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BEPS: Le Azioni 11-12
Nel contributo odierno, analizziamo le Azioni BEPS 11 e 12.
La Action 11: BEPS DATA ANALYSIS – Misurazione e Monitoraggio BEPS (Measuring and Monitoring
BEPS), è concepita per verificare i dati e i risultati conseguiti attraverso il Piano, e sviluppare le
conseguenti raccomandazioni in ordine agli indicatori di sviluppo economico da usare.
La Action 12: DISCLOSURE OF AGGRESSIVE TAX PLANNING – Norme obbligatorie di dichiarazione
(Mandatory Disclosure Rules), fornisce raccomandazioni dirette all’obbligo di divulgazione di
operazioni relative a progetti di pianificazione aggressiva.
Azione 11
Come noto, i dannosi effetti fiscali delle pratiche BEPS costituiscono il focus del Progetto sin
dall’inizio. Sebbene l’evidenza empirica abbia mostrato come le attività di pianificazione fiscale di
alcuni gruppi internazionali (MNEs) abbiano sfruttato i mismatches e i vuoti normativi nelle leggi
fiscali internazionali (international tax rules), “splitando” i profitti tassabili dalle sottostanti attività
economiche che li hanno generati, la relazione Addressing Base Erosion and Profit Shifting (OECD,
2013) riconosce che vi siano enormi difficoltà nel quantificare con esattezza l’impatto economico
negativo su scala globale.
Ciò che è, peraltro, sicuramente certo, è che gli effetti fiscali delle pratiche BEPS sono oltremodo
ingenti. I risultati del lavoro svolto a tal proposito a partire dal 2013 evidenziano la grandezza del
problema, con una perdita delle entrate per le tasse sul reddito societario globale (global
corporate income tax, CIT) tra il 4% e il 10% del reddito CIT mondiale; ovverossia, un valore annuo
tra i 100 e i 240 miliardi di dollari.
Data, inoltre, la maggior dipendenza dei Paesi in via di sviluppo nei confronti delle entrate CIT, le
stime dell’impatto BEPS per detti Stati, in termine di percentuale del PIL, sono più elevate di quelle
relative ai Paesi sviluppati.
In aggiunta alla significativa perdita di entrate del sistema fiscale, i problemi BEPS causano anche
altri effetti dannosi per l’economia; comprese:
- l’alterazione della competizione in favore delle multinazionali che compiono una
pianificazione fiscale aggressiva;
- il peggioramento del “bias” delle aziende verso il debito;
- il reindirizzamento scorretto degli investimenti esteri diretti (foreign direct investment);
- la riduzione del finanziamento di infrastrutture pubbliche necessarie.
Sono stati evidenziati, in particolare, sei indicatori delle attività BEPS che mostrano i
comportamenti seguiti in funzione alle diverse fonti di informazione e metodologie di calcolo, per i
differenti canali di attività. Dalla loro combinazione e presentazione in forma di dashboard di
indicatori, si evince il continuo aumento, negli anni, dei problemi BEPS.
I tassi di profitto registrati da aziende affiliate a multinazionali localizzate in Paesi con aliquote
fiscali inferiori sono più alti (fino al doppio) di quelli della media dei gruppi a livello mondiale.
L’aliquota fiscale effettivamente pagata dalle grandi multinazionali è tra i 4 e gli 8,5 punti
percentuali, inferiore rispetto a quella di simili aziende che svolgono esclusivamente attività
localmente.
Viene, quindi, alterata la competizione tra aziende locali e multinazionali, per il tramite di una
pianificazione fiscale aggressiva, sebbene parte di questo squilibrio possa essere dovuto anche alla
maggior utilizzazione delle preferenze fiscali disponibili nel Paese interessato, da parte delle stesse
multinazionali.
Gli investimenti esteri diretti (Foreign direct investment, FDI) sono sempre maggiormente
concentrati verso Paesi con un rapporto tra FDI netti e PIL superiore al 200%. Ciò ha prodotto un
aumento di 38 volte maggiore nei confronti di quelli verso i Paesi con un rapporto FDI / PIL
inferiore.
La divisione tra i profitti tassabili e le attività economiche che li hanno generati è particolarmente
evidente con riferimento ai beni immateriali, dove il fenomeno mostra una rapida crescita. Per
esempio, il rapporto tra il valore delle royalties ricevute per le spese in ricerca e sviluppo, e la
crescita di un gruppo in un Paese con aliquote fiscali inferiori, è stato 5 volte maggiore di quello
della media di tutti i restanti Paesi, ed è triplicato tra il 2009 e il 2012. Le royalties ricevute da
aziende localizzate in questi Paesi con aliquote inferiori costituiscono il 3% delle royalties totali,
dimostrando l’esistenza di uno specifico problema BEPS a tal proposito.
Il debito sia da aziende collegate che da terze parti risulta più concentrato nelle multinazionali
presenti in un regime normativo con aliquote fiscali inferiori. Il rapporto di interesse sul reddito
per le aziende affiliate alle multinazionali più grandi al mondo, localizzare in Paesi con aliquote
fiscali più elevate, è quasi 3 volte maggiore di quello concernente le stesse multinazionali a livello
mondiale.
Assieme alla nuova analisi empirica degli effetti fiscali ed economici dei problemi BEPS e alle
centinaia di studi che hanno dimostrato l’esistenza della riallocazione dei profitti mediante
disallineamenti nel prezzo di trasferimento (profit shifting through transfer mispricing), la
localizzazione strategica dei beni immateriali e del debito, e l’abuso dei trattati, assumono la veste
di indicatori fondamentali circa i rischi BEPS, confermando che sta avvenendo una riallocazione dei
profitti, che è rilevante in termini di volume e in continuo aumento, e che crea distorsioni negative
per l’intera economia mondiale.
Inoltre, detta analisi empirica indica che i problemi BEPS sono oltremodo dannosi per la
competizione tra le imprese, i livelli e la localizzazione del debito, nonché la localizzazione degli
investimenti in beni immateriali, producendo una ricaduta finanziaria tra i Paesi e svariate
inefficienze nell’impiego delle risorse fiscali. Leggisevere anti-evasione inevitabilmente riducono la
riallocazione dei profitti in Paesi che le hanno implementate.
Questi indicatori sono comunque fortemente limitati dalla scarsità di dati attualmente a
disposizione. Le informazioni non sono, infatti, complete tra Paese e Paese, e spesso non
presentano l’effettiva quantità di imposte pagate. In aggiunta a questo, l’analisi sulla riallocazione
dei profitti ha trovato complesso separare gli effetti BEPS dai reali fattori economici, nelle scelte in
materia di politica fiscale effettuate da parte dei governi.
Sarà, quindi, fondamentale migliorare gli strumenti e i dati a disposizione per misurare e
monitorare i problemi BEPS in futuro, e per valutare l’impatto delle contromisure predisposte dal
Piano nel suo complesso.
Ancora: pur riconoscendo la necessità di mantenere misure di sicurezza adeguate alla protezione
della confidenzialità delle informazioni del contribuente, è imperativo migliorare l’analisi e la serie
di dati a disposizione. Alcune di queste informazioni necessarie per il miglioramento delle
misurazioni e del monitoraggio dei problemi BEPS sono già raccolte dalle Amministrazioni Fiscali,
ma non sono state analizzate o messe a disposizione per il controllo.
Al riguardo, l’OCSE raccomanda un continuo lavoro con tutti i governi per relazionare e analizzare
più statistiche sulle imposte societarie e presentarle in maniera coerente nelle diverse nazioni.
A esempio, le analisi statistiche che si basano sui dati delle Relazioni Paese-per-Paese (Country-by-
Country Reporting) hanno la potenzialità di migliorare significativamente le verifiche economiche
sui problemi BEPS. Questi miglioramenti nella disponibilità delle informazioni assicureranno che i
governi e i ricercatori saranno in futuro maggiormente in grado di misurare e monitorare i
problemi BEPS, e assumere tutte le opportune contromisure per affrontarli.
Azione 12
La mancanza di informazioni recenti, complete e significative sulle strategie di pianificazione
fiscale aggressiva è una delle molte sfide che le Amministrazioni Fiscali di tutto il mondo devono
affrontare. L’ottenimento di queste informazioni in maniera rapida dà la possibilità di rispondere
immediatamente grazie a una valutazione dettagliata di rischi fiscali, audit, o cambiamenti della
normativa.
L’Azione 12 del Piano BEPS riconosce i benefici di strumenti predisposti per implementare la
circolazione di informazioni sui rischi fiscali per le Amministrazioni Finanziarie, e per predisporne la
policy conseguente. Vengono, perciò, proposte delle raccomandazioni con riferimento alla
predisposizione di leggi sugli obblighi informativi (mandatory disclosure rules) su transazioni,
accordi, o strutture aggressive o elusive, prendendo in considerazione i costi amministrativi per le
Amministrazioni Fiscali e per le aziende, e facendo uso dell’esperienza del sempre maggior
numero di Paesi che hanno predisposto normative di questo tipo.
L’OCSE fornisce una sorta di schema modulare che consente ai Paesi privi di una normativa sugli
obblighi informativi di predisporre un regime che risponda alle loro necessità, ottenendo
celermente le informazioni su schemi di pianificazione fiscale potenzialmente aggressivi o elusivi, e
su coloro che li utilizzano.
Ovviamente, le raccomandazioni non rappresentano uno standard vincolato: i Paesi devono,
perciò, considerarsi liberi di scegliere se introdurre leggi sugli obblighi informativi o meno.
Quando, peraltro, un Paese decidesse di adottare delle leggi sugli obblighi informativi, le sopra
richiamate raccomandazioni fornirebbero quella flessibilità necessaria per bilanciare i bisogni del
Paese su una migliore e rapida raccolta delle informazioni, concernenti l’attività di compliance dei
contribuenti. Talune raccomandazioni, viceversa, sono specificamente rivolte alle normative che
prendono di mira gli schemi di pianificazione fiscale internazionale, lo sviluppo e
l’implementazione di uno scambio di informazioni più efficace e la cooperazione tra le
Amministrazioni Fiscali.
Gli obblighi informativi dovranno:
- essere chiari e semplici da comprendere;
- bilanciare gli ulteriori costi per l’attività di compliance dei contribuenti con i benefici
ottenuti dalle Amministrazioni Fiscali;
- essere efficaci nel raggiungere i loro obiettivi;
- identificare con accuratezza gli schemi che devono essere esposti;
- essere sufficientemente flessibili e dinamici da consentire alle Amministrazioni Fiscali di
modificare il sistema nel tempo per meglio rispondere ai rischi (o per eliminare rischi
divenuti ormai obsoleti);
- assicurare che le informazioni raccolte siano usate in maniera utile.
L’obiettivo chiave di un regime di obblighi informativi è l’aumento della trasparenza mediante il
più rapido ottenimento di informazioni per le Amministrazioni Finanziarie, sugli schemi di
pianificazione fiscale potenzialmente aggressivi o elusivi, nonché l’identificazione di coloro che
promuovono o utilizzano questi stessi schemi.
Altro obiettivo di un regime di obblighi informativi è, poi, senz’altro la deterrenza: i contribuenti
potrebbero pensarci due volte prima di utilizzare un particolare framework, se sapessero che lo
stesso è coperto da obbligo informativo. Tale pressione sarà sentita anche in quei mercati in cui
vige un sistema fiscale favorevole.
I regimi di obblighi informativi sono allo stesso tempo complementari e diversi da altri tipi di
obbligazioni di informazione e di segnalazione, come i programmi di conformità cooperativa (co-
operative compliance programmes), dal momento che detti regimi sono predisposti
specificamente per trovare schemi di pianificazione fiscale che sfruttino punti deboli o vuoti
normativi nel sistema fiscale, fornendo al contempo alle varie Giurisdizioni la flessibilità di poter
scegliere le soglie limite, le caratteristiche e i filtri da utilizzare, al fine di decidere quali transazioni
di particolare interesse siano da analizzare e quali siano le aree di maggior rischio.
Per una stesura corretta di un regime di obblighi informativi efficace, diventa indispensabile
tenere in considerazione i seguenti fattori:
- chi deve informare;
- quali informazioni devono essere fornite;
- l’arco temporale in cui devono essere fornite le informazioni;
- le conseguenze per coloro che non dovessero fornire le informazioni entro i limiti previsti.
Con riferimento alle suddette caratteristiche, a parere dell’OCSE, i Paesi che decidessero di
introdurre un regime di obblighi informativi, dovrebbero:
i. Imporre l’obbligo primario di informazione sia ai promotori che ai contribuenti
ii. Includere un mix di caratteristiche specifiche e generiche, l’esistenza di ciascuna delle
quali inneschi un requisito di informazione. Le caratteristiche generiche si riferiscono a
casi che sono comuni agli schemi promossi, come i requisiti per la confidenzialità o i
pagamenti di una commissione premium. Le caratteristiche specifiche si riferiscono ad
aree di particolare rischio come le perdite
iii. Stabilire un meccanismo per tracciare e collegare le informazioni fornite dai promotori
e dai clienti, dal momento che identificare coloro che utilizzano gli schemi è un’altra
parte essenziale degli standard concernenti gli obblighi informativi. I regimi esistenti
identificano questi framework mediante l’utilizzo di numeri di riferimento degli schemi
e/o attraverso l’obbligo per i promotori di fornire una lista dei loro clienti. Quando un
Paese decidesse di mettere l’obbligo primario di informazione in capo ai promotori, si
raccomanda anche l’introduzione di un numero di riferimento degli schemi e, se
permesso dalla normativa locale, la produzione di una lista di clienti
iv. Collegare l’arco temporale per l’informazione con lo schema reso disponibile al
contribuente, quando l’obbligo di informazione è in capo al promotore; collegarlo
all’implementazione dello schema, quando invece l’obbligo informativo è in capo al
contribuente
v. Introdurre penalità (anche non monetarie) per assicurare la conformità con il regime di
obblighi informativi che siano coerenti con la normativa locale generale.
Vi sono una serie di differenze tra gli schemi locali e quelli transnazionali che rendono i secondi
assai più complessi da regolamentare mediante regimi di obblighi informativi. Esiste, infatti, una
maggiore probabilità che gli schemi internazionali siano predisposti per uno specifico contribuente
o per una specifica transazione, e che possano riguardare più parti e vari benefici fiscali in
differenti giurisdizioni; il che può rendere questi schemi più complessi da regolamentare mediante
caratteristiche locali. Per superare queste difficoltà, l’OCSE raccomanda che:
1) I Paesi predispongano caratteristiche che si concentrino sul tipo di risultato BEPS
transnazionale che li preoccupa maggiormente. Solo un accordo o uno schema che
incorpori tale risultato transnazionale avrà l’obbligo di informazione, qualora comunque
quell’accordo includa una transazione con un contribuente locale che abbia conseguenze
fiscali nel Paese che lo riporta, e qualora il contribuente locale sia al corrente del risultato
transnazionale.
2) I contribuenti che svolgono una transazione infragruppo con materiali conseguenze fiscali
siano obbligati a dare sufficienti informazioni al fine di conoscere se quella transazione
costituisca parte di un accordo che include un risultato transnazionale specificamente
identificato, come comunicabile secondo la giurisdizione locale sul regime di obblighi
informativi.
Appaiono particolarmente esemplificative, agli effetti dell’applicazione di queste raccomandazioni,
le tipiche ipotesi di Hybrid Mismatch Arrangement.
In conclusione, dunque, la trasparenza risulta anche in questi casi essere uno dei pilastri del
Progetto BEPS, il quale mira a ottenere che molte delle misure sviluppate producano un maggior
scambio di informazioni tra tutte le Amministrazioni interessate.
A tal proposito, si ricorda l’attività svolta dal J.I.T.S.I.C. Network (Joint International Tax Shelter
Information and Collaboration), dell’OECD Forum on Tax Administration, il quale fornisce una
piattaforma internazionale per una migliore cooperazione e collaborazione tra governi e
giurisdizioni, basata sugli attuali strumenti legali che possano includere ogni opportuno scambio di
informazioni tra i Paesi partecipanti, ottenuto seguendo gli anzidetti regimi obbligatori.

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Beps 11 12

  • 1. BEPS: Le Azioni 11-12 Nel contributo odierno, analizziamo le Azioni BEPS 11 e 12. La Action 11: BEPS DATA ANALYSIS – Misurazione e Monitoraggio BEPS (Measuring and Monitoring BEPS), è concepita per verificare i dati e i risultati conseguiti attraverso il Piano, e sviluppare le conseguenti raccomandazioni in ordine agli indicatori di sviluppo economico da usare. La Action 12: DISCLOSURE OF AGGRESSIVE TAX PLANNING – Norme obbligatorie di dichiarazione (Mandatory Disclosure Rules), fornisce raccomandazioni dirette all’obbligo di divulgazione di operazioni relative a progetti di pianificazione aggressiva. Azione 11 Come noto, i dannosi effetti fiscali delle pratiche BEPS costituiscono il focus del Progetto sin dall’inizio. Sebbene l’evidenza empirica abbia mostrato come le attività di pianificazione fiscale di alcuni gruppi internazionali (MNEs) abbiano sfruttato i mismatches e i vuoti normativi nelle leggi fiscali internazionali (international tax rules), “splitando” i profitti tassabili dalle sottostanti attività economiche che li hanno generati, la relazione Addressing Base Erosion and Profit Shifting (OECD, 2013) riconosce che vi siano enormi difficoltà nel quantificare con esattezza l’impatto economico negativo su scala globale. Ciò che è, peraltro, sicuramente certo, è che gli effetti fiscali delle pratiche BEPS sono oltremodo ingenti. I risultati del lavoro svolto a tal proposito a partire dal 2013 evidenziano la grandezza del problema, con una perdita delle entrate per le tasse sul reddito societario globale (global corporate income tax, CIT) tra il 4% e il 10% del reddito CIT mondiale; ovverossia, un valore annuo tra i 100 e i 240 miliardi di dollari. Data, inoltre, la maggior dipendenza dei Paesi in via di sviluppo nei confronti delle entrate CIT, le stime dell’impatto BEPS per detti Stati, in termine di percentuale del PIL, sono più elevate di quelle relative ai Paesi sviluppati. In aggiunta alla significativa perdita di entrate del sistema fiscale, i problemi BEPS causano anche altri effetti dannosi per l’economia; comprese: - l’alterazione della competizione in favore delle multinazionali che compiono una pianificazione fiscale aggressiva; - il peggioramento del “bias” delle aziende verso il debito; - il reindirizzamento scorretto degli investimenti esteri diretti (foreign direct investment); - la riduzione del finanziamento di infrastrutture pubbliche necessarie. Sono stati evidenziati, in particolare, sei indicatori delle attività BEPS che mostrano i comportamenti seguiti in funzione alle diverse fonti di informazione e metodologie di calcolo, per i differenti canali di attività. Dalla loro combinazione e presentazione in forma di dashboard di indicatori, si evince il continuo aumento, negli anni, dei problemi BEPS.
  • 2. I tassi di profitto registrati da aziende affiliate a multinazionali localizzate in Paesi con aliquote fiscali inferiori sono più alti (fino al doppio) di quelli della media dei gruppi a livello mondiale. L’aliquota fiscale effettivamente pagata dalle grandi multinazionali è tra i 4 e gli 8,5 punti percentuali, inferiore rispetto a quella di simili aziende che svolgono esclusivamente attività localmente. Viene, quindi, alterata la competizione tra aziende locali e multinazionali, per il tramite di una pianificazione fiscale aggressiva, sebbene parte di questo squilibrio possa essere dovuto anche alla maggior utilizzazione delle preferenze fiscali disponibili nel Paese interessato, da parte delle stesse multinazionali. Gli investimenti esteri diretti (Foreign direct investment, FDI) sono sempre maggiormente concentrati verso Paesi con un rapporto tra FDI netti e PIL superiore al 200%. Ciò ha prodotto un aumento di 38 volte maggiore nei confronti di quelli verso i Paesi con un rapporto FDI / PIL inferiore. La divisione tra i profitti tassabili e le attività economiche che li hanno generati è particolarmente evidente con riferimento ai beni immateriali, dove il fenomeno mostra una rapida crescita. Per esempio, il rapporto tra il valore delle royalties ricevute per le spese in ricerca e sviluppo, e la crescita di un gruppo in un Paese con aliquote fiscali inferiori, è stato 5 volte maggiore di quello della media di tutti i restanti Paesi, ed è triplicato tra il 2009 e il 2012. Le royalties ricevute da aziende localizzate in questi Paesi con aliquote inferiori costituiscono il 3% delle royalties totali, dimostrando l’esistenza di uno specifico problema BEPS a tal proposito. Il debito sia da aziende collegate che da terze parti risulta più concentrato nelle multinazionali presenti in un regime normativo con aliquote fiscali inferiori. Il rapporto di interesse sul reddito per le aziende affiliate alle multinazionali più grandi al mondo, localizzare in Paesi con aliquote fiscali più elevate, è quasi 3 volte maggiore di quello concernente le stesse multinazionali a livello mondiale. Assieme alla nuova analisi empirica degli effetti fiscali ed economici dei problemi BEPS e alle centinaia di studi che hanno dimostrato l’esistenza della riallocazione dei profitti mediante disallineamenti nel prezzo di trasferimento (profit shifting through transfer mispricing), la localizzazione strategica dei beni immateriali e del debito, e l’abuso dei trattati, assumono la veste di indicatori fondamentali circa i rischi BEPS, confermando che sta avvenendo una riallocazione dei profitti, che è rilevante in termini di volume e in continuo aumento, e che crea distorsioni negative per l’intera economia mondiale. Inoltre, detta analisi empirica indica che i problemi BEPS sono oltremodo dannosi per la competizione tra le imprese, i livelli e la localizzazione del debito, nonché la localizzazione degli investimenti in beni immateriali, producendo una ricaduta finanziaria tra i Paesi e svariate inefficienze nell’impiego delle risorse fiscali. Leggisevere anti-evasione inevitabilmente riducono la riallocazione dei profitti in Paesi che le hanno implementate.
  • 3. Questi indicatori sono comunque fortemente limitati dalla scarsità di dati attualmente a disposizione. Le informazioni non sono, infatti, complete tra Paese e Paese, e spesso non presentano l’effettiva quantità di imposte pagate. In aggiunta a questo, l’analisi sulla riallocazione dei profitti ha trovato complesso separare gli effetti BEPS dai reali fattori economici, nelle scelte in materia di politica fiscale effettuate da parte dei governi. Sarà, quindi, fondamentale migliorare gli strumenti e i dati a disposizione per misurare e monitorare i problemi BEPS in futuro, e per valutare l’impatto delle contromisure predisposte dal Piano nel suo complesso. Ancora: pur riconoscendo la necessità di mantenere misure di sicurezza adeguate alla protezione della confidenzialità delle informazioni del contribuente, è imperativo migliorare l’analisi e la serie di dati a disposizione. Alcune di queste informazioni necessarie per il miglioramento delle misurazioni e del monitoraggio dei problemi BEPS sono già raccolte dalle Amministrazioni Fiscali, ma non sono state analizzate o messe a disposizione per il controllo. Al riguardo, l’OCSE raccomanda un continuo lavoro con tutti i governi per relazionare e analizzare più statistiche sulle imposte societarie e presentarle in maniera coerente nelle diverse nazioni. A esempio, le analisi statistiche che si basano sui dati delle Relazioni Paese-per-Paese (Country-by- Country Reporting) hanno la potenzialità di migliorare significativamente le verifiche economiche sui problemi BEPS. Questi miglioramenti nella disponibilità delle informazioni assicureranno che i governi e i ricercatori saranno in futuro maggiormente in grado di misurare e monitorare i problemi BEPS, e assumere tutte le opportune contromisure per affrontarli. Azione 12 La mancanza di informazioni recenti, complete e significative sulle strategie di pianificazione fiscale aggressiva è una delle molte sfide che le Amministrazioni Fiscali di tutto il mondo devono affrontare. L’ottenimento di queste informazioni in maniera rapida dà la possibilità di rispondere immediatamente grazie a una valutazione dettagliata di rischi fiscali, audit, o cambiamenti della normativa. L’Azione 12 del Piano BEPS riconosce i benefici di strumenti predisposti per implementare la circolazione di informazioni sui rischi fiscali per le Amministrazioni Finanziarie, e per predisporne la policy conseguente. Vengono, perciò, proposte delle raccomandazioni con riferimento alla predisposizione di leggi sugli obblighi informativi (mandatory disclosure rules) su transazioni, accordi, o strutture aggressive o elusive, prendendo in considerazione i costi amministrativi per le Amministrazioni Fiscali e per le aziende, e facendo uso dell’esperienza del sempre maggior numero di Paesi che hanno predisposto normative di questo tipo. L’OCSE fornisce una sorta di schema modulare che consente ai Paesi privi di una normativa sugli obblighi informativi di predisporre un regime che risponda alle loro necessità, ottenendo celermente le informazioni su schemi di pianificazione fiscale potenzialmente aggressivi o elusivi, e su coloro che li utilizzano.
  • 4. Ovviamente, le raccomandazioni non rappresentano uno standard vincolato: i Paesi devono, perciò, considerarsi liberi di scegliere se introdurre leggi sugli obblighi informativi o meno. Quando, peraltro, un Paese decidesse di adottare delle leggi sugli obblighi informativi, le sopra richiamate raccomandazioni fornirebbero quella flessibilità necessaria per bilanciare i bisogni del Paese su una migliore e rapida raccolta delle informazioni, concernenti l’attività di compliance dei contribuenti. Talune raccomandazioni, viceversa, sono specificamente rivolte alle normative che prendono di mira gli schemi di pianificazione fiscale internazionale, lo sviluppo e l’implementazione di uno scambio di informazioni più efficace e la cooperazione tra le Amministrazioni Fiscali. Gli obblighi informativi dovranno: - essere chiari e semplici da comprendere; - bilanciare gli ulteriori costi per l’attività di compliance dei contribuenti con i benefici ottenuti dalle Amministrazioni Fiscali; - essere efficaci nel raggiungere i loro obiettivi; - identificare con accuratezza gli schemi che devono essere esposti; - essere sufficientemente flessibili e dinamici da consentire alle Amministrazioni Fiscali di modificare il sistema nel tempo per meglio rispondere ai rischi (o per eliminare rischi divenuti ormai obsoleti); - assicurare che le informazioni raccolte siano usate in maniera utile. L’obiettivo chiave di un regime di obblighi informativi è l’aumento della trasparenza mediante il più rapido ottenimento di informazioni per le Amministrazioni Finanziarie, sugli schemi di pianificazione fiscale potenzialmente aggressivi o elusivi, nonché l’identificazione di coloro che promuovono o utilizzano questi stessi schemi. Altro obiettivo di un regime di obblighi informativi è, poi, senz’altro la deterrenza: i contribuenti potrebbero pensarci due volte prima di utilizzare un particolare framework, se sapessero che lo stesso è coperto da obbligo informativo. Tale pressione sarà sentita anche in quei mercati in cui vige un sistema fiscale favorevole. I regimi di obblighi informativi sono allo stesso tempo complementari e diversi da altri tipi di obbligazioni di informazione e di segnalazione, come i programmi di conformità cooperativa (co- operative compliance programmes), dal momento che detti regimi sono predisposti specificamente per trovare schemi di pianificazione fiscale che sfruttino punti deboli o vuoti normativi nel sistema fiscale, fornendo al contempo alle varie Giurisdizioni la flessibilità di poter scegliere le soglie limite, le caratteristiche e i filtri da utilizzare, al fine di decidere quali transazioni di particolare interesse siano da analizzare e quali siano le aree di maggior rischio. Per una stesura corretta di un regime di obblighi informativi efficace, diventa indispensabile tenere in considerazione i seguenti fattori: - chi deve informare;
  • 5. - quali informazioni devono essere fornite; - l’arco temporale in cui devono essere fornite le informazioni; - le conseguenze per coloro che non dovessero fornire le informazioni entro i limiti previsti. Con riferimento alle suddette caratteristiche, a parere dell’OCSE, i Paesi che decidessero di introdurre un regime di obblighi informativi, dovrebbero: i. Imporre l’obbligo primario di informazione sia ai promotori che ai contribuenti ii. Includere un mix di caratteristiche specifiche e generiche, l’esistenza di ciascuna delle quali inneschi un requisito di informazione. Le caratteristiche generiche si riferiscono a casi che sono comuni agli schemi promossi, come i requisiti per la confidenzialità o i pagamenti di una commissione premium. Le caratteristiche specifiche si riferiscono ad aree di particolare rischio come le perdite iii. Stabilire un meccanismo per tracciare e collegare le informazioni fornite dai promotori e dai clienti, dal momento che identificare coloro che utilizzano gli schemi è un’altra parte essenziale degli standard concernenti gli obblighi informativi. I regimi esistenti identificano questi framework mediante l’utilizzo di numeri di riferimento degli schemi e/o attraverso l’obbligo per i promotori di fornire una lista dei loro clienti. Quando un Paese decidesse di mettere l’obbligo primario di informazione in capo ai promotori, si raccomanda anche l’introduzione di un numero di riferimento degli schemi e, se permesso dalla normativa locale, la produzione di una lista di clienti iv. Collegare l’arco temporale per l’informazione con lo schema reso disponibile al contribuente, quando l’obbligo di informazione è in capo al promotore; collegarlo all’implementazione dello schema, quando invece l’obbligo informativo è in capo al contribuente v. Introdurre penalità (anche non monetarie) per assicurare la conformità con il regime di obblighi informativi che siano coerenti con la normativa locale generale. Vi sono una serie di differenze tra gli schemi locali e quelli transnazionali che rendono i secondi assai più complessi da regolamentare mediante regimi di obblighi informativi. Esiste, infatti, una maggiore probabilità che gli schemi internazionali siano predisposti per uno specifico contribuente o per una specifica transazione, e che possano riguardare più parti e vari benefici fiscali in differenti giurisdizioni; il che può rendere questi schemi più complessi da regolamentare mediante caratteristiche locali. Per superare queste difficoltà, l’OCSE raccomanda che: 1) I Paesi predispongano caratteristiche che si concentrino sul tipo di risultato BEPS transnazionale che li preoccupa maggiormente. Solo un accordo o uno schema che incorpori tale risultato transnazionale avrà l’obbligo di informazione, qualora comunque quell’accordo includa una transazione con un contribuente locale che abbia conseguenze fiscali nel Paese che lo riporta, e qualora il contribuente locale sia al corrente del risultato transnazionale. 2) I contribuenti che svolgono una transazione infragruppo con materiali conseguenze fiscali siano obbligati a dare sufficienti informazioni al fine di conoscere se quella transazione costituisca parte di un accordo che include un risultato transnazionale specificamente
  • 6. identificato, come comunicabile secondo la giurisdizione locale sul regime di obblighi informativi. Appaiono particolarmente esemplificative, agli effetti dell’applicazione di queste raccomandazioni, le tipiche ipotesi di Hybrid Mismatch Arrangement. In conclusione, dunque, la trasparenza risulta anche in questi casi essere uno dei pilastri del Progetto BEPS, il quale mira a ottenere che molte delle misure sviluppate producano un maggior scambio di informazioni tra tutte le Amministrazioni interessate. A tal proposito, si ricorda l’attività svolta dal J.I.T.S.I.C. Network (Joint International Tax Shelter Information and Collaboration), dell’OECD Forum on Tax Administration, il quale fornisce una piattaforma internazionale per una migliore cooperazione e collaborazione tra governi e giurisdizioni, basata sugli attuali strumenti legali che possano includere ogni opportuno scambio di informazioni tra i Paesi partecipanti, ottenuto seguendo gli anzidetti regimi obbligatori.