1. Adesso siamo
big in Japan
CHIMICAI2 Il nonno ha
inventato l'Amuchina.
I nipoti, invece, hanno
sviluppato il segmento
degli elettrodi,
raddoppiando il
fatturato delle Industrie
De Nora. Che con
l'acquisizione in
Giappone si moltiplica
ancora per due.
di Francesca Vercesi
150
milioni
È il finanziamento messo a
disposizione da Unicredit al
gruppo De Nora per acquisire
le due aziende giapponesi.
Sotto, l'Amuchina, inventata
da Oronzio De Nora.
Gli elettrodi made in Italyconquistano il Giappone,
andando così a completare
una leadership i cui confini
sono già tracciati tra l'Europa
e gli Stati Uniti. Industrie De
Nora, società milanese alla
terza generazione specializ-
zata in sviluppo, produzione
e distribuzione di elettrodi per
l'industria elettro chimica, ha
appena concluso un accordo
con la giapponese Mitsui per
rilevare il gruppo Permelec
electrodes e il controllo della
Chlorine engineers corp (Cec)
di Tokyo, società leàder in Asia,
rispettivamente, nello sviluppo
e nella produzione di elettrodi
per l'industria elettro chimica e
nella realizzazione di impianti
per la stessa. Operazioni che
sono state possibili anche gra-
zie al supporto finanziario di
Unicredit che ha messo a di-
sposizione un finanziamento
pari a circa 150 milioni.
Per effetto della doppia ac-
quisizione il gruppo De Nora,
conosciuto in tutto il mondo
per aver inventato l'Amuchina,
già presente in Europa, Stati
Uniti e Sud America, assumerà
anche la leadership nel merca-
to asiatico. Del resto, la Cina
rappresenta il principale pro-
duttore al mondo dell'industria
elettro chimica. Quanto al grup-
po'milanese, che ha in Federico
De Nora e Gianfranco Mora
rispettivamente il presidente
e il vicepresidente e in Paolo
Dellachà e in Matteo Lodrini
l'amministratore delegato e il
direttore finanziario, la quasi
totalità del suo fatturato viene
dall'estero e da circa 10 anni
sta continuando a crescere
attraverso un'attività di acqui-
sizioni molto mirata. Il primo
raddoppio è avvenuto nel 2005
quando il gruppo ha fatto una
campagna acquisti negli Sta-
ti Uniti. Questo è il secondo.
Tanto che da 658 dipendenti si
passerà a 1.400 e da 155 milioni
di euro di fatturato le stime sul
2011 sono di 410 milioni.
Dall'Asia vengono due terzi
del fatturato, in Cina il gruppo
è già al secondo stabilimento.
«La nostra difficoltà è stata far
convivere l'azienda familiare
con quella manageriale. Il fatto
di esserci riusciti rappresenta il
nostro punto di forza e quello
che ci permette di andare avan-
ti» sottolinea Federico De Nora.
I cambiamenti, infatti, non so-
no stati cosa facile per visioni
strategiche diverse tra fratelli e
per mettere ordine nella miria-
de di attività in cui i De Nora
sono attivi: infatti, accanto alla
Industrie De Nora, che spazia
dalla Germania agli Stati Uniti,
dall'India al Brasile, dalla Cina
al Giappone, c'è anche la finan-
ziaria Norfin chiamata innan-
zitutto a svolgere un ru01o' di
supporto economico e tecnico
alle attività del ramo industria-
le. «Ora ci concentriamo sul
Giappone, che noi conosciamo
da molto tempo:. sono almeno
quarant'anni che lavoriamo con
i giapponesi, eppure ci sorpren-
dono in continuazione, è un
mercato molto difficile per la
lingua, i parametri culturali e il
loro proverbiale scetticismo nei
confronti di ciò che è diverso»
racconta De Nora.
TRA FAMIGLIA E MANAGER
La squadra di comando del
gruppo De Nora al completo:
da sinistra. in senso orario.
Federico De Nora. Paolo
Dellachà. Matteo Lodrini
e Gianfranco Mora.
L'azienda continua a inve-
stire in ricerca e sviluppo i cui
centri sono in Italia e negli Stati
Uniti, a Cleveland. «Nel 2010
abbiamo investito il 4,5% del
fatturato» precisa l'a.d., Paolo
Dellachà. «Collaboriamo con
l'Università di Ferrara, il Politec-
nico e l'Università di Boston, ma
cerchiamo difare nuove alleanze
in questa direzione». Anche il
Medio Oriente è un mercato in-
teressante. «Qui abbiamo clienti
storici. Da quest'area vengono
delle buone commesse, si lavo-
ra su opere infrastrutturali dalle
dimensioni gigantesche. Abbia-
mo sedi anche in India, a Goa,
e in Brasile, vicino a San Paolo:
quest'ultima è un'area di interes-
se inferiore per il momento. Lo
scorso anno ilfatturato è stato di
soli lO milioni di euro» aggiunge
Dellachà.
Il gruppo è molto attivo an-
che nella protezione catodica, la
cui applicazione tradizionale è
quella per le superfici esterne di
tubazioni o cisterne in acciaio
interrate o immerse in acqua di
mare. Qualche esempio? L'Ope-
ra House di Sydney, il Cristo di
Rio de Janeiro o le piattaforme
petrolifere. Ma è sull'elettro-
metallurgia e sul trattamento
delle acque che si giocheranno
le prossime partite. «È un bu-
siness enorme dove i fondi di
private equity stanno facendo a
gara per entrarci» sottolinea De
Nora. «Infine, faremo nuovi bu-
siness nel settore dell'ossigeno.
Lo sviluppo avverrà o interna-
mente o attraverso acquisizioni
esterne». Ora, al gruppo, non
resta che consolidare quello che
hanno appena messo a segno
e ripagare il debito, che però
non è una preoccupazione. «È
gestibile e non va a rallentarci
per i prossimi anni. Siamo snelli
e avremo la possibilità di fare
nuove partnership» conclude
DelIachà. G
Il