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Petites Jorasses,
Bonatti - Mazeaud
Relazione da una ripetizione
di luglio 2013.
Primi salitori:
W. Bonatti & P. Mazeaud, 1962.
Difficoltà: VI/A1, TDsup.
Lunghezza: circa 500 metri.
Tempi: 6/8 ore fino alla cengia.
Materiale: serie di friends doppi fino al 3 e martello per ribattere qualche chiodo ballerino (noi ne
abbiamo trovato qualcuno). Eventualmente chiodi in caso non si trovasse la sosta o si uscisse di via
nella parte centrale.
Commento: Bellissima via su difficoltà né mai estreme né mai banali che serpeggia tra le lisce
placche della parete sfruttandone i punti deboli. Spettacolare il diedro delle prime lunghezze, anche
se può essere facilmente bagnato (noi abbiamo trovato bagnati solo gli ultimi 10 metri, quelli duri).
I due tiri successivi in placca non sono di facile individuazione e può essere che qui siamo usciti
fuori via in qualche modo… i IV della relazione bassanini non li abbiamo proprio visti !!!
La via in generale non è chiodatissima, ma è quasi sempre (ad eccezione dei primi metri dell’ottavo
tiro) proteggibile con ottimi friends. Roccia buona (tranne qualche blocco mobile qua e là sulle
cenge) e arrampicata divertente.
Il posto è selvaggio ed isolato e offre uno scorcio mozzafiato sulla nord delle jorasses. Una
menzione speciale va a Bonatti e Mazeaud che ebbero il coraggio di aprire insieme questa via (dopo
un precedente tentativo di Mazeaud) ad un solo anno di distanza dalla tragedia del Freney…
Qui descriviamo unicamente la parte da noi percorsa, ovvero fino alla cengia dove l’originale piega
a sinistra per infilarsi nell’orrido canalone… inoltre una volta terminate le difficoltà abbiamo
percorso un tiro di pantagruel (V+) salendo verticalmente per evitare una zona innevata; tale
soluzione è consigliabile in quanto si svolge su difficoltà modeste e buona roccia.
Avvicinamento: Dal parcheggio di Lavachey, traversare la dora e seguire brevemente le numerose
tracce che risalgono i prati sovrastanti. Individuare un sentiero che sale nel bosco (ometto al bivio) e
seguirlo guadagnando il versante sinistro dell’imponente circo glaciale del Frebourze. Qui è
necessario attraversare la vallata e guadagnarne il lato destro nella parte alta. Noi abbiamo
incontrato in questo tratto un bel nevaio che ci ha permesso di traversare senza problemi; altrimenti
le cronache alpinistiche narrano di eroici guadi dei numerosi ed impetuosi torrenti glaciali che
scendono lungo la vallata!
Un volta nella parte destra individuare e risalire un tratto di roccette attrezzato con una corda fissa e
seguire il sentiero sovrastante che conduce in breve alla parte alta del circo glaciale. Traversare ora
verso sx guadagnando il ghiacciaio/nevaio che conduce alle rocce sottostanti il bivacco Gervasutti;
tali rocce si vincono facilmente con l’ausilio di una corda fissa. (in caso le condizioni del ghiacciaio
non permettano di raggiungere le fisse, è necessario seguire il pendio nevoso sulla dx e calare sul
bivacco dall’alto). 2h30/3h30 a seconda delle condizioni.
Dal bivacco si seguono le roccette sovrastanti e si scende sul ghiacciaio in direzione dell’evidente
parete. Risalire il ghiacciaio fino all’attacco situato in prossimità di un’evidente diedro-rampa nella
parte più bassa della parete (sosta su 2 chiodi). L’accessibilità della via è variabile a seconda delle
condizioni del ghiacciaio… noi abbiamo attaccato in corrispondenza di due chiodi con cordini! 1h
dal bivacco.
Descrizione:
1° tiro: seguire la rampa per una decina di metri (dalla sosta a chiodi) e spostarsi poi
sull’evidente cengia a sx. sosta su 2 chiodi e uno spit su comodo terrazzo. [25 m, IV]
2° tiro: risalire l’evidente diedro appoggiato sulla sx (chiodo) fino a un breve muretto dal quale
si esce sulla dx guadagnando una zona gradinata (sosta eventuale). Risalire le facili fessure sulla dx
con blocchi mobili (attenzione) fino a una cengetta sotto un tetto. Sosta da attrezzare su spuntone +
friends. [60 m, V+]
3° tiro: traversare a sx per facile cengia fino a portarsi sulla verticale dell’evidente diedrone che
caratterizza la prima parte della salita. Risalirlo lungamente fino alla sosta su 3 chiodi su comodo
ballatoio. [50 m, V+]
4° tiro: seguire il diedro appoggiato sfruttando le fessure sulla sua faccia dx (2 chiodi) fino alla
sosta su 2 chiodi su scomodo gradino sulla dx. [25/30 m, VI]
5° tiro: continuare a seguire il diedro fessurato in dulfer (friend incastrato) fino a dove questo è
chiuso da un tettino (chiodo). Traversare a dx fino alla comoda sosta (3 chiodi) su terrazzino. Tiro
eventualmente concatenabile con il precedente. [20/25 m, VI e un breve tratto di VII]
6° tiro: si segue il diedro fessurato (4 chiodi) fino ad un’eventuale sosta su terrazzino sulla sx.
seguire ancora il diedro ora verticale/strapiombante (qualche chiodo, ma si deve integrare) fino a
dove questo è chiuso da una fascia strapiombante (chiodo). Volteggiare sulla sx guadagnando la
scomodissima sosta (appesa) su 3 chiodi. [35/40 m, VI/A1]
7° tiro: si sale fino a sotto il tetto sovrastante (nut incastrato e chiodo) e si esce con passo
acrobatico a sx. seguire brevemente la fessura fino alla sosta su 2 chiodi e spuntone. [15 m, VI]
8° tiro: Si sale verso sx in placca difficilmente proteggibile per poi spostarsi (delicato)
nuovamente a dx sopra la sosta guadagnando una serie di fessure. Seguirle verso sx superando un
terrazzino con blocchi mobili (e anche un pilastrino dall’aria non troppo sicura – attenzione!) e
superare un ostico passo in fessura. Traversare quindi facilmente a dx per guadagnare la cima
dell’evidente grande pilastro sulla dx. Comoda sosta con spit e spuntone su terrazzino. [50 m, VI]
Tiro di difficile individuazione (può essere che qui abbiamo lisciato l’itinerario).
9° tiro: Seguire il sistema di fessure che sale obliquamente sulla dx (3 chiodi) puntando una
zona con due blocchi staccati che dal basso sembrano un clessidrone. Superare l’ultimo tratto
verticale poco a sinistra di tali blocchi per un muretto fessurato. Sosta con 2 chiodi su cengetta. [50
m, VI] Anche qui può essere che abbiamo lisciato qualcosa…
10° tiro: traversare a sx su cengia fino a un breve diedrino che permette di immettersi in una
evidente rampa ascendente verso dx (attenzione ai blocchi mobili). sosta da attrezzare su
spuntoni/friends. [60 m, 1 passo V poi III]
11° tiro: seguire la rampa sulla dx fino ad una sosta a spit (sulla dx – facendo un po’ di conserva
probabilmente si potrebbe fare sosta qui invece che attrezzarla più in basso). Qui il percorso
originale continua sulla dx; noi a causa dell’impraticabilità della rampa (neve) abbiamo seguito un
tiro di pantagruel: dritti in placca (spit) e poi seguire le vaghe fessure che permettono di guadagnare
la zona a cenge sovrastante. Sosta su 2 spit su comodo terrazzino. [50 m, V+]
12° tiro: superare il breve diedro sulla dx e seguire verso dx l’evidente cengia (sosta su 3 chiodi
a metà) fino a dove questa si esaurisce e si vede la possibilità di proseguire facilmente verso sx
sull’evidente cengia sovrastante. [45 m, [IV]
Qui la Bonatti originale piega a dx e si butta nel mortale canale sulla dx che un tempo di superava
con un tratto di misto… attualmente è impraticabile a meno che non si voglia giocare alla roulette
russa tra le scariche di sassi.
13° tiro: seguire la cengia verso sx (clessidra!) fin sotto la verticale di una sosta a spit che si
raggiunge per fessure e lame sporche di terra. [45 m, IV]
Qui noi ci siamo calati perché la cresta finale era ancora innevata e temevamo di non riuscire a
raggiungere le calate di pantagruel. Per uscire in vetta bisogna seguire la cengia verso sx fino al
diedro della Manera che con due lunghezze permette di raggiungere la cresta finale; seguendo
quest’ultima si dovrebbe arrivare alla cima e alle calate. Può essere che dal termine del diedro della
Manera si riesca a calarsi in doppia e raggiungere nuovamente le calate di pantagruel o gargantua…
(???)
Discesa: calarsi comodamente in doppia lungo pantagruel (calate quasi tutte di 30/40 metri; solo la
terzultima di 55 metri). L’ultima calata deve essere effettuata obliquamente molto verso dx (faccia a
valle) se si vuole riprendere l’attacco (e gli zaini!). Calcolare 1h30/2h00 senza inconvenienti dalla
cengia.
L’attacco.
Gli ultimi metri del quarto tiro.
Esposizione stellare sul sesto tiro.
L’uscita in sosta dell’ottavo tiro.
Il sistema di fessure oblique che permette di superare le placche centrali (nono tiro)

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  • 2. Avvicinamento: Dal parcheggio di Lavachey, traversare la dora e seguire brevemente le numerose tracce che risalgono i prati sovrastanti. Individuare un sentiero che sale nel bosco (ometto al bivio) e seguirlo guadagnando il versante sinistro dell’imponente circo glaciale del Frebourze. Qui è necessario attraversare la vallata e guadagnarne il lato destro nella parte alta. Noi abbiamo incontrato in questo tratto un bel nevaio che ci ha permesso di traversare senza problemi; altrimenti le cronache alpinistiche narrano di eroici guadi dei numerosi ed impetuosi torrenti glaciali che scendono lungo la vallata! Un volta nella parte destra individuare e risalire un tratto di roccette attrezzato con una corda fissa e seguire il sentiero sovrastante che conduce in breve alla parte alta del circo glaciale. Traversare ora verso sx guadagnando il ghiacciaio/nevaio che conduce alle rocce sottostanti il bivacco Gervasutti; tali rocce si vincono facilmente con l’ausilio di una corda fissa. (in caso le condizioni del ghiacciaio non permettano di raggiungere le fisse, è necessario seguire il pendio nevoso sulla dx e calare sul bivacco dall’alto). 2h30/3h30 a seconda delle condizioni. Dal bivacco si seguono le roccette sovrastanti e si scende sul ghiacciaio in direzione dell’evidente parete. Risalire il ghiacciaio fino all’attacco situato in prossimità di un’evidente diedro-rampa nella parte più bassa della parete (sosta su 2 chiodi). L’accessibilità della via è variabile a seconda delle condizioni del ghiacciaio… noi abbiamo attaccato in corrispondenza di due chiodi con cordini! 1h dal bivacco. Descrizione: 1° tiro: seguire la rampa per una decina di metri (dalla sosta a chiodi) e spostarsi poi sull’evidente cengia a sx. sosta su 2 chiodi e uno spit su comodo terrazzo. [25 m, IV] 2° tiro: risalire l’evidente diedro appoggiato sulla sx (chiodo) fino a un breve muretto dal quale si esce sulla dx guadagnando una zona gradinata (sosta eventuale). Risalire le facili fessure sulla dx con blocchi mobili (attenzione) fino a una cengetta sotto un tetto. Sosta da attrezzare su spuntone + friends. [60 m, V+] 3° tiro: traversare a sx per facile cengia fino a portarsi sulla verticale dell’evidente diedrone che caratterizza la prima parte della salita. Risalirlo lungamente fino alla sosta su 3 chiodi su comodo ballatoio. [50 m, V+] 4° tiro: seguire il diedro appoggiato sfruttando le fessure sulla sua faccia dx (2 chiodi) fino alla sosta su 2 chiodi su scomodo gradino sulla dx. [25/30 m, VI] 5° tiro: continuare a seguire il diedro fessurato in dulfer (friend incastrato) fino a dove questo è chiuso da un tettino (chiodo). Traversare a dx fino alla comoda sosta (3 chiodi) su terrazzino. Tiro eventualmente concatenabile con il precedente. [20/25 m, VI e un breve tratto di VII] 6° tiro: si segue il diedro fessurato (4 chiodi) fino ad un’eventuale sosta su terrazzino sulla sx. seguire ancora il diedro ora verticale/strapiombante (qualche chiodo, ma si deve integrare) fino a dove questo è chiuso da una fascia strapiombante (chiodo). Volteggiare sulla sx guadagnando la scomodissima sosta (appesa) su 3 chiodi. [35/40 m, VI/A1] 7° tiro: si sale fino a sotto il tetto sovrastante (nut incastrato e chiodo) e si esce con passo acrobatico a sx. seguire brevemente la fessura fino alla sosta su 2 chiodi e spuntone. [15 m, VI]
  • 3. 8° tiro: Si sale verso sx in placca difficilmente proteggibile per poi spostarsi (delicato) nuovamente a dx sopra la sosta guadagnando una serie di fessure. Seguirle verso sx superando un terrazzino con blocchi mobili (e anche un pilastrino dall’aria non troppo sicura – attenzione!) e superare un ostico passo in fessura. Traversare quindi facilmente a dx per guadagnare la cima dell’evidente grande pilastro sulla dx. Comoda sosta con spit e spuntone su terrazzino. [50 m, VI] Tiro di difficile individuazione (può essere che qui abbiamo lisciato l’itinerario). 9° tiro: Seguire il sistema di fessure che sale obliquamente sulla dx (3 chiodi) puntando una zona con due blocchi staccati che dal basso sembrano un clessidrone. Superare l’ultimo tratto verticale poco a sinistra di tali blocchi per un muretto fessurato. Sosta con 2 chiodi su cengetta. [50 m, VI] Anche qui può essere che abbiamo lisciato qualcosa… 10° tiro: traversare a sx su cengia fino a un breve diedrino che permette di immettersi in una evidente rampa ascendente verso dx (attenzione ai blocchi mobili). sosta da attrezzare su spuntoni/friends. [60 m, 1 passo V poi III] 11° tiro: seguire la rampa sulla dx fino ad una sosta a spit (sulla dx – facendo un po’ di conserva probabilmente si potrebbe fare sosta qui invece che attrezzarla più in basso). Qui il percorso originale continua sulla dx; noi a causa dell’impraticabilità della rampa (neve) abbiamo seguito un tiro di pantagruel: dritti in placca (spit) e poi seguire le vaghe fessure che permettono di guadagnare la zona a cenge sovrastante. Sosta su 2 spit su comodo terrazzino. [50 m, V+] 12° tiro: superare il breve diedro sulla dx e seguire verso dx l’evidente cengia (sosta su 3 chiodi a metà) fino a dove questa si esaurisce e si vede la possibilità di proseguire facilmente verso sx sull’evidente cengia sovrastante. [45 m, [IV] Qui la Bonatti originale piega a dx e si butta nel mortale canale sulla dx che un tempo di superava con un tratto di misto… attualmente è impraticabile a meno che non si voglia giocare alla roulette russa tra le scariche di sassi. 13° tiro: seguire la cengia verso sx (clessidra!) fin sotto la verticale di una sosta a spit che si raggiunge per fessure e lame sporche di terra. [45 m, IV] Qui noi ci siamo calati perché la cresta finale era ancora innevata e temevamo di non riuscire a raggiungere le calate di pantagruel. Per uscire in vetta bisogna seguire la cengia verso sx fino al diedro della Manera che con due lunghezze permette di raggiungere la cresta finale; seguendo quest’ultima si dovrebbe arrivare alla cima e alle calate. Può essere che dal termine del diedro della Manera si riesca a calarsi in doppia e raggiungere nuovamente le calate di pantagruel o gargantua… (???) Discesa: calarsi comodamente in doppia lungo pantagruel (calate quasi tutte di 30/40 metri; solo la terzultima di 55 metri). L’ultima calata deve essere effettuata obliquamente molto verso dx (faccia a valle) se si vuole riprendere l’attacco (e gli zaini!). Calcolare 1h30/2h00 senza inconvenienti dalla cengia.
  • 5. Gli ultimi metri del quarto tiro.
  • 7. L’uscita in sosta dell’ottavo tiro.
  • 8. Il sistema di fessure oblique che permette di superare le placche centrali (nono tiro)