Analisi delle problematiche sottostanti alla richiesta della italcementi di isola delle femmine
1. 1
ANALISI DELLE PROBLEMATICHE SOTTOSTANTI ALLA RICHIESTA DELLA
“ITALCEMENTI S.p.a.” di Isola delle Femmine
Il Comitato Cittadino Isola Pulita ritiene necessario iniziare la seguente esposizione con una
considerazione di rilevanza fondamentale:
anteporre a qualsiasi ragionamento di carattere normativo, tecnico ed economico il principio costituito della
tutela della salute dell’individuo che, com’è ben noto, non conosce ragioni superiori all’interno
dell’ordinamento giuridico.
Con il presente parere, difatti, non si ha la pretesa di scovare soltanto elementi negativi che giustificherebbe
un giudizio di diniego assoluto all’ampliamento della cementerai quanto, piuttosto, di non far dimenticare, a
tutti gli organi preposti alla realizzazione, gestione e controllo dell’opera auspicata, che tutte le norme, che
disciplinano le attività in gioco, sono subordinate ad una ratio di natura indefettibile, e vale a dire : la tutela
della salute sia del singolo sia dell’ambiente in cui egli svolge la sua esistenza.
Se ne ricava che la violazione delle norme che presiedono e che regolano la possibilità di esercitare questo
tipo di produzione industriale, pregiudicherebbe interessi di carattere talmente primari che, qualunque
risarcimento futuro, non restituirebbe in alcun modo il mal tolto.
Premesso quanto sopra, ecco i punti che s’intende analizzare con lo spirito non dell’esperto in materia
quanto del cittadino preoccupato e desideroso che tutto sia conforme al giusto e per conseguenza alle
normative giuridiche legali.
1. Riferimenti normativi posti a tutela della salute
2. Aspetti relativi all’impatto ambientale e necessità di un progetto definitivo per una completa
valutazione
3. Connessione con le specifiche normative d’urbanizzazione del Comune di Isola delle
Femmine
4. Considerazioni conclusive
PUNTO 1
Chiaramente l’analisi riguarda le disposizioni strettamente riferibili alle attività produttive nel cui ambito
rientra la Italcementi S.pa.
In tale direzione occorre partire dal T.U.LL.SS. (Testo unico delle leggi sanitarie) risalente al 1934, tutt’oggi
in vigore ed al Regolamento generale sanitario del 1901, dal cui combinato disposto dagli articoli 216 e
101_105, richiamati e confermati dal D.M. della Sanità del 5 settembre 1994, è dato ricavare l’elenco ancora
oggi vigente delle “industrie insalubri”.
Recita l’art 216 del T.U.LL.SS.:
“le manifatture o fabbriche che producono vapori, gas o altre esalazioni insalubri o che possono riuscire in
oltre modo pericolose alla salute degli abitanti sono indicate in un elenco diviso in due classi;
la prima comprende quelle che debbono essere isolate nelle campagne e tenute lontano dalle abitazioni;
la seconda quelle che esigono speciali cautele per l’incolumità del vicinato…”
In omaggio alle disposizioni normative sopra citate si evidenzia che rientrano nella prima classe (parte 1°,
lettera B n 33) le industrie che producono cementi.
Si faccia bene attenzione: l’elenco di cui si discute, che classifica le industrie insalubri, è tassativo e non è
suscettibile di ampliamenti o riduzioni ad opera di alcun soggetto giuridico, ad eccezione, ovviamente, del
medesimo organo ministeriale che lo ha stilato, in tal senso si è espressa tutta la giurisprudenza, sia di
legittimità (per tutte: 6216/1994) sia amministrativa ( per tutte: TAR 1981/2999, 1987/1476).
E’ stato addirittura affermato IL PRINCIPIO PER CUI TALI ELENCHI, NON SOLTANTO NON POSSONO
ESSERE DISATTESI DAI COMUNI MA, anche, che le PRESCRIZIONI contenute in seno ad essi devono
trovare applicazione nei confronti delle industrie già esistenti all’atto dell’emanazione del Decreto
Ministeriale.
Dall’anzidetto ne discende come logico ed obbligato corollario:
“che la Italcementi, siccome industria che produce cemento, e quindi vapori, gas ed altre esalazioni,
deve essere considerata in virtù della normativa sopra richiamata, di tipo insalubre, con la giuridica
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conseguenza che in nessun caso potrebbe e dovrebbe allocarsi nelle vicinanze di centri abitati, data la
notevole potenzialità della medesima a causare eventi dannosi irreparabili per la salute degli abitanti;
disattendendo il suddetto ci si trova, e ciò si può affermare con molta schiettezza, contro legge:
specificamente contro l’art 216 del T.U.LL.SS., gli art 101 e seguenti del Regolamento sanitario e i
Decreti Ministeriali che nel tempo sono entrati in vigore, i quali ad oggi hanno sostanzialmente ricalcato
le definizioni di cui sopra esposto”
Un’ultima annotazione che chiude l’analisi del 1° punto attiene all’impossibilità, nel caso tale obiezione
volesse essere avanzata, di potere ridimensionare le caratteristiche di tali industrie definite “di tipo insalubre”
con dei semplici o complessi che siano adeguatamente finalizzati ad eliminare i pericoli di tali attività
produttive.
In altri termini qualunque cautela venga realizzata potrà solo apparentemente ridurre i rischi, in quanto
basterebbe soltanto un danno, un malfunzionamento temporale della produzione, ed ecco che riaffiorerebbe
il pregiudizio per gli abitanti.
Alla luce delle considerazioni che precedono ci si chiede come mai un’industria di tal specie si trova
a stretto contatto con scuole, alberghi, abitazioni civili, locali pubblici, impianti sportivi e dulcis in
fundo, guardia medica! ?
Senza dimenticare che l’ente comunale di Isola ha continuato nel tempo (quasi sino ad esaurimento di
terreno disponibile), come se nulla fosse, a rilasciare concessioni edilizie e piani di lottizzazione per strutture
da edificare a meno di 50 metri dalla citata industria.
Perché, infine, se un singolo individuo decide di costruire deve sottostare a tutta una serie di vincoli, dato
che tutta la zona ove si trova la Cementeria è vincolata dal 1964 dalla Soprintendenza dei Beni Ambientali e
Paesaggistici della regione Siciliana, mentre la predetta industria potrebbe, in disprezzo dei suddetti vincoli,
addirittura realizzare l’ipotetica torre “eiffel isolana”
PUNTO 2
Pur considerando la superiore motivazione di carattere primario non ci si può sottrarre dall’analizzare gli
effetti che un eventuale ampliamento di siffatta misura avrebbe nei confronti dell’ambiente circostante.
E’ noto che la valutazione dell’impatto ambientale di un’opera altro non ha che il preciso fine di verificare il
complessivo impatto di un progetto sul sistema ambientale;
chiaramente non si pretende, anche se esso costituisce il nostro auspicio, di avere in riferimento al progetto
(che peraltro non esiste in nessun atto) un impatto ambientale “zero” ma, quanto meno, delle percentuali
minime che in comparazione con le esigenze soddisfino, senza deturparlo, l’ambiente.
Per questa ragione la normativa prevede che lo studio di impatto, prospettato a cura del proponente e,
quindi, della Italcementi (nel nostro caso specifico) prenda in esame TUTTI gli elementi utili al suo
inquadramento all’interno del territorio che la circonda ( sia in termini di previsioni programmatiche che in
termini di relazioni con le diverse componenti ambientali).
Per ottenere ciò occorre che lo studio sull’impatto ambientale sia, ai sensi dell’art 2 del DPCM 27/12/1988,
corredato dai seguenti quadri di riferimento:
1) quadro di riferimento programmatico che, ex art 3 del suddetto D.P.C.M., deve obbligatoriamente
comprendere:
a) la descrizione del progetto in relazione agli stati di attuazione degli strumenti pianificatori, di settore e
territoriali, nell’ambito quali viene inquadrato il progetto stesso;
b) la descrizione dei rapporti di coerenza del progetto con gli obiettivi perseguiti dagli strumenti
pianificatori, evidenziando, con riguardo all’area interessata:
le eventuali modificazioni intervenute in corrispondenza alle ipotesi di sviluppo assunte a base delle
pianificazioni;
l’indicazione degli interventi connessi, complementari o a servizio rispetto a quello proposto, con le
eventuali previsioni di realizzazione;
c) l’indicazione dei tempi d’attuazione dell’intervento e delle eventuali infrastrutture a servizio e
complementari;
d) la descrizione dell’attualità del progetto e la motivazione dell’eventuali modifiche apportate dopo la
sua originaria concezione;
e) le eventuali disarmonie di previsioni contenute in distinti strumenti programmatori quadro di
riferimento progettuale che, ex art 4, della citata disposizione, dovrebbe constare di due distinte
parti trattanti i seguenti aspetti:
nella prima parte:
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si precisano le caratteristiche dell’opera progettata, con particolare riferimento a:
- la natura dei beni e/o servizi offerti;
- il grado di copertura della domanda ed i suoi livelli di soddisfacimento in funzione delle diverse
ipotesi progettuali esaminate, ciò anche con riferimento all’ipotesi di assenza dell’intervento;
- la prevedibile evoluzione qualitativa e quantitativa del rapporto domanda-offerta riferita alla
presumibile vita tecnica ed economica dell’intervento;
- l’articolazione delle attività necessarie alla realizzazione dell’opera in fase di cantiere e di quelle
che ne caratterizzano l’esercizio;
- i criteri che hanno guidato le scelte del progettista in relazione alle previsioni delle trasformazioni
territoriali di breve e di lungo periodo conseguenti alla localizzazione dell’intervento, delle
infrastrutture di servizio e dell’eventuale indotto;
nella prima seconda parte si descrivono:
- le caratteristiche tecniche e fisiche del progetto e le aree occupate durante le fasi di costruzione
e di esercizio;
- l’insieme dei condizionamenti e vincoli di cui si è dovuto tenere conto nella redazione del
progetto e in particolare:
- le norme tecniche che regolano la realizzazione dell’opera;
- le norme e le prescrizioni di strumenti urbanistici, i piani paesistici e territoriali e piani di settore;
- i vincoli paesaggistici, naturalistici, architettonici, archeologici, storico-culturali, demaniali ed
idrogeologici, servitù ed altre limitazioni alla proprietà;
- i condizionamenti indotti dalla natura e vocazione dei luoghi e da particolari esigenze di tutela
ambientale,
- le motivazioni tecniche della scelta progettuale e delle principali alternative prese in esame,
opportunamente descritte, con particolare riferimento a:
a) le scelte di processo per gli impianti industriali, per la produzione di energia elettrica e per lo
smaltimento di rifiuti;
b) le condizioni di utilizzazione delle risorse naturali e di materie prime direttamente ed
indirettamente utilizzate o interessate nelle diverse fasi di realizzazione del progetto e di
esercizio dell’opera;
c) le quantità e le caratteristiche degli scarichi idrici, dei rifiuti, delle emissioni in atmosfera, con
riferimento alle diverse fasi di attuazione del progetto e di esercizio dell’opera;
d) le necessità progettuali di livello esecutivo e le esigenze gestionali imposte o da ritenersi
necessarie a seguito dell’analisi ambientale;
e) le eventuali misure non strettamente riferibili al progetto o provvedi menti di carattere gestionale
che si ritiene opportuno adottare per contenere gli impatti sia nel corso della fase di costruzione
che di esercizio;
f) gli interventi di ottimizzazione dell’inserimento nel territorio e nell’ambiente;
g) gli interventi tesi a riequilibrare eventuali scompensi indotti sull’ambiente, quadro di riferimento
ambientale da suddividere in due sezioni distinte:
2) quadro ambientale: finalizzato alla descrizione delle componenti ambientali del sito interessato
dagli impianti (corrispondente a quanto indicato nel comma 2 dell’art 5 del DPCM);
a) stima degli impatti: finalizzato alla individuazione e caratterizzazione degli impatti generati dagli
impianti (corrispondente a quanto indicato nel comma 3 dell’art 5 del DPCM);
il quadro di riferimento ambientale deve quindi:
b) definire l’ambito territoriale – inteso come sito ed area vasta – e i sistemi ambientali interessati
dal progetto, sia direttamente che indirettamente, entro cui è da presumere che possono
manifestarsi effetti significativi sulla qualità degli stessi;
c) individuare le aree, le componenti ed i fattori ambientali e le relazioni tra essi esistenti, che
manifestano un carattere di eventuali criticità, al fin di evidenziare gli approfondimenti di indagine
necessari al caso specifico;
d) documentare gli usi plurimi previsti dalle risorse, la pluralità negli usi delle medesime e gli
ulteriori usi potenziali coinvolti dalla realizzazione del progetto;
e) documentare i livelli di qualità preesistenti all’intervento per ciascuna componente ambientale
interessata e gli eventuali fenomeni di degrado delle risorse in atto.
L’analisi di cui sopra deve essere effettuata con riferimento alle componenti ed ai fattori ambientali di cui agli
allegati I e II del DPCM.
Secondo quanto previsto dal DPCM 27 dicembre 1988 (art 5 comma 3), per la stima degli impatti, in
relazione alle peculiarità dell’ambiente interessato così come definite a seguito delle analisi di cui al comma
2 dell’art 5 del DPCM, si deve:
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- stimare qualitativamente e quantitativamente gli impatti indotti dall’opera sul sistema ambientale,
nonché le interazioni degli impatti con le diverse componenti ed i fattori ambientali, anche in
relazione ai rapporti esistenti tra essi;
- descrivere le modificazioni delle condizioni d’uso e della fruizione potenziale del territorio, in
rapporto alla situazione preesistente;
- descrivere la prevedibile evoluzione, a seguito dell’intervento, delle componenti e dei fattori
ambientali, delle relative interazioni e del sistema ambientale complessivo;
- descrivere e stimare la modifica, sia nel breve che nel lungo periodo, dei livelli di qualità
preesistenti, in relazione agli approfondimenti di cui al presente articolo;
- definire gli strumenti di gestione e di controllo e, ove necessario, le reti di monitoraggio
ambientale, documentando la localizzazione dei punti di misura e i parametri ritenuti opportuni;
- illustrare i sistemi di intervento nell’ipotesi di manifestarsi di emergenze particolari.
La successiva valutazione condotta dalle Autorità competenti (in questo caso la Regione
Sicilia), è espressa tenendo conto della:
a) necessità dell’impianto;
b) motivazione delle scelte localizzative;
c) motivazioni, criteri, condizionamenti e vincoli che hanno guidato la scelta progettuale.
Lo studio d’impatto ambientale, per come ampliamente evidenziato, è un fondamentale supporto
finalizzato alla scelta, tra tutte le possibili alternative, dell’ipotesi migliore ma, per poter esprimere un
parere sugli interventi proposti, è assolutamente indispensabile disporre di un progetto definitivo e
conoscere i criteri che hanno condotto il proponente a scegliere l’alternativa progettuale sottoposta a
procedura di V.I.A.
Nel nostro caso specifico non risulta che la Italcementi abbia formalizzato, depositandolo nelle
opportune sedi, un progetto definitivo dell’opera di ampliamento.
E poiché disporre dell’adeguata documentazione progettuale è requisito indefettibile per poter valutare
in concreto tutti gli aspetti che non possono non essere oggetto di considerazioni nell’iter dell’istruttoria
del procedimento volto a raggiungere un provvedimento definitivo ( di accoglimento o di diniego), se
ne può concludere che, sin quando non saremo in possesso di tale documentazione, né noi del
comitato né alcun organo con mansioni di decisione potrà esprimere una reale valutazione
sull’argomento in questione.
Tutto ciò perché uno studio sull’impatto ambientale di qualsiasi opera, ancor più se trattasi di una
industria di siffatte abnormi caratteristiche, deve fondarsi sull’analisi dettagliata di progetti definitivi (e
non mere proposte), che permettano di considerare le fasi di costruzione, l’esercizio e la dismissione
dell’impianto, deve altresì contenere informazioni esaustive sul tipo e sulla provenienza delle materie
prime e dei combustibili impiegati nel processo, sulle emissioni, scarichi e rifiuti nelle diverse fasi di
realizzazione e di esercizio dell’opera ed infine sulle eventuali misure di mitigazione.
Come è agevole desumere dal complesso delle considerazioni di fatto e di diritto che precedono si
potrà concludere questo secondo punto in esame affermando che fin quando la Italcementi non
dimostrerà, attraverso la presentazione di un concreto progetto, che contenga e spieghi tutti i requisiti
testè descritti, né noi come comitato Isola Pulita né tanto meno gli organi amministrativi competenti
saranno in grado di valutare la effettiva incidenza di tale ampliamento rispetto all’ambiente circostante.
Punto 3 :
Occorre permettere, come criterio generale, che il livello di accettabilità di un progetto dipende sempre
dalla sua rispondenza agli obiettivi di tutela e di riequilibrio perseguiti dagli strumenti di governo del
territorio;
parziale difformità rispetto a tali previsioni, per essere accettabili, devono essere motivate da esigenze
tecniche ed imprescindibili ed adeguatamente compensate da interventi moderativi studiati ad hoc;
tali interventi devono essere realizzati contestualmente all’avvio dell’attività di cantiere.
Ci si chiede se l’ipotesi di ampliamento dell’impianto prevista nell’area immediatamente accanto a dove
si trova quello attuale sia oppure non in conformità od in contrasto con le norme del P.R.G. doi Isola
delle Femmine e con gli indirizzi della pianificazione del territorio.
A cura del Comitato Cittadino Isola Pulita di Isola delle Femmine
http://isolapulita.blogspot.it/2007/05/interivista-ai-carabinieri-del-nucleo.html