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Bisso, una scuola dal passato per garantire il futuro

                                                                                  Con porpora viola e
                                                                                  porpora rossa, con
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                                                                                  Fecero le vesti sacre di
                                                                                  Aronne, come il
                                                                                  Signore aveva ordinato
                                                                                  a Mosè.

                                                                                  Esodo, 28

                                                                                     Il bisso, seta marina
                                                                                     ricavata dal mollusco
                                                                                     bivalve pinna nobilis,
                                                                                     si intreccia
                                                                                     profondamente con la
storia millenaria dei popoli mediterranei più di quanto saremmo portati a credere. Una breve ricerca
ci porta infatti a scoprire come se ne parli in più parti della Bibbia e dei Vangeli. È un tessuto legato
alla storia dei cretesi, dei fenici, degli egizi e di tanti altri popoli del bacino mediterraneo.
In queste antiche civiltà l’uso della cosiddetta seta di mare era destinato soltanto a principi, sovrani
e importanti sacerdoti, solo loro infatti potevano permettersi un materiale tanto prezioso e raro.

Si tratta infatti di un tessuto derivante dai filamenti di un mollusco bivalve, la pinna nobilis,
utilizzati dall’animale per ancorarsi al fondo marino. La pinna nobilis è stata dichiarata
recentemente a rischio estinzione a causa della pesca indiscriminata e dell’inquinamento e per
questo protetta. La sua pesca tradizionalmente avviene in apnea con l’ausilio di una lunga asta
terminante con un occhiello e la lavorazione è lunga e complessa, una vera e propria arte antica di
cui oggi l’unica depositaria è Chiara Vigo.

Siamo andati a farle visita nella sua bottega a Sant’Antioco, nell’edificio dell’ex Monte Granatico,
incuriositi dal suo progetto di trasmissione della propria arte a chiunque intenda apprenderla e abbia
in sé “lo spirito” adatto per acquisire un’arte tanto affascinante e complessa. Una vera e propria
scuola di bisso, come quella che aveva avuto sua nonna Leonilde Mereu, da cui Chiara ha imparato
tutte le sue conoscenze sulla seta del mare e sul suo processo di lavorazione.

La troviamo intenta a lavorare al telaio, come ci spiega questo è il suo lavoro quotidiano, e la porta
è sempre aperta per chiunque voglia ammirare i suoi lavori esposti o intenda osservarla durante tutti
i passaggi indispensabili per la realizzazione delle sue opere, l’ultima delle quali è una splendida
natività a cui lavora da oltre cinque mesi.

Ci sono due cose fondamentali che Chiara precisa subito: innanzitutto lei non è una tessitrice, né
un’artigiana, ma un maistu de pannu, un maestro tessitore.
La distinzione, come ci spiega, non è per niente sottile: c’è una grossa differenza tra chi lavora per
vendere i propri manufatti specializzandosi in un’unica abilità e chi, come lei, ha dedicato tutta la
vita al recupero di un sapere antico approfondendo ogni fase della lavorazione e adoperandosi per
fare in modo che queste conoscenze non vadano perse.
Come conseguenza diretta di questa differenza, il maestro di bisso non vende le proprie opere, il
frutto di lavori lunghi talvolta anni, perché è legato al mare da un giuramento che vieta qualsiasi
mercificazione del proprio lavoro.

Il sogno di Chiara è poter trasmettere il proprio sapere all’interno della sua bottega, per questo da
anni cerca di far riconoscere il valore de “is maistusu”, ormai pochissimi, le cui conoscenze
rischiano di andare perdute senza una precisa volontà da parte delle istituzioni di proteggerle e
consentire la loro trasmissione.
E’ amaro constatare come, pur assistendo alla crescita di nuove generazioni sempre più
potenzialmente informate grazie alla velocità dei mezzi di comunicazione, la mancata attenzione da
parte delle scuole istituzionali rispetto agli antichi mestieri radicati nel territorio, legati alle
ricchezze peculiari di ogni zona geografica, porti ad una loro irrimediabile perdita.

È questo il grosso rischio che oggi si corre: dimenticare le proprie radici e perdere le conoscenze
legate ad arti e mestieri antichi che costituiscono un patrimonio inestimabile.

Abbiamo rivolto qualche domanda a Chiara:

Un maistu de pannu, un maestro di tessuto: che cosa significa precisamente, in cosa consiste
l’attività di un maestro di tessuto?

La differenza di termine tra maistu de pannu e tessitore sta ad indicare le loro diverse funzioni:
maistu de pannu è un soggetto che conosce tutte le applicazioni della materia di tessitura per cui
sarebbe auspicabile la formazione di un albo specifico da cui attingere per insegnare e trasmettere
tale materia all’interno della bottega dove su maistu può in libertà e senza nessuna costrizione
trasmettere quanto ritiene che l’allievo sia capace di recepire. Il termine di tessitore indica invece un
soggetto esperto nella sua tessitura specifica, capace di costruire tele per il mercato a vari livelli.
Questa persona è quindi in grado di assolvere al solo compito della realizzazione di opere, ma non è
necessariamente dotato di capacità comunicative che gli permettano di insegnare a terzi la materia.

Lei è impegnata nel tentativo di far riconoscere dalla Regione Sardegna il valore di questo sapere
antico e di realizzare una scuola per la sua trasmissione, in cosa consiste il suo progetto? A che
punto è?

Io credo che sia giunto il tempo di riflettere sulla necessità di creare due albi: albo dei maistusu e
albo degli artigiani tessitori. Il mio progetto prevede la separazione delle figure poiché esse hanno
funzioni, applicazioni ed esigenze diverse.

E' riuscita a trasmettere il suo sapere a qualche allievo?

Tutti mi chiedono se ho allievi. Nessuno ha operato perché avessi la mia bottega scuola. Qualcuno
mi ha proposto di insegnare la mia materia secondo canoni assolutamente inapplicabili ( ad esempio
l’insegnamento di 50 ore di bisso in un corso professionale per un numero di 15 allievi), mi pare
ovvio che finchè i termini sono questi chi li propone non conosce la mia materia e non sa
esattamente di cosa parla. E mi pare altrettanto ovvio il mio diniego.

Il bisso non è solo un materiale diverso, ma presuppone una conoscenza dei fondali, una
conoscenza scientifica diretta e una conoscenza storica e antropologica dei riti di trasmissione che
nulla hanno a che fare con applicazioni moderne e tipologie di trasmissione inadatte al mio utilizzo
come maestro di bisso.

Tra i suoi insegnamenti immagino troverebbe spazio anche il rispetto della natura e l’utilizzo
consapevole delle sue risorse a giudicare dall’attenzione estrema con cui lei raccomanda la pesca
della pinna nobilis senza danneggiarla. Secondo lei i ragazzi riconoscono il valore del rispetto
della natura?

La natura va rispettata e protetta con l’applicazione delle leggi internazionali, cosa che pare sia di
difficile applicazione, ne è un esempio il progetto del metanodotto che dovrebbe passare su aree
marine dove insistono banchi di poseidonia e banchi di pinne e aree marine archeologiche
inesplorate o trascurate.

Grazie alla scuola e ai mezzi di comunicazione, i ragazzi hanno l’opportunità di avere tantissime
informazioni, condividere le stesse passioni, la stessa musica e gli stessi passatempi in tutto il
mondo, poi però è molto probabile che non conoscano le risorse del proprio territorio e le loro
radici.

Secondo lei la scuola dovrebbe diffondere tra i ragazzi la conoscenza delle ricchezze della propria
terra? Cosa ne pensa?

Penso che sia indispensabile e inderogabile che is maistusu possano dire la loro in fatto di utilizzo
delle conoscenze. Da parte loro le istituzioni dovrebbero vigilare e tutelare il patrimonio
antropologico senza perdersi in progetti che funzionano solo sulla carta, ma inapplicabili se si
vogliono ottenere risultati certi.




www.mediterraneaonline.eu                                                  Sara Palmas [ 01/12/2008 ]

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Bisso, una scuola dal passato per garantire il futuro

  • 1. Bisso, una scuola dal passato per garantire il futuro Con porpora viola e porpora rossa, con scarlatto e bisso fece le vesti liturgiche per officiare nel santuario. Fecero le vesti sacre di Aronne, come il Signore aveva ordinato a Mosè. Esodo, 28 Il bisso, seta marina ricavata dal mollusco bivalve pinna nobilis, si intreccia profondamente con la storia millenaria dei popoli mediterranei più di quanto saremmo portati a credere. Una breve ricerca ci porta infatti a scoprire come se ne parli in più parti della Bibbia e dei Vangeli. È un tessuto legato alla storia dei cretesi, dei fenici, degli egizi e di tanti altri popoli del bacino mediterraneo. In queste antiche civiltà l’uso della cosiddetta seta di mare era destinato soltanto a principi, sovrani e importanti sacerdoti, solo loro infatti potevano permettersi un materiale tanto prezioso e raro. Si tratta infatti di un tessuto derivante dai filamenti di un mollusco bivalve, la pinna nobilis, utilizzati dall’animale per ancorarsi al fondo marino. La pinna nobilis è stata dichiarata recentemente a rischio estinzione a causa della pesca indiscriminata e dell’inquinamento e per questo protetta. La sua pesca tradizionalmente avviene in apnea con l’ausilio di una lunga asta terminante con un occhiello e la lavorazione è lunga e complessa, una vera e propria arte antica di cui oggi l’unica depositaria è Chiara Vigo. Siamo andati a farle visita nella sua bottega a Sant’Antioco, nell’edificio dell’ex Monte Granatico, incuriositi dal suo progetto di trasmissione della propria arte a chiunque intenda apprenderla e abbia in sé “lo spirito” adatto per acquisire un’arte tanto affascinante e complessa. Una vera e propria scuola di bisso, come quella che aveva avuto sua nonna Leonilde Mereu, da cui Chiara ha imparato tutte le sue conoscenze sulla seta del mare e sul suo processo di lavorazione. La troviamo intenta a lavorare al telaio, come ci spiega questo è il suo lavoro quotidiano, e la porta è sempre aperta per chiunque voglia ammirare i suoi lavori esposti o intenda osservarla durante tutti i passaggi indispensabili per la realizzazione delle sue opere, l’ultima delle quali è una splendida natività a cui lavora da oltre cinque mesi. Ci sono due cose fondamentali che Chiara precisa subito: innanzitutto lei non è una tessitrice, né un’artigiana, ma un maistu de pannu, un maestro tessitore. La distinzione, come ci spiega, non è per niente sottile: c’è una grossa differenza tra chi lavora per vendere i propri manufatti specializzandosi in un’unica abilità e chi, come lei, ha dedicato tutta la vita al recupero di un sapere antico approfondendo ogni fase della lavorazione e adoperandosi per fare in modo che queste conoscenze non vadano perse. Come conseguenza diretta di questa differenza, il maestro di bisso non vende le proprie opere, il
  • 2. frutto di lavori lunghi talvolta anni, perché è legato al mare da un giuramento che vieta qualsiasi mercificazione del proprio lavoro. Il sogno di Chiara è poter trasmettere il proprio sapere all’interno della sua bottega, per questo da anni cerca di far riconoscere il valore de “is maistusu”, ormai pochissimi, le cui conoscenze rischiano di andare perdute senza una precisa volontà da parte delle istituzioni di proteggerle e consentire la loro trasmissione. E’ amaro constatare come, pur assistendo alla crescita di nuove generazioni sempre più potenzialmente informate grazie alla velocità dei mezzi di comunicazione, la mancata attenzione da parte delle scuole istituzionali rispetto agli antichi mestieri radicati nel territorio, legati alle ricchezze peculiari di ogni zona geografica, porti ad una loro irrimediabile perdita. È questo il grosso rischio che oggi si corre: dimenticare le proprie radici e perdere le conoscenze legate ad arti e mestieri antichi che costituiscono un patrimonio inestimabile. Abbiamo rivolto qualche domanda a Chiara: Un maistu de pannu, un maestro di tessuto: che cosa significa precisamente, in cosa consiste l’attività di un maestro di tessuto? La differenza di termine tra maistu de pannu e tessitore sta ad indicare le loro diverse funzioni: maistu de pannu è un soggetto che conosce tutte le applicazioni della materia di tessitura per cui sarebbe auspicabile la formazione di un albo specifico da cui attingere per insegnare e trasmettere tale materia all’interno della bottega dove su maistu può in libertà e senza nessuna costrizione trasmettere quanto ritiene che l’allievo sia capace di recepire. Il termine di tessitore indica invece un soggetto esperto nella sua tessitura specifica, capace di costruire tele per il mercato a vari livelli. Questa persona è quindi in grado di assolvere al solo compito della realizzazione di opere, ma non è necessariamente dotato di capacità comunicative che gli permettano di insegnare a terzi la materia. Lei è impegnata nel tentativo di far riconoscere dalla Regione Sardegna il valore di questo sapere antico e di realizzare una scuola per la sua trasmissione, in cosa consiste il suo progetto? A che punto è? Io credo che sia giunto il tempo di riflettere sulla necessità di creare due albi: albo dei maistusu e albo degli artigiani tessitori. Il mio progetto prevede la separazione delle figure poiché esse hanno funzioni, applicazioni ed esigenze diverse. E' riuscita a trasmettere il suo sapere a qualche allievo? Tutti mi chiedono se ho allievi. Nessuno ha operato perché avessi la mia bottega scuola. Qualcuno mi ha proposto di insegnare la mia materia secondo canoni assolutamente inapplicabili ( ad esempio l’insegnamento di 50 ore di bisso in un corso professionale per un numero di 15 allievi), mi pare ovvio che finchè i termini sono questi chi li propone non conosce la mia materia e non sa esattamente di cosa parla. E mi pare altrettanto ovvio il mio diniego. Il bisso non è solo un materiale diverso, ma presuppone una conoscenza dei fondali, una conoscenza scientifica diretta e una conoscenza storica e antropologica dei riti di trasmissione che nulla hanno a che fare con applicazioni moderne e tipologie di trasmissione inadatte al mio utilizzo come maestro di bisso. Tra i suoi insegnamenti immagino troverebbe spazio anche il rispetto della natura e l’utilizzo consapevole delle sue risorse a giudicare dall’attenzione estrema con cui lei raccomanda la pesca
  • 3. della pinna nobilis senza danneggiarla. Secondo lei i ragazzi riconoscono il valore del rispetto della natura? La natura va rispettata e protetta con l’applicazione delle leggi internazionali, cosa che pare sia di difficile applicazione, ne è un esempio il progetto del metanodotto che dovrebbe passare su aree marine dove insistono banchi di poseidonia e banchi di pinne e aree marine archeologiche inesplorate o trascurate. Grazie alla scuola e ai mezzi di comunicazione, i ragazzi hanno l’opportunità di avere tantissime informazioni, condividere le stesse passioni, la stessa musica e gli stessi passatempi in tutto il mondo, poi però è molto probabile che non conoscano le risorse del proprio territorio e le loro radici. Secondo lei la scuola dovrebbe diffondere tra i ragazzi la conoscenza delle ricchezze della propria terra? Cosa ne pensa? Penso che sia indispensabile e inderogabile che is maistusu possano dire la loro in fatto di utilizzo delle conoscenze. Da parte loro le istituzioni dovrebbero vigilare e tutelare il patrimonio antropologico senza perdersi in progetti che funzionano solo sulla carta, ma inapplicabili se si vogliono ottenere risultati certi. www.mediterraneaonline.eu Sara Palmas [ 01/12/2008 ]