estendere il suo dominio territoriale fino alle
isole delle Filippine o al Caucaso, perciò questa dichiarazione di alleanza va interpretata come
puramente simbolica. Ciò però non esclude che elementi dell'Isis possano collaborare con miliziani
di altri gruppi per realizzare dei singoli attentati terroristici in varie parti del mondo. Tali attentati
non sarebbero però finalizzati a delle conquiste territoriali, bensì semplicemente a terrorizzare gli
abitanti di quegli Stati ed a mettere in crisi i loro governi.
Sostegno popolare
Come già affermato in precedenza, l'Isis godrebbe di un certo sostegno popolare nelle zone
controllate. Sebbene il livello e la genuinità di questo sostegno non possa certo essere certificata né
quantificata con esattezza, risulta abbastanza certo che parte della popolazione irakena e soprattutto
siriana appoggi la presenza dell'Isis in quanto portatrice di “ordine” e “legge” in una regione
devastata non solo dalla guerra civile ma anche dalla presenza di una criminalità incontrollata. Nelle
zone amministrate dall'Isis non esistono rapinatori o ladri, perché i terroristi fungono anche da forza
di polizia: arrestano, giudicano sommariamente e puniscono violentemente tutti coloro che turbano
“l'ordine precostituito”, ossia il cosiddetto “Stato islamico”.
Grazie ai proventi del petrolio e di una tassazione rudimentale ma efficace, l'Isis può offrire dei
servizi di base in campo medico e sociale (ad esempio costruendo delle mense per i poveri), servizi
che sono invece quasi assenti nelle zone non controllate dall'organizzazione. Una situazione simile è
già stata osservata in altre regioni in passato, ad esempio nell'Afghanistan governato dai talebani.
L'altra faccia della medaglia dello “Stato dell'Isis” è ovviamente la quasi totale assenza di diritti per
le donne (all'incirca come nell'Afghanistan dei Talebani), l'applicazione di leggi sommarie e
violentissime, la chiusura verso qualsiasi tipo di educazione di stampo occidentale e verso i mass
media americani od europei, le stragi e la riduzione in schiavitù di minoranze etnico-religiose, quali
cristiani, yazidi, musulmani sciiti. Inoltre qualsiasi tipo di protesta viene rapidamente stroncata con
violenza inaudita. Nei territori controllati dall'Isis non è possibile ribellarsi: i gruppi che osano
provarci (come la tribu di Abu Nimr nella provincia irakena di Anbar) vengono puniti duramente:
nel 2014 l'Isis uccise oltre 150 esponenti della tribù di Abu Nimr che avevano osato protestare
contro il suo governo dittatoriale.
Denaro
Le informazioni più recenti ed accurate sulle finanze dell'Isis sono state elaborate nel 2015 da uno
studio della Financial Action Task Force5
, un'organizzazione intergovernativa del G7 che combatte
il riciclaggio di denaro. Attualmente l'Isis si sosterrebbe economicamente tramite queste risorse
(inserite in ordine di grandezza):
1) Risorse ricavate dai territori conquistati (in ordine di importanza: petrolio, banche,
tasse, estorsioni)
2) Rapimenti per ottenere un riscatto in denaro
3) Donazioni da paesi dell'area mediorientale
4) Materiali e mezzi donati da combattenti stranieri
5) Denaro ricevuto tramite azioni di “fundraising” (raccolte di fondi), soprattutto via
internet.
6) (non presente nella lista del Financial Action Task Force) vendita di reperti
archeologici
Di tutte le risorse dell'Isis la più conosciuta è sicuramente quella petrolifera.
Secondo il Dipartimento del Tesoro americano l'Isis avrebbe guadagnato fino al 2015 circa 1
milione di dollari al giorno dall'esportazione del petrolio. Secondo altri analisti questa cifra
potrebbe addirittura raggiungere i 3 milioni di dollari al giorno. A mano a mano che l'Isis ha
espanso il su territorio, ha aumentato esponenzialmente le sue risorse in quanto molte delle aree
irakene e siriane conquistate nel 2014 e 2015 sono particolarmente ricche di greggio. Si presume
che l''organizzazione abbia posseduto circa 300 pozzi di petrolio, per una produzione di circa 50-
60.000 barili al giorno. La situazione attuale è quasi sicuramente meno rosea per l'organizzazione,
ma è molto probabile che il capitale accumulato non sia stato disperso e venga utilizzato ancora
5 Lo studio è disponibile nel sito dell'organizzazione:
http://www.fatf-gafi.org/media/fatf/documents/reports/Financing-of-the-terrorist-organisation-ISIL.pdf
oggi per acquistare armi e munizioni. Nei tempi migliori l'Isis riusciva comunque ad amministrare
un introito mensile di circa 30 milioni di dollari, ma in che modo poteva essere speso per perseguire
i propri scopi?
Quante armi si possono comprare con 30 milioni di dollari?
Al di là del valore del denaro in se stesso, la sua massima importanza in una guerra civile è la
convertibilità in armamenti. Sebbene l'Isis utilizzi i petroldollari per molti scopi diversi, la spesa
principe dell'organizzazione è sicuramente l'acquisto di materiale bellico.
Per capire quante armi si possono comprare con 30 milioni di dollari, dobbiamo innanzitutto
conoscere il costo delle armi in Medio Oriente.
Per quanto riguarda il costo dei fucili d'assalto, l'arma in assoluto più utilizzata dai combattenti
dell'Isis, il costo indicativo può essere ricavato da uno studio del 2007 di Philip Killicoat, esperto
del Dipartimento di Economia dell'Università di Oxford.
Nella sua agile opera (“Weaponomics: The global market for assault rifles”6
) Kilicoat ha
quantificato il costo del fucile d'assalto più diffuso al mondo: il Kalashnikov.
Si tratta ovviamente di prezzi indicativi, e riguardanti diversi modelli di Kalashnikov (ne esistono
almeno un paio di dozzine differenti), tuttavia è un dato interessante, soprattutto se comparato ai
prezzi del fucile in altre regioni del mondo.
Costo medio di un fucile d'assalto Kalashnikov (AK-47, AK-74, AK-101 e successivi modelli)
(i prezzi sono in dollari americani, prezzi del 2007)
Europa Occidentale: 990 USD
Asia: 631 USD
Europa Orientale e Stati ex Sovietici: 574 USD
Americhe: 442 USD
Africa e Medio Oriente: 267 USD
Balza subito all'occhio come il costo di quest'arma sia particolarmente basso in due delle aree più
conflittuali del mondo: l'Africa ed il Medio Oriente. L'analisi di Kilicoat dimostra inoltre come
all'interno di una stessa regione il costo del fucile d'assalto sia più basso negli Stati dilaniati da una
guerra civile (che vengono letteralmente inondati di armi a basso costo).
Altri analisi parlano di un prezzo superiore, intorno ai 600 USD.
Per quanto riguarda il costo delle munizioni, si stima che un proiettile di tale arma (probabilmente
di diametro 7,62 mm) costi circa 30 centesimi di dollaro.
Possiamo quindi concludere che con 30 milioni di dollari (entrata media dell'Isis per la sola vendita
del petrolio) è possibile acquistare circa 60-70.000 kalashnikov, con 300 colpi ciascuno.
Risulta evidente che gli introiti dell'organizzazione permettano un acquisto teorico di tutte le armi
leggere necessarie per le sue milizie.
Per quanto concerne gli armamenti pesanti, il costo di acquisto di un carro armato americano M1
Abrams è di circa 4,3 milioni di dollari. Si tratta del prezzo di acquisto di un mezzo nuovo da parte
dell'esercito statunitense. Anche ipotizzando un prezzo in eccesso sul mercato nero pari al triplo del
prezzo normale, il carro armato costerebbe circa 12 milioni di dollari. Tali mezzi potrebbero essere
6 Disponibile nel sito della Banca Mondiale: http://www-
wds.worldbank.org/external/default/WDSContentServer/WDSP/IB/2007/04/13/000016406_20070413145045/Rend
ered/PDF/wps4202.pdf
stati acquistati dall'Isis corrompendo ufficiali dell'esercito irakeno in ritirata. I mezzi sarebbero stati
ufficialmente “persi in battaglia”, ma in realtà potrebbero essere stati venduti illegalmente all'Isis
per la cifra indicata.
Considerando di nuovo un introito medio di 30 milioni di dollari al mese, l'Isis potrebbe acquistare
ogni mese circa 2 mezzi, per un totale di oltre 20 carri armati l'anno.
Ovviamente un carro armato così moderno necessita di un equipaggio addestrato, capace di
sfruttarne al meglio le sue capacità. Ma non solo, per ottenere il massimo risultato bellico i carri
armati devono essere utilizzati in gruppo e coordinati da un ufficiale esperto.
Risulta alquanto improbabile che i miliziani dell'Isis possano utilizzare efficacemente i carri
Sherman contro delle truppe americane sul terreno, ma considerato che in questo momento non
esistono truppe americane di terra schierate in Irak, l'organizzazione potrebbe utilizzare uno o due
tank come efficace copertura per le truppe a terra durante la conquista di città e villaggi.
La difficoltà maggiore per l'Isis non consta quindi nell'ottenere il denaro necessario per comprare
armamenti efficaci bensì nell'ottenere gli armamenti stessi: non è difficile acquistare al mercato nero
qualche centinaia di Kalashnikov, cosa più difficile è ottenerne qualche migliaio con le relative
munizioni. Carri armati e mezzi blindati sono ancora più difficili da comprare a causa delle loro
enormi dimensioni: tali mezzi non possono certo essere smontati e nascosti su auto o camion ma
vanno spostati tutti interi; è quasi impossibile superare un controllo frontaliero o all'interno della
Siria e dell'Irak. Si può quindi ritenere che l'Isis presti maggiore cura a mantenere i propri carri e i
propri blindati che i fucili d'assalto e le truppe: fucili e truppe possono rapidamente essere sostituiti,
carri e blindati no.
Le forze in campo
In Irak
Esercito irakeno
la più poderosa forza militare attualmente presente in Irak è ovviamente l'esercito irakeno, forte di
circa 800.000 uomini e oltre 2 milioni di riservisti,
armato con equipaggiamento (carri blindati, carri armati, aerei) del valore di circa 25 miliardi di
dollari americani, ovviamente forniti dagli Stati Uniti.
Per quale ragione un esercito così poderoso non è ancora riuscito a vincere il più debole e meno
equipaggiato esercito irregolare dell'Isis?
Secondo alcuni analisti il problema fondamentale è la mediocrità degli alti gradi dell'esercito e
l'enorme corruzione: in un intervista un colonnello irakeno ha affermato: "la corruzione è ovunque".
Il New York Times ha riportato che molte delle armi fornite nel 2015 all'esercito irakeno dagli Stato
Uniti sono finite nel lucroso mercato nero e sono infine arrivati nelle mani dei miliziani dell'Isis. Un
altro grande problema è l'infiltrazione dell'esercito da parte di soldati legati all'Isis, la cui presenza
ha vanificato molte operazioni "segrete" contro l'organizzazione estremista.
Esiste inoltre un problema dato da una sorta di "solidarietà fra irakeni": molti miliziani dell'Isis sono
infatti della stessa nazionalità dei soldati irakeni. E' ipotizzabile che molti soldati soffrano all'idea di
essere addestrati da ufficiali americani per combattere i propri "fratelli" irakeni.
Compagnie della pace
Il nome non deve trarre in inganno: si tratta del nuovo nome delle violente milizie guidate dal leader
sciita Muktada Al Sadr, il cui vecchio nome era “Armata del Mahdi”. Avrebbero dalle 10.000 alle
40.000 unità ed agiscono soprattutto nel Sud dell'Irak, in funzione anti Isis.
Organizzazione Badr
Altra organizzazione sciita che opera nel Sud dell'Irak. Anch'essa sarebbe formata da un numero
variabile dalle 10.000 alle 40.000 unità, pare ben equipaggiate.
Isis
Non è chiaro quanti miliziani dell'Isis siano presenti in Irak e quanti in Siria. Bisogna ricordare che
le truppe dell'Isis possono comunque spostarsi liberamente da uno Stato all'altro a seconda del
bisogno, privilegio questo condiviso forse solo con le truppe Kurde.
Si presume che in Irak siano presenti almeno 10.000 uomini armati dell'Isis, ma il numero potrebbe
verosimilmente raggiungere anche il doppio nei momento di crisi
In Siria
Dalla parte del Presidente Bashar al-Assad
Forze armate siriane
fedeli al Presidente Assad, sono la forza preponderante nel paese.
Si tratta di oltre 300.000 soldati, con un buon equipaggiamento e una discreta preparazione militare.
Ovviamente queste truppe non attaccano mai direttamente l'Isis, in quanto l'Isis stesso preferisce
rivolgere le sue armi contro gli stessi nemici del governo siriano:
i ribelli "laici" ed i miliziani kurdi. Molte fonti sostengono che in seguito ai combattimenti ed a
molte defezioni le forze attuali di Assad ammontino a circa 150.000 unità.
Forza di Difesa Nazionale
Oltre alle forze armate regolari, il governo di Assad sarebbe difeso da una milizia chiamata Forza di
Difesa Nazionale, costituita da ben 100.000 uomini, stipendiati ed armati dal governo stesso.
Essendo una milizia irregolare, la Forza di Difesa Nazionale ha una capacità di azione molto più
ampia e variegata rispetto a quella dell'esercito siriano.
Questa milizia pare avere "mano libera" nei territori controllati e potrebbe incrementare i suoi
introiti grazie al mercato nero e alle estorsioni.
Particolare interessante: si tratterebbe di una milizia "laica" che attrae molti cristiani, drusi e alawiti
Shabiha
È una forza non ufficiale, formata soprattutto da milizie appartenenti alla minoranza alawita, la
stessa di al-Assad. Viene utilizzata dal governo soprattutto per reprimere le proteste popolari nei
quartieri antigovernativi.
La milizia era stata creata negli anni '80 proprio per stroncare sul nascere qualsiasi rivolta,
soprattutto nei momenti di crisi.
Milizie cristiane
Sono formate soprattutto dalle minoranze assire, siriache ed armene, che appoggiano Assad non per
la stima che hanno per la sua persona bensì perchè, come cristiani, temono una repressione da parte
dei rivoltosi musulmani. Il governo di al-Assad è infatti fortemente secolare, laico, anche perché la
stessa religione degli Assad, l'alawismo, è considerato come eretico dai musulmani sunniti più
oltranzisti.
Hezbollah
Si tratta di una potente milizia islamica sciita nata e sviluppata in Libano, appoggiata negli anni sia
dalla Siria sia dall'Iran.. L'Unione Europea e gli Stati Uniti inseriscono Hezbollah fra le
organizzazioni terroristiche per i numerosi attentati dinamitardi organizzati da quel movimento sia
in Libano sia in altri paesi del Medio Oriente.
Non esistono cifre ufficiali dell'entità delle truppe di Hezbollah in Siria; potrebbe trattarsi di alcune
migliaia di individui armati. Un numero comunque insufficiente per rappresentare un fattore
importante nello sviluppo del conflitto.
Iran
Il governo iraniano ha sempre negato la presenza di sue truppe da combattimento in Siria, ammette
però di aver fornito consiglieri militari ad Assad. Allo stesso tempo l'Iran ha fornito supporto
finanziario, tecnico e militare alle truppe governative siriane.
L'Iran è il più potente alleato della Siria nella regione. Anche senza schierare le proprie truppe in
Siria, il regime iraniano può influenzare indirettamente le politiche di Arabia Saudita, Turchia e
persino degli Stati Uniti. I negoziatori iraniani sanno muoversi con abilità nello scacchiere
mediorientale perciò sono fin'ora riusciti a trarre il massimo vantaggio dalla crisi siriana (ad
esempio aver ottenuto un accordo internazionale sulle proprie centrali atomiche).
Nel 2014, il Ministro delle Finanze siriano ha dichiarato che il suo paese ha ricevuto più di 15
miliardi di dollari da parte dell'Iran.
Russia
è l'alleato più potente in assoluto del Presidente al-Assad. La sua presenza nel Consiglio di
Sicurezza dell'Onu e il suo diritto di veto è servito a bloccare qualsiasi risoluzione dell'Onu contro il
regime di al-Assad. La Russia teme che la caduta di Assad potrebbe portare al potere in Siria un
governo filoamericano. Al tempo stesso la Russia potrebbe avere un interesse sincero nel fermare
gli attacchi dell'Isis, visto che Mosca ha già esperienze di rivolte violente guidate da gruppi
integralisti musulmani (vedasi il conflitto in Cecenia).
Va tuttavia sottolineato che da quando è intervenuta attivamente nel conflitto, la Russia pare avere
bombardato quasi sempre le forze musulmane moderate anti Assad e non avere mai bombardato
efficacemente le truppe dell'Isis. Dal canto suo l'Isis evita quasi sempre di attaccare le truppe del
Presidente Assad, preferendo rivolgere le sue forze contro le meno organizzate e meno forti milizie
musulmane moderate.
Contro il Presidente Bashar al-Assad
Opposizione siriana
è formata da numerosi gruppi, pare finanziati dall'Arabia Saudita con circa 700 milioni di dollari
l'anno. Ne fanno parte gruppi molto diversi fra loro: laici, musulmani moderati e gruppi estremisti
come il Fronte al-Nusra (affiliato ad al-Qaeda).
Coalizione Nazionale Siriana.
Formata da vari gruppi moderati uniti contro Assad, ha fra i suoi membri i rappresentanti di vari
gruppi religiosi e partiti (anche con esponenti femminili). Il suo obiettivo è di allontanare dal poter
al-Assad e creare una autentica democrazia. Il suo esercito è l'Armata libera siriana.
Armata libera siriana
È stata formata nel 2011 da un gruppo di ufficiali dell'esercito siriano fuoriusciti dall'esercito stesso.
Il numero di combattenti non è chiaro, si stima intorno alle 20.000 unità. Secondo alcuni analisiti
(fra cui l'esperto inglese Robert Fisk) la maggioranza di questi combattenti avrebbe in realtà lasciato
l'Armata libera siriana per unirsi ad altri gruppi anti Assad, fra cui le milizie kurde.
Consiglio Nazionale Siriano
Formato anch'esso nel 2011, è un'organizzazione politica legata all'Armata libera siriana.
Fronte Islamico
Auspica di essere riconosciuto dal Consiglio Nazionale Siriano come sua legittima forza armata.
Formato da circa 40.000 combattenti, sarebbe finanziato dall'Arabia Saudita.
Fazioni Salafiste
Si tratta di gruppi estremisti di orientamento ultrareligioso, Il loro numero oscilla fra le 5.000 e le
15.000 unità.
Fronte Al-Nusra
Gruppo legato ad al-Qaeda, responsabile di oltre 50 azioni di terrorismo suicida, soprattutto nelle
zone controllate da al-Assad. Gli Usa lo considerano un'organizzazione terrorista a tutti gli effetti.
Kurdi Siriani
I Kurdi rappresentano il 10% circa della popolazione siriana. Sono divisi in due gruppi:
il Comitato Nazionale per il Cambiamento Democratico (NCC) e un gruppo di fuoi usciti le Unità
di protezione del popolo (PYD). Il loro numero esatto è ignoto, probabilmente alcune decine di
migliaia di combattenti.
Isis
Questo gruppo, di cui abbiamo ampliamente parlato, avrebbe circa 7-10.000 combattenti in Siria,
molti dei quali di nazionalità non siriana.
Il governo siriano di Assad non avrebbe combattuto attivamente l'Isis fino al Giugno del 2014,
preferendo concentrare i suoi sforzi contro le forze moderate antigovernative. Lo stesso Isis
preferisce combattere le forze moderate anziché attaccare l'esercito governativo.
Coalizione Occidentale
Formata da Stati Uniti, Australia, Bahrein, Canada, Francia, Guiordania, Arabia Saudita, Emirati
Arabi, Regno Unito. Conduce soprattutto missioni di bombardamento contro l'Isis, anche se la
Turchia è stata accusata di bombardare le forze Kurde antigovernative.
La percezione dell'Isis da parte delle forze in campo
Per comprendere esattamente le modalità di azione dell'Isis ed il suo potere effettivo sulla regione
siro-irakena bisogna conoscere non solo il territorio geografico in cui essa opera, ma anche il
territorio diplomatico-strategico.
Come è percepita l'Isis dalle forze in campo? Usa, Russia, Turchia, Arabia Saudita, Iran... cosa
pensano dell'Isis e come credono sia meglio affrontarla?
Ma soprattutto: queste forze vogliono davvero che l'Isis venga sconfitta?
Analizzeremo i punti di vista di ognuno di questi Stati in una rapida panoramica geostrategica.
Ovviamente le motivazioni che guidano le politiche americane, russe e degli altri Stati in campo
sono molto più complesse e possono mutare radicamente nel corso del tempo.
Tuttavia nel 2015 le posizioni erano all'incirca le seguenti:
Stati Uniti:
decisamente contrari alla presenza dell'Isis nella regione irakena. L'Isis è composto in gran parte da
uomini dell'esercito di Saddam: si tratta di decine di migliaia di individui profondamente anti
americani, impossibili da controllare in alcun modo. Imperativo massimo per gli Usa in Irak è di
pacificare il paese ed utilizzarlo come contraltare alla crescente potenza Iraniana. Un Irak in guerra
o diviso non conviene agli Usa.
Per quanto concerne la Siria, gli Usa sono stati accusati di aver in passato armato o assistito l'Isis in
funzione anti-Assad. Sebbene non esistano al momento prove a riguardo, l'ipotesi non è del tutto
assurda in quanto esisterebbe un precedente storico: l'appoggio dato ai Talebani afghani durante la
loro lotta contro l'invasore sovietico negli anni '80. In quegli anni gli Usa donarono ai Talebani
dozzine di missili antiaerei Stinger per sostenerli nei loro combattimenti contro la poderosa Armata
Rossa. Negli anni 2.000 quelle stesse armi furono usate dai Talebani contro l'esercito americano.
Russia:
se a parole la Russia ha dichiarato la sua opposizione all'Isis, la maggioranza dei suoi
bombardamenti in Siria non ha colpito le zone occupate dall'Isis stessa bensì quelle conquistate
dalle altre forze che combattono contro il Presidente siriano Assad. Appare evidente come la Russia
non abbia un interesse diretto nel combattere l'Isis in Siria, per il semplice fatto che il gruppo
terrorista preferisce attaccare le forze anti-Assad (più deboli) anziché Assad stesso (più forte
militarmente e sostenuto ora dall'esercito russo).
Inoltre la Russia ha tutto l'interesse affinché l'Isis rimanga il “problema numero uno” in Siria:
perché la presenza nel Paese del gruppo terrorista mette in secondo piano la figura di Assad e il suo
allontanamento dalla regione. Siccome Assad rappresenta al momento il “problema numero due”,
finché l'Isis combatterà in Siria, Assad potrà sempre presentarsi come un nemico dell'Isis e quindi
un alleato (anche se indiretto) dell'Occidente.
Arabia Saudita:
il gigante economico e religioso della regione (controlla i luoghi sacri di La Mecca e Medina) è
stato da molti indicato come un alleato nascosto dell'Isis. In effetti l'Arabia Saudita potrebbe
guadagnare molto da una continuata instabilità nell'area siriano-irakena: più sono instabili i paesi
situati ai suoi confini più l'Arabia Saudita viene percepita dagli americani come uno Stato stabile e
amico, l'unico Stato stabile della regione e quindi l'unico a cui fornire aiuti militari e diplomatici.
L'Arabia Saudita teme che il suo legame di favore con gli Usa possa essere messo in crisi dalla
presenza di nuovi partner appetibili per gli americani, quali una Siria ed un Irak pacificati e
democratici.
Al tempo spesso però l'Arabia Saudita teme l'Isis: sebbene la corrente dell'Islam Saudita sia quella
Wahabita, ossia praticamente identica alla propria, l'Isis critica il regime dei Saud non tanto dal
punto di vista religioso ma politico L'alleanza Saudita con gli Stati Uniti d'America è vista come
qualcosa di vergognoso, da interrompere il prima possibile.
Esiste poi una motivazione di immagine: come affermato da Toby Matthiesen, ricercatore
all'Università di Cambridge: “E' difficile non pensare a Medina e alla Mecca come il più grande
premio per i militanti islamici”. Se l'Isis riuscisse a conquistare i luoghi sacri della Mecca e Medina,
probabilmente la sua fama potrebbe aumentare esponenzialmente.
Per queste ragioni è ipotizzabile che l'Arabia Saudita abbia forse in passato sostenuto
economicamente l'Isis (e che alcuni ricchi finanziatori privati sauditi continuino a farlo), ma
l'organizzazione è adesso così incontrollabile che i Saud stessi preferirebbero cancellarla o
quantomeno indebolirla.
Siria (governo di Bashar al-Assad):
paradossalmente l'Isis è in questo momento il miglior alleato indiretto del presidente-dittatore
siriano Bashar a-Assad. Quando nel 2011 scoppiò una rivolta popolare contro Assad, molti analisti
pensarono che il giovane e non designato presidente (non avrebbe dovuto governare il paese, ma la
morte del fratello maggiore lo costrinse a prendere questo ruolo alla morte del padre) sarebbe stato
rapidamente deposto come era accaduto in quegli anni al presidente tunisino Ben Ali e a quello
libico Gheddafi. Fortunatamente per Assad, l'espansione dell'Isis in Siria gli ha permesso di
presentarsi al mondo come un pilastro della lotta contro il terrorismo e contro l'estremismo
islamico. Finché l'Isis sarà presente in forze in Siria e Irak, nessuno Stato (nemmeno gli Usa)
cercherà seriamente di deporre il presidente siriano. In questo momento storico una Siria senza
Assad potrebbe essere addirittura peggiore che una Siria con Assad. Inoltre, come abbiamo visto,
l'Isis evita in tutti i modi di provocare il potente “coinquilino siriano”, focalizzando i suoi attacchi
contro gli altri ribelli anziché contro l'esercito regolare.
In questo modo ottiene due vantaggi:
1) Elimina un po' alla volta tutti gli altri gruppi che concorrono per il potere in una
futura Siria senza Assad.
2) Evita di essere colpita con forza dai bombardamenti dell'esercito russo (la Russia è
da sempre un'alleata degli Assad e da qualche mese ha iniziato a bombardare i ribelli
antigovernativi)
Turchia:
la sua posizione nei confronti dell'Isis è ambivalente. La Turchia è uno degli Stati più laici della
regione mediorientale e la visione estremista dell'Islam dell'Isis è criticata dalla stragrande
maggioranza della popolazione turca e dei suoi governanti. Tuttavia l'Isis ha il “pregio” di
combattere contro i guerriglieri kurdi, gli stessi che sognano di creare uno grande stato kurdo posto
fra la Siria, l'Irak e la Turchia. Se i kurdi turchi, siriani e irakeni riuscissero a vincere con le proprie
forze l'Isis, potrebbero chiedere in cambio il riconoscimento di una zona di influenza in questi tre
Stati e, in un futuro non troppo remoto, addirittura una forte autonomia, ultimo passo prima della
dichiarazione di un vero e proprio Stato. La Turchia non vuole rischiare che parte del suo territorio
faccia la fine del Kurdistan irakeno: diventi cioè una regione autonoma kurda che si governa da sola
e che gode dei ricchi proventi del petrolio.
Al tempo spesso però il presidente turco Erdogan comprende bene come il suo Paese sia, agli occhi
dell'Isis, uno Stato da combattere a causa dei suoi rapporti con gli Stati Uniti d'America; e sa bene
che dopo l'Arabia Saudita il prossimo bersaglio dell'Isis potrebbe essere proprio la Turchia.
Iran:
l'Iran è una potenza regionale in forte crescita: l'accordo appena ottenuto sul nucleare ha liberato il
paese da pesanti sanzioni e la capitale Teheran è oggi piena di industriali europei ed americani
desiderosi di entrare in affari. L'Iran ha inoltre una forte influenza nel Sud dell'Irak, un'area abitata
in prevalenza da musulmani sciiti.
Sicuramente gli ayatollah iraniani detestano l'Isis, in quanto l'Isis stessa detesta loro e dichiara tutti i
musulmani sciiti “takfir” (apostati). Nella visione apocalittica dell'Isis, in questo mondo non c'è
spazio per i musulmani sciiti, che devono essere tutti convertiti al Sunnismo o uccisi.
L'Iran avrebbe quindi sia l'interesse sia la forza militare per appoggiare i fratelli sciiti irakeni del
Sud in un'avanzata contro l'Isis nel centro-settentrionale dell'Irak (la zona in cui l'organizzazione
estremista è più forte), tuttavia non lo farà, per due motivazioni fondamentali:
1) Motivazione politica (esterna): Forte opposizione da parte degli Stati Uniti e
dell'Arabia Saudita (i due principali avversari dell'Iran), che non auspicano assolutamente
che l'Iran guadagni terreno all'interno del territorio irakeno.
2) Motivazione strategica (interna): l'Iran ha tutto l'interesse affinché il problema
dell'Isis rimanga nelle mani di Stati Uniti e Irak, paesi avversari di Teheran. Un Irak debole
fa comodo all'Iran, così come fa comodo che i pozzi irakeni non possano essere utilizzati e
che il petrolio dell'Isis sia (almeno ufficialmente) al di fuori del mercato del greggio
internazionale.
Se l'Iran non si è impegnato contro l'Isis in Irak, si è però impegnato indirettamente in Siria,
sostenendo il regime di Bashar al-Assad tramite l'invio di consiglieri militari. La Siria è infatti un
parnter strategico importante per l'Iran e non va dimenticato che al-Assad è un Alawita, quindi un
musulmano sciita (lo l'Islam sciita è la religione ufficiale dell'Iran).
Perchè l'Isis non può vincere:
Ragioni militari:
Nella più generosa delle ipotesi, l'esercito irregolare dell'Isis arriverebbe a 200.000 unità, un quarto
quindi dell'esercito irakeno (che, con i riservisti, potrebbe arrivare addirittura a 2.800.000 unità).
Per quanto le forze armate irakene non abbiano fin'ora attaccato con forza l'Isis, nel caso
quest'ultimo si avvicinasse troppo alla capitale l'esercito potrebbe reagire con vigore. Se poi anche
le milizie sciite del Sud dell'Irak iniziassero una manovra militare “a tenaglia”, l'azione congiunta
dell'esercito irakeno, delle milizie sciite e della copertura aerea americana sarebbero sufficienti a
ridurre ai minimi termini la presenza dell'Isis in Irak.
Ragioni religioso-morali
Tutti i più importanti giureconsulti islamici del mondo intero, tutti Capi di Stato del Medio Oriente,
la Lega Araba... tutti costoro hanno condannato senza appello l'azione dell'Isis.
La dichiarazione di fondazione del Califfato è stata smentita da tutti gli esperti di Sharia, la legge
islamica. L'Isis è privo di autentico appoggio nelle comunità musulmane del mondo.
Se, per ipotesi l'Isis avesse 2 milioni di sostenitori nel mondo (una stima decisamente per eccesso),
avrebbe contro 1 miliardo e 498 milioni di musulmani, che non approvano i mezzi e i fini
dell'organizzazione, le violenze sui civili, la schiavitù, le uccisioni di persone inermi, le torture.
Ragioni geopolitiche
A parte alcune monarchie del Golfo, tutti gli altri Stati del mondo sono decisamente contrari all'Isis,
sia per ragioni etiche sia (soprattutto) perché l'azione dell'Isis va contro i loro interessi.
L'organizzazione non è stata fino ad oggi eliminata non per ragioni militari ma per motivi politico-
tattici: le potenze mondiali non sono d'accordo soprattutto sulla situazione “dopo Isis” e “dopo
Assad”. Quando Stati Uniti, Russia, Turchia, Iran ed Arabia Saudita troveranno una bozza d'accordo
sul futuro equilibrio nella regione, l'Isis verrà demolita un pezzo alla volta, probabilmente con
attacchi di media intensità ma continui, volti a “togliere il terreno da sotto i piedi”
all'organizzazione, fino a spingerla all'angolo nella città di Raqqa. Un successivo assedio della città
potrebbe mettere definitivamente fine al potere dell'Isis nella regione.
Il tempo necessario per questo processo si potrebbe stimare intorno ai 5 – 6 anni, dopodiché l'Isis
potrebbe essere completamente sconfitta.
Va tuttavia considerato che i miliziani dell'Isis potrebbero evitare uno scontro diretto (per loro
svantaggioso), preferendo andare “undercover”, ovvero tagliando le barbe e indossando abiti civili
per allontanarsi incolumi dalle zone di combattimento.
Piccola bibliografia
Sull'Islam e il mondo mediorientale
Il Corano,
traduzione di Alessandro Bausani, varie edizioni
(Alessandro Bausani è considerato il massimo arabista italiano di sempre.
La sua traduzione del Corano è particolarmente apprezzata)
La Sura di Maria
Yahya Pallavicini
Brescia, Morcelliana, 2014
I Francescani e la crociata
A. Cacciotti e M. Melli (a cura di),
Milano, Edizioni Biblioteca Francescana, 2014
Basta! Musulmani contro l'estremismo islamico
Autori vari
Milano, Mondadori, 2007
Cento miti sul Medio Oriente
Fred Halliday
Einaudi, 2005
Sulla crisi mediorientale
Isis. Lo stato del terrore. Chi sono e cosa vogliono le milizie islamiche che
minacciano il mondo
Napoleoni Loretta
Milano, Feltrinelli, 2014
Guerra all'Isis
Giannulli Aldo
Milano, Ponte alle Grazie, 2016
Isis, Il marketing dell'apocalisse
Ballardini Bruno
Milano, Baldini & Castoldi, 2015
Siti internet
ISW: Institute for the study of war
www.understandingwar.org
Chatham house
www.chathamhouse.org
International Institute for Strategic Studies
www.iiss.org
Global terrorism database
https://www.start.umd.edu/gtd/
Global Terrorism Index
http://economicsandpeace.org/wp-
content/uploads/2015/11/Global-Terrorism-Index-2015.pdf
Articoli su internet
(Sull'avanzata vittoriosa delle armate islamiche nel VII secolo, epoca dei
califfi ben guidati)
https://askanislamicist.wordpress.com/2014/07/14/why-was-the-islamic-
expansion-successful/
(sul trattamento dei prigionieri come previsto nel Corano)
http://www.journal.forces.gc.ca/vo8/no1/bertosa-eng.asp
(sul traffico d'armi in Francia e su come i terroristi riescano ad ottenerle
facilmente)
http://www.francetvinfo.fr/faits-divers/affaire/merah/larsenal-de-merah-
leve-un-coin-du-voile-sur-le-trafic-darmes-en-france_76857.html
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  • 1. IL MONDO ISLAMICO Isis Storia, risorse e sviluppo (Relatore: Dottor Davide Spada Pianezzola) Isis: un'organizzazione dai molti nomi JTJ, Tanzim, Isis, IS, Daesh, ISIL... dalla sua data di nascita (1999) fino ad oggi l'organizzazione terrorista ha cambiato più volte nome. Il fatto che essa venga denominata in modo diverso da vari giornali e telegiornali può portare ad una certa confusione. L'organizzazione è in realtà sempre la stessa, e la differenza nel nome indica esclusivamente un diverso momento della sua evoluzione. L'Isis è un'organizzazione estremista formata nella stragrande maggioranza da musulmani sunniti siriani e iracheni. Attualmente l'Isis controlla un grande territorio situato fra il Nord dell'Irak e il Sud della Siria. All'interno di questa regione vive una popolazione di circa 3,5 milioni di persone. La cifra esatta è sconosciuta e le stime delle varie fonti in materia divergono notevolmente: secondo alcuni il territorio controllato dall'Isis è abitato da 2,8 milioni di persone, secondo altri la cifra supera i 5 milioni di individui. Oltre a Irak e Siria, l'Isis ha ottenuto negli ultimi anni il controllo di alcune piccole regioni della Libia, della Nigeria (tramite gli alleati di Boko Haram) e dell'Afghanistan. Breve storia dell'Isis e delle sue denominazioni JTJ: L'organizzazione oggi conosciuta come Isis nasce in Giordania nel 1999 con il nome di JTJ Jamāʻat al-Tawḥīd wa-al-Jihād (‫والجهاد‬ ‫التوحيد‬ ‫جماعة‬‎), Organizzazione del Monoteismo e della Jihad. Il suo fondatore, Abu Musab al-Zarqawi, era un terrorista giordano che fondò il JTJ quando aveva solo 33 anni. Nato nel 1966, il giovane al-Zarqawi si era recato in Afghanistan alla fine degli anni '80 con l'obiettivo di lottare contro l'esercito dell'Unione Sovietica che aveva invaso l'Afghanistan nel 1980. Zarqawi arrivò però troppo tardi (nel 1988 le truppe sovietiche, esauste dopo aver sopportato anni di durissima guerriglia, avevano iniziato a ritirarsi dal paese). Al-Zarqawi ne approfittò per avviare un suo campo nelle vicinanze della città di Herat, nel Sud Ovest del paese (per inciso, Herat è l'area in cui opera oggi l'esercito italiano). Dopo alcuni mesi il terrorista giordano ritornò al suo paese d'origine, dove organizzò un gruppo terrorista minore (il Jund al Sham, “soldati dello Sham”, cioè della Siria). Arrestato nel 1992 per possesso di armi ed esplosivi, al-Zarqawi fu liberato in seguito ad un'amnistia generale . Dopo aver tentato di organizzare un attentato per il capodanno del millennio, al-Zarqawi fu costretto a fuggire in Afghanistan, dove avrebbe incontrato Osama Bin Laden ed ottenuto da quest'ultimo la cifra di 200.000 $ per organizzare un nuovo campo di addestramento sempre nella zona di Herat. L'ideologia di al-Zarqawi era però talmente estrema che secondo alcune fonti persino Osama Bin Laden se ne sarebbe distanziato. Il terrorista giordano infatti non odiava soltanto gli occidentali, americani ed israeliani in primis: per al-Zarqawi tutti i musulmani sciiti erano takfir (apostati) e per
  • 2. tale ragione avrebbero dovuto essere uccisi. Ottobre 2001: l'esercito americano invade l'Afghanistan. al-Zarqawi, ferito durante un combattimento, lascia il paese e viene curato prima in Iran e successivamente in Irak. Marzo 2003: l'esercito americano invade l'Irak. Al-Zarqawi organizza una fitta serie di attacchi terroristici. Ottobre 2004: Trasformazione del JTJ in Tanẓīm. Nonostante le differenze di vedute fra al-Zarqawi e Osama Bin Laden, il miliardario saudita inizia a guardare con interesse il giovane giordano quando questi rapisce e decapita l'ostaggio americano Nick Berg (Maggio 2006). Per quale ragione Bin Laden passò da un atteggiamento di scetticismo verso il terrorista giordano ad una così entusiasta accoglienza? Un plausibile motivo potrebbe essere stato la necessità, per al Qaeda, di sfruttare la complessa rete creata da al-Zarqawi col fine di insediarsi efficacemente in Irak, un territorio che Bin Laden non conosceva approfonditamente. Giugno del 2006: al-Zarqawi viene ucciso dall'aviazione americana nelle vicinanze di Baghdad, Pochi mesi dopo la morte il suo gruppo (Al Qaida in Irak) si fonde con altri gruppi insurrezionali, creando l'organizzazione nota come ISI (Islamic State of Iraq, ‫السإلماية‬ ‫العراق‬ ‫دولة‬‎Dawlat al-ʿIrāq al-ʾIslāmiyyah), i cui capi erano Abu Abdullah al-Rashid al-Baghdadi, detto anche Abu Omar al-Baghdadi (iraqeno, esistono pochissime notizie sul suo conto, si presume fosse un ex ufficiale nell'esercito di Saddam Hussein) e Abu Ayyub al-Masri (egiziano, ex aiutante di al-Zarqawi). L'ISI ereditò la forza militare del gruppo di al-Zarqawi, formata da circa 2.000 combattenti. I due capi dell'ISI furono uccisi nel 2010 in un operazione congiunta dell'esercito americano e irakeno nella città di Tikrit, 140 km. a nord est di Baghdad. Tikrit era la città di origine di Saddam, il cui nome completo era infatti Saddam Hussein'Abd al-Magid al-Tikriti. Il nuovo capo dell'organizzazione divenne Abu Bakr al-Baghdadi. Nato nel 1971 in Iraq, Abu Bakr al-Baghdadi è il fondatore e l'attuale leader dell'Isis. Aprile 2013: l'ISI espande le proprie operazioni in Siria e cambia il proprio nome in Isis (Islamic State of Iraq and al-Sham, detto anche Isil: Stato Islamico dell'Irak e del Levante, ad- Dawlah al-Islāmiyah fī 'l-ʿIrāq wa-sh- Shām, ‫الدولةالسإلمايةفيالعراقوالشام‬ ) o Islamic State of Iraq and Syria ( Stato Islamico dell'Irak e della Siria). Gli acronimi in inglese Isis e Isil rappresenterebbero quindi la medesima organizzazione. L'Isis è conosciuto anche con un altro termine: Daesh, la cui etimologia è decisamente più interessante. Daesh è l'acronimo di al-Dawlah al-Islamīyah fī al-ʻIrāq wa-al-Shām. (all'incirca “Stato islamico dell'Irak e del Levante”). Tuttavia la parola “Daesh” assomiglia molto ad un altra parola araba: Dahis (che indicherebbe la persona che porta discordia). Consci di questa pericolosa assonanza, i membri dell'Isis pare vietino l'uso del termine “Daesh” nei territori da loro controllati, pena la fustigazione o il taglio della lingua. Quando annunciò la nascita dell'Isis, al-Baghdadi affermò che l'organizzazione jihadista siriana nota come Jabhat al-Nusra (detta anche Al-Nusra Front) era stata un'estensione dell'ISI in Siria ed entrava ora ufficialmente nell'Isis. Il leader di Jabhat al-Nusra (Abu Mohammed al-Julani) si oppose a questa decisione ed ottenne l'appoggio di Ayman al-Zawahiri, leader di al Qaeda dopo la morte di Bin Laden. Al-Zawahiri rispose con durezza ed affermò che l'Isis doveva essere disciolta e al Baghdadi avrebbe dovuto limitare le sue attività all'Irak. Ma quest'ultimo rifiutò l'ultimatum, assorbendo nell'Isis circa l'80% delle forze di Jabhat al-Nusra. Questo atto portò ad una rottura fra al Qaeda e l'Isis: nel Febbraio del 2014 al Qaeda affermò
  • 3. ufficialmente di non avere più alcun rapporto con l'Isis. Giugno 2014: lSIS si rinomina IS (Islamic State) ( ‫السإلماية‬ ‫الدولة‬‎ ad-dawlah al-islāmiyah) e dichiara di essere un califfato mondiale. Tale dichiarazione provoca le forti proteste di numerosissimi leader musulmani del mondo intero. Per dare maggior peso alla propria dichiarazione, nell'estate del 2014 l'Isis aumenta notevolmente la sua azione militare. Sempre nel Giugno del 2014 un gruppo estremista delle Filippine fa circolare un video in cui dichiara il proprio sostegno all'Isis. In Agosto l'Isis conquista alcune città nel Nord dell'Irak, costringendo alla fuga migliaia di Yazidi, una minoranza religiosa disprezzata dagli integralisti, che dichiarano di volere eliminare fisicamente questi “takfir”. Gli Yazidi, rifugiatisi sulla cima di una montagna, esausti, privi di acqua e di cibo, furono salvati in extremis dall'intervento dell'esercito americano e dei rappresentanti di alcune ONG. In seguito a questo evento ed al pericoloso avanzare dell'Isis nel Nord dell'Irak nell'Agosto del 2014 gli Stati Uniti iniziano una campagna di bombardamenti aerei contro le basi del gruppo estremista. Autunno 2014: gli Stati Uniti organizzano tre conferenze finalizzare a creare una coalizione di Stati contro l'Isis. Gli Stati militarmente più importanti presenti a tutti e tre gli incontri sono gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Francia, la Germania, la Turchia. La terza conferenza (organizzata a Dicembre) crea un'alleanza di ben 59 nazioni, finalizzata a combattere l'Isis non solo militarmente ma soprattutto finanziariamente. L'intervento militare guidato dagli Stati Uniti riesce a controbattere l'espansione dell'Isis: nel giro di pochi mesi i bombardamenti dell'alleanza contro l'Isis e l'azione sul terreno dell'esercito irakeno e dei combattenti curdi riduce del 30% il territorio controllato dall'organizzazione estremista. La maggioranza dei bombardamenti (più di 200) è stata effettuata dall'esercito americano, ma ha partecipato anche l'aviazione militare della Francia, dell'Olanda, del Regno Unito e del Belgio. Ad essi sono seguiti Dicembre gli interventi di Australia, Danimarca, Canada e Marocco. Espansione dell'Isis nel 2015 Nel Febbraio del 2015 l'Isis ha aumentato massivamente la sua presenza in Libia. I contrattacchi dell'esercito regolare non sono riusciti a fermare l'avanzata del movimento, che si è espanso anche nell'area della Sirte, nel sud del paese, oltre a prendere il controllo dell'area intorno alla città di Bengazi e della zona ad Est della capitale libica, Tripoli. Nel Marzo del 2015 l'Isis si è espansa ulteriormente nel continente africano tramite l'uso di “proxies” (emissari), ossia di un'altra organizzazione già presente in loco e tristemente famosa per la sua attività violenza: Boko Haram. Il gruppo fondamentalista Boko Haram (il cui nome significa pressappoco “l'educazione occidentale è peccato” ha dichiarato nel Marzo 2015 di aver stipulato un'alleanza con l'Isis. In questo modo l'Isis ha potuto controllare (anche se indirettamente) dei territori all'interno della Nigeria, del Niger, del Ciad e del Camerun. Nello stesso mese il gruppo integralista chiamato Movimento Islamico dell'Uzbekistan ha formato un'alleanza con l'Isis, fornendo all'organizzazione un nuovo fronte su cui sviluppare la propria futura eventuale espansione.
  • 4. A fine Marzo 2015 un alto comandante dell'organizzazione estremista Anshar al-Sharia in Libia ha abbandonato il suo gruppo per unirsi all'Isis. Risulta evidente come il 2015 sia stato l'anno di massima espansione dell'organizzazione, che è riuscita, grazie all' aumento di prestigio nel mondo fondamentalista, a formare alleanze con i principali gruppi estremisti dell'area africana e con almeno un gruppo estremista della regione caucasica. All'aumento dell'influenza dell'Isis nella regione corrisponde un aumento degli attacchi dell'esercito irakeno ed americano contro l'organizzazione, di cui si è finalmente compresa tutta la pericolosità. La risposta indiretta dell'Isis a questa dichiarazione è stata una serie di attacchi terroristici in vari paesi. Si presume che alcuni (o forse tutti) questi attacchi siano stati eseguiti tramite “proxies”, emissari non necessariamente legati direttamente all'Isis, ma sicuramente ideologicamente vicini all'organizzazione. Novembre 2015: in seguito ad un aumento degli attacchi dell'esercito francese nei territori controllati dall'organizzazione, l'Isis ha rivendicato una serie di attacchi terroristici avvenuti nella città di Parigi. Anche qui è importante sottolineare che gli assalitori non erano cittadini mediorientali, pare fossero invece cittadini belgi e francesi, provenienti dalla città di Bruxelles. Chi è Abu Bakr al-Baghdadi, l'attuale capo dell'Isis È innanzitutto necessario comprendere che nelle organizzazioni terroristiche di grandi dimensioni l'ideologia conta molto più della figura che guida l'organizzazione stessa. Con l'eccezione di Osama Bin Laden, un capo particolarmente carismatico, la maggior parte dei leader terroristi sono figure intercambiabili e la loro eliminazione non porta necessariamente alla scomparsa dell'organizzazione: nella maggior parte dei casi la loro dipartita provoca solo una crisi (nel senso etimologico del termine) all'interno del gruppo terroristico. “Crisi” significa infatti “cambiamento” non necessariamente in senso negativo. La morte del terrorista giordano al-Zarqawi non distrusse la sua organizzazione, tutt'altro: ne provocò un cambiamento ed un aumento di dimensioni ed obiettivi. L'eliminazione di Abu Omar al-Baghdadi non mise in grave difficoltà l'Isi, che nel giro di pochi mesi si trovò un nuovo leader, ancora più ambizioso del precedente, e si evolse in nuovo gruppo: l'Isis. Bisogna ribadire questo concetto: nonostante sia utile conoscere approfonditamente la storia, il carattere ed il pensiero dei dirigenti delle organizzazioni terroristiche, dobbiamo capire che i dirigenti non sono l'organizzazione, bensì sono espressione dell'organizzazione: così come sono stati scelti possono essere deposti, e se perdono la vita vengono rapidamente sostituiti da altri capi, di solito ancora più radicali dei precedenti. Abu Bakr al-Baghdadi è il “nome de guerre” (nome di battaglia) di un uomo irakeno, il cui vero nome sarebbe Ibrahim Awwad Ibrahim Ali-al-Badri al-Samarra i. Al-Baghdadi sarebbe nato in Irak nel 1973 ed avrebbe studiato diritto, per poi specializzarsi in studi islamici con un dottorato di ricerca nell'Università di Scienze Islamiche di Baghdad. Secondo alcune fonti al-Baghdadi sarebbe stato addirittura un Imam ed avrebbe ricoperto questo ruolo all'inizio degli anni 2.000, durante l'invasione americana dell'Irak. Sarebbe stata proprio l'invasione statunitense a spingere l'imam nelle braccia di al-Zarqawi, all'epoca leader di al-Qaida in Irak. Particolare interessante, al-Baghdadi sarebbe stato arrestato nel 2004 e detenuto per alcuni mesi nel carcere militare irakeno di Camp Bucca, gestito dall'esercito americano. Ritenuto dalle autorità irakene un individuo non pericoloso, venne rilasciato nel Dicembre del 2004 (suscitando notevoli perplessità in alcuni militari americani che gestivano il campo). Al momento non esistono
  • 5. informazioni sulle attività di al-Baghdadi dal 2005 al 2010, ma si presume che si sia fatto largo all'interno della dirigenza di ciò che sarebbe diventata l'Isis e nel 2010, alla morte del vecchio leader (Abu Omar al-Baghdadi) il giovane Abu Bakr è divenuto il nuovo capo dell'organizzazione. Gli Stati Uniti d'America hanno posto sul terrorista una taglia di ben 10 milioni di dollari, inferiore solo a quella di 25 milioni di dollari destinata alla cattura di Ayman al-Zawahiri (leader di Al Qaeda dopo la morte di Bin Laden) . Il 29 Giugno 2014 al-Baghdadi viene proclamato dai suoi uomini Califfo dello Stato islamico dell'Irak e del Levante. È importante sottolineare come la proclamazione del Califfato islamico (e di al-Baghdadi come Califfo) sia stata dichiarata nulla dai principali dotti (ulema) del mondo islamico, fra cui l'ulema della moschea e università di al-Azhar al Cairo, quella di Qarawyyin di Fez (Marocco) e la moschea di Zaytuna di Tunisi. Anche il mufti egiziano al-Qaradawi ha dichiarato nulla la proclamazione di al-Baghdadi, oltre a considerarla pericolosa per la comunità musulmana sciita. Principi ed escatologia dell'Isis L'Isis basa la sua strategia politico-militare sulla figura storica del “califfato islamico”, in realtà mai esistito nei tempi e nei modi descritti dall'organizzazione. Nell'idea dell'Isis il califfato sarebbe retto da un comandante che è al tempo stesso leader militare, politico e soprattutto religioso. Nella pluricentenaria storia dell'Islam tale “figura unica” è esistita per non più di 30 anni su 1.400. Solo Maometto e i suoi primi 4 successori ebbero infatti contemporaneamente il potere politico e quello religioso. Successivamente allo scisma fra sunniti e sciiti la comunità islamica si divise anche per quanto concerneva la figura del massimo leader, che diventò un politico “puro”, spesso affiancato da una figura religiosa. Si trattava, e si tratta tuttora, di due figure ben distinte. Un altro “mito” propagandato dall'Isis è la restaurazione del califfato alla sua presunta “masima estensione”, ossia nell'enorme territorio che va dalla Persia alla Spagna. Storicamente non è mai comparso un califfato che abbia posseduto contemporaneamente tali territori: il califfato omayyade che si stabilì in Spagna (con capitale Cordoba) nell'VIII secolo era infatti in lotta aperta col califfato abbaside presente in Irak (con capitale Baghdad) L'Isis si rifà quindi a un “califfato perfetto” immaginario, che nella realtà non è mai esistito. La stessa figura del Califfo come khalifat rasul Allah, successore del profeta di Allah, non è prevista nel Corano né compare negli hadith (i detti) di Maometto. Al tempo stesso l'Isis sembra ignorare che il vero sviluppo dell'Islam non è stato verso Occidente, verso la “Cristianità”, bensì verso Oriente: in questo momento la maggioranza dei musulmani del mondo (il 62% di essi) non vive nei paesi mediorientali ma in Asia (oltre 1 miliardo di fedeli musulmani) . Lo Stato musulmano più popolato al mondo è l'Indonesia (200 milioni di cittadini musulmani), il secondo è il Pakistan (178 milioni di cittadini musulmani), il terzo è il Bangladesh (145 milioni di musulmani). L'India, Stato di religione induista, ha una “minoranza” musulmana di ben 177 milioni di persone. In nessuna mappa del Califfato islamico sono presenti questi quattro stati, i cui abitanti sommati insieme ammontano a circa 700 milioni di abitanti, quasi la metà dei musulmani del mondo (che sono un miliardo e 600 milioni1 ). Che senso avrebbe un Califfato islamico mondiale che non vuole includere ben 700 milioni di musulmani? Risulta evidente che le pretese territoriali dell'Isis non hanno quindi una base religiosa quanto 1 Tutti i dati sulla popolazione musulmana nel mondo risalgono al 2010 e provengono dal sito del Pew Research Center: http://www.pewforum.org/2011/01/27/table-muslim-population-by-country/
  • 6. piuttosto storica. L'Isis afferma di pensare in termini universali ma in realtà ragiona in mediocri termini regionali: non riesce ad andare al di là del Golfo Persico e del Mediterraneo. Escatologia dell'Isis Il termine “escatologia” significa “discorso sulle cose ultime del mondo”. Tutta la retorica dell'Isis è incentrata proprio sull'escatologia e sull'apocalittica (la parola apocalisse significa “rivelazione”). Probabilmente consapevole di non possedere la forza militare e politica per riunire il mondo musulmano sotto di sé, l'Isis ricorre appunto ad un'apocalisse, una rivelazione: l'arrivo del Madhi2 sarebbe vicino e insieme ad esso il trionfo dell'Islam sull'armata di “Roma” (ossia del cristianesimo). È interessante notare che nemmeno Bin Laden aveva mai usato in modo così intenso l'escatologia del Mahdi, limitandosi a criticare la corruzione dei regimi mediorientali ed il loro asservimento alle potenze occidentali, in primis agli Stati Uniti. Va inoltre sottolineato come nessun autorevole religioso islamico del mondo intero abbia mai confermato la dichiarazione dell'Isis riguardo un prossimo arrivo del Mahdi. È evidente come tale dichiarazione sia funzionale a minimizzare eventuali sconfitte sul campo subite dall'organizzazione e a tenerne serrati i ranghi anche nei momenti di maggior difficoltà. Il potere dell'Isis: armi, terrorismo, sostegno popolare, denaro Per quale ragione l'Isis è diventato il gruppo estremista più potente del mondo? Come ha potuto un' organizzazione inizialmente priva di grandi mezzi e di un vero esercito crescere indisturbata fino a riuscire ad occupare parte dell'Irak e della Siria? Ed infine: per quale motivo l'Isis è così difficile da sconfiggere? Il potere dell'organizzazione si basa su quattro fattori: 1) Forza militare: l'Isis vanta un esercito di migliaia di individui pronti a tutto, equipaggiato con un armamento moderno ed efficiente. 2) Terrorismo: grazie ad azioni dirette, all'uso di proxies e ad un vero e proprio franchising del terrore, l'Isis può colpire obiettivi civili e militari sia in Medio Oriente sia in Europa, sia negli Stati Uniti (anche se fin'ora c'è stato un solo evento violento in Usa che può essere collegato a questa organizzazione estremista3 ) 3) Sostegno popolare: l'Isis è riuscito a creare nei territori controllati un embrione di apparato statale che comprende (sebbene rudimentali) ospedali, scuole, polizia, tribunali, distribuzione di cibo e medicinali ai poveri. Piuttosto che vivere nel caos della guerra civile, molti irakeni e siriani hanno preferito (almeno all'inizio) condurre le loro esistenze in un territorio che assicurava sicurezza e pace. Insieme al sostegno popolare l'Isis ha conquistato il cuore degli estremisti di tutto il mondo: la sua retorica anti americana, il suo appellarsi (a parole) ai principi dell'Islam, la sua aurea di invincibilità hanno affascinato e ispirato migliaia di persone in tutti i continenti. 4) Denaro: grazie al possesso di numerosi pozzi di petrolio in Irak e alla capacità di vendere la produzione al mercato nero internazionale, l'Isis è diventato il più ricco gruppo estremista del mondo. Agli introiti del petrolio si aggiungono quelli ottenuti con i sequestri 2 Il Mahdi (“il guidato”) è una figura che dovrebbe regnare sull'Islam per alcuni anni prima del giorno del giudizio finale. Non esistono referenze al Mahdi nel Corano ma se ne parla in alcuni hadith di Maometto. Particolare interessante: insieme al Mahdi dovrebbe comparire anche Gesù (Isa ibn Maryam), che assisterà il Mahdi nella lotta contro il falso Messia: Masih ad-Dajjal (noto come “Anticristo” nella religione cristiana). 3 L'attacco di San Bernardino, California, nel Dicembre 2015 (14 persone uccise da una coppia di origine pakistana)
  • 7. di denaro nelle banche irakene del territorio conquistato e tramite l'estorsione e l'imposizione di tasse, che vengono raccolte da incaricati dell'Isis nella regione. Un'altra fonte di reddito è data dal traffico di droga (soprattutto eroina) e da presunte donazioni in denaro ricevute dall'Arabia Saudita, dal Qatar e dal Kuwait. Questi quattro fattori devono essere analizzati in profondità per capire i punti di forza dell'organizzazione ed il modo in cui questi punti di forza possono essere indeboliti ed infine cancellati. Forza militare: Un grande errore compiuto dagli Stati Uniti al momento di ritirare le proprie truppe dall'Irak fu di chiedere al governo irakeno il licenziamento di tutte le truppe dell'esercito di Saddam Hussein. Non avendo alcuna fiducia in questi soldati, gli americani preferirono liquidarli professionalmente senza fornire loro nemmeno una pensione. Gli ex soldati, che prima dell'invasione americana dell'Irak avevano nascosto armi e munizioni in varie aree del paese, costituirono la spina dorsale del futuro esercito dell'Isis. Non avendo più né un lavoro né una pensione né alcuna prospettiva lavorativa (chi avrebbe mai assunto gli ex soldati dell'odiato Saddam?) questi militari entrarono a migliaia nelle fila dell'organizzazione estremista. Oltre a donare (o forse vendere?) armi e munizioni, apportarono la loro esperienza come combattenti e soprattutto come addestratori per volontari ricchi di entusiasmo ma poveri di conoscenze belliche. Attualmente risulta impossibile conoscere il numero esatto dei combattenti dell'Isis, Le stime divergono moltissimo: si va dalle 200.000 unità (conteggio fornito dai combattenti kurdi, forse volutamente esagerato per ottenere maggiori aiuti dalle potenza occidentali), passando per le 100.000 unità dichiarate dall'Isis stesso, e terminando con i 20.000–30.000 combattenti ipotizzati dalla CIA nel Settembre 20144 . Alcune centinaia di essi avrebbero origine europea o americana. Migliaia di combattenti potrebbero provenire dagli Stati del Maghreb, del Medio Oriente e da alcune repubbliche ex sovietiche (soprattutto di religione islamica). Armamenti leggeri: l'Isis sarebbe in possesso di circa 30.000 fucili d'assalto russi Ak-47 (e delle successive versioni), appartenenti all'armamento di Saddam. Possiederebbe anche alcune centinaia di M16 americani, rubati o presi con la forza all'esercito irakeno attuale, generosamente armato dagli Stati Uniti. I combattenti avrebbero anche centinaia di fucili da cecchino, vari lancia granate ed un numero imprecisato di IED (Improvised Explosive Devices: Ordigni esplosivi improvvisati). Questi ultimi sono particolarmente pericolosi perché possono essere assemblati praticamente con qualsiasi materiale (bombole del gas, chiodi, fertilizzante...), sono economici e causano decine, se non centinaia, di vittime sia tra i militari che fra i civili. È un fatto noto che l'esercito americano teme più le IED che gli attacchi convenzionali portati dai miliziani dell'Isis: un attacco convenzionale può essere intercettato e bloccato con l'uso di una forza militare preponderante, ma nulla può fermare una bomba nascosta sul lato di una strada od in un vicolo di Baghdad. Armamenti pesanti: sebbene fin'ora non sia stato riscontrato un uso davvero efficace di questi strumenti da parte dell'Isis, il gruppo possiederebbe numerosi cannoni antiaerei, alcuni di produzione americana (catturati alle truppe irakene) altri di produzione russa (anch'essi eredità dell'esercito di Saddam). Veicoli militari: 4 Dichiarazione di Ryan Trapani, portavoce della C.I.A. http://www.bbc.com/news/world-middle-east-29169914
  • 8. si calcola che centinaia, se non migliaia, di jeep e furgonette civili sono state convertite in veicoli da combattimento improvvisati. È sufficiente installare sul retro del furgone una mitragliatrice antiaerea per ottenere un arma estremamente efficace in battaglia. Rapidi, economici, letali, se bene utilizzati questi furgoni possono fare la differenza quando i miliziani attaccano un villaggio od un fortino isolato. L'Isis possederebbe anche dei moderni Humvee americani: delle jeep militari blindate particolarmente efficaci sul terreno desertico irakeno. Infine, particolare inquietante per gli esperti militari, gli estremisti potrebbero detenere nel loro arsenale anche dei mezzi militari pesanti e dei carri armati. Come è riuscita l'Isis a procurarsi questi mezzi? Si tratta di oggetti che non possono essere facilmente rubati, né è possibile attaccare una base militare che li possiede, in quanto essa sarebbe capace di usarli per difendersi efficacemente. Pare che questi mezzi siano stati ottenuti senza eccessiva difficoltà quando l'Isis effettuò un attacco massivo nell'Irak centrale. I soldati irakeni che si ritiravano avrebbero dovuto portare con sé i propri carri e, nel caso non fosse stato possibile spostarli, avrebbero dovuto distruggerli. Probabilmente ciò non è sempre avvenuto: i soldati in rotta si sono forse ritirati lasciando i loro mezzi inesplosi, oppure (altro particolare inquietante) li avrebbero venduti all'Isis in cambio di denaro e della salvezza della vita. Il gruppo estremista non sarebbe nuovo a questo tipo di “spesa in grande stile”: in passato avrebbe acquistato una trentina di Tank russi T55 da dei gruppi armati siriani, che a loro volta avrebbero sottratto i mezzi all'esercito regolare della Siria. Mezzi aerei: l'Isis potrebbe essere in possesso di uno o più MiG-21 sovietici (uno degli aerei più prodotti al mondo), anch'essi appartenuti all'esercito irakeno. Si tratta di mezzi non moderni e appare difficile che esistano dei piloti dell'Isis così bene addestrati da utilizzare efficacemente in battaglia questi mezzi. Servirebbero inoltre delle basi aeree da cui fare partire i velivoli, basi che però potrebbero essere facilmente individuate e distrutte dall'aviazione irakena o americana. Al momento quindi l'Isis non possiede una forza aerea degna di questo nome, motivo per cui non potrebbe vincere nessun confronto militare di grande entità. Nelle guerre attuali la copertura aerea è indispensabile per vincere gli scontri sul terreno; l'esercito che possiede la forza aerea superiore è quasi sempre l'esercito che vince i conflitti. Missili: l'Isis potrebbe essere in possesso di uno o più missili Scud (un missile tattico balistico, ossia di corto raggio), ma non esistono prove sicure. Armi chimiche: l'esercito siriano del Presidente Assad sarebbe in possesso di armi chimiche e si presume che l'Isis potrebbe essere riuscito ad ottenerne alcune. Secondo alcune fonti l'Isis avrebbe addirittura saccheggiato un deposito militare ad Al-Muthanna, in Irak, che avrebbe contenuto circa 2.500 missili con testata chimica facenti parte dell'arsenale dell'esercito di Saddam Hussein. (Saddam aveva usato tali armi contro i kurdi negli anni '80, vedasi il massacro di Halabja nel 1988: oltre 5.000 morti uccisi con gas Sarin, Tabun e gas mostarda). I miliziani kurdi hanno dichiarato che durante l'assedio della città di Kobane sono stati attaccati dall'Isis con il “chlorine gas” (un'arma chimica usata per la prima volta durante la prima guerra mondiale, che distrugge gli organi respiratori e provoca la morte per asfissia). Fortunatamente le armi chimiche sono molto delicate e si deteriorano facilmente, perciò l'Isis potrebbe non essere più in grado di utilizzare in battaglia i razzi ottenuti nel deposito di Al-Muthanna. Inoltre tali armi erano probabilmente già state rese inoffensive per evitare che cadessero nelle mani degli eserciti che invasero l'Irak nel 1992.
  • 9. Terrorismo L'attività terroristica dell'Isis si è sviluppata principalmente su 4 regioni: Medio Oriente, Africa, Europa e Nord America. Sono tuttavia avvenuti degli attacchi riconducibili (direttamente o indirettamente) all'Isis anche in Australia e ad inizio Gennaio 2016), in Indonesia. Quando si parla di terrorismo è necessario effettuare una netta distinzione fra le azioni organizzate e dirette dall'Isis e quegli attacchi terroristici che dall'Isis sono soltanto ispirati, ma non diretti. Da questo punto di vista, l'Isis è un franchising del terrorismo, esattamente come lo è stata in passato Al Qaeda, l'organizzazione di Osama Bin Laden. Per franchising si intende il mutuo accordo fra due parti, in cui l'organizzatore dell'attacco terroristico compie tale azione senza aver bisogno né del sostegno organizzativo ed economico dell'Isis né della sua approvazione preventiva. Il vantaggio è reciproco: l'attentatore ottiene maggiore rilevanza mediatica su tv e stampa se la sua azione possiede il “marchio” dell'Isis; al tempo stesso l'Isis guadagna dalle azioni terroristiche una enorme pubblicità a costo zero. Ma non solo: se gli attentati vengono effettuati da individui completamente svincolati dall'Isis, le forze antiterroristiche non possono in alcun modo intercettare i terroristi né fermare gli ordini provenienti dalla “casa madre”, per il semplice fatto che non esiste alcun legame fra la “casa madre” in Siria e il terrorista che opera a Parigi. In alcuni casi, come quello dell'attacco terroristico a Berlino nel Dicembre 2016, il responsabile si era probabilmente radicalizzato in una prigione italiana la sua dichiarazione di affiliazione all'Isis è stata resa nota solo dopo l'effettiva esecuzione dell'attentato. Ciò potrebbe far presumere che il legame con fra l'attentatore e l'organizzazione terrorista mediorientale sia blando, quasi a livello di franchising. Ciò che invece risulta evidente è il legame “tecnico” fra le modalità dell'attentato di Berlino e quelle dell'attacco di Cannes del 14 Luglio 2016. E' molto probabile che Anis Amri, il presunto attentatore in Germania, si sia ispirato all'azione di Mohamed Lahouaiej-Bouhlel, tunisino naturalizzato francese, che pare si fosse radicalizzato pochi giorni prima dell'esecuzione del sanguinoso attentato. In entrambi i casi risulta evidente come gli attentatori non siano dei miliziani dell'Isis inviati dal Medio Oriente all'Europa con lo scopo di organizzare degli attentati precisi, quanto piuttosto delle “anime perdute”: persone con una vita sociale e lavorativa compromessa, spesso inframezzata da azioni criminali di piccola entità (furti, violenze private). Persone quindi senza uno scopo di vita chiaro (nel caso dell'attentatore di Nizza si potrebbe ipotizzare anche la presenza di disturbi mentali) e per questa ragione facilmente sensibili al messaggio escatologico dell'Isis. E' una caratteristica precipua di molte organizzazioni terroristiche quella di cooptare persone ai margini della società, facilmente influenzabili e disposte a riscattare un'esistenza fallimentare con un attentato quasi sicuramente con esiti suicidi. Al di là del cosiddetto franchising (ossia degli attentati compiuti da singoli individui indipendenti dall'Isis ma disposti ad appoggiarlo nelle loro dichiarazioni) il gruppo siriano vanta delle vere e proprie alleanze con molti gruppi terroristici mediorientali, africani ed asiatici. In alcuni casi questi gruppi possono agire come “proxies” (emissari) dell'Isis, ossia possono ricevere dall'Isis addestramento e mezzi (armi ed esplosivi, informazioni, logistica); molto più spesso però si tratta di gruppi terroritici autonomi, con degli obiettivi locali separati da quelli dell'organizzazione siriana. Ciò che unisce questi gruppi così differenti per lingua, cultura e zone operative sono alcune caratteristiche precise: l'estremismo (ossia la volontà di raggiungere i propri obiettivi con azioni violente e brutali anche verso la popolazione civile), il massimalismo (l'assenza di qualsiasi prudenza nel raggiungimento dei loro scopi, la volontà di ottenere “tutto e subito”, senza una strategia di lungo periodo), il fondamentalismo (il rifarsi a precetti religiosi incontestabili e irrinunciabili, anche se in realtà quasi sempre estranei alla religione islamica).
  • 10. Le organizzazioni terroristiche che hanno formato un'alleanza con l'Isis sono numerose: il TRAC (Terrorism Research and Analysis Consortium) ne conta ben 60, distribuite in 30 Stati. Si tratta nella stragrande maggioranza di organizzazioni che si autodefiniscono di ispirazione islamica, ma va sempre sottolineato come tale “ispirazione” sia in realtà corrotta, in quanto nessun Ulema e nessun esperto di diritto islamico ha mai appoggiato queste organizzazioni né mai ha considerato valide le loro motivazioni pseudoreligiose Le più importanti fra queste organizzazioni sono: Boko Haram: organizzazione estremista con base in Nigeria, tristemente nota per gli attacchi ai civili e per i rapimenti, soprattutto di ragazze adolescenti costrette con la forza a sposare i loro rapitori. Ansar al-Sharia: organizzazione estremista tunisina Islamic Movement of Uzbekistan: movimento estremista con base in Asia, nella repubblica uzbeka Jundallah: movimento estremista pakistano Emirati del Caucaso: insieme di gruppi estremisti che operano nell'area della Cecenia Ansar Khalifah Philippines: movimento estremista che opera nello Stato delle Filippine (un paese a maggioranza cristiana cattolica) Oltre a queste organizzazioni estremiste, alcuni analisti ipotizzano che l'Isis potrebbe essere stato assistito finanziariamente da alcune “monarchie del petrolio” arabe, quali l'Arabia Saudita e il Qatar; al momento però non esisterebbero delle prove certe del coinvolgimento di questi Stati. L'ex vicepresidente americano Joe Biden ha invece accusato un altro Stato, la Turchia, di mantenere dei rapporti di collaborazione con l'Isis, con lo scopo di combattere un comune nemico: i Kurdi, un popolo che ha una forte presenza in Turchia ed in Siria e che da secoli lotta per creare un proprio Stato indipendente nella regione. Tale accusa è sostenuta anche da numerosi siriani Kurdi e da alcuni esperti di politica internazionale. Anche in questo caso però mancherebbero delle prove certe. La Russia ha a sua volta accusato la Turchia di comprare il petrolio dell'Isis, contribuendo così ad arricchire l'organizzazione terroristica. Il Presidente russo Putin ha dichiarato di possedere chiare prove di tale contrabbando, ma le autorità turche hanno sempre negato ogni addebito. Al di là delle presunte complicità del governo turco, è cosa quasi certa che contrabbandieri operanti nell'area del Sud Est della Turchia acquistino petrolio dell'Isis in cambio di forti somme di denaro, contribuendo ad irrobustire le già ricche finanze dell'organizzazione. Nonostante l'Isis vanti numerose alleanze con organizzazioni estremiste in vari continenti, appare evidente come tali dichiarazioni di alleanza siano quasi sempre strumentali: i legami fra gli estremisti filippini e quelli siriani sono flebili e l'unica cosa che li unisce è il profondo odio sia verso l'Occidente sia verso qualsiasi interpretazione dell'Islam diversa dalla propria. Anche nelle sue prospettive più rosee l'Isis non ha mai immaginato di estendere il suo dominio territoriale fino alle isole delle Filippine o al Caucaso, perciò questa dichiarazione di alleanza va interpretata come puramente simbolica. Ciò però non esclude che elementi dell'Isis possano collaborare con miliziani di altri gruppi per realizzare dei singoli attentati terroristici in varie parti del mondo. Tali attentati non sarebbero però finalizzati a delle conquiste territoriali, bensì semplicemente a terrorizzare gli abitanti di quegli Stati ed a mettere in crisi i loro governi. Sostegno popolare
  • 11. Come già affermato in precedenza, l'Isis godrebbe di un certo sostegno popolare nelle zone controllate. Sebbene il livello e la genuinità di questo sostegno non possa certo essere certificata né quantificata con esattezza, risulta abbastanza certo che parte della popolazione irakena e soprattutto siriana appoggi la presenza dell'Isis in quanto portatrice di “ordine” e “legge” in una regione devastata non solo dalla guerra civile ma anche dalla presenza di una criminalità incontrollata. Nelle zone amministrate dall'Isis non esistono rapinatori o ladri, perché i terroristi fungono anche da forza di polizia: arrestano, giudicano sommariamente e puniscono violentemente tutti coloro che turbano “l'ordine precostituito”, ossia il cosiddetto “Stato islamico”. Grazie ai proventi del petrolio e di una tassazione rudimentale ma efficace, l'Isis può offrire dei servizi di base in campo medico e sociale (ad esempio costruendo delle mense per i poveri), servizi che sono invece quasi assenti nelle zone non controllate dall'organizzazione. Una situazione simile è già stata osservata in altre regioni in passato, ad esempio nell'Afghanistan governato dai talebani. L'altra faccia della medaglia dello “Stato dell'Isis” è ovviamente la quasi totale assenza di diritti per le donne (all'incirca come nell'Afghanistan dei Talebani), l'applicazione di leggi sommarie e violentissime, la chiusura verso qualsiasi tipo di educazione di stampo occidentale e verso i mass media americani od europei, le stragi e la riduzione in schiavitù di minoranze etnico-religiose, quali cristiani, yazidi, musulmani sciiti. Inoltre qualsiasi tipo di protesta viene rapidamente stroncata con violenza inaudita. Nei territori controllati dall'Isis non è possibile ribellarsi: i gruppi che osano provarci (come la tribu di Abu Nimr nella provincia irakena di Anbar) vengono puniti duramente: nel 2014 l'Isis uccise oltre 150 esponenti della tribù di Abu Nimr che avevano osato protestare contro il suo governo dittatoriale. Denaro Le informazioni più recenti ed accurate sulle finanze dell'Isis sono state elaborate nel 2015 da uno studio della Financial Action Task Force5 , un'organizzazione intergovernativa del G7 che combatte il riciclaggio di denaro. Attualmente l'Isis si sosterrebbe economicamente tramite queste risorse (inserite in ordine di grandezza): 1) Risorse ricavate dai territori conquistati (in ordine di importanza: petrolio, banche, tasse, estorsioni) 2) Rapimenti per ottenere un riscatto in denaro 3) Donazioni da paesi dell'area mediorientale 4) Materiali e mezzi donati da combattenti stranieri 5) Denaro ricevuto tramite azioni di “fundraising” (raccolte di fondi), soprattutto via internet. 6) (non presente nella lista del Financial Action Task Force) vendita di reperti archeologici Di tutte le risorse dell'Isis la più conosciuta è sicuramente quella petrolifera. Secondo il Dipartimento del Tesoro americano l'Isis avrebbe guadagnato fino al 2015 circa 1 milione di dollari al giorno dall'esportazione del petrolio. Secondo altri analisti questa cifra potrebbe addirittura raggiungere i 3 milioni di dollari al giorno. A mano a mano che l'Isis ha espanso il su territorio, ha aumentato esponenzialmente le sue risorse in quanto molte delle aree irakene e siriane conquistate nel 2014 e 2015 sono particolarmente ricche di greggio. Si presume che l''organizzazione abbia posseduto circa 300 pozzi di petrolio, per una produzione di circa 50- 60.000 barili al giorno. La situazione attuale è quasi sicuramente meno rosea per l'organizzazione, ma è molto probabile che il capitale accumulato non sia stato disperso e venga utilizzato ancora 5 Lo studio è disponibile nel sito dell'organizzazione: http://www.fatf-gafi.org/media/fatf/documents/reports/Financing-of-the-terrorist-organisation-ISIL.pdf
  • 12. oggi per acquistare armi e munizioni. Nei tempi migliori l'Isis riusciva comunque ad amministrare un introito mensile di circa 30 milioni di dollari, ma in che modo poteva essere speso per perseguire i propri scopi? Quante armi si possono comprare con 30 milioni di dollari? Al di là del valore del denaro in se stesso, la sua massima importanza in una guerra civile è la convertibilità in armamenti. Sebbene l'Isis utilizzi i petroldollari per molti scopi diversi, la spesa principe dell'organizzazione è sicuramente l'acquisto di materiale bellico. Per capire quante armi si possono comprare con 30 milioni di dollari, dobbiamo innanzitutto conoscere il costo delle armi in Medio Oriente. Per quanto riguarda il costo dei fucili d'assalto, l'arma in assoluto più utilizzata dai combattenti dell'Isis, il costo indicativo può essere ricavato da uno studio del 2007 di Philip Killicoat, esperto del Dipartimento di Economia dell'Università di Oxford. Nella sua agile opera (“Weaponomics: The global market for assault rifles”6 ) Kilicoat ha quantificato il costo del fucile d'assalto più diffuso al mondo: il Kalashnikov. Si tratta ovviamente di prezzi indicativi, e riguardanti diversi modelli di Kalashnikov (ne esistono almeno un paio di dozzine differenti), tuttavia è un dato interessante, soprattutto se comparato ai prezzi del fucile in altre regioni del mondo. Costo medio di un fucile d'assalto Kalashnikov (AK-47, AK-74, AK-101 e successivi modelli) (i prezzi sono in dollari americani, prezzi del 2007) Europa Occidentale: 990 USD Asia: 631 USD Europa Orientale e Stati ex Sovietici: 574 USD Americhe: 442 USD Africa e Medio Oriente: 267 USD Balza subito all'occhio come il costo di quest'arma sia particolarmente basso in due delle aree più conflittuali del mondo: l'Africa ed il Medio Oriente. L'analisi di Kilicoat dimostra inoltre come all'interno di una stessa regione il costo del fucile d'assalto sia più basso negli Stati dilaniati da una guerra civile (che vengono letteralmente inondati di armi a basso costo). Altri analisi parlano di un prezzo superiore, intorno ai 600 USD. Per quanto riguarda il costo delle munizioni, si stima che un proiettile di tale arma (probabilmente di diametro 7,62 mm) costi circa 30 centesimi di dollaro. Possiamo quindi concludere che con 30 milioni di dollari (entrata media dell'Isis per la sola vendita del petrolio) è possibile acquistare circa 60-70.000 kalashnikov, con 300 colpi ciascuno. Risulta evidente che gli introiti dell'organizzazione permettano un acquisto teorico di tutte le armi leggere necessarie per le sue milizie. Per quanto concerne gli armamenti pesanti, il costo di acquisto di un carro armato americano M1 Abrams è di circa 4,3 milioni di dollari. Si tratta del prezzo di acquisto di un mezzo nuovo da parte dell'esercito statunitense. Anche ipotizzando un prezzo in eccesso sul mercato nero pari al triplo del prezzo normale, il carro armato costerebbe circa 12 milioni di dollari. Tali mezzi potrebbero essere 6 Disponibile nel sito della Banca Mondiale: http://www- wds.worldbank.org/external/default/WDSContentServer/WDSP/IB/2007/04/13/000016406_20070413145045/Rend ered/PDF/wps4202.pdf
  • 13. stati acquistati dall'Isis corrompendo ufficiali dell'esercito irakeno in ritirata. I mezzi sarebbero stati ufficialmente “persi in battaglia”, ma in realtà potrebbero essere stati venduti illegalmente all'Isis per la cifra indicata. Considerando di nuovo un introito medio di 30 milioni di dollari al mese, l'Isis potrebbe acquistare ogni mese circa 2 mezzi, per un totale di oltre 20 carri armati l'anno. Ovviamente un carro armato così moderno necessita di un equipaggio addestrato, capace di sfruttarne al meglio le sue capacità. Ma non solo, per ottenere il massimo risultato bellico i carri armati devono essere utilizzati in gruppo e coordinati da un ufficiale esperto. Risulta alquanto improbabile che i miliziani dell'Isis possano utilizzare efficacemente i carri Sherman contro delle truppe americane sul terreno, ma considerato che in questo momento non esistono truppe americane di terra schierate in Irak, l'organizzazione potrebbe utilizzare uno o due tank come efficace copertura per le truppe a terra durante la conquista di città e villaggi. La difficoltà maggiore per l'Isis non consta quindi nell'ottenere il denaro necessario per comprare armamenti efficaci bensì nell'ottenere gli armamenti stessi: non è difficile acquistare al mercato nero qualche centinaia di Kalashnikov, cosa più difficile è ottenerne qualche migliaio con le relative munizioni. Carri armati e mezzi blindati sono ancora più difficili da comprare a causa delle loro enormi dimensioni: tali mezzi non possono certo essere smontati e nascosti su auto o camion ma vanno spostati tutti interi; è quasi impossibile superare un controllo frontaliero o all'interno della Siria e dell'Irak. Si può quindi ritenere che l'Isis presti maggiore cura a mantenere i propri carri e i propri blindati che i fucili d'assalto e le truppe: fucili e truppe possono rapidamente essere sostituiti, carri e blindati no. Le forze in campo In Irak Esercito irakeno la più poderosa forza militare attualmente presente in Irak è ovviamente l'esercito irakeno, forte di circa 800.000 uomini e oltre 2 milioni di riservisti, armato con equipaggiamento (carri blindati, carri armati, aerei) del valore di circa 25 miliardi di dollari americani, ovviamente forniti dagli Stati Uniti. Per quale ragione un esercito così poderoso non è ancora riuscito a vincere il più debole e meno equipaggiato esercito irregolare dell'Isis? Secondo alcuni analisti il problema fondamentale è la mediocrità degli alti gradi dell'esercito e l'enorme corruzione: in un intervista un colonnello irakeno ha affermato: "la corruzione è ovunque". Il New York Times ha riportato che molte delle armi fornite nel 2015 all'esercito irakeno dagli Stato Uniti sono finite nel lucroso mercato nero e sono infine arrivati nelle mani dei miliziani dell'Isis. Un altro grande problema è l'infiltrazione dell'esercito da parte di soldati legati all'Isis, la cui presenza ha vanificato molte operazioni "segrete" contro l'organizzazione estremista. Esiste inoltre un problema dato da una sorta di "solidarietà fra irakeni": molti miliziani dell'Isis sono infatti della stessa nazionalità dei soldati irakeni. E' ipotizzabile che molti soldati soffrano all'idea di essere addestrati da ufficiali americani per combattere i propri "fratelli" irakeni.
  • 14. Compagnie della pace Il nome non deve trarre in inganno: si tratta del nuovo nome delle violente milizie guidate dal leader sciita Muktada Al Sadr, il cui vecchio nome era “Armata del Mahdi”. Avrebbero dalle 10.000 alle 40.000 unità ed agiscono soprattutto nel Sud dell'Irak, in funzione anti Isis. Organizzazione Badr Altra organizzazione sciita che opera nel Sud dell'Irak. Anch'essa sarebbe formata da un numero variabile dalle 10.000 alle 40.000 unità, pare ben equipaggiate. Isis Non è chiaro quanti miliziani dell'Isis siano presenti in Irak e quanti in Siria. Bisogna ricordare che le truppe dell'Isis possono comunque spostarsi liberamente da uno Stato all'altro a seconda del bisogno, privilegio questo condiviso forse solo con le truppe Kurde. Si presume che in Irak siano presenti almeno 10.000 uomini armati dell'Isis, ma il numero potrebbe verosimilmente raggiungere anche il doppio nei momento di crisi In Siria Dalla parte del Presidente Bashar al-Assad Forze armate siriane fedeli al Presidente Assad, sono la forza preponderante nel paese. Si tratta di oltre 300.000 soldati, con un buon equipaggiamento e una discreta preparazione militare. Ovviamente queste truppe non attaccano mai direttamente l'Isis, in quanto l'Isis stesso preferisce rivolgere le sue armi contro gli stessi nemici del governo siriano: i ribelli "laici" ed i miliziani kurdi. Molte fonti sostengono che in seguito ai combattimenti ed a molte defezioni le forze attuali di Assad ammontino a circa 150.000 unità. Forza di Difesa Nazionale Oltre alle forze armate regolari, il governo di Assad sarebbe difeso da una milizia chiamata Forza di Difesa Nazionale, costituita da ben 100.000 uomini, stipendiati ed armati dal governo stesso. Essendo una milizia irregolare, la Forza di Difesa Nazionale ha una capacità di azione molto più ampia e variegata rispetto a quella dell'esercito siriano. Questa milizia pare avere "mano libera" nei territori controllati e potrebbe incrementare i suoi introiti grazie al mercato nero e alle estorsioni. Particolare interessante: si tratterebbe di una milizia "laica" che attrae molti cristiani, drusi e alawiti Shabiha È una forza non ufficiale, formata soprattutto da milizie appartenenti alla minoranza alawita, la stessa di al-Assad. Viene utilizzata dal governo soprattutto per reprimere le proteste popolari nei quartieri antigovernativi. La milizia era stata creata negli anni '80 proprio per stroncare sul nascere qualsiasi rivolta, soprattutto nei momenti di crisi. Milizie cristiane
  • 15. Sono formate soprattutto dalle minoranze assire, siriache ed armene, che appoggiano Assad non per la stima che hanno per la sua persona bensì perchè, come cristiani, temono una repressione da parte dei rivoltosi musulmani. Il governo di al-Assad è infatti fortemente secolare, laico, anche perché la stessa religione degli Assad, l'alawismo, è considerato come eretico dai musulmani sunniti più oltranzisti. Hezbollah Si tratta di una potente milizia islamica sciita nata e sviluppata in Libano, appoggiata negli anni sia dalla Siria sia dall'Iran.. L'Unione Europea e gli Stati Uniti inseriscono Hezbollah fra le organizzazioni terroristiche per i numerosi attentati dinamitardi organizzati da quel movimento sia in Libano sia in altri paesi del Medio Oriente. Non esistono cifre ufficiali dell'entità delle truppe di Hezbollah in Siria; potrebbe trattarsi di alcune migliaia di individui armati. Un numero comunque insufficiente per rappresentare un fattore importante nello sviluppo del conflitto. Iran Il governo iraniano ha sempre negato la presenza di sue truppe da combattimento in Siria, ammette però di aver fornito consiglieri militari ad Assad. Allo stesso tempo l'Iran ha fornito supporto finanziario, tecnico e militare alle truppe governative siriane. L'Iran è il più potente alleato della Siria nella regione. Anche senza schierare le proprie truppe in Siria, il regime iraniano può influenzare indirettamente le politiche di Arabia Saudita, Turchia e persino degli Stati Uniti. I negoziatori iraniani sanno muoversi con abilità nello scacchiere mediorientale perciò sono fin'ora riusciti a trarre il massimo vantaggio dalla crisi siriana (ad esempio aver ottenuto un accordo internazionale sulle proprie centrali atomiche). Nel 2014, il Ministro delle Finanze siriano ha dichiarato che il suo paese ha ricevuto più di 15 miliardi di dollari da parte dell'Iran. Russia è l'alleato più potente in assoluto del Presidente al-Assad. La sua presenza nel Consiglio di Sicurezza dell'Onu e il suo diritto di veto è servito a bloccare qualsiasi risoluzione dell'Onu contro il regime di al-Assad. La Russia teme che la caduta di Assad potrebbe portare al potere in Siria un governo filoamericano. Al tempo stesso la Russia potrebbe avere un interesse sincero nel fermare gli attacchi dell'Isis, visto che Mosca ha già esperienze di rivolte violente guidate da gruppi integralisti musulmani (vedasi il conflitto in Cecenia). Va tuttavia sottolineato che da quando è intervenuta attivamente nel conflitto, la Russia pare avere bombardato quasi sempre le forze musulmane moderate anti Assad e non avere mai bombardato efficacemente le truppe dell'Isis. Dal canto suo l'Isis evita quasi sempre di attaccare le truppe del Presidente Assad, preferendo rivolgere le sue forze contro le meno organizzate e meno forti milizie musulmane moderate. Contro il Presidente Bashar al-Assad Opposizione siriana è formata da numerosi gruppi, pare finanziati dall'Arabia Saudita con circa 700 milioni di dollari l'anno. Ne fanno parte gruppi molto diversi fra loro: laici, musulmani moderati e gruppi estremisti come il Fronte al-Nusra (affiliato ad al-Qaeda). Coalizione Nazionale Siriana. Formata da vari gruppi moderati uniti contro Assad, ha fra i suoi membri i rappresentanti di vari gruppi religiosi e partiti (anche con esponenti femminili). Il suo obiettivo è di allontanare dal poter al-Assad e creare una autentica democrazia. Il suo esercito è l'Armata libera siriana.
  • 16. Armata libera siriana È stata formata nel 2011 da un gruppo di ufficiali dell'esercito siriano fuoriusciti dall'esercito stesso. Il numero di combattenti non è chiaro, si stima intorno alle 20.000 unità. Secondo alcuni analisiti (fra cui l'esperto inglese Robert Fisk) la maggioranza di questi combattenti avrebbe in realtà lasciato l'Armata libera siriana per unirsi ad altri gruppi anti Assad, fra cui le milizie kurde. Consiglio Nazionale Siriano Formato anch'esso nel 2011, è un'organizzazione politica legata all'Armata libera siriana. Fronte Islamico Auspica di essere riconosciuto dal Consiglio Nazionale Siriano come sua legittima forza armata. Formato da circa 40.000 combattenti, sarebbe finanziato dall'Arabia Saudita. Fazioni Salafiste Si tratta di gruppi estremisti di orientamento ultrareligioso, Il loro numero oscilla fra le 5.000 e le 15.000 unità. Fronte Al-Nusra Gruppo legato ad al-Qaeda, responsabile di oltre 50 azioni di terrorismo suicida, soprattutto nelle zone controllate da al-Assad. Gli Usa lo considerano un'organizzazione terrorista a tutti gli effetti. Kurdi Siriani I Kurdi rappresentano il 10% circa della popolazione siriana. Sono divisi in due gruppi: il Comitato Nazionale per il Cambiamento Democratico (NCC) e un gruppo di fuoi usciti le Unità di protezione del popolo (PYD). Il loro numero esatto è ignoto, probabilmente alcune decine di migliaia di combattenti. Isis Questo gruppo, di cui abbiamo ampliamente parlato, avrebbe circa 7-10.000 combattenti in Siria, molti dei quali di nazionalità non siriana. Il governo siriano di Assad non avrebbe combattuto attivamente l'Isis fino al Giugno del 2014, preferendo concentrare i suoi sforzi contro le forze moderate antigovernative. Lo stesso Isis preferisce combattere le forze moderate anziché attaccare l'esercito governativo. Coalizione Occidentale Formata da Stati Uniti, Australia, Bahrein, Canada, Francia, Guiordania, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Regno Unito. Conduce soprattutto missioni di bombardamento contro l'Isis, anche se la Turchia è stata accusata di bombardare le forze Kurde antigovernative. La percezione dell'Isis da parte delle forze in campo Per comprendere esattamente le modalità di azione dell'Isis ed il suo potere effettivo sulla regione siro-irakena bisogna conoscere non solo il territorio geografico in cui essa opera, ma anche il territorio diplomatico-strategico. Come è percepita l'Isis dalle forze in campo? Usa, Russia, Turchia, Arabia Saudita, Iran... cosa pensano dell'Isis e come credono sia meglio affrontarla? Ma soprattutto: queste forze vogliono davvero che l'Isis venga sconfitta? Analizzeremo i punti di vista di ognuno di questi Stati in una rapida panoramica geostrategica. Ovviamente le motivazioni che guidano le politiche americane, russe e degli altri Stati in campo sono molto più complesse e possono mutare radicamente nel corso del tempo.
  • 17. Tuttavia nel 2015 le posizioni erano all'incirca le seguenti: Stati Uniti: decisamente contrari alla presenza dell'Isis nella regione irakena. L'Isis è composto in gran parte da uomini dell'esercito di Saddam: si tratta di decine di migliaia di individui profondamente anti americani, impossibili da controllare in alcun modo. Imperativo massimo per gli Usa in Irak è di pacificare il paese ed utilizzarlo come contraltare alla crescente potenza Iraniana. Un Irak in guerra o diviso non conviene agli Usa. Per quanto concerne la Siria, gli Usa sono stati accusati di aver in passato armato o assistito l'Isis in funzione anti-Assad. Sebbene non esistano al momento prove a riguardo, l'ipotesi non è del tutto assurda in quanto esisterebbe un precedente storico: l'appoggio dato ai Talebani afghani durante la loro lotta contro l'invasore sovietico negli anni '80. In quegli anni gli Usa donarono ai Talebani dozzine di missili antiaerei Stinger per sostenerli nei loro combattimenti contro la poderosa Armata Rossa. Negli anni 2.000 quelle stesse armi furono usate dai Talebani contro l'esercito americano. Russia: se a parole la Russia ha dichiarato la sua opposizione all'Isis, la maggioranza dei suoi bombardamenti in Siria non ha colpito le zone occupate dall'Isis stessa bensì quelle conquistate dalle altre forze che combattono contro il Presidente siriano Assad. Appare evidente come la Russia non abbia un interesse diretto nel combattere l'Isis in Siria, per il semplice fatto che il gruppo terrorista preferisce attaccare le forze anti-Assad (più deboli) anziché Assad stesso (più forte militarmente e sostenuto ora dall'esercito russo). Inoltre la Russia ha tutto l'interesse affinché l'Isis rimanga il “problema numero uno” in Siria: perché la presenza nel Paese del gruppo terrorista mette in secondo piano la figura di Assad e il suo allontanamento dalla regione. Siccome Assad rappresenta al momento il “problema numero due”, finché l'Isis combatterà in Siria, Assad potrà sempre presentarsi come un nemico dell'Isis e quindi un alleato (anche se indiretto) dell'Occidente. Arabia Saudita: il gigante economico e religioso della regione (controlla i luoghi sacri di La Mecca e Medina) è stato da molti indicato come un alleato nascosto dell'Isis. In effetti l'Arabia Saudita potrebbe guadagnare molto da una continuata instabilità nell'area siriano-irakena: più sono instabili i paesi situati ai suoi confini più l'Arabia Saudita viene percepita dagli americani come uno Stato stabile e amico, l'unico Stato stabile della regione e quindi l'unico a cui fornire aiuti militari e diplomatici. L'Arabia Saudita teme che il suo legame di favore con gli Usa possa essere messo in crisi dalla presenza di nuovi partner appetibili per gli americani, quali una Siria ed un Irak pacificati e democratici. Al tempo spesso però l'Arabia Saudita teme l'Isis: sebbene la corrente dell'Islam Saudita sia quella Wahabita, ossia praticamente identica alla propria, l'Isis critica il regime dei Saud non tanto dal punto di vista religioso ma politico L'alleanza Saudita con gli Stati Uniti d'America è vista come qualcosa di vergognoso, da interrompere il prima possibile. Esiste poi una motivazione di immagine: come affermato da Toby Matthiesen, ricercatore all'Università di Cambridge: “E' difficile non pensare a Medina e alla Mecca come il più grande premio per i militanti islamici”. Se l'Isis riuscisse a conquistare i luoghi sacri della Mecca e Medina, probabilmente la sua fama potrebbe aumentare esponenzialmente. Per queste ragioni è ipotizzabile che l'Arabia Saudita abbia forse in passato sostenuto economicamente l'Isis (e che alcuni ricchi finanziatori privati sauditi continuino a farlo), ma l'organizzazione è adesso così incontrollabile che i Saud stessi preferirebbero cancellarla o quantomeno indebolirla. Siria (governo di Bashar al-Assad): paradossalmente l'Isis è in questo momento il miglior alleato indiretto del presidente-dittatore
  • 18. siriano Bashar a-Assad. Quando nel 2011 scoppiò una rivolta popolare contro Assad, molti analisti pensarono che il giovane e non designato presidente (non avrebbe dovuto governare il paese, ma la morte del fratello maggiore lo costrinse a prendere questo ruolo alla morte del padre) sarebbe stato rapidamente deposto come era accaduto in quegli anni al presidente tunisino Ben Ali e a quello libico Gheddafi. Fortunatamente per Assad, l'espansione dell'Isis in Siria gli ha permesso di presentarsi al mondo come un pilastro della lotta contro il terrorismo e contro l'estremismo islamico. Finché l'Isis sarà presente in forze in Siria e Irak, nessuno Stato (nemmeno gli Usa) cercherà seriamente di deporre il presidente siriano. In questo momento storico una Siria senza Assad potrebbe essere addirittura peggiore che una Siria con Assad. Inoltre, come abbiamo visto, l'Isis evita in tutti i modi di provocare il potente “coinquilino siriano”, focalizzando i suoi attacchi contro gli altri ribelli anziché contro l'esercito regolare. In questo modo ottiene due vantaggi: 1) Elimina un po' alla volta tutti gli altri gruppi che concorrono per il potere in una futura Siria senza Assad. 2) Evita di essere colpita con forza dai bombardamenti dell'esercito russo (la Russia è da sempre un'alleata degli Assad e da qualche mese ha iniziato a bombardare i ribelli antigovernativi) Turchia: la sua posizione nei confronti dell'Isis è ambivalente. La Turchia è uno degli Stati più laici della regione mediorientale e la visione estremista dell'Islam dell'Isis è criticata dalla stragrande maggioranza della popolazione turca e dei suoi governanti. Tuttavia l'Isis ha il “pregio” di combattere contro i guerriglieri kurdi, gli stessi che sognano di creare uno grande stato kurdo posto fra la Siria, l'Irak e la Turchia. Se i kurdi turchi, siriani e irakeni riuscissero a vincere con le proprie forze l'Isis, potrebbero chiedere in cambio il riconoscimento di una zona di influenza in questi tre Stati e, in un futuro non troppo remoto, addirittura una forte autonomia, ultimo passo prima della dichiarazione di un vero e proprio Stato. La Turchia non vuole rischiare che parte del suo territorio faccia la fine del Kurdistan irakeno: diventi cioè una regione autonoma kurda che si governa da sola e che gode dei ricchi proventi del petrolio. Al tempo spesso però il presidente turco Erdogan comprende bene come il suo Paese sia, agli occhi dell'Isis, uno Stato da combattere a causa dei suoi rapporti con gli Stati Uniti d'America; e sa bene che dopo l'Arabia Saudita il prossimo bersaglio dell'Isis potrebbe essere proprio la Turchia. Iran: l'Iran è una potenza regionale in forte crescita: l'accordo appena ottenuto sul nucleare ha liberato il paese da pesanti sanzioni e la capitale Teheran è oggi piena di industriali europei ed americani desiderosi di entrare in affari. L'Iran ha inoltre una forte influenza nel Sud dell'Irak, un'area abitata in prevalenza da musulmani sciiti. Sicuramente gli ayatollah iraniani detestano l'Isis, in quanto l'Isis stessa detesta loro e dichiara tutti i musulmani sciiti “takfir” (apostati). Nella visione apocalittica dell'Isis, in questo mondo non c'è spazio per i musulmani sciiti, che devono essere tutti convertiti al Sunnismo o uccisi. L'Iran avrebbe quindi sia l'interesse sia la forza militare per appoggiare i fratelli sciiti irakeni del Sud in un'avanzata contro l'Isis nel centro-settentrionale dell'Irak (la zona in cui l'organizzazione estremista è più forte), tuttavia non lo farà, per due motivazioni fondamentali: 1) Motivazione politica (esterna): Forte opposizione da parte degli Stati Uniti e dell'Arabia Saudita (i due principali avversari dell'Iran), che non auspicano assolutamente che l'Iran guadagni terreno all'interno del territorio irakeno. 2) Motivazione strategica (interna): l'Iran ha tutto l'interesse affinché il problema dell'Isis rimanga nelle mani di Stati Uniti e Irak, paesi avversari di Teheran. Un Irak debole fa comodo all'Iran, così come fa comodo che i pozzi irakeni non possano essere utilizzati e
  • 19. che il petrolio dell'Isis sia (almeno ufficialmente) al di fuori del mercato del greggio internazionale. Se l'Iran non si è impegnato contro l'Isis in Irak, si è però impegnato indirettamente in Siria, sostenendo il regime di Bashar al-Assad tramite l'invio di consiglieri militari. La Siria è infatti un parnter strategico importante per l'Iran e non va dimenticato che al-Assad è un Alawita, quindi un musulmano sciita (lo l'Islam sciita è la religione ufficiale dell'Iran). Perchè l'Isis non può vincere: Ragioni militari: Nella più generosa delle ipotesi, l'esercito irregolare dell'Isis arriverebbe a 200.000 unità, un quarto quindi dell'esercito irakeno (che, con i riservisti, potrebbe arrivare addirittura a 2.800.000 unità). Per quanto le forze armate irakene non abbiano fin'ora attaccato con forza l'Isis, nel caso quest'ultimo si avvicinasse troppo alla capitale l'esercito potrebbe reagire con vigore. Se poi anche le milizie sciite del Sud dell'Irak iniziassero una manovra militare “a tenaglia”, l'azione congiunta dell'esercito irakeno, delle milizie sciite e della copertura aerea americana sarebbero sufficienti a ridurre ai minimi termini la presenza dell'Isis in Irak. Ragioni religioso-morali Tutti i più importanti giureconsulti islamici del mondo intero, tutti Capi di Stato del Medio Oriente, la Lega Araba... tutti costoro hanno condannato senza appello l'azione dell'Isis. La dichiarazione di fondazione del Califfato è stata smentita da tutti gli esperti di Sharia, la legge islamica. L'Isis è privo di autentico appoggio nelle comunità musulmane del mondo. Se, per ipotesi l'Isis avesse 2 milioni di sostenitori nel mondo (una stima decisamente per eccesso), avrebbe contro 1 miliardo e 498 milioni di musulmani, che non approvano i mezzi e i fini dell'organizzazione, le violenze sui civili, la schiavitù, le uccisioni di persone inermi, le torture. Ragioni geopolitiche A parte alcune monarchie del Golfo, tutti gli altri Stati del mondo sono decisamente contrari all'Isis, sia per ragioni etiche sia (soprattutto) perché l'azione dell'Isis va contro i loro interessi. L'organizzazione non è stata fino ad oggi eliminata non per ragioni militari ma per motivi politico- tattici: le potenze mondiali non sono d'accordo soprattutto sulla situazione “dopo Isis” e “dopo Assad”. Quando Stati Uniti, Russia, Turchia, Iran ed Arabia Saudita troveranno una bozza d'accordo sul futuro equilibrio nella regione, l'Isis verrà demolita un pezzo alla volta, probabilmente con attacchi di media intensità ma continui, volti a “togliere il terreno da sotto i piedi” all'organizzazione, fino a spingerla all'angolo nella città di Raqqa. Un successivo assedio della città potrebbe mettere definitivamente fine al potere dell'Isis nella regione. Il tempo necessario per questo processo si potrebbe stimare intorno ai 5 – 6 anni, dopodiché l'Isis potrebbe essere completamente sconfitta. Va tuttavia considerato che i miliziani dell'Isis potrebbero evitare uno scontro diretto (per loro svantaggioso), preferendo andare “undercover”, ovvero tagliando le barbe e indossando abiti civili per allontanarsi incolumi dalle zone di combattimento.
  • 20. Piccola bibliografia Sull'Islam e il mondo mediorientale Il Corano, traduzione di Alessandro Bausani, varie edizioni (Alessandro Bausani è considerato il massimo arabista italiano di sempre. La sua traduzione del Corano è particolarmente apprezzata) La Sura di Maria Yahya Pallavicini Brescia, Morcelliana, 2014 I Francescani e la crociata A. Cacciotti e M. Melli (a cura di), Milano, Edizioni Biblioteca Francescana, 2014 Basta! Musulmani contro l'estremismo islamico Autori vari Milano, Mondadori, 2007 Cento miti sul Medio Oriente Fred Halliday Einaudi, 2005 Sulla crisi mediorientale Isis. Lo stato del terrore. Chi sono e cosa vogliono le milizie islamiche che minacciano il mondo Napoleoni Loretta Milano, Feltrinelli, 2014 Guerra all'Isis Giannulli Aldo
  • 21. Milano, Ponte alle Grazie, 2016 Isis, Il marketing dell'apocalisse Ballardini Bruno Milano, Baldini & Castoldi, 2015 Siti internet ISW: Institute for the study of war www.understandingwar.org Chatham house www.chathamhouse.org International Institute for Strategic Studies www.iiss.org Global terrorism database https://www.start.umd.edu/gtd/ Global Terrorism Index http://economicsandpeace.org/wp- content/uploads/2015/11/Global-Terrorism-Index-2015.pdf
  • 22. Articoli su internet (Sull'avanzata vittoriosa delle armate islamiche nel VII secolo, epoca dei califfi ben guidati) https://askanislamicist.wordpress.com/2014/07/14/why-was-the-islamic- expansion-successful/ (sul trattamento dei prigionieri come previsto nel Corano) http://www.journal.forces.gc.ca/vo8/no1/bertosa-eng.asp (sul traffico d'armi in Francia e su come i terroristi riescano ad ottenerle facilmente) http://www.francetvinfo.fr/faits-divers/affaire/merah/larsenal-de-merah- leve-un-coin-du-voile-sur-le-trafic-darmes-en-france_76857.html