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L’uso della Fiaba come strumento emotivo – relazionale nell’incontro tra generazioni

           Incontro con l’Autore Prof. Tommaso Di Carpegna Falconieri
              Istituto d’Istruzione Superiore “Donati” – Fossombrone

                                  26 aprile 2012




© 2012 Dott.ssa Francesca Carubbi, Psicologa – Psicoterapeuta Centrata sulla Persona
Storie narrate e narrazioni del sé:
UNA PREMESSA
                                   ….E ritornò dalla Volpe.
                                   “Addio”, disse.
                                   “Addio”, disse la volpe.
                                     “Ecco il mio segreto. E’
                                     molto semplice: non si
                                     vede bene che con il
                                     cuore. L’essenziale è
                                     invisibile agli occhi”….
                                   (De Saint – Exupéry, 1949, trad. it.,
                                     pp. 96 – 97).


               © Antoine De Saint – Exupéry
               © Dott.ssa Francesca Carubbi
Storie narrate e narrazioni del sé: una
premessa
“Durante il mio percorso di laurea in
  psicologia, era spesso paragonato il
  lavoro dello psicologo a quello
  dell’archeologo: entrambi scavano,
  scavano per recuperare oggetti del
  passato, importantissimi per capire
  come vivevano e come “erano” le
  persone di quei tempi. Con
  l’esperienza […], mi sono sorpresa ad
  osservare che quel che conta non è
  certo quanto abbiamo scavato, ma
  quanto siamo riusciti a “vedere”.
  Vedere in noi stessi e nell’altro, e
  nella relazione che nasce da questo
  profondo contatto”. (Benvenuti,
  2009, pag. 83).
© Dott.ssa Francesca Carubbi
Storie narrate e narrazioni del sé:
il valore socializzante della fiaba
La fiaba aiuta a ritrovare le radici con il nostro
 passato;
Le fiabe e i miti ci aiutano a capire meglio noi stessi,
 raccontando le nostre paure;
                    Questo perché:
Le fiabe testimoniano il nostro bisogno di conoscenza,
 di chiarimento e di costruzione del nostro mondo
© Dott.ssa Francesca Carubbi
Storie narrate e narrazioni del sé:
il panorama giovanile attuale

Una generazione senza “no”:

   “Ai genitori fanno quasi paura i figli; [i genitori]
   fanno tutto quello che gli chiedono loro” (Sara, 13
                         anni)


© Dott.ssa Francesca Carubbi
Storie narrate e narrazioni del sé: il panorama giovanile attuale
Indagine SIP (Società Italiana di Pediatria), 2010: “Le abitudini e stili di vita tra gli
   adolescenti”:
 Regole: “vuoto di potere” da parte della famiglia; desiderio di regole, intese come
   confronto reciproco e punti di riferimento;
 Sessualità: poco più del 40% dichiara di rivolgersi alla mamma per un consiglio e solo
   il 20% al papà (“sessualità fai da te”): il 58% ritiene di avere tutte le info necessarie e la
   percezione del rischio è scesa dall’86,7% del 2009 all’83, 9 % nel 2010;
 TV e Internet: nel 2010 il 97% dichiara di navigare su Internet, contro il 91% del 2009;
   Esiste un 5% che passa, tra TV e Internet, più di 6 ore al giorno; Uso sempre più privato
   di TV e Internet;
 Fenomeno Fb: Oltre il 67% ha il suo profilo, con un incremento del 35%; i genitori lo
   percepiscono come un pericolo, ma i genitori non riescono a dare limiti (pericolo Net
   Addiction);
 Addiction: si osserva un forte influsso negativo, determinato da un uso massiccio di TV
   e Internet;
 Bullismo: calo del fenomeno, ma aumento dello steretipo della vittima (“fifone”) e del
   bullo (“un tipo in gamba”); vi è l’aumento del cy – berbullismo, attraverso la Rete .
© Dott.ssa Francesca Carubbi
Storie narrate e narrazioni del sé: il disagio
emotivo come disgregatore relazionale
La ricerca della SIP ha evidenziato come non ci sia quasi più
  dialogo tra genitori e figli: questi, progressivamente, si isolano
  dal mondo reale, dalla relazione, anestetizzando le loro
  emozioni;
Tuttavia, l’Intelligenza Emotiva (Goleman, 1995) ci insegna
  come il riconoscimento delle emozioni, proprie e quelle altrui,
  sia una colonna importante per un sano sviluppo del senso di
  sé;
Il riconoscimento del proprio sé si basa su aspetti, quali: essere
  consapevoli delle proprie reazioni, percezioni ed emozioni; il
  controllare i sentimenti, il controllare lo stress, l’empatia e
  l’autoaccettazione anche alla luce delle difficoltà.
© Dott.ssa Francesca Carubbi
Storie narrate e narrazioni del sé: il disagio
emotivo come disgregatore relazionale
Da ciò quanto siamo più aperti verso le nostre
 emozioni, tanto più saremo abili nel leggere i
 sentimenti altrui;
Allora, diventa imprescindibile, da un punto di vista
 educativo, favorire la combinazione
 dell’apprendimento emotivo con quello cognitivo;
Compito dei genitori ed educatori è, quindi, quello di
 mettersi per primi in discussione, di guardare le
 proprie emozioni, di nominarle, di accettarsi e di
 accettare i propri ragazzi.
© Dott.ssa Francesca Carubbi
Storie narrate e narrazioni del sé: il
concetto di educazione confluente
L’educazione confluente promuove il coinvolgimento
 dell’intera persona nel processo di apprendimento;
Mira a costituire contesti di apprendimento e climi
 relazionali in cui l’intera persona possa imparare e
 dove idee e sentimenti siano fusi tra loro: la relazione
 educativa è quindi una relazione cognitivo –
 emozionale;
Se il bambino vivrà scambi autentici in cui vi è il
 riconoscimento dei suoi bisogni e delle sue emozioni,
 crescerà con un senso di sicurezza.
© Dott.ssa Francesca Carubbi
Storie narrate e narrazioni del sé: il
concetto di educazione confluente
 Quindi solo uno stile educativo autorevole, contraddistinto
      da una sana dose di affetto e trasmissione di norme
   comportamentali, consente all’educatore, da un lato, di
    poter accettare incondizionatamente le emozioni e gli
  atteggiamenti del bambino e, dall’altro, di poter, in modo
       simultaneo, disapprovare alcuni comportamenti
         inaccettabili: disapprovazione accompagnata
       dall’espressione autentica dei sentimenti da parte
  dell’educatore stesso (ad es. “Sento che sei arrabbiato, ma
  non accetto che tu ti comporti in questo modo. Sento che
                     ciò mi fa arrabbiare”).
© Dott.ssa Francesca Carubbi
Storie narrate e narrazioni del sé: il perché
della fiaba nella relazione
• La Fiaba risponde alle sfide
    educative, come ad esempio le
    problematiche relative tra genitori
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•   Offrono al bambino la possibilità
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•   Permette al genitore di modulare i
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                                           © Felicia Giaquinto
                                           © Dott.ssa Francesca Carubbi
Storie narrate e narrazioni del sé: il perché della
fiaba nella relazione
Da qui:
 La Fiaba, diviene uno strumento valido per la facilitazione
  all’apprendimento: il bambino ascolta,incantato, le singole parole che
  lo afferrano emotivamente (Roccato, 2006);
 La Fiaba suggerisce che solo lottando coraggiosamente contro le
  difficoltà, l’uomo può riuscire a trovare un significato alla sua
  esistenza (Bettelheim, 1975);
 Grazie alla fiaba, il bambino impara a riconoscere le emozioni, proprie
  e degli altri;
 Grazie alla narrazione, la relazione affettiva tra adulto e bambino si
  arricchisce in modo prepotente.

© Dott.ssa Francesca Carubbi
Storie narrate e narrazioni del se’
                           “ Quando le persone si
                             sentono comprese con
                             sensibilità e accuratezza,
                             esse      sviluppano     un
                             insieme di atteggiamenti
                             verso se stesse che
                             promuovono la crescita”
                           (Rogers, 1980, trad. it., pag.
                             137).


           © Dott.ssa Francesca Carubbi
Storie narrate e narrazioni del se: Perché tutto ciò è importante nella
relazione tra educatore e bambino?
 Gli   insegnanti e gli educatori, spesso, mettono in atto una “dissociazione” tra il loro
    comportamento e stile comunicativo, contrassegnato da incoerenze e contraddizioni:
    disciplinati e diligenti a biasimare i piccoli per una loro mancanza, appaiono talvolta meno
    solerti a esserlo con se stessi, arrivando ad essere indulgenti verso le proprie. Questa
    inconsapevole incompetenza relazionale può creare una inevitabile confusione nel
    bambino, che, a sua volta, può provare delusione, frustrazione e rabbia, in quanto sente
    che l’adulto gli ha raccontato bugie e tradito la sua fiducia. La capacità da parte del
    bambino di entrare in contatto con le proprie emozioni e di sentire i propri bisogni fa sì
    che l’insegnante si senta minacciato, a causa della risonanza emotiva che questi vissuti
    producono all’interno del “proprio bambino ferito”, la cui conseguenza è uno stato di
    incongruenza tra l’esperienza reale dell’organismo e l’immagine di sé con cui l’individuo
    (Zucconi, 2008) si rappresenta tale esperienza. Privato del suo potere e spaventato dai
    propri limiti personali, l’educatore reagisce allo smascheramento del segreto con sfida,
    difendendosi e riappropriandosi del proprio ruolo in modo autoritario e non facilitante
    l’apprendimento. Ma “quando il facilitatore è una persona autentica, mostrandosi per
    quello che è [….] vi sono molte più probabilità che egli dimostri la sua efficacia. Questo
    significa che i sentimenti che il facilitatore sta sperimentando sono disponibili alla sua
    consapevolezza, che è capace di vivere questi sentimenti […] e di comunicarli quando se ne
    offre l’opportunità […..] affinché gli studenti possano percepire che questi elementi
    esistono nell’insegnante e possano iniziare nuovamente a fidarsi di lui”(Rogers, 1980).
 © Dott.ssa Francesca Carubbi
Bibliografia
 Bettelheim, B., (1976), The uses of enchantement, the meaning and importance of fairy tales, A. Knopf,
    New York, (Trad. it., Il Mondo Incantato, Feltrinelli, Milano, 2000);
   Bruzzone, D., (2007), Carl Rogers. La relazione efficace nella psicoterapia e nel lavoro educativo,
    Carocci, Roma;
   Carubbi, F., (2009), Storie narrate e narrazioni del sé, in Da Persona a Persona - Rivista di Studi
    Rogersiani, ottobre 2009, pp. 181 – 190;
   De Saint – Exupéry, A., (1943), Le petit prince, Editions Gallimard, Paris, (trad. it. Il Piccolo Principe,
    Bompiani, Milano, 2009);
   Di Serio, P., (2009), In un granello di sabbia, in Da Persona a Persona - Rivista di Studi Rogersiani, ottobre
    2009, pag. 83;
   Goleman, D., (1995), Emotional Intelligence, (trad. it., Intelligenza emotiva, RCS, Milano, 2007);
   Petrini P., Zucconi A. (2008). La Relazione che Cura. Alpes Italia, Roma;
   Propp, V. Ja, (1928), Morfologija skazki. Transformacii volshebnykh skazok, (coll. “Voprosi poetiki”,
    n.12), Gosudarstvennij Institut Istorii Iskusstva, Leningrad, (trad. it, Morfologia della Fiaba, Newton, Roma,
    1977);
   Roccato, P., (2006), Dieci buoni motivi per raccontare o leggere storie ai bambini, lavoro presentato
    nell’ambito delle iniziative “Torino Capitale del Libro”, al Seminario “Nati per leggere”, Regione Piemonte
    Sezione Nord Ovest Associazione Culturale Pediatri (ACP/Nord Ovest) e Associazione “Nati per
    Leggere”, Torino, 7 ottobre;
   Rogers, C., (1980), A way of being, Houghton Mifflin Company, Boston, (trad. it., Un modo di essere,
    Martinelli, Firenze, 1983);
   Santagostino, P., (2004), Guarire con una fiaba, Feltrinelli, Milano;
   Tucci, M., (2010), Commento all’indagine “Le abitudini e gli stili di vita degli adolescenti” , SIP (Società
    Italiana di Pediatria), http://sip.it/wp-content/uploads/2010/07/Indagine_adolescenti_commento_2010.pdf
   Zaoli, M., (2002), Dalla fiaba al mito, dal rito all’inconscio, Pozzo Editore, Rimini

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Incontro_ Scuola_Donati_ Fiaba_ 26 aprile 2012

  • 1. L’uso della Fiaba come strumento emotivo – relazionale nell’incontro tra generazioni Incontro con l’Autore Prof. Tommaso Di Carpegna Falconieri Istituto d’Istruzione Superiore “Donati” – Fossombrone 26 aprile 2012 © 2012 Dott.ssa Francesca Carubbi, Psicologa – Psicoterapeuta Centrata sulla Persona
  • 2. Storie narrate e narrazioni del sé: UNA PREMESSA ….E ritornò dalla Volpe. “Addio”, disse. “Addio”, disse la volpe. “Ecco il mio segreto. E’ molto semplice: non si vede bene che con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”…. (De Saint – Exupéry, 1949, trad. it., pp. 96 – 97). © Antoine De Saint – Exupéry © Dott.ssa Francesca Carubbi
  • 3. Storie narrate e narrazioni del sé: una premessa “Durante il mio percorso di laurea in psicologia, era spesso paragonato il lavoro dello psicologo a quello dell’archeologo: entrambi scavano, scavano per recuperare oggetti del passato, importantissimi per capire come vivevano e come “erano” le persone di quei tempi. Con l’esperienza […], mi sono sorpresa ad osservare che quel che conta non è certo quanto abbiamo scavato, ma quanto siamo riusciti a “vedere”. Vedere in noi stessi e nell’altro, e nella relazione che nasce da questo profondo contatto”. (Benvenuti, 2009, pag. 83). © Dott.ssa Francesca Carubbi
  • 4. Storie narrate e narrazioni del sé: il valore socializzante della fiaba La fiaba aiuta a ritrovare le radici con il nostro passato; Le fiabe e i miti ci aiutano a capire meglio noi stessi, raccontando le nostre paure; Questo perché: Le fiabe testimoniano il nostro bisogno di conoscenza, di chiarimento e di costruzione del nostro mondo © Dott.ssa Francesca Carubbi
  • 5. Storie narrate e narrazioni del sé: il panorama giovanile attuale Una generazione senza “no”: “Ai genitori fanno quasi paura i figli; [i genitori] fanno tutto quello che gli chiedono loro” (Sara, 13 anni) © Dott.ssa Francesca Carubbi
  • 6. Storie narrate e narrazioni del sé: il panorama giovanile attuale Indagine SIP (Società Italiana di Pediatria), 2010: “Le abitudini e stili di vita tra gli adolescenti”:  Regole: “vuoto di potere” da parte della famiglia; desiderio di regole, intese come confronto reciproco e punti di riferimento;  Sessualità: poco più del 40% dichiara di rivolgersi alla mamma per un consiglio e solo il 20% al papà (“sessualità fai da te”): il 58% ritiene di avere tutte le info necessarie e la percezione del rischio è scesa dall’86,7% del 2009 all’83, 9 % nel 2010;  TV e Internet: nel 2010 il 97% dichiara di navigare su Internet, contro il 91% del 2009; Esiste un 5% che passa, tra TV e Internet, più di 6 ore al giorno; Uso sempre più privato di TV e Internet;  Fenomeno Fb: Oltre il 67% ha il suo profilo, con un incremento del 35%; i genitori lo percepiscono come un pericolo, ma i genitori non riescono a dare limiti (pericolo Net Addiction);  Addiction: si osserva un forte influsso negativo, determinato da un uso massiccio di TV e Internet;  Bullismo: calo del fenomeno, ma aumento dello steretipo della vittima (“fifone”) e del bullo (“un tipo in gamba”); vi è l’aumento del cy – berbullismo, attraverso la Rete . © Dott.ssa Francesca Carubbi
  • 7. Storie narrate e narrazioni del sé: il disagio emotivo come disgregatore relazionale La ricerca della SIP ha evidenziato come non ci sia quasi più dialogo tra genitori e figli: questi, progressivamente, si isolano dal mondo reale, dalla relazione, anestetizzando le loro emozioni; Tuttavia, l’Intelligenza Emotiva (Goleman, 1995) ci insegna come il riconoscimento delle emozioni, proprie e quelle altrui, sia una colonna importante per un sano sviluppo del senso di sé; Il riconoscimento del proprio sé si basa su aspetti, quali: essere consapevoli delle proprie reazioni, percezioni ed emozioni; il controllare i sentimenti, il controllare lo stress, l’empatia e l’autoaccettazione anche alla luce delle difficoltà. © Dott.ssa Francesca Carubbi
  • 8. Storie narrate e narrazioni del sé: il disagio emotivo come disgregatore relazionale Da ciò quanto siamo più aperti verso le nostre emozioni, tanto più saremo abili nel leggere i sentimenti altrui; Allora, diventa imprescindibile, da un punto di vista educativo, favorire la combinazione dell’apprendimento emotivo con quello cognitivo; Compito dei genitori ed educatori è, quindi, quello di mettersi per primi in discussione, di guardare le proprie emozioni, di nominarle, di accettarsi e di accettare i propri ragazzi. © Dott.ssa Francesca Carubbi
  • 9. Storie narrate e narrazioni del sé: il concetto di educazione confluente L’educazione confluente promuove il coinvolgimento dell’intera persona nel processo di apprendimento; Mira a costituire contesti di apprendimento e climi relazionali in cui l’intera persona possa imparare e dove idee e sentimenti siano fusi tra loro: la relazione educativa è quindi una relazione cognitivo – emozionale; Se il bambino vivrà scambi autentici in cui vi è il riconoscimento dei suoi bisogni e delle sue emozioni, crescerà con un senso di sicurezza. © Dott.ssa Francesca Carubbi
  • 10. Storie narrate e narrazioni del sé: il concetto di educazione confluente Quindi solo uno stile educativo autorevole, contraddistinto da una sana dose di affetto e trasmissione di norme comportamentali, consente all’educatore, da un lato, di poter accettare incondizionatamente le emozioni e gli atteggiamenti del bambino e, dall’altro, di poter, in modo simultaneo, disapprovare alcuni comportamenti inaccettabili: disapprovazione accompagnata dall’espressione autentica dei sentimenti da parte dell’educatore stesso (ad es. “Sento che sei arrabbiato, ma non accetto che tu ti comporti in questo modo. Sento che ciò mi fa arrabbiare”). © Dott.ssa Francesca Carubbi
  • 11. Storie narrate e narrazioni del sé: il perché della fiaba nella relazione • La Fiaba risponde alle sfide educative, come ad esempio le problematiche relative tra genitori e figli; • Offrono al bambino la possibilità di visualizzare il suo stato emotivo e psicologico; • Potenzia la comunicazione tra genitori e figli; • Permette al genitore di modulare i suoi interventi educativi, in base all’età del figlio, rispettandone i tempi e le delicate fasi evolutive; • Aiuta a conoscere le nostre radici: rapporto tra famiglia e società © Felicia Giaquinto © Dott.ssa Francesca Carubbi
  • 12. Storie narrate e narrazioni del sé: il perché della fiaba nella relazione Da qui:  La Fiaba, diviene uno strumento valido per la facilitazione all’apprendimento: il bambino ascolta,incantato, le singole parole che lo afferrano emotivamente (Roccato, 2006);  La Fiaba suggerisce che solo lottando coraggiosamente contro le difficoltà, l’uomo può riuscire a trovare un significato alla sua esistenza (Bettelheim, 1975);  Grazie alla fiaba, il bambino impara a riconoscere le emozioni, proprie e degli altri;  Grazie alla narrazione, la relazione affettiva tra adulto e bambino si arricchisce in modo prepotente. © Dott.ssa Francesca Carubbi
  • 13. Storie narrate e narrazioni del se’ “ Quando le persone si sentono comprese con sensibilità e accuratezza, esse sviluppano un insieme di atteggiamenti verso se stesse che promuovono la crescita” (Rogers, 1980, trad. it., pag. 137). © Dott.ssa Francesca Carubbi
  • 14. Storie narrate e narrazioni del se: Perché tutto ciò è importante nella relazione tra educatore e bambino? Gli insegnanti e gli educatori, spesso, mettono in atto una “dissociazione” tra il loro comportamento e stile comunicativo, contrassegnato da incoerenze e contraddizioni: disciplinati e diligenti a biasimare i piccoli per una loro mancanza, appaiono talvolta meno solerti a esserlo con se stessi, arrivando ad essere indulgenti verso le proprie. Questa inconsapevole incompetenza relazionale può creare una inevitabile confusione nel bambino, che, a sua volta, può provare delusione, frustrazione e rabbia, in quanto sente che l’adulto gli ha raccontato bugie e tradito la sua fiducia. La capacità da parte del bambino di entrare in contatto con le proprie emozioni e di sentire i propri bisogni fa sì che l’insegnante si senta minacciato, a causa della risonanza emotiva che questi vissuti producono all’interno del “proprio bambino ferito”, la cui conseguenza è uno stato di incongruenza tra l’esperienza reale dell’organismo e l’immagine di sé con cui l’individuo (Zucconi, 2008) si rappresenta tale esperienza. Privato del suo potere e spaventato dai propri limiti personali, l’educatore reagisce allo smascheramento del segreto con sfida, difendendosi e riappropriandosi del proprio ruolo in modo autoritario e non facilitante l’apprendimento. Ma “quando il facilitatore è una persona autentica, mostrandosi per quello che è [….] vi sono molte più probabilità che egli dimostri la sua efficacia. Questo significa che i sentimenti che il facilitatore sta sperimentando sono disponibili alla sua consapevolezza, che è capace di vivere questi sentimenti […] e di comunicarli quando se ne offre l’opportunità […..] affinché gli studenti possano percepire che questi elementi esistono nell’insegnante e possano iniziare nuovamente a fidarsi di lui”(Rogers, 1980). © Dott.ssa Francesca Carubbi
  • 15. Bibliografia  Bettelheim, B., (1976), The uses of enchantement, the meaning and importance of fairy tales, A. Knopf, New York, (Trad. it., Il Mondo Incantato, Feltrinelli, Milano, 2000);  Bruzzone, D., (2007), Carl Rogers. La relazione efficace nella psicoterapia e nel lavoro educativo, Carocci, Roma;  Carubbi, F., (2009), Storie narrate e narrazioni del sé, in Da Persona a Persona - Rivista di Studi Rogersiani, ottobre 2009, pp. 181 – 190;  De Saint – Exupéry, A., (1943), Le petit prince, Editions Gallimard, Paris, (trad. it. Il Piccolo Principe, Bompiani, Milano, 2009);  Di Serio, P., (2009), In un granello di sabbia, in Da Persona a Persona - Rivista di Studi Rogersiani, ottobre 2009, pag. 83;  Goleman, D., (1995), Emotional Intelligence, (trad. it., Intelligenza emotiva, RCS, Milano, 2007);  Petrini P., Zucconi A. (2008). La Relazione che Cura. Alpes Italia, Roma;  Propp, V. Ja, (1928), Morfologija skazki. Transformacii volshebnykh skazok, (coll. “Voprosi poetiki”, n.12), Gosudarstvennij Institut Istorii Iskusstva, Leningrad, (trad. it, Morfologia della Fiaba, Newton, Roma, 1977);  Roccato, P., (2006), Dieci buoni motivi per raccontare o leggere storie ai bambini, lavoro presentato nell’ambito delle iniziative “Torino Capitale del Libro”, al Seminario “Nati per leggere”, Regione Piemonte Sezione Nord Ovest Associazione Culturale Pediatri (ACP/Nord Ovest) e Associazione “Nati per Leggere”, Torino, 7 ottobre;  Rogers, C., (1980), A way of being, Houghton Mifflin Company, Boston, (trad. it., Un modo di essere, Martinelli, Firenze, 1983);  Santagostino, P., (2004), Guarire con una fiaba, Feltrinelli, Milano;  Tucci, M., (2010), Commento all’indagine “Le abitudini e gli stili di vita degli adolescenti” , SIP (Società Italiana di Pediatria), http://sip.it/wp-content/uploads/2010/07/Indagine_adolescenti_commento_2010.pdf  Zaoli, M., (2002), Dalla fiaba al mito, dal rito all’inconscio, Pozzo Editore, Rimini

Editor's Notes

  1. “ Progetto finanziato dall’ATS VII e rientrante nel Progetto della Regione Marche “Scuola per Genitori” © Dott.ssa Francesca Carubbi, Psicologa - Psicoterapeuta