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UNIVERSITÀ COMMERCIALE LUIGI BOCCONI
Scuola Universitaria
Corso di Laurea in Economia Aziendale e Management
La previdenza complementare in Italia: analisi della
normativa, dei risultati finanziari e dei costi degli
Investimenti Socialmente Responsabili nei
Fondi Pensione italiani
LAVORO FINALE DI: Pierfrancesco Bresolini Eibenstein
Matricola 1679786
DOCENTE TUTOR: Prof. Francesco Vallacqua
ANNO ACCADEMICO 2014/2015
Indice
Tavole in Appendice
Abstract
Introduzione ed obiettivi di ricerca
I
III
IV
1 La previdenza complementare in Italia 1
1.1 Premessa e panoramica
1.2 Il problema del tasso di sostituzione e l’introduzione della previdenza
complementare
1.3 Il problema della miopia degli individui e le norme costituzionali
1.4 Il ruolo del TFR
1.5 Il mercato dei Fondi Pensione in Italia
1
2
5
8
10
2 Gli Investimenti Socialmente Responsabili (ISR) 12
2.1 La finanza etica e gli ISR
2.2 Metodi di ricerca e selezione degli ISR
2.3 Il Rating Etico
2.4 Il costo dei Fondi Etici
2.5 Gli Indici Etici e le performance
2.6 Il settore degli ISR nel Mondo, in Europa e in Italia
12
13
17
18
19
20
3 Gli ISR nei Fondi Pensione italiani e le Linee Etiche d’investimento 22
3.1 La normativa italiana degli ISR
3.2 Il processo d’investimento Etico nei Fondi Pensione e i soggetti coinvolti
3.3 Le tipologie d’investimento responsabile
3.4 I Fondi Pensione Etici in Italia: la situazione e le problematiche
22
24
26
29
4 Analisi empirica di rendimenti e costi delle Linee Etiche nei Fondi Pensione
italiani
31
4.1 Premessa
4.2 Fondi Chiusi
4.3 Fondi Aperti
4.4 PIP
31
31
34
38
Conclusioni
Appendice statistica
Bibliografia
Sitografia
40
42
92
96
I
Tavole in Appendice
1 La previdenza complementare in Italia
Tav. a.1 Indici di dipendenza
Tav. a.2 Effetto della revisione dei coefficienti di trasformazione sui tassi di
sostituzione
Tav. a.3 Tassi di sostituzione della previdenza obbligatoria nell’ipotesi di base
Tav. a.4 Forme pensionistiche complementari. Risorse e contributi
Tav. a.5 Forme pensionistiche complementari. Flussi contributivi
Tav. a.6 Forme pensionistiche complementari. Distribuzione degli iscritti per tipologia
di forma e classi d’età
Tav. a.7 La previdenza complementare in Italia nel 2014. Dati di sintesi
Tav. a.8 Forme pensionistiche complementari. Iscritti per condizione professionale
Tav. a.9 Importance of pension funds relative to the size of economy in the OECD,
2013
Tav. a.10 Total assets by type of institutional investors in the OECD, 2001-2013
Tav. a.11 Investitori Istituzionali che investono in Fondi SRI europei (per volumi di
asset SRI)
Tav. a.12 Istituzionali vs Retail divisi per nazioni (2013)
Tav. a.13 Asset allocation SRI per nazioni (2013)
2 Gli Investimenti Socialmente Responsabili (ISR)
Tav. a.14 Schema processo d’analisi per selezione titoli di Etica SGR S.p.A.
Tav. a.15 Fondi no load
Tav. a.16 Commissioni di sottoscrizione
Tav. a.17 Commissioni di gestione
Tav. a.18 I costi dei fondi etici
Tav. a.19 S&P 500 – Financial vs S&P 500 – Financial – ESG Filtered
Tav. a.20 MSCI World Financial vs Non Sustainable companies
Tav. a.21 I rendimenti dei fondi SRI per categoria di riferimento
Tav. a.22 Il rating sociale e quello finanziario
Tav. a.23 SRI worldwide
Tav. a.24 Volume of capital invested according to sustainability criteria in Europe
3 Gli ISR nei Fondi Pensione italiani e le Linee Etiche d’investimento
Tav. a.25 Forme pensionistiche complementari. Composizione del patrimonio
Tav. a.26 Foreign investment of pension funds in selected OECD countries, 2013
Tav. a.27 i soggetti coinvolti nel processo di investimento del Fondo Pensione
Tav. a.28 Forme pensionistiche complementari. Numero.
Tav. a.29 Il fondo include nelle proprie politiche di investimento considerazioni relative
alle dimensioni Esg?
Tav. a.30 Il fondo ha deciso di investire secondo criteri Esg…
Tav. a.31 Implementation of SRI policy in Italy
Tav. a.32 Barriers to an SRI policy in Italy
II
4 Analisi empirica di rendimenti e costi delle Linee Etiche nei Fondi Pensione italiani
Tav. a.33 Rendimenti FC Etici al 2013 vs media rendimenti generale
Tav. a.34 Rendimenti FC Etici al 2013 vs media rendimenti senza ISR
Tav. a.35 Rendimenti FC Etici al 2014 vs media rendimenti generale
Tav. a.36 Rendimenti FC Etici al 2014 vs media rendimenti senza ISR
Tav. a.37 Media rendimenti Linee Etiche vs media rendimenti linee non etiche al 2013 e
al 2014 (FC)
Tav. a.38 Costi FC Etici al 2013 vs media costi generale
Tav. a.39 Costi FC Etici al 2013 vs media costi senza ISR
Tav. a.40 Costi FC Etici al 2014 vs media costi generale
Tav. a.41 Costi FC Etici al 2014 vs media costi senza ISR
Tav. a.42 Media costi Linee Etiche vs media costi linee non etiche al 2013 e
al 2014 (FC)
Tav. a.43 Rendimenti FA Etici al 2013 vs media rendimenti generale
Tav. a.44 Rendimenti FA Etici al 2013 vs media rendimenti senza ISR
Tav. a.45 Rendimenti FA Etici al 2014 vs media rendimenti generale
Tav. a.46 Rendimenti FA Etici al 2014 vs media rendimenti senza ISR
Tav. a.47 Media rendimenti Linee Etiche vs media rendimenti linee non etiche al 2013 e
al 2014 (FA)
Tav. a.48 Costi FA Etici al 2013 vs media costi generale
Tav. a.49 Costi FA Etici al 2013 vs media costi senza ISR
Tav. a.50 Costi FA Etici al 2014 vs media costi generale
Tav. a.51 Costi FA Etici al 2014 vs media costi senza ISR
Tav. a.52 Media costi Linee Etiche vs media costi linee non etiche al 2013 e
al 2014 (FA)
Tav. a.53 Rendimenti PIP Etici al 2013 vs media rendimenti generale
Tav. a.54 Rendimenti PIP Etici al 2013 vs media rendimenti senza ISR
Tav. a.55 Rendimenti PIP Etici al 2014 vs media rendimenti generale
Tav. a.56 Rendimenti PIP Etici al 2014 vs media rendimenti senza ISR
Tav. a.57 Media rendimenti Linee Etiche vs media rendimenti linee non etiche al 2013 e
al 2014 (PIP)
Tav. a.58 Costi PIP Etici al 2013 vs media costi generale
Tav. a.59 Costi PIP Etici al 2013 vs media costi senza ISR
Tav. a.60 Costi PIP Etici al 2014 vs media costi generale
Tav. a.61 Costi PIP Etici al 2014 vs media costi senza ISR
Tav. a.62 Media costi Linee Etiche vs media costi linee non etiche al 2013 e
al 2014 (PIP)
III
Abstract
Il presente lavoro s’interroga sui risultati finanziari ottenuti dalle Linee Etiche nei Fondi
Pensione italiani. Sempre più, infatti, sta aumentando il peso degl’Investimenti Socialmente
Responsabili (ISR) nelle realtà quotidiane. Quindi spesso ci si domanda in cosa consista il ruolo
della finanza Etica e quali possano essere i suoi limiti, sia in termini di convenienza che in
termini di scopo. Nel presente scritto si cerca di dare una risposta a queste domande basandosi
sull’analisi sia dei rendimenti ottenuti che dei costi sostenuti, presentando poi i risultati
conseguiti assieme alle conclusioni tratte. La comune percezione che le Linee Etiche rendano
meno e costino di più, risultando quindi non convenienti, viene sfatata dai dati empirici. Si
giunge infatti alla conclusione di come i fondi Etici possano essere in determinati casi più
convenienti sia in termini di rendimento che di costo. Il cuore dell’ISR resta soprattutto la
finalità, che raggiunge l’obiettivo di un punto d’incontro tra esigenze Etiche, sempre più
impellenti nelle società sensibili a questi valori, e le necessità di remunerazione, ricercate da
qualsiasi tipo d’investitore. Ne consegue che al giorno d’oggi gl’investitori non debbano più
sopportare un sacrificio finanziario in nome di uno scopo Etico. In tutto questo il quadro
d’insieme resta quello della previdenza complementare italiana, sicuramente suscettibile di
enormi margini di crescita di cui beneficeranno anche i fondi Etici sia in termini relativi che in
termini assoluti. Gl’ISR possono essere quindi una possibile strategia win-win, in cui le finalità
Etiche si conciliano con le finalità previdenziali.
IV
Introduzione ed obiettivi di ricerca
«Doing well while doing good» (Hamilton, Jo & Statman, 1993, p. 64).
«SRI is a generic term covering ethical investments, responsible investments, sustainable
investments, and any other investment process that combines investors’ financial objectives
with their concerns about environmental, social and governance (ESG) issues» (Eurosif, 2008,
p. 6).
Negli ultimi anni tre temi hanno monopolizzato la nostra attenzione: la crisi finanziaria, che
imperversa dal 2008, la crisi ambientale, come i cambiamenti climatici e il riscaldamento
globale, e il nostro futuro, legato soprattutto all’anzianità e al problema pensionistico. Con il
termine Socially Responsible Investing (SRI), in italiano Investimento Socialmente
Responsabile (ISR), s’intende un tipo d’investimento finanziario che non guarda solo alla
remunerazione in termini di rendimento, ma considera anche la qualità e gli aspetti Etici e
Sociali dell’investimento in termini di diritti umani, Corporate Social Responsability (CSR),
rispetto e protezione dell’ambiente, sostenibilità, protezione delle comunità locali e tanti altri
aspetti (Orlitzky, Schmidt & Rynes, 2003).
Questo lavoro si apre con un breve quadro introduttivo della situazione italiana nella previdenza
pubblica e complementare, per poi passare a una descrizione generale degl’ISR nel Mondo, in
Europa e in Italia e nello specifico di come avvengono gl’Investimenti Etici nei Fondi Pensione
italiani, che processi e che soggetti coinvolgono. Viene infine condotta un’analisi empirica,
valutando performance e costi delle Linee Etiche dei Fondi Pensione italiani. Lo scopo è quello
di verificare se queste siano in grado di produrre rendimenti maggiori e costi minori rispetto
alle linee tradizionali. Uno dei messaggi principali che si vuole dare è quello che lega il concetto
di Finanza Etica a quello di Fondo Pensione, ovvero due realtà estremamente conciliabili date
le loro rispettive caratteristiche. Un altro aspetto che viene più volte sottolineato è quello
relativo alla gestione del rischio e alla reputazione, che possono essere gestiti e ottimizzati
grazie a una corretta politica d’ISR, aspetti vitali per i Fondi Pensione, data la loro natura di
«custodi» del futuro economico di molte persone. In tutto questo, il contesto resta la crisi
finanziaria che, con lo scoppio di numerosi scandali, ha travolto questi anni, iniziando però a
forgiare una nuova filosofia di pensiero che vede l’importanza del rendimento assieme all’Etica,
al rispetto dell’ambiente e delle persone e non più ispirata alla sola e indiscriminata
massimizzazione del profitto.
V
Da molti anni ormai assistiamo a fenomeni di continuo mutamento climatico e la causa è con
sempre più certezza riconducibile all’attività antropica. Dal 1988 l’IPCC1
pubblica
periodicamente dei rapporti (AR – Assessment Report)2
, l’ultimo dei quali dimostra
scientificamente il ruolo principale dell’attività umana nei cambiamenti climatici, sottolineando
come, per contenere il riscaldamento globale a meno di 2°C3
rispetto al periodo 1861-1880, sia
fondamentale ridurre drasticamente le emissioni antropogeniche di GHG4
(Pachauri, Allen et
al., 2014). Il principale per quantità dei GHG è l’Anidride Carbonica (CO2). In particolar modo,
le attività umane che maggiormente contribuiscono all’emissione di CO2 sono quelle inerenti a
produzione energetica, industria e trasporto. Al tempo stesso le previsioni future indicano che
ci sarà un progressivo aumento demografico, di 1,6 miliardi di persone entro il 2050 e di 2,4
miliardi entro il 2100 (Malnight e Keys, 2013), e che ci sarà scarsità di risorse fondamentali,
basti pensare solo al fatto che nel 2025 più di 3 miliardi di persone non avranno sufficiente
acqua da bere (BCFN, 2011). Diventa quindi essenziale che si inizi sin da ora a modificare i
modelli di produzione e di consumo verso un sistema sostenibile. In questo ritorna
discriminante il ruolo della finanza e dei consumatori, indirizzando i loro investimenti ed i lori
acquisti verso aziende e imprese che applicano con convinzione progetti di sostenibilità e
Corporate Social Responsability (CSR). Sono gli investimenti e gli acquisti che guidano il
mercato e il mondo di oggi è frutto delle scelte d’investimento dei capitali e d’acquisto dei beni.
Nel momento in cui un investitore alloca delle risorse o un consumatore acquista un bene si
compie una scelta con ben precise conseguenze. Se il risparmio fosse investito interamente in
realtà con attente politiche di CSR probabilmente ci sarebbe una selezione che premierebbe le
aziende migliori e vi sarebbe una progressiva convergenza e adattamento di tutti a politiche e
tematiche etiche, sociali e ambientali. Il mercato è fatto appunto dalla natura degl’investimenti
e degl’acquisti ed è proprio questo l’immenso potere di investitori e consumatori, quello di
poter plasmare il mercato per condurlo ad un sistema di sviluppo sostenibile.
1
Intergovernmental Panel on Climate Change è un foro scientifico fondato nel 1988 dal World Meteorological Organization
(WMO) e dal United Nations Environment Programme (UNEP) per monitorare e studiare l’evoluzione dei cambiamenti
climatici secondo basi scientifiche, tecniche e socio-economiche, tenendo in considerazione i più importanti studi a livello
globale.
2
Sono i risultati delle analisi e dei lavori di rielaborazioni fatti dall’IPCC. Dal 1990 ad oggi si sono prodotti cinque AR, l’ultimo
dei quali, l’AR5, nel 2014.
3
Stima fatta con ragionevole certezza, secondo cui, restando al di sotto dell’aumento di 2°C di temperatura terrestre, si
dovrebbero evitare catastrofi irreparabili.
4
GreenHouse Gas (gas ad effetto serra): gas che provocano il riscaldamento globale. Per importanza, fatto 100% il totale, tali
gas sono: 65% Anidride Carbonica (CO2) emessa da combustibili fossili e processi industriali, 11% Anidride Carbonica
AFOLU – Agriculture, Forestry and other Land Use – (CO2) emessa da agricoltura, silvicoltura e altri usi del terreno, 16%
Metano (CH4), 6% Ossido Nitroso (N2O), 2.0% Gas Fluorurati (F-Gases).
VI
Tra i maggiori investitori istituzionali vi sono i Fondi Pensione (FP), basti pensare che i 300
più grandi Fondi Pensione al mondo gestivano 14,9 trilioni di $ alla fine del 2013 (Watson T.,
2014) e che, sempre alla fine del 2013, il totale degli asset gestiti dai Fondi Pensione nel mondo
ammontava a 24,7 trilioni di $ (OECD, 2014). Si capisce bene che orientare anche solo una
parte di queste cifre verso quelli che vengono chiamati Investimenti Socialmente Responsabili
(ISR) può dare un grosso impulso alla creazione di un modello sostenibile ed etico. In Italia i
Fondi Pensione sono nati relativamente di recente5
ma possiedono già ingenti masse di denaro
da investire, corrispondenti a 130,941 miliardi di € alla fine del 2014 e con enormi margini di
crescita e sviluppo (COVIP, 2015). Quindi anche in ambito italiano si può fare molto per
cercare di orientare il sistema verso la sostenibilità. L’Etica nei Fondi Pensione è in primis nei
confronti dei sottoscrittori, che si costruiscono una rendita complementare e si garantiscono un
futuro più agiato e adeguato alle proprie esigenze, essendo allo stesso tempo portatori di
un’Etica più diffusa, un qualcosa che porta il bene e l’utilità in tutto il mondo tramite gl’ISR.
Lo scopo di questo lavoro è cercare di dimostrare che, a differenza di quanto comunemente
pensi la gente, le Linee Etiche d’investimento e gl’ISR non sono strumenti finanziari che
rinunciano al profitto e al rendimento per perseguire solo scopi filantropici ma, al contrario,
sono strumenti che possono offrire, a costi inferiori, rendimenti e performance anche superiori
agli strumenti tradizionali. Gl’ISR sono quindi un notevole punto d’unione tra aspetti e
tematiche di tipo sociale, ambientale e di profitto. L’ISR è l’ottimo paretiano che massimizza
il benessere di soggetti diversi e dell’ambiente. Ad oggi in Italia c’è un accenno di normativa
che regola gl’ISR nei Fondi Pensione e ci sono già diversi Fondi Pensione che hanno delle
Linee Etiche tra le loro linee d’investimento. È senz’altro sperabile che questo tipo di finanza
positiva possa svilupparsi ulteriormente nei prossimi anni.
5
Il primo Fondo Pensione Negoziale iscritto all’Albo della COVIP il 15/07/1998 è FONCHIM, del comparto chimico.
1
1 La previdenza complementare in Italia
In questo capitolo:
 Il quadro previdenziale in Italia
 La definizione di previdenza complementare
 L’importanza dei Fondi Pensione
 L’adesione ai Fondi Pensione
1.1 Premessa e panoramica
Il sistema previdenziale italiano, prima delle riforme iniziate negli anni ’90, era caratterizzato
da pensioni molto generose, in grado di soddisfare adeguatamente le esigenze di vita delle
persone una volta terminato il ciclo lavorativo. Si avevano infatti tassi di sostituzione (Tds)6
molto elevati, che nel lavoro dipendente arrivavano a garantire pensioni corrispondenti all’80%
dell’ultimo stipendio percepito (COVIP, «Per saperne di più» a). La caratteristica principale del
sistema previdenziale italiano è tutt’ora di avere un sistema di finanziamento a ripartizione, nel
quale i contributi7
pagati da chi lavora oggi vengono interamente usati per pagare le pensioni a
chi è già in pensione. Ciò può essere considerato come una sorta di patto intergenerazionale,
all’interno del quale c’è un susseguirsi di doveri e diritti: chi lavora oggi paga le pensioni a chi
è già in pensione, saldando così il suo debito intergenerazionale ed acquisendo allo stesso tempo
un credito nei confronti della generazione futura, che a sua volta dovrà versare i contributi e
pagare la pensione ai lavoratori di oggi che saranno diventati pensionati. Il metodo di calcolo
della pensione utilizzato era quello retributivo, con il quale si legava la prestazione pensionistica
agli ultimi stipendi ricevuti8
e non ai contributi effettivamente versati, creando così una forte
discrepanza tra i contributi versati e la pensione percepita. Tale sistema fu introdotto in Italia
con la legge n. 153 del 30 aprile 1969 della riforma Brodolini (GNP, 2011 a), durante la fase di
espansione del welfare state, in cui le dinamiche economiche e demografiche italiane erano
assai diverse rispetto ad oggi, caratterizzate da natalità molto alta, aspettativa di vita
relativamente contenuta e crescita economica molto forte, che garantivano la sostenibilità del
6
Il tasso di sostituzione è il rapporto tra la prima pensione ricevuta e l’ultimo stipendio percepito ed indica la percentuale di
stipendio che si riceve sotto forma di pensione.
7
I contributi I.V.S. – invalidità, vecchiaia, superstiti – pagati oggi dai lavoratori dipendenti (aliquota contributiva pensionistica)
sono pari al 33% dello stipendio (23,81% a carico del datore di lavoro e il 9,19% a carico del lavoratore), dalla riforma Dini
del 1995.
8
Fino alla riforma Amato del 1992 si considerava la media delle retribuzioni degli ultimi 5 anni per i lavoratori dipendenti (ad
eccezione dei dipendenti pubblici, per i quali si considerava solo l’ultimo anno) e degli ultimi 10 anni per gli autonomi, dopo
la riforma Amato si è dapprima considerata la media degli ultimi 10 anni per i dipendenti e la media degli ultimi 15 per gli
autonomi, per poi passare all’estensione della media delle retribuzioni di tutta la vita lavorativa, abbassando il Tds.
2
sistema. Questa sostenibilità è venuta meno col passare dei decenni: le nuove nascite sono
gradualmente diminuite, la durata della vita è aumentata9
e la crescita economica ha iniziato a
rallentare10
, rendendo così instabile e non più sostenibile il tradizionale sistema retributivo a
ripartizione. Il crescente indebitamento dello Stato caratterizzato da un continuo aumento delle
spese, inclusi i trasferimenti statali al fine di compensare l’insufficienza delle risorse per pagare
le pensioni, unito alla forte pressione politica per rientrare entro i parametri del Trattato di
Maastricht11
, ha spinto l’Italia ad adottare numerose riforme di contenimento della spesa
pubblica, molte delle quali hanno riguardato il sistema previdenziale. A partire dal 1992 infatti
si ebbe tutta una serie di riforme12
che portarono gradualmente ad un sistema più sostenibile in
relazione al rischio demografico13
, alzando le età pensionabili e riducendo gl’importi
pensionistici, equiparandoli via via sempre di più ai contributi versati. Si introdusse così, nel
1995, il metodo di calcolo contributivo, che lega la prestazione pensionistica esclusivamente ai
soli contributi versati rivalutati annualmente. Tutte queste riforme volte alla sostenibilità dei
bilanci e del sistema porteranno però ad una diminuzione notevole degl’importi pensionistici e
dei tassi di sostituzione, creando così gravi problematiche sociali, per cui le pensioni
cominceranno ad essere insufficienti alle esigenze della vita quotidiana.
1.2 Il problema del tasso di sostituzione e l’introduzione della previdenza
complementare
Con l’introduzione del metodo di calcolo contributivo14
il tasso di sostituzione si è
notevolmente abbassato e ad aggravare ulteriormente la situazione vi è l’aggiornamento dei
9
Il rapporto tra tali fattori viene definito Indice di dipendenza, cioè il rapporto tra i soggetti in età non lavorativa (giovani sotto
i 20 anni e anziani sopra i 64 anni) e i soggetti in età lavorativa (di età compresa tra i 20 e i 64 anni). Indica la percentuale di
soggetti da mantenere per ogni soggetto che lavora. Con l’aumento della vita media il numeratore è incrementato e con la
diminuzione delle nascite il denominatore è diminuito, alzando le percentuali dell’Indice di dipendenza.
10
Si pensi, ad esempio, alla forte disoccupazione che c’è stata in Italia in seguito alla crisi del 2008. Come indicano i dati Istat,
negli anni successivi la situazione si è notevolmente aggravata: la disoccupazione del 2014, ad esempio, è stata pari al 12,7%
e ovviamente questo si traduce in un mancato ingresso di contributi previdenziali e in una notevole spesa per ammortizzatori
sociali.
11
È il trattato firmato il 7 dicembre 1992 che fissa le regole politiche e i parametri economici per consentire l’ingresso degli
Stati nell’Unione Europea.
12
Riforma Amato 1992, riforma Dini 1995, riforma Prodi 1997, riforma Maroni 2004, riforma Prodi-bis 2007, riforma Sacconi
2009, riforma Fornero 2011, riforma Renzi 2014.
13
Diminuzione delle nascite e aumento dell’aspettativa di vita che porta ad un allungamento del periodo di pagamento delle
pensioni.
14
Secondo la riforma Fornero del 2011, in aggiunta al metodo di calcolo già interamente contributivo per chi ha iniziato a
lavorare per la prima volta dal 01/01/1996 (riforma Dini del 1995), si applica il contributivo pro-rata per tutti dal 01/01/2012.
3
coefficienti di trasformazione15
ogni tre anni – e dal 2021 ogni due anni –, con la conseguenza
di un peggioramento dei coefficienti motivato da un aumento della speranza di vita. A fronte di
tutto ciò si prospetta il seguente scenario: chi andrà in pensione dopo il 2040, ad esempio, con
un sistema interamente contributivo, avrà un importo che sarà pari al 60-65% dell’ultimo
stipendio lordo, se dipendente, e pari al 45-50% dell’ultimo reddito lordo, se lavoratore
autonomo (COVIP, 2011). Come si può facilmente intuire queste persone avranno una
disponibilità economica gravemente ridotta con la conseguenza di un notevole peggioramento
del tenore di vita. Per attenuare questo svantaggio sono state introdotte delle normative per
istituite e regolamentare la previdenza complementare. Il sistema previdenziale italiano è quindi
strutturato su tre pilastri (CONSOB, 2014):
1) Previdenza pubblica, la cui adesione e contribuzione è obbligatoria ed è basata
generalmente sul sistema a ripartizione. L’adesione è obbligatoria per cercare di
risolvere il problema della miopia dell’individuo, il quale, se lasciato libero,
rischierebbe di non risparmiare in maniera adeguata per far fronte alle esigenze future.
Nello specifico, la raccolta dei contributi previdenziali, che vengono rivalutati con il
saggio medio di variazione quinquennale del PIL16
, e il conseguente pagamento delle
prestazioni pensionistiche spetta a soggetti specializzati quali gli Enti previdenziali. In
Italia l’ente principale che svolge questo compito è l’INPS17
, al quale sono iscritti i
lavoratori dipendenti privati e pubblici18
e i liberi professionisti e lavoratori autonomi
che non hanno una propria cassa previdenziale di riferimento. Questi ultimi, più
precisamente, contribuiscono alla Gestione Separata19
. I liberi professionisti iscritti agli
Albi Professionali invece devono contribuire e fare riferimento alle norme della loro
specifica cassa previdenziale (ad esempio per i Medici ed Odontoiatri l’ENPAM – Ente
Nazionale di Previdenza ed Assistenza Medici – e per i Dottori Commercialisti la
CNPADC – Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Dottori Commercialisti). Si
15
È il valore per il quale si moltiplica il montante accumulato per ottenere l’importo della pensione da erogare.
16
Dalla riforma Dini in poi, ogni anno si accantona il 33% dello stipendio come contributi e questo importo, a partire dal
secondo anno, viene rivalutato con una media mobile basata sugli ultimi cinque anni dell’andamento del PIL.
17
Istituto Nazionale della Previdenza Sociale.
18
I dipendenti pubblici fanno riferimento all’INPS dal 2011, quando, in seguito all’Articolo 21 del Decreto Legge n. 201/2011
(detto Decreto Salva Italia) viene prevista l’integrazione di INPDAP (Istituto Nazionale di Previdenza e Assistenza per i
Dipendenti dell'Amministrazione Pubblica) ed ENPALS (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza per i Lavoratori dello
Spettacolo) in INPS.
19
La Gestione Separata è un Fondo Pensione che nasce nel 1995 con la riforma Dini, il cui scopo è quello di accogliere i
contributi previdenziali obbligatori di liberi professionisti e lavoratori autonomi per i quali non esiste una propria cassa
previdenziale.
4
noti che le casse previdenziali possono essere gestite sia a ripartizione che a
capitalizzazione20
.
2) Previdenza complementare, regolata prima dal Decreto Legislativo (D. Lgs.)
124/1993 e poi dal più recente Decreto Legislativo 252/2005, successivamente
modificato e aggiornato. L’adesione alle forme di previdenza complementare è
volontaria e si suddivide in Fondi Pensione Negoziali, detti anche Chiusi o di Categoria,
Fondi Pensione Aperti, PIP (Piani Individuali Pensionistici di tipo assicurativo) e Fondi
Pensione Preesistenti. Tutti sono caratterizzati da una gestione a capitalizzazione, in cui
i contributi versati dal singolo vengono destinati ad un conto individuale e gestiti
acquistando titoli nel mercato dei capitali. Il rendimento, ovviamente, dipende
dall’andamento dei titoli sottostanti al fondo. I Fondi Pensione Negoziali hanno origine
dall’accordo tra le Parti Sociali e conseguenti atto istitutivo21
e atto costitutivo22
. Sono
fondi chiusi nel senso che l’iscrizione ad essi è collettiva, cioè limitata solo ad una certa
platea di lavoratori, in quanto tali fondi sono pensati e strutturati secondo le
caratteristiche peculiari di una sola e specifica categoria lavorativa. Più precisamente la
chiusura può essere per categoria produttiva (ad esempio le professioni, come il Fondo
Pensione Cometa per i metalmeccanici), per categoria contrattuale (ad esempio il Fondo
Pensione Quadri e Capi Fiat), per territorio (ad esempio Solidarietà Veneto Fondo
Pensione), per impresa e misti (COVIP, «Per saperne di più» b). I Fondi Pensione Aperti
sono invece creati per volontà del Consiglio di Amministrazione di una banca, SIM
(Società di Intermediazione Mobiliare), SGR (Società di Gestione del Risparmio) e
Assicurazione di ramo VI23
. Il Fondo Aperto generalmente è un fondo potenzialmente
rivolto a chiunque, anche se vi sono delle eccezioni in cui esso può essere, in base al D.
Lgs. 252/2005, dedicato alla sola adesione collettiva o dedicato alla sola adesione
individuale o misto, ovviamente differenziate da trattamenti e costi di natura diversa
(COVIP, «Per saperne di più» c). I PIP invece sono creati dalle imprese di Assicurazione
20
Il sistema a capitalizzazione si differenzia da quello a ripartizione in quanto i contributi ricevuti sommati ai capitali già
presenti nella Cassa sono superiori delle uscite per pagamento prestazioni, quindi questo avanzo di bilancio viene gestito ed
investito nei vari mercati.
21
L’accordo con cui si prevede che nascerà un fondo. Può essere istituito da sindacati e datore di lavoro tramite contratti e
accordi collettivi, anche aziendali, da accordi tra lavoratori e datore di lavoro direttamente, da accordi tra i lavoratori stessi, da
regolamenti di enti o aziende, da leggi regionali ed infine da casse previdenziali.
22
È l’atto stipulato presso un notaio, con il quale il fondo nasce legalmente ed ufficialmente. Generalmente i Fondi Pensione
Chiusi hanno forma di Associazione, più raramente di Fondazione, perché ciò presuppone l’esistenza già all’inizio di un
patrimonio.
23
I rami delle Assicurazioni identificano le attività che esse possono svolgere, nello specifico il ramo VI è quello autorizzato
alla gestione collettiva del risparmio.
5
e nascono come contratti assicurativi di ramo I24
o di ramo III25
. Sono ad adesione
esclusivamente individuale e non contemplano quindi la possibilità di essere oggetto di
accordi collettivi (COVIP, «Per saperne di più» d). Infine vi sono i Fondi Pensione
Preesistenti che sono quei fondi, di natura estremamente eterogenea, che esistevano già
prima del D. Lgs. 124/1993. Il D. Lgs. 252/2005 ha stabilito che tali fondi debbano
gradualmente adeguarsi alle normative attuali (COVIP, «Per saperne di più» e).
3) Previdenza integrativa, la cui adesione è assolutamente volontaria e individuale e la
cui gestione è a capitalizzazione. Fa riferimento a tutti quegli strumenti che non nascono
con finalità previdenziali, come polizze assicurative. Venendo a mancare la pura finalità
previdenziale, tali strumenti sono completamente liberi da vincoli ma non beneficiano
del regime fiscale agevolato tipico invece della previdenza complementare di secondo
pilastro.
È importante sottolineare e riassumere come, ad oggi con la normativa attuale, i Fondi Negoziali
siano solo ad adesione collettiva, i Fondi Aperti possono essere, per D. Lgs. 252/2005, ad
adesione solo collettiva, ad adesione solo individuale, o ad adesione sia collettiva che
individuale, i PIP possono essere solo ad adesione individuale; i Fondi Aperti ad adesione
individuale e i PIP ad adesione individuale sono definiti FIP (Forma Individuale di Previdenza).
1.3 Il problema della miopia degli individui e le norme costituzionali
Come accennato precedentemente, la miopia degli individui è uno dei problemi fondamentali
in materia di investimenti previdenziali. Psicologicamente un individuo è portato a sottostimare
la durata della propria vita ed istintivamente è portato a percepire gl’investimenti previdenziali
come un qualcosa di lontano e quasi inarrivabile, quindi inutile. Predilige il capitale alla rendita
perché non considera la possibilità di vivere a lungo e di ottenere un flusso di rendita superiore
al capitale versato; a questo si aggiunge una bassa propensione al rischio tipico della natura
umana (MEFOP, 2013). Infatti, dal punto di vista finanziario, vi è anche il fenomeno della
cosiddetta «avversione miope alle perdite» (myopic loss aversion), cioè una condizione
psicologica di paura che fa sì che il soggetto, pur trattandosi di investimenti a lunghissimo
termine, prediliga quelli in comparti a basso rischio anziché quelli azionari per la paura di
24
Sono contratti con gestioni rivalutabili dette gestione separata in cui si contabilizzano le attività a bilancio secondo il valore
storico, quindi le plus-minus sono solo alla realizzazione, consentendo così di garantire un rendimento costante nel tempo.
25
Sono polizze Unit Linked, il cui rendimento è collegato a quote di fondi comuni e contabilizza a valore di mercato.
6
sopportarne l’alta volatilità (Thaler, Tversky et al., 1997; Benartzi e Thaler, 1995). Per tutti
questi motivi si è cercato d’incentivare l’adesione alla previdenza complementare attraverso
tutta una serie di vantaggi: da quelli fiscali a quelli di maggior flessibilità sulle anticipazioni a
quelli di uscita in capitale. Tutti questi vantaggi sono giustificati dal fatto che si tratta di un
investimento con finalità previdenziale e non finanziaria. In maggior dettaglio i vantaggi fiscali
sono una deduzione dal reddito complessivo ai fini IRPEF per un importo annuo massimo di
5164,57 €. Vi è inoltre una tassazione agevolata in fase d’uscita che va dal 15% al 9% in base
agli anni di permanenza nella previdenza complementare26
. L’anticipazione è permessa fino al
75% per motivi specifici da dimostrare, come spese sanitarie straordinarie per sé o per i
familiari, in ogni momento, e, dopo l’ottavo anno di partecipazione alla previdenza
complementare, per acquisto o ristrutturazione della prima casa per sé o per i figli, ed è prevista
invece l’anticipazione di una somma fino al 30% del montante accumulato complessivo senza
giustificazioni e per qualsiasi motivo, sempre dopo otto anni. Quest’ultimo è l’elemento di
ulteriore flessibilità introdotto al fine di far preferire la destinazione del TFR al fondo pensione
anziché lasciarlo in azienda27
. Data la natura umana di preferire il capitale alla rendita, per
incentivare ulteriormente l’adesione ai Fondi Pensione, il regolatore ha previsto e normato
specifici casi di uscita in capitale. La disciplina infatti dice che in qualunque caso un soggetto
può uscire al massimo con 50% in capitale e 50% in rendita, salvo il caso in cui, se l’importo
della rendita da pagare fosse troppo basso e quindi non efficiente, vi sia la possibilità specifica
di uscire con 100% capitale28
. Tale aspetto in realtà è parecchio controverso in quanto tende a
snaturare la finalità principale della previdenza complementare, cioè quello di garantire un
flusso di rendita a vita, in modo da aiutare la persona a far fronte alle esigenze della vita
quotidiana. La previdenza complementare è appunto complementare, cioè completa quella
obbligatoria prevista dal primo pilastro. Una soluzione efficace per ovviare al problema
dell’abbassamento dei tassi di sostituzione sarebbe quella di introdurre l’obbligatorietà
d’iscrizione di un soggetto lavoratore alla previdenza complementare, come avviene in altri
paesi europei. Tuttavia, a causa di questioni di complessa interpretazione costituzionale, tale
imposizione non può essere realizzata. È infatti acceso il dibattito se inquadrare la previdenza
26
Dopo il sedicesimo anno di partecipazione al fondo si riduce la tassazione dello 0,30% all’anno fino ad un massimo del 6%.
Quindi se un soggetto rimane almeno 36 anni nel fondo la sua aliquota di tassazione risulta essere pari a: 15% - 6% = 9%.
27
Il TFR lasciato in azienda, solo per aziende con più di 24 dipendenti, prevede le medesime cause di anticipo ma con una
percentuale massima del 70%, con limiti nel numero massimo di richiedenti e solo dopo otto anni di lavoro presso lo stesso
datore di lavoro. Inoltre non prevede l’anticipo del 30% per qualunque motivo.
28
Quando il 70% del montante effettivo, cioè quello decurtato delle anticipazioni, convertito in rendita immediata vitalizia
non reversibile, risulta essere inferiore al 50% dell’Assegno Sociale, che per l’anno 2015 è pari a 448,52 € per 13 mensilità per
un totale annuo, quindi, di 5830,76 €.
7
complementare al comma 2 o al comma 5 dell’Articolo 38 della Costituzione29
. La sentenza
della Corte Costituzionale n° 393 del 28 luglio 2000 tende a ricondurre la previdenza
complementare al comma 2 dell’Art. 38, sancendo così la parità tra previdenza pubblica e
previdenza complementare in virtù della «funzionalizzazione» (Tognacci, 2009). Per altri
invece essa sarebbe da ricondurre al comma 5, secondo la cui interpretazione la previdenza
complementare avrebbe solo funzione aggiuntiva a quella pubblica. Tale questione non è
puramente filosofica e teorica in quanto colpisce il concetto di volontarietà o obbligatorietà
della previdenza complementare30
(Cinelli, 2010). Altre norme costituzionali fondamentali per
capire e per identificare il concetto di previdenza complementare sono: l’Art. 3 Cost., dal quale
si derivano i concetti di eguaglianza formale e sostanziale tra tutti i cittadini, ai quali la
previdenza complementare può contribuire garantendo una vita più agiata anche dopo aver
cessato l’attività lavorativa; l’Art. 47 Cost., che sancisce il principio della tutela del risparmio
in tutte le sue forme, compresa quindi quella del risparmio a fini previdenziali; l’Art. 117 Cost.,
che dopo la riforma del titolo V31
attribuisce il potere di legislazione concorrente32
alle regioni
su determinate materie specifiche tra cui quella «di previdenza complementare e integrativa».
Nello specifico il D. Lgs. 252/2005 (Art. 3 comma 1 lettera d) prevede che le regioni possano
istituire, con legge regionale, Fondi Pensione Negoziali chiusi per territorio (ad esempio
Laborfonds, il Fondo Pensione per i lavoratori dipendenti, pubblici e privati, che operano in
Trentino-Alto Adige/Südtirol), senza però modificare o agevolare le discipline fiscali vigenti o
limitare il principio di libera circolazione delle persone tra diverse regioni (Vallacqua, 2012).
29
«1) Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza
sociale. 2) I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di
infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. 3) Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione
e all'avviamento professionale. 4) Ai compiti previsti in questo Articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati
dallo Stato. 5) L'assistenza privata è libera.»
30
Alla non obbligatorietà per legge dell’adesione alla previdenza complementare si è trovata, con il D. Lgs. 252/2005, una
soluzione intermedia: il meccanismo del silenzio assenso. Tale meccanismo prevede che il TFR del lavoratore silente (cioè che
non esprime preferenza sulla destinazione entro 30 giorni) venga automaticamente destinato al fondo pensione chiuso di
comparto o, in assenza di questo, al FONDINPS, nel comparto garantito, dove la garanzia è espressa dalla restituzione integrale
del capitale più un eventuale rendimento in linea con quello del TFR lasciato in azienda. Quest’ultimo rendimento non è un
obbligo contrattuale di garanzia.
31
Avvenuta con l’approvazione della legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001.
32
All’interno delle specifiche materie iscritte al comma 3 dell’Art. 117 le regioni hanno potere di legiferare nel rispetto dei
limiti posti dalla legge statale, dai principi costituzionali e dall’ordinamento della Comunità europea.
8
1.4 Il ruolo del TFR
Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) è una retribuzione differita a cui ha diritto un lavoratore
dipendente33
in qualunque caso di cessazione del rapporto di lavoro. È nato con lo scopo di
conferire al lavoratore che ha appena cessato il proprio rapporto di lavoro una liquidità
nell’attesa di trovare un nuovo impiego o comunque di gestire l’uscita dall’età lavorativa. Il
TFR è stato introdotto per la prima volta nel 1927, quando la legge stabiliva il diritto del
lavoratore a una buonuscita d’importo relativo agli anni di lavoro svolti. Il TFR viene riformato
con la legge n° 297 del 1982 (GNP, 2011 b; Pera, 1986), in cui si stabilisce che l’importo di
liquidazione corrisponde al 7,41% della retribuzione annua lorda, cioè comprensiva di tutti i
benefit ricevuti a titolo non occasionale, importo del quale, dal 1995 con la riforma Dini, lo
0,50% va a finanziare le opere assistenziali dell’INPS, mentre il 6,91% va effettivamente ad
essere accantonato. Vi è poi un ulteriore 0,20%, a carico del datore di lavoro, destinato al Fondo
di Garanzia34
dell’INPS. Il TFR risulta essere una fonte di autofinanziamento per le imprese
che hanno fino a 49 dipendenti, se il lavoratore sceglie di lasciare il TFR in azienda, mentre,
sempre nel caso della medesima scelta, per aziende con più di 50 dipendenti è destinato al
Fondo Tesoreria35
dell’INPS (Iudica, 2013 a). Il TFR può essere anche destinato dal lavoratore
alla forma di previdenza complementare36
da lui scelta e per quest’ultima è ad oggi una notevole
fonte di finanziamento. I dati COVIP indicano infatti che di 13,008 miliardi di € versati in
contributi alla previdenza complementare per l’anno 2014 ben 5,307 miliardi di € sono di TFR,
cioè il 40,8% (COVIP, 2015). Il D. Lgs. 252/2005 ha introdotto il meccanismo del silenzio-
assenso, con il quale, se un lavoratore non esprime una preferenza esplicita nella destinazione
del proprio TFR, questo viene destinato, in maniera irreversibile, al FP negoziale di riferimento,
o, in assenza di quest’ultimo, al FONDINPS. In tutti i casi di silenzio-assenso, il TFR è allocato
nel «comparto garantito», in cui la garanzia corrisponde ad una restituzione del capitale versato.
La legge 190/2014 (Legge di Stabilità 2015 o riforma Renzi) prevede la possibilità che, con
scelta irrevocabile, un lavoratore possa richiedere l’anticipo del TFR in busta paga mensilmente
33
Con la riforma Dini del 1995 si estende il TFR anche ai dipendenti pubblici.
34
È il Fondo di Garanzia per il trattamento di fine rapporto, istituito presso l’INPS dall’Art. 2 della legge n. 297 del 1982. Ha
lo scopo di garanzia per il lavoratore, in quanto si sostituisce al datore di lavoro nel pagamento del TFR nel caso d’insolvenza
di quest’ultimo.
35
È un fondo istituito con la legge Finanziaria del 2007, il cui scopo è di raccogliere il TFR lasciato in azienda nei casi di
imprese con più di 50 dipendenti. Il Fondo Tesoreria fu creato per finanziare lo sviluppo economico investendo in opere
infrastrutturali. La stima del suo patrimonio complessivo, dedotta dai bilanci Inps, ammonta a circa 28 miliardi di € al 2014
(Vallacqua).
36
È importante sottolineare che, nel caso di adesione a Fondi Pensione Negoziali, la destinazione del TFR è obbligatoria. Il
TFR infatti è il contributo minimo che un aderente deve versare.
9
per tre anni fino al 30 giugno 2018 (Pessi, 2015). Questo aspetto andrebbe a danneggiare i FP
in quanto li svuoterebbe da una notevole fonte di finanziamento ma, in realtà, tale possibilità si
è rivelata un insuccesso dato che, ad oggi, solo lo 0,1% dei lavoratori dipendenti ha
effettivamente richiesto l’erogazione del TFR in busta paga (Corriere della Sera, 2015 a). Un
aspetto importante è quello fiscale. Il TFR infatti è tassato separatamente con l’aliquota media
degli ultimi cinque anni, mentre se destinato ai FP verrà tassato in fase di erogazione della
prestazione con una tassazione ancora inferiore, in quanto l’aliquota base è del 15% che si
decurterà di uno 0,30% annuo a partire dal sedicesimo anno, per un tetto massimo del 6%, al
quale corrisponde una tassazione minima del 9% al trentaseiesimo anno di partecipazione al
fondo. Per le imprese che destinano il TFR dei dipendenti a un FP ci sono delle agevolazioni
corrispondenti ad una deduzione dal reddito d’impresa per un importo pari al 4% (6% per
aziende fino a 49 dipendenti) del TFR destinato alle forme di previdenza complementare. Sono
inoltre esonerate dal pagamento dello 0,20% destinato al Fondo di Garanzia. Il TFR lasciato in
azienda si rivaluta annualmente dell’1,5% fisso più il 75% dell’inflazione secondo dati Istat,
mentre il TFR destinato ai FP ha una rivalutazione corrispondente all’andamento dei mercati
presso i quali i capitali sono investiti. Questa differenza dà spesso adito a polemiche e scontri
dettati da mala informazione, in cui annualmente si confrontano i rendimenti del TFR in azienda
con quelli dei FP, commettendo l’errore di confrontare strumenti con orizzonti temporali
completamente diversi (Santoro-Passarelli e Ficari, 2007). In generale si può dimostrare che
nel lungo periodo il rendimento dei FP è nettamente superiore a quello del TFR, basti pensare
che nell’anno appena chiuso il rendimento medio dei FP è stato del 7%, contro quello dell’1%
del TFR, molto basso a causa della deflazione (Corriere della Sera, 2015 b). Tuttavia tali
confronti anche in questo caso non hanno molto senso dato che sono relativi a causa di
tantissimi fattori esterni, come ad esempio l’andamento generale dei mercati o quello del PIL o
quello dell’inflazione. Un recente studio della Ragioneria Generale dello Stato sulle tendenze
nel lungo termine del sistema pensionistico italiano indicano come il conferimento del TFR ad
una forma di previdenza complementare può alzare il Tds del 5%, proveniente dal secondo
pilastro, per chi andrà in pensione tra 10 anni, e può arrivare ad aggiungere un 17% a chi andrà
in pensione nel 2050 (Corriere della sera, 2009).
10
1.5 Il mercato dei Fondi Pensione in Italia
Questo problema della poca consapevolezza dei tassi di sostituzione bassi, e quindi delle basse
pensioni future, è estremamente ignorato o estremamente sottovalutato dalla maggior parte
delle persone che lavorano oggi e che saranno pensionati domani. Per cercare d’informare più
lavoratori possibili l’INPS, sotto la presidenza del Prof. Tito Boeri, sta facendo grosse
campagne d’informazione37
(INPS, 2015), al fine di rendere edotti i lavoratori della propria
situazione previdenziale e prendere eventuali contromisure economiche alternative a supporto
della futura pensione. La previdenza complementare è sicuramente il metodo più opportuno per
far fronte e compensare le basse rendite pensionistiche future, tuttavia ad oggi solo una piccola
parte dei lavoratori ha effettivamente compreso il problema e si è iscritta ad un fondo pensione.
L’adesione volontaria e non obbligatoria, unita alla bassa consapevolezza del problema e ad
una bassa cultura finanziaria e previdenziale, con l’aggravante di una deludente
sponsorizzazione dei sindacati e delle parti sociali, fanno sì che ad oggi solo 6.539.93638
persone in Italia abbiano aderito alla previdenza complementare (COVIP, 2015) a fronte di
22.420.000 occupati (Istat, 2015 a) e di una popolazione totale censita residente in Italia al
31/12/2014 di 60.795.612 persone (Istat, 2015 b). Cioè in termini percentuali è iscritto ad una
forma complementare il 29,17% dei lavoratori39
e il 10,76% della popolazione. In termini
economici, ad oggi, il totale della previdenza complementare italiana possiede risorse destinate
alle prestazioni per un importo pari a 130,941 miliardi di € alla fine del 2014 (COVIP, 2015).
Un esempio italiano interessante e degno di nota, nell’andamento generale delle adesioni alla
previdenza complementare, è il Fondo Prevedi40
. Tale Fondo Pensione ha avuto un’esplosione
d’iscrizioni pari a 200.000 in quindici giorni, con la previsione di arrivare a regime a 400.000.
Il motivo di tale successo è stato il nuovo contratto collettivo nazionale di settore che prevede
l’adesione automatica (cosiddetta adesione contrattuale) mediante il versamento di un
contributo automatico da parte del datore di lavoro per un importo che varia da 8 a 16 € mensili
37
«La Mia Pensione – Progettare il Futuro» è un nuovo servizio dell’INPS, disponibile da Maggio 2015, il cui scopo è quello
di rendere consapevoli i lavoratori di oggi di quanto sarà presumibilmente la propria pensione futura, al fine di organizzarsi di
conseguenza con soluzioni economiche ad integrazione della pensione statale. Il progetto sta riscuotendo un grande successo
in quanto già dopo 10 giorni dall’apertura del servizio on line vi erano 400 mila visite. Nei primi due mesi (maggio e giugno)
ha avuto 1,6 milioni di richieste d’accesso al servizio, per un totale di 1.031.580 simulazioni effettuate, specialmente da parte
dei più giovani lavoratori, preoccupati per la pensione futura.
38
Di cui che versano regolarmente contributi 4.964.654.
39
Poiché nelle statistiche si includono i non occupati tra i lavoratori autonomi, possiamo stimare che i 6.539.936 iscritti ad
oggi siano tutti lavoratori. Inoltre il numero dei non lavoratori iscritti a forme di previdenza complementare è trascurabile.
40
Fondo Pensione Complementare per i Lavoratori delle Imprese Industriali ed Artigiane Edili ed Affini.
11
senza che il lavoratore debba a sua volta contribuire41
(Plus24, 2015). Se si fa un confrontato a
livello OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development), l’Italia risulta
essere uno degli ultimi paesi per sviluppo della previdenza complementare. Basti pensare che
l’importanza dei Fondi Pensione in relazione alla dimensione economica dei paesi, misurata
come percentuale del PIL, è pari solo al 6,1% in Italia, contro una media OECD del 36,6% e
rispetto a paesi leader come l’Olanda in cui il peso è pari al 166,3% o il Regno Unito 100,7%.
Anche a livello mondiale l’importanza dei Fondi pensione italiani nell’economia è residuale, in
quanto la media mondiale del peso su PIL è pari al 17,0% e paesi leader come Sud Africa,
Namibia e Liechtenstein arrivano a ricoprire rispettivamente pesi del 87,1%, 76,6% e 65,8%.
Questa discrepanza rispetto ai valori medi è dovuta principalmente a motivi storici, come la
recente data di introduzione della previdenza complementare nel nostro ordinamento, e a motivi
normativi, come la non obbligatorietà di adesione (contrariamente a paesi come Olanda
(Ferrante, 2013), Francia (Smolizza, 2009) e Danimarca (Ambasciata d’Italia Copenaghen,
2013) in cui l’adesione per i lavoratori ai Fondi Pensione è obbligatoria). Il sistema italiano si
differenzia anche nelle scelte d’investimento. I FP italiani sono caratterizzati infatti da bassi
investimenti in azioni e da alte percentuali di investimento in titoli di stato ed obbligazioni,
contrariamente a ciò che avviene ad esempio negli Stati Uniti. In Italia infatti il peso azionario
nell’asset allocation è pari al 16,6% (di cui italiani solo lo 0,8%) mentre il peso in obbligazioni
e titoli di stato è pari al 50,2% (di cui italiani 27,9%). Contrariamente gli USA hanno
investimenti azionari per circa il 50% e obbligazionari per circa il 20%. Questo aspetto
probabilmente dipende dalle caratteristiche intrinseche della normativa italiana, cioè le tante
possibilità di anticipazioni e rimborsi che rendono il sistema molto flessibile ma poco
programmabile a lungo termine, con conseguente orientamento di parte degl’investimenti
focalizzato talvolta ad orizzonti temporali di breve. Un altro aspetto interessante è che la
percentuale d’investimenti fatti da FP italiani all’estero verso paesi OECD è pari al 57,1% del
patrimonio totale, contro ad esempio il 27,8% del Regno Unito e il 21,4% del Giappone (OECD,
2014; COVIP, 2015).
41
Ciò è un’eccezione in quanto, secondo l’attuale normativa, si ha diritto al contributo del datore di lavoro solo contestualmente
al versamento del contributo volontario da parte del lavoratore.
12
2 Gli Investimenti Socialmente Responsabili (ISR)
In questo capitolo:
 La definizione di ISR
 La definizione di ESG
 La selezione dei titoli
 Timori di costo e rendimento
2.1 La finanza etica e gli ISR
Gli scandali finanziari e la speculazione che hanno caratterizzato questi ultimi anni portando
l’intero sistema economico in una profonda crisi hanno però rafforzato la sensibilità verso un
nuovo concetto di finanza: la finanza etica. Nello specifico la finanza etica si avvale
dell’utilizzo di quattro strumenti: il microcredito, cioè il finanziamento di microimprese a tassi
agevolati, ovvero soggetti che non potendo fornire beni a garanzia non potrebbero accedere al
mercato del credito per sviluppare la loro attività e migliorare il loro tenore di vita; il
finanziamento di iniziative senza fini di lucro, soprattutto tramite l’utilizzo di venture capital,
cioè di partecipazione diretta al capitale di rischio; la finanza etica tradizionale, in cui
l’investitore rinuncia a una parte dei propri guadagni destinandoli ad attività socialmente o
ambientalmente utili: è il caso dei fondi umanitari, in cui l’etica risiede nella devoluzione delle
commissioni di gestione e non nella scelta dei titoli su cui investire; i fondi etici o più
specificatamente Investimenti Socialmente Responsabili – ISR (Socially Responsible
Investment – SRI), cioè tutti quegli strumenti di finanza tradizionale che però selezionano i
titoli da inserire nei loro portafogli secondo regole etiche, attraverso screening positivi per
l’inclusione di alcuni titoli e negativi per l’esclusione di altri (Perrini e Tencati, 2008).
Sebbene possano sembrare di nascita recente, i fondi Etici, o comunque i criteri di scelta Etica
nell’allocazione di risorse, esistono già da un secolo42
. In particolare nel 1928 il fondo
d’investimento Pioneer Fund di Boston proponeva, sia a privati che a fondi d’investimento
religiosi, nuovi prodotti finanziari che escludevano dai loro portafogli titoli derivanti dai settori
delle armi, dell’alcol, del gioco d’azzardo e del tabacco (Regalli, Soana et al., 2005). Da qui il
lungo percorso di sviluppo avvenuto in questo secolo ha portato alla stesura di due manifesti
della finanza etica: il primo, Manifesto della finanza etica, nel 1998 realizzato dall’AFE
(Associazione Finanza Etica)43
; il secondo, The six principles, nel 2006 ad opera dell’UN-PRI
42
Anche se in Italia il primo fondo Etico fu lanciato dal Sanpaolo (dal 2007 Intesa Sanpaolo) nel 1996.
43
http://www.finanza-etica.it/; http://www.finansol.it/?page_id=5.
13
(United Nations – Principles of Responsible Investment)44
. Questi manifesti indicano i principi
coi quali fare finanza etica (Violoni, 2013). Parlare di etica in ambito finanziario significa
concentrarsi non solo sul puro rendimento, ma considerare al contempo l’investimento come
finanziamento di realtà aziendali focalizzate su aspetti etici, sociali, ambientali e di
organizzazione aziendale (Environment, Social, Governance – ESG). Lo scopo della finanza
socialmente responsabile è infatti di valorizzare e sviluppare nel tempo il capitale umano,
ambientale ed economico, concentrandosi in un’ottica di sostenibilità per un orizzonte
temporale di medio-lungo termine. Questo sentiero di crescita sostenibile, contrariamente alla
logica speculativa, permette di raggiungere dei tassi di crescita più elevati nel lungo periodo,
oltre a una riduzione del rischio di scandali che porterebbero a grossi danni dal punto di vista
economico e d’immagine. Permette inoltre una creazione di valore (sia sociale che economico)
che enfatizzi il senso di appartenenza all’interno dell’impresa, incrementando la qualità del
lavoro e quindi degli utili. Nell’ambito aziendale italiano vi sono vari esempi di eccellenza
sociale, basti pensare a Luxottica, con programmi per il benessere dei propri lavoratori e fondi
destinati a visite e cure oculistiche nei paesi del terzo mondo45
; a Brunello Cucinelli, orientato
verso costanti investimenti a favore del benessere sociale, economico e personale dei suoi
lavoratori, e verso la promozione di eventi culturali e artistici46
; a Ferrero, anch’essa attenta a
politiche per il benessere dei lavoratori e finanziamento di progetti per lo sviluppo della qualità
della vita nei paesi emergenti come ad esempio il Messico47
.
2.2 Metodi di ricerca e selezione degli ISR
Orientare investimenti verso realtà meritevoli induce una scrupolosa ricerca e analisi dei vari
titoli da inserire in portafoglio. Diventa quindi fondamentale tutto il contorno relativo alla
misurazione dei dati, alla certificazione dei risultati48
e alla loro valutazione. Il processo di
44
http://www.unpri.org/about-pri/the-six-principles/, ai quali oggi aderiscono 1383 firmatari in tutto il mondo, di cui solo
sedici italiani: il Fondo Pensione Cometa, Fondo Pensione Gruppo Intesa Sanpaolo, Generali, Global Crop Diversity Trust,
Pegaso – Fondo pensione complementare, 21 Partners, Advanced Capital, Ambienta SGR, Clessidra SGR, Etica SGR, Invimit
SGR, Pioneer Investments, NAI Italy Srl, Prometeia Advisor Sim, REAAS, Sustainable Value Investors.
45
https://it.onesight.org/, questo progetto sponsorizzato da OneSight Foundation di Luxottica ha fornito ad oggi visite e cure
oculistiche a 8,5 milioni di persone in tutto il mondo.
46
http://www.brunellocucinelli.com/it/la-fondazione/la-fondazione.
47
http://www.ferrero.com/social-responsibility/social-activities/ferrero-foundation/work-create-donate.
48
Si pensi alle varie certificazioni ISO e EMAS, tra cui le più importanti sono: ISO 14001 che certifica il sistema di gestione
ambientale, ISO 50001 che certifica un uso energetico efficiente, EMAS che certifica la misurazione e le performance
ambientali, SA 8000 che verifica principi come la sicurezza e la flessibilità nel lavoro, la libertà di associazione, gli orari
14
analisi e selezione dei titoli si articola generalmente in quattro fasi e coinvolge una pluralità di
soggetti diversi, al fine di garantire indipendenza e trasparenza49
. Le quattro fasi sono:
1) Team Analisi e Ricerca ESG, in cui una squadra di analisti specializzati analizza gli
aspetti ESG di Stati e Imprese. Il loro compito è quello di definire l’Universo Investibile
sulla base delle indicazioni dettate dal C.d.A. Quest’attività può essere esternalizzata ad
advisor etici, cioè società o istituti di ricerca specializzati, che analizzano, valutano e
classificano Stati e Imprese sotto il profilo ESG redigendo rating etici. Nel dettaglio le
tematiche extra finanziarie relative all’ESG, da prendere in considerazione quando si
effettua un ISR, sono quelle che possiamo riassumere nella tabella sotto:
Ambientale Sociale Governance Etica
Cambiamenti climatici
Acqua
Suolo
Biodiversità
Risorse naturali
Energia
Rifiuti
Diritti umani
Sviluppo del capitale
umano
Attrazione dei talenti
Pari opportunità
Diversità
Salute e sicurezza
Relazioni con la
comunità
Sviluppo socio-
economico
Filantropia
Indipendenza
Remunerazione
Compliance
Corruzione
Diritti degli azionisti
Gestione del rischio
Produzione e commercio
di alcolici
Produzione di tabacco
Produzione di armi
Sperimentazione sugli
animali
Produzione e commercio
di pellicce
Gioco d’azzardo
Pornografia
Tabella 2.1 Dimensioni e tematiche ESG (Fonte: ANASF, 2010)
Parallelamente a queste attività di analisi ESG vi sono il Comitato Investimenti ed il
Servizio di Risk Management che hanno il compito di monitorare la gestione finanziaria
e di supportare il C.d.A. nella definizione della Politica d’Investimento da seguire.
2) Comitato Etico, il cui ruolo è di supportare l’attività svolta dal Team Analisi e Ricerca
ESG. Più in dettaglio il Comitato Etico svolge anche una funzione di orientamento e
controllo definendo i criteri e i settori da analizzare. È un organo autonomo e
indipendente composto da membri selezionati tra personalità di spicco in ambito
sociale, economico, accademico, ambientale e religioso.
3) Consiglio di Amministrazione, approva l’Universo Investibile, suggerito e identificato
dal Team Analisi e Ricerca ESG e valutato secondo le linee guida definite dal Comitato
Etico, e definisce la Politica d’Investimento.
lavorativi, l’assenza di lavoro minorile, OHSAS 18001 che certifica il sistema di controllo e sicurezza dei lavoratori nel posto
di lavoro.
49
A questo proposito esiste la certificazione Transparency Code promossa da Eurosif (Forum Europeo per gli Investimenti
Sostenibili e Responsabili).
15
4) Gestore delegato, la gestione finanziaria del fondo è assegnata a un gestore
professionista che amministra attivamente il portafoglio sulla base e nel rispetto
dell’Universo Investibile e della Politica d’Investimento. Più precisamente esegue le
analisi finanziarie del mercato e la compravendita dei titoli che compongono il
portafoglio, confrontando il proprio risultato con un benchmark di mercato predefinito
(Etica SGR, Il processo di analisi e selezione dei titoli).
Vi sono quattro strategie principali per la selezione dei titoli:
 Screening negativo;
 Screening positivo;
 Community investing;
 Shareholder activism.
Lo screening negativo è il più antico in quanto il più facilmente applicabile. Consiste
nell’esclusione di società che operano in specifici settori che violano i principi di ESG. Si
possono escludere società in base al settore d’attività, come ad esempio aziende che fanno test
sugli animali, oppure aziende che operano nella produzione di armamenti o del tabacco. Si
possono escludere aziende che operano danneggiando l’ambiente, come nel settore petrolifero
o minerario. Si possono inoltre escludere aziende che non rispettano la salute dei lavoratori o
che non garantiscono la libertà di associazione. Per quanto riguarda invece l’investimento in
bond statali, si possono escludere gli Stati in cui sia presente un regime dittatoriale oppure che
adottino ancora la pena di morte50
(Hellsten & Mallin, 2006). Qui sotto si riporta una tabella
riassuntiva con i principali aspetti che causano l’esclusione di aziende:
Criteri Definizione
Alcol Imprese coinvolte nella produzione, distribuzione o
promozione di bevande alcoliche
Gioco d’azzardo Casinò e fornitori di attrezzature per gioco d’azzardo
Tabacco Produttori di sigarette
Armi da fuoco e militari Produttori di armi e armi militari
Energia nucleare Produttori di reattori nucleari o gestori di centrali
nucleari
Pornografia Editori di riviste e film pornografici
OGM Imprese produttrici di OGM
Tabella 2.2 Criteri ISR dello screening negativo (Fonte: Baker e Nofsinger, 2012)
50
Si noti che in realtà, talvolta, non vengono escluse imprese che possiedono attività in settori che determinerebbero
l’esclusione, purché queste siano limitate a percentuali di fatturato molto basse rispetto al giro d’affari complessivo.
16
Lo screening positivo invece ha l’obiettivo di premiare e supportare tramite l’attività
d’investimento le aziende virtuose, che possiedono alti standard ambientali, sociali e qualitativi
(definiti Best-in-Class). Tali standard possono essere rappresentati da politiche orientate alla
valorizzazione delle persone, degli stakeholder, alla riduzione delle emissioni di CO2, al rispetto
ambientale, alla salvaguardia della salute umana51
(Hellsten & Mallin, 2006; Etica SGR, 2012;
Etica SGR, 2014). Di seguito una tabella con alcuni esempi:
Criteri Definizione
Comunità Attività destinate alla comunità
Diversità Politica attiva verso l’occupazione delle minoranze
Rapporti di lavoro Ricerca delle potenzialità dei dipendenti;
partecipazione agli utili dei dipendenti, evitare lo
sfruttamento del lavoro
Ambiente Evitare la produzione di prodotti tossici; favorire
attività di riciclo; riduzione di gas serra
Prodotto Ricercare l’alta qualità nei prodotti
Tabella 2.3 Criteri ISR dello screening positivo (Fonte: Baker e Nofsinger, 2012)
Per tutte e due le attività di screening ricoprono un ruolo fondamentale le attività di misurazione
e reporting, caratterizzate da trasparenza e verifiche. In questo aspetto rientrano tutte le attività
di certificazione e compliance prima citate, oltre che alcuni sistemi internazionali per la
misurazione delle performance di sostenibilità, come il GRI52
o il DJSI53
.
Il community investing (o cause-based investing) consiste principalmente nell’erogazione di
credito a tassi agevolati a imprese considerate «non bancabili» dalle istituzioni finanziarie
comuni e che quindi resterebbero tagliate fuori dalle fonti di finanziamento. Community
investing può significare anche attuazione di pratiche di microcredito, cioè finanziamenti per
sostenere comunità o attività locali, come ad esempio la creazione di posti di lavoro o la
fornitura di alloggi (housing) (Hellsten & Mallin, 2006).
51
Alcuni esempi di criteri: ambientali possono essere il rispetto degli obiettivi posti dal protocollo di Kyoto sull’inquinamento,
l’utilizzo di materiali riciclabili o la produzione di energia da fonti rinnovabili; sociali come il non utilizzo di lavoro minorile,
la spesa pubblica per sanità e istruzione, l’aspettativa di vita o la mortalità infantile; infine esempi per la governance possono
essere il rispetto dei diritti politici, umani e associativi, la percezione di corruzione o la promozione delle pari opportunità.
52
Global Reporting Initiative, è un ente no profit nato a Boston nel 1997 con lo scopo di promuovere la sostenibilità attraverso
l’analisi e la pubblicazione di report pubblicati sul suo sito web. Completamente volontaria la partecipazione, rappresenta un
ottimo mezzo per le aziende di pubblicizzare i propri aspetti virtuosi.
53
Dow Jones Sustainability Index, lanciato nel 1999, rappresenta una lista di società caratterizzate da alti standard di
sostenibilità (Best-in-Class). Anche in questo caso la partecipazione consiste nella compilazione di questionari e domande ed
è volontaria.
17
Lo shareholder activism (o advocacy o azionariato attivo o engagement) infine rappresenta
l’utilizzo dei normali poteri dell’azionista, come il diritto di voto, l’approvazione del bilancio e
il dialogo col management al fine di orientare l’impresa verso tematiche e iniziative di
sostenibilità e CSR. Lo scopo principale è quello di condurre un dialogo duraturo che porterà
l’impresa verso un cambiamento positivo di tutto l’ambiente sociale (Sparkes, 2008).
2.3 Il Rating Etico
Dopo la crisi del 2008 ci si è resi conto che la mera valutazione finanziaria dei rating tradizionali
non era sufficiente a cogliere tutte le particolarità che influenzano la vita reale e le dinamiche
delle società e dell’economia54
. Si è quindi affermata la necessità di affiancare alle valutazioni
finanziarie altre valutazioni che potessero cogliere anche aspetti di tipo sociale, ambientale ed
etico. Si incominciò quindi ad attribuire alle società delle valutazioni, con conseguenti
classificazioni secondo parametri di responsabilità sociale e ambientale. La metodologia del
rating etico si basa sulle attività di screening negativo e positivo precedentemente descritte, con
valutazioni sia di aspetti quantitativi che qualitativi.
Tra le maggiori agenzie di rating etico internazionali vi è Standard Ethics55
, che utilizza un
sistema di valutazione per società e per nazioni su otto livelli: EEE, EEE-, EE+, EE, EE-, E+,
E, E-, dove l’impresa modello corrisponde al livello massimo EEE.
Altra agenzia di rating etico degna di nota ed avente al suo attivo clienti internazionali tra i più
importanti è Oekom56
, la cui scala è: A+, A, A-, B+, B, B-, C+, C, C-, D+, D, D-, dove il livello
massimo è rappresentato da A+.
Ricordiamo infine l’agenzia Vigeo57
, attiva soprattutto nella realizzazione di report, benchmark,
analisi e valutazione di performance etica e sostenibilità di imprese e fondi d’investimento
(Rossi e Turrina, 2013; Tomasi, 2011).
54
Basti pensare che fino al 18 luglio 2008 la banca d’investimento Lehman Brothers era valutata con A2 da Moody’s e con A
da Standard & Poor’s e Fitch, quando il 15 settembre 2008 fallì per insolvenza con perdite oltre 630 miliardi di $.
55
AEI – Agenzia Europea di Investimenti – Standard Ethics ha origine nel 2001 ed opera tutt’ora nelle valutazioni della
finanza sostenibile e negli studi ESG. Dal 2011 diviene Standard Ethics e dal 2013 sposta la sede da Bruxelles a Londra.
56
Agenzia tedesca fondata nel 1993 a Monaco di Baviera (Germania), con sedi anche a Londra e Parigi.
57
Nata nel 2002 a Parigi, con una grossa espansione e sedi in sette paesi al mondo (Francia, Belgio, Italia, Marocco, Giappone,
Cile, Regno Unito).
18
2.4 Il costo dei Fondi Etici
Da un punto di vista intuitivo si può pensare che l’investimento etico sia più costoso rispetto a
quello tradizionale a causa di un più complesso lavoro di ricerca e selezione dei titoli ad opera
di figure aggiuntive (comitati etici ed advisor esterni) che ovviamente devono essere
remunerate. In realtà l’evidenza empirica di vari studi dimostra che non è affatto così. Una
storica analisi sul mercato americano ha rilevato come le commissioni di gestione dei fondi
etici possano essere spesso addirittura inferiori paragonate a quelle dei fondi tradizionali
(Young e Proffitt, 2003). Una seconda storica analisi evidenzia anch’essa come l’investire in
fondi socialmente responsabili non sia, in media, gravato da oneri maggiori. Nello specifico in
questo studio si evidenzia come nel mercato italiano la percentuale di fondi etici no load58
,
rispetto al totale della categoria, sia nettamente superiore a quella dei fondi tradizionali59
,
mentre, in presenza di costi di sottoscrizione, quelli dei fondi etici siano mediamente inferiori
rispetto a quelli tradizionali60
, evidenziando come in nessun fondo etico vi sia commissione
d’uscita. Anche sul fronte delle commissioni di gestione dei fondi etici sono mediamente
inferiori61
(Vandone, 2003). Un altro autorevole e innovativo studio, che introduce un nuovo
indicatore di costo complessivo, il GER62
, conferma l’assenza di correlazione tra etica e costo,
indice che tutto il processo di selezione e gestione etica non grava sul prezzo finale complessivo
del prodotto finanziario (Intonti e Iannuzzi, 2009). In conclusione l’evidenza empirica indica in
generale costi inferiori per i fondi etici rispetto a quelli tradizionali: ciò può essere riconducibile
all’utilizzo della leva del pricing per favorire la diffusione nel mercato dei fondi etici, attraverso
la rinuncia da parte del gestore di una parte delle commissioni e abbassando il prezzo finale,
oppure, nel caso peggiore, ad una poco attenta analisi e selezione dei titoli componenti il
portafoglio. L’una non esclude l’altra.
58
Letteralmente «senza caricamento», cioè quei fondi nei quali non è prevista né una commissione d’ingresso né una
commissione d’uscita.
59
I dati più rilevanti indicano essere no load circa il 70% dei fondi etici bilanciati contro il 40% di quelli tradizionali, mentre
il numero sale sensibilmente per i fondi obbligazionari, dove no load sono il 100% dei fondi etici contro il 40% dei fondi
tradizionali.
60
In questo caso possiamo prendere ad esempio la commissione di sottoscrizione minima presente nei fondi etici del reparto
azionario pari all’1,33% contro l’1,57 negli altri, e la commissione per la categoria dei flessibili, la cui commissione minima
per gli etici è pari all’1% contro l’1,74% nei tradizionali.
61
Prendiamo ad esempio le commissioni degli azionari settoriali, pari al 1,80% negli etici contro l’1,87% nei tradizionali, e le
commissioni dei bilanciati obbligazionari, corrispondenti al 0,97% per i fondi socialmente responsabili e al 1,14% per gli altri
fondi.
62
Global Expense Ratio = oneri di gestione + initial load/5 + back load/5. È un indicatore di costo complessivo, ritenuto più
completo rispetto al tradizionale TER (Total Expense Ratio), che ha lo scopo di dare un’evidenza completa di tutte le voci di
costo che colpiscono, direttamente e indirettamente, l’investimento in un fondo etico.
19
2.5 Gli Indici Etici e le performance
La nascita e lo sviluppo di questa nuova tipologia di fondi ha fatto nascere la necessità di creare
dei nuovi indici etici che potessero fungere da benchmark63
. Tali indici sono costruiti con i
criteri di selezione visti in precedenza e raggruppano dei panieri di titoli d’aziende con
caratteristiche ESG, in modo da essere parametri di paragone più adeguati rispetto a quelli
tradizionali già esistenti. I vari attori nel mercato degli indici hanno quindi dato avvio alla
creazione d’indici etici. I più importanti sono quelli di MSCI64
, come ad esempio i fondi della
famiglia MSCI ESG; il DJSI65
, che inserisce al suo interno e monitora i rendimenti solo delle
più grandi aziende che applicano criteri ESG: solo il 20 percento delle migliori società europee
in campo sociale e ambientale sono ammesse al DJSI Europe e il 10 percento delle società
mondiali al DJSI World; vi è poi la FTSE66
che ha creato la serie di indici ESG FTSE4Good,
le cui aziende inserite, per garantire imparzialità, sono analizzate e valutate dall’istituto di
ricerca indipendente EIRIS67
; vi sono infine gli indici creati da ECPI68
(Rossi e Turrina, 2013).
In Italia i primi indici Etici del mercato italiano furono FTSE ECPI Italia SRI e FTSE ECPI
Italia SRI Leaders creati nel 2010 (Frascaroli, 2012).
Oltre a quello del costo, un secondo timore classico riferito a indici o fondi etici è quello della
performance. Istintivamente si è portati a pensare che la performance dei fondi etici sia
penalizzata a causa dell’esclusione degl’investimenti in interi settori di attività (petrolio, armi
etc.) e dalla bassa possibilità di diversificazione. In realtà l’evidenza empirica dimostra che le
loro performance risultano essere esattamente in linea con quelle degli altri indici e fondi
tradizionali, anzi spesso risultano avere andamenti superiori, come si evince dai paragoni tra gli
andamenti di indici etici e indici tradizionali (Perrini e Tencati, 2008). Da un punto di vista
strettamente tecnico si può agire su più mercati attuando una diversificazione non domestica
63
Il benchmark è un insieme di titoli, spesso un indice azionario, che funge da parametro oggettivo di riferimento con il quale
confrontare l’andamento di un fondo. Dal 1 luglio 2000 si deve trovare obbligatoriamente all’interno del prospetto informativo
che descrive un fondo. Il benchmark serve per valutare l’efficienza nella gestione di un fondo.
64
Morgan Stanley Capital International è una società nata nel 1969 la cui attività è la creazione di indici. Nel 2010 acquista la
società KLD, prima società a lanciare nel 1990 l’indice etico «Domini 400 Social Index», diventato poi «MSCI KLD 400
Social Index».
65
Dow Jones Sustainability Index.
66
Financial Times Stock Exchange di FTSE Group è una società britannica fondata nel 1995 che realizza indici azionari.
67
Ethical Investment Research Services è un’organizzazione indipendente e senza fini di lucro fondata nel 1983 con lo scopo
di fare ricerca nel campo degli ISR.
68
Fondata da professori della Bocconi nel 1999 come E. Capital Partners con l’obiettivo di analisi, rating etici e creazione di
indici etici.
20
riducendo così i rischi. Agendo infatti su mercati diversi, tra loro non correlati, si può ridurre il
rischio sistematico β (Perrini, 2002). Si è riscontrato inoltre che un orientamento di tipo etico
riduce il rischio di scandali reputazionali che ne possono alterare il valore finanziario e
d’immagine del fondo. Infine si è notato che nei casi di ribasso dei mercati i fondi ESG possono
avere perdite più limitate, come dimostra una ricerca ECPI in cui si riscontra che l’indice «S&P
500 – Financial – ESG Filtered» ha subito da luglio 2007 una perdita inferiore di oltre l’8%
rispetto all’indice tradizionale «S&P 500 – Financial». In definitiva gli ISR presentano, in
generale, una minore varianza, e quindi rischio, rispetto agl’investimenti tradizionali. Tutto
questo grazie all’esclusione di alcune società per motivi di sostenibilità legati alla gestione
aziendale (governance)69
che non apparivano nelle poste di bilancio tradizionali. Un’altra
ricerca ECPI dimostra come alcune società finanziarie bocciate per criteri ESG hanno avuto
una performance inferiore di quasi il 10% rispetto all’indice MSCI World Financial di
riferimento. In termini di performance dei fondi etici è sicuramente da sottolineare il premio
Alto Rendimento 2010 e 2011, promosso da «Il Sole 24 Ore», assegnato a dei fondi di Etica
SGR, gestiti da Anima SGR, che sono arrivati ad ottenere rendimenti anche superiori del 10%
rispetto al mercato di riferimento70
.
2.6 Il settore degli ISR nel Mondo, in Europa e in Italia
Come dimostrano i dati, il settore degl’ISR presenta una crescita veramente notevole. A livello
mondiale infatti la crescita di capitali investiti nel settore degl’ISR dal 2012 al 2014 ha segnato
un +61%, passando da 13.261 a 21.358 miliardi di $. Il primato internazionale in questo settore
è dell’Europa, che detiene il 63,7% dei 21.358 miliardi di $, con investimenti in ISR per un
ammontare di 13.608 miliardi, valore che ha avuto una crescita dal 2012 al 2014 pari al 55%.
L’asset allocation risulta essere principalmente in equity e bond, rispettivamente 49,5% e 39,5%
del totale (GSIA, 2015). Nel 2014 sono presenti in Europa 957 fondi etici retail (con un aumento
del 4% dal 2013, in cui erano 922). Il podio spetta a Francia, Belgio e Regno Unito, dove sono
presenti rispettivamente, al giugno 2014, 263, 214 e 95 fondi. In Italia alla stessa data ne sono
presenti solo 12, purtroppo, per un totale di asset pari a 3,2 miliardi di €, allocati per il 45% in
69
Furono escluse società come Bear Stearns, AIG, Citigroup e Fannie Mae. Per comprendere meglio si pensi che, ad esempio,
AIG fu esclusa dall’indice a causa di ripetuti episodi di corruzione e speculazione che l’hanno portata a patteggiare con il
Governo Statunitense una multa di 163 milioni di $.
70
2010 miglior Fondo azionario geografico - Az. Internazionali: Valori Responsabili Azionari; Fondi Italiani - Miglior Fondo
bilanciato: Valori Responsabili Bilanciato. 2011 Fondi Italiani - Miglior Fondo bilanciato: Etica Bilanciato.
21
azioni. Le quote di mercato dei fondi socialmente responsabili in Italia restano infatti basse,
essendo pari all’1,8% al giugno 2014, in aumento però rispetto al 2013 del 33%, quando
ammontavano all’1,2% del mercato. Si noti inoltre che i Fondi Etici in Italia sono stati definiti
e classificati da Assogestioni71
solo nel 2003, specificando i concetti delle politiche
d’investimento etiche (Assogestioni, 2003). I più grossi fondi sono in Francia e UK, come ad
esempio BNP Paribas Mois con asset per 3593 milioni di € e Stewardship Pension Fund con
1745 milioni di €. In termini di rendimenti nell’ultimo anno il fondo EIC Renewable Energy
A72
ha segnato un +42,4% e il fondo DNB Renewable Energy Retail A73
ha reso il +41,9%,
entrambi appartenenti alla categoria Equity Alternative Energy, in cui la media della categoria
nell’ultimo anno è stata +22,8% (Vigeo, 2014). Il grosso del peso in questo tipo d’investimenti
è degl’Investitori Istituzionali. A livello mondiale infatti hanno un peso dell’86,9% contro il
13,1% degl’Investitori Retail. Si nota però un incremento da parte dei retailer, in quanto nel
2012 la percentuale era del 10,7% (GSIA, 2015). A livello europeo il mercato è ancor più
dominato dagl’Istituzionali: nel 2013 è pari al 96,6%, mentre in Italia con circa il 99% non c’è
partita (Eurosif, 2014). In Italia però si sta registrando un cambiamento di mentalità, in quanto
un’indagine individua che il 45% degl’investitori retail è interessato a prodotti etici e sarebbe
disposto a investire (Doxametrics, 2013). È importante sottolineare infine come in Italia il
metodo di selezione più usato sia quello più semplice e meno costoso, ovvero quello
dell’esclusione (screening negativo, cioè esclusione dagli investimenti di settori specifici, come
quello della produzione di armi), segnale che il grado di sviluppo di questi fondi è ancora molto
rudimentale. Infine, secondo un’indagine di customer satisfaction svolta da ISPO74
per Etica
SGR il 99% dei suoi clienti dichiara di essere abbastanza o molto soddisfatto dei prodotti e dei
servizi offerti e il 75% è disposto a investire ancora in fondi etici, percentuale che sale al 96%
se si conta anche chi ha risposto «probabilmente sì». Le tematiche etiche iniziano a interessare
sempre più i clienti, come dimostra il caso di Etica SGR, che nel solo 2014 ha raggiunto gli
obiettivi di raccolta triennali con un incremento di 446 milioni di € (+53%), per un patrimonio
complessivo di 1,3 miliardi di € (+70% rispetto all’anno precedente) per 94 mila clienti
(Corriere Economia, 2015).
71
Associazione del risparmio gestito. È un’associazione di categoria costituita nel 1984 da SGR, banche e imprese assicurative,
con lo scopo di rappresentarle. Tra i vari compiti elabora classificazioni dei vari prodotti del risparmio gestito.
72
Il cui asset manager è State Street Fondsleitung AG, in Svizzera.
73
Gestito da DNB Asset Management S.A., Lussemburgo.
74
Istituto per gli Studi sulla Pubblica Opinione è un istituto di ricerca sociale, economica e di opinione fondato nei primi anni
’80 da un gruppo di professori universitari. Ha sede a Milano e svolge ricerche di mercato.
22
3 Gli ISR nei Fondi Pensione italiani e le Linee Etiche
d’investimento
In questo capitolo:
 Gli ISR nel D. Lgs. 252/2005
 Gli ISR nella NI
 Strategie di sostenibilità
 La situazione in Italia
3.1 La normativa italiana degli ISR
L’aspetto fondamentale, su cui si basa tutto, è quello normativo. È quindi indispensabile
analizzare la normativa in dettaglio, al fine di capire quali siano gli schemi e gli obblighi a cui
sottostare per legge. Come già detto, la normativa basilare che regola la previdenza
complementare in Italia è quella del Decreto Legislativo 5 dicembre 2005, n° 252 (D. Lgs.
252/2005)75
, integrata da «provvedimenti e ordinamenti» (deliberazioni) e «risposte a quesiti»
da parte della COVIP76
. Vi sono poi i Decreti Ministeriali77
che regolano gl’investimenti dei
FP; nello specifico il Decreto 21 novembre 1996, n° 703 (D.M. 703/1996)78
, in corso di
sostituzione da parte del Decreto 2 settembre 2014, n° 166 (D.M. 166/2014)79
. In termini Etici
è da notare come il D.M. 703/1996 non intendesse regolare gli ISR, mentre il nuovo D.M.
166/2014 ha delle specifiche parti dedicate a questa tematica, segnale di una presa di coscienza
a riguardo da parte del legislatore. L’Articolo 3 comma 6 del suddetto D.M. riporta infatti: «Il
fondo pensione comunica alla COVIP gli aspetti etici, ambientali, sociali e di governo societario
presi in considerazione nell’attività di investimento» (MEF, 2014). Stessa identica cosa si nota
per i decreti fondamentali, il vecchio D. Lgs. 124/1993 non menzionava gli ISR mentre il D.
Lgs. 252/2005 riporta due interi commi ad essi dedicati; nel dettaglio il comma 14 dell’Articolo
6 (Regime delle prestazioni e modelli gestionali): «Le forme pensionistiche complementari
sono tenute ad esporre nel rendiconto annuale e, sinteticamente, nelle comunicazioni periodiche
agli iscritti, se ed in quale misura nella gestione delle risorse e nelle linee seguite nell'esercizio
75
Entrato in vigore il 1 gennaio 2007.
76
A questo proposito si ricorda che la COVIP (Commissione di vigilanza sui fondi pensione) fu istituita dal D. Lgs. 124/1993,
iniziando ad operare agli inizi del 1996. Con il D. Lgs. 252/2005 vengono poi disciplinati e ampliati i suoi poteri.
77
Emanati dal Ministero del Tesoro prima e dal MEF (Ministero dell’Economia e delle Finanza) poi.
78
Entrato in vigore il 9 marzo 1997.
79
Entrato in vigore il 28 novembre 2014, e l’adeguamento dei Fondi Pensione allo stesso dovrà avvenire entro 18 mesi
dall’entrata in vigore, cioè entro il 28 maggio 2016.
23
dei diritti derivanti dalla titolarità dei valori in portafoglio si siano presi in considerazione
aspetti sociali, etici ed ambientali», e il comma 2, lettera h), dell’Articolo 19 (Compiti della
COVIP), che riprende il medesimo concetto. Vi è poi la deliberazione COVIP del 16 marzo
2012 (Disposizioni sul processo di attuazione della politica di investimento) che all’Articolo 4,
comma 1, lettera a) (Criteri di attuazione della politica di investimento) prevede: «In tale ambito
sono esplicitati gli aspetti etici, sociali e ambientali cui si intende dedicare attenzione nella
gestione delle risorse», e all’Articolo 5, comma 2, lettera c), punto 5), scrive: «verifica
periodicamente, con il supporto del consulente per gli investimenti etici (se presente), il rispetto
da parte dei soggetti incaricati della gestione delle indicazioni date in ordine ai principi e ai
criteri di investimento sostenibile e responsabile, laddove previsti nell’ambito dei criteri di
attuazione della politica di investimento». Anche la deliberazione COVIP del 22 luglio 2010
(Disposizioni in materia di comunicazioni agli iscritti) specificava: «Se nella gestione delle
risorse sono stati presi in considerazione aspetti sociali, etici ed ambientali, indicare
sinteticamente la metodologia e i criteri sulla base dei quali sono stati selezionati gli
investimenti socialmente responsabili; gli investimenti e i disinvestimenti effettuati nell’anno
di riferimento in relazione a tali aspetti; le iniziative adottate nell’ambito delle attività di
azionariato attivo. Specificare quando e come è stato esercitato il relativo diritto di voto». Questi
criteri di trasparenza sui criteri etici utilizzati dal FP trovano riscontro anche nella Nota
Informativa (NI)80
, il cui schema deliberato dalla COVIP il 31 ottobre 2006, che riprende gli
Art. 3, comma 1, lettere a), b), c), d), e), f), Art. 12 e Art. 13 del D. Lgs. 252 /2005, prevede:
«Rappresentare se e in che modo nella attuazione della politica di investimento sono stati presi
in considerazione aspetti sociali, etici ed ambientali, specificando le strategie poste in essere, i
criteri di investimento adottati e le eventuali iniziative di azionariato attivo». Come già
accennato è chiaro il tentativo del legislatore di far operare i FP con la massima trasparenza
possibile, al fine di far comprendere all’iscritto anche le modalità e le destinazioni in cui
vengono investiti i suoi contributi, di maggior pregio e ritorno d’immagine se tali sono finalità
etiche. Il FP è uno strumento che di per sé si può definire con finalità etica già sul nascere, per
l’importante funzione che svolge legata al risparmio previdenziale81
. L’investimento
socialmente responsabile oltre a portare una notevole immagine al FP, con il conseguente
80
È un documento che contiene le principali informazioni sul FP ed è obbligatorio da consegnare all’aderente. Si trova anche,
liberamente visionabile e scaricabile, nei siti internet dei FP.
81
Si noti che parte dei capitali dei FP, sebbene per definizione temporale abbiano un orizzonte tendenzialmente di lunghissimo
termine, vengono gestiti con logica di breve dettata dalle tante necessità di rimborso o anticipazione previste dalla normativa.
Questo è specialmente il caso degli ultimi anni, dove le persone hanno richiesto ai FP, a causa dei momenti economici difficili,
le anticipazioni del 30% a cui avevano diritto, creando dei notevoli problemi nella gestione delle risorse.
24
aumento degl’iscritti, se destinasse i propri capitali a realtà locali incentiverebbe la produzione
locale stessa o comunque la qualità della vita locale, delle quali beneficerebbero direttamente
gl’iscritti. Se invece per seguire una logica di mero alto profitto speculativo investisse in
aziende che delocalizzano la produzione, è come se da un certo punto di vista l’iscritto avesse
finanziato la sua precarietà nel detenere il proprio posto di lavoro (Mazzoni, 2013). Purtroppo
questo è un tasto dolente dell’Italia. Infatti gli stessi Fondi Pensione Negoziali, quelli che
dovrebbero tutelare la sicurezza e l’interesse del proprio lavoratore di comparto iscritto,
investono il 18,6% del loro patrimonio in titoli di capitale, dei quali italiani solo lo 0,7%. Anche
negl’investimenti in titoli di debito la situazione non è migliore, infatti sul totale di 11,4% del
patrimonio investito in questa categoria solo 1,3% di questi sono in titoli di debito di società
italiane. Tutto ciò si riassume complessivamente, fatto 100 il totale degl’investimenti, in solo
29,3% nel nostro paese. La situazione per Fondi Aperti e PIP è analoga, se non peggiore
(COVIP, 2015).
3.2 Il processo d’investimento Etico nei Fondi Pensione e i soggetti coinvolti
L’Art. 6, comma 1, lettere d) ed e), del D. Lgs. 252/2005 prevede che i Fondi Pensione
Negoziali (FPN) possano gestire le loro risorse direttamente tramite l’acquisto o la
sottoscrizione di quote o azioni di società immobiliari o fondi immobiliari per un importo che
non dev’essere superiore al 20% del patrimonio del fondo stesso. Tuttavia nella pratica questa
possibilità d’investimento diretto, ad oggi, non è utilizzata da nessun FP. Sempre l’Art. 6,
comma 1, lettere a), b), c), prevede infatti che i FPN gestiscano le proprie risorse mediante
convenzioni con soggetti specializzati e autorizzati82
come Banche, SIM, SGR, Assicurazioni
di ramo VI. Il processo d’investimento coinvolge vari soggetti e si compone tipicamente di
varie fasi:
1) Definizione della strategia d’investimento e della conseguente asset allocation, nella
cui fase il C.d.A. decide e indica le tipologie d’investimento opportune, con i relativi
livelli di rischio-rendimento, scegliendo anche l’eventuale introduzione di ISR. Il C.d.A.
in questa prima fase cruciale è supportato dalla funzione finanza83
e, se presente,
dall’Advisor finanziario84
, figure con competenze specifiche in materie finanziarie che
82
Con sede anche in un altro paese dell’Unione Europea, a patto di mutuo riconoscimento.
83
A volte è interna al fondo e a volte, specie nei fondi più piccoli, è esterna.
84
È un consulente esterno, non obbligatoriamente previsto per normativa ma largamente diffuso nella prassi.
25
aiutano nella decisione del gestore, nella definizione del benchmark, nelle valutazioni
dei mercati finanziari, nella scelta di politiche e strategie d’investimento.
2) Selezione del Gestore, cioè della figura specializzata a cui attribuire il compito di
gestire operativamente le risorse raccolte. La scelta del Gestore spetta al C.d.A.,
supportato dall’Advisor finanziario. La normativa prevede che si debba presentare un
bando pubblico85
e fare una gara selezionando uno o più Gestori sulla base di criteri
qualitativi e quantitativi oggettivi in linea con le scelte d’investimento del fondo.
Generalmente vi sono più Gestori per fondo, ognuno specializzato in uno specifico
ambito finanziario, e spesso anche più Gestori per singolo comparto.
3) Stipula della convenzione di gestione, in cui si disciplina in modo preciso il rapporto
tra le parti. Si stabiliscono i margini di libertà e vincoli che il Gestore deve rispettare, si
stabilisce il ruolo del Gestore (più o meno attivo o passivo) e lo spazio di autonomia, si
stabiliscono anche aspetti formali relativi alla durata del mandato, alla rendicontazione
e alla remunerazione.
4) Selezione della Banca Depositaria e stipula della convenzione. Tutti i flussi pagati
dagli iscritti finisco alla Banca Depositaria86
che custodisce le risorse ed esegue le
istruzioni in materia d’investimenti ricevute dal Gestore, dopo aver verificato la
legittimità rispetto alla normativa sugl’investimenti, alla convenzione di gestione e ai
principi scritti nello Statuto/Regolamento del Fondo. In caso di ISR è tenuta a verificare
che gli ordini d’acquisto da parte del Gestore siano in linea anche con i principi Etici
stabiliti dal Fondo. Anche la Banca Depositaria viene scelta mediante pubblicazione del
bando e conseguente gara pubblica, come nel caso del Gestore. Una volta individuata,
sulla base di parametri oggettivi di valutazione, si stipula una convenzione per
l’affidamento effettivo dell’incarico.
5) Avvio alla gestione finanziaria e monitoraggio. A questo punto, ultimato tutto, il
Gestore dispone gl’investimenti da fare, la Banca Depositaria verifica la legittimità ed
esegue gli ordini, svolgendo compito di custodia e controllo. Il Gestore rendiconta il suo
operato al C.d.A. del Fondo Pensione, il quale valuta con l’aiuto della funzione finanza
e dell’Advisor finanziario.
85
L’Art. 6, comma 6, del D. Lgs. 252/2005 prevede che il bando pubblico debba essere pubblicizzato attraverso la forma di
pubblicità notizia su almeno due quotidiani fra quelli a maggior diffusione a livello nazionale e internazionale. I soggetti non
devono appartenere a stessi gruppi societari né essere legati da rapporto di controllo.
86
Definita «Depositario» dall’Art. 7 del D. Lgs. 252/2005, per normativa (Art. 7 comma 2 del D. Lgs. 252/2005) dovrebbero
fare un controllo preventivo degl’ordini immessi dal Gestore, nella pratica il controllo è quasi sempre ex-post.
26
Nel caso di ISR fondamentale è la figura dell’Advisor etico (o consulente ESG) che integra
ogni fase del processo. Soprattutto aiuta il C.d.A. nella definizione della politica d’Investimento
Socialmente Responsabile e nella selezione del Gestore controllandone anche l’attività.
Supporta inoltre la Banca Depositaria nella verifica degli ordini d’acquisto fatti dal Gestore.
L’Advisor etico svolge questa funzione aggiuntiva che s’intreccia a quella dei ruoli tradizionali,
creando un nuovo valore aggiunto e dando un nuovo punto di vista non finanziario che aiuta
nella gestione del rischio (Paci e Vallacqua, 2015; Forum per la Finanza Sostenibile, 2012).
Il processo è identico anche per Fondi Aperti e PIP, con la differenza che quest’ultimi, come
specificato dagli Artt.12 e 13 del D. Lgs. 252/2005, non necessitano d’indire una gara per
scegliere i Gestori e la Banca Depositaria, e quest’ultima non è neanche prevista
obbligatoriamente per i PIP. Resta comunque fermo il principio base a tutela degli aderenti per
cui, in virtù dell’Art. 2117 del Codice civile, le risorse versate alla previdenza complementare
costituiscono patrimonio autonomo e separato, quindi in caso di fallimento dell’Intermediario
Finanziario il patrimonio del FP o PIP non può essere oggetto di esecuzione da parte dei
creditori (Iudica, 2013 b).
3.3 Le tipologie d’investimento responsabile
Operativamente un FP che adotta una strategia d’ISR può scegliere di utilizzare una o più delle
seguenti opzioni:
1) Principi generali
2) Benchmark specializzati
3) Rating ESG
4) Azionariato attivo.
A monte di queste strategie è fondamentale ricordare che il FP deve esplicitare i propri principi
e i propri obiettivi in documenti ufficiali, come ad esempio la sottoscrizione dell’UN-PRI, o
tramite la redazione di un documento interno in cui dichiarare tutte le regole fondamentali a cui
il FP decide di orientare il proprio investimento. Importante è anche esplicitare e inserire tali
Principi d’Investimento Responsabile all’interno della convenzione di gestione, in cui si
regolano i rapporti tra FP e Gestore, prevedendo anche importanti dettagli specifici come ad
esempio a chi spetti il diritto di voto delle azioni acquistate. Nella convenzione di gestione è
fondamentale stabilire con esattezza l’ampiezza del mandato di gestione socialmente
27
responsabile, se aperto, in cui vengono dichiarati strategia e principi in termini generali, o
chiuso, in cui il FP specifica e circoscrive l’area di operatività del Gestore, il quale avrà solo un
ruolo passivo. È importante sottolineare infine che le varie opzioni d’ISR possono essere anche
combinate assieme, ad esempio l’azionariato attivo si combina bene con tutte le altre e il rating
ESG è un po’ l’applicazione pratica dei Principi generali, in base all’ambito specifico verso cui
si focalizza. I FP possono decidere se optare per l’estensione di una politica d’investimento
sostenibile e responsabile a tutti i comparti del fondo, oppure applicarla solo ad una parte degli
asset, oppure solo a specifici comparti etici creati ad hoc. Come già accennato, i vantaggi in
termini pratici dall’introduzione di criteri responsabili risiedono principalmente nella gestione
del rischio, in quanto l’analisi extra-finanziaria evidenzia aspetti che l’analisi tradizionale non
prende in considerazione. Si possono evitare così scandali o problemi reputazionali, essendo
un’analisi aggiuntiva e non sostitutiva che non compromette il ritorno economico. Tutto questo
inoltre tutto questo si traduce in un’acquisizione di fiducia nei confronti dei propri aderenti.
Nello specifico i dettagli delle varie opzioni possono essere così descritti:
1) Principi generali, i quali sono stipulati in un documento, lasciando al Gestore più o
meno ampiezza di manovra a seconda che si tratti di un Mandato aperto o un Mandato
chiuso. Nel Mandato aperto il FP definisce l’ISR solo in termini generali – indicando
però con precisione aspetti ESG su cui focalizzarsi, motivazioni e obiettivi – lasciando
al Gestore il compito di quantificarli praticamente e realizzarli. I Principi devono essere
indicati nel documento sulla politica d’investimento, come previsto da normativa, nella
convenzione di gestione, nella rendicontazione annuale e nella comunicazione
periodica agl’iscritti (Art. 6 D. Lgs. 252/2005). Fondamentale in questo caso sono le
competenze del Gestore nell’analisi extra-finanziaria e negl’ISR, caratteristiche che
vanno esplicitate nel bando di selezione e conseguentemente valutate. Il Gestore infatti
realizza operativamente i Principi del FP, dialogando con l’Advisor etico qualora non
avesse competenze specifiche in materia ESG. L’Advisor etico ha il ruolo di
interfacciarsi sia con il FP che con il Gestore, aiutando nella definizione dei Principi e
verificandone il rispetto e l’applicazione. La Banca Depositaria opera un controllo
d’ultima istanza sugli ordini effettuati. Nel Mandato chiuso il FP stabilisce i Principi
ma dà anche indicazioni specifiche sulle strategie e le aree d’applicazione. Il Gestore
dovrà quindi solamente svolgere gli ordini del FP rispettando le indicazioni, potendo
quindi sviluppare il suo portafoglio selezionando titoli e possibilità d’investimento
solamente tra quelle proposte nell’Universo Investibile (UI). In questo caso il ruolo del
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  • 1. UNIVERSITÀ COMMERCIALE LUIGI BOCCONI Scuola Universitaria Corso di Laurea in Economia Aziendale e Management La previdenza complementare in Italia: analisi della normativa, dei risultati finanziari e dei costi degli Investimenti Socialmente Responsabili nei Fondi Pensione italiani LAVORO FINALE DI: Pierfrancesco Bresolini Eibenstein Matricola 1679786 DOCENTE TUTOR: Prof. Francesco Vallacqua ANNO ACCADEMICO 2014/2015
  • 2.
  • 3.
  • 4.
  • 5. Indice Tavole in Appendice Abstract Introduzione ed obiettivi di ricerca I III IV 1 La previdenza complementare in Italia 1 1.1 Premessa e panoramica 1.2 Il problema del tasso di sostituzione e l’introduzione della previdenza complementare 1.3 Il problema della miopia degli individui e le norme costituzionali 1.4 Il ruolo del TFR 1.5 Il mercato dei Fondi Pensione in Italia 1 2 5 8 10 2 Gli Investimenti Socialmente Responsabili (ISR) 12 2.1 La finanza etica e gli ISR 2.2 Metodi di ricerca e selezione degli ISR 2.3 Il Rating Etico 2.4 Il costo dei Fondi Etici 2.5 Gli Indici Etici e le performance 2.6 Il settore degli ISR nel Mondo, in Europa e in Italia 12 13 17 18 19 20 3 Gli ISR nei Fondi Pensione italiani e le Linee Etiche d’investimento 22 3.1 La normativa italiana degli ISR 3.2 Il processo d’investimento Etico nei Fondi Pensione e i soggetti coinvolti 3.3 Le tipologie d’investimento responsabile 3.4 I Fondi Pensione Etici in Italia: la situazione e le problematiche 22 24 26 29 4 Analisi empirica di rendimenti e costi delle Linee Etiche nei Fondi Pensione italiani 31 4.1 Premessa 4.2 Fondi Chiusi 4.3 Fondi Aperti 4.4 PIP 31 31 34 38 Conclusioni Appendice statistica Bibliografia Sitografia 40 42 92 96
  • 6. I Tavole in Appendice 1 La previdenza complementare in Italia Tav. a.1 Indici di dipendenza Tav. a.2 Effetto della revisione dei coefficienti di trasformazione sui tassi di sostituzione Tav. a.3 Tassi di sostituzione della previdenza obbligatoria nell’ipotesi di base Tav. a.4 Forme pensionistiche complementari. Risorse e contributi Tav. a.5 Forme pensionistiche complementari. Flussi contributivi Tav. a.6 Forme pensionistiche complementari. Distribuzione degli iscritti per tipologia di forma e classi d’età Tav. a.7 La previdenza complementare in Italia nel 2014. Dati di sintesi Tav. a.8 Forme pensionistiche complementari. Iscritti per condizione professionale Tav. a.9 Importance of pension funds relative to the size of economy in the OECD, 2013 Tav. a.10 Total assets by type of institutional investors in the OECD, 2001-2013 Tav. a.11 Investitori Istituzionali che investono in Fondi SRI europei (per volumi di asset SRI) Tav. a.12 Istituzionali vs Retail divisi per nazioni (2013) Tav. a.13 Asset allocation SRI per nazioni (2013) 2 Gli Investimenti Socialmente Responsabili (ISR) Tav. a.14 Schema processo d’analisi per selezione titoli di Etica SGR S.p.A. Tav. a.15 Fondi no load Tav. a.16 Commissioni di sottoscrizione Tav. a.17 Commissioni di gestione Tav. a.18 I costi dei fondi etici Tav. a.19 S&P 500 – Financial vs S&P 500 – Financial – ESG Filtered Tav. a.20 MSCI World Financial vs Non Sustainable companies Tav. a.21 I rendimenti dei fondi SRI per categoria di riferimento Tav. a.22 Il rating sociale e quello finanziario Tav. a.23 SRI worldwide Tav. a.24 Volume of capital invested according to sustainability criteria in Europe 3 Gli ISR nei Fondi Pensione italiani e le Linee Etiche d’investimento Tav. a.25 Forme pensionistiche complementari. Composizione del patrimonio Tav. a.26 Foreign investment of pension funds in selected OECD countries, 2013 Tav. a.27 i soggetti coinvolti nel processo di investimento del Fondo Pensione Tav. a.28 Forme pensionistiche complementari. Numero. Tav. a.29 Il fondo include nelle proprie politiche di investimento considerazioni relative alle dimensioni Esg? Tav. a.30 Il fondo ha deciso di investire secondo criteri Esg… Tav. a.31 Implementation of SRI policy in Italy Tav. a.32 Barriers to an SRI policy in Italy
  • 7. II 4 Analisi empirica di rendimenti e costi delle Linee Etiche nei Fondi Pensione italiani Tav. a.33 Rendimenti FC Etici al 2013 vs media rendimenti generale Tav. a.34 Rendimenti FC Etici al 2013 vs media rendimenti senza ISR Tav. a.35 Rendimenti FC Etici al 2014 vs media rendimenti generale Tav. a.36 Rendimenti FC Etici al 2014 vs media rendimenti senza ISR Tav. a.37 Media rendimenti Linee Etiche vs media rendimenti linee non etiche al 2013 e al 2014 (FC) Tav. a.38 Costi FC Etici al 2013 vs media costi generale Tav. a.39 Costi FC Etici al 2013 vs media costi senza ISR Tav. a.40 Costi FC Etici al 2014 vs media costi generale Tav. a.41 Costi FC Etici al 2014 vs media costi senza ISR Tav. a.42 Media costi Linee Etiche vs media costi linee non etiche al 2013 e al 2014 (FC) Tav. a.43 Rendimenti FA Etici al 2013 vs media rendimenti generale Tav. a.44 Rendimenti FA Etici al 2013 vs media rendimenti senza ISR Tav. a.45 Rendimenti FA Etici al 2014 vs media rendimenti generale Tav. a.46 Rendimenti FA Etici al 2014 vs media rendimenti senza ISR Tav. a.47 Media rendimenti Linee Etiche vs media rendimenti linee non etiche al 2013 e al 2014 (FA) Tav. a.48 Costi FA Etici al 2013 vs media costi generale Tav. a.49 Costi FA Etici al 2013 vs media costi senza ISR Tav. a.50 Costi FA Etici al 2014 vs media costi generale Tav. a.51 Costi FA Etici al 2014 vs media costi senza ISR Tav. a.52 Media costi Linee Etiche vs media costi linee non etiche al 2013 e al 2014 (FA) Tav. a.53 Rendimenti PIP Etici al 2013 vs media rendimenti generale Tav. a.54 Rendimenti PIP Etici al 2013 vs media rendimenti senza ISR Tav. a.55 Rendimenti PIP Etici al 2014 vs media rendimenti generale Tav. a.56 Rendimenti PIP Etici al 2014 vs media rendimenti senza ISR Tav. a.57 Media rendimenti Linee Etiche vs media rendimenti linee non etiche al 2013 e al 2014 (PIP) Tav. a.58 Costi PIP Etici al 2013 vs media costi generale Tav. a.59 Costi PIP Etici al 2013 vs media costi senza ISR Tav. a.60 Costi PIP Etici al 2014 vs media costi generale Tav. a.61 Costi PIP Etici al 2014 vs media costi senza ISR Tav. a.62 Media costi Linee Etiche vs media costi linee non etiche al 2013 e al 2014 (PIP)
  • 8. III Abstract Il presente lavoro s’interroga sui risultati finanziari ottenuti dalle Linee Etiche nei Fondi Pensione italiani. Sempre più, infatti, sta aumentando il peso degl’Investimenti Socialmente Responsabili (ISR) nelle realtà quotidiane. Quindi spesso ci si domanda in cosa consista il ruolo della finanza Etica e quali possano essere i suoi limiti, sia in termini di convenienza che in termini di scopo. Nel presente scritto si cerca di dare una risposta a queste domande basandosi sull’analisi sia dei rendimenti ottenuti che dei costi sostenuti, presentando poi i risultati conseguiti assieme alle conclusioni tratte. La comune percezione che le Linee Etiche rendano meno e costino di più, risultando quindi non convenienti, viene sfatata dai dati empirici. Si giunge infatti alla conclusione di come i fondi Etici possano essere in determinati casi più convenienti sia in termini di rendimento che di costo. Il cuore dell’ISR resta soprattutto la finalità, che raggiunge l’obiettivo di un punto d’incontro tra esigenze Etiche, sempre più impellenti nelle società sensibili a questi valori, e le necessità di remunerazione, ricercate da qualsiasi tipo d’investitore. Ne consegue che al giorno d’oggi gl’investitori non debbano più sopportare un sacrificio finanziario in nome di uno scopo Etico. In tutto questo il quadro d’insieme resta quello della previdenza complementare italiana, sicuramente suscettibile di enormi margini di crescita di cui beneficeranno anche i fondi Etici sia in termini relativi che in termini assoluti. Gl’ISR possono essere quindi una possibile strategia win-win, in cui le finalità Etiche si conciliano con le finalità previdenziali.
  • 9. IV Introduzione ed obiettivi di ricerca «Doing well while doing good» (Hamilton, Jo & Statman, 1993, p. 64). «SRI is a generic term covering ethical investments, responsible investments, sustainable investments, and any other investment process that combines investors’ financial objectives with their concerns about environmental, social and governance (ESG) issues» (Eurosif, 2008, p. 6). Negli ultimi anni tre temi hanno monopolizzato la nostra attenzione: la crisi finanziaria, che imperversa dal 2008, la crisi ambientale, come i cambiamenti climatici e il riscaldamento globale, e il nostro futuro, legato soprattutto all’anzianità e al problema pensionistico. Con il termine Socially Responsible Investing (SRI), in italiano Investimento Socialmente Responsabile (ISR), s’intende un tipo d’investimento finanziario che non guarda solo alla remunerazione in termini di rendimento, ma considera anche la qualità e gli aspetti Etici e Sociali dell’investimento in termini di diritti umani, Corporate Social Responsability (CSR), rispetto e protezione dell’ambiente, sostenibilità, protezione delle comunità locali e tanti altri aspetti (Orlitzky, Schmidt & Rynes, 2003). Questo lavoro si apre con un breve quadro introduttivo della situazione italiana nella previdenza pubblica e complementare, per poi passare a una descrizione generale degl’ISR nel Mondo, in Europa e in Italia e nello specifico di come avvengono gl’Investimenti Etici nei Fondi Pensione italiani, che processi e che soggetti coinvolgono. Viene infine condotta un’analisi empirica, valutando performance e costi delle Linee Etiche dei Fondi Pensione italiani. Lo scopo è quello di verificare se queste siano in grado di produrre rendimenti maggiori e costi minori rispetto alle linee tradizionali. Uno dei messaggi principali che si vuole dare è quello che lega il concetto di Finanza Etica a quello di Fondo Pensione, ovvero due realtà estremamente conciliabili date le loro rispettive caratteristiche. Un altro aspetto che viene più volte sottolineato è quello relativo alla gestione del rischio e alla reputazione, che possono essere gestiti e ottimizzati grazie a una corretta politica d’ISR, aspetti vitali per i Fondi Pensione, data la loro natura di «custodi» del futuro economico di molte persone. In tutto questo, il contesto resta la crisi finanziaria che, con lo scoppio di numerosi scandali, ha travolto questi anni, iniziando però a forgiare una nuova filosofia di pensiero che vede l’importanza del rendimento assieme all’Etica, al rispetto dell’ambiente e delle persone e non più ispirata alla sola e indiscriminata massimizzazione del profitto.
  • 10. V Da molti anni ormai assistiamo a fenomeni di continuo mutamento climatico e la causa è con sempre più certezza riconducibile all’attività antropica. Dal 1988 l’IPCC1 pubblica periodicamente dei rapporti (AR – Assessment Report)2 , l’ultimo dei quali dimostra scientificamente il ruolo principale dell’attività umana nei cambiamenti climatici, sottolineando come, per contenere il riscaldamento globale a meno di 2°C3 rispetto al periodo 1861-1880, sia fondamentale ridurre drasticamente le emissioni antropogeniche di GHG4 (Pachauri, Allen et al., 2014). Il principale per quantità dei GHG è l’Anidride Carbonica (CO2). In particolar modo, le attività umane che maggiormente contribuiscono all’emissione di CO2 sono quelle inerenti a produzione energetica, industria e trasporto. Al tempo stesso le previsioni future indicano che ci sarà un progressivo aumento demografico, di 1,6 miliardi di persone entro il 2050 e di 2,4 miliardi entro il 2100 (Malnight e Keys, 2013), e che ci sarà scarsità di risorse fondamentali, basti pensare solo al fatto che nel 2025 più di 3 miliardi di persone non avranno sufficiente acqua da bere (BCFN, 2011). Diventa quindi essenziale che si inizi sin da ora a modificare i modelli di produzione e di consumo verso un sistema sostenibile. In questo ritorna discriminante il ruolo della finanza e dei consumatori, indirizzando i loro investimenti ed i lori acquisti verso aziende e imprese che applicano con convinzione progetti di sostenibilità e Corporate Social Responsability (CSR). Sono gli investimenti e gli acquisti che guidano il mercato e il mondo di oggi è frutto delle scelte d’investimento dei capitali e d’acquisto dei beni. Nel momento in cui un investitore alloca delle risorse o un consumatore acquista un bene si compie una scelta con ben precise conseguenze. Se il risparmio fosse investito interamente in realtà con attente politiche di CSR probabilmente ci sarebbe una selezione che premierebbe le aziende migliori e vi sarebbe una progressiva convergenza e adattamento di tutti a politiche e tematiche etiche, sociali e ambientali. Il mercato è fatto appunto dalla natura degl’investimenti e degl’acquisti ed è proprio questo l’immenso potere di investitori e consumatori, quello di poter plasmare il mercato per condurlo ad un sistema di sviluppo sostenibile. 1 Intergovernmental Panel on Climate Change è un foro scientifico fondato nel 1988 dal World Meteorological Organization (WMO) e dal United Nations Environment Programme (UNEP) per monitorare e studiare l’evoluzione dei cambiamenti climatici secondo basi scientifiche, tecniche e socio-economiche, tenendo in considerazione i più importanti studi a livello globale. 2 Sono i risultati delle analisi e dei lavori di rielaborazioni fatti dall’IPCC. Dal 1990 ad oggi si sono prodotti cinque AR, l’ultimo dei quali, l’AR5, nel 2014. 3 Stima fatta con ragionevole certezza, secondo cui, restando al di sotto dell’aumento di 2°C di temperatura terrestre, si dovrebbero evitare catastrofi irreparabili. 4 GreenHouse Gas (gas ad effetto serra): gas che provocano il riscaldamento globale. Per importanza, fatto 100% il totale, tali gas sono: 65% Anidride Carbonica (CO2) emessa da combustibili fossili e processi industriali, 11% Anidride Carbonica AFOLU – Agriculture, Forestry and other Land Use – (CO2) emessa da agricoltura, silvicoltura e altri usi del terreno, 16% Metano (CH4), 6% Ossido Nitroso (N2O), 2.0% Gas Fluorurati (F-Gases).
  • 11. VI Tra i maggiori investitori istituzionali vi sono i Fondi Pensione (FP), basti pensare che i 300 più grandi Fondi Pensione al mondo gestivano 14,9 trilioni di $ alla fine del 2013 (Watson T., 2014) e che, sempre alla fine del 2013, il totale degli asset gestiti dai Fondi Pensione nel mondo ammontava a 24,7 trilioni di $ (OECD, 2014). Si capisce bene che orientare anche solo una parte di queste cifre verso quelli che vengono chiamati Investimenti Socialmente Responsabili (ISR) può dare un grosso impulso alla creazione di un modello sostenibile ed etico. In Italia i Fondi Pensione sono nati relativamente di recente5 ma possiedono già ingenti masse di denaro da investire, corrispondenti a 130,941 miliardi di € alla fine del 2014 e con enormi margini di crescita e sviluppo (COVIP, 2015). Quindi anche in ambito italiano si può fare molto per cercare di orientare il sistema verso la sostenibilità. L’Etica nei Fondi Pensione è in primis nei confronti dei sottoscrittori, che si costruiscono una rendita complementare e si garantiscono un futuro più agiato e adeguato alle proprie esigenze, essendo allo stesso tempo portatori di un’Etica più diffusa, un qualcosa che porta il bene e l’utilità in tutto il mondo tramite gl’ISR. Lo scopo di questo lavoro è cercare di dimostrare che, a differenza di quanto comunemente pensi la gente, le Linee Etiche d’investimento e gl’ISR non sono strumenti finanziari che rinunciano al profitto e al rendimento per perseguire solo scopi filantropici ma, al contrario, sono strumenti che possono offrire, a costi inferiori, rendimenti e performance anche superiori agli strumenti tradizionali. Gl’ISR sono quindi un notevole punto d’unione tra aspetti e tematiche di tipo sociale, ambientale e di profitto. L’ISR è l’ottimo paretiano che massimizza il benessere di soggetti diversi e dell’ambiente. Ad oggi in Italia c’è un accenno di normativa che regola gl’ISR nei Fondi Pensione e ci sono già diversi Fondi Pensione che hanno delle Linee Etiche tra le loro linee d’investimento. È senz’altro sperabile che questo tipo di finanza positiva possa svilupparsi ulteriormente nei prossimi anni. 5 Il primo Fondo Pensione Negoziale iscritto all’Albo della COVIP il 15/07/1998 è FONCHIM, del comparto chimico.
  • 12. 1 1 La previdenza complementare in Italia In questo capitolo:  Il quadro previdenziale in Italia  La definizione di previdenza complementare  L’importanza dei Fondi Pensione  L’adesione ai Fondi Pensione 1.1 Premessa e panoramica Il sistema previdenziale italiano, prima delle riforme iniziate negli anni ’90, era caratterizzato da pensioni molto generose, in grado di soddisfare adeguatamente le esigenze di vita delle persone una volta terminato il ciclo lavorativo. Si avevano infatti tassi di sostituzione (Tds)6 molto elevati, che nel lavoro dipendente arrivavano a garantire pensioni corrispondenti all’80% dell’ultimo stipendio percepito (COVIP, «Per saperne di più» a). La caratteristica principale del sistema previdenziale italiano è tutt’ora di avere un sistema di finanziamento a ripartizione, nel quale i contributi7 pagati da chi lavora oggi vengono interamente usati per pagare le pensioni a chi è già in pensione. Ciò può essere considerato come una sorta di patto intergenerazionale, all’interno del quale c’è un susseguirsi di doveri e diritti: chi lavora oggi paga le pensioni a chi è già in pensione, saldando così il suo debito intergenerazionale ed acquisendo allo stesso tempo un credito nei confronti della generazione futura, che a sua volta dovrà versare i contributi e pagare la pensione ai lavoratori di oggi che saranno diventati pensionati. Il metodo di calcolo della pensione utilizzato era quello retributivo, con il quale si legava la prestazione pensionistica agli ultimi stipendi ricevuti8 e non ai contributi effettivamente versati, creando così una forte discrepanza tra i contributi versati e la pensione percepita. Tale sistema fu introdotto in Italia con la legge n. 153 del 30 aprile 1969 della riforma Brodolini (GNP, 2011 a), durante la fase di espansione del welfare state, in cui le dinamiche economiche e demografiche italiane erano assai diverse rispetto ad oggi, caratterizzate da natalità molto alta, aspettativa di vita relativamente contenuta e crescita economica molto forte, che garantivano la sostenibilità del 6 Il tasso di sostituzione è il rapporto tra la prima pensione ricevuta e l’ultimo stipendio percepito ed indica la percentuale di stipendio che si riceve sotto forma di pensione. 7 I contributi I.V.S. – invalidità, vecchiaia, superstiti – pagati oggi dai lavoratori dipendenti (aliquota contributiva pensionistica) sono pari al 33% dello stipendio (23,81% a carico del datore di lavoro e il 9,19% a carico del lavoratore), dalla riforma Dini del 1995. 8 Fino alla riforma Amato del 1992 si considerava la media delle retribuzioni degli ultimi 5 anni per i lavoratori dipendenti (ad eccezione dei dipendenti pubblici, per i quali si considerava solo l’ultimo anno) e degli ultimi 10 anni per gli autonomi, dopo la riforma Amato si è dapprima considerata la media degli ultimi 10 anni per i dipendenti e la media degli ultimi 15 per gli autonomi, per poi passare all’estensione della media delle retribuzioni di tutta la vita lavorativa, abbassando il Tds.
  • 13. 2 sistema. Questa sostenibilità è venuta meno col passare dei decenni: le nuove nascite sono gradualmente diminuite, la durata della vita è aumentata9 e la crescita economica ha iniziato a rallentare10 , rendendo così instabile e non più sostenibile il tradizionale sistema retributivo a ripartizione. Il crescente indebitamento dello Stato caratterizzato da un continuo aumento delle spese, inclusi i trasferimenti statali al fine di compensare l’insufficienza delle risorse per pagare le pensioni, unito alla forte pressione politica per rientrare entro i parametri del Trattato di Maastricht11 , ha spinto l’Italia ad adottare numerose riforme di contenimento della spesa pubblica, molte delle quali hanno riguardato il sistema previdenziale. A partire dal 1992 infatti si ebbe tutta una serie di riforme12 che portarono gradualmente ad un sistema più sostenibile in relazione al rischio demografico13 , alzando le età pensionabili e riducendo gl’importi pensionistici, equiparandoli via via sempre di più ai contributi versati. Si introdusse così, nel 1995, il metodo di calcolo contributivo, che lega la prestazione pensionistica esclusivamente ai soli contributi versati rivalutati annualmente. Tutte queste riforme volte alla sostenibilità dei bilanci e del sistema porteranno però ad una diminuzione notevole degl’importi pensionistici e dei tassi di sostituzione, creando così gravi problematiche sociali, per cui le pensioni cominceranno ad essere insufficienti alle esigenze della vita quotidiana. 1.2 Il problema del tasso di sostituzione e l’introduzione della previdenza complementare Con l’introduzione del metodo di calcolo contributivo14 il tasso di sostituzione si è notevolmente abbassato e ad aggravare ulteriormente la situazione vi è l’aggiornamento dei 9 Il rapporto tra tali fattori viene definito Indice di dipendenza, cioè il rapporto tra i soggetti in età non lavorativa (giovani sotto i 20 anni e anziani sopra i 64 anni) e i soggetti in età lavorativa (di età compresa tra i 20 e i 64 anni). Indica la percentuale di soggetti da mantenere per ogni soggetto che lavora. Con l’aumento della vita media il numeratore è incrementato e con la diminuzione delle nascite il denominatore è diminuito, alzando le percentuali dell’Indice di dipendenza. 10 Si pensi, ad esempio, alla forte disoccupazione che c’è stata in Italia in seguito alla crisi del 2008. Come indicano i dati Istat, negli anni successivi la situazione si è notevolmente aggravata: la disoccupazione del 2014, ad esempio, è stata pari al 12,7% e ovviamente questo si traduce in un mancato ingresso di contributi previdenziali e in una notevole spesa per ammortizzatori sociali. 11 È il trattato firmato il 7 dicembre 1992 che fissa le regole politiche e i parametri economici per consentire l’ingresso degli Stati nell’Unione Europea. 12 Riforma Amato 1992, riforma Dini 1995, riforma Prodi 1997, riforma Maroni 2004, riforma Prodi-bis 2007, riforma Sacconi 2009, riforma Fornero 2011, riforma Renzi 2014. 13 Diminuzione delle nascite e aumento dell’aspettativa di vita che porta ad un allungamento del periodo di pagamento delle pensioni. 14 Secondo la riforma Fornero del 2011, in aggiunta al metodo di calcolo già interamente contributivo per chi ha iniziato a lavorare per la prima volta dal 01/01/1996 (riforma Dini del 1995), si applica il contributivo pro-rata per tutti dal 01/01/2012.
  • 14. 3 coefficienti di trasformazione15 ogni tre anni – e dal 2021 ogni due anni –, con la conseguenza di un peggioramento dei coefficienti motivato da un aumento della speranza di vita. A fronte di tutto ciò si prospetta il seguente scenario: chi andrà in pensione dopo il 2040, ad esempio, con un sistema interamente contributivo, avrà un importo che sarà pari al 60-65% dell’ultimo stipendio lordo, se dipendente, e pari al 45-50% dell’ultimo reddito lordo, se lavoratore autonomo (COVIP, 2011). Come si può facilmente intuire queste persone avranno una disponibilità economica gravemente ridotta con la conseguenza di un notevole peggioramento del tenore di vita. Per attenuare questo svantaggio sono state introdotte delle normative per istituite e regolamentare la previdenza complementare. Il sistema previdenziale italiano è quindi strutturato su tre pilastri (CONSOB, 2014): 1) Previdenza pubblica, la cui adesione e contribuzione è obbligatoria ed è basata generalmente sul sistema a ripartizione. L’adesione è obbligatoria per cercare di risolvere il problema della miopia dell’individuo, il quale, se lasciato libero, rischierebbe di non risparmiare in maniera adeguata per far fronte alle esigenze future. Nello specifico, la raccolta dei contributi previdenziali, che vengono rivalutati con il saggio medio di variazione quinquennale del PIL16 , e il conseguente pagamento delle prestazioni pensionistiche spetta a soggetti specializzati quali gli Enti previdenziali. In Italia l’ente principale che svolge questo compito è l’INPS17 , al quale sono iscritti i lavoratori dipendenti privati e pubblici18 e i liberi professionisti e lavoratori autonomi che non hanno una propria cassa previdenziale di riferimento. Questi ultimi, più precisamente, contribuiscono alla Gestione Separata19 . I liberi professionisti iscritti agli Albi Professionali invece devono contribuire e fare riferimento alle norme della loro specifica cassa previdenziale (ad esempio per i Medici ed Odontoiatri l’ENPAM – Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza Medici – e per i Dottori Commercialisti la CNPADC – Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Dottori Commercialisti). Si 15 È il valore per il quale si moltiplica il montante accumulato per ottenere l’importo della pensione da erogare. 16 Dalla riforma Dini in poi, ogni anno si accantona il 33% dello stipendio come contributi e questo importo, a partire dal secondo anno, viene rivalutato con una media mobile basata sugli ultimi cinque anni dell’andamento del PIL. 17 Istituto Nazionale della Previdenza Sociale. 18 I dipendenti pubblici fanno riferimento all’INPS dal 2011, quando, in seguito all’Articolo 21 del Decreto Legge n. 201/2011 (detto Decreto Salva Italia) viene prevista l’integrazione di INPDAP (Istituto Nazionale di Previdenza e Assistenza per i Dipendenti dell'Amministrazione Pubblica) ed ENPALS (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza per i Lavoratori dello Spettacolo) in INPS. 19 La Gestione Separata è un Fondo Pensione che nasce nel 1995 con la riforma Dini, il cui scopo è quello di accogliere i contributi previdenziali obbligatori di liberi professionisti e lavoratori autonomi per i quali non esiste una propria cassa previdenziale.
  • 15. 4 noti che le casse previdenziali possono essere gestite sia a ripartizione che a capitalizzazione20 . 2) Previdenza complementare, regolata prima dal Decreto Legislativo (D. Lgs.) 124/1993 e poi dal più recente Decreto Legislativo 252/2005, successivamente modificato e aggiornato. L’adesione alle forme di previdenza complementare è volontaria e si suddivide in Fondi Pensione Negoziali, detti anche Chiusi o di Categoria, Fondi Pensione Aperti, PIP (Piani Individuali Pensionistici di tipo assicurativo) e Fondi Pensione Preesistenti. Tutti sono caratterizzati da una gestione a capitalizzazione, in cui i contributi versati dal singolo vengono destinati ad un conto individuale e gestiti acquistando titoli nel mercato dei capitali. Il rendimento, ovviamente, dipende dall’andamento dei titoli sottostanti al fondo. I Fondi Pensione Negoziali hanno origine dall’accordo tra le Parti Sociali e conseguenti atto istitutivo21 e atto costitutivo22 . Sono fondi chiusi nel senso che l’iscrizione ad essi è collettiva, cioè limitata solo ad una certa platea di lavoratori, in quanto tali fondi sono pensati e strutturati secondo le caratteristiche peculiari di una sola e specifica categoria lavorativa. Più precisamente la chiusura può essere per categoria produttiva (ad esempio le professioni, come il Fondo Pensione Cometa per i metalmeccanici), per categoria contrattuale (ad esempio il Fondo Pensione Quadri e Capi Fiat), per territorio (ad esempio Solidarietà Veneto Fondo Pensione), per impresa e misti (COVIP, «Per saperne di più» b). I Fondi Pensione Aperti sono invece creati per volontà del Consiglio di Amministrazione di una banca, SIM (Società di Intermediazione Mobiliare), SGR (Società di Gestione del Risparmio) e Assicurazione di ramo VI23 . Il Fondo Aperto generalmente è un fondo potenzialmente rivolto a chiunque, anche se vi sono delle eccezioni in cui esso può essere, in base al D. Lgs. 252/2005, dedicato alla sola adesione collettiva o dedicato alla sola adesione individuale o misto, ovviamente differenziate da trattamenti e costi di natura diversa (COVIP, «Per saperne di più» c). I PIP invece sono creati dalle imprese di Assicurazione 20 Il sistema a capitalizzazione si differenzia da quello a ripartizione in quanto i contributi ricevuti sommati ai capitali già presenti nella Cassa sono superiori delle uscite per pagamento prestazioni, quindi questo avanzo di bilancio viene gestito ed investito nei vari mercati. 21 L’accordo con cui si prevede che nascerà un fondo. Può essere istituito da sindacati e datore di lavoro tramite contratti e accordi collettivi, anche aziendali, da accordi tra lavoratori e datore di lavoro direttamente, da accordi tra i lavoratori stessi, da regolamenti di enti o aziende, da leggi regionali ed infine da casse previdenziali. 22 È l’atto stipulato presso un notaio, con il quale il fondo nasce legalmente ed ufficialmente. Generalmente i Fondi Pensione Chiusi hanno forma di Associazione, più raramente di Fondazione, perché ciò presuppone l’esistenza già all’inizio di un patrimonio. 23 I rami delle Assicurazioni identificano le attività che esse possono svolgere, nello specifico il ramo VI è quello autorizzato alla gestione collettiva del risparmio.
  • 16. 5 e nascono come contratti assicurativi di ramo I24 o di ramo III25 . Sono ad adesione esclusivamente individuale e non contemplano quindi la possibilità di essere oggetto di accordi collettivi (COVIP, «Per saperne di più» d). Infine vi sono i Fondi Pensione Preesistenti che sono quei fondi, di natura estremamente eterogenea, che esistevano già prima del D. Lgs. 124/1993. Il D. Lgs. 252/2005 ha stabilito che tali fondi debbano gradualmente adeguarsi alle normative attuali (COVIP, «Per saperne di più» e). 3) Previdenza integrativa, la cui adesione è assolutamente volontaria e individuale e la cui gestione è a capitalizzazione. Fa riferimento a tutti quegli strumenti che non nascono con finalità previdenziali, come polizze assicurative. Venendo a mancare la pura finalità previdenziale, tali strumenti sono completamente liberi da vincoli ma non beneficiano del regime fiscale agevolato tipico invece della previdenza complementare di secondo pilastro. È importante sottolineare e riassumere come, ad oggi con la normativa attuale, i Fondi Negoziali siano solo ad adesione collettiva, i Fondi Aperti possono essere, per D. Lgs. 252/2005, ad adesione solo collettiva, ad adesione solo individuale, o ad adesione sia collettiva che individuale, i PIP possono essere solo ad adesione individuale; i Fondi Aperti ad adesione individuale e i PIP ad adesione individuale sono definiti FIP (Forma Individuale di Previdenza). 1.3 Il problema della miopia degli individui e le norme costituzionali Come accennato precedentemente, la miopia degli individui è uno dei problemi fondamentali in materia di investimenti previdenziali. Psicologicamente un individuo è portato a sottostimare la durata della propria vita ed istintivamente è portato a percepire gl’investimenti previdenziali come un qualcosa di lontano e quasi inarrivabile, quindi inutile. Predilige il capitale alla rendita perché non considera la possibilità di vivere a lungo e di ottenere un flusso di rendita superiore al capitale versato; a questo si aggiunge una bassa propensione al rischio tipico della natura umana (MEFOP, 2013). Infatti, dal punto di vista finanziario, vi è anche il fenomeno della cosiddetta «avversione miope alle perdite» (myopic loss aversion), cioè una condizione psicologica di paura che fa sì che il soggetto, pur trattandosi di investimenti a lunghissimo termine, prediliga quelli in comparti a basso rischio anziché quelli azionari per la paura di 24 Sono contratti con gestioni rivalutabili dette gestione separata in cui si contabilizzano le attività a bilancio secondo il valore storico, quindi le plus-minus sono solo alla realizzazione, consentendo così di garantire un rendimento costante nel tempo. 25 Sono polizze Unit Linked, il cui rendimento è collegato a quote di fondi comuni e contabilizza a valore di mercato.
  • 17. 6 sopportarne l’alta volatilità (Thaler, Tversky et al., 1997; Benartzi e Thaler, 1995). Per tutti questi motivi si è cercato d’incentivare l’adesione alla previdenza complementare attraverso tutta una serie di vantaggi: da quelli fiscali a quelli di maggior flessibilità sulle anticipazioni a quelli di uscita in capitale. Tutti questi vantaggi sono giustificati dal fatto che si tratta di un investimento con finalità previdenziale e non finanziaria. In maggior dettaglio i vantaggi fiscali sono una deduzione dal reddito complessivo ai fini IRPEF per un importo annuo massimo di 5164,57 €. Vi è inoltre una tassazione agevolata in fase d’uscita che va dal 15% al 9% in base agli anni di permanenza nella previdenza complementare26 . L’anticipazione è permessa fino al 75% per motivi specifici da dimostrare, come spese sanitarie straordinarie per sé o per i familiari, in ogni momento, e, dopo l’ottavo anno di partecipazione alla previdenza complementare, per acquisto o ristrutturazione della prima casa per sé o per i figli, ed è prevista invece l’anticipazione di una somma fino al 30% del montante accumulato complessivo senza giustificazioni e per qualsiasi motivo, sempre dopo otto anni. Quest’ultimo è l’elemento di ulteriore flessibilità introdotto al fine di far preferire la destinazione del TFR al fondo pensione anziché lasciarlo in azienda27 . Data la natura umana di preferire il capitale alla rendita, per incentivare ulteriormente l’adesione ai Fondi Pensione, il regolatore ha previsto e normato specifici casi di uscita in capitale. La disciplina infatti dice che in qualunque caso un soggetto può uscire al massimo con 50% in capitale e 50% in rendita, salvo il caso in cui, se l’importo della rendita da pagare fosse troppo basso e quindi non efficiente, vi sia la possibilità specifica di uscire con 100% capitale28 . Tale aspetto in realtà è parecchio controverso in quanto tende a snaturare la finalità principale della previdenza complementare, cioè quello di garantire un flusso di rendita a vita, in modo da aiutare la persona a far fronte alle esigenze della vita quotidiana. La previdenza complementare è appunto complementare, cioè completa quella obbligatoria prevista dal primo pilastro. Una soluzione efficace per ovviare al problema dell’abbassamento dei tassi di sostituzione sarebbe quella di introdurre l’obbligatorietà d’iscrizione di un soggetto lavoratore alla previdenza complementare, come avviene in altri paesi europei. Tuttavia, a causa di questioni di complessa interpretazione costituzionale, tale imposizione non può essere realizzata. È infatti acceso il dibattito se inquadrare la previdenza 26 Dopo il sedicesimo anno di partecipazione al fondo si riduce la tassazione dello 0,30% all’anno fino ad un massimo del 6%. Quindi se un soggetto rimane almeno 36 anni nel fondo la sua aliquota di tassazione risulta essere pari a: 15% - 6% = 9%. 27 Il TFR lasciato in azienda, solo per aziende con più di 24 dipendenti, prevede le medesime cause di anticipo ma con una percentuale massima del 70%, con limiti nel numero massimo di richiedenti e solo dopo otto anni di lavoro presso lo stesso datore di lavoro. Inoltre non prevede l’anticipo del 30% per qualunque motivo. 28 Quando il 70% del montante effettivo, cioè quello decurtato delle anticipazioni, convertito in rendita immediata vitalizia non reversibile, risulta essere inferiore al 50% dell’Assegno Sociale, che per l’anno 2015 è pari a 448,52 € per 13 mensilità per un totale annuo, quindi, di 5830,76 €.
  • 18. 7 complementare al comma 2 o al comma 5 dell’Articolo 38 della Costituzione29 . La sentenza della Corte Costituzionale n° 393 del 28 luglio 2000 tende a ricondurre la previdenza complementare al comma 2 dell’Art. 38, sancendo così la parità tra previdenza pubblica e previdenza complementare in virtù della «funzionalizzazione» (Tognacci, 2009). Per altri invece essa sarebbe da ricondurre al comma 5, secondo la cui interpretazione la previdenza complementare avrebbe solo funzione aggiuntiva a quella pubblica. Tale questione non è puramente filosofica e teorica in quanto colpisce il concetto di volontarietà o obbligatorietà della previdenza complementare30 (Cinelli, 2010). Altre norme costituzionali fondamentali per capire e per identificare il concetto di previdenza complementare sono: l’Art. 3 Cost., dal quale si derivano i concetti di eguaglianza formale e sostanziale tra tutti i cittadini, ai quali la previdenza complementare può contribuire garantendo una vita più agiata anche dopo aver cessato l’attività lavorativa; l’Art. 47 Cost., che sancisce il principio della tutela del risparmio in tutte le sue forme, compresa quindi quella del risparmio a fini previdenziali; l’Art. 117 Cost., che dopo la riforma del titolo V31 attribuisce il potere di legislazione concorrente32 alle regioni su determinate materie specifiche tra cui quella «di previdenza complementare e integrativa». Nello specifico il D. Lgs. 252/2005 (Art. 3 comma 1 lettera d) prevede che le regioni possano istituire, con legge regionale, Fondi Pensione Negoziali chiusi per territorio (ad esempio Laborfonds, il Fondo Pensione per i lavoratori dipendenti, pubblici e privati, che operano in Trentino-Alto Adige/Südtirol), senza però modificare o agevolare le discipline fiscali vigenti o limitare il principio di libera circolazione delle persone tra diverse regioni (Vallacqua, 2012). 29 «1) Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale. 2) I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. 3) Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale. 4) Ai compiti previsti in questo Articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato. 5) L'assistenza privata è libera.» 30 Alla non obbligatorietà per legge dell’adesione alla previdenza complementare si è trovata, con il D. Lgs. 252/2005, una soluzione intermedia: il meccanismo del silenzio assenso. Tale meccanismo prevede che il TFR del lavoratore silente (cioè che non esprime preferenza sulla destinazione entro 30 giorni) venga automaticamente destinato al fondo pensione chiuso di comparto o, in assenza di questo, al FONDINPS, nel comparto garantito, dove la garanzia è espressa dalla restituzione integrale del capitale più un eventuale rendimento in linea con quello del TFR lasciato in azienda. Quest’ultimo rendimento non è un obbligo contrattuale di garanzia. 31 Avvenuta con l’approvazione della legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001. 32 All’interno delle specifiche materie iscritte al comma 3 dell’Art. 117 le regioni hanno potere di legiferare nel rispetto dei limiti posti dalla legge statale, dai principi costituzionali e dall’ordinamento della Comunità europea.
  • 19. 8 1.4 Il ruolo del TFR Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) è una retribuzione differita a cui ha diritto un lavoratore dipendente33 in qualunque caso di cessazione del rapporto di lavoro. È nato con lo scopo di conferire al lavoratore che ha appena cessato il proprio rapporto di lavoro una liquidità nell’attesa di trovare un nuovo impiego o comunque di gestire l’uscita dall’età lavorativa. Il TFR è stato introdotto per la prima volta nel 1927, quando la legge stabiliva il diritto del lavoratore a una buonuscita d’importo relativo agli anni di lavoro svolti. Il TFR viene riformato con la legge n° 297 del 1982 (GNP, 2011 b; Pera, 1986), in cui si stabilisce che l’importo di liquidazione corrisponde al 7,41% della retribuzione annua lorda, cioè comprensiva di tutti i benefit ricevuti a titolo non occasionale, importo del quale, dal 1995 con la riforma Dini, lo 0,50% va a finanziare le opere assistenziali dell’INPS, mentre il 6,91% va effettivamente ad essere accantonato. Vi è poi un ulteriore 0,20%, a carico del datore di lavoro, destinato al Fondo di Garanzia34 dell’INPS. Il TFR risulta essere una fonte di autofinanziamento per le imprese che hanno fino a 49 dipendenti, se il lavoratore sceglie di lasciare il TFR in azienda, mentre, sempre nel caso della medesima scelta, per aziende con più di 50 dipendenti è destinato al Fondo Tesoreria35 dell’INPS (Iudica, 2013 a). Il TFR può essere anche destinato dal lavoratore alla forma di previdenza complementare36 da lui scelta e per quest’ultima è ad oggi una notevole fonte di finanziamento. I dati COVIP indicano infatti che di 13,008 miliardi di € versati in contributi alla previdenza complementare per l’anno 2014 ben 5,307 miliardi di € sono di TFR, cioè il 40,8% (COVIP, 2015). Il D. Lgs. 252/2005 ha introdotto il meccanismo del silenzio- assenso, con il quale, se un lavoratore non esprime una preferenza esplicita nella destinazione del proprio TFR, questo viene destinato, in maniera irreversibile, al FP negoziale di riferimento, o, in assenza di quest’ultimo, al FONDINPS. In tutti i casi di silenzio-assenso, il TFR è allocato nel «comparto garantito», in cui la garanzia corrisponde ad una restituzione del capitale versato. La legge 190/2014 (Legge di Stabilità 2015 o riforma Renzi) prevede la possibilità che, con scelta irrevocabile, un lavoratore possa richiedere l’anticipo del TFR in busta paga mensilmente 33 Con la riforma Dini del 1995 si estende il TFR anche ai dipendenti pubblici. 34 È il Fondo di Garanzia per il trattamento di fine rapporto, istituito presso l’INPS dall’Art. 2 della legge n. 297 del 1982. Ha lo scopo di garanzia per il lavoratore, in quanto si sostituisce al datore di lavoro nel pagamento del TFR nel caso d’insolvenza di quest’ultimo. 35 È un fondo istituito con la legge Finanziaria del 2007, il cui scopo è di raccogliere il TFR lasciato in azienda nei casi di imprese con più di 50 dipendenti. Il Fondo Tesoreria fu creato per finanziare lo sviluppo economico investendo in opere infrastrutturali. La stima del suo patrimonio complessivo, dedotta dai bilanci Inps, ammonta a circa 28 miliardi di € al 2014 (Vallacqua). 36 È importante sottolineare che, nel caso di adesione a Fondi Pensione Negoziali, la destinazione del TFR è obbligatoria. Il TFR infatti è il contributo minimo che un aderente deve versare.
  • 20. 9 per tre anni fino al 30 giugno 2018 (Pessi, 2015). Questo aspetto andrebbe a danneggiare i FP in quanto li svuoterebbe da una notevole fonte di finanziamento ma, in realtà, tale possibilità si è rivelata un insuccesso dato che, ad oggi, solo lo 0,1% dei lavoratori dipendenti ha effettivamente richiesto l’erogazione del TFR in busta paga (Corriere della Sera, 2015 a). Un aspetto importante è quello fiscale. Il TFR infatti è tassato separatamente con l’aliquota media degli ultimi cinque anni, mentre se destinato ai FP verrà tassato in fase di erogazione della prestazione con una tassazione ancora inferiore, in quanto l’aliquota base è del 15% che si decurterà di uno 0,30% annuo a partire dal sedicesimo anno, per un tetto massimo del 6%, al quale corrisponde una tassazione minima del 9% al trentaseiesimo anno di partecipazione al fondo. Per le imprese che destinano il TFR dei dipendenti a un FP ci sono delle agevolazioni corrispondenti ad una deduzione dal reddito d’impresa per un importo pari al 4% (6% per aziende fino a 49 dipendenti) del TFR destinato alle forme di previdenza complementare. Sono inoltre esonerate dal pagamento dello 0,20% destinato al Fondo di Garanzia. Il TFR lasciato in azienda si rivaluta annualmente dell’1,5% fisso più il 75% dell’inflazione secondo dati Istat, mentre il TFR destinato ai FP ha una rivalutazione corrispondente all’andamento dei mercati presso i quali i capitali sono investiti. Questa differenza dà spesso adito a polemiche e scontri dettati da mala informazione, in cui annualmente si confrontano i rendimenti del TFR in azienda con quelli dei FP, commettendo l’errore di confrontare strumenti con orizzonti temporali completamente diversi (Santoro-Passarelli e Ficari, 2007). In generale si può dimostrare che nel lungo periodo il rendimento dei FP è nettamente superiore a quello del TFR, basti pensare che nell’anno appena chiuso il rendimento medio dei FP è stato del 7%, contro quello dell’1% del TFR, molto basso a causa della deflazione (Corriere della Sera, 2015 b). Tuttavia tali confronti anche in questo caso non hanno molto senso dato che sono relativi a causa di tantissimi fattori esterni, come ad esempio l’andamento generale dei mercati o quello del PIL o quello dell’inflazione. Un recente studio della Ragioneria Generale dello Stato sulle tendenze nel lungo termine del sistema pensionistico italiano indicano come il conferimento del TFR ad una forma di previdenza complementare può alzare il Tds del 5%, proveniente dal secondo pilastro, per chi andrà in pensione tra 10 anni, e può arrivare ad aggiungere un 17% a chi andrà in pensione nel 2050 (Corriere della sera, 2009).
  • 21. 10 1.5 Il mercato dei Fondi Pensione in Italia Questo problema della poca consapevolezza dei tassi di sostituzione bassi, e quindi delle basse pensioni future, è estremamente ignorato o estremamente sottovalutato dalla maggior parte delle persone che lavorano oggi e che saranno pensionati domani. Per cercare d’informare più lavoratori possibili l’INPS, sotto la presidenza del Prof. Tito Boeri, sta facendo grosse campagne d’informazione37 (INPS, 2015), al fine di rendere edotti i lavoratori della propria situazione previdenziale e prendere eventuali contromisure economiche alternative a supporto della futura pensione. La previdenza complementare è sicuramente il metodo più opportuno per far fronte e compensare le basse rendite pensionistiche future, tuttavia ad oggi solo una piccola parte dei lavoratori ha effettivamente compreso il problema e si è iscritta ad un fondo pensione. L’adesione volontaria e non obbligatoria, unita alla bassa consapevolezza del problema e ad una bassa cultura finanziaria e previdenziale, con l’aggravante di una deludente sponsorizzazione dei sindacati e delle parti sociali, fanno sì che ad oggi solo 6.539.93638 persone in Italia abbiano aderito alla previdenza complementare (COVIP, 2015) a fronte di 22.420.000 occupati (Istat, 2015 a) e di una popolazione totale censita residente in Italia al 31/12/2014 di 60.795.612 persone (Istat, 2015 b). Cioè in termini percentuali è iscritto ad una forma complementare il 29,17% dei lavoratori39 e il 10,76% della popolazione. In termini economici, ad oggi, il totale della previdenza complementare italiana possiede risorse destinate alle prestazioni per un importo pari a 130,941 miliardi di € alla fine del 2014 (COVIP, 2015). Un esempio italiano interessante e degno di nota, nell’andamento generale delle adesioni alla previdenza complementare, è il Fondo Prevedi40 . Tale Fondo Pensione ha avuto un’esplosione d’iscrizioni pari a 200.000 in quindici giorni, con la previsione di arrivare a regime a 400.000. Il motivo di tale successo è stato il nuovo contratto collettivo nazionale di settore che prevede l’adesione automatica (cosiddetta adesione contrattuale) mediante il versamento di un contributo automatico da parte del datore di lavoro per un importo che varia da 8 a 16 € mensili 37 «La Mia Pensione – Progettare il Futuro» è un nuovo servizio dell’INPS, disponibile da Maggio 2015, il cui scopo è quello di rendere consapevoli i lavoratori di oggi di quanto sarà presumibilmente la propria pensione futura, al fine di organizzarsi di conseguenza con soluzioni economiche ad integrazione della pensione statale. Il progetto sta riscuotendo un grande successo in quanto già dopo 10 giorni dall’apertura del servizio on line vi erano 400 mila visite. Nei primi due mesi (maggio e giugno) ha avuto 1,6 milioni di richieste d’accesso al servizio, per un totale di 1.031.580 simulazioni effettuate, specialmente da parte dei più giovani lavoratori, preoccupati per la pensione futura. 38 Di cui che versano regolarmente contributi 4.964.654. 39 Poiché nelle statistiche si includono i non occupati tra i lavoratori autonomi, possiamo stimare che i 6.539.936 iscritti ad oggi siano tutti lavoratori. Inoltre il numero dei non lavoratori iscritti a forme di previdenza complementare è trascurabile. 40 Fondo Pensione Complementare per i Lavoratori delle Imprese Industriali ed Artigiane Edili ed Affini.
  • 22. 11 senza che il lavoratore debba a sua volta contribuire41 (Plus24, 2015). Se si fa un confrontato a livello OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development), l’Italia risulta essere uno degli ultimi paesi per sviluppo della previdenza complementare. Basti pensare che l’importanza dei Fondi Pensione in relazione alla dimensione economica dei paesi, misurata come percentuale del PIL, è pari solo al 6,1% in Italia, contro una media OECD del 36,6% e rispetto a paesi leader come l’Olanda in cui il peso è pari al 166,3% o il Regno Unito 100,7%. Anche a livello mondiale l’importanza dei Fondi pensione italiani nell’economia è residuale, in quanto la media mondiale del peso su PIL è pari al 17,0% e paesi leader come Sud Africa, Namibia e Liechtenstein arrivano a ricoprire rispettivamente pesi del 87,1%, 76,6% e 65,8%. Questa discrepanza rispetto ai valori medi è dovuta principalmente a motivi storici, come la recente data di introduzione della previdenza complementare nel nostro ordinamento, e a motivi normativi, come la non obbligatorietà di adesione (contrariamente a paesi come Olanda (Ferrante, 2013), Francia (Smolizza, 2009) e Danimarca (Ambasciata d’Italia Copenaghen, 2013) in cui l’adesione per i lavoratori ai Fondi Pensione è obbligatoria). Il sistema italiano si differenzia anche nelle scelte d’investimento. I FP italiani sono caratterizzati infatti da bassi investimenti in azioni e da alte percentuali di investimento in titoli di stato ed obbligazioni, contrariamente a ciò che avviene ad esempio negli Stati Uniti. In Italia infatti il peso azionario nell’asset allocation è pari al 16,6% (di cui italiani solo lo 0,8%) mentre il peso in obbligazioni e titoli di stato è pari al 50,2% (di cui italiani 27,9%). Contrariamente gli USA hanno investimenti azionari per circa il 50% e obbligazionari per circa il 20%. Questo aspetto probabilmente dipende dalle caratteristiche intrinseche della normativa italiana, cioè le tante possibilità di anticipazioni e rimborsi che rendono il sistema molto flessibile ma poco programmabile a lungo termine, con conseguente orientamento di parte degl’investimenti focalizzato talvolta ad orizzonti temporali di breve. Un altro aspetto interessante è che la percentuale d’investimenti fatti da FP italiani all’estero verso paesi OECD è pari al 57,1% del patrimonio totale, contro ad esempio il 27,8% del Regno Unito e il 21,4% del Giappone (OECD, 2014; COVIP, 2015). 41 Ciò è un’eccezione in quanto, secondo l’attuale normativa, si ha diritto al contributo del datore di lavoro solo contestualmente al versamento del contributo volontario da parte del lavoratore.
  • 23. 12 2 Gli Investimenti Socialmente Responsabili (ISR) In questo capitolo:  La definizione di ISR  La definizione di ESG  La selezione dei titoli  Timori di costo e rendimento 2.1 La finanza etica e gli ISR Gli scandali finanziari e la speculazione che hanno caratterizzato questi ultimi anni portando l’intero sistema economico in una profonda crisi hanno però rafforzato la sensibilità verso un nuovo concetto di finanza: la finanza etica. Nello specifico la finanza etica si avvale dell’utilizzo di quattro strumenti: il microcredito, cioè il finanziamento di microimprese a tassi agevolati, ovvero soggetti che non potendo fornire beni a garanzia non potrebbero accedere al mercato del credito per sviluppare la loro attività e migliorare il loro tenore di vita; il finanziamento di iniziative senza fini di lucro, soprattutto tramite l’utilizzo di venture capital, cioè di partecipazione diretta al capitale di rischio; la finanza etica tradizionale, in cui l’investitore rinuncia a una parte dei propri guadagni destinandoli ad attività socialmente o ambientalmente utili: è il caso dei fondi umanitari, in cui l’etica risiede nella devoluzione delle commissioni di gestione e non nella scelta dei titoli su cui investire; i fondi etici o più specificatamente Investimenti Socialmente Responsabili – ISR (Socially Responsible Investment – SRI), cioè tutti quegli strumenti di finanza tradizionale che però selezionano i titoli da inserire nei loro portafogli secondo regole etiche, attraverso screening positivi per l’inclusione di alcuni titoli e negativi per l’esclusione di altri (Perrini e Tencati, 2008). Sebbene possano sembrare di nascita recente, i fondi Etici, o comunque i criteri di scelta Etica nell’allocazione di risorse, esistono già da un secolo42 . In particolare nel 1928 il fondo d’investimento Pioneer Fund di Boston proponeva, sia a privati che a fondi d’investimento religiosi, nuovi prodotti finanziari che escludevano dai loro portafogli titoli derivanti dai settori delle armi, dell’alcol, del gioco d’azzardo e del tabacco (Regalli, Soana et al., 2005). Da qui il lungo percorso di sviluppo avvenuto in questo secolo ha portato alla stesura di due manifesti della finanza etica: il primo, Manifesto della finanza etica, nel 1998 realizzato dall’AFE (Associazione Finanza Etica)43 ; il secondo, The six principles, nel 2006 ad opera dell’UN-PRI 42 Anche se in Italia il primo fondo Etico fu lanciato dal Sanpaolo (dal 2007 Intesa Sanpaolo) nel 1996. 43 http://www.finanza-etica.it/; http://www.finansol.it/?page_id=5.
  • 24. 13 (United Nations – Principles of Responsible Investment)44 . Questi manifesti indicano i principi coi quali fare finanza etica (Violoni, 2013). Parlare di etica in ambito finanziario significa concentrarsi non solo sul puro rendimento, ma considerare al contempo l’investimento come finanziamento di realtà aziendali focalizzate su aspetti etici, sociali, ambientali e di organizzazione aziendale (Environment, Social, Governance – ESG). Lo scopo della finanza socialmente responsabile è infatti di valorizzare e sviluppare nel tempo il capitale umano, ambientale ed economico, concentrandosi in un’ottica di sostenibilità per un orizzonte temporale di medio-lungo termine. Questo sentiero di crescita sostenibile, contrariamente alla logica speculativa, permette di raggiungere dei tassi di crescita più elevati nel lungo periodo, oltre a una riduzione del rischio di scandali che porterebbero a grossi danni dal punto di vista economico e d’immagine. Permette inoltre una creazione di valore (sia sociale che economico) che enfatizzi il senso di appartenenza all’interno dell’impresa, incrementando la qualità del lavoro e quindi degli utili. Nell’ambito aziendale italiano vi sono vari esempi di eccellenza sociale, basti pensare a Luxottica, con programmi per il benessere dei propri lavoratori e fondi destinati a visite e cure oculistiche nei paesi del terzo mondo45 ; a Brunello Cucinelli, orientato verso costanti investimenti a favore del benessere sociale, economico e personale dei suoi lavoratori, e verso la promozione di eventi culturali e artistici46 ; a Ferrero, anch’essa attenta a politiche per il benessere dei lavoratori e finanziamento di progetti per lo sviluppo della qualità della vita nei paesi emergenti come ad esempio il Messico47 . 2.2 Metodi di ricerca e selezione degli ISR Orientare investimenti verso realtà meritevoli induce una scrupolosa ricerca e analisi dei vari titoli da inserire in portafoglio. Diventa quindi fondamentale tutto il contorno relativo alla misurazione dei dati, alla certificazione dei risultati48 e alla loro valutazione. Il processo di 44 http://www.unpri.org/about-pri/the-six-principles/, ai quali oggi aderiscono 1383 firmatari in tutto il mondo, di cui solo sedici italiani: il Fondo Pensione Cometa, Fondo Pensione Gruppo Intesa Sanpaolo, Generali, Global Crop Diversity Trust, Pegaso – Fondo pensione complementare, 21 Partners, Advanced Capital, Ambienta SGR, Clessidra SGR, Etica SGR, Invimit SGR, Pioneer Investments, NAI Italy Srl, Prometeia Advisor Sim, REAAS, Sustainable Value Investors. 45 https://it.onesight.org/, questo progetto sponsorizzato da OneSight Foundation di Luxottica ha fornito ad oggi visite e cure oculistiche a 8,5 milioni di persone in tutto il mondo. 46 http://www.brunellocucinelli.com/it/la-fondazione/la-fondazione. 47 http://www.ferrero.com/social-responsibility/social-activities/ferrero-foundation/work-create-donate. 48 Si pensi alle varie certificazioni ISO e EMAS, tra cui le più importanti sono: ISO 14001 che certifica il sistema di gestione ambientale, ISO 50001 che certifica un uso energetico efficiente, EMAS che certifica la misurazione e le performance ambientali, SA 8000 che verifica principi come la sicurezza e la flessibilità nel lavoro, la libertà di associazione, gli orari
  • 25. 14 analisi e selezione dei titoli si articola generalmente in quattro fasi e coinvolge una pluralità di soggetti diversi, al fine di garantire indipendenza e trasparenza49 . Le quattro fasi sono: 1) Team Analisi e Ricerca ESG, in cui una squadra di analisti specializzati analizza gli aspetti ESG di Stati e Imprese. Il loro compito è quello di definire l’Universo Investibile sulla base delle indicazioni dettate dal C.d.A. Quest’attività può essere esternalizzata ad advisor etici, cioè società o istituti di ricerca specializzati, che analizzano, valutano e classificano Stati e Imprese sotto il profilo ESG redigendo rating etici. Nel dettaglio le tematiche extra finanziarie relative all’ESG, da prendere in considerazione quando si effettua un ISR, sono quelle che possiamo riassumere nella tabella sotto: Ambientale Sociale Governance Etica Cambiamenti climatici Acqua Suolo Biodiversità Risorse naturali Energia Rifiuti Diritti umani Sviluppo del capitale umano Attrazione dei talenti Pari opportunità Diversità Salute e sicurezza Relazioni con la comunità Sviluppo socio- economico Filantropia Indipendenza Remunerazione Compliance Corruzione Diritti degli azionisti Gestione del rischio Produzione e commercio di alcolici Produzione di tabacco Produzione di armi Sperimentazione sugli animali Produzione e commercio di pellicce Gioco d’azzardo Pornografia Tabella 2.1 Dimensioni e tematiche ESG (Fonte: ANASF, 2010) Parallelamente a queste attività di analisi ESG vi sono il Comitato Investimenti ed il Servizio di Risk Management che hanno il compito di monitorare la gestione finanziaria e di supportare il C.d.A. nella definizione della Politica d’Investimento da seguire. 2) Comitato Etico, il cui ruolo è di supportare l’attività svolta dal Team Analisi e Ricerca ESG. Più in dettaglio il Comitato Etico svolge anche una funzione di orientamento e controllo definendo i criteri e i settori da analizzare. È un organo autonomo e indipendente composto da membri selezionati tra personalità di spicco in ambito sociale, economico, accademico, ambientale e religioso. 3) Consiglio di Amministrazione, approva l’Universo Investibile, suggerito e identificato dal Team Analisi e Ricerca ESG e valutato secondo le linee guida definite dal Comitato Etico, e definisce la Politica d’Investimento. lavorativi, l’assenza di lavoro minorile, OHSAS 18001 che certifica il sistema di controllo e sicurezza dei lavoratori nel posto di lavoro. 49 A questo proposito esiste la certificazione Transparency Code promossa da Eurosif (Forum Europeo per gli Investimenti Sostenibili e Responsabili).
  • 26. 15 4) Gestore delegato, la gestione finanziaria del fondo è assegnata a un gestore professionista che amministra attivamente il portafoglio sulla base e nel rispetto dell’Universo Investibile e della Politica d’Investimento. Più precisamente esegue le analisi finanziarie del mercato e la compravendita dei titoli che compongono il portafoglio, confrontando il proprio risultato con un benchmark di mercato predefinito (Etica SGR, Il processo di analisi e selezione dei titoli). Vi sono quattro strategie principali per la selezione dei titoli:  Screening negativo;  Screening positivo;  Community investing;  Shareholder activism. Lo screening negativo è il più antico in quanto il più facilmente applicabile. Consiste nell’esclusione di società che operano in specifici settori che violano i principi di ESG. Si possono escludere società in base al settore d’attività, come ad esempio aziende che fanno test sugli animali, oppure aziende che operano nella produzione di armamenti o del tabacco. Si possono escludere aziende che operano danneggiando l’ambiente, come nel settore petrolifero o minerario. Si possono inoltre escludere aziende che non rispettano la salute dei lavoratori o che non garantiscono la libertà di associazione. Per quanto riguarda invece l’investimento in bond statali, si possono escludere gli Stati in cui sia presente un regime dittatoriale oppure che adottino ancora la pena di morte50 (Hellsten & Mallin, 2006). Qui sotto si riporta una tabella riassuntiva con i principali aspetti che causano l’esclusione di aziende: Criteri Definizione Alcol Imprese coinvolte nella produzione, distribuzione o promozione di bevande alcoliche Gioco d’azzardo Casinò e fornitori di attrezzature per gioco d’azzardo Tabacco Produttori di sigarette Armi da fuoco e militari Produttori di armi e armi militari Energia nucleare Produttori di reattori nucleari o gestori di centrali nucleari Pornografia Editori di riviste e film pornografici OGM Imprese produttrici di OGM Tabella 2.2 Criteri ISR dello screening negativo (Fonte: Baker e Nofsinger, 2012) 50 Si noti che in realtà, talvolta, non vengono escluse imprese che possiedono attività in settori che determinerebbero l’esclusione, purché queste siano limitate a percentuali di fatturato molto basse rispetto al giro d’affari complessivo.
  • 27. 16 Lo screening positivo invece ha l’obiettivo di premiare e supportare tramite l’attività d’investimento le aziende virtuose, che possiedono alti standard ambientali, sociali e qualitativi (definiti Best-in-Class). Tali standard possono essere rappresentati da politiche orientate alla valorizzazione delle persone, degli stakeholder, alla riduzione delle emissioni di CO2, al rispetto ambientale, alla salvaguardia della salute umana51 (Hellsten & Mallin, 2006; Etica SGR, 2012; Etica SGR, 2014). Di seguito una tabella con alcuni esempi: Criteri Definizione Comunità Attività destinate alla comunità Diversità Politica attiva verso l’occupazione delle minoranze Rapporti di lavoro Ricerca delle potenzialità dei dipendenti; partecipazione agli utili dei dipendenti, evitare lo sfruttamento del lavoro Ambiente Evitare la produzione di prodotti tossici; favorire attività di riciclo; riduzione di gas serra Prodotto Ricercare l’alta qualità nei prodotti Tabella 2.3 Criteri ISR dello screening positivo (Fonte: Baker e Nofsinger, 2012) Per tutte e due le attività di screening ricoprono un ruolo fondamentale le attività di misurazione e reporting, caratterizzate da trasparenza e verifiche. In questo aspetto rientrano tutte le attività di certificazione e compliance prima citate, oltre che alcuni sistemi internazionali per la misurazione delle performance di sostenibilità, come il GRI52 o il DJSI53 . Il community investing (o cause-based investing) consiste principalmente nell’erogazione di credito a tassi agevolati a imprese considerate «non bancabili» dalle istituzioni finanziarie comuni e che quindi resterebbero tagliate fuori dalle fonti di finanziamento. Community investing può significare anche attuazione di pratiche di microcredito, cioè finanziamenti per sostenere comunità o attività locali, come ad esempio la creazione di posti di lavoro o la fornitura di alloggi (housing) (Hellsten & Mallin, 2006). 51 Alcuni esempi di criteri: ambientali possono essere il rispetto degli obiettivi posti dal protocollo di Kyoto sull’inquinamento, l’utilizzo di materiali riciclabili o la produzione di energia da fonti rinnovabili; sociali come il non utilizzo di lavoro minorile, la spesa pubblica per sanità e istruzione, l’aspettativa di vita o la mortalità infantile; infine esempi per la governance possono essere il rispetto dei diritti politici, umani e associativi, la percezione di corruzione o la promozione delle pari opportunità. 52 Global Reporting Initiative, è un ente no profit nato a Boston nel 1997 con lo scopo di promuovere la sostenibilità attraverso l’analisi e la pubblicazione di report pubblicati sul suo sito web. Completamente volontaria la partecipazione, rappresenta un ottimo mezzo per le aziende di pubblicizzare i propri aspetti virtuosi. 53 Dow Jones Sustainability Index, lanciato nel 1999, rappresenta una lista di società caratterizzate da alti standard di sostenibilità (Best-in-Class). Anche in questo caso la partecipazione consiste nella compilazione di questionari e domande ed è volontaria.
  • 28. 17 Lo shareholder activism (o advocacy o azionariato attivo o engagement) infine rappresenta l’utilizzo dei normali poteri dell’azionista, come il diritto di voto, l’approvazione del bilancio e il dialogo col management al fine di orientare l’impresa verso tematiche e iniziative di sostenibilità e CSR. Lo scopo principale è quello di condurre un dialogo duraturo che porterà l’impresa verso un cambiamento positivo di tutto l’ambiente sociale (Sparkes, 2008). 2.3 Il Rating Etico Dopo la crisi del 2008 ci si è resi conto che la mera valutazione finanziaria dei rating tradizionali non era sufficiente a cogliere tutte le particolarità che influenzano la vita reale e le dinamiche delle società e dell’economia54 . Si è quindi affermata la necessità di affiancare alle valutazioni finanziarie altre valutazioni che potessero cogliere anche aspetti di tipo sociale, ambientale ed etico. Si incominciò quindi ad attribuire alle società delle valutazioni, con conseguenti classificazioni secondo parametri di responsabilità sociale e ambientale. La metodologia del rating etico si basa sulle attività di screening negativo e positivo precedentemente descritte, con valutazioni sia di aspetti quantitativi che qualitativi. Tra le maggiori agenzie di rating etico internazionali vi è Standard Ethics55 , che utilizza un sistema di valutazione per società e per nazioni su otto livelli: EEE, EEE-, EE+, EE, EE-, E+, E, E-, dove l’impresa modello corrisponde al livello massimo EEE. Altra agenzia di rating etico degna di nota ed avente al suo attivo clienti internazionali tra i più importanti è Oekom56 , la cui scala è: A+, A, A-, B+, B, B-, C+, C, C-, D+, D, D-, dove il livello massimo è rappresentato da A+. Ricordiamo infine l’agenzia Vigeo57 , attiva soprattutto nella realizzazione di report, benchmark, analisi e valutazione di performance etica e sostenibilità di imprese e fondi d’investimento (Rossi e Turrina, 2013; Tomasi, 2011). 54 Basti pensare che fino al 18 luglio 2008 la banca d’investimento Lehman Brothers era valutata con A2 da Moody’s e con A da Standard & Poor’s e Fitch, quando il 15 settembre 2008 fallì per insolvenza con perdite oltre 630 miliardi di $. 55 AEI – Agenzia Europea di Investimenti – Standard Ethics ha origine nel 2001 ed opera tutt’ora nelle valutazioni della finanza sostenibile e negli studi ESG. Dal 2011 diviene Standard Ethics e dal 2013 sposta la sede da Bruxelles a Londra. 56 Agenzia tedesca fondata nel 1993 a Monaco di Baviera (Germania), con sedi anche a Londra e Parigi. 57 Nata nel 2002 a Parigi, con una grossa espansione e sedi in sette paesi al mondo (Francia, Belgio, Italia, Marocco, Giappone, Cile, Regno Unito).
  • 29. 18 2.4 Il costo dei Fondi Etici Da un punto di vista intuitivo si può pensare che l’investimento etico sia più costoso rispetto a quello tradizionale a causa di un più complesso lavoro di ricerca e selezione dei titoli ad opera di figure aggiuntive (comitati etici ed advisor esterni) che ovviamente devono essere remunerate. In realtà l’evidenza empirica di vari studi dimostra che non è affatto così. Una storica analisi sul mercato americano ha rilevato come le commissioni di gestione dei fondi etici possano essere spesso addirittura inferiori paragonate a quelle dei fondi tradizionali (Young e Proffitt, 2003). Una seconda storica analisi evidenzia anch’essa come l’investire in fondi socialmente responsabili non sia, in media, gravato da oneri maggiori. Nello specifico in questo studio si evidenzia come nel mercato italiano la percentuale di fondi etici no load58 , rispetto al totale della categoria, sia nettamente superiore a quella dei fondi tradizionali59 , mentre, in presenza di costi di sottoscrizione, quelli dei fondi etici siano mediamente inferiori rispetto a quelli tradizionali60 , evidenziando come in nessun fondo etico vi sia commissione d’uscita. Anche sul fronte delle commissioni di gestione dei fondi etici sono mediamente inferiori61 (Vandone, 2003). Un altro autorevole e innovativo studio, che introduce un nuovo indicatore di costo complessivo, il GER62 , conferma l’assenza di correlazione tra etica e costo, indice che tutto il processo di selezione e gestione etica non grava sul prezzo finale complessivo del prodotto finanziario (Intonti e Iannuzzi, 2009). In conclusione l’evidenza empirica indica in generale costi inferiori per i fondi etici rispetto a quelli tradizionali: ciò può essere riconducibile all’utilizzo della leva del pricing per favorire la diffusione nel mercato dei fondi etici, attraverso la rinuncia da parte del gestore di una parte delle commissioni e abbassando il prezzo finale, oppure, nel caso peggiore, ad una poco attenta analisi e selezione dei titoli componenti il portafoglio. L’una non esclude l’altra. 58 Letteralmente «senza caricamento», cioè quei fondi nei quali non è prevista né una commissione d’ingresso né una commissione d’uscita. 59 I dati più rilevanti indicano essere no load circa il 70% dei fondi etici bilanciati contro il 40% di quelli tradizionali, mentre il numero sale sensibilmente per i fondi obbligazionari, dove no load sono il 100% dei fondi etici contro il 40% dei fondi tradizionali. 60 In questo caso possiamo prendere ad esempio la commissione di sottoscrizione minima presente nei fondi etici del reparto azionario pari all’1,33% contro l’1,57 negli altri, e la commissione per la categoria dei flessibili, la cui commissione minima per gli etici è pari all’1% contro l’1,74% nei tradizionali. 61 Prendiamo ad esempio le commissioni degli azionari settoriali, pari al 1,80% negli etici contro l’1,87% nei tradizionali, e le commissioni dei bilanciati obbligazionari, corrispondenti al 0,97% per i fondi socialmente responsabili e al 1,14% per gli altri fondi. 62 Global Expense Ratio = oneri di gestione + initial load/5 + back load/5. È un indicatore di costo complessivo, ritenuto più completo rispetto al tradizionale TER (Total Expense Ratio), che ha lo scopo di dare un’evidenza completa di tutte le voci di costo che colpiscono, direttamente e indirettamente, l’investimento in un fondo etico.
  • 30. 19 2.5 Gli Indici Etici e le performance La nascita e lo sviluppo di questa nuova tipologia di fondi ha fatto nascere la necessità di creare dei nuovi indici etici che potessero fungere da benchmark63 . Tali indici sono costruiti con i criteri di selezione visti in precedenza e raggruppano dei panieri di titoli d’aziende con caratteristiche ESG, in modo da essere parametri di paragone più adeguati rispetto a quelli tradizionali già esistenti. I vari attori nel mercato degli indici hanno quindi dato avvio alla creazione d’indici etici. I più importanti sono quelli di MSCI64 , come ad esempio i fondi della famiglia MSCI ESG; il DJSI65 , che inserisce al suo interno e monitora i rendimenti solo delle più grandi aziende che applicano criteri ESG: solo il 20 percento delle migliori società europee in campo sociale e ambientale sono ammesse al DJSI Europe e il 10 percento delle società mondiali al DJSI World; vi è poi la FTSE66 che ha creato la serie di indici ESG FTSE4Good, le cui aziende inserite, per garantire imparzialità, sono analizzate e valutate dall’istituto di ricerca indipendente EIRIS67 ; vi sono infine gli indici creati da ECPI68 (Rossi e Turrina, 2013). In Italia i primi indici Etici del mercato italiano furono FTSE ECPI Italia SRI e FTSE ECPI Italia SRI Leaders creati nel 2010 (Frascaroli, 2012). Oltre a quello del costo, un secondo timore classico riferito a indici o fondi etici è quello della performance. Istintivamente si è portati a pensare che la performance dei fondi etici sia penalizzata a causa dell’esclusione degl’investimenti in interi settori di attività (petrolio, armi etc.) e dalla bassa possibilità di diversificazione. In realtà l’evidenza empirica dimostra che le loro performance risultano essere esattamente in linea con quelle degli altri indici e fondi tradizionali, anzi spesso risultano avere andamenti superiori, come si evince dai paragoni tra gli andamenti di indici etici e indici tradizionali (Perrini e Tencati, 2008). Da un punto di vista strettamente tecnico si può agire su più mercati attuando una diversificazione non domestica 63 Il benchmark è un insieme di titoli, spesso un indice azionario, che funge da parametro oggettivo di riferimento con il quale confrontare l’andamento di un fondo. Dal 1 luglio 2000 si deve trovare obbligatoriamente all’interno del prospetto informativo che descrive un fondo. Il benchmark serve per valutare l’efficienza nella gestione di un fondo. 64 Morgan Stanley Capital International è una società nata nel 1969 la cui attività è la creazione di indici. Nel 2010 acquista la società KLD, prima società a lanciare nel 1990 l’indice etico «Domini 400 Social Index», diventato poi «MSCI KLD 400 Social Index». 65 Dow Jones Sustainability Index. 66 Financial Times Stock Exchange di FTSE Group è una società britannica fondata nel 1995 che realizza indici azionari. 67 Ethical Investment Research Services è un’organizzazione indipendente e senza fini di lucro fondata nel 1983 con lo scopo di fare ricerca nel campo degli ISR. 68 Fondata da professori della Bocconi nel 1999 come E. Capital Partners con l’obiettivo di analisi, rating etici e creazione di indici etici.
  • 31. 20 riducendo così i rischi. Agendo infatti su mercati diversi, tra loro non correlati, si può ridurre il rischio sistematico β (Perrini, 2002). Si è riscontrato inoltre che un orientamento di tipo etico riduce il rischio di scandali reputazionali che ne possono alterare il valore finanziario e d’immagine del fondo. Infine si è notato che nei casi di ribasso dei mercati i fondi ESG possono avere perdite più limitate, come dimostra una ricerca ECPI in cui si riscontra che l’indice «S&P 500 – Financial – ESG Filtered» ha subito da luglio 2007 una perdita inferiore di oltre l’8% rispetto all’indice tradizionale «S&P 500 – Financial». In definitiva gli ISR presentano, in generale, una minore varianza, e quindi rischio, rispetto agl’investimenti tradizionali. Tutto questo grazie all’esclusione di alcune società per motivi di sostenibilità legati alla gestione aziendale (governance)69 che non apparivano nelle poste di bilancio tradizionali. Un’altra ricerca ECPI dimostra come alcune società finanziarie bocciate per criteri ESG hanno avuto una performance inferiore di quasi il 10% rispetto all’indice MSCI World Financial di riferimento. In termini di performance dei fondi etici è sicuramente da sottolineare il premio Alto Rendimento 2010 e 2011, promosso da «Il Sole 24 Ore», assegnato a dei fondi di Etica SGR, gestiti da Anima SGR, che sono arrivati ad ottenere rendimenti anche superiori del 10% rispetto al mercato di riferimento70 . 2.6 Il settore degli ISR nel Mondo, in Europa e in Italia Come dimostrano i dati, il settore degl’ISR presenta una crescita veramente notevole. A livello mondiale infatti la crescita di capitali investiti nel settore degl’ISR dal 2012 al 2014 ha segnato un +61%, passando da 13.261 a 21.358 miliardi di $. Il primato internazionale in questo settore è dell’Europa, che detiene il 63,7% dei 21.358 miliardi di $, con investimenti in ISR per un ammontare di 13.608 miliardi, valore che ha avuto una crescita dal 2012 al 2014 pari al 55%. L’asset allocation risulta essere principalmente in equity e bond, rispettivamente 49,5% e 39,5% del totale (GSIA, 2015). Nel 2014 sono presenti in Europa 957 fondi etici retail (con un aumento del 4% dal 2013, in cui erano 922). Il podio spetta a Francia, Belgio e Regno Unito, dove sono presenti rispettivamente, al giugno 2014, 263, 214 e 95 fondi. In Italia alla stessa data ne sono presenti solo 12, purtroppo, per un totale di asset pari a 3,2 miliardi di €, allocati per il 45% in 69 Furono escluse società come Bear Stearns, AIG, Citigroup e Fannie Mae. Per comprendere meglio si pensi che, ad esempio, AIG fu esclusa dall’indice a causa di ripetuti episodi di corruzione e speculazione che l’hanno portata a patteggiare con il Governo Statunitense una multa di 163 milioni di $. 70 2010 miglior Fondo azionario geografico - Az. Internazionali: Valori Responsabili Azionari; Fondi Italiani - Miglior Fondo bilanciato: Valori Responsabili Bilanciato. 2011 Fondi Italiani - Miglior Fondo bilanciato: Etica Bilanciato.
  • 32. 21 azioni. Le quote di mercato dei fondi socialmente responsabili in Italia restano infatti basse, essendo pari all’1,8% al giugno 2014, in aumento però rispetto al 2013 del 33%, quando ammontavano all’1,2% del mercato. Si noti inoltre che i Fondi Etici in Italia sono stati definiti e classificati da Assogestioni71 solo nel 2003, specificando i concetti delle politiche d’investimento etiche (Assogestioni, 2003). I più grossi fondi sono in Francia e UK, come ad esempio BNP Paribas Mois con asset per 3593 milioni di € e Stewardship Pension Fund con 1745 milioni di €. In termini di rendimenti nell’ultimo anno il fondo EIC Renewable Energy A72 ha segnato un +42,4% e il fondo DNB Renewable Energy Retail A73 ha reso il +41,9%, entrambi appartenenti alla categoria Equity Alternative Energy, in cui la media della categoria nell’ultimo anno è stata +22,8% (Vigeo, 2014). Il grosso del peso in questo tipo d’investimenti è degl’Investitori Istituzionali. A livello mondiale infatti hanno un peso dell’86,9% contro il 13,1% degl’Investitori Retail. Si nota però un incremento da parte dei retailer, in quanto nel 2012 la percentuale era del 10,7% (GSIA, 2015). A livello europeo il mercato è ancor più dominato dagl’Istituzionali: nel 2013 è pari al 96,6%, mentre in Italia con circa il 99% non c’è partita (Eurosif, 2014). In Italia però si sta registrando un cambiamento di mentalità, in quanto un’indagine individua che il 45% degl’investitori retail è interessato a prodotti etici e sarebbe disposto a investire (Doxametrics, 2013). È importante sottolineare infine come in Italia il metodo di selezione più usato sia quello più semplice e meno costoso, ovvero quello dell’esclusione (screening negativo, cioè esclusione dagli investimenti di settori specifici, come quello della produzione di armi), segnale che il grado di sviluppo di questi fondi è ancora molto rudimentale. Infine, secondo un’indagine di customer satisfaction svolta da ISPO74 per Etica SGR il 99% dei suoi clienti dichiara di essere abbastanza o molto soddisfatto dei prodotti e dei servizi offerti e il 75% è disposto a investire ancora in fondi etici, percentuale che sale al 96% se si conta anche chi ha risposto «probabilmente sì». Le tematiche etiche iniziano a interessare sempre più i clienti, come dimostra il caso di Etica SGR, che nel solo 2014 ha raggiunto gli obiettivi di raccolta triennali con un incremento di 446 milioni di € (+53%), per un patrimonio complessivo di 1,3 miliardi di € (+70% rispetto all’anno precedente) per 94 mila clienti (Corriere Economia, 2015). 71 Associazione del risparmio gestito. È un’associazione di categoria costituita nel 1984 da SGR, banche e imprese assicurative, con lo scopo di rappresentarle. Tra i vari compiti elabora classificazioni dei vari prodotti del risparmio gestito. 72 Il cui asset manager è State Street Fondsleitung AG, in Svizzera. 73 Gestito da DNB Asset Management S.A., Lussemburgo. 74 Istituto per gli Studi sulla Pubblica Opinione è un istituto di ricerca sociale, economica e di opinione fondato nei primi anni ’80 da un gruppo di professori universitari. Ha sede a Milano e svolge ricerche di mercato.
  • 33. 22 3 Gli ISR nei Fondi Pensione italiani e le Linee Etiche d’investimento In questo capitolo:  Gli ISR nel D. Lgs. 252/2005  Gli ISR nella NI  Strategie di sostenibilità  La situazione in Italia 3.1 La normativa italiana degli ISR L’aspetto fondamentale, su cui si basa tutto, è quello normativo. È quindi indispensabile analizzare la normativa in dettaglio, al fine di capire quali siano gli schemi e gli obblighi a cui sottostare per legge. Come già detto, la normativa basilare che regola la previdenza complementare in Italia è quella del Decreto Legislativo 5 dicembre 2005, n° 252 (D. Lgs. 252/2005)75 , integrata da «provvedimenti e ordinamenti» (deliberazioni) e «risposte a quesiti» da parte della COVIP76 . Vi sono poi i Decreti Ministeriali77 che regolano gl’investimenti dei FP; nello specifico il Decreto 21 novembre 1996, n° 703 (D.M. 703/1996)78 , in corso di sostituzione da parte del Decreto 2 settembre 2014, n° 166 (D.M. 166/2014)79 . In termini Etici è da notare come il D.M. 703/1996 non intendesse regolare gli ISR, mentre il nuovo D.M. 166/2014 ha delle specifiche parti dedicate a questa tematica, segnale di una presa di coscienza a riguardo da parte del legislatore. L’Articolo 3 comma 6 del suddetto D.M. riporta infatti: «Il fondo pensione comunica alla COVIP gli aspetti etici, ambientali, sociali e di governo societario presi in considerazione nell’attività di investimento» (MEF, 2014). Stessa identica cosa si nota per i decreti fondamentali, il vecchio D. Lgs. 124/1993 non menzionava gli ISR mentre il D. Lgs. 252/2005 riporta due interi commi ad essi dedicati; nel dettaglio il comma 14 dell’Articolo 6 (Regime delle prestazioni e modelli gestionali): «Le forme pensionistiche complementari sono tenute ad esporre nel rendiconto annuale e, sinteticamente, nelle comunicazioni periodiche agli iscritti, se ed in quale misura nella gestione delle risorse e nelle linee seguite nell'esercizio 75 Entrato in vigore il 1 gennaio 2007. 76 A questo proposito si ricorda che la COVIP (Commissione di vigilanza sui fondi pensione) fu istituita dal D. Lgs. 124/1993, iniziando ad operare agli inizi del 1996. Con il D. Lgs. 252/2005 vengono poi disciplinati e ampliati i suoi poteri. 77 Emanati dal Ministero del Tesoro prima e dal MEF (Ministero dell’Economia e delle Finanza) poi. 78 Entrato in vigore il 9 marzo 1997. 79 Entrato in vigore il 28 novembre 2014, e l’adeguamento dei Fondi Pensione allo stesso dovrà avvenire entro 18 mesi dall’entrata in vigore, cioè entro il 28 maggio 2016.
  • 34. 23 dei diritti derivanti dalla titolarità dei valori in portafoglio si siano presi in considerazione aspetti sociali, etici ed ambientali», e il comma 2, lettera h), dell’Articolo 19 (Compiti della COVIP), che riprende il medesimo concetto. Vi è poi la deliberazione COVIP del 16 marzo 2012 (Disposizioni sul processo di attuazione della politica di investimento) che all’Articolo 4, comma 1, lettera a) (Criteri di attuazione della politica di investimento) prevede: «In tale ambito sono esplicitati gli aspetti etici, sociali e ambientali cui si intende dedicare attenzione nella gestione delle risorse», e all’Articolo 5, comma 2, lettera c), punto 5), scrive: «verifica periodicamente, con il supporto del consulente per gli investimenti etici (se presente), il rispetto da parte dei soggetti incaricati della gestione delle indicazioni date in ordine ai principi e ai criteri di investimento sostenibile e responsabile, laddove previsti nell’ambito dei criteri di attuazione della politica di investimento». Anche la deliberazione COVIP del 22 luglio 2010 (Disposizioni in materia di comunicazioni agli iscritti) specificava: «Se nella gestione delle risorse sono stati presi in considerazione aspetti sociali, etici ed ambientali, indicare sinteticamente la metodologia e i criteri sulla base dei quali sono stati selezionati gli investimenti socialmente responsabili; gli investimenti e i disinvestimenti effettuati nell’anno di riferimento in relazione a tali aspetti; le iniziative adottate nell’ambito delle attività di azionariato attivo. Specificare quando e come è stato esercitato il relativo diritto di voto». Questi criteri di trasparenza sui criteri etici utilizzati dal FP trovano riscontro anche nella Nota Informativa (NI)80 , il cui schema deliberato dalla COVIP il 31 ottobre 2006, che riprende gli Art. 3, comma 1, lettere a), b), c), d), e), f), Art. 12 e Art. 13 del D. Lgs. 252 /2005, prevede: «Rappresentare se e in che modo nella attuazione della politica di investimento sono stati presi in considerazione aspetti sociali, etici ed ambientali, specificando le strategie poste in essere, i criteri di investimento adottati e le eventuali iniziative di azionariato attivo». Come già accennato è chiaro il tentativo del legislatore di far operare i FP con la massima trasparenza possibile, al fine di far comprendere all’iscritto anche le modalità e le destinazioni in cui vengono investiti i suoi contributi, di maggior pregio e ritorno d’immagine se tali sono finalità etiche. Il FP è uno strumento che di per sé si può definire con finalità etica già sul nascere, per l’importante funzione che svolge legata al risparmio previdenziale81 . L’investimento socialmente responsabile oltre a portare una notevole immagine al FP, con il conseguente 80 È un documento che contiene le principali informazioni sul FP ed è obbligatorio da consegnare all’aderente. Si trova anche, liberamente visionabile e scaricabile, nei siti internet dei FP. 81 Si noti che parte dei capitali dei FP, sebbene per definizione temporale abbiano un orizzonte tendenzialmente di lunghissimo termine, vengono gestiti con logica di breve dettata dalle tante necessità di rimborso o anticipazione previste dalla normativa. Questo è specialmente il caso degli ultimi anni, dove le persone hanno richiesto ai FP, a causa dei momenti economici difficili, le anticipazioni del 30% a cui avevano diritto, creando dei notevoli problemi nella gestione delle risorse.
  • 35. 24 aumento degl’iscritti, se destinasse i propri capitali a realtà locali incentiverebbe la produzione locale stessa o comunque la qualità della vita locale, delle quali beneficerebbero direttamente gl’iscritti. Se invece per seguire una logica di mero alto profitto speculativo investisse in aziende che delocalizzano la produzione, è come se da un certo punto di vista l’iscritto avesse finanziato la sua precarietà nel detenere il proprio posto di lavoro (Mazzoni, 2013). Purtroppo questo è un tasto dolente dell’Italia. Infatti gli stessi Fondi Pensione Negoziali, quelli che dovrebbero tutelare la sicurezza e l’interesse del proprio lavoratore di comparto iscritto, investono il 18,6% del loro patrimonio in titoli di capitale, dei quali italiani solo lo 0,7%. Anche negl’investimenti in titoli di debito la situazione non è migliore, infatti sul totale di 11,4% del patrimonio investito in questa categoria solo 1,3% di questi sono in titoli di debito di società italiane. Tutto ciò si riassume complessivamente, fatto 100 il totale degl’investimenti, in solo 29,3% nel nostro paese. La situazione per Fondi Aperti e PIP è analoga, se non peggiore (COVIP, 2015). 3.2 Il processo d’investimento Etico nei Fondi Pensione e i soggetti coinvolti L’Art. 6, comma 1, lettere d) ed e), del D. Lgs. 252/2005 prevede che i Fondi Pensione Negoziali (FPN) possano gestire le loro risorse direttamente tramite l’acquisto o la sottoscrizione di quote o azioni di società immobiliari o fondi immobiliari per un importo che non dev’essere superiore al 20% del patrimonio del fondo stesso. Tuttavia nella pratica questa possibilità d’investimento diretto, ad oggi, non è utilizzata da nessun FP. Sempre l’Art. 6, comma 1, lettere a), b), c), prevede infatti che i FPN gestiscano le proprie risorse mediante convenzioni con soggetti specializzati e autorizzati82 come Banche, SIM, SGR, Assicurazioni di ramo VI. Il processo d’investimento coinvolge vari soggetti e si compone tipicamente di varie fasi: 1) Definizione della strategia d’investimento e della conseguente asset allocation, nella cui fase il C.d.A. decide e indica le tipologie d’investimento opportune, con i relativi livelli di rischio-rendimento, scegliendo anche l’eventuale introduzione di ISR. Il C.d.A. in questa prima fase cruciale è supportato dalla funzione finanza83 e, se presente, dall’Advisor finanziario84 , figure con competenze specifiche in materie finanziarie che 82 Con sede anche in un altro paese dell’Unione Europea, a patto di mutuo riconoscimento. 83 A volte è interna al fondo e a volte, specie nei fondi più piccoli, è esterna. 84 È un consulente esterno, non obbligatoriamente previsto per normativa ma largamente diffuso nella prassi.
  • 36. 25 aiutano nella decisione del gestore, nella definizione del benchmark, nelle valutazioni dei mercati finanziari, nella scelta di politiche e strategie d’investimento. 2) Selezione del Gestore, cioè della figura specializzata a cui attribuire il compito di gestire operativamente le risorse raccolte. La scelta del Gestore spetta al C.d.A., supportato dall’Advisor finanziario. La normativa prevede che si debba presentare un bando pubblico85 e fare una gara selezionando uno o più Gestori sulla base di criteri qualitativi e quantitativi oggettivi in linea con le scelte d’investimento del fondo. Generalmente vi sono più Gestori per fondo, ognuno specializzato in uno specifico ambito finanziario, e spesso anche più Gestori per singolo comparto. 3) Stipula della convenzione di gestione, in cui si disciplina in modo preciso il rapporto tra le parti. Si stabiliscono i margini di libertà e vincoli che il Gestore deve rispettare, si stabilisce il ruolo del Gestore (più o meno attivo o passivo) e lo spazio di autonomia, si stabiliscono anche aspetti formali relativi alla durata del mandato, alla rendicontazione e alla remunerazione. 4) Selezione della Banca Depositaria e stipula della convenzione. Tutti i flussi pagati dagli iscritti finisco alla Banca Depositaria86 che custodisce le risorse ed esegue le istruzioni in materia d’investimenti ricevute dal Gestore, dopo aver verificato la legittimità rispetto alla normativa sugl’investimenti, alla convenzione di gestione e ai principi scritti nello Statuto/Regolamento del Fondo. In caso di ISR è tenuta a verificare che gli ordini d’acquisto da parte del Gestore siano in linea anche con i principi Etici stabiliti dal Fondo. Anche la Banca Depositaria viene scelta mediante pubblicazione del bando e conseguente gara pubblica, come nel caso del Gestore. Una volta individuata, sulla base di parametri oggettivi di valutazione, si stipula una convenzione per l’affidamento effettivo dell’incarico. 5) Avvio alla gestione finanziaria e monitoraggio. A questo punto, ultimato tutto, il Gestore dispone gl’investimenti da fare, la Banca Depositaria verifica la legittimità ed esegue gli ordini, svolgendo compito di custodia e controllo. Il Gestore rendiconta il suo operato al C.d.A. del Fondo Pensione, il quale valuta con l’aiuto della funzione finanza e dell’Advisor finanziario. 85 L’Art. 6, comma 6, del D. Lgs. 252/2005 prevede che il bando pubblico debba essere pubblicizzato attraverso la forma di pubblicità notizia su almeno due quotidiani fra quelli a maggior diffusione a livello nazionale e internazionale. I soggetti non devono appartenere a stessi gruppi societari né essere legati da rapporto di controllo. 86 Definita «Depositario» dall’Art. 7 del D. Lgs. 252/2005, per normativa (Art. 7 comma 2 del D. Lgs. 252/2005) dovrebbero fare un controllo preventivo degl’ordini immessi dal Gestore, nella pratica il controllo è quasi sempre ex-post.
  • 37. 26 Nel caso di ISR fondamentale è la figura dell’Advisor etico (o consulente ESG) che integra ogni fase del processo. Soprattutto aiuta il C.d.A. nella definizione della politica d’Investimento Socialmente Responsabile e nella selezione del Gestore controllandone anche l’attività. Supporta inoltre la Banca Depositaria nella verifica degli ordini d’acquisto fatti dal Gestore. L’Advisor etico svolge questa funzione aggiuntiva che s’intreccia a quella dei ruoli tradizionali, creando un nuovo valore aggiunto e dando un nuovo punto di vista non finanziario che aiuta nella gestione del rischio (Paci e Vallacqua, 2015; Forum per la Finanza Sostenibile, 2012). Il processo è identico anche per Fondi Aperti e PIP, con la differenza che quest’ultimi, come specificato dagli Artt.12 e 13 del D. Lgs. 252/2005, non necessitano d’indire una gara per scegliere i Gestori e la Banca Depositaria, e quest’ultima non è neanche prevista obbligatoriamente per i PIP. Resta comunque fermo il principio base a tutela degli aderenti per cui, in virtù dell’Art. 2117 del Codice civile, le risorse versate alla previdenza complementare costituiscono patrimonio autonomo e separato, quindi in caso di fallimento dell’Intermediario Finanziario il patrimonio del FP o PIP non può essere oggetto di esecuzione da parte dei creditori (Iudica, 2013 b). 3.3 Le tipologie d’investimento responsabile Operativamente un FP che adotta una strategia d’ISR può scegliere di utilizzare una o più delle seguenti opzioni: 1) Principi generali 2) Benchmark specializzati 3) Rating ESG 4) Azionariato attivo. A monte di queste strategie è fondamentale ricordare che il FP deve esplicitare i propri principi e i propri obiettivi in documenti ufficiali, come ad esempio la sottoscrizione dell’UN-PRI, o tramite la redazione di un documento interno in cui dichiarare tutte le regole fondamentali a cui il FP decide di orientare il proprio investimento. Importante è anche esplicitare e inserire tali Principi d’Investimento Responsabile all’interno della convenzione di gestione, in cui si regolano i rapporti tra FP e Gestore, prevedendo anche importanti dettagli specifici come ad esempio a chi spetti il diritto di voto delle azioni acquistate. Nella convenzione di gestione è fondamentale stabilire con esattezza l’ampiezza del mandato di gestione socialmente
  • 38. 27 responsabile, se aperto, in cui vengono dichiarati strategia e principi in termini generali, o chiuso, in cui il FP specifica e circoscrive l’area di operatività del Gestore, il quale avrà solo un ruolo passivo. È importante sottolineare infine che le varie opzioni d’ISR possono essere anche combinate assieme, ad esempio l’azionariato attivo si combina bene con tutte le altre e il rating ESG è un po’ l’applicazione pratica dei Principi generali, in base all’ambito specifico verso cui si focalizza. I FP possono decidere se optare per l’estensione di una politica d’investimento sostenibile e responsabile a tutti i comparti del fondo, oppure applicarla solo ad una parte degli asset, oppure solo a specifici comparti etici creati ad hoc. Come già accennato, i vantaggi in termini pratici dall’introduzione di criteri responsabili risiedono principalmente nella gestione del rischio, in quanto l’analisi extra-finanziaria evidenzia aspetti che l’analisi tradizionale non prende in considerazione. Si possono evitare così scandali o problemi reputazionali, essendo un’analisi aggiuntiva e non sostitutiva che non compromette il ritorno economico. Tutto questo inoltre tutto questo si traduce in un’acquisizione di fiducia nei confronti dei propri aderenti. Nello specifico i dettagli delle varie opzioni possono essere così descritti: 1) Principi generali, i quali sono stipulati in un documento, lasciando al Gestore più o meno ampiezza di manovra a seconda che si tratti di un Mandato aperto o un Mandato chiuso. Nel Mandato aperto il FP definisce l’ISR solo in termini generali – indicando però con precisione aspetti ESG su cui focalizzarsi, motivazioni e obiettivi – lasciando al Gestore il compito di quantificarli praticamente e realizzarli. I Principi devono essere indicati nel documento sulla politica d’investimento, come previsto da normativa, nella convenzione di gestione, nella rendicontazione annuale e nella comunicazione periodica agl’iscritti (Art. 6 D. Lgs. 252/2005). Fondamentale in questo caso sono le competenze del Gestore nell’analisi extra-finanziaria e negl’ISR, caratteristiche che vanno esplicitate nel bando di selezione e conseguentemente valutate. Il Gestore infatti realizza operativamente i Principi del FP, dialogando con l’Advisor etico qualora non avesse competenze specifiche in materia ESG. L’Advisor etico ha il ruolo di interfacciarsi sia con il FP che con il Gestore, aiutando nella definizione dei Principi e verificandone il rispetto e l’applicazione. La Banca Depositaria opera un controllo d’ultima istanza sugli ordini effettuati. Nel Mandato chiuso il FP stabilisce i Principi ma dà anche indicazioni specifiche sulle strategie e le aree d’applicazione. Il Gestore dovrà quindi solamente svolgere gli ordini del FP rispettando le indicazioni, potendo quindi sviluppare il suo portafoglio selezionando titoli e possibilità d’investimento solamente tra quelle proposte nell’Universo Investibile (UI). In questo caso il ruolo del