"Gioca con la scienza" Notte Europea della Ricerca 2014, PadovaMarta Fais
"Gioca con la Scienza" è la dimostrazione di come si può imparare tanto con un gioco! Questo poster e le sue "Carte da Gioco" vogliono raccontare gli eventi scientifici più importanti del 2013: le carte sono le domande che permettono di procedere tra le caselle, facendo attenzione ai "buchi neri" e alle domande "trabocchetto". Un'idea brillante, che ha visto la mia partecipazione come studentessa del Master in Comunicazione delle Scienze presso l'Università di Padova, che ha suscitato l'interesse dei più curiosi, grandi e piccoli! Un vero successo durante la Notte dei Ricercatori 2014 di Padova.
Ένας αξιόλογος οδηγός του Παιδικού Μουσείου Κύπρου σε συνεργασία με τα αντίστοιχα Ελλάδας και Ιταλίας, για να εξηγήσουμε στα παιδιά για τον κορονοϊό με απλό τρόπο...
"Gioca con la scienza" Notte Europea della Ricerca 2014, PadovaMarta Fais
"Gioca con la Scienza" è la dimostrazione di come si può imparare tanto con un gioco! Questo poster e le sue "Carte da Gioco" vogliono raccontare gli eventi scientifici più importanti del 2013: le carte sono le domande che permettono di procedere tra le caselle, facendo attenzione ai "buchi neri" e alle domande "trabocchetto". Un'idea brillante, che ha visto la mia partecipazione come studentessa del Master in Comunicazione delle Scienze presso l'Università di Padova, che ha suscitato l'interesse dei più curiosi, grandi e piccoli! Un vero successo durante la Notte dei Ricercatori 2014 di Padova.
Ένας αξιόλογος οδηγός του Παιδικού Μουσείου Κύπρου σε συνεργασία με τα αντίστοιχα Ελλάδας και Ιταλίας, για να εξηγήσουμε στα παιδιά για τον κορονοϊό με απλό τρόπο...
Prendere le distanze dalla quantità di notizie apparentemente prodigiose che riempiono i comunicati stampa non è semplice. Il più delle volte ci scontriamo con l’evidenza che una bufala ben servita fa molto più clamore e ha una diffusione più veloce di una vera e propria scoperta.
In questo poster si è messi faccia a faccia con il fatto che la cattiva informazione e la pseudoscienza possono influenzare irrimediabilmente la vita delle persone. Proprio per questo le fonti sono fondamentali: un buon comunicatore è tenuto a verificare e a documentarsi scientificamente perché il lettore, che fa un atto di fiducia nei confronti dell’informazione che legge, deve essere correttamente informato.
Qui sono raccontate come un gioco con un gioco, ma non sempre le bufale scientifiche sono così divertenti: spesso condizionano l’opinione pubblica, alimentano fobie collettive, creano false aspettative e inutili paure.
Vuoi sapere se hai l’indole rigorosa dello scienziato o piuttosto lo scetticismo tipico di chi fatica a prendere una posizione netta davanti ad un fatto apparentemente strano? Sei un credulone o sai riconoscere una bufala scientifica? Metti alla prova il tuo senso critico con questo poster-test dove alcuni dei casi più discussi e chiacchierati del 2013 sono stati mischiati a scoperte, avvenimenti e studi reali molto bizzarri di qualche anno fa.
LEZIONI DAL PROCESSO ETERNIT, amianto, Casale Monferratomorosini1952
La sentenza della Cassazione sulla prescrizione della punibilità dei crimini di amianto a Casale Monferrato stimola una riflessione sulla condizione dell’uomo nell’era tecnologica. Come molte altre sentenze nel mondo, essa conferma che la civiltà industriale, di cui la giustizia è una componente, non sa ancora gestire le conseguenze a lunga distanza delle sue tecnologie. Di queste conseguenze legislatori e giudici non sanno o non possono sanzionare le responsabilità in modo confacente alle tecnologie moderne. Nel caso dell’amianto tra esposizione e malattia passano decenni, mentre i tempi di prescrizione giuridica sono molto più brevi. Peggio ancora: la prescrizione delle accertate responsabilità è ora dichiarata, pur sapendo che la frequenza mensile dei decessi per amianto a Casale aumenterà ancora per anni. (....)
Di fronte all’accresciuta portata spazio-temporale delle nostre alterazioni delle condizioni igieniche e dell’ambiente, leggi e giurisprudenza sono vetuste. Infatti, da millenni esse sono concepite per sanzionare azioni offensive di pochi individui a danno di pochi altri individui, vicini nello spazio e nel tempo. "L’uomo è antiquato" titolò nel 1956 il suo libro più importante il filosofo Günter Anders, descrivendo come la nostra capacità di prevedere sia rimasta indietro rispetto alla nostra crescente capacità di fare. Per questo anche "la giustizia è antiquata". È da questa condizione antropologica e giuridica che scaturisce la sentenza della Cassazione sulla prescrizione di un grave crimine di amianto. Va ricordato tuttavia che proprio un giudice della Suprema Corte italiana, Amedeo Postiglione, è da vent’anni fondatore e direttore instancabile dell’Icef, la "Fondazione per una corte internazionale dell’ambiente", che mira a estendere nello spazio e nel tempo la potestà della giustizia di sanzionare i delitti ambientali.
Lo sgomento per la vicenda di amianto di Casale Monferrato non ci impedisca di imparare questa amarissima lezione e di applicarla con urgenza alle tecnologie e alle leggi del futuro. Sarà il modo migliore di onorare la memoria dei milioni di vittime senza giustizia dell’amianto.
Questa presentazione mi è arrrivata ieri via catena di S. Antonio. Di solito mi guardo bene da riproporre certe cose, ma questa, se non è vera, potrebbe esserlo.
tanto per chiarirsi un attimo le idee su quanto ciò accade nel mondo delle multinazionali farmaceutiche si ripercuote nelle nostre piccole e inutili vite terrene.
Prendere le distanze dalla quantità di notizie apparentemente prodigiose che riempiono i comunicati stampa non è semplice. Il più delle volte ci scontriamo con l’evidenza che una bufala ben servita fa molto più clamore e ha una diffusione più veloce di una vera e propria scoperta.
In questo poster si è messi faccia a faccia con il fatto che la cattiva informazione e la pseudoscienza possono influenzare irrimediabilmente la vita delle persone. Proprio per questo le fonti sono fondamentali: un buon comunicatore è tenuto a verificare e a documentarsi scientificamente perché il lettore, che fa un atto di fiducia nei confronti dell’informazione che legge, deve essere correttamente informato.
Qui sono raccontate come un gioco con un gioco, ma non sempre le bufale scientifiche sono così divertenti: spesso condizionano l’opinione pubblica, alimentano fobie collettive, creano false aspettative e inutili paure.
Vuoi sapere se hai l’indole rigorosa dello scienziato o piuttosto lo scetticismo tipico di chi fatica a prendere una posizione netta davanti ad un fatto apparentemente strano? Sei un credulone o sai riconoscere una bufala scientifica? Metti alla prova il tuo senso critico con questo poster-test dove alcuni dei casi più discussi e chiacchierati del 2013 sono stati mischiati a scoperte, avvenimenti e studi reali molto bizzarri di qualche anno fa.
LEZIONI DAL PROCESSO ETERNIT, amianto, Casale Monferratomorosini1952
La sentenza della Cassazione sulla prescrizione della punibilità dei crimini di amianto a Casale Monferrato stimola una riflessione sulla condizione dell’uomo nell’era tecnologica. Come molte altre sentenze nel mondo, essa conferma che la civiltà industriale, di cui la giustizia è una componente, non sa ancora gestire le conseguenze a lunga distanza delle sue tecnologie. Di queste conseguenze legislatori e giudici non sanno o non possono sanzionare le responsabilità in modo confacente alle tecnologie moderne. Nel caso dell’amianto tra esposizione e malattia passano decenni, mentre i tempi di prescrizione giuridica sono molto più brevi. Peggio ancora: la prescrizione delle accertate responsabilità è ora dichiarata, pur sapendo che la frequenza mensile dei decessi per amianto a Casale aumenterà ancora per anni. (....)
Di fronte all’accresciuta portata spazio-temporale delle nostre alterazioni delle condizioni igieniche e dell’ambiente, leggi e giurisprudenza sono vetuste. Infatti, da millenni esse sono concepite per sanzionare azioni offensive di pochi individui a danno di pochi altri individui, vicini nello spazio e nel tempo. "L’uomo è antiquato" titolò nel 1956 il suo libro più importante il filosofo Günter Anders, descrivendo come la nostra capacità di prevedere sia rimasta indietro rispetto alla nostra crescente capacità di fare. Per questo anche "la giustizia è antiquata". È da questa condizione antropologica e giuridica che scaturisce la sentenza della Cassazione sulla prescrizione di un grave crimine di amianto. Va ricordato tuttavia che proprio un giudice della Suprema Corte italiana, Amedeo Postiglione, è da vent’anni fondatore e direttore instancabile dell’Icef, la "Fondazione per una corte internazionale dell’ambiente", che mira a estendere nello spazio e nel tempo la potestà della giustizia di sanzionare i delitti ambientali.
Lo sgomento per la vicenda di amianto di Casale Monferrato non ci impedisca di imparare questa amarissima lezione e di applicarla con urgenza alle tecnologie e alle leggi del futuro. Sarà il modo migliore di onorare la memoria dei milioni di vittime senza giustizia dell’amianto.
Questa presentazione mi è arrrivata ieri via catena di S. Antonio. Di solito mi guardo bene da riproporre certe cose, ma questa, se non è vera, potrebbe esserlo.
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2.
3. Il virus dell’Aids sta diven-
tando meno aggressivo,
almeno in alcune zone
dell’Africa. Gli studi hanno
infatti identificato nel con-
tinente un ceppo più “lento”
dell’Hiv: le persone che
questo ceppo infetta oggi svi-
luppano la malattia due anni
e mezzo più tardi rispetto a
chi era stato infettato all’ini-
zio dell’epidemia, trent’anni
fa. A queste conclusioni è
giunto Philip Goulder, della
University of Oxford, che ha
confrontato 842 campioni di
Hiv prelevati a donne incinte
del Botswana e del Sudafrica.
In Botswana l’epidemia di
Hiv è cominciata a metà degli
Anni ’80 del secolo scorso, in
Sudafrica a metà degli Anni
’90: in altre parole, il virus
del Botswana è più “vecchio”
di 10 anni rispetto al sudafri-
cano. Goulder voleva appun-
to verificare le differenze tra
i due ceppi.
GENI. Il ricercatore ha
scoperto che il “vecchio”
virus del Botswana si
riproduce molto più lenta-
mente del “giovane” sudafri-
cano. E quindi dovrebbe
danneggiare più lentamente
il sistema immunitario dei
pazienti: per questo i sintomi
della malattia si manifeste-
rebbero più tardi. Goulder
attribuisce questa evoluzione
ai farmaci: se il virus è molto
aggressivo, i pazienti si
ammalano prima e iniziano
subito la terapia antivirale, il
che riduce la presenza del
virus e quindi la probabilità
che essi trasmettano ad altri
questo ceppo così virulento.
Ma potrebbe esserci anche
una spiegazione genetica:
nell’Africa Meridionale il
15% della popolazione ha
geni che rendono le cellule
immunitarie capaci di
individuare il virus e
resistere all’infezione.
L’Hiv, per sopravvivere, è
stato costretto a mutare in
un ceppo meno aggressivo in
modo da non essere facil-
mente riconosciuto dall’or-
ganismo.
Amelia Beltramini
Il virus è
più lento
L’Aids è meno cattivo
Unceppoafricanodell’Hivsistaevolvendo
informemenoaggressive:cosìlamalattia
sisviluppapiùtardi.Meritoanchediuneffetto
“selettivo”delleterapie.
2,5anni
È di quanto si è allungato il
tempo fra l’infezione e i primi
sintomi della malattia.
IN LOTTA.
Il nastro rosso,
simbolo della
lotta contro
l’Aids, sulla Casa
Bianca
a Washington.
UPIPhoto/eyevine/Contrasto
La buona
notizia
Febbraio 2015 Focus | 3
4.
5. Scoprire e capire il mondo
In copertina: foto grande di ShutterStock, GalleryStock, elaborazione Chiara Scandurra; dall’alto Corbis; Spl/Contrasto (2); Kantonsarchäologie Aargau,
Switzerland/3D-Reconstruction: www.digitale-archaeologie.de; Alamy/Ipa.
FEBBRAIO 2015 NUMERO 268
96 QUANTO MI PIACCIO
Il narcisismo è una malattia?
103 LA VITA È TUTTA UN SELFIE
L’autoscatto? È un nuovo modo
per comunicare nell’era dei bit.
108 SOCIETÀ ALLO SPECCHIO
Ecco perché siamo tanto
centrati su noi stessi.
DOSSIER
La ricercatrice
italiana che usa
la matematica
per combattere
i virus mortali
pag. 15
56Umili e preziosi piedi
40In treno dall’orso polare
Medicina
MAGICHE STAMINALI �������������������������������������������������������������������� 16
Cellule della speranza: che cosa dobbiamo davvero aspettarci?
Comportamento
LA FORZA DELLO STUPIDO ���������������������������������������������������������� 22
Meno si sa, più si è sicuri di sé. È l’effetto Dunning-Kruger.
Tecnologia
IO VADO DA SOLA ������������������������������������������������������������������������� 28
Un kit italiano permetterà alle auto di lasciare a piedi i guidatori (ma non i passeggeri).
Scienza
IN UN UNIVERSO O NELL’ALTRO ��������������������������������������������������� 34
I mondi paralleli esistono. Parola di tre scienziati che con questa idea cercano di
spiegare uno dei grandi misteri della natura.
Mondo
GRAND HOTEL ORSO BIANCO ������������������������������������������������������ 40
Un lungo convoglio, con cabine private, conduce i turisti a incontrare il re della tundra.
Storia
ROSSO ANTICO ����������������������������������������������������������������������������� 44
Annacquato, inacetito, con miele. Che gusto aveva il vino che bevevano i Romani?
Tecnologia
LA TV CHE CAMBIA LA TV ������������������������������������������������������������� 50
Niente orari o palinsesti: la rivoluzione Netflix è alle porte.
6. pag. 16
Corpo umano
SU CHE COSA STIAMO IN PIEDI ����������������������� 56
Lì, attaccate a terra, le nostre estremità lavorano in silenzio.
Mistero
A ME GLI OCCHI: È UNA RAPINA ���������������������� 64
Davvero si può “dirigere” una persona contro la sua volontà?
Animali
REGINA IN FRAC ����������������������������������������������� 72
Negli oceani comanda lei. Perché l’orca è la più forte di tutti.
Società
SENZA BATTER CIGLIO ������������������������������������ 80
Sembrano statue. Invece sono artisti che fingono di esserlo.
Società
BUON VIAGGIO FIORELLINO �������������������������� 112
Scienza, moda, marketing: la corsa al bocciolo perfetto per San
Valentino (e non solo).
Economia
QUANDO IL ROBOT TI RUBA IL POSTO ���������� 126
L’automazione potrebbe cancellare un lavoro su due. Oppure...
Cultura
ORDINO E DECORO ���������������������������������������� 132
Insegne, nastri, stelline... Le onorificenze più ambite del pianeta.
Spazio
GUARDIANI DELLE STELLE ���������������������������� 138
Vita da astronomi nel XXI secolo, negli osservatori cileni.
87Prisma
138Nell’osservatorio di Paranal
Piscina,giardini,palestra.Strutture
elegantisottounacupolacheleisoladalle
condizioniestremedeldesertocileno,
echesoprattuttoimpedisceallalucedi
disturbareleosservazionideiresidenti.
Qui,nellussorelativo,maconfaticheda
turnisti,lavoranoipiùinvidiatiastronomi
delmondo.Siamoandatiatrovarli.
JacopoLoredan
L’INVITO ALLA LETTURA DEL DIRETTORE
SEZIONI
87 Prisma
120 Domande Risposte
147 MyFocus
154 Relax
157 Giochi
160 Mondo Focus
Ecco le
cellule
della
speranza
RUBRICHE
3 La buona notizia
8 Flash
15 L’intervista
70 Come funziona
118 Visioni dal futuro
162 In numeri
118Il parco sotto terra
Tecnologia
Economia
Digitale
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Scienza
Medicina
Corpo umano
Società
Comportamento
Mondo
Storia
Cultura
Mistero
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6 | Focus Febbraio 2015
9. SPETTACOLO
MEMORABILE
La Luna illumina il campo
base Concordia nel
Karakorum, in Pakistan,
dove confluiscono i ghiacciai
Baltoro e Godwin-Austen,
ai piedi del K2 (8.611 metri)
e del Broad Peak
(8.051 metri). La catena
montuosa del Karakorum
è particolarmente ambita
dagli amanti della montagna,
perché ha un’elevata
concentrazione di cime
da record: quattro sono
sopra gli 8.000 metri e più
di venti sopra i 7.500 metri.
Reuters/Contrasto
Febbraio 2015 Focus | 9
11. SPECCHIO
RIVELATORE
Il Giant Magellan Telescope
sarà il più grande tra i
telescopi esistenti: avrà un
potere di risoluzione 10 volte
maggiore del telescopio
spaziale Hubble. Composto
da sette specchi giganti, per
una superficie totale di 368
metri quadrati, esplorerà
pianeti, stelle, galassie,
buchi neri. Situato presso il
Las Campanas Observatory
(Cile), sarà operativo all’inizio
del prossimo decennio
e rivoluzionerà il nostro
modo di vedere l’universo.
www.gmto.org
Febbraio 2015 Focus | 11
13. PREGHIERE
AL SOLE
Cerimonia indù per il dio
Sole Surya nelle acque del
Mar Arabico durante la
festa religiosa Chatt Puja, a
Mumbai. Le donne devote,
dette vratins, per rendere
omaggio al dio devono avere
una grande forza di volontà
e seguire regole severe
durante la preghiera: stare a
digiuno e in piedi nell’acqua
per 36 ore. Secondo la
tradizione indù, il Sole è
la divinità suprema, che
rappresenta forza di volontà,
fama, coraggio e regalità.
Reuters/Contrasto
Febbraio 2015 Focus | 13
14. Transformer Book è unico. Ma vale doppio.
Stile, prestazioni e tutta la funzionalità di 2 prodotti in 1 solo device.Transformer Book T200 con processore Intel®
Atom™
quad-core
è un ultraportatile potente e leggero, ma con un semplice gesto puoi staccare il display dalla tastiera per renderlo un pratico tablet
Windows 8.1 da 11.6 pollici. La docking, oltre alla tastiera, integra una porta USB 3.0 e l’alloggiamento per un secondo hard disk
per offrire massima espandibilità e flessibilità d’uso. Transformer Book T200: un prodotto, molteplici vantaggi.
T200
ASUS consiglia Windows.
15. L’intervista
di
biosurveillance e comprende molte discipline:
l’epidemiologia, l’immunologia, la bioinfor-
matica e ovviamente la matematica.
4Cosa ci può dire la matematica sul compor-
tamento dei virus letali, come Ebola o Mar-
burg (responsabile della febbre emorragica)?
Non si tratta mai di una disciplina soltan-
to, ma di vari campi che si congiungono, e la
matematica contribuisce con un modello che
riassumelevarieconoscenzeeaiutaafarepre-
dizioni o trarre conclusioni. Per esempio, nel
caso di Ebola, applicando modelli matematici
alle sequenze genetiche del virus ottenute da
78pazientidellaSierraLeoneèstatopossibile
ricostruire l’evento chiave che ha diffuso il vi-
rus dalla Guinea alla Sierra Leone. Almeno 13
persone hanno contratto il virus durante il fu-
nerale di uno sciamano in Guinea e hanno poi
viaggiato molto; tra queste, due donne hanno
portato il virus in Sierra Leone.
5Sappiamo che lei ha anche una buona
produzione letteraria (scrive libri di fanta-
scienza) ed è un’ottima fotografa. Come con-
cilia le sue attività?
Confesso che non è facile e che spesso mi ri-
duco a fare l’asociale per ritagliare le ore pre-
ziose che devo dedicare settimanalmente alla
scrittura. Ma scrivere è diventato per me una
fuga e una necessità. E la genetica è la mia più
grande ispirazione.
6Sbaglio se la definisco “cervello in fuga”?
Assolutamente no, semmai però la correg-
go dicendo che più che cervelli in fuga siamo
“boccheinfuga”,datocheoramai,conlaricer-
ca, in Italia non si sfama più la famiglia.
Marco Ferrari
Elena E.
Giorgi
Equazioni
edepidemie
1Com’è arrivata al Laboratorio Nazionale di
Los Alamos?
Per caso. Non è una risposta molto dignitosa,
però dimostra che a volte la vita si riaggiusta
nel modo migliore; sinceramente non c’è altro
posto dove vorrei lavorare ora. Mio marito è
unfisicodelleparticellee,comediceunnostro
caro amico, per uno come lui lavorare al Los
Alamos National Laboratory è come per un
musulmano andare alla Mecca. Siamo venuti
qui per il suo lavoro; quello che molti non san-
no è che nonostante sia famoso per la ricerca
nucleare, Los Alamos è uno dei pilastri nazio-
nali nella ricerca sull’Hiv (che è quello di cui
mi occupo adesso).
2Lei ha una profonda preparazione in ma-
tematica, ma adesso si occupa di virus ed
epidemie. Cosa può dire la matematica alla
biologia e alla medicina?
Semplificando un po’, il compito del medico o
del biologo è individuare il problema e porre la
domanda iniziale al matematico. Per esempio:
come si trovano le correlazioni tra certe muta-
zionieunrischiopiùaltodicontrarreilcancro
al seno? Una domanda che prevede la cono-
scenza di quali geni siano espressi nel tessuto
ghiandolare mammario. Il passo successivo è
l’applicazione di un modello statistico per mi-
surare la probabilità di sviluppare, a partire da
uncertoprofilogenetico,ilcancro.Quindi,per
rispondere alla sua domanda, la matematica e
la statistica offrono modelli per l’analisi e l’in-
terpretazione dei dati. I genetisti sono passati
dal sequenziare un gene alla volta a ottenere
l’intero genoma umano. Ciò apre nuove pos-
sibilità come la medicina personalizzata, che
richiede modelli che prevedano la terapia più
efficacedatoilprofilogeneticodelpaziente.Da
qui la collaborazione fra medici, matematici,
bioinformatici.
3Le epidemie o le pandemie si possono pre-
vedere con strumenti teorici?
Sicuramente si può imparare dal passato e si
possono costruire modelli matematici che ci
aiutinoaprevedereilfuturo.Questoèuncam-
porelativamentenuovochevasottoilnomedi
Imodellistatistici
possonoessereusati
perlamedicinabasata
suiprofiligenetici
Biografia
Elena E. Giorgi, italiana,
è ricercatrice presso
la Divisione teorica
del Los Alamos National
Laboratory (Usa). Si
occupa di biologia
computazionale,
evoluzione virale e
comunicazione
della scienza.
Ha una laurea in
matematica teorica in
Italia, un master in
biostatistica e un Ph. D.
in matematica applicata
negli Stati Uniti.
Ha pubblicato decine di
articoli sulla genetica e
l’evoluzione dell’Hiv e del
Siv, il virus delle scimmie.
Ha pubblicato tre libri di
fantascienza e i suoi scatti
sono presenti in molte
gallerie fotografiche.
Ha un blog su scienza,
fantascienza e fotografia:
http://chimerasthebooks.
blogspot.it/.
I miei numeri
contro i virus mortali
Unaricercatriceitalianausalearmi
dellamatematicapercapire
comesicomportanoecomeevolvonoipiù
subdolieletalinemicidell’uomo.
E.Giorgi
Febbraio 2015 Focus | 15
16. Medicina
VELO BIOTECH.
Un lembo di pelle
ottenuto in laboratorio
a partire da cellule
staminali dell’epidermide.
Può essere usato nella
cura delle ustioni gravi,
ma anche di altre
malattie dermatologiche.
Spl/Contrasto
17. MAGICHE
STAMINALICelluledelladiscordiaedellasperanza,
potrebberocuraremalattiecomelaSla,
ilmorbodiParkinson,ildiabeteol’ictus.
Machecosapossiamodavveroaspettarci?
C
ellule tuttofare, capaci di riparare
gli organi che si ammalano, di cura-
remalattiesenzasperanzaepersino
di restituire la giovinezza del corpo
e della mente. Elisir di lunga vita, rivoluzione
della medicina, speranza per i malati, rimedio
universale. Sono le staminali, così come in
molti ancora le immaginano, anche dopo gli
scandali dei quali sono state protagoniste. At-
torno a loro sono state costruite alcune delle
truffe più clamorose che la medicina ricordi e
sono nate discussioni etiche che ancora divi-
donolecoscienze.Quandosiparladistamina-
li, le acque non sono mai calme.
Ma al di là dei clamori, che cosa possiamo
davvero aspettarci da queste cellule? Perché
i ricercatori in tutto il mondo continuano a
studiarle? Che differenza c’è fra gli scienziati,
che per le loro scoperte sulle staminali hanno
vintoilpremioNobelnel2012,eifalsiguarito-
ri, che sostengono di poter usare quelle stesse
cellule per curare malattie gravissime?
CELLULE BAMBINE. La risposta a queste do-
mande passa da ciò che la scienza già conosce,
ma anche dai molti interrogativi che ancora si
pone. La scienza sa che le staminali sono cel-
lule indifferenziate, capaci di moltiplicarsi e
dare origine a cellule mature: neuroni, fibre
muscolari, globuli bianchi o rossi, cellule del
fegato, dell’intestino e così via. E che in natu-
ra ne esistono di due tipi: quelle embrionali,
che si prelevano da un embrione 4 o 5 giorni
dopo la fecondazione, possono trasformarsi
in qualsiasi elemento del nostro corpo; quelle
adulte, presenti in molti organi e tessuti già
formati, sono invece meno versatili. La loro
funzione, infatti, è sostituire le cellule che
muoiono nel tessuto di cui fanno parte (per
esempio, le staminali dell’epidermide genera-
no le cellule della pelle). Ma gli scienziati han-
noancheprovatoainfluenzarnelosviluppoin
laboratorio, modificando le condizioni in cui
sonocoltivate.Irisultatidiquestiesperimenti
sono però controversi, e gli studi più recenti
mostrano anzi che manipolare il destino delle
cellule staminali adulte è più difficile di quan-
to si pensasse fino a qualche anno fa.
Questo però non è necessariamente un limi-
te. Anzi, a ben vedere, è proprio ciò che ha
permesso di iniziare a utilizzare le staminali
adulte in medicina, facendo svolgere loro
18. Esistonotecniche
consolidateabasedi
cellulestaminalie
altresonoinarrivo.
Lascienzaperònon
puòaccelerare,per
nonmetterea
rischiolasicurezza
deipazienti
FIORI ALL’OCCHIELLO DELLA RICERCA.
Shinya Yamanaka, Nobel per gli studi che
hanno permesso di superare i principali limiti
delle staminali embrionali. A destra: i nuovi
Laboratori di San Paolo fuori le Mura,
dell’Ospedale Bambino Gesù (Roma).
il mestiere che sanno fare meglio: ovve-
ro, trasformarsi in ciò per cui sono pro-
grammate. Il trapianto di midollo, per
esempio, è a tutti gli effetti un trapianto
distaminalidelsangue(lecelluleemato-
poietiche), usato fin dagli anni Settanta
nella cura di tumori e altre malattie del
sangue. Da circa 25 anni, poi, si possono
ottenere gli stessi risultati anche con le
cellule ottenute dal cordone ombelicale,
col vantaggio che la reazione di rigetto
– un limite dei trapianti di midollo – è
meno probabile e che l’intervento è più
semplice (vedi riquadro).
Ben consolidato, anche se possibile solo
in ospedali molto ben attrezzati, è pure
l’impianto di lembi di pelle ottenuti in
laboratorio a partire da staminali dell’e-
pidermide, usato nella cura dei grandi
ustionati. Infine, lo scorso 15 ottobre
l’Agenzia europea del farmaco (Ema) ha
dato l’ok anche al trapianto di stamina-
li della cornea, per curare lesioni o for-
me di cecità nelle quali questo tessuto
è danneggiato e non può rigenerarsi da
solo. «Non esistono oggi altre terapie ab-
bastanza efficaci e sicure da poter essere
usate sui pazienti su ampia scala», chia-
Afp/GettyImages
AUSTRIA: è vietata la ricerca sugli embrioni. L’uso di staminali embrionali importate
non è considerato dalla legislazione e pertanto viene consentito.
BELGIO: è permessa la ricerca su staminali ottenute da embrioni sovrannumerari.
BULGARIA: si possono ricavare cellule staminali dagli embrioni sovrannumerari
donati.
DANIMARCA: si può fare la ricerca su staminali ottenute da embrioni
sovrannumerari.
FINLANDIA: si possono ricavare cellule staminali da embrioni sovrannumerari, fino
al 14° giorno.
FRANCIA: la ricerca su embrioni e staminali embrionali deve rispettare norme molto
precise, essere scientificamente rilevante e finalizzata a risolvere problemi medici
importanti.
GERMANIA: è proibito ricavare staminali dagli embrioni, ma si possono usare
cellule importate, con alcune restrizioni.
GRAN BRETAGNA: si può fare ricerca sugli embrioni fino a 14 giorni e si possono
ottenere cellule staminali da embrioni di 5-6 giorni.
GRECIA: si possono ricavare le staminali da embrioni sovrannumerari per la ricerca
medica.
IRLANDA: non ha una legislazione specifica.
ITALIA: non si possono ottenere staminali dagli embrioni, ma è possibile importarle.
NORVEGIA: mancano leggi specifiche sulle staminali derivate da embrioni
sovrannumerari.
OLANDA: è possibile fare ricerca su staminali embrionali ottenute da embrioni
sovrannumerari, col consenso dei genitori.
PORTOGALLO: è permessa la ricerca su embrioni sovrannumerari.
REPUBBLICA CECA: si può fare ricerca sulle cellule staminali embrionali ottenute
da embrioni sovrannumerari di 7 giorni al massimo.
SPAGNA: è possibile ricavare cellule staminali da embrioni sovrannumerari per la
ricerca.
SVEZIA: si possono ricavare cellule staminali da embrioni sovrannumerari per la
ricerca.
La ricerca sulle cellule staminali adulte è
possibile ovunque; quella sulle embrionali è
soggetta a leggi diverse. Gli embrioni da cui si
ricavano le staminali sono quelli sovrannumerari,
prodotti cioè per i trattamenti di fecondazione in
vitro, ma non utilizzati.
PUZZLE DI LEGGI EUROPEO
Utilizzo degli embrioni per la ricerca:
Limitato Proibito Non specificato
18 | Focus Febbraio 2015
19. risce Gianvito Martino, direttore della
Divisione di neuroscienze dell’Ospedale
San Raffaele di Milano. «Si sta facendo
però molto in ambito sperimentale».
CURE DEL FUTURO. Nel mirino dei ri-
cercatori ci sono le malattie degenerati-
ve del sistema nervoso, come il morbo di
Parkinson o la corea di Huntington (che
si manifesta attorno ai 40 anni e colpisce
diverse aree cerebrali), l’ictus, la sclerosi
multipla, la Sla, l’infarto, il diabete, le le-
sioni del midollo spinale, le malattie del-
la retina e altro ancora. «Bisognerà però
aspettaremoltianniprimacheleterapie
siano disponibili», dice Martino.
Potrebbe invece essere più vicino l’uso
delle staminali mesenchimali – presenti
nelle articolazioni e nel midollo osseo –
per riparare la cartilagine consumata in
chi soffre di osteoartrite. Queste cellule
possono infatti generare osso, cartilagi-
ne e tessuto adiposo e alcune sperimen-
tazioni hanno mostrato che, iniettando-
le nelle ginocchia malate, formano un
tessuto che rimpiazza quello danneg-
giato dalla malattia. La cartilagine così
ottenuta è però ancora troppo fragile, e
i ricercatori stanno quindi cercando di
rinforzarla, anche utilizzando farmaci
già approvati per l’osteoartrite.
Sistasperimentandoanchecomeimpie-
gare queste stesse cellule per migliorare
l’attecchimento dei trapianti. «Le stami-
nali mesenchimali hanno la capacità di
spegnere la reazione del sistema immu-
nitario,cheèallabasedelrigetto»,spiega
Franco Locatelli, direttore del Diparti-
mento di oncoematologia dell’Ospedale
pediatrico Bambino Gesù di Roma. «In
uno studio pubblicato su Lancet abbia-
mo dimostrato che la tecnica è sicura ed
Pergentileconcessionedell’OspedalePedriaticoBambinGesù,Roma
efficace per il trapianto di midollo. Stia-
mo ora pianificando un secondo studio
che valuterà circa 200 pazienti, in colla-
borazione con centri di ricerca olandesi,
tedeschi, spagnoli e svedesi».
TUTTOFARE. «La possibilità di usare le
cellule mesenchimali per controllare il
rigetto dimostra che le staminali posso-
no fare molte cose», riprende Gianvito
Martino. «Possono spegnere l’infiam-
mazione, stimolare la rigenerazione,
influenzare il comportamento di altre
cellule (per esempio, quelle nervose), e
IL SANGUE PREZIOSO DEL CORDONE
Ogni bambino che nasce porta con sé un dono prezioso. Infatti nel suo cordone
ombelicale ci sono cellule staminali del sangue che, se trapiantate, determinano
reazioni di rigetto più contenute rispetto al trapianto di midollo. Per questo donare
il cordone è importante. Le donne che lo desiderano devono informarsi presso
l’ospedale in cui partoriranno, qualche mese prima della data del parto. Conservare
il cordone per sé invece serve a poco. La legge lo consente se il bambino o un suo
familiare hanno malattie che possono beneficiare del trapianto, o se ci sono
sospetti che in futuro queste possano manifestarsi. Negli altri casi le probabilità di
utilizzarlo sono così basse che è meglio donarlo a chi ne ha certamente bisogno.
Febbraio 2015 Focus | 19
20. Infuturoavremostaminaliditipo
diverso,eleterapiesarannoritagliate
sumisuraperciascunmalato
L’ORIGINE. Un embrione di pochi giorni nella cruna di un ago. In questo stadio è
ancora possibile estrarre le staminali. A destra: un contenitore con cellule
ematopoietiche del midollo osseo in un laboratorio di ricerca tedesco.
persino indurre la crescita di nuovi vasi
sanguigni», elenca Martino. C’è però un
rovescio della medaglia: «Ciò che fanno
dipende dal microambiente in cui si tro-
vano, dalle condizioni dell’organo dan-
neggiato, da caratteristiche del paziente
e da altri fattori che non conosciamo, e
che soprattutto non sappiamo ancora
controllare. E questo vale sia per le sta-
minaliadulte,siaperquelleembrionali».
Infuturo,quandoilquadrosaràpiùchia-
ro, le terapie dovranno essere insomma
ritagliatesumisuraperilsingolopazien-
te. «L’auspicio è di avere a disposizione
cellule di tipo diverso, così da poter
proporre cure davvero personalizzate e
trattare un numero maggiore di malati e
malattie», conclude Martino.
RICERCHE IN EMBRIONE. Anche per
questo la scienza esplora tante strade.
C’è quella delle staminali adulte, di cui si
è detto. E quella delle embrionali, sulle
qualiperòesisteunsolostudiosull’uomo
già pubblicato. È uscito a ottobre sulla
rivista Lancet e ha coinvolto 18 pazien-
ti con degenerazione maculare senile o
sindrome di Stargardt, due malattie che
portanoacecità.Lestaminaliembriona-
lisonostatetrattateperdiventarecellule
dell’epitelio pigmentato della retina, che
nutre e sostiene i recettori visivi, e poi
trapiantate. Due anni dopo, la terapia
non aveva determinato effetti collatera-
li gravi e quasi tutti i pazienti vedevano
meglio, o comunque non erano peggio-
rati. Altri gruppi stanno sperimentan-
do le staminali embrionali anche per il
diabete di tipo 1 e per lo scompenso car-
diaco. Tutti però devono affrontare due
obiezioni.Laprima,tecnica,èchequeste
cellule – più di quelle adulte – tendono a
formaretumori.Laseconda,ditipoetico,
è che per ottenerle bisogna distruggere
un embrione umano, e questo non è ac-
Spl/Contrasto
20 | Focus Febbraio 2015
21. TENUTE AL FREDDO. Provette per le cellule staminali estratte dal sangue
del cordone. La conservazione avviene in azoto liquido, a –196 °C.
cettabile per chi ritiene che la vita vada
tutelata dal concepimento.
Queste difficoltà sono state superate da
uno studio pubblicato nel 2006 dalla ri-
vista Nature, che nel 2012 è valso il pre-
mio Nobel al giapponese Shinya Yama-
naka. Con un approccio rivoluzionario,
loscienziatoèriuscitoatrasformarecel-
lule della pelle già differenziate (quindi,
non staminali) in qualcosa che assomi-
gliamolto–anzimoltissimo–allestami-
nali embrionali. È bastato introdurre in
queste cellule quattro geni che le hanno
fatte tornare in uno stadio indifferenzia-
to e pluripotente, capace cioè di dar vita
a tutti i tipi di cellule dell’organismo. Le
nuove nate si chiamano infatti “pluripo-
tenti indotte” (o iPS), e nella patria del
loro inventore sono già state sperimen-
tate su pazienti. Lo scorso settembre,
una donna di 70 anni con la degenera-
CHE COSA SI FA E CHE
COSA SI SPERIMENTA
CHE COSA SI PUÒ FARE:
trapianto di midollo,
trapianto di staminali cordonali,
ricostruzione della pelle,
rigenerazione della cornea.
CHE COSA STA PER ARRIVARE:
infusione di staminali mesenchimali
contro il rigetto nei trapianti,
riparazione delle articolazioni con
staminali mesenchimali.
MALATTIE SU CUI SI SPERIMENTA:
morbo di Parkinson, corea di
Huntington, morbo di Alzheimer,
ictus, sclerosi multipla, sclerosi
laterale amiotrofica (Sla), traumi
cranici, lesioni spinali, infarto,
diabete, malattie della retina.
STAMINA, IL METODO CHE NON FUNZIONA
Un anno fa, innescato da una trasmissione televisiva, scoppiava in Italia il caso
Stamina. La vicenda ha per protagonisti il medico Mario Andolina e l’esperto di
comunicazione Davide Vannoni, che affermano di poter curare malattie molto gravi
infondendo nei malati cellule staminali mesenchimali, indotte in vitro a trasformarsi
in neuroni. Non c’è alcuna prova che il metodo funzioni e che le staminali
mesenchimali possano diventare neuroni; i due non hanno mai davvero chiarito
come ciò possa avvenire. A dispetto delle molte apparizioni televisive, il numero di
articoli scientifici firmati da Vannoni e/o Andolina è pari a zero (l’unico, uscito su
una rivista coreana, è stato ritrattato dallo stesso autore). Nessuno è guarito grazie
a Stamina. I progressi straordinari di cui la scienza è capace, di cui parliamo anche
in queste pagine, sono figli di un metodo ben consolidato: l’autore di una scoperta
spiega che cosa ha fatto ai colleghi, che ripetono l’esperimento per verificare le
sue affermazioni. Tutto ciò che non segue questa procedura è inattendibile.
zione maculare senile è stata infatti la
prima al mondo a ricevere un foglietto di
retina ottenuto da iPS. Fra qualche anno
sapremo com’è andata. Ma, avverte Mar-
tino, «per la sicurezza dei pazienti è im-
portante non avere fretta».
I SUPER-OSPEDALI. Lascienzainsomma
ha tempi lunghi. E per venire incontro
alleesigenzedeimalati,aiqualipurtrop-
po spesso è proprio il tempo che manca,
sononatiindiversepartidelmondocen-
tri molto avanzati, in cui si lavora anche
per accelerare i passaggi che vanno dalla
ricerca alla cura, mantenendo però stan-
dard di sicurezza elevatissimi. Fra i più
grandi d’Europa ci sono i Nuovi labora-
tori dell’Ospedale Bambino Gesù, in San
Paolo fuori le Mura, inaugurati a Roma
alla fine dell’anno scorso. Grazie a un in-
vestimento di ben 26 milioni di euro, su
una superficie di circa 5.000 m2
lavorano
già150ricercatori,chestudianomalattie
che non hanno una cura per mettere a
punto metodi di diagnosi più rapidi e
nuove terapie, basate su cellule stamina-
li, farmaci innovativi e terapia genica. Il
cuore pulsante è la Cell Factory XellBio-
Gene, nata dalla collaborazione fra il
Bambino Gesù e il Policlinico Gemelli.
Qui, in 13 camere sterili affiancate da al-
tre stanze con strumentazioni di altissi-
ma tecnologia, si fabbricano material-
mente le cellule e i farmaci che saranno
usati nelle sperimentazioni sui malati.
L’obiettivo del centro è anche quello di
attrarrecervellidall’estero.Eseifattise-
guiranno le intenzioni, c’è da scommet-
tere che i laboratori romani diventeran-
no uno dei primi poli al mondo per la
ricerca medica avanzata.
Margherita Fronte
MarioFourmy/Rea/Contrasto
Laif/Contrasto
Febbraio 2015 Focus | 21
22. Comportamento
IO SONO IL MIGLIORE!
Molte persone sono
convinte di avere capacità
incredibili. Solo perché
sono pessimi giudici di sé.
22 | Focus Febbraio 2015
23. I
l rapinatore di banche che era cer
to di essere invisibile alle video
camere, perché si era cosparso la
faccia di succo di limone. Il pro
fessore in pensione che, alla riu
nione di condominio, spiega per
filo e per segno come funziona la
televisionesatellitare,confondendoSta
zione spaziale internazionale e satelliti
artificiali. Il collega dell’ufficio acquisti
che pontifica sulla sicurezza del nuclea
re, scambiando fusione e fissione. Se
ne incontrano molte, di persone così (a
parte forse il rapinatore); sono, secondo
iricercatori,tuttiaffettidall’effettoDun
ning-Kruger.Chenonèunagravemalat
tia neurologica, ma un comportamento
che, chi più chi meno, tutti manifestano.
PRESUNTUOSI DA NOBEL. Il nome deri
va da quello degli autori che l’hanno per
la prima volta descritto (appunto, David
Dunning e Justin Kruger, al tempo alla
Cornell University, nello Stato di New
York); l’hanno definito “sovrastima del
lepropriecapacità”.Cioèilpensiero,fre
quente e presente in ognuno di noi, che a
fare o sapere qualcosa siamo migliori di
quanto siamo in realtà.
Ci sono giocatori di scacchi che, nono
stante la scala dei valori sia molto pre
cisa, sono certissimi di essere migliori
di altri obiettivamente più bravi. Novan
tenni che pretendono la patente, anche
se palesemente non sono più in grado
di guidare. Oppure ministri degli Esteri
degli Stati Uniti che, per giustificare un
attacco militare, accusano uno Stato di
possedere “armi di distruzione di mas
sa”. Fino ad arrivare ai premi Nobel che
non fanno mancare all’umanità giudizi
su qualsiasi argomento. Il famoso viro
La forza
dello
stupido
Menosisa,piùsiè
sicuridisé,convinti
disaperfaretutto.
Peccatochenonsia
vero.Èl’effetto
Dunning-Krugere
colpiscesempre.
Dimostrache
nessunopuò
giudicaresestesso
obiettivamente.
Alamy
Febbraio 2015 Focus | 23
24. BONTÀ SUA.
È più facile
giudicare gli
altri che non
se stessi.
logo francese Luc Montagnier, che vinse
ilNobelnel2008perlascopertadell’Hiv,
sta diffondendo da anni la diceria che i
singoli filamenti di Dna possono emet-
tere onde elettromagnetiche, formando
poi nanostrutture d’acqua che propaga-
no informazioni. Linus Pauling, doppio
Nobel (per la chimica e per la pace), pro-
pugnò la teoria della medicina ortomo-
lecolare. Era basata anche su mega dosi
divitaminaCpercombatterelemalattie,
pure il cancro. Teorie senza senso, anche
se vengono da premi Nobel.
MEGLIO DI TUTTI. Dunning e Kruger si
sono chiesti se quelli che hanno raccolto
siano solo aneddoti, oppure se alla base
ci sia un fenomeno vero e descrivibile
scientificamente. E hanno iniziato una
serie di esperimenti e osservazioni per
chiarire il fenomeno. In qualsiasi am-
bito, da quello finanziario all’uso delle
armi, dalla grammatica inglese all’uso
della logica, sono arrivati alla stessa con-
clusione: le persone non sono quasi mai
in grado di giudicare correttamente le
proprie capacità. Anche senza arrivare
al Nobel o ai rapinatori stupidi (sembra
una barzelletta, ma l’episodio è vero),
sarà capitato a tutti di pensare di essere
andati molto bene in un’interrogazione
o un compito in classe, per ritrovarsi con
un 4 o un 5. Un esteso studio del 2012,
il National financial capability study,
condotto dal Tesoro degli Stati Uniti, ha
chiesto ai 25.000 americani chiamati a
rispondere quale fosse la loro compe-
tenza in termini finanziari. Esaminando
in particolare gli 800 che avevano fatto
bancarotta, e che quindi si presume non
fossero proprio dei “Wolf of Wall street”,
gli esperti hanno scoperto che in campo
Più buono di te
Oltre al giudizio sulle capacità
personali, Dunning ha misurato
quanto siamo in grado di valutare i
nostri atti civili, caritatevoli, in
fondo “buoni”. E ancora una volta
ha scoperto che ci consideriamo
molto migliori di quanto siamo
veramente.
A un gruppo di studenti universitari
è stato chiesto quanto avrebbero
donato a una Ong, e quanto
pensavano che avrebbero donato
altri studenti. Alla prova dei fatti, gli
studenti si sono dimostrati molto
meno generosi di quanto avessero
affermato, ma avevano previsto
correttamente il comportamento
complessivo del gruppo. Insomma,
come nel caso dell’effetto Dunning-
Kruger, siamo psicologi molto
migliori quando giudichiamo il
comportamento degli altri rispetto
a quando giudichiamo il nostro.
GRANDI UOMINI.
I mediocri non si spaventano
per i giudizi negativi; a
differenza dei saggi.
C.J.Burton/Corbis
24 | Focus Febbraio 2015
25. finanziario si giudicavano più esperti
della media. Una sensazione che i banca-
rottieri hanno in comune con manager,
studenti e giocatori di football. La mag-
giorpartediessi,inbaseasondaggiaccu-
rati, ritiene di essere migliore degli altri
nel proprio lavoro, sia esso calciare una
palla o coordinare le attività di un’azien-
da; e la cosa è palesemente inattendibile.
SICURI E AGGRESSIVI. Un effetto colla-
terale di questo difetto della valutazione
personaleèchegliincompetentisonoan-
che quelli più sicuri di sé. Quelli che non
sanno o non sanno fare sono i più decisi
nelle opinioni, i più certi delle loro cono-
scenze, i più ostinati nel mantenere e so-
stenere la loro posizione. E più si fa loro
notarecomequellocheaffermanosiadel
tuttoillogico,piùsostengonoapièfermo
quanto hanno detto, fino a diventare ag-
gressivi nel difendere le proprie posizio-
ni. L’articolo di Dunning e Kruger che
spiega tutto è intitolato infatti Unskilled
and unaware of it: how difficulties in re-
cognizing one’s own incompetence lead to
inflated self-assessment, cioè “Inesperto
eignarodiesserlo:comeledifficoltàari-
conoscere la propria incompetenza por-
ta a un giudizio esagerato su di sé”.
Come conseguenza di questa imposta-
zione mentale, succede invece l’opposto:
DunningeKrugerhannodimostratoche
una persona veramente esperta tende a
giudicarsi molto più severamente di una
incapace(vedigraficoallapag.seguente).
Fino ad arrivare a un punto in cui le per-
sone più informate, avvedute e sagge si
percepiscono meno dotate della media.
Questo perché, secondo David Dunning,
che insegna ancora oggi psicologia alla
CornellUniversity:«Icompetentipen-
Nonsiamoaffattocertichela
presunzionesiadiffusa
ancheinaltreculture.Potrebbe
essereunfenomenosolooccidentale
HO SEMPRE RAGIONE IO.
Una conseguenza dell’eccessiva
fiducia di sé è l’aggressività
nel presentare le proprie idee.
GettyImages/BlendImagesRMGettyImages
Febbraio 2015 Focus | 25
26. sano che gli altri siano bravi come loro; e
chequindiciòchesannononsianientedi
speciale rispetto al resto dell’umanità».
IDEE CASUALI. Ma quali sono nel nostro
cervello le “forze” che ci spingono a una
valutazione di noi stessi così errata da
farci totalmente sbagliare il giudizio?
Come mai l’incompetenza porta inevi-
tabilmente all’incapacità di giudicare...
la stessa incompetenza? Gli psicologi
fanno notare che dal punto di vista lo-
gico la cosa sta in piedi. Per arrivare a
giudicarsi incapaci, sarebbe necessario
possedere le stesse capacità che garanti-
scono un autogiudizio obiettivo: impos-
sibile. Come disse il naturalista inglese
Charles Darwin nell’Origine dell’uomo
e la selezione sessuale: “L’ignoranza pro-
duce confidenza più frequentemente di
quanto non faccia la conoscenza”. Il ra-
pinatore che si era spalmato il succo di
limone sulla faccia non voleva credere
che le videocamere lo avessero filmato e
lapoliziariconosciuto.Eraassolutamen-
te convinto che il succo di limone, visto
Gliincompetentisi
sovrastimano.Male
personedigrandecapacità
sistimanotroppopoco
che era noto anche come “inchiostro in-
visibile”, gli permettesse di fuggire alle
attenzioni indesiderate.
FIDUCIA INNATA? Perché questo atteg-
giamento è così diffuso? Dunning ri-
spondeinmanieraspiritosa:«Semichie-
dete quale sia la singola caratteristica
che renda una persona soggetta a questo
auto-inganno, io direi che è respirare».
Più seriamente, gli psicologi ritengono
che una mente che ignora non è affatto
vuota, ma ricca di pezzi e frammenti di
informazione, esperienze di altri che
sentiamo nostre, discorsi sentiti al bar
o letti anni e anni prima. Questi fatti,
idee, informazioni e intuizioni sono a
loro volta passati al vaglio da un cervello
che milioni di anni di evoluzione hanno
fattodiventareun“cercatoredipattern”,
come dice Dunning: uno strumento che
cerca di dare senso a tutto ciò che vede,
sente o pensa, e in particolare al proprio
io. E quando il senso non c’è, lo impone,
acostodiinserireinformazioniscorrette
ma in apparenza giuste, a completare il
quadrochecisiamofattidinoiedelmon-
do. Il cervello è un infaticabile creatore
di storie, e costruisce continuamente
racconti più o meno plausibili su quel
che siamo e sappiamo, riempiendo i bu-
chi con nozioni raccogliticce. La ricetta
perfetta per farci precipitare in situazio-
ni pericolose o sfortunate.
Finché la nostra specie viveva in tribù di
poche decine di persone, parenti e amici
potevano esserci accanto per corregger-
ci, sostenerci o prenderci in giro. Ma in
una società democratica sempre più
complessa e correlata, che sposta risorse
e uomini in risposta a credenze popolari
senza riscontro, il potere e l’aggressività
di coloro che credono di avere sempre
ragione potrebbero essere pericolosi.
Marco Ferrari
La scienza dell’autogiudizio
Dunning e Kruger nel loro articolo dimostrarono come sia complicato avere
un giudizio obiettivo di se stessi, nelle più varie situazioni.
Per esempio (grafico sotto) le persone che hanno un senso dell’umorismo molto
spiccato (quelle nel quartile superiore, a destra) si giudicano allo stesso livello
di quelle che non farebbero ridere nessuno (nel quartile inferiore, a sinistra).
In altre abilità la differenza è ancora più evidente.
100
80
60
40
20
90
70
50
30
10
0
Quartile
inferiore
Terzo
quartile
Secondo
quartile
Quartile
superiore
Percentuale
Abilità percepita
Abilità reale
MANIE DI GRANDEZZA.
Neppure il senso del ridicolo
ferma le persone incompetenti.
SOTTILE PSICOLOGO.
David Dunning, studioso Usa.
BostonGlobeviaGettyImages
CornellUniversity
26 | Focus Febbraio 2015
27.
28. DA RECORD.
L’auto robotica
sviluppata dal
Laboratorio di
tecnologie della
visione di Parma:
è stata la prima al
mondo a girare
nel traffico cittadino
(nella città emiliana).
RobertoCaccuri/Contrasto TecnologiaTecnologia
28 | Focus Febbraio 2015
30. L’
auto sulla quale stiamo viag-
giando rallenta a un incrocio,
lascia passare un’altra vettura
e prosegue. Poco più avanti si
ferma alle strisce pedonali per consenti-
reaunacoppiadianzianidiattraversare,
riprendevelocitàesiarrestadavantiaun
semaforo rosso. Al verde riparte, tiene la
sinistra e poi svolta. Sembrano comuni
fotogrammi di traffico cittadino. A ren-
derlieccezionalièl’autocheciscarrozza,
un modello in grado di guidarsi da solo,
senza che ci sia nessuno al volante. Ri-
conosce semafori e strisce pedonali, si
LE MENTI DELL’AUTO.
Il team del Vislab (Artificial and
intelligent system lab) fotografato
nel laboratorio di Parma.
Ho un cervello nel baule
OPTIONAL. Il punto di forza di
Deeva, il sistema sviluppato dal
Vislab di Parma, è che si può
applicare a qualsiasi autovettura.
Fra qualche anno potrebbe
essere offerto come optional nei
modelli di fascia medio alta. Il
“kit di modifica” prevede batterie
supplementari, pc di bordo,
telecamere, sensori... eccoli nel
dettaglio.
NAVIGATORE.
Le mappe
in versione
digitale sono
contenute
in una scheda
di memoria,
come nei
comuni
navigatori
satellitari.
BAGAGLIAIO.
Il baule viene modificato per ospitare
le batterie, i 15 pc di bordo e i relativi
cavi elettrici.
ANTENNA GPS.
Diversa (e più potente)
rispetto a quella dei
comuni navigatori.
Capta anche segnali
debolissimi.
L’AUTISTA.
Ecco il pc che
fa da pilota
autonomo
impartendo
gli ordini
agli organi
di comando.
BATTERIE AL LITIO.
Installate nel baule, garantiscono
la potenza necessaria
(1,3 kW, che la batteria di serie
non è in grado di fornire)
per far funzionare il sistema.
GLI OCCHI LATERALI.
Otto telecamere installate
sulla fiancata e nello
specchietto controllano ciò
che succede di lato e
dietro. Idem dall’altro lato.
RobertoCaccuri/Contrasto
Vislab.it
30 | Focus Febbraio 2015
31. Unsistemadi26telecamereconsentedi
ricostruirel’ambientecircostante,mentre
ipcdibordoelaboranoidatiedanno
gliordiniavolante,frenoeacceleratore
tiene a distanza di sicurezza dalle altre
vetture e rispetta il codice della strada.
Il bello è che non si tratta della buffa, ma
fantascientifica,vettura-robotpresenta-
tadaGooglequalchemesefa(v.riquadro
pag. seguente), ma di una normale auto
di serie modificata con un kit da instal-
lare in modelli già esistenti. Per provar-
la, nessun volo transoceanico: è bastato
venire a Parma, al Vislab, il laboratorio
di tecnologia della visione ospitato dalla
locale Università.
RECORD ITALIANO. Alla “vettura auto-
noma” quelli del Vislab stanno lavoran-
do da almeno 20 anni: sono sempre loro
che, nel 2010, erano riusciti nell’impresa
di consentire a quattro furgoncini elet-
trici di “guidarsi” fino in Cina partendo
dall’Italia. E che nel 2013 avevano alle-
stito (col progetto Braive) la prima auto
al mondo in grado di muoversi senza
conducente nel traffico reale di una cit-
tà. Ora ci mostrano l’ultima evoluzione
del loro progetto, Deeva, un sistema che
hanno installato su una berlina nera che
troviamo nel parcheggio del laboratorio.
Sembra un modello normale, se non fos-
se per alcuni particolari, che si rivelano
a un’occhiata più attenta, come un buon
numero di oggetti misteriosi nascosti
sotto le alette parasole e lungo la fianca-
ta, una parabola integrata nel tetto e un
bagagliaio affollato di cavi, pc e batterie.
L’ideaallabasediDeevaèsemplicema,al
tempo stesso, complessa. «Per funziona-
re», spiega Alberto Broggi, direttore del
Vislab,«un’autoroboticadevepossedere
tre caratteristiche: la percezione, cioè la
comprensione di quanto sta accadendo
intorno;lacapacitàdiprenderedecisioni
e, infine, il controllo».
OCCHIO AGLI OSTACOLI. Il Vislab è spe-
cializzato in tecnologie per la visione,
quindi fin dall’inizio il suo punto di forza
è stato la capacità di vedere l’ambiente,
interpretarloetrasformarloinunamap-
padettagliata.«Deevaadotta13coppiedi
telecamere dotate di visione 3D», spiega
PaoloGrisleri,responsabiledelprogetto,
«e in grado di individuare la posizione
degli oggetti nello spazio». Alcune sono
piazzate nel parabrezza e nella masche-
rina del radiatore e riescono a percepire
tutto ciò che succede davanti al paraurti,
in un raggio di 80 metri. Altre sono mon-
tate sulle fiancate, negli specchietti e in
codaalveicolo,pertenered’occhioquello
che succede tutto attorno. Alle videoca-
mere si aggiungono 4 laser scanner che,
spiega ancora Grisleri, «verificano i dati
raccolti dalle telecamere e affinano la
misura delle distanze degli oggetti». Sul
tetto, un’antenna gps ad alta sensibilità
consente di captare il segnale satellitare
anche dove esso è molto debole. E nelle
situazioniincuièimpossibileagganciar-
lo, per esempio in galleria, subentra uno
deipcdibordoche,partendodagliultimi
datirilevati(posizione,velocitàecc.)cal-
cola la nuova posizione del veicolo. «In
realtà», osserva Broggi, «la dotazione di
Deeva va oltre le necessità di un veicolo
autonomo.Ilnostroèunprototipodesti-
nato alla ricerca, che sfruttiamo per test
“estremi”. Ma un’auto di serie non avrà
bisogno di tante telecamere».
CAPACITÀ DI CALCOLO. Questo consen-
teallavetturadiricostruire,istantedopo
istante, la realtà che le sta intorno: i bor-
di della strada e le sconnessioni, le altre
auto, le persone e gli animali. La vista,
però,nonètutto.Leimmaginielealtre
TABLET.
Sono integrati nei
poggiatesta per
consentire ai
passeggeri di
interagire con l’auto
(per esempio per
chiedere una sosta o
modificare la rotta).
EMERGENZA.
In caso di necessità
il passeggero seduto nel
posto del conducente
può prendere il controllo
dell’auto premendo
un pulsante rosso.
TELECAMERE
FRONTALI.
Sono 8, montate
sul parabrezza in
posizioni tali da
offrire una visione
3D a profondità
variabile.
SCANNER LASER.
Sono montati dietro la griglia
frontale e completano la visione
delle telecamere 3D installate
dietro il parabrezza.
Febbraio 2015 Focus | 31
33. informazioni raccolte vanno infatti ela-
borateetradotteinazionidafareseguire
all’auto. Per questo nel baule si trovano
i 15 pc: tredici digeriscono i dati prove-
nienti da ognuna delle coppie di teleca-
mere, un computer sincronizza i dati di
telecamere e scanner laser e l’ultimo pc
fa da comandante. È lui che dà gli ordini
alvolanteoaipedalidelfrenoedell’acce-
leratore: li fa muovere davvero, come se
ci fosse un conducente invisibile!
FACILE DA PRODURRE. «Deeva», spiega
Broggi, «è la nostra idea di vettura au-
tonoma. Un’auto come quelle di serie,
modificata senza alterare l’estetica. È la
strada che sarà seguita dalle grandi mar-
che per sviluppare l’auto del futuro».
Un concetto diverso da quello proposto
da Google, che punta a rompere con gli
schemitradizionaliconunavetturacheè
più un robot a 4 ruote (v. riquadro).
Mailmondodell’autoèancoraperleidee
e le certezze consolidate, per questo sta
riscuotendo successo la proposta di Vi-
slab.Chehastrettoaccordiconvariecase
automobilisticheeapertounlaboratorio
col gruppo Magneti Marelli. Il risultato
è che, tra 4 o 5 anni, un sistema come
Deeva potremmo ritrovarcelo nella lista
degli optional proposti per le automobili
di fascia medio alta. Questo ovviamen-
te avrà senso se, nel frattempo, saranno
statimodificatiilcodicedellastrada(che
adesso impone un conducente in carne
e ossa!) e le norme sulle assicurazioni
(soprattutto per definire di chi sarà la
responsabilità in caso di incidente. Del
proprietariodell’auto?Delcostruttore?).
E SE DOMANI... Ma Broggi non ha dubbi:
«Leautomobilisarannoprivediautistae
si trasformerà anche il nostro modo di
muoverci».Potremodormireinviaggioe
programmare gli spostamenti lunghi di
notte, avremo vetture più comode, con
verieproprilettioconcepitecomesalot-
tini. «E non avremo più auto di proprie-
tà», conclude Broggi, «perché quella ro-
botica favorirà la diffusione del car
sharing, con società di servizi che mette-
rannoadisposizioneiveicoliesioccupe-
ranno della manutenzione».
Riccardo Oldani
RobertoCaccuri/Contrasto
Febbraio 2015 Focus | 33
34. Scienza
SCOMPORRE
LA REALTÀ.
Secondo una
recente teoria,
il mondo in cui
viviamo si può
“scomporre” in
più universi
paralleli. Un po’
come i riflessi
degli spettatori
in quest’opera
dell’artista
Anish Kapoor.
35. In un universo
o nell’altro
Imondiparalleliesistono.Parola
ditrescienziati,checonquesta
ideacercanodispiegareuno
deigrandimisteridellanatura.
Reuters/Contrasto
36. T
re rispettati scienziati
annunciano: non siamo
soli nell’universo. Ma
non pensate ai marziani
e ai pianeti di stelle lon-
tane, gli extraterrestri
non c’entrano. A non
essere solo non è il genere umano e ba-
sta, bensì il cosmo intero. Che sarebbe
uno tra tantissimi, ognuno fatto a modo
suo, e tutti regolati dalle medesime leggi
della fisica. La proposta rivoluzionaria è
che ogni universo risenta dell’influenza
degli altri e che questa interazione sia
la causa dei fenomeni che oggi spieghia-
mo con una teoria notoriamente com-
plicata, la meccanica quantistica. Ciò
permetterebbe addirittura di inventare
esperimenti per contare questi mondi
paralleli. E avrebbe alcuni vantaggi pra-
tici, per i calcoli atomici e per l’industria.
UNA NUOVA IDEA. L’argomento è sicura-
mente degno di un film di fantascienza,
come ce ne sono stati tanti in passato.
Per esempio la famosa serie tv britan-
nica Dottor Who. Qui gli universi paral-
leli erano separati dal nulla assoluto, “il
Vuoto”, che non può essere attraversato
senonincondizionieccezionali.Quando
venne trasmessa la prima puntata della
serie, nel 1963, i mondi paralleli erano
già stati presi in considerazione dalla
scienza. Nel 1957, il fisico Hugh Everett
III li aveva utilizzati per superare alcuni
paradossidellameccanicaquantistica,la
teoriachespiegailcomportamentodelle
particelle elementari (v. riquadro sopra).
SiaperEverettchepergliautoridiDottor
Who non c’è interazione tra un universo
e gli altri, proprio perché, come le rette
parallele, non s’incontrano mai (a meno
che non si possegga il Tardis del Dotto-
re, l’apparecchio con l’aspetto esteriore
di una vecchia cabina telefonica della
polizia inglese che permette di viaggiare
tra le dimensioni spaziali e temporali…).
Invece Michael Hall e Howard Wiseman
(v. foto a destra), della Griffith Universi-
ty a Brisbane, in Australia, e Dirk-André
Deckert, della University of California a
Davis, negli Stati Uniti, propongono una
nuova teoria, secondo la quale esistono
altriuniversioltreaquellocheconoscia-
INTERFERENZA QUANTISTICA. Un’onda attraversa una
doppia fenditura. Secondo la fisica atomica, anche le
particelle creano figure di interferenza simili: un fenomeno
che si può spiegare con le dimensioni parallele.
L’ipotesi
spiegaperché
ilmondo
degliatomiè
imprevedibile
Se tutti i destini si realizzano
OGNI BIVIO È UN RADDOPPIO. L’arbitro fischia un rigore a favore della vostra
squadra. Il giocatore mette la palla sul dischetto, prende la rincorsa… parato! Non
disperatevi, in un altro universo ha segnato il gol. A sostenerlo è la teoria dei molti
mondi, elaborata dallo statunitense Hugh Everett III quando ancora era studente
universitario e pubblicata nel 1957. Per risolvere il paradosso più noto alla base
della meccanica quantistica, per il quale uno stesso esperimento può dare risultati
diversi (v. articolo), Everett propose un’idea originale: che ogni misura compiuta
generasse universi distinti, come un ramo che si divide in altri rami. In questo
modo, in un universo o nell’altro, tutti i destini possibili si realizzano. E il risultato,
diceva Everett, si può estendere a qualsiasi evento, calcio di rigore compreso.
GENIO INCOMPRESO. La teoria, inizialmente, fu considerata una follia. Deluso, il
giovane lasciò la ricerca e lavorò soprattutto in ambito militare. Fumatore incallito e
forte bevitore, morì nel 1982 di infarto, a 51 anni. Le sue idee pionieristiche, però,
fanno ancora discutere. Il figlio Mark, musicista del gruppo rock Eels, gli ha
dedicato un documentario che ha vinto diversi premi (http://vimeo.com/58603054).
Spl/Contrasto
36 | Focus Febbraio 2015
37. mo,comegiàipotizzatodaEverett,main
grado di influenzarsi a vicenda, istante
per istante. Il lavoro del trio di scienziati
è apparso sulla rivista scientifica Physi-
cal Review X.
VIVO O MORTO? «Il nostro punto di par-
tenza è lo stesso di Everett, cioè l’esigen-
za di spiegare in modo soddisfacente le
stranezze della meccanica quantistica»,
illustra Michael Hall a Focus. Le leggi
dellafisicaclassicacheregolanoglieven-
ti a livello macroscopico, quello della no-
stra vita quotidiana, sono tali che a ogni
causa corrisponde un preciso effetto:
sono,cioè,deterministiche.Leleggidella
meccanica quantistica, che invece valgo-
no al livello microscopico, sono diverse:
quando si compie una misura su un cer-
tosistemadiparticelleelementarinonsi
può dire prima quale risultato si otterrà,
masolamentesapereseunrisultatoèpiù
o meno probabile di altri. L’insieme del-
le diverse probabilità è descritto da una
formula matematica chiamata “funzio-
ne d’onda”, introdotta nel 1926 dal fisico
austriaco Erwin Schrödinger. A lui dob-
biamo la popolare immagine dell’omo-
nimo gatto sigillato in una scatola, che
può trovarsi in due stati: vivo o morto.
Prima di aprirla, non possiamo sapere in
che condizione sia. La funzione d’onda ci
dice che si trova in uno stato misto in cui
èallostessotemposiavivosiamorto,con
differenti probabilità. Strano? Sì. Perfi-
no Einstein trovava difficile accettare
questo e altri paradossi della meccanica
quantistica. Gli esperimenti, però, dan-
no ragione alla teoria dei quanti, anche
se la reale natura della funzione d’onda
resta un mistero: «È proprio ragionando
su quale potesse essere il fenomeno che
ledàoriginechesiamoarrivatiastudiare
i mondi paralleli», aggiunge Hall.
EFFETTO REPULSIVO. Hall, Deckert e
Wiseman hanno immaginato un insie-
me di universi retti soltanto dalle leggi
della meccanica tradizionale, quella di
Galilei e Newton, senza funzione d’onda
a regolare i processi tra le particelle ele-
mentari. Tutti gli universi condividono
lo stesso spazio e lo stesso tempo, ma le
particelle di un mondo possono intera-
gire solo con altre particelle di quello
stesso mondo. Un po’ come coinquilini
che abitano nello stesso appartamento,
senza sapere gli uni degli altri. «Quando
le particelle di un universo hanno po-
sizioni e velocità troppo vicine a quelle
delle particelle di un altro universo, ecco
che scaturisce una forza repulsiva tra i
TRA LASER E BULLONI.
Howard Wiseman, direttore del
Centro di dinamica quantistica
dell’Università di Griffith,
in Australia. È uno dei padri
dell’ipotesi sui mondi paralleli.
BOLLA CONTRO BOLLA.
Gli universi paralleli sono
di solito raffigurati come
bolle che si ignorano.
Nella nuova teoria,
invece, si respingono.
Spl/Contrasto
Febbraio 2015 Focus | 37
38. due», spiega Wiseman. «Questa forza fa
sì che le particelle in un mondo e nell’al-
tro cambino la loro configurazione in
modo deterministico. Ma un osservato-
re, che vede le particelle soltanto nel suo
universo, non può prevederne a priori il
comportamento, perché non sa in quale
tra i mondi possibili si trovi né con quale
altro stia interagendo. Può dare solo una
descrizione probabilistica». La funzione
d’onda, quindi, sarebbe un effetto secon-
dario dell’interazione tra i vari universi,
istante per istante. Gli autori hanno bat-
tezzato la loro teoria Many interacting
worlds (Miw), cioè “molti mondi inte-
ragenti”. «Questo modello può spiegare
una grande varietà di fenomeni quanti-
stici», dice Wiseman.
LA RISPOSTA È… Se la teoria è vera, ogni
momento accanto a noi si trovano altre
versioni di noi stessi, per esempio con gli
occhi o i capelli di colore diverso, che vi-
vono ciascuna nel proprio mondo. L’idea
sembra ancora più assurda della miste-
riosa funzione d’onda, ma Wiseman ne
illustra i vantaggi: «Il nostro approccio
permette di semplificare i calcoli ne-
cessari a un computer per studiare i
fenomeni quantistici con la precisione
richiesta». Per esempio, i tre scienziati
hanno simulato al computer un famoso
esperimentodifisicaquantistica,l’inter-
ferenza di una particella quando passa
attraverso una doppia fenditura (v. fi-
gura nella pagina precedente). L’accordo
dei risultati della simulazione con quan-
to previsto dalla meccanica quantistica
è quasi perfetto nel caso di quarantuno
mondi interagenti.
Chissà che cosa ne pensano gli appassio-
natidelromanzosatiricodifantascienza
Guida galattica per autostoppisti del bri-
tannico Douglas Adams, nel quale la ri-
sposta di un supercomputer alla doman-
da fondamentale sulla vita, l’universo e
tutto quanto è... 42.
SVILUPPI FUTURI. Bill Poirier, docente
alla Texas Tech University, che già nel
2010avevacominciatoalavoraresuun’i-
dea analoga a quella dei tre colleghi, en-
fatizza le potenziali applicazioni: «L’ap-
proccio Miw potrebbe introdurre novità
decisive per calcolare le complesse rea-
zioni chimiche con cui si sintetizzano le
molecole dei principi attivi per nuovi
farmaci». Hall, Deckert e Wiseman, dal
canto loro, continuano a verificare e a
estendere la teoria: «Abbiamo ancora
molto lavoro da fare, per descrivere le
svariate tipologie di fenomeni quantisti-
ci,chiarirelanaturadellaforzarepulsiva
tra gli universi e le possibili implicazioni
sull’altra grande teoria del secolo scorso,
la relatività generale», conclude Hall.
Dopo Schrödinger, forse nemmeno Ein-
stein può dormire sonni tranquilli.
Andrea Bernagozzi
VIAGGIO
NEL TEMPO.
Il satellite europeo
Planck. I suoi dati,
tra cui quelli
sull’origine
dell’universo,
sono ancora
sotto studio.
Lateoriaèancheutile:si
potràforseapplicarealla
progettazionedifarmaci
I SEGRETI DEL BIG BANG
DOVE SONO LE PROVE? Nella primavera del 2014,
gli scienziati dell’esperimento Bicep2 in Antartide
avevano annunciato la scoperta di onde
gravitazionali emesse subito dopo il Big Bang
(v. Focus n° 259). E i dati sembravano (ma qualche
dubbio c’è) in perfetto accordo con le teorie che
prevedono l’esistenza di innumerevoli universi
paralleli. Questi mondi sarebbero di un altro tipo
ancora rispetto a quelli descritti nell’articolo: diversi
dal nostro, potrebbero avere perfino leggi fisiche
differenti. «L’analisi dei nuovi dati rilasciati dal
satellite Planck (v. foto), più precisi di quelli antartici,
ci dirà se i molti universi di tipo cosmologico sono
scientificamente plausibili», dice Amedeo Balbi,
astrofisico all’Università di Roma Tor Vergata.
41Il numero di universi
paralleli usato finora
per simulare al
computer la realtà.
Con ottimi risultati.
Spl/Contrasto
38 | Focus Febbraio 2015
39. Lunga vita ai tuoi sogni
La Sardegna è una terra unica la cui storia è tra le più ricche ed antiche del Mediterraneo come testimoniano i reperti
archeologici i “Giganti di Mont’e Prama”. Spettacolari ed ancora misteriose sculture in pietra di guerrieri, arcieri, pugilatori
e sacerdoti alte circa due metri e risalenti probabilmente al X secolo a.C.
Una vacanza in Sardegna è un tuffo nella storia del Mediterraneo.
I Giganti di Mont’e Prama
Museo Civico di Cabras – Oristano
Museo archeologico Nazionale di Cagliari
Sardegna,
naturalmente.
suconcessionedelMibact-DirezioneRegionaleperiBeniCulturaliePaesaggisticidellaSardegna-SoprintendenzaperiBeniArcheologiciperleprovinciediCagliarieOristano
44. ROSSOANTICOAnnacquato, inacetito, con miele. Che gusto
aveva il vino che bevevano i Romani? Gli studiosi
lo ricostruiscono... iniziando dalla vigna.
44 | Focus Febbraio 2015
Storia
45. P
er l’“aperitivo”, la scel-
tacadesuicocktaildol-
ci. Nelle cene dei ric-
chi, invece, scorrono
a fiumi vini d’annata:
invecchiati, veri sta-
tus symbol. Consumi
abituali, a Roma... circa duemila anni fa.
Allora come oggi i vini erano infatti ap-
prezzatiedituttiitipi:cen’eranodibian-
chi e rossi, giovani e invecchiati, italiani
e d’importazione. Se con una macchina
del tempo potessimo ritrovarci nella vil-
ladiunanticoromano,accompagnerem-
mo come facciamo oggi le pietanze con
vino... ma non è detto che ci piacerebbe.
Infatti, in molti casi i gusti erano molto
diversi dai nostri: si beveva vino allun-
gato con acqua di mare, insaporito con
spezie, persino mischiato al garum, la
salsa di pesce fermentato onnipresente
nella cucina romana. Che sapore aveva-
no, quindi, i vini romani? Lo hanno sco-
perto i ricercatori, studiando le antiche
modalità di produzione, conservazione
e servizio. E arrivando oggi a progetti di
“archeologia sperimentale” che cercano
di riportare in vita quegli antichi vini.
UNA CANTINA DI 4 MILLENNI FA. «I Ro-
mani producevano moltissime tipologie
di vino», spiega l’archeologo Stefano De’
Siena, autore di Il vino nel mondo antico,
«e avevano sviluppato una tecnica molto
avanzatadicolturadelvigneto,applicata
senza sostanziali modifiche nelle nostre
campagne fino al XIX secolo. Quello che
cambiava molto rispetto ai nostri tempi
era il lavoro fatto in cantina, per cercare
di conservare al meglio un prodotto che
tendeva a deteriorarsi e doveva quindi
essere trattato». Come avveniva questo
trattamento? I Romani avevano eredita-
to le pratiche di viticoltura ed enologia
da altri popoli, come Etruschi, Greci e
Fenici, e furono i continuatori di una
cultura mediterranea del vino che aveva
radici antiche. Basti pensare alla recen-
te scoperta in Israele di una cantina del
1700 a.C., tra le più antiche mai trovate:
nel basamento di un palazzo a Tel Kabri,
un team internazionale di archeologi ha
rinvenuto40grandiorciditerracotta,da
50 litri l’uno, che contenevano residui di
vino. Andrew Koh, della Brandeis Uni-
versity (Usa), analizzandoli con tecni-
che di gascromatografia e spettrometria
dimassa,harivelatochesitrattavadivini
rossi(forseanchebianchi,inalcuniorci)
aromatizzati con miele, menta, ginepro,
cannella e resina di storace, ricavata da
una pianta. Il gusto doveva essere simile
all’odierna Retsina greca.
GliorcirinvenutinellacantinadiTelKa-
brinonsonocosìdiversidaidolia,igran-
di contenitori di terracotta che venivano
usati dai Romani dopo la pigiatura per la
fermentazione del mosto e la conserva-
zione del vino (vedi infografica alla pag.
seguente): erano gli “antenati” di botti,
vasche di cemento e altri recipienti delle
cantinemoderne.Lavinificazioneinter-
racotta forniva un vino non modificato
dai sentori di legno tipici invece dell’in-
vecchiamento in botte. «Ma finivano per
trasmettere il loro gusto al vino, invece,
le resine impiegate per impermeabiliz-
zare i contenitori e per sigillare i tappi
di legno o di sughero con cui venivano
chiusi gli orci», spiega De’ Siena. Il sapo-
re era determinato anche dall’aggiunta
diretta di resine e spezie. «Avveniva du-
rante la vinificazione e aveva lo scopo di
preservare meglio il prodotto, ma anche
diconferirgliungustoinlineacoltempo.
Per esempio, tra gli additivi usati c’erano
lo zafferano o il mosto cotto. Possiamo
individuare tracce delle sostanze usate
attraverso l’archeopalinologia, cioè lo
studio del polline presente negli antichi
luoghi di produzione del vino».
I Romani, insomma, trattavano il vino
con additivi proprio come fanno i pro-
duttori di oggi: non con solfiti, per pro-
lungare la conservazione, ma con le
spezie allora disponibili e con l’aggiunta
di zuccheri (come il mosto concentrato
attraverso la cottura).
ESPERIMENTO SULL’ETNA. Ma dobbia-
mo fare un passo indietro. Se il vino si
faceva(esifa)ancheinvigna,comecolti-
vavano la vite i Romani? Per rispondere,
l’Ibam,l’Istitutoperibeniarcheologici
Corbis
KantonsarchäologieAargau,Switzerland/3D-Reconstruction:www.digitale-archaeologie.de
VECCHIA OSTERIA.
Ricostruzione di
un’“osteria” romana, dove
si serviva vino. Sotto, un
vigneto sperimentale
a Pompei: è sul sito di
una delle vigne emerse
con gli scavi archeologici.
Febbraio 2015 Focus | 45
46. Gli archeologi del
Cnr in Sicilia
hanno piantato
viti con regole e
strumenti antichi:
nel 2014 c’è
stato il primo
raccolto
e monumentali del Cnr, ha avviato sulle
falde dell’Etna un progetto di archeolo-
gia sperimentale. «Si tratta», spiega il di-
rettore dell’istituto, Daniele Malfitana,
«di un vigneto coltivato seguendo alla
lettera le prescrizioni tratte dai prin-
cipali trattati di agricoltura dell’antica
Roma, scritti da Plinio il Vecchio, Cato-
ne, Varrone e Columella. Qualche ettaro
di terreno che sarà pronto per la prima
vera vendemmia e vinificazione tra 2 o 3
anni».Leindicazionieranoprecisissime:
distanze da tenere tra le piante, orienta-
mento dei filari, esposizione, modo di
mettere le viti a dimora, vendemmia...
«Basandoci sulle fonti», dice Malfitana,
«abbiamo perfino ricostruito gli attrezzi
usati all’epoca, come la “cicogna”, uno
strumento in legno che consentiva al
proprietario del fondo di verificare se gli
scavi per la messa a dimora delle nuove
viti erano stati fatti dai lavoranti con la
giusta profondità e dimensione».
FALCETTI D’EPOCA. «La scelta del viti-
gno»,spiegaancoraMalfitana,«èricadu-
tasulla“muscatedda”bianca,uvastorica
siciliana, nella quale abbiamo individua-
to l’uva “apina”, cioè amata dalle api, de-
scritta da Plinio il Vecchio e Columella».
Le prime uve della vigna siciliana sono
state raccolte nel 2014 da Mario Indeli-
cato,collaboratoredell’Ibam-Cnr,cheha
impiegatoperl’operazioneunfalcetto,la
falcula, realizzato secondo la descrizio-
ne che ne fa Columella. Il quantitativo
raccolto è stato piccolo, e di qualità non
paragonabile a quella delle viti allevate
con tecniche moderne, ma al momento
i ricercatori dell’Ibam sono interessa-
ti soprattutto a ricostruire tecniche e
pratiche colturali e meno alla qualità
dell’uva. A questa si baderà più avanti,
in occasione della prima vinificazione,
che verrà condotta come si faceva all’e-
poca. Si userà per esempio il torchio di
legno,iltorcularimpiegatodaiRomani.I
ricercatoridevonoinveceancoradecide-
re se riprodurre la pratica di raccogliere
l’uva dopo un breve appassimento sulla
pianta: questa dava vini considerati dai
Romani di qualità eccezionale, simili ai
nostri “passiti”. L’appassimento deter-
mina infatti una maggior concentrazio-
nedizuccherinell’acinoeportaaunvino
più dolce e liquoroso.
«Il vino ottenuto dai Romani», osserva
Malfitana, «doveva essere in generale
molto pastoso, nettarino, alcolico. Per
questo veniva diluito, con acqua o an-
che acqua di mare, o persino mischiato
al garum, la salsa liquida a base di pesce
fermentato usata nella cucina romana».
Un altro esperimento di riproduzione di
una vigna antica è già da anni in corso a
Pompei, per iniziativa della Soprinten-
denza archeologica, che ha concesso un
piccolo appezzamento all’interno dell’a-
rea urbana a un produttore campano,
Mastroberardino. Questo luogo ospitava
un vigneto anche all’epoca dell’eruzione
delVesuvionel79d.C.Lenuovevitisono
state collocate al posto di quelle antiche,
di cui sono stati ritrovati i sostegni, e le
varietà sono state individuate sulla base
delle testimonianze storiche e degli af-
freschi pompeiani che ritraggono grap-
NELLA VECCHIA FATTORIA
In questo disegno, è ricostruita una villa rustica
del I secolo d.C.: è la villa della Pisanella
a Boscoreale (Napoli), a nord di Pompei,
una delle tante “aziende agricole” che si
trovavano nella zona in età romana.
Qui si producevano vino e olio.
I TORCHI.
Qui si trovavano due torchi
da vino: nel mondo romano
ne esistevano diversi
modelli, a seconda del
meccanismo usato per
generare la pressione.
Qui si estraeva il mosto
poi portato nei dolia per
la vinificazione.
TRICLINIUM.
Era il locale dove si
servivano i pasti
(consumati sdraiati su
letti), nell’area della villa
abitata dal padrone.
BAGNO E CUCINA.
In questa zona si trovavano il
forno, gli ambienti termali, la
cucina. Sul fondo invece c’era
una stalla.
46 | Focus Febbraio 2015
47. poli. Da due di queste uve, Piedirosso e
Sciascinoso, è nato un vino rosso pro-
dotto con metodi moderni, invecchiato
per 12 mesi in barrique (piccole botti) e
5anniinbottiglia.Inepocaromanaivini
diPompeieranocelebriperlaloroquali-
tà,attestatadalfattochepotevanoinvec-
chiare anche per dieci anni. L’invecchia-
mento, infatti, era la caratteristica che
rendeva il vino più apprezzato (anche
allora). Considerato che la conservazio-
ne era un problema, i vini che resisteva-
noeranodavveroimigliori,appannaggio
dei Romani più ricchi, che li esibivano
come status symbol. «Nelle loro cene si
mescevano vini pregiati e invecchiati a
lungo nelle anfore, rossi che dovevano
esserediottimaqualitàperpoterreggere
glianni»,aggiungeDe’Siena.Ivinipiùri-
nomati? Dal Falerno, prodotto tra Lazio
e Campania e lodato dagli autori antichi,
ai greci, come il Rosso di Chio.
PER TUTTI I GUSTI. Icetipiùbassiinvece
consumavano vini di ben altro genere, e
in gran quantità: a Roma nel periodo tra
repubblica e impero (I sec. a.C.) si beve-
vano da 1 a 1,8 milioni di ettolitri in un
anno. E si gustavano in molti luoghi,
dalle bettole frequentate dalle classi
DALLA VITE ALLA NAVE
SITI. Le descrizioni degli autori
antichi e i molti ritrovamenti ci
hanno permesso di ricostruire
come era prodotto il vino nel
mondo romano. Al Mas de
Tourelles, in Francia, sono stati per
esempio ricostruiti una vasca per la
pigiatura (calcatorium) e un torchio
(torcular), nelle prime due foto qui
sotto.
PIGIATURA. L’uva era pigiata dai
calcatores in vasche o contenitori
per ottenere un primo succo; si
usava per esempio per il defrutum,
mosto ridotto con la cottura.
TORCHIO. Dopo la prima pigiatura
coi piedi, si passava alla spremitura
nel torchio: il mosto era convogliato
in vasche. Poi si passava alla
vinificazione nei dolia.
TRASPORTO. Il vino era poi messo
in anfore per l’invecchiamento (al
caldo, in locali appositi) o il
trasporto (per esempio in nave;
sopra, relitto del 290 a.C., da Rodi).
PRODUZIONE DELL’OLIO.
Le olive erano prima triturate
attraverso una macina
(trapetum). Si otteneva una
pasta che era inserita in
cesti e poi schiacciata con
un torchio simile a quello
usato per il vino. L’olio
scorreva poi nelle vasche di
raccolta.
CELLA VINARIA.
Era la “cantina” vera a propria, all’aperto. Vi si
trovavano i dolia interrati (dolia defossa) in cui
fermentava il mosto. Qui erano 84, segno che
la proprietà agricola era estesa. Erano chiusi
con tappi di ceramica e argilla.
SERVITÙ.
In quest’area della villa rustica
vivevano i servi.
Akg/MondadoriPortfoliowww.tourelles.com
MircoTangherlini
www.tourelles.com
Febbraio 2015 Focus | 47
48. PER SAPERNE DI PIÙ
Il vino nel mondo antico.
Archeologia e cultura di una
bevanda speciale.
Stefano De’ Siena, Mucchi
Editore
più umili (popinae) a locali che offrivano
cibicaldi(thermopolia).«Quellocheoggi
definiremmounnormalerossodatavola
per i Romani era il merum, prodotto base
della vinificazione», spiega De’ Siena. E
il vino di bassa qualità, anche quando
diventava aceto, aveva un mercato: si
consumava diluito, tre parti d’acqua e
una di vino inacetito. Era la posca, la be-
vandadeimenoabbientiedeisoldati.Gli
schiavi delle campagne bevevano invece
un sottoprodotto della vinificazione, la
lora, un vinello ottenuto facendo mace-
rare le vinacce già pressate con acqua.
Doveva essere leggero e acidulo.
ROSE, PECE E MIRRA. Mentre a pranzo
si beveva poco, le libagioni erano soprat-
tutto per la cena. All’inizio dei conviti, in
unaspeciediaperitivocongli“antipasti”
dell’epoca,«sibevevail mulsum,unasor-
ta di cocktail di tre parti di vino e una di
miele,lasciatoriposarepercircaunmese
in un contenitore di terracotta, filtrato,
e poi lasciato di nuovo a riposare», dice
De’ Siena. A cena ci si abbandonava de-
cisamente alle libagioni. Erano previsti
vini “conditi”, cioè elaborati con diverse
ricette a seconda delle occasioni. Si rea-
lizzavano veri e propri cocktail, a base di
vino diluito con acqua e insaporito con
pepe, spezie, petali di rose e viole, pece,
mirra, menta, assenzio, cumino, corian-
dolo, timo, aglio, cipolla e perfino trito di
pigne. «C’erano anche vini particolari,
come il temetum, probabilmente molto
forte e scuro, usato in occasione di cele-
brazioni sacre», aggiunge De’ Siena.
E grande attenzione, come oggi, veniva
riservata alla temperatura di servizio.
Nel triclinium, la sala da pranzo, c’erano
contenitoriconacquacalda,frescaoper-
sino neve per diluire il vino secondo il
proprio gusto. Che era, come abbiamo
visto, molto diverso dal nostro.
Riccardo Oldani
COI PIEDI NEI GRAPPOLI.
Pigiatura del vino in un mosaico di una
casa del III sec. d.C. nell’attuale Tunisia.
AL BANCONE.
Un thermopolium
sulla Via
dell’Abbondanza
a Pompei.
Nei locali del
mondo romano
c’erano anfore
per il vino e dolia,
gli orci inglobati
nel bancone, per
pietanze e
bevande.
Akg/MondadoriPortfolio
Akg/MondadoriPortfolio
Per gli schiavi c’era un sottoprodotto
della vinificazione: la lora, ottenuta
dalle vinacce macerate in acqua
48 | Focus Febbraio 2015
49. Per trovare il benessere non serve andare lontano.
Orogel offre una vasta gamma di prodotti naturalmente ricchi di proprietà nutritive,
coltivati esclusivamente in Italia nei terreni più vocati rispettando i ritmi della natura.
Bontà, ma anche gusto e leggerezza: questo è il Benessere Orogel.
Orogel, un mondo di benessere e bontà naturale.
Nei migliori supermercati.
50. FENOMENO STREAMING.
Netflix è un gruppo Usa
che producendo serie tv e
distribuendole via Web sta
conquistando il pianeta.
TecnologiaGettyImages,Shutterstock,Everett/Contrasto(4),Corbis,NewYorkTimes/Contrasto,Reuters/Contrasto(2);elaborazionegraficadiChiaraScandurra
51. LA TIVÙ
CHE
CAMBIA
LA TVNienteorariopalinsesti,ela
possibilitàdivedersidiseguito
tuttelepuntatediunserial...La
rivoluzioneNetflixèalleporte.
Q
uaranta dollari possono cam-
biare la vita. Anche a un mi-
lionario. Ne sa qualcosa Reed
Hastings, l’imprenditore sta-
tunitense che nel 1997 si trovò a dover
pagare quella somma come penale per
aver restituito in ritardo la videocas-
setta di Apollo 13, l’avventura di Tom
Hanks naufrago nello spazio. Erano gli
anni ruggenti dell’homevideo, quando
i film si prendevano in affitto in video-
teca, spesso nel vecchio formato analo-
gico Vhs. Ancora scottato dalla multa,
rimuginando sulla strada verso la pale-
stra, Hastings si chiese perché nessuno
avesse mai pensato a un videonoleggio
in abbonamento: una cifra fissa al mese
per affittare tutti i film che volevi, senza
doverli restituire subito. Con un servizio
di spedizioni che magari avrebbe potuto
essere gestito utilizzando quella nuova
tecnologia di cui tutti parlavano con en-
tusiasmo: Internet.
Le grandi idee spesso nascono con le
gambe corte e non riescono a partire per
mancanzadiinvestimenti.Noneraquel-
lo il caso di Hastings, che aveva appena
venduto PureSoftware, la società infor-
matica da lui fondata nel 1991, per la bel-
lacifradi750milionididollari.Nonc’era
momento migliore per lanciarsi in una
nuovaavventura.Così,grazieallostimo-
lo di quei quaranta dollari di multa, fon-
dòl’aziendacheoggi–tramiteInternete
rigorosamente in abbonamento – sta ri-
voluzionando il mondo della tv e dell’in-
trattenimento domestico: Netflix.
ANCORA UN ANNO. In Italia probabil-
mente di Netflix non si parlerà prima
della fine del 2015. Nel resto del pianeta,
la società californiana ha già sedotto ol-
tre 50 milioni di spettatori, che pagano
circa 6,50 euro al mese per un consumo
illimitato di film e serie tv. Tutti i conte-
nutivengonotrasmessiviaInternet,in
GettyImages,Shutterstock,Everett/Contrasto(4),Corbis,NewYorkTimes/Contrasto,Reuters/Contrasto(2);elaborazionegraficadiChiaraScandurra
Febbraio 2015 Focus | 51
52. C
I rivali made in Italy
CONCORRENZA. In attesa che Netflix e Amazon Instant
Video aprano nel nostro Paese, il pubblico italiano può
sperimentare la visione di film e serie in streaming su
alcuni servizi nati per anticipare l’arrivo dei big americani.
Infinity (www.infinitytv.it) è la piattaforma lanciata da
Mediaset nel 2013: costa 6,99 € al mese e il catalogo si sta
pian piano arricchendo con titoli di successo (la trilogia di
Twilight, le serie Mad Men e Breaking Bad). Sky Online
(www.skyonline.it) è il servizio che rende accessibile su
Web alcuni contenuti della pay-tv: cinema a 14,90 € al
mese e serie tv a 9,90 €. TimVision (www.timvision.it) è la
risposta di Telecom Italia: film, serie e altri contenuti a 10 €
al mese (con agevolazioni per gli abbonati Telecom alla
rete Adsl). Una soluzione interessante per i cinefili è infine
Mubi (mubi.com), cineteca virtuale in cui ogni mese
vengono trasmessi solo trenta film d’autore: classici,
indipendenti, premiati ai festival, di nicchia (4,99 € al mese).
“streaming on demand” (vedi riquadro a
sinistra), visualizzati sullo schermo del
pc, su tablet o direttamente sul televi-
sore. Negli Usa rimane aperta anche
un’altra opzione: i Dvd. Già, perché nel
1999, dopo un breve rodaggio, Hastings
lanciò davvero il videonoleggio in ab-
bonamento: un servizio innovativo che
permetteva di affittare i film senza do-
versirecareinvideoteca,ordinandolisul
Web e ricevendoli per posta. Non fu un
successo immediato e a un certo punto
Netflix si offrì addirittura in vendita alla
rivale Blockbuster, la catena di negozi
dominatrice storica del mercato home-
video. Non se ne fece niente e nel giro
di un paio d’anni il panorama era già ca-
povolto. Nell’era del Web 2.0, ormai abi-
tuati a un utilizzo quotidiano di servizi
di e-commerce, i cittadini Usa si resero
contodiquantofossecomodonoleggiare
Dvd via Internet: senza uscire di casa e
senza pagare le spese di spedizione po-
stale per la restituzione (di cui si fa cari-
coNetflix).Inumeriinizianoasorridere:
nel 2002 Netflix viene quotata in Borsa,
nel2005viaggiaalritmodiunmilionedi
Unanuvolapienadispettacoli
I film e i serial distribuiti da Netflix arrivano via Internet direttamente al
dispositivo sul quale li vediamo, senza passare per un pc. Gli originali sono
archiviati nella “nuvola” dei computer dedicati che Amazon affitta allo scopo.
Tutti i titoli di Netflix
sono archiviati su un
server di Amazon.
Netflix scarica solo in via
temporanea i film sul
nostro dispositivo, a
differenza di ciò che
accade nel
download.
LICENZE DI FILM
E SERIE TV GIÀ
ESISTENTI
PRODUZIONI
ORIGINALI NETFLIX
CONSOLE PER
VIDEOGIOCHI
TABLET
SMARTPHONE
PC E LAPTOP
La scelta dello spettacolo da
vedere è facilissima e la tariffa è
mensile. Una volta guardati, i titoli
distribuiti da Netflix spariscono
dalla memoria del dispositivo.
TheNewYorkTimes/Contrasto
TheNewYorkTimes/Contrasto
52 | Focus Febbraio 2015
53. film spediti ogni giorno, nel 2007 brinda
almiliardesimonoleggiodellasuastoria.
Mentre Blockbuster scompare dai radar.
LA RIVOLUZIONE. Intanto, una nuova
rivoluzione bussa alle porte della tec-
nologia. Il successo globale di YouTube
dimostra che Internet è ormai in grado
di reggere la circolazione di video. Lo
streamingpirata,inoltre,abituagliuten-
ti a consumare in quel modo non solo
brevi filmati, ma anche lungometraggi e
serie tv. Hastings coglie la palla al balzo
e nel 2007 lancia il primo abbonamento
in streaming di Netflix. Per vedere i film
non solo non c’è più bisogno di andare
in videoteca, adesso si può anche fare a
meno del lettore Dvd: le immagini arri-
vano direttamente via Web.
Lo streaming non è una novità di poco
conto. Dal punto di vista tecnologico,
implica che i film rimangano sul compu-
ter solo nel momento in cui li si guarda.
Quando si termina la visione e si spegne
il pc, vengono cancellati dalla memoria.
Sul lato psicologico, per il consumatore
è una rivoluzione copernicana: dal pos-
Ifilmarrivanodirettamentesul
computer,allatvosulcellulare.Basta
avereuncollegamentointernet
sesso all’accesso. Il prezzo dell’abbona-
mento mensile è basso: meno del costo
di un singolo Dvd. Ma i film non sono più
tuoi:lipuoivedereinqualsiasimomento
e quante volte vuoi, solo finché rinnovi
l’abbonamento (e finché rimangono nel
catalogo di Netflix). È una trasformazio-
ne tanto radicale quanto fulminea. E il
pubblico la assimila non solo nella frui-
zione di film e serie tv, ma anche nell’a-
scolto di musica. Eppure non si tratta
dell’unica – e forse nemmeno della più
grande – rivoluzione avviata da Netflix.
LA NUOVA HOLLYWOOD. Moltealtrepas-
sano attraverso una serie come House of
Cards - Gli intrighi del potere. Interpre-
tata da Kevin Spacey nel ruolo di un ma-
chiavellico uomo politico americano e
da poco trasmessa anche in Italia su Sky,
HouseofCardsèunadelleserietvdimag-
giorsuccessodegliultimianni:amatadal
pubblico e premiata dalla critica. Tra il
2013 e il 2014 si è aggiudicata un Golden
Globe e quattro Emmy, gli Oscar della tv.
Paradossalmente, però, per molti mesi
House of Cards è stata ben lontana dal-
la tv, rimanendo in esclusiva su Netflix.
La ragione è semplice: la serie con Kevin
Spacey è il primo contenuto che Netflix
non si è limitata a distribuire, ma ha an-
che finanziato e prodotto.
A ruota sono arrivate altre serie (Orange
Is The New Black, Hemlock Grove, Ar-
rested Development), documentari (The
Square, nominato agli Oscar) e nel 2015
toccheràanchealprimolungometraggio,
il sequel di La tigre e il dragone, che sarà
lanciato contemporaneamente nei cine-
ma e su Web. La novità più grande inau-
gurata da House of Cards è però un’altra:
il 1° febbraio del 2013, al momento della
presentazione della prima stagione, tut-
ti i tredici episodi sono stati resi con-
temporaneamente disponibili online.
Addio tradizionale palinsesto, addio
capitoli settimanali e benvenuto “binge
watching”,cioèlapraticadiguardaretut-
tigliepisodidiunaserie,unodopol’altro,
nell’arco di un breve periodo di tempo.
DALL’AFRICA ALLA CALIFORNIA. Nel
mondo anglosassone, quando ci si rife-
risce a cambiamenti in grado di stravol-
gere un’industria o un mercato, si usa il
termine disruption. È un processo che
avviene su più livelli e che in genere di-
pende dalla capacità degli imprenditori
di pensare (e agire) in modo inno-
RETE MONDIALE.
Reed Hastings, 54
anni, fondatore di
Netflix, presenta il
suo servizio. Oggi
è presente in 50
Paesi tra cui
Germania, Austria,
Svizzera, Belgio,
Francia e Gran
Bretagna.
Reuters/Contrasto
50milioni di telespettatori
Tanti sono in
tutto il mondo
gli abbonati a
Netflix.
Febbraio 2015 Focus | 53
54. Primadiscegliereunaseriedamettere
incatalogo,lasocietàUsacontrollase
haavutosuccessosuisitipirata
vativo, laterale, rompendo abitudini e
schemi consolidati. Da questo punto di
vista, la storia di Netflix e quella del suo
fondatore sono ricche di aneddoti. Forte
di un curriculum stravagante, nel quale
si trovano anche esperienze come inse-
gnante di matematica nello Swaziland
(dal 1983 al 1985), Reed Hastings ha più
volte sorpreso l’opinione pubblica con
le sue decisioni. Nel 2007 mise in palio
un milione di dollari per chi fosse riusci-
to a realizzare un algoritmo superiore a
quelloutilizzatodaNetflixperconsiglia-
re agli utenti i film da vedere. Nel 2009
pubblicòsuInternetildocumentointer-
nonelqualeèspiegataainuoviassuntila
filosofia dell’azienda: tra vacanze libere,
stipendio convertibile in stock options e
ricchiincentiviall’uscitaperidipendenti
chesidimostrano“solonellamedia”.An-
che nei confronti della pirateria, l’atteg-
giamento di Netflix presenta sfumature
inedite. «Quando dobbiamo decidere se
acquisire i diritti di una serie», spiega la
dirigente Kelly Merryman, «prima veri-
fichiamoseèandatabenesuisitipirata».
SFIDE E RISCHI. Anche Netflix è incap-
pata in errori strategici e di comunica-
zione. Il più clamoroso risale al 2011,
quando la società annunciò la separazio-
nedelservizioDvddaquelloinstreaming
(all’epoca si pagava un abbonamento
unicoperentrambi)elacreazionediuna
nuova divisione per il noleggio di Dvd,
chiamataQwikster.Risultato:emorragia
di abbonati, crollo del valore in Borsa,
dietrofront. La sfera di cristallo disegna
un futuro dove le opportunità vanno a
braccetto con le incognite. Negli Usa c’è
il grosso dilemma sul destino della net
neutrality: se ai gestori della Rete verrà
concesso il diritto di far pagare una ban-
da più efficiente, i conti di Netflix (i cui
film consumano una robusta fetta del
traffico web Usa) potrebbero subire si-
gnificativeripercussioni.Irivali,inoltre,
non stanno a guardare. E arrivano da più
direzioni.SullatoSiliconValleyc’èAma-
zon Instant Video, il servizio streaming
di Amazon, che ha già intrapreso la stra-
Dalla Cina
ai cinema
KOLOSSAL. Dieci puntate, 90
milioni di dollari di budget, 550
persone per costruire i set e un
protagonista italiano, il
ventiquattrenne Lorenzo Richelmy.
Netflix ha giocato la sua carta più
ambiziosa a fine 2014, uscendo
sugli schermi di mezzo mondo con
Marco Polo, il secondo kolossal tv
più caro della storia (soltanto Il
Trono di Spade finora è costato di
più). Il successo delle serie House
of Cards e Orange Is The New
Black ha convinto infatti il gruppo
ad accelerare sul terreno delle
produzioni originali.
Nel 2015 si rivedranno in nuovi
episodi Frank Underwood (il
politico senza scrupoli interpretato
da Kevin Spacey in House of
Cards), le prigioniere di Orange Is
The New Black e i licantropi di
Hemlock Grove. Ma il 2015 sarà
soprattutto l’anno dello sbarco al
cinema: il 28 agosto uscirà il sequel
di La tigre e il dragone, primo
lungometraggio targato Netflix,
distribuito in sala e online. Al quale
seguiranno altri quattro nuovi film.
da delle produzioni originali. Su quello
televisivo, c’è il fresco annuncio di Hbo,
una delle principali reti Usa via cavo, di
voler lanciare un suo canale online. L’ef-
fettodellaconcorrenzasipotrebbevede-
re soprattutto sul catalogo, che già oggi
– pur raccogliendo migliaia di titoli –
presenta molte lacune sia tra le serie tv
sia tra i film di Hollywood. E per un ser-
vizioinabbonamento,laricchezza(opo-
vertà) del catalogo è una voce spesso de-
terminantenellesceltedeiconsumatori.
Anche per queste ragioni, da due anni
Netflix sta cercando di espandere il suo
mercato, con attenzione alla sponda eu-
ropea dell’Atlantico: prima in Gran Bre-
tagnaeScandinavia(2012),poiinOlanda
(2013),quindiinFrancia,Germania,Bel-
gio, Austria, Svizzera (2014). Portando
anche nel vecchio continente – e prossi-
mamenteinItalia–lasuavisionedell’ho-
me entertainment del futuro.
Luca Castelli
MILI0NI PER “IL MILIONE”.
Lorenzo Richelmy è Marco Polo nella
nuova serie di Netflix. L’attore italiano
è stato scelto tra 100 candidati.
90milioni di dollari
È il costo della
serie tv Marco
Polo messa in rete
nel 2014.
PhilBray/Netflix
54 | Focus Febbraio 2015
57. Suche
cosastiamo
inpiedi
Umili, nascoste, spesso torturate da
scarpe inadatte e sottoposte a sforzi
incredibili: eppure lì, attaccate a terra,
le nostre estremità lavorano in silenzio.
Evolvono, si adattano e... crescono.
L
isottovalutiamospesso,inostri
piedi, eppure sono una delle
parti più importanti del nostro
corpo. A partire da quando, 5
milioni di anni fa, i nostri progenitori,
scendendo dagli alberi, hanno iniziato il
percorso che ci ha portato a distinguerci
daglialtriprimatigrazieallosviluppodel
cervello e all’adozione della posizione
eretta.Duefattitantoconnessicheancor
oggi gli scienziati discutono su un tema
che assomiglia un po’ a quello dell’uovo
e della gallina: è perché ci siamo trovati
in piedi, con le mani libere, che abbiamo
iniziatoasviluppareutensili(eadaffina-
re il cervello) o è perché avevamo biso-
gno di liberare le mani per sfruttare gli
utensili che ci siamo alzati in piedi?
DA PRENSILE A LEVA. Quel che è certo è
che da allora i nostri piedi hanno affron-
tato una lunghissima evoluzione. Già 3,5
milioni di anni fa, pur mantenendo una
serie di caratteristiche primitive, come
l’alluce opponibile, tipico dei piedi pren-
sili, avevano sviluppato qualità umanoi-
di, come la morfologia della caviglia o la
capacità di flettere dorsalmente le dita.
Poi, 1,8 milioni di anni fa, l’alluce si è av-
vicinato alle altre dita ed è diventato più
grande e robusto e in seguito il piede si
è allungato, arcuandosi per offrire am-
mortizzazione. Una trasformazione ef-
ficace, ma tutt’altro che perfetta: 26 ossa
andavanobeneperleesigenzediflessibi-
lità dei nostri antenati, ma per noi sono
troppe e ci espongono a eccessivi rischi
d’infortunio. I fossili mostrano caviglie
rotte 3 milioni di anni fa, che non pos-
sono certo essere ricondotte ai moderni
tacchi a stiletto. Secondo Jeremy DeSil-
va, antropologo della Boston University,
il piede perfetto per noi, se dovessimo ri-
disegnarlodazero,èquellodellostruzzo,
in cui le ossa della parte inferiore della
gamba e quelle della caviglia sono fuse
in una singola struttura, ideale per la
spinta, e dove le dita sono appena due
ALLENATI.
I piedi della
ginnasta italiana
Monica Bergamelli
durante un esercizio:
le estremità
degli atleti sono
sottoposte
a incredibili
sollecitazioni
biomeccaniche.
58. e aiutano la corsa: «Ma gli struzzi hanno
iniziato l’evoluzione di questo sistema
230milionidiannifa,mentrenoistiamo
in piedi da appena 5 milioni».
I MALANNI DEL RUGBY. Oltre a 26 ossa,
in pochi centimetri i nostri piedi rac-
chiudono 33 articolazioni, 20 muscoli,
150 legamenti e più di 7.200 terminazio-
ni nervose: un apparato ricco di sensori
per l’equilibrio, ma non solo, e in grado
di sostenere il peso del corpo anche in
movimento. Per capirci, secondo uno
studio di biomeccanica dell’Università
dell’Oregon, un corridore di 70 kg può
produrre una forza fino a 4.800 New-
ton, equivalente a 490 kg di peso. Non
per nulla, circa il 10% di tutte le frattu-
impegnato in una mischia», spiega At-
tilio Basile, ortopedico e traumatologo
all’ambulatorio delle patologie del piede
all’ospedale San Camillo di Roma.
SPIE BENEVOLE. Ciascun piede conta
poi 250 mila ghiandole sudorifere, più di
qualsiasi altra parte del corpo: il sudore
insénonèpuzzolente,mailtipicoaroma
che associamo a questa parte del corpo
è dovuto a calze e scarpe che intrappola-
no batteri odorosi. E sì, se state facendo
un’associazione con il formaggio, avete
ragione: due scienziate inglesi, Christi-
naAgapakiseSisselTolaas,hannocreato
alcuni formaggi usando batteri presi dal
corpo umano, dimostrando che non solo
gliunieglialtricondividonoodorisimili,
ma spesso anche popolazioni di microbi
analoghe.
Effetticollateraliaparte,tuttaquestafit-
ta rete di terminazioni e sensori nel pie-
de si rivela particolarmente utile come
indice della nostra condizione di salute.
Osservando i piedi, infatti, è possibi-
le diagnosticare con certezza anemie,
problemi circolatori, disidratazione
7.200 terminazioni nervose,
26 ossa e 150 legamenti: ecco
di cosa sono fatti i nostri piedi
MUTI E CHIACCHIERONI
I piedi parlano una lingua segreta che spesso ci tradisce. Gli studiosi di
comunicazione non verbale sostengono, per esempio, che le punte dei piedi sono
come “frecce” e indicano la direzione verso la quale la nostra mente è rivolta.
Se, per esempio, durante una conversazione sopraggiunge una terza persona, noi
possiamo ruotare le estremità verso quest’ultima manifestando così attrazione;
viceversa, mantenendo i piedi fermi segnaliamo inconsciamente disinteresse e
fastidio per l’intrusione. I piedi segnalano anche il nostro interesse erotico: se le
caviglie incrociate trasmettono un messaggio di non disponibilità, dondolare il
piede o farlo scivolare fuori dalla scarpa è un inequivocabile gesto di seduzione.
re che subiamo avviene nella zona del
piede e lo sport amplifica i rischi. Gli in-
fortuni più comuni? Le distorsioni del-
la caviglia, causate dai bruschi cambi di
direzione, in particolare nel tennis, o dai
continui salti nel basket e nella pallavo-
lo, con ripercussioni sui tendini, specie
quello d’Achille, le fratture da contatto
del calcio e sempre del rugby, i dolori al
calcagno e il neuroma di Morton, ovvero
l’ispessimento di un nervo superiore del
piede, associati soprattutto alla corsa di
fondo. «Tipico dei giocatori di rugby e
football americano è il turf toe (impro-
priamente tradotto come “alluce da
manto erboso”), la distorsione dell’arti-
colazione dell’alluce che avviene quan-
do l’atleta ha il calcagno sollevato ed è
58 | Focus Febbraio 2015
59. DisegnidiDavideBonadonna
COME UN’ANGUILLA.
Il golfista colombiano Camilo Villegas studia
il green. La posizione di gamba e piede dice
molto sull’elasticità delle sue articolazioni.
PRESTAZIONI DA RECORD.
Secondo una ricerca, una persona su 13 ha i piedi
flessibili come lo scimpanzé (sopra).
A fianco: il finlandese Anssi Vanhala risolve il cubo
di Rubik con i piedi in 31,56 secondi.
Reuters/Contrasto
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GettyImages
IRREVERSIBILI.
La scarpa stretta piega le
dita. Neanche
togliendosela i muscoli si
distendono più.
ALLUCE VALGO.
Le scarpe strette possono
portare una crescita ossea
e spingere l’alluce
all’interno.
NERVI IRRITATI.
Tacchi e calzature attillate
possono ispessire i tessuti
attorno ai nervi, con dolore
e perdita di sensibilità.
STILETTI E GINOCCHIA.
Le scarpe “a stiletto”
accrescono di un quarto
la pressione sul ginocchio.
Crescita
ossea
Callo
Nervi
SPINA DORSALE.
I tacchi alti
spingono in avanti il
baricentro del corpo
e mettono fuori
allineamento
i fianchi e la
colonna vertebrale.
Il peso del
corpo si
ridistribuisce
e induce stress
sull’avampiede.
Le cinghie
possono irritare
il tallone e
ispessire l’osso.
L’equilibrio è
artificiale e si
rischiano
cadute.
MUSCOLI
PIÙ CORTI.
I muscoli del
polpaccio si
contraggono per
adattarsi
all’angolo dei
tacchi e arrivano
ad accorciarsi.
LA MALEDIZIONE DEL TACCO 12
Febbraio 2015 Focus | 59