1. La Sindrome
Di Peter Pan
Abeti Eneri,
2011-2012
Lingue, letterature e studi
interculturali
2. Che cos'è?
Il personaggio di Peter Pan nell'immaginario
collettivo rappresenta colui che non vuole crescere,
che è rimasto fermo allo stadio infantile dove tutto è
bello, tutto è possibile e in cui non deve rendere
conto a nessuno.
La sindrome che porta il nome di questo
personaggio, infatti, colpisce soprattutto gli uomini
che non accettano il passare degli anni e si rifugiano
in un' “isola che non c'è” lontana dal mondo reale e
dalle sue limitazioni, dove essi sono i padroni
assoluti: tutto esiste unicamente per loro, in funzione
dei loro desideri e dei loro umori.
La sindrome di Peter Pan 2
3. Perchè il soggetto affetto da Sindrome
di Peter Pan non vuole “crescere”?
Egli rifiuta di vivere nel mondo "degli adulti" in quanto lo ritiene ostile, pauroso o
troppo complicato, e si rifugia in comportamenti e in regole tipiche della
fanciullezza.
È un inguaribile immaturo: Vuole sempre essere al centro dell’attenzione, parla e
ride a voce alta, non sta mai fermo, tende a banalizzare anche le questioni più serie
e non si prende carico dei propri problemi.
In genere è vittima di un’educazione troppo protettiva, spesso è figlio unico oppure
l’ultimo di una serie di fratelli, ha avuto molte gratificazioni da piccolo e non vuole
perdere i suoi privilegi. Nessuno lo ha aiutato a maturare, non ha avuto alcuna
responsabilità e non ha mai dovuto affrontare i problemi della vita di tutti i giorni.
In altre parole, ha sempre trovato persone disposte a sgombrargli il terreno da
eventuali intralci e a liberarlo dalle difficoltà.
Egli avrà sempre bisogno di qualcuno che gli organizzi la vita, anche quando avrà i
capelli brizzolati, e pertanto non gli si potrà chiedere appoggio e protezione, perché
è proprio lui il primo ad averne bisogno.
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4. Poiché sono gli adulti a soffrire di questa
patologia, è molto interessante esaminare i
dati di una ricerca Istat effettuata su ragazzi
tra i 14 e i 21 anni che mira a conoscere
quali siano i requisiti che, secondo i giovani,
determinano il raggiungimento dell'età
adulta.
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5. Cosa ci rende Adulti? Da che cosa è
intimorito il malato in questione?
Famiglia
Lavoro
Coppia
● La Famiglia (39%).
Indipendenza La presenza della prole rappresenta una fonte di
Età cronologica grande limitazione della libertà del soggetto.
Altro Lo stesso vale per
● Il Lavoro (24%), che comporta grandi responsabilità,
così come
● La Coppia Stabile (21%) e
39% La Famiglia ● L'indipendenza (8%).
L'emancipazione dal nucleo familiare d’origine per
24% Lavoro crearne uno nuovo e sostentarlo col proprio lavoro,
infatti, tarda sempre più ad arrivare. Oggi si tende a
21% Coppia stazionare comodamente nella casa natale anche oltre
Stabile i trenta anni, dove il ‘giovane-cresciuto’ vive di solito
una condizione agiata, frequentando i pubs e le
8% Indipendenza discoteche più in voga, proprio come un adolescente, e
molto tardivamente si avvicina al mondo del lavoro,
spesso anch'esso precario (senza voler trascurare
5% Età l'evento della grave crisi economica che ha portato
Cronologica grandi disagi nel contesto lavorativo e sociale).
3% Altro
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6. In sostanza, quindi, l' “eterno ragazzino” non ha
occhi che per sé stesso; è così narcisista da essersi
creato un mondo parallelo dove è l'unico ed il solo
protagonista, dove nasconde ogni tipo di dolore o
problema dietro un perenne ottimismo ed è
completamente insensibile, di conseguenza, alla
sofferenza altrui.
Questa totale mancanza di empatia lo mette in
condizione di non saper amare, di essere incapace di
confrontarsi con gli altri e soprattutto di relazionarsi
con essi.
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7. Come può quindi l'eterno Peter Pan
uscire da questa condizione?
Egli potrà crescere solo abbandonando la propria visione autocentrata e
aprendo gli occhi sull'altro. La sua evoluzione passa necessariamente
per la scoperta del dolore dentro di sé, che aprirà le porte all'amore.
Egli deve intraprendere il viaggio che lo riporterà ad essere quello che è;
dovrà affrontare il crollo della propria illusione, calandosi nel mondo
"reale", per poi scoprire che la sua illusione era, in fondo, l'unica vera
Realtà. Deve imparare ad amare, innanzitutto se stesso, non come
fredda immagine idealizzata ma nella propria pienezza di essere umano,
facendo i conti con i limiti, il dolore, la caducità. Da qui, egli potrà
vedere l'altro e amarlo, riconoscere se stesso nell'altro.
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