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Effetti della presenza del tartufo sulla comunità edafica
Tarasconi K. 1
, Menta C. 1
, Garcia-Montero J.L. 2
, Gregori G. 3
1
Dipartimento di Biologia Evolutiva e Funzionale, Università degli Studi di Parma
2
Department of Forestry Engineering,Technical University of Madrid (UPM)
3
Responsabile Centro Sperimentale Tartuficoltura Regione Marche – ASSAM, S. Angelo in Vado (PU)
Parole chiave: fauna edafica, micorriza, tartufo, microartropodi.
1. Introduzione
Le caratteristiche del rapporto simbiotico fra tartufo e pianta ospite sono ancora per
diversi aspetti sconosciute, anche se numerosi studi sull’argomento sono stati effettuati
negli ultimi decenni (Selosse et al., 2007). La parola “micorriza” descrive l’associazione
simbiotica fra la radice della pianta e un fungo del suolo (Smith, 2009). Si tratta spesso di
un mutualismo in cui i prodotti della fotosintesi della pianta sono scambiati per le risorse
minerali acquisite dal fungo nel suolo. È stimato che circa il 90% delle piante terrestri
formano micorrize con funghi. In questa associazione, le ife del fungo si avvolgono “a
manicotto” attorno alla radice della pianta. Sono noti due tipi fondamentali: ectomicorri-
ze, in cui l’ifa fungina si intrude all’interno della radice fra una cellula e l’altra e endomi-
corrize, in cui invece l’ifa penetra all’interno della cellula radicale. Il micelio che rimane
all’esterno si espande nel terreno circostante per assorbire i nutrienti minerali e l’acqua.
Le ectomicorrize sono in grado di “collegare” fra di loro alberi vicini, anche appartenenti
a specie diverse, creando delle vere e proprie reti, grazie alle quali è possibile un flusso di
nutrienti e prodotti della fotosintesi da una pianta all’altra. Il ruolo ecologico di queste reti
è sicuramente fondamentale e si stanno indagando ancora diversi aspetti. Oltre al trasporto
di nutrienti ed acqua da un vegetale all’altro (a volte a favore di uno solo dei due) sono
dimostrati effetti positivi per le piante, soprattutto per quanto riguarda la colonizzazione
di terreni e il grado di evoluzione delle foreste (Domìnguez Nùñez, et al., 2006). Oltre ad
influenzare l’ecologia del suolo e dell’habitat forestale, le reti di ectomicorrize sono a loro
volta influenzate da diversi fattori presenti nell’habitat stesso, ad es. sembra che l’azione
dei collemboli agisca nel rompere e dimensionare l’estensione delle reti. Data la notevole
valenza economica delle simbiosi fra tartufo e pianta ospite, numerosi studi sono stati
effettuati su aspetti fisiologici, biochimici ed ecologici da un lato sulle risposte della pianta
ospite, in termini di produttività, crescita fogliare e dimensionale e capacità competitive
rispetto alle altre specie vegetali non simbionti (Garcia Montero et al., 2007), dall’altro, sui
vantaggi e le risposte ottenute dalla componente fungina, principalmente come crescita del
corpo fruttifero (Shaw, et al., 1996). Scarsi sono invece i dati relativi alle relazioni tra tartufo
e fauna edafica. Lo scopo della presente ricerca è quello di valutare alcuni aspetti delle bio-
cenosi composte da tartufo, pianta ospite e microartropodi del suolo al fine di indagare se
la presenza del tartufo favorisce o inibisce la comunità edafica a microartropodi. Le specie
di tartufo oggetto di studio sono Tuber melanosporum Vittad. e Tuber aestivum Vittad., asco-
miceti in grado di costituire ectomicorrize con diverse specie di piante arboree e arbustive
presenti nelle foreste delle regioni mediterranee.
194 Parte II – Contributi liberi
2. Materiali e metodi
Aree di studio
Lo studio è stato effettuato in due aree, una localizzata in Italia e l’altra in Spagna ed in
entrambe sono state individuate tre sotto aree per i campionamenti di suolo e l’estrazione
dei microartropodi. L’area di studio italiana comprende il territorio tra Cagli (43°32’N;
12°38’E) e Frontone (43°31’N; 12°44’E), nell’entroterra marchigiano. È situata in una
zona collinare di altitudine compresa fra i 400 m s.l.m. e i 600 m s.l.m. La media annuale
delle precipitazioni è di 1.158 mm, con temperature annuali medie di 12,5 °C. La vegetazio-
ne delle tartufaie naturali considerate di Tuber melanosporum è caratterizzata dalla presenza
quasi costante di alcune specie arboree, arbustive ed erbacee. La specie arborea simbionte
con la più alta frequenza nelle tartufaie (80%) è risultata la roverella (Quercus pubescens). Ol-
tre alla roverella, tipiche piante simbionti del tartufo nero pregiato nella zona considerata
compongono boschi misti e sono, il leccio (Quercus ilex), il cerro (Quercus cerris), il carpino
nero (Ostrya carpinifolia) ed il nocciolo (Corylus avellana), ma anche la rovere (Quercus robur)
ed i tigli (Tilia cordata, Tilia platiphyllos, Tilia x vulgaris).
Fra gli arbusti, vi sono i ginepri (Juniperus communis, Juniperus oxycedrus), la ginestra (Spar-
tium junceum), il prugnolo (Prunus spinosa), il biancospino (Crataegus monogyna, Crataegus ox-
yacantha), il corniolo (Cornus mas) ed alcuni suffruttici come la fumana (Fumana procumbens)
ed i cisti (Cistus albidus, Cistus incanus, Cistus salvifolius, Cistus monspeliensis). L’area spagnola
copre un raggio di 10 km fra la provincia di Peralejos de las Truchas (Guadalajara) e Bel-
valle (Beteta, Cuenca) (40°35’49.65’’N; 1°54’12.78’’W). Questa area è situata in una zona
montuosa ad un’altitudine superiore ai 1000 m. La media annuale delle precipitazioni è di
797 mm, con temperature annuali medie abbastanza basse (9,7 °C) e inverni molto fred-
di. Le tre sottoaree spagnole di campionamento sono caratterizzate dalla presenza di tre
differenti habitat vicini, definiti in base al tipo di vegetazione e piante simbionti (Garcia
Montero et al., 2007):
• Habitat I: serie geobotanica Cephalantero longifoliae-Querceto fagineae, caratterizzata da boschi
aperti di Quercus faginea e Cistus laurifolius, le cui principali associazioni arbustive apparten-
gono all’associazione Genisto scorpii-Cistetum laurifolii, dominata da C. laurifolius.
• Habitat II: boschi misti composti da esemplari di Corylus avellana, Quercus faginea e alcuni
esemplari di Tilia platyphyllos, appartenenti all’associazione Astrantio-Coryleto avellanae.
• Habitat III: boschi aperti dominati dalla presenza di Quercus ilex subsp. ballota, ascrivibili
all’associazione geobotanica Junipero thuliferae-Querceto rotundifoliae.
Caratterizzazione della fauna edafica a microartropodi
In ogni sottoarea sono stati individuati tre pianelli e si è proceduto alla raccolta di cam-
pioni di suolo (10x10x10 cm) per l’estrazione della fauna edafica all’interno dei pianelli e
all’esterno degli stessi (a circa 5 m di distanza, dove la copertura vegetale e le condizioni
del suolo erano comparabili a quelle presenti nel pianelli). Complessivamente sono stati
prelevati 18 campioni di suolo nell’area italiana, nel mese di giugno 2010 e 18 in quella
spagnola, nel mese di luglio 2010.
In laboratorio i campioni di suolo sono stati posti sul selettore Berlese-Tullgren. Ter-
minata l’estrazione (10 giorni) si è proceduto all’osservazione dell’estratto, alla determina-
La percezione del Suolo 195
zione dei taxa di microartropodi e al conteggio degli individui. È stato inoltre applicato
l’indice di qualità biologica del suolo QBS-ar (Parisi et al., 2005).
3. Risultati e conclusioni
Italia
Nelle tre sottoaree italiane sono stati osservati complessivamente 12 gruppi tassono-
mici alcuni dei quali tipici di ambienti boschivi: pseudoscorpioni, araneidi, acari, isopodi,
diplopodi, sinfili, pauropodi, collemboli, emitteri, imenotteri, coleotteri (adulti e larve), e
ditteri (adulti e larve). Nella sottoarea 1, caratterizzata da una minore naturalità rispetto
alla 2 e 3, è stato osservato un numero di gruppi inferiore (da 2 a 7) rispetto alle altre due
sottoaree, con l’assenza di gruppi ben adattati al suolo come pauropodi o gruppi tipici di
ambienti boschivi come gli pseudoscorpioni. Il confronto tra la comunità edafica a mi-
croartropodi osservata fuori e dentro il pianello interessato dalla presenza del tartufo ha
messo in evidenza differenze evidenti solo nella sottoarea 3, dove la comunità edafica è
risultata maggiormente diversificata nelle zone fuori dal pianello (figura 1). L’indice QBS-
ar non ha messo in evidenza differenze apprezzabili tra le due condizioni.
Figura 1 – Numero di gruppi presenti nelle tre zone campionate della sottoarea italiana 3, rispetti-
vamente fuori (F) e dentro (P) il pianello.
Spagna
Nell’area spagnola il numero di gruppi osservato è stato inferiore rispetto all’area ita-
liana. Complessivamente sono stati osservati 10 gruppi tassonomici: araneidi, acari, diplo-
podi, sinfili, collemboli, emitteri, dermatteri, imenotteri, coleotteri (adulti e larve), e ditteri
(adulti e larve). In tutte tre le sottoaree il numero di forme biologiche è risultato maggiore
fuori dal pianello (figura 2). Indagando i dati relativi ai singoli gruppi di microartropodi, la
densità di acari e imenotteri (figura 3) è maggiore nel suolo campionato fuori dal pianello,
196 Parte II – Contributi liberi
dimostrando una chiara preferenza in particolare da parte di questo gruppo alla condizione
di minor presenza delle ife del tartufo. L’indice QBS-ar non ha messo in evidenza differen-
ze chiare tra le due condizioni nelle tre sottoaree.
Figura 2 – Numero di gruppi presenti nelle tre zone campionate della sottoarea spagnola 2, rispet-
tivamente fuori (F) e dentro (P) il pianello.
Figura 3 – Densità (ind./m2
) degli imenotteri osservati dentro e fuori il pianello nelle zone campio-
nate delle sottoaree 1-3 dell’area spagnola.
4. Conclusioni
Nell’area spagnola il minor numero di gruppi di microartropodi osservato rispet-
to all’area italiana potrebbe essere imputabile in parte alle diverse condizioni climatiche
(clima più rigido e secco) e pedologiche, in parte ad una minor biodiversità e copertura
della vegetazione epigea. Le più evidenti differenze riscontrate nel numero di gruppi fra
l’esterno e l’interno del pianello nei campioni spagnoli, potrebbe essere in relazione sia
La percezione del Suolo 197
alla minore copertura erbacea dei pianelli nell’area spagnola rispetto a quelli italiani, sia
alla maggiore dimensione degli stessi, fattore che potrebbe ostacolare la migrazione oriz-
zontale degli organismi dalla parte esterna, caratterizzata da copertura erbacea più fitta e
quindi con condizioni più favorevoli per i microartropodi, alla parte interna del pianello,
quasi completamente priva di vegetazione erbacea. Nelle aree spagnole, la minor copertura
vegetale nei pianelli potrebbe essere la maggiore causa della ridotta presenza di microar-
tropodi edafici negli stessi rispetto alle aree circostanti, interessante in minor misura o non
interessate dalla micorrizazione. Non è da escludere un effetto diretto inibitore da parte
del tartufo, almeno su alcuni gruppi edafici. A tale proposito, i risultati ottenuti in questo
studio sono da considerarsi preliminari e pertanto necessitano di ulteriori indagini, in par-
ticolare relative alla liberazione di sostanze da parte dei tartufi in grado di influenzare la
comunità edafica.
BIBLIOGRAFIA
• Domìnguez Nùñez J.A., Selva Serrano J., Rodrìguez Barreal J.A., Saiz de Omeñaca Gonzàlez J.A.,
2006. The influence of mycorrhization with Tuber melanosporum in the afforestation of a Mediterranean site with
Quercus ilex and Quercus faginea, Forest Ecology and Management 231, pp. 226-233.
• Garcìa-Montero L.G., Manjòn J.L., Pascual C., Garcìa-Abril A., 2007. Ecological patterns of Tuber
melanosporum and different Quercus Mediterranean forests: Quantitative production of truffles, burn sizes and
soil studies, Forest Ecology and Management 242, pp. 288-296.
• Parisi V., Menta C., Gardi C., Jacomini C., Mozzanica E., 2005. Microarthropod Communities as a Tool
to Assess Soil Quality and Biodiversity: a new Approach in Italy, Agriculture, Ecosystems & Environment
105, pp. 323-333.
• Selosse M.A., Richard F., Xinhua H., Simard S.W., 2007. Mycorrhizal networks: des liaisons dangereuses?,
TRENDS in Ecology and Evolution Vol.21, No.11.
• Shaw P.J.A., Lankey K., Jourdan A., 1996. Factors affecting yield of Tuber melanosporum in a Quercus ilex
plantation in southern France, Mycol. Res. 100 (10): 1176-1178.
• Smith R.D., 2009. Plant-mycorrhiza percent infection as evidence of coupled metabolism, Journal of Theore-
tical Biology 259, pp. 172-175.

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  • 1. Effetti della presenza del tartufo sulla comunità edafica Tarasconi K. 1 , Menta C. 1 , Garcia-Montero J.L. 2 , Gregori G. 3 1 Dipartimento di Biologia Evolutiva e Funzionale, Università degli Studi di Parma 2 Department of Forestry Engineering,Technical University of Madrid (UPM) 3 Responsabile Centro Sperimentale Tartuficoltura Regione Marche – ASSAM, S. Angelo in Vado (PU) Parole chiave: fauna edafica, micorriza, tartufo, microartropodi. 1. Introduzione Le caratteristiche del rapporto simbiotico fra tartufo e pianta ospite sono ancora per diversi aspetti sconosciute, anche se numerosi studi sull’argomento sono stati effettuati negli ultimi decenni (Selosse et al., 2007). La parola “micorriza” descrive l’associazione simbiotica fra la radice della pianta e un fungo del suolo (Smith, 2009). Si tratta spesso di un mutualismo in cui i prodotti della fotosintesi della pianta sono scambiati per le risorse minerali acquisite dal fungo nel suolo. È stimato che circa il 90% delle piante terrestri formano micorrize con funghi. In questa associazione, le ife del fungo si avvolgono “a manicotto” attorno alla radice della pianta. Sono noti due tipi fondamentali: ectomicorri- ze, in cui l’ifa fungina si intrude all’interno della radice fra una cellula e l’altra e endomi- corrize, in cui invece l’ifa penetra all’interno della cellula radicale. Il micelio che rimane all’esterno si espande nel terreno circostante per assorbire i nutrienti minerali e l’acqua. Le ectomicorrize sono in grado di “collegare” fra di loro alberi vicini, anche appartenenti a specie diverse, creando delle vere e proprie reti, grazie alle quali è possibile un flusso di nutrienti e prodotti della fotosintesi da una pianta all’altra. Il ruolo ecologico di queste reti è sicuramente fondamentale e si stanno indagando ancora diversi aspetti. Oltre al trasporto di nutrienti ed acqua da un vegetale all’altro (a volte a favore di uno solo dei due) sono dimostrati effetti positivi per le piante, soprattutto per quanto riguarda la colonizzazione di terreni e il grado di evoluzione delle foreste (Domìnguez Nùñez, et al., 2006). Oltre ad influenzare l’ecologia del suolo e dell’habitat forestale, le reti di ectomicorrize sono a loro volta influenzate da diversi fattori presenti nell’habitat stesso, ad es. sembra che l’azione dei collemboli agisca nel rompere e dimensionare l’estensione delle reti. Data la notevole valenza economica delle simbiosi fra tartufo e pianta ospite, numerosi studi sono stati effettuati su aspetti fisiologici, biochimici ed ecologici da un lato sulle risposte della pianta ospite, in termini di produttività, crescita fogliare e dimensionale e capacità competitive rispetto alle altre specie vegetali non simbionti (Garcia Montero et al., 2007), dall’altro, sui vantaggi e le risposte ottenute dalla componente fungina, principalmente come crescita del corpo fruttifero (Shaw, et al., 1996). Scarsi sono invece i dati relativi alle relazioni tra tartufo e fauna edafica. Lo scopo della presente ricerca è quello di valutare alcuni aspetti delle bio- cenosi composte da tartufo, pianta ospite e microartropodi del suolo al fine di indagare se la presenza del tartufo favorisce o inibisce la comunità edafica a microartropodi. Le specie di tartufo oggetto di studio sono Tuber melanosporum Vittad. e Tuber aestivum Vittad., asco- miceti in grado di costituire ectomicorrize con diverse specie di piante arboree e arbustive presenti nelle foreste delle regioni mediterranee.
  • 2. 194 Parte II – Contributi liberi 2. Materiali e metodi Aree di studio Lo studio è stato effettuato in due aree, una localizzata in Italia e l’altra in Spagna ed in entrambe sono state individuate tre sotto aree per i campionamenti di suolo e l’estrazione dei microartropodi. L’area di studio italiana comprende il territorio tra Cagli (43°32’N; 12°38’E) e Frontone (43°31’N; 12°44’E), nell’entroterra marchigiano. È situata in una zona collinare di altitudine compresa fra i 400 m s.l.m. e i 600 m s.l.m. La media annuale delle precipitazioni è di 1.158 mm, con temperature annuali medie di 12,5 °C. La vegetazio- ne delle tartufaie naturali considerate di Tuber melanosporum è caratterizzata dalla presenza quasi costante di alcune specie arboree, arbustive ed erbacee. La specie arborea simbionte con la più alta frequenza nelle tartufaie (80%) è risultata la roverella (Quercus pubescens). Ol- tre alla roverella, tipiche piante simbionti del tartufo nero pregiato nella zona considerata compongono boschi misti e sono, il leccio (Quercus ilex), il cerro (Quercus cerris), il carpino nero (Ostrya carpinifolia) ed il nocciolo (Corylus avellana), ma anche la rovere (Quercus robur) ed i tigli (Tilia cordata, Tilia platiphyllos, Tilia x vulgaris). Fra gli arbusti, vi sono i ginepri (Juniperus communis, Juniperus oxycedrus), la ginestra (Spar- tium junceum), il prugnolo (Prunus spinosa), il biancospino (Crataegus monogyna, Crataegus ox- yacantha), il corniolo (Cornus mas) ed alcuni suffruttici come la fumana (Fumana procumbens) ed i cisti (Cistus albidus, Cistus incanus, Cistus salvifolius, Cistus monspeliensis). L’area spagnola copre un raggio di 10 km fra la provincia di Peralejos de las Truchas (Guadalajara) e Bel- valle (Beteta, Cuenca) (40°35’49.65’’N; 1°54’12.78’’W). Questa area è situata in una zona montuosa ad un’altitudine superiore ai 1000 m. La media annuale delle precipitazioni è di 797 mm, con temperature annuali medie abbastanza basse (9,7 °C) e inverni molto fred- di. Le tre sottoaree spagnole di campionamento sono caratterizzate dalla presenza di tre differenti habitat vicini, definiti in base al tipo di vegetazione e piante simbionti (Garcia Montero et al., 2007): • Habitat I: serie geobotanica Cephalantero longifoliae-Querceto fagineae, caratterizzata da boschi aperti di Quercus faginea e Cistus laurifolius, le cui principali associazioni arbustive apparten- gono all’associazione Genisto scorpii-Cistetum laurifolii, dominata da C. laurifolius. • Habitat II: boschi misti composti da esemplari di Corylus avellana, Quercus faginea e alcuni esemplari di Tilia platyphyllos, appartenenti all’associazione Astrantio-Coryleto avellanae. • Habitat III: boschi aperti dominati dalla presenza di Quercus ilex subsp. ballota, ascrivibili all’associazione geobotanica Junipero thuliferae-Querceto rotundifoliae. Caratterizzazione della fauna edafica a microartropodi In ogni sottoarea sono stati individuati tre pianelli e si è proceduto alla raccolta di cam- pioni di suolo (10x10x10 cm) per l’estrazione della fauna edafica all’interno dei pianelli e all’esterno degli stessi (a circa 5 m di distanza, dove la copertura vegetale e le condizioni del suolo erano comparabili a quelle presenti nel pianelli). Complessivamente sono stati prelevati 18 campioni di suolo nell’area italiana, nel mese di giugno 2010 e 18 in quella spagnola, nel mese di luglio 2010. In laboratorio i campioni di suolo sono stati posti sul selettore Berlese-Tullgren. Ter- minata l’estrazione (10 giorni) si è proceduto all’osservazione dell’estratto, alla determina-
  • 3. La percezione del Suolo 195 zione dei taxa di microartropodi e al conteggio degli individui. È stato inoltre applicato l’indice di qualità biologica del suolo QBS-ar (Parisi et al., 2005). 3. Risultati e conclusioni Italia Nelle tre sottoaree italiane sono stati osservati complessivamente 12 gruppi tassono- mici alcuni dei quali tipici di ambienti boschivi: pseudoscorpioni, araneidi, acari, isopodi, diplopodi, sinfili, pauropodi, collemboli, emitteri, imenotteri, coleotteri (adulti e larve), e ditteri (adulti e larve). Nella sottoarea 1, caratterizzata da una minore naturalità rispetto alla 2 e 3, è stato osservato un numero di gruppi inferiore (da 2 a 7) rispetto alle altre due sottoaree, con l’assenza di gruppi ben adattati al suolo come pauropodi o gruppi tipici di ambienti boschivi come gli pseudoscorpioni. Il confronto tra la comunità edafica a mi- croartropodi osservata fuori e dentro il pianello interessato dalla presenza del tartufo ha messo in evidenza differenze evidenti solo nella sottoarea 3, dove la comunità edafica è risultata maggiormente diversificata nelle zone fuori dal pianello (figura 1). L’indice QBS- ar non ha messo in evidenza differenze apprezzabili tra le due condizioni. Figura 1 – Numero di gruppi presenti nelle tre zone campionate della sottoarea italiana 3, rispetti- vamente fuori (F) e dentro (P) il pianello. Spagna Nell’area spagnola il numero di gruppi osservato è stato inferiore rispetto all’area ita- liana. Complessivamente sono stati osservati 10 gruppi tassonomici: araneidi, acari, diplo- podi, sinfili, collemboli, emitteri, dermatteri, imenotteri, coleotteri (adulti e larve), e ditteri (adulti e larve). In tutte tre le sottoaree il numero di forme biologiche è risultato maggiore fuori dal pianello (figura 2). Indagando i dati relativi ai singoli gruppi di microartropodi, la densità di acari e imenotteri (figura 3) è maggiore nel suolo campionato fuori dal pianello,
  • 4. 196 Parte II – Contributi liberi dimostrando una chiara preferenza in particolare da parte di questo gruppo alla condizione di minor presenza delle ife del tartufo. L’indice QBS-ar non ha messo in evidenza differen- ze chiare tra le due condizioni nelle tre sottoaree. Figura 2 – Numero di gruppi presenti nelle tre zone campionate della sottoarea spagnola 2, rispet- tivamente fuori (F) e dentro (P) il pianello. Figura 3 – Densità (ind./m2 ) degli imenotteri osservati dentro e fuori il pianello nelle zone campio- nate delle sottoaree 1-3 dell’area spagnola. 4. Conclusioni Nell’area spagnola il minor numero di gruppi di microartropodi osservato rispet- to all’area italiana potrebbe essere imputabile in parte alle diverse condizioni climatiche (clima più rigido e secco) e pedologiche, in parte ad una minor biodiversità e copertura della vegetazione epigea. Le più evidenti differenze riscontrate nel numero di gruppi fra l’esterno e l’interno del pianello nei campioni spagnoli, potrebbe essere in relazione sia
  • 5. La percezione del Suolo 197 alla minore copertura erbacea dei pianelli nell’area spagnola rispetto a quelli italiani, sia alla maggiore dimensione degli stessi, fattore che potrebbe ostacolare la migrazione oriz- zontale degli organismi dalla parte esterna, caratterizzata da copertura erbacea più fitta e quindi con condizioni più favorevoli per i microartropodi, alla parte interna del pianello, quasi completamente priva di vegetazione erbacea. Nelle aree spagnole, la minor copertura vegetale nei pianelli potrebbe essere la maggiore causa della ridotta presenza di microar- tropodi edafici negli stessi rispetto alle aree circostanti, interessante in minor misura o non interessate dalla micorrizazione. Non è da escludere un effetto diretto inibitore da parte del tartufo, almeno su alcuni gruppi edafici. A tale proposito, i risultati ottenuti in questo studio sono da considerarsi preliminari e pertanto necessitano di ulteriori indagini, in par- ticolare relative alla liberazione di sostanze da parte dei tartufi in grado di influenzare la comunità edafica. BIBLIOGRAFIA • Domìnguez Nùñez J.A., Selva Serrano J., Rodrìguez Barreal J.A., Saiz de Omeñaca Gonzàlez J.A., 2006. The influence of mycorrhization with Tuber melanosporum in the afforestation of a Mediterranean site with Quercus ilex and Quercus faginea, Forest Ecology and Management 231, pp. 226-233. • Garcìa-Montero L.G., Manjòn J.L., Pascual C., Garcìa-Abril A., 2007. Ecological patterns of Tuber melanosporum and different Quercus Mediterranean forests: Quantitative production of truffles, burn sizes and soil studies, Forest Ecology and Management 242, pp. 288-296. • Parisi V., Menta C., Gardi C., Jacomini C., Mozzanica E., 2005. Microarthropod Communities as a Tool to Assess Soil Quality and Biodiversity: a new Approach in Italy, Agriculture, Ecosystems & Environment 105, pp. 323-333. • Selosse M.A., Richard F., Xinhua H., Simard S.W., 2007. Mycorrhizal networks: des liaisons dangereuses?, TRENDS in Ecology and Evolution Vol.21, No.11. • Shaw P.J.A., Lankey K., Jourdan A., 1996. Factors affecting yield of Tuber melanosporum in a Quercus ilex plantation in southern France, Mycol. Res. 100 (10): 1176-1178. • Smith R.D., 2009. Plant-mycorrhiza percent infection as evidence of coupled metabolism, Journal of Theore- tical Biology 259, pp. 172-175.