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BU TUK -
Il primo giorno cercai di capire i loro nomi, Benini mi portò al sito; arrivammo
all'ora di pranzo, giusto il tempo di orientarmi e fummo tutti seduti a terra su
un grande telo a condividere piatti di piselli, ochra, pomodoro e qualche pezzo
di montone usando un meraviglioso chapati come posateria. Piccante il deserto
come gli odori degli uomini e dei cespugli, amaro leggero tagliato dal vento,
caldo , bollente, secco. Piacevolmente sorpreso di avere tutti a notarmi,
ascoltarmi e fare qualche cosa per me. Benini sapeva come parlare loro ed
esigeva il rispetto del capo, la sua fisicità benché a 50 anni non dava dubbi.
Din Batschà era il corrispondente Pathàn , piccolo e magro bastava ascoltarlo
per apprendere il suo potere sugli altri. Nei giorni successivi cominciò Ryaz a
farmi spelling di Pashtun spiegandosi con frammenti di arabo, italiano, inglese
diventò l'assistente del capo in quanto prese la patente per attraversare le
dune usando 2 Toyota pickup anni '40 che un bravissimo quanto minuscolo
meccanico Siriano "Hazim" recuperò abbandonate e piene di sabbia. Hazim era
solito scomparire dentro i telai delle americane, apriva il cofano motore e
intuivi che fisicamente girava a 360° e sotto sopra al motore. Durante l'anno
successivo alla data d'inizio del lavoro a Bu Tuk passavamo Benini ed io ogni
giorno almeno 1 ora nella sua officina nella Turist area all'ingresso di Abu
Dhabi , la nostra presenza faceva si che lui lavorasse sulle nostre auto
altrimenti non se ne sarebbe occupato. A Bu Tuk il mio lavoro iniziò col
misurare sul terreno i vari lotti dei 400 ettari distribuiti in 9 campi. A piedi
nudi, la sabbia a gennaio non è ustionante, girai tutto l'appezzamento, a volte
Rashid khan mi prendeva sulle spalle per riuscire a leggere l'allineamento dei
paletti di confine a distanza di 100/150 metri per volta. Camminavo sui
cespugli, sui quarzi e in sabbia sprofondante, ignaro di serpenti e scorpioni e
mai fui vittima di incidenti anche perché gli animali selvatici perlopiù escono
di notte e normalmente si rintanano qualche centimetro sottoterra durante il
giorno. Tutti montanari noi a parte Benini, e passare dagli scarponi di tutta
una vita alla libertà dei piedi nudi è esaltante. Tutte le sere si tornava in
città da papà che ci aspettava e preparava per noi 3 il pronto soccorso con
scaglie di parmigiano e flut con spumante italiano alla giusta temperatura e
caffè, poi solo dopo la doccia la cena di volta in volta dagli amici che ci
prenotavano. Per i primi 9 mesi non ci fu un giorno di pausa, si partiva prima
dell'alba e si tornava dopo il tramonto. Più tardi ebbi la mia stanza a Bu Tuk e
ci passai diverse notti compreso un capodanno in tenue de soirée con cravatta
della marina militare italiana donatami dall'Ambasciatore, Sandra in lungo, patè
de fois gràs e l'immancabile brut. Mi rammarico di non aver passato più notti a
Bu Tuk, dal mio letto avevo la luna piena di fronte e la dipinsi sul vetro della
porta; più tardi fummo invece costretti a tenere accesi i generatori per usare
il frigo durante l'estate e la pace cambiò territorio. Gli uomini al campo di
notte, che nel frattempo erano diventati una quindicina, facevano gran
animazione,; chi cercava di ricevere segnale in radio ed in televisione che ogni
tanto prendevano campo e trasmettevano chissà quali programmi, chi lavava i
panni, chi discuteva in gruppo, tutti alle 21,30 esausti si insaccavano nelle
brande; i Pathan usano il turbante lungo alcuni metri per avvolgersi come bruchi
nel bozzolo e si coprono gli occhi. In quanto addetto all'approvigionamento mi
ricordo di quintali di TIDE in polvere, eri costretto dal sudare a fare bucato
tutti i giorni. Dal campo ad Al Katham 20 minuti di pista battuta che facevo
anche 4 volte al giorno, l'acqua e la benzina andavano riforniti spesso, e
dipendevamo dallo spaccio di Kunju per gli alimenti, uno di quei tipici
negozietti indiani in lamiera e plywood dipinto, dove potevi acquistare tutto,
ma proprio tutto. Finita la delimitazione del terreno stabilita a priori con
Ahmed Bin Hamad, si proseguì con la struttura per la recinzione, un pilastro di
cemento ogni 50 metri, impiantato nel cemento dopo aver scavato a mano con
badili almeno 1 metro in profondità. provate a scavare nella sabbia e poi
capirete, si ha l'impressione di togliere 5 palate e di rimetterne 6, però alla
fine il buco c'è. Poi arrivarono Khaled, Pakistano Beluchi autista di escavatore
e un Yemenita autista di bulldozer che per mesi invasero i silenzi col frastuono
dei loro mezzi per ricavare gli indispensabili pozzi per l'acqua e qui tutto
cambiò! Il terreno che prendemmo in consegna disponeva di un solo pozzo per uso
dei beduini, largo un metro e profondo 6-7 di acqua fresca e cristallina.
All'interno sulle pareti dei bellissimi iguana a coda lunga di circa un metro
dello stesso colore della sabbia. Alla fine degli scavi sui 400 ettari erano
dislocate 6 piscine olimpioniche che vennero dotate di pompe a motore diesel e
impianti di irrigazione a rete di canaline con tubi in pvc grigio. Gli iguana
erano ovviamente attirati dall'acqua ed in certe zone si stabilirono abbondanti
colonie di questi splendidi primitivi animali. Al campo intanto si costruivano
pavimenti muri e tetti, il responsabile che chiamavamo Haji muratore assunse
ruolo di capocantiere e da tutti rispettato ed obbedito lavorò d'istinto e
d'esperienza ed in poche settimane completò 14 vani di circa 500 mtq coperti. Io
feci diversi viaggi da e per Abu Dhabi col mio pick up e 15 qli di sacchi di
cemento per volta a gomme gonfie o sgonfie a seconda che fossi su strada o su
sabbia. Durante questi primi 12 mesi di lavoro mi separai da mia moglie ed
ottenni in tempi brevissimi il divorzio ed alla fine del periodo mi presi
d'autorità un mese di vacanza a Bali; wow! All'inizio del secondo anno eravamo
leggermente in ritardo, avremmo dovuto piantare gli alberi entro la primavera,
il nostro fornitore di piantine da germoglio era purtroppo in galera ad Abu
Dhabi. Poche erano le nursery di saplings negli Emirati ed avendo bisogno di
80.000 piantine con urgenza dovetti risolvere io il problema del povero Ghaleb.
Con i soldi di un mese e mezzo del mio stipendio pagai la cauzione alla polizia
e Ghaleb si precipitò a rifornirci di tutti i camion necessari allo scopo. Non
seppi mai il motivo della ritenzione del pakistano ma con questa mossa ottenni
il rispetto di tutti. In alcune zone di shabkha si dovette arare col ripper del
bulldozer il terreno e questo favorì in seguito la crescita delle piante.
All'arrivo delle piante sui camion, alte tra i 50 e i 70 centimetri, diversi
pickup fecero la spola lungo tutto il percorso per trapiantare sul terreno il
più velocemente possibile con i fari delle auto accesi si andava oltre il
tramonto ed i motori cominciarono a pompare acqua che goccia dopo goccia
arrivava ad ogni singola pianta; guai a fermare l'irrigazione 1 giorno 2 - 3 e
poi? Finito il trapianto quanto orgoglio nei cuori dei Pathan , il Benini felice
di aver completato il lavoro con anticipo ed aver preso dal Dipartimento del
Presidente il secondo acconto, il Dipartimento Forestale di Al Ain si
complimentò per la buona riuscita dell'operazione ed io terminato il secondo
anno li lasciai alla manutenzione per andare a vivere a Londra . Devo annotare
che gli scavi per insabbiare i tubi dell'irrigazione furono forse la parte più
complicata di tutto il lavoro, uno spartano trattore FIAT fece le trincee e la
sabbia che le sue pale sollevarono rappresentò un vero rischio per l'autista.
Tciai (thè) e nazwàr sono il corroborante in uso dai Pathan durante la giornata
di lavoro. Tengono il nazwàr in un piccolo sacchetto per la dose giornaliera,
sempre con sè per quello che rappresenta una breve pausa per riprendere il tempo
con adrenalina, l'equivalente del nostro caffé. Con le dita preparano una
piccola nocciola di questa polvere verde marcio e la posizionano tra la gengiva
e la guancia, dopo pochi minuti quest'operazione procurerà abbondante saliva con
conseguenti sputi verdastri sul terreno. A fine giornata e dopo la cena l'uso
del nazwàr è compulsivo ed in ambiente domestico la saliva viene raccolta in
lattine contenenti un paio di chili di sabbia, ognuno la sua. L'odore è
nauseante ma ci si fa l'abitudine, io dormivo spesso in terra nella loro
camerata in quanto usufruivo del condizionatore d'aria nella pausa pranzo dalle
13 alle 15 e mai venni a tiro pur essendo molto vicino alle suddette lattine. Un
po come le sputacchiere da noi nei locali pubblici di tenera memoria. Un giorno
chiesi ad Ualizàr Khan l'Afgano del gruppo di farmi provare questo miscuglio e
quello che succedette in reazione fu alquanto deprimente. Eravamo all'aperto
sotto il sole di settembre e tentai l'approccio con questa sostanza; pare che
nella composizione ci sia calce bianca ed un'erba simile al "qat" yemenita.
Inizialmente sentii solo il sapore amaro ma piacevole, ma nell'arco di due o tre
minuti la visione cominciò a ballare, la tridimensionalità perse contatto, fui
preso da un'improvvisa e forte sudorazione, la nausea salì così potente da
desiderare di vomitare e riuscii solo a liberarmi della sostanza sciacquando la
bocca con abbondante acqua fresca, mi accasciai al suolo e Ualizàr mi fece ombra
con l'auto. Passò un'oretta prima che io tornassi lucido e la nausea piano a
piano passò. In altre occasioni ci riprovai a distanza di tempo e non ebbi più
danni di questo genere. Il nazwàr non è una droga, al Suk di Abu Dhabi è venduto
liberamente e solo i Pathan ne fanno veramente grande uso. Personalmente ritengo
che l'unico apprezzamento derivi dall'incredibile sapore, sapore di un altro
"mondo".
Roby Curoso

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Bu tuk ok

  • 1. BU TUK - Il primo giorno cercai di capire i loro nomi, Benini mi portò al sito; arrivammo all'ora di pranzo, giusto il tempo di orientarmi e fummo tutti seduti a terra su un grande telo a condividere piatti di piselli, ochra, pomodoro e qualche pezzo di montone usando un meraviglioso chapati come posateria. Piccante il deserto come gli odori degli uomini e dei cespugli, amaro leggero tagliato dal vento, caldo , bollente, secco. Piacevolmente sorpreso di avere tutti a notarmi, ascoltarmi e fare qualche cosa per me. Benini sapeva come parlare loro ed esigeva il rispetto del capo, la sua fisicità benché a 50 anni non dava dubbi. Din Batschà era il corrispondente Pathàn , piccolo e magro bastava ascoltarlo per apprendere il suo potere sugli altri. Nei giorni successivi cominciò Ryaz a farmi spelling di Pashtun spiegandosi con frammenti di arabo, italiano, inglese diventò l'assistente del capo in quanto prese la patente per attraversare le dune usando 2 Toyota pickup anni '40 che un bravissimo quanto minuscolo meccanico Siriano "Hazim" recuperò abbandonate e piene di sabbia. Hazim era solito scomparire dentro i telai delle americane, apriva il cofano motore e intuivi che fisicamente girava a 360° e sotto sopra al motore. Durante l'anno successivo alla data d'inizio del lavoro a Bu Tuk passavamo Benini ed io ogni giorno almeno 1 ora nella sua officina nella Turist area all'ingresso di Abu Dhabi , la nostra presenza faceva si che lui lavorasse sulle nostre auto altrimenti non se ne sarebbe occupato. A Bu Tuk il mio lavoro iniziò col misurare sul terreno i vari lotti dei 400 ettari distribuiti in 9 campi. A piedi nudi, la sabbia a gennaio non è ustionante, girai tutto l'appezzamento, a volte Rashid khan mi prendeva sulle spalle per riuscire a leggere l'allineamento dei paletti di confine a distanza di 100/150 metri per volta. Camminavo sui cespugli, sui quarzi e in sabbia sprofondante, ignaro di serpenti e scorpioni e mai fui vittima di incidenti anche perché gli animali selvatici perlopiù escono di notte e normalmente si rintanano qualche centimetro sottoterra durante il giorno. Tutti montanari noi a parte Benini, e passare dagli scarponi di tutta una vita alla libertà dei piedi nudi è esaltante. Tutte le sere si tornava in città da papà che ci aspettava e preparava per noi 3 il pronto soccorso con scaglie di parmigiano e flut con spumante italiano alla giusta temperatura e caffè, poi solo dopo la doccia la cena di volta in volta dagli amici che ci prenotavano. Per i primi 9 mesi non ci fu un giorno di pausa, si partiva prima dell'alba e si tornava dopo il tramonto. Più tardi ebbi la mia stanza a Bu Tuk e ci passai diverse notti compreso un capodanno in tenue de soirée con cravatta della marina militare italiana donatami dall'Ambasciatore, Sandra in lungo, patè de fois gràs e l'immancabile brut. Mi rammarico di non aver passato più notti a Bu Tuk, dal mio letto avevo la luna piena di fronte e la dipinsi sul vetro della porta; più tardi fummo invece costretti a tenere accesi i generatori per usare il frigo durante l'estate e la pace cambiò territorio. Gli uomini al campo di notte, che nel frattempo erano diventati una quindicina, facevano gran animazione,; chi cercava di ricevere segnale in radio ed in televisione che ogni tanto prendevano campo e trasmettevano chissà quali programmi, chi lavava i panni, chi discuteva in gruppo, tutti alle 21,30 esausti si insaccavano nelle brande; i Pathan usano il turbante lungo alcuni metri per avvolgersi come bruchi nel bozzolo e si coprono gli occhi. In quanto addetto all'approvigionamento mi ricordo di quintali di TIDE in polvere, eri costretto dal sudare a fare bucato tutti i giorni. Dal campo ad Al Katham 20 minuti di pista battuta che facevo anche 4 volte al giorno, l'acqua e la benzina andavano riforniti spesso, e dipendevamo dallo spaccio di Kunju per gli alimenti, uno di quei tipici negozietti indiani in lamiera e plywood dipinto, dove potevi acquistare tutto, ma proprio tutto. Finita la delimitazione del terreno stabilita a priori con Ahmed Bin Hamad, si proseguì con la struttura per la recinzione, un pilastro di cemento ogni 50 metri, impiantato nel cemento dopo aver scavato a mano con badili almeno 1 metro in profondità. provate a scavare nella sabbia e poi capirete, si ha l'impressione di togliere 5 palate e di rimetterne 6, però alla fine il buco c'è. Poi arrivarono Khaled, Pakistano Beluchi autista di escavatore e un Yemenita autista di bulldozer che per mesi invasero i silenzi col frastuono dei loro mezzi per ricavare gli indispensabili pozzi per l'acqua e qui tutto cambiò! Il terreno che prendemmo in consegna disponeva di un solo pozzo per uso dei beduini, largo un metro e profondo 6-7 di acqua fresca e cristallina. All'interno sulle pareti dei bellissimi iguana a coda lunga di circa un metro dello stesso colore della sabbia. Alla fine degli scavi sui 400 ettari erano
  • 2. dislocate 6 piscine olimpioniche che vennero dotate di pompe a motore diesel e impianti di irrigazione a rete di canaline con tubi in pvc grigio. Gli iguana erano ovviamente attirati dall'acqua ed in certe zone si stabilirono abbondanti colonie di questi splendidi primitivi animali. Al campo intanto si costruivano pavimenti muri e tetti, il responsabile che chiamavamo Haji muratore assunse ruolo di capocantiere e da tutti rispettato ed obbedito lavorò d'istinto e d'esperienza ed in poche settimane completò 14 vani di circa 500 mtq coperti. Io feci diversi viaggi da e per Abu Dhabi col mio pick up e 15 qli di sacchi di cemento per volta a gomme gonfie o sgonfie a seconda che fossi su strada o su sabbia. Durante questi primi 12 mesi di lavoro mi separai da mia moglie ed ottenni in tempi brevissimi il divorzio ed alla fine del periodo mi presi d'autorità un mese di vacanza a Bali; wow! All'inizio del secondo anno eravamo leggermente in ritardo, avremmo dovuto piantare gli alberi entro la primavera, il nostro fornitore di piantine da germoglio era purtroppo in galera ad Abu Dhabi. Poche erano le nursery di saplings negli Emirati ed avendo bisogno di 80.000 piantine con urgenza dovetti risolvere io il problema del povero Ghaleb. Con i soldi di un mese e mezzo del mio stipendio pagai la cauzione alla polizia e Ghaleb si precipitò a rifornirci di tutti i camion necessari allo scopo. Non seppi mai il motivo della ritenzione del pakistano ma con questa mossa ottenni il rispetto di tutti. In alcune zone di shabkha si dovette arare col ripper del bulldozer il terreno e questo favorì in seguito la crescita delle piante. All'arrivo delle piante sui camion, alte tra i 50 e i 70 centimetri, diversi pickup fecero la spola lungo tutto il percorso per trapiantare sul terreno il più velocemente possibile con i fari delle auto accesi si andava oltre il tramonto ed i motori cominciarono a pompare acqua che goccia dopo goccia arrivava ad ogni singola pianta; guai a fermare l'irrigazione 1 giorno 2 - 3 e poi? Finito il trapianto quanto orgoglio nei cuori dei Pathan , il Benini felice di aver completato il lavoro con anticipo ed aver preso dal Dipartimento del Presidente il secondo acconto, il Dipartimento Forestale di Al Ain si complimentò per la buona riuscita dell'operazione ed io terminato il secondo anno li lasciai alla manutenzione per andare a vivere a Londra . Devo annotare che gli scavi per insabbiare i tubi dell'irrigazione furono forse la parte più complicata di tutto il lavoro, uno spartano trattore FIAT fece le trincee e la sabbia che le sue pale sollevarono rappresentò un vero rischio per l'autista. Tciai (thè) e nazwàr sono il corroborante in uso dai Pathan durante la giornata di lavoro. Tengono il nazwàr in un piccolo sacchetto per la dose giornaliera, sempre con sè per quello che rappresenta una breve pausa per riprendere il tempo con adrenalina, l'equivalente del nostro caffé. Con le dita preparano una piccola nocciola di questa polvere verde marcio e la posizionano tra la gengiva e la guancia, dopo pochi minuti quest'operazione procurerà abbondante saliva con conseguenti sputi verdastri sul terreno. A fine giornata e dopo la cena l'uso del nazwàr è compulsivo ed in ambiente domestico la saliva viene raccolta in lattine contenenti un paio di chili di sabbia, ognuno la sua. L'odore è nauseante ma ci si fa l'abitudine, io dormivo spesso in terra nella loro camerata in quanto usufruivo del condizionatore d'aria nella pausa pranzo dalle 13 alle 15 e mai venni a tiro pur essendo molto vicino alle suddette lattine. Un po come le sputacchiere da noi nei locali pubblici di tenera memoria. Un giorno chiesi ad Ualizàr Khan l'Afgano del gruppo di farmi provare questo miscuglio e quello che succedette in reazione fu alquanto deprimente. Eravamo all'aperto sotto il sole di settembre e tentai l'approccio con questa sostanza; pare che nella composizione ci sia calce bianca ed un'erba simile al "qat" yemenita. Inizialmente sentii solo il sapore amaro ma piacevole, ma nell'arco di due o tre minuti la visione cominciò a ballare, la tridimensionalità perse contatto, fui preso da un'improvvisa e forte sudorazione, la nausea salì così potente da desiderare di vomitare e riuscii solo a liberarmi della sostanza sciacquando la bocca con abbondante acqua fresca, mi accasciai al suolo e Ualizàr mi fece ombra con l'auto. Passò un'oretta prima che io tornassi lucido e la nausea piano a piano passò. In altre occasioni ci riprovai a distanza di tempo e non ebbi più danni di questo genere. Il nazwàr non è una droga, al Suk di Abu Dhabi è venduto liberamente e solo i Pathan ne fanno veramente grande uso. Personalmente ritengo che l'unico apprezzamento derivi dall'incredibile sapore, sapore di un altro "mondo". Roby Curoso