Esempio Bielorussia Il Diritto Internazionale e gli Italiani
1. Donazione minori terzo articolo, <br />Scegliere e privilegiare la strada della legalità in ogni occasione e per ogni finalità è l’unico mezzo che abbiamo per costruire un mondo civile. Rinunciare a chiedere giustizia, accettare di vivere ai margini della legge per utilità o per rassegnazione è il modo più sicuro per aprire le porte alla barbarie di un nuovo feudalesimo.<br />E’ il diritto che deve uniformare la legge: il diritto pieno ed incontrastato di ciascuno di noi ad ottenere ed a dare il pieno riconoscimento della propria ed altrui identità ed integrità.<br />E questo vale sempre e comunque. Vale per i cittadini Italiani e vale per i cittadini stranieri, lo dobbiamo pretendere per noi e per gli altri, dobbiamo riconoscerlo a noi e agli altri.<br />In termini giuridici ed in termini di diritto internazionale significa anche e soprattutto che la dove è possibile, la diversità delle legislazioni non è un elemento di frattura, ma di una integrazione che comporta un reciproco arricchimento.<br /> Quando il consenso dell’individuo determina la normativa applicabile, la carenza legislativa di una nazione, non è un elemento di esclusione della correttezza delle proprie scelte.<br />In quest’ultimo anno in cui ho avuto modo di affacciarmi attivamente al mondo giuridico della Bielorussia, seppure in ambito esclusivamente italiano, per tutelare i diritti degli italiani e dei cittadini bielorussi che avevano rapporti con gli italiani ( recepimento adozione maggiorenni, appunto, o i contratti per le donazioni a minori o altro),ho dovuto constatare che noi, italiani, troppo facilmente preferiamo scegliere la scorciatoia pur di non rapportarci con quanto non conosciamo o di cui diffidiamo.<br />Con troppa semplicioneria accettiamo spiegazioni approssimative dettate, anche, dalla comodità altrui, piuttosto che scegliere la soluzione migliore e pretenderne l’applicazione e gli effetti.<br />E’ il modo, del resto, con cui in patria, viviamo la legge. <br />Sudditi di ”quello che la gente dice” o della convenienza sociale, o della raccomandazione, o dell’opportunità, o della convenienza, o della convinzione di “sapere come si vive”, del “farci gli affari nostri”, rinunciamo costantemente ad essere liberi cittadini di un libero stato.<br />Rinunciamo a difendere i nostri diritti, a chiedere conto della tracotanza altrui, a pretendere il rispetto che ci è dovuto perché siamo esseri umani e non figli di qualcuno.<br /> Ci siamo dimenticati che sono stati i nostri padri ad insegnare al mondo che è il diritto che ci rende liberi.<br />E così all’estero consideriamo una semplificazione accettare l’approssimazione di una usanza, conosciuta per sentito dire ,come fonte di comportamento. Si fa così. Perché?.<br />Rinunciamo, in questo modo, al rispetto che ci è dovuto. Ci precludiamo soluzioni e condizioni di vita ottimali, rinunciamo anche a darle agli altri, anche se sono a noi cari.<br /> Rinunciamo a scommettere, a provare, a mettere in discussione quello che ci viene detto, rinunciamo a tutto.<br /> Così facendo attribuiamo al nostro ideale interlocutore ogni colpa ed ogni difetto, li scansiamo da noi, e non ci facciamo carico delle legittime istanze altrui. Ci arrangeremo a casa. Lì, dove abbiamo amici autorevoli, si risolverà tutto il possibile. <br />E non ci accorgiamo che questo possibile di cui ogni giorno ci stiamo accontentando è molto meno di quello che potremmo ottenere e di quello che potremmo dare se insistessimo per avere quanto ci spetta di diritto, in Italia ed all’estero.<br />Troppo affrettatamente sono state negate soluzioni per gli Italiani ed i loro cari, pur cittadini Bielorussi,in Bielorussia. Da chi? Dalla nostra approssimazione, dalla nostra convinzione che non vale la pena provare, che una domenica al mare è più produttiva di una istanza di diritto.<br /> E così facendo neghiamo a noi stessi ed ai cittadini stranieri che potrebbero trarne vantaggio l’accesso alle nostre stesse leggi, alla qualità di vita che attraverso secoli di cura giuridica siamo riusciti a raggiungere.<br />Il diritto non si può negare.<br /> Non si può e non si deve negare a nessuno l’accesso alle nostre leggi, la dove la qualità della normativa italiana e le normative di diritto internazionali lo consentono: non lo si può negare ai Bielorussi, o ai Tedeschi, o ai Francesi, o ai Cubani, o ai Venezuelani o a chiunque altro.<br />Tanto più se questa negazione nasce dall’approssimazione della pigrizia e della faciloneria. <br />Escludere l’accesso al nostro diritto ai cittadini di altre nazionalità equivale a non confrontarsi con loro, equivale a privarli di legittime possibilità, a negare l’uguaglianza nella legalità. Escluderli, raddoppia le distanze, isola le coscienze e consolida gli esiti di un diniego di giustizia.<br />Il Diritto non è la logica astratta di una equazione matematica.<br />E’ un esercito in marcia che conquista la pace sociale, è il vento forte dell’equità che placa le coscienze, ma è soprattutto una creatura che vive delle nostre attenzioni, ha bisogno di costanti riguardi, deve essere voluto, preteso, considerato.<br />Ha bisogno di crescere, di operare su fronti nuovi, di adeguarsi al mondo che cambia. Ha bisogno di essere amato, non solo usato.<br />Diversamente appassisce ed involve o muore, come un qualsiasi altro essere vivente. Ma se è il diritto a morire, ci aspetta il medioevo delle coscienze e la barbarie dell’umanità.<br />Avv.Isabella Cusanno<br /> <br />