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Università degli Studi di Padova
Dipartimento dei Beni Culturali: archeologia, storia dell’arte, del cinema
e della musica
Corso di Laurea Triennale in
Discipline Delle Arti, Della Musica e Dello Spettacolo
Fotografia Digitale: Evoluzione o Rivoluzione?
Professore: Carlo Alberto Zotti Minici
Laureando: Hannelore Elena Liciu
Matr. 1031230
Anno Accademico
2013/2014
Indice
1. Introduzione
2. I formati analogici e digitali
 Un passaggio essenziale e necessario
 I vari formati
 Questioni tecniche, ma anche estetiche
3. Conseguenze sociali delle innovazioni tecnologiche
 Dalla nascita dell’amatorialità al digitale
 L’avvento del digitale
 Le conseguenze
 Perché amare il rullino?
4. Avvento della fotografia nei social network e nei photo-sharing websites
 Nuovi metodi di condivisione
 Fine della professionalità?
5. Fotografia Digitale: evoluzione o rivoluzione?
 Ricerca personale: “Cos’è per voi la fotografia?”
 Evoluzione o rivoluzione?
5
1. Introduzione
Questa ricerca porrà la propria attenzione sulla trasformazione che si è attuata
negli ultimi anni nel campo della fotografia, a causa di una serie di eventi in continuo
cambiamento nell'ambito sociale e quello della tecnologia. Verranno affrontati gli effetti
dello sviluppo tecnologico della fotografia, dalla nascita della cultura fotografica
amatoriale fino ad oggi, transitando per quei momenti rilevanti per la nascita del digitale
e le conseguenze che essa portò dal punto di vista sociale.
La tecnologia si è sviluppata talmente tanto negli ultimi duecento anni, che non
riusciamo nemmeno a renderci conto: il digitale ha preso piede in meno di cento anni, e
ogni anno ci sono miglioramenti e innovazioni che spesso ci lasciano a bocca aperta.
Ci si chiede a questo punto, come abbia portato a un nuovo comportamento
sociale l’innovazione tecnologica (in questo caso) della macchina fotografica,
dall’analogico al digitale, e quali siano le nuove abitudini sociali nei confronti della
fotografia del XXI secolo, cercando di fornire dei dati aggiornati dal web, dalle
conoscenze personali e da una ricerca personale attuata su un campione di persone non
classificate secondo il proprio ambito lavorativo, ma praticanti della fotografia.
L’obiettivo finale di questo studio è capire se attraverso gli anni la tecnologia
dello sviluppo digitale abbia portato a un’evoluzione, oppure a una rivoluzione
fotografica, e si cercherà di capire tutto ciò anche dallo studio effettuato.
Lo studio verrà affrontato con materiali provenienti principalmente dal web, in
quanto nei libri cartacei queste informazioni vengono trovate molto difficilmente.
6
7
2. I formati analogici e digitali
Un passaggio essenziale e necessario
La fine del secondo millennio, tra le numerose immagini, metafore e definizioni
con cui è stata rappresentata, viene oggi comunemente stigmatizzata nei termini di un
passaggio dall'analogico al digitale. Un passaggio inevitabile, dato il grosso bisogno di
trasferire e assimilare le informazioni, tipicamente delle società delle reti: ipertestualità,
multimedialità, interattività – termini con cui abbiamo a che fare ogni giorno, dalle mail
che ci scambiamo, alle fotografie o dai video che vediamo online, agli amici con cui
scambiamo due parole sulle piattaforme social. Tutti sono a conoscenza di questo
grande passaggio, almeno a livello macroscopico, però molta parte della generazione
anni ’90 e duemila non ne sanno molto poiché non l’hanno vissuta “sulla propria pelle”.
Per analogico si intende un sistema in cui una quantità fisica continuamente
variabile (ad esempio, l'intensità di un'onda audio) viene rappresentata da un'altra (ad
esempio, la tensione di un segnale elettrico) nel modo più fedele possibile. È il sistema
dell’imitazione, dell’opposizione originale/falso, dell’imprecisione. È digitale invece un
sistema o dispositivo che sfrutta segnali discreti per rappresentare e riprodurre segnali
continui sotto forma di numeri o altri caratteri. È l’universo nel quale le informazioni
vengono rappresentate da stringhe di 0 e 1, attivo/inattivo, alto/basso, vero/falso.
La rivoluzione digitale parte dalla rivoluzione delle comunicazioni degli
anni ’80 e ’90, quando si passa da un’interfaccia statica a un’interfaccia multimediale.
Così, il sistema mediale comincia ad interferire con tutti i sistemi che lo circondano,
inglobando nella sua cerchia tutti i sistemi mediatici dalla televisione, alla stampa, alla
radio (considerati media ”primitivi”, in quanto con essi non si poteva interagire).
Questo è il risultato dell'incontro tra arte e scienza, della formazione di una
nuova cultura che ha carattere popolare e si basa sulle conseguenze di una tecnologia
che ha invaso il nostro ambiente culturale e promuove un processo di sviluppo
automatico sostenuto dalle stesse innovazioni tecnologiche e da un permanente
desiderio di cambiamento. L’equivoco contemporaneo risiede nella confusione tra due
mondi ancora distanti: quello della conoscenza e quello della programmazione. Il
digitale si configura come una possibilità di rappresentazione del reale, ma pur sempre
come una modalità di semplice trasmissione dei contenuti. Fornire i contenuti è (e
8
resterà sempre) compito dell’homo analogicus.1
I vari formati
Sia nel mondo analogico che in quello digitale ci troviamo dinanzi a una
moltitudine di formati. Non c’è un motivo preciso alla base dell’esistenza di così tanti
formati, se non il fatto che ogni marca ha lavorato diversamente dalle altre nella
produzione delle proprie macchine.
Il formato più famoso e più utilizzato è certamente il formato 35mm, chiamato
anche 135. Questa pellicola fu creata appositamente per la cinematografia, infatti,
presenta dei fori nella parte alta e nella parte bassa che permettono il suo avanzamento a
manovella. Il formato 35mm è stato adottato anche dal mondo della fotografia, però
l’altezza fu raddoppiata: da un’area fotosensibile tipica cinematografica di 18×24mm, a
un’area di 36×24mm per la fotografia statica.
Un altro tipo di formato ancora utilizzato nella fotografia è la pellicola definita
medio formato, che permette un’area di esposizione maggiore rispetto al formato 135,
soprattutto se si lavora con un banco ottico. Si tratta dei formati 120 e 220mm, la cui
caratteristica è l’altezza del fotogramma pari a 6cm. La differenza tra le due sta nella
lunghezza della pellicola: la 220 permette circa il doppio delle pose rispetto al 120.
1. Formati pellicole
1 Kapusons, Dall’analogico al digitale,
http://www.kapusons.com/document/it/dall_analogico_al_digitale/campagne_di_comunicazione,
consultato il 06.05.2014
9
Il formato 4,5×6 è un formato “rettangolare” e permette di di ricavare 15 scatti
da una pellicola 120 o 30 da una 220. Il formato 6×6 è al contrario adatto a soggetti
quadrati e da un rullo 120 è possibile ricavare 12 scatti contro i 24 del formato 220. Il
formato 6×7 ed il 6×9 sono i più utilizzati in quanto ripropongono una dissimmetria tra
le due dimensioni, con il 6×9 identico, per rapporto, al 135. Il numero dei fotogrammi
ricavabili è pari a circa 9-10 esposizioni dal rullo 120 e 18-20 esposizioni dal rullo 220.
Entrambi i rulli furono introdotti da Kodak rispettivamente nel 1901 e nel 1965.
La pellicola da 35mm, per quanto oramai sia quasi solo relegata alla lomografia
(con tutti i maggiori produttori che hanno chiuso le fabbriche), è divenuta un punto di
riferimento anche nel mondo digitale: tutti i sensori sono, infatti, dimensionati su di essa.
Le reflex full frame2
sono infatti dotati di sensori dalla dimensione pari a 36x24mm
mentre tutte le compatte esprimono la dimensione del proprio sensore rapportandole ad
essa (per esempio 1/2.5, 1/1.6 e via discorrendo).3
L’anno 2008 è segnato particolarmente dal passaggio dall’analogico al digitale,
e se ne parlerà meglio del processo nel capitolo 3. Il bisogno di velocità di riproduzione,
di trasmissione e di pubblicazione ha fatto sì che il digitale prenda piede sempre di più.
La rapidità del digitale va a sostituire i processi analogici, che richiedono troppo tempo,
però, anche se non bisogna più badare alla conservazione delle pellicole ad una
determinata temperatura4
, con il digitale bisogna essere muniti di grosse memorie per
conservare i file, per non rischiare di perdere il lavoro svolto. Ci si chiede costantemente
se il passaggio al digitale sarà definitivo, e direi che oggi abbiamo la risposta più che
mai. Ci si avvia sempre di più verso un’era di solo digitale, mentre l’analogico diventa
un sistema ricercato dai soli appassionati.
Il “problema” di oggi consiste nel fatto che le macchine full frame sono ancora
molto costose per il pubblico, infatti, molto spesso le chiamiamo macchine professionali.
2 Reflex digitali a pieno formato (35mm).
3 Fotografare in digitale, I formati delle pellicole fotografiche,
http://www.fotografareindigitale.com/2012/11/i-formati-delle-pellicole-fotografiche/, consultato il
07.05.2014
4 La conservazione delle pellicole non ancora esposte richiede temperature inferiori a 15°C per l'uso nel
medio periodo, inferiori a 0 °C per l'utilizzo nel lungo periodo. Questo evita il naturale degrado degli
alogenuri che possono portare a dominanti cromatiche o variazioni della sensibilità. Per le pellicole
esposte sono sufficienti temperature inferiori a 25°C per il medio periodo e inferiori a 10 °C per il lungo
periodo, sempre con umidità compresa tra il 30% e il 50%. È importante comunque sviluppare la pellicola
il prima possibile, per evitare il decadimento degli alogenuri.
10
Ci sono però le macchine APS-C 5
, che montano un formato ridotto di sensore
dell’immagine, e che sono oggi tra i più utilizzati nel settore delle fotocamere reflex
digitali. Si tratta di un formato “croppato”, tagliato, che non ha quindi le dimensioni di
un 35mm, ma si presenta in varie dimensioni a seconda della marca di produzione della
macchina.
2. Formati digitali
Così, ci troviamo dinanzi a una vasta scelta di formati, se dovessimo decidere di
comprare una macchina reflex oppure una semplice macchinetta compatta. Sta a noi
decidere e capire a che livello vogliamo che sia la nostra esperienza fotografica. La
maggior parte delle persone utilizzano una semplice macchinetta compatta: piccola,
tascabile, ci sta nella nostra borsetta. Chi si appassiona al mondo reflex di solito parte
acquistando una APS-C, poi man mano si rende conto degli svantaggi del sensore della
propria macchina: maggior rumore d’immagine, minore luminosità e ampiezza del
mirino, una riduzione dell’angolo di campo, risultante nella moltiplicazione apparente
della lunghezza focale dell’obiettivo utilizzato di un fattore 1.5 – 1.66
(quindi solo se
utilizziamo un’ottica come il 35mm avremo il famoso 50mm che non dovrebbe mancare
nel corredo di un fotografo appassionato). Questi motivi portano chi vuole lavorare nel
5 Advanced Photo System Classic.
6 Wikipedia, APS-C, https://it.wikipedia.org/wiki/APS-C, consultato il 07.05.2014
11
mondo della fotografia ad acquistare una macchina full frame, per avere i vantaggi che
si avevano una volta con la macchina fotografica analogica, solo che questa volta, in
digitale.
Questioni tecniche, ma anche estetiche
La convergenza dei vari media ha portato grosse trasformazioni in tutti gli
ambiti tecnologici. Lavorando nella fotografia digitale, inevitabilmente dovremo
scaricare dalla memoria della macchina le nostre foto sul nostro computer per fare una
selezione delle migliori, per ritoccare i particolari che non ci piacciono o semplicemente
per fare qualche correzione del bianco, che non è mai facile ottenere direttamente con
un semplice scatto. Tutte operazioni che richiedono l’utilizzo di uno schermo con i
colori calibrati e un software che possa eseguire le operazioni.
Nel secolo scorso chiunque possedeva uno schermo a tubo catodico, nella
propria televisione oppure nel monitor del PC. Si sono dimostrati una tecnologia
duratura rispetto a quella che acquistiamo oggi, anche se sono diventati obsoleti a causa
della loro ingombranza e del alto costo di produzione che prevedono. Vari produttori
hanno comunque provveduto a immettere nuovi modelli a basso ingombro, e la
tecnologia è stata utilizzata moltissimo anche dopo la metà degli anni duemila. La
tecnologia del tubo catodico è tuttora apprezzata per la sua velocità di reazione (la
minor latenza, soprattutto nell’uso dei videogiochi), i suoi colori fedeli delle immagini
riprodotte e il consumo minore di elettricità, che si riduce ulteriormente in caso di
riproduzione di immagini scure.7
Un appassionato della tecnologia in trasformazione non bada oggi ai vantaggi
offerti dallo schermo a tubo catodico, affidandosi al nuovo mercato molto accessibile
dei plasma, degli LCD o degli schermi a tecnologia LED. Soltanto la tecnologia LED
può competere al momento con i vecchi schermi a tubo catodico, grazie alla loro lunga
durata, l’elevata efficienza e il basso consumo; resta un’incognita la fedeltà del colore,
molto importante per chi lavora nel mondo fotografico oppure nel mondo del montaggio
video.
7 Wikipedia, Schermo a tubo catodico, https://it.wikipedia.org/wiki/Schermo_a_tubo_catodico,
consultato il 07.05.2014
12
Il passaggio a nuove tecnologie ha adottato i cambiamenti che erano già
avvenuti per televisori e monitor a tubo catodico. Sto parlando del cambiamento del
aspect ratio 8
, che in origine era di 4:3 (indicato anche come 1.33:1 in campo
cinematografico) come dal formato cinematografico che venne standardizzato
dall’avvento del cinema sonoro. Si tratta di un formato che si avvicina alla visione
umana, che è di 155° orizzontale per 120° verticale. Dagli anni cinquanta vengono
definiti una serie di formati panoramici che vennero adottati dall’industria
cinematografica allo scopo di aumentare la spettacolarità delle immagini.
3. Aspect ratio, le scale più comuni: area rossa 4:3, area verde 16:9, area blu 2.35:1 (Cinemascope)
Oggi, nel campo cinematografico, un formato molto popolare è il 16:9, ed è alla
base della TV ad alta definizione (HDTV), però oggi è comunemente utilizzato anche
nella televisione standard. Questo formato permette di avere un campo visivo di area
maggiore, però viene ridotto dalle televisioni in formato 4:3 oppure, se la televisione ha
possibilità di cambiare il ratio, l’immagine verrà proporzionata allo schermo e sopra e
sotto di essa verranno visionate due bande nere di dimensioni uguali da 72 pixel l’una.
8 L'aspect ratio (ratio), o in italiano rapporto d'aspetto, indica il rapporto matematico tra la larghezza e
l'altezza di un'immagine.
13
4. La varietà dei formati cinematografici
Ci sono molti altri formati, tra cui il 14:9 testato dalla BBC in Inghilterra,
Irlanda e Australia, che però è soltanto un formato di trasmissione e non di
registrazione; c’è anche il formato Cinemascope, che è ulteriormente più ampio del 16:9,
però ha poca compatibilità dal punto di vista trasmissivo.
Dal punto di vista della fotografia il discorso vale allo stesso modo. La maggior
parte delle macchine fotografiche scatta fotografie in proporzioni al 35mm, quindi quel
che estraiamo dalle nostre macchine ha un aspect ratio di 3:2 (1.5:1). Altre macchine,
come le Olympus per esempio, utilizzano un aspect ratio di 4:3.9
Il problema si pone
quando nei programmi di editing utilizziamo lo strumento “taglierina”, che ci permette
di tagliare fuori dalle fotografie quel che non ci piace dell’inquadratura. Molti non
tengono conto però del fatto che tagliando secondo delle proporzioni sbagliate, si rischia
9 Wikipedia, voce Aspect ratio (immagine), https://it.wikipedia.org/wiki/Aspect_ratio_(immagine),
consultato il 09.05.2014
14
di avere una foto tagliata ulteriormente in stampa oppure durante una proiezione video.
In sostanza, quando si va a tagliare una fotografia, bisogna tenere conto delle
proporzioni originali della fotografia oppure, se si manda in stampa, bisogna fare
attenzione che il laboratorio non esegua un taglio della nostra fotografia per farla
rientrare nelle dimensioni della carta di stampa. Può anche succedere di peggio: se non
manteniamo le proporzioni, l’immagine potrà anche non essere tagliata in stampa, però
può subire alterazioni delle proporzioni da parte della macchina di stampa – cosa non
molto gradita se si tratta di ritratti, per esempio.10
Nella stessa direzione si sono mossi anche i produttori di schermi per il
computer. Oggi troviamo molto raramente degli schermi 4:3 sul mercato, la maggior
parte e i più acquistati sono i monitor widescreen11
, che hanno proporzioni pari al 16:9.
Perché questa scelta da parte del pubblico? Perché oggi moltissime persone
interagiscono con la tecnologia molto diversamente da come veniva fatto anche soltanto
dieci anni fa. Possediamo in casa dei computer che possono essere anche televisioni,
anche radio, e con cui si può navigare nel web. La vita “frenetica” che abbiamo di
giorno in giorno ci porta a inseguire tale tecnologia. In questo modo, su uno schermo
possiamo allo stesso momento vedere un film, chattare con gli amici e navigare nel web.
E spesso chi lavora nel mondo fotografico oppure nel mondo video ha bisogno di molti
più schermi, in modo da dividere i lavori tra uno schermo e un altro, per lavorare
sull’immagine su uno schermo e fare eventuali modifiche dall’altro.
10 SeustPhoto, Capire il rapporto d’aspetto (aspect ratio e cropping), http://www.seust.it/blog/?p=1265,
consultato il 07.05.2014
11 Widescreen, letteralmente traducibile in italiano come schermo largo, è la locuzione che si usa,
principalmente nel campo dell'home entertainment, per indicare che un formato video occupa
orizzontalmente tutto lo schermo.
15
3. Conseguenze sociali delle innovazioni tecnologiche
Dalla nascita dell’amatorialità al digitale
Prima dell’arrivo del digitale, nella società della seconda metà del Novecento
nacque una cultura fotografica amatoriale. Questo processo è stato favorito dalla
comparsa delle pellicole 35 mm e di apparecchi adatti a questo nuovo format, il cui
costo molto basso (di solito dai 3 ai 15 dollari) permetteva ad ogni famiglia di
possederne uno. La prima macchina amatoriale fu la Polaroid Land Camera, del 1948,
che permetteva di ottenere immagini in bianco e nero con sviluppo automatico e
istantaneo. In seguito anche la Kodak fa uscire una propria macchina, la Instamatic12
–
introdotta nel 1963, è una macchina semplice a fuoco fisso, con flash incorporato, che
funziona con una pellicola di formato 126 – per venire incontro ai consumatori che si
lamentavano della difficoltà nel cambiare i rullini.
5. Polaroid Land Camera
12
Quentin Bajac, Dopo la fotografia. Dall’immagine analogica alla rivoluzione digitale, Roma, 2011, pp.
14-16.
16
6. Kodak Instamatic 100
In questo clima, l’industria fotografica si evolve tecnologicamente, spostandosi
dall’ambito statunitense all’Europa, ma prevalentemente al Giappone, che diventa il
leader nel secondo dopoguerra. Aziende come Olympus, Canon, Fuji, Konica diventano
molto rilevanti dal punto di vista dell’ottica e dell’elettronica degli apparecchi, mentre
Nikon, Pentax e Sigma si specializzano nel settore ottico, che tutt’oggi è apprezzato dai
fotografi più appassionati. 13
La potenzialità degli apparecchi e la loro maneggevolezza permetteva a
chiunque di poter scattare delle fotografie, incluse le classi sociali basse,
indipendentemente dalla sfera di appartenenza sociale (cittadina o rurale). Tra gli
anni ’50 e ’60, infatti, il numero di fotografie scattate aumenta esponenzialmente. In
questo periodo inoltre, si viene a formare anche quella che oggi chiamiamo Pop Art nel
senso di “popular art”, “espressione riferita inizialmente alla cultura di massa e alle sue
manifestazioni, estesa quindi al movimento artistico che a queste principalmente
s’ispira”14
. Il piacere del fotografare è favorito inoltre anche dal progresso delle società
dell’immagine, come il cinema e la televisione, e soprattutto dall’introduzione delle
pellicole a colore Kodacolor e in seguito delle Ektachrome, da parte della Kodak.
13
Idem.
14
Voce “Pop Art” in dizionario Treccani, www.treccani.it.
17
Avendo a disposizione un tale apparecchio, nella società degli anni ’50 e ’60
nasce anche una particolare tipologia di iconografia e stile, che va in una direzione più
libera e spontanea – si preferirà infatti la «fotografia istantanea», che non sta più alle
regole ferree della fotografia del dopoguerra, e che va verso un’originalità legata ai
costumi dell’epoca, ai comportamenti spontanei, alla minor consapevolezza
dell’apparecchio fotografico. 15
I fotografi amatoriali tralasciano però quelle che sono le
regole della «buona fotografia» dei canoni classici, andando incontro ai comuni errori
che vengono fatti tutt’oggi: primi piani mossi, sfuocature non desiderate, inquadrature
tagliate.
Senza rendersene conto, la società dell’immagine amatoriale svolge una grossa
importanza per gli artisti degli anni ’60, che “impadronendosi delle pratiche e
dell’iconografia amatoriali, pongono queste al centro della loro ricerca”, costruendo così
un’estetica più completa e articolata.
Nonostante l’avanzamento dell’immagine animata e quindi dell’era della
televisione, la fotografia rimane un mezzo importante per chi deve lavorare nel mondo
del giornalismo o dell’editoria in generale. Chi ci lavora in questo ambiente deve però
badare ai nuovi modi di fotografare, che sono spesso ripresi dalla tipologia di immagine
televisiva dell’epoca – il mondo contemporaneo necessita di una nuova forma di
rappresentazione dinanzi a una nuova tipologia di pubblico. Questo accade
principalmente negli Stati Uniti, mentre in Europa e in Giappone “la televisione ancora
non ha avuto il suo grande sviluppo e dove importanti riviste di informazione
continuano ad avvalersi in modo consistente della fotografia”16
.
Ed è in Europa che il fotogiornalismo si sviluppa, accanto all’emergere di nuove
agenzie fotografiche ma anche di quelle già presenti, come Magnum, in opposizione ai
grandi periodici e al proprio staff di fotografi – infatti, le cooperative di fotografi mirano
sia a far guadagnare i fotografi che a far mantenere loro la proprietà dei negativi e la
scelta dei soggetti da affrontare. In ambiti simili, i fotografi erano specializzati in
fotografia da studio, ma avevano anche esperienza in ambito fotogiornalistico, dove
dagli anni ’60 si affiancano a riviste e giornali dove potevano condividere i propri lavori
come autori delle opere, e quindi con il proprio punto di vista nelle realtà affrontate. In
15
Bajac, op. cit. pp. 18-27
16
Bajac, op. cit. pp. 33-54.
18
molti casi, i fotografi ricorrono anche alla creazione di libri fotografici, dove mostrano i
loro lavori in durata ed evoluzione, e dove la loro arte è maggiormente privilegiata.
“Nell’ultimo quarto del Novecento, la fotografia è considerata a pieno titolo
nella sua dimensione artistica, culturale e mercantile. L’interesse verso il mezzo
fotografico e l’importanza datagli aumentano sempre più.”. Si attua in questi decenni
una “lotta” per far diventare la fotografia un’arte alla pari con le altre arti come la
pittura o la scultura. Vengono fatte mostre private, poi la fotografia accede anche alle
varie biennali (la prima ad ospitarla è quella di Kassel, dalla sua quinta edizione del ’72),
vengono fatte manifestazioni dedicate alla fotografia e vengono assegnati premi ai
fotografi. Molti critici e storici si occupano di scrivere del linguaggio fotografico, in
modo da colmare la sua continua perdita di funzione e di utilità, favorita dallo sviluppo
dei nuovi mezzi di diffusione dei media, ma anche di registrazione – ci si avvicina
sempre più al mondo video.
L’avvento del digitale
Oggi ci troviamo dinanzi a una tecnologia formidabile: piccole macchinette che
ci stanno nelle tasche riescono a catturare delle fotografie che dieci anni fa erano
impensabili. Affascinati tutt’ora dall’amatorialità, per pura passione o spesso per lavoro,
ci rechiamo nei maggiori negozi di elettronica e ci troviamo in un imbarazzo della scelta
mai provato finora: macchinette compatte digitali, macchinette reflex digitali e i loro
rispettivi obiettivi, foto/videocamere sportive, accessori per accompagnare gli scatti
delle proprie macchinette. Non troviamo più le vecchie analogiche – ora le reperiamo
solamente in negozi specializzati, spesso anche lontani dalla propria residenza; soltanto
i più appassionati ne vanno in cerca, le custodiscono come reliquie oppure cercano in
tutti i modi di farle lavorare ancora come lavoravano una volta.
Spesso quando qualcuno deve scegliere la “compagna di avventure” per i
prossimi anni, non ci si pone il “perché” sulla scelta che andrà a fare – il venditore del
negozio di elettronica, spesso inesperto in materia, ci dice sempre la stessa storiella:
“questa macchinetta digitale ha 16.000 pixel, scatta velocemente e si accende anche
molto velocemente” – tra l’altro di cosa può avere bisogno oggi una qualsiasi persona
che vuole “solo scattare delle fotografie”? Chiunque vuole delle foto di qualità, e vuole
19
che la macchinetta risponda immediatamente alle proprie esigenze, come per esempio
accendersi subito non appena si vede qualcosa di molto bello da fotografare.
La fotografia attraversa in questo periodo un momento di frattura: da un lato entra in
crisi la sua caratteristica principale, l’oggettività, dall’altro si apre la possibilità di una
nuova giovinezza, un rinascimento fatto di diverse possibilità espressive legate allo
sviluppo tecnologico, tempi di lavoro, modi di relazionarsi all’oggetto. La fotografia
chiaramente non è rimasta immune da questa rivoluzione, in quanto l’informazione
visiva luminosa è traducibile in bits e può entrare così nel regno digitale.
Con l’introduzione di dispositivi digitali, gli apparecchi fotografici a pellicola
sono stati quasi del tutto sostituiti dalle fotocamere, dotate di un sistema di
codificazione informatica, che traducono l’immagine in impulsi elettrici. Tali impulsi
vengono registrati in un file, che è archiviato nella memoria dell’apparecchio e può
essere trasferito in un computer attraverso cavi o tramite connessioni wireless. Il
funzionamento di una fotocamera digitale è tuttavia molto simile a quello di una
fotocamera tradizionale, poiché entrambe contengono un obiettivo, un diaframma (il
meccanismo che regola, in base al grado di luminosità dell’ambiente, le dimensioni di
apertura del foro da cui penetra il fascio di luce) e un otturatore che controlla la durata
dell’esposizione alla luce. Nelle fotocamere digitali la pellicola è sostituita da un
dispositivo elettronico chiamato «sensore di immagini», sulla cui superficie si trovano
milioni di piccolissimi elementi fotosensibili detti photosite. I photosite sono porzioni di
spazio contenenti un solo photodetector o tre photodetector, sensibili rispettivamente a
una sola o a tutte e tre le componenti cromatiche fondamentali del sistema additivo
RGB (Red, Green, Blue, ossia rosso, verde e blu). Questo genere di codifica aiuta in
seguito la trasmissione del file a video, dove lo schermo elabora i vari impulsi nei
milioni di colori dell’immagine riprodotta. La qualità di un’immagine digitale, per
quanto concerne la visualizzazione su uno schermo e la stampa, dipende in gran parte
dalla sua risoluzione, ossia dal numero di pixel contenuto in ogni pollice (unità di
misura in uso nel sistema anglosassone pari a 2,54 cm).
L'origine della fotografia digitale risale alle esplorazioni spaziali e alla necessità
di trasmettere a lunghissima distanza le immagini riprese dai satelliti artificiali e dalle
20
missioni spaziali. 17
La tecnologia utilizzata era quella del CCD (Charge-Coupled
Device, in italiano DAC, dispositivo ad accoppiamento di carica)18
, che consiste in un
circuito integrato (microchip) formato da una griglia di elementi semiconduttori in
grado di accumulare una carica elettrica proporzionale all’intensità della radiazione
elettromagnetica che li colpisce – gli elementi sono accoppiati, in modo che si
trasmettano tra di loro la carica. Inviando al dispositivo una carica temporizzata di
impulsi, si ottiene in uscita un segnale elettrico grazie al quale si costruisce una matrice
dei pixel che compongono l’immagine proiettata sulla superficie del CCD stesso.
Questa informazione può essere in seguito utilizzata per riprodurre immagini su un
monitor o per registrarla su supporti magnetici (cassette, VHS) oppure viene convertita
in formato digitale (file).
17
Marco Crupi, Blog fotografico: L'avvento del digitale - Storia della fotografia,
http://marcocrupifoto.blogspot.it/2011/04/lavvento-del-digitale-storia-della.html, consultato il 09.04.2014
18
Wikipedia, voce Dispositivo a carica accoppiata,
https://it.wikipedia.org/wiki/Dispositivo_a_carica_accoppiata#cite_ref-1, consultato il 09.04.2014
21
7. Funzionamento di un CCD trifase: i pacchetti di carica (gli elettroni, blu)
sono raccolti in buche di potenziale (gialle) create applicando una tensione
positiva agli elettrodi (G). Applicando una tensione positiva a G nella
sequenza corretta, trasferisce i pacchetti di carica.
22
Questa magnifica ideazione è opera di Willard S. Boyle e George E. Smith, due
fisici operanti nella Bell Laboratories19
, nel 1969. Grazie alla loro scoperta, nel 1975,
Steven Sasson (ricercatore della Kodak) lavora alla prima fotocamera digitale.
Il suo primo prototipo pesava poco
meno di quattro chili, aveva la dimensione di
un tostapane e produceva un’immagine di
0,01 megapixel, che in un tempo di 23
secondi veniva registrata su cassetta digitale.
Il prototipo venne regolarmente brevettato e
finì nel cassetto, etichettato come progetto
divertente ma troppo in anticipo rispetto ai
tempi. “Quando sarebbe giunta sul mercato
quest'invenzione? I progettisti seppero
rispondere con chiarezza solo a quest'ultima
domanda, applicando la legge di Moore e
stimando 15-20 anni di tempo, ovvero un
anno fra il 1990 e il 1995.”20
Nel 1981 La Sony presenta la Mavica, la
prima macchina fotografica che utilizza un
supporto magnetico al posto della pellicola.
Mavica (Magnetic Video Camera) è un marchio
di Sony per le fotocamere che utilizzavano un
floppy come supporto di memorizzazione
principale. I modelli Mavica erano i primi a
registrare le immagini su un supporto digitale
mobile invece che su una normale pellicola.21
19
I Bell Laboratories (noti anche come Bell Labs, Bell e Laboratori Bell e precedentemente denominati
AT&T Bell Laboratory e Bell Telephone Laboratories) sono un laboratorio di ricerca e sviluppo di
proprietà di Alcatel-Lucent e precedentemente della Bell System.
20
Marco Crupi, Blog fotografico: La prima macchina fotografica digitale [1975] – Le foto che hanno
fatto la storia, http://marcocrupifoto.blogspot.it/2009/11/le-foto-che-hanno-fatto-la-storia-la_18.html,
consultato il 09.04.2014.
21
Wikipedia, voce Sony Mavica, https://it.wikipedia.org/wiki/Sony_Mavica, consultato il 09.04.2014
8. Steven Sasson con la sua
prima fotocamera digitale
9. Sony Mavica e floppy in esposizione
23
Sempre Mavica farà uscire la
prima compatta, Sony Mavica FD5,
che utilizzava sempre un floppy come
supporto di memorizzazione, aveva
delle dimensioni contenute e a livello
elettronico presentava già degli
automatismi molto elevati. Il
vantaggio era enorme: le fotografie
venivano scaricate sul computer,
venivano evitate spese di pellicola e
di sviluppo, veniva ottenuto un
maggiore numero di immagini a prezzo zero (escludendo il primo investimento fatto per
comprare la fotocamera).
Il digitale non fu però accolto a braccia aperte da parte dei fotografi. Molti
continuarono a utilizzare l’analogico, che si sviluppò a sua volta, portando alcuni
automatismi nelle macchine, come per esempio il mirino elettronico. Si rimase fedeli
all’analogico soprattutto perché le fotocamere digitali non disponevano della meccanica
e delle ottiche intercambiabili, delle regolazioni manuali e del mirino (al posto di cui si
trovava invece uno schermo). Lo sviluppo di software come Photoshop, a partire dagli
anni ’90, fece aumentare sempre di più lo scetticismo verso la fotografia digitale da
parte dei professionisti, consapevoli del fatto che la nuova tecnologia riduceva
l’esclusività delle loro competenze – l’immagine perfetta poteva essere creata da
chiunque avesse in mano una macchinetta e il famoso software.
Solo dagli anni ’90 sono
introdotti gli apparecchi reflex digitali,
con cui è di nuovo possibile agire su
tempi e diaframmi e avere obiettivi
intercambiabili. La prima reflex
digitale introdotta dalla Kodak fu la
Nikon F3, messa a fuoco manuale e 35
mm, con soli 1.3 megapixel, un motore
MD-4 modificato per contenere il
10. Sony Mavica FD5
11. Nikon F3
24
convertitore analogico-digitale, una unità esterna di storage e un display da 4”. I
modelli seguenti saranno dotati del sistema autofocus, già sperimentato e messo in atto
dalla rivale Pentax nel 1981.22
Il 1999 segna l’era del digitale con la nascita di Nikon reflex D1, la prima SLR23
digitale progettata in quanto tale: sensore CCD, risoluzione di 2.66 megapixel,
raggiunge una raffica di 5 fotogrammi al secondo.
12. Nikon D1
Questo è l’inizio di un continuo abbandono del mondo analogico, in quanto il
digitale sostituì la pellicola nei settori dove l’istantanea valeva molto di più (come nel
giornalismo), soprattutto per la sua facilità di trasmissione attraverso il web. Il mercato
della fotografia digitale non è comunque da subito accessibile a tutti, deve passare una
decina di anni affinché la tecnologia possa avanzare, abbassare i prezzi e quindi
permettere a chiunque di possedere una reflex digitale.
22 Marco Crupi, Blog fotografico: L'avvento del digitale - Storia della fotografia,
http://marcocrupifoto.blogspot.it/2011/04/lavvento-del-digitale-storia-della.html, consultato il 09.04.2014
23 Single-Lens Reflex, macchine fotografiche dotate di un sistema di mira che permette di osservare dal
mirino l’inquadratura in ingresso dallo stesso obiettivo. Ciò è possibile grazie ad un pentaprisma che
riflette l’immagine dallo schermo opaco di messa a fuoco della macchina, attraverso una lente di
condensazione, sul mirino.
25
Una risvolta decisiva nel abbassamento del prezzo delle reflex digitali è stata la
sostituzione dei costosi sensori CCD con i sensori APS (Active-Pixel Sensor), costituiti
da un circuito integrato contenente una matrice di sensori a pixel, ognuno dei pixel
contenenti un fotodiodo (che rivela le radiazioni elettromagnetiche) e un amplificatore
attivo. I sensori APS montano tecnologie CMOS, che in precedenza erano studiati e
progettati come alternativa ai dispositivi di funzionamento di immagine a tubo catodico
– e questo già dal 1968. I CMOS non furono subito utilizzati però a causa della loro
continua instabilità, causata dalla variabilità del processo MOS (Metal-Oxide-
Semiconductor) e dalle caratteristiche dei transistor che cambiavano nel tempo. Questi
problemi furono colmati solo nei primi anni del 1990, però i CCD erano i più affidabili
grazie al basso disturbo temporale che dimostravano.24
La tecnologia CMOS fu migliorata negli anni ’90 da Eric Fossum, mentre
lavorava in un team al JPL (Jet Propulsion Laboratory)25
. Il suo lavoro prevedeva il
miglioramento del sistema complementario MOS, in modo da miniaturizzare le
24 Wikipedia, voce CMOS sensor, https://en.wikipedia.org/wiki/CMOS_sensor, consultato il 10.04.2014
25 Il Jet Propulsion Laboratory (JPL) del California Institute of Technology è un laboratorio statunitense,
nei pressi di Pasadena, in California, attualmente dedicato al progetto, allo sviluppo e alla costruzione
delle sonde spaziali senza equipaggio della NASA, che hanno visto i prodotti del JPL raggiungere tutti
i pianeti del sistema solare.
13. Sensore di immagine CMOS
26
fotocamere sulle astronavi interspaziali per ottenere immagini scientificamente
qualitative. Grazie alla sua invenzione, il sensore CMOS è stato implementato e
distribuito commercialmente dal ’95 a livello internazionale, ed è stato utilizzato anche
nelle altre tecnologie, come per esempio nelle web camera (popolarmente webcam),
nella radiografia dentale, e persino nei telefoni cellulari.26
Nonostante la tecnologia CCD sia tuttora utilizzata in molti apparecchi
elettronici, tra cui anche molte fotocamere, il suo alto costo di produzione e l’apporto di
utilizzo di energia rispetto al nuovo sensore, ha fatto sì che il CMOS diventasse la
tecnologia principale utilizzata nei nuovi sistemi di acquisizione dell’immagine in pixel.
La tecnologia CMOS-APS è stata comprata da molte companie grazie ad un fattore
molto determinante: il suo funzionamento non prevede un consumo eccessivo di energia,
è più veloce e non prevede alti costi di produzione. L’unica maggiore differenza tra i
due sensori sta nel fatto che il CCD crea un’immagine di alta qualità e basso livello di
rumore27
, mentre il CMOS è più suscettibile al rumore – questo dato diventa molto
importante per chi deve scattare fotografie in ambienti poco luminosi.28
Dal 2003 si registra un effettivo calo di prezzi per quanto riguarda il mondo
fotografico digitale: la Canon annuncia la sua prima DSLR con un prezzo sotto ai
1000$ (si tratta di una macchina che utilizza il sensore CMOS). L’orizzonte del digitale
si allarga sempre di più, fino a portare a sconvolgimenti industriali: Canon e Nikon
annunciano nel 2007 di rinunciare all’industria analogica, in quanto il digitale si sta
affermando sempre più29
; la carta sensibile viene prodotta sempre meno, la Kodak cessa
la sua attività di produzione di apparecchi fotografici nel 2012, così come la produzione
di pellicole a colore (mentre continua a produrre pellicole negative per la fotografia
professionale e per il cinema).30
26 A Picture of Innovation, http://www.nasa.gov/offices/oct/home/tech_life_aptina_prt.htm, consultato il
12.04.2014
27 Il rumore dell’immagine è la variazione casuale della luminosità o delle informazioni sul colore delle
immagini, che ha l’aspetto di un rumore elettronico; ciò avviene in condizioni di scarsa luce quando si
lavora ad alta sensibilità (ISO) oppure in tempi di posa molto lunghi, a causa delle correnti di dispersione
che avvengono nel fotodiodo.
28 Image Consult, Partner per un’Era Digitale, Dorsi digitali,
http://www.imageconsult.it/pagina.phtml?_id_articolo=98-CCD-vs-CMOS-tecnologie-a-confronto.html,
consultato il 14.04.2014
29 Bajac, op. cit. pp. 101
30 Wikipedia, voce Kodak, https://it.wikipedia.org/wiki/Kodak, consultato il 14.04.2014
27
Oggi? Non abbiamo molta alternativa: il digitale fa parte della nostra vita. C’è
chi tiene stretta a se la cara vecchia analogica, i rullini e la passione di stampare
qualsiasi scatto, perché ogni scatto è un ricordo. C’è invece chi aspira alla migliore
macchina digitale sul mercato, serva essa per il lavoro o puramente per passione.
14. Scheletro del corpo macchina della Nikon D800
28
Le conseguenze
Per gli appassionati della tecnologia, il digitale ha portato nuovi orizzonti. Il
poter visualizzare subito lo scatto, decidere se tenerlo oppure no, condividerlo all’istante
oppure stampare gli scatti più belli (a casa con la propria stampante oppure nei centri
stampa), il poter modificare e trasformare le immagini a proprio piacimento grazie ai
software come Photoshop, sono i motivi per cui la fotografia digitale ha preso piede
sempre di più. Si è in cerca della rapidità, della diminuzione dei tempi lavorativi, della
facilità di trasmissione e maneggevolezza.31
Per molti invece, il digitale è una grossa perdita: il dover sempre ricaricare le
batterie, scaricare la memoria su dei supporti di cui non ci si fida perché si teme di
perdere i dati, l’elaborazione su schermi che non mantengono i colori o peggio ancora li
alterano. Ciò non ha fermato i professionisti dall’andare in cerca dei famosi battery
pack32
, dei migliori dischi di archiviazione (e recentemente delle memorie di massa
SSD – Solid State Drive33
), oppure dei display professionali migliori sul mercato, che
permettono una calibrazione ideale del colore.
L’abbassamento del costo della tecnologia, la rapidità della trasmissione delle
immagini e la crescente moltiplicazione degli apparecchi fotografici, soprattutto nella
tecnologia mobile, ha fatto sì che il mondo dei professionisti e dei fotoreporter abbia
una concorrenza amatoriale, infatti “l’attentato dell’11 settembre 2001 ha reso
pubbliche innumerevoli testimonianze fotografiche, realizzate da non professionisti, la
cui diversità contrastava in modo singolare con la copertura «ufficiale», assicurata dalle
grandi agenzie”.34
31 Bajac, op. cit. pp. 104-106
32 Batteria addizionale al corpo macchina.
33 Dispositivo di memoria di massa che utilizza memoria a stato solido (memoria flash). Non avendo un
disco rigido come i soliti hard drive, permettono l’archiviazione dei dati in modo non volatile, garantisce
l’integrità dei dati e permettono il trasferimento dei dati fino ad una velocità di 20Gb/s.
34 Bajac, op. cit. pp. 112
29
Con la fotografia digitale si perde però il rapporto con la realtà che si aveva con
l’analogico. Spesso, o meglio, quasi sempre ci troviamo dinanzi a delle fotografie che
non sono ottenibili con un singolo scatto. Ci piacciono, ne siamo meravigliati, ma sotto
ognuna c’è un grosso lavoro di postproduzione e fotoritocco. In questo caso si tende a
parlare non più di fotografie, ma di immagini.35
Nasce il detto “tutti fotografi”, e lo possiamo vedere oggi più che mai.
Possedendo una macchina nella media, un buon computer e un programma come
Photoshop oppure Lightroom, tutti riescono ad ottenere risultati strabilianti – tra l’altro,
basta fare una ricerca su Google per capire come eseguire determinate operazioni con la
macchinetta oppure come ritoccare le fotografie per ottenere i risultati desiderati.
Chi lavora nel mondo della fotografia deve però ricorrere alla postproduzione,
poiché le macchine digitali spesso calibrano male i colori a causa dell’ambiente
atmosferico in cui ci si trova (immagine 12); ed è utile anche per chi lavora in
35 Bajac, op. cit. pp. 115
15. Postproduzione dei colori in Lightroom
30
condizioni di lavoro che prevedono tempi stretti per cui non si ha tempo di aggiustare
tempi e diaframmi ad ogni scatto – in questo modo in postproduzione si prevede a
lavorare sulla luce e i colori, per neutralizzare le alterazioni subite durante lo scatto.
Altri invece utilizzano il fotoritocco, e si tratta dell’alterazione del soggetto della foto,
del trasferimento del soggetto in altre fotografie, oppure dell’alterazione dei colori
originali delle foto – non si tende più a dare sostanza a quel che la macchina non vede,
si tratta di realizzare un’immagine costruita, con parametri del tutto nuovi rispetto alla
fotografia di partenza.
Ci si trova oggi nell’“era del sospetto”, non si sa cosa pensare davanti a qualsiasi
foto: “Sarà reale, o è solo Photoshop?”. Molti blog ci svelano la verità, e molto spesso
rimaniamo a bocca aperta. Il nostro idolo, la ragazza copertina perfetta, sono il risultato
di un lavoro digitale. E non solo: le fotografie spesso servono come base per la
creazione di nuove immagini. Molti artisti oppure chi lavora per aziende di grafica
vanno in cerca di stock images36
che possono modificare a proprio piacimento. Qui
sotto c’è un esempio di digital art realizzato in Photoshop da una fotografia di partenza
di stock. Impressionante!
16. A sinistra, stock image da Tumblr. A destra, “From the Darkness”, digital art di Oana Zavoianu.
36 Immagini concesse in licenza dall’autore per usi specifici, trovabili su database consultabili online.
31
Se un digital artist riesce a maneggiare in tal modo una fotografia, non c’è più
da meravigliarsi dinanzi alle scoperte che ci mostrano i blog: il viso perfetto di
Madonna è solo una “maschera” per gli anni, che ovviamente sono passati anche per lei.
Prendiamo di nuovo in considerazione l’attentato alle Torri Gemelle di New
York: si tratta di un evento che ha segnato il passaggio dal novecento al secolo
successivo. In questo preciso momento della storia, “dopo aver visto le immagini
dell’attacco in diretta, aver visto il secondo aereo schiantarsi contro la torre sud […], il
rapporto con le immagini è radicalmente mutato”. Ci troviamo oggi a dover interpretare
delle immagini che sono incapaci di rendere il reale nella sua totalità, perché c’è
bisogno da parte di ognuno di un passo ulteriore: l’indagine del accaduto e la presa di
una posizione, “non bisogna dunque riporre passivamente fiducia nelle immagini bensì
ripensare a partire dalla loro produzione il rapporto con il reale a cui si intende dare
forma”. Così, l’evento dell’11 settembre 2001 non è solo la caduta delle Torri Gemelle,
simbolo della città per i newyorkesi, ma è anche la caduta di un punto di riferimento
nello spostamento tra le streets e le avenues, cosa che implica una ristrutturazione dei
propri punti di riferimento per gli abitanti della città. Avviene quindi una presa di
coscienza collettiva dell’evento, e lo vediamo anche dalle modalità di rappresentazione
dell’evento da parte dei cittadini, attraverso la condivisione delle fotografie da loro
scattate.37
A distanza di dieci anni, l’accaduto viene ricordato soprattutto sui social
37 Crescimanno Emanuele, Dall’analogico al digitale, Aesthetica Preprint, n° 97, Aprile 2013
17. Madonna prima e dopo Photoshop
32
network: il famoso hashtag38
#neverforget compare ogni mese su Twitter o Tumblr.
18. #neverforget #TwinTowers nel web 19. #neverforget #TwinTowers nel web
38 In alcuni motori di ricerca e, in particolare, in siti di micro blogging, parola o frase (composta da più
parole scritte unite), preceduta dal simbolo cancelletto (#), che serve per etichettare e rintracciare soggetti
di interesse.
33
“Perché amare il rullino?”39
Nonostante la tecnologia ci abbia portati a un nuovo livello, il digitale governi il
nostro mondo e molti credano che la pellicola non sarà qui per molto tempo ancora,
molte persone, prevalentemente i più appassionati di fotografia, utilizzano ancora le
macchine analogiche e il rullino. Nella maggior parte dei casi, i lavori odierni che
implicano la fotografia non prevedono l’utilizzo di una macchina analogica, però chi ci
è nato nell’era dell’analogico, non può staccarsi da esso così facilmente, e anche se non
sembra, è una questione di sentimento.
20. La borsa di un amante del rullino
Ho trovato molto interessante l’inchiesta di Lomography Magazine sul “Perché
amare il rullino”. Dinanzi alla domanda, le risposte sono state “delle fonti di
ispirazione”!
39 Lomography Magazine, Perché amare il rullino, articolo del 12 marzo 2014,
http://www.lomography.it/magazine/lifestyle/2014/04/03/your-reasons-to-love-film, consultato il
16.04.2014
34
35
21. Maniaco di rullini
Ci presentano nelle loro raccolte di fotografie un maniaco di rullini, intento a
mangiare un rullino di ricambio Kodak per la Polaroid. Questo è l’amore che si prova
ancora oggi per il bellissimo passato della fotografia.
Oggi, entriamo nell’era post-fotografica, in cui è entrata definitivamente in crisi
la distinzione fra immaginario e reale in fotografia, in cui si sono mescolati a tal punto i
confini fra l’immagine reale e quella costruita che è impossibile stabilire un limite fra
una e l’altra. Attraverso le nuove tecnologie l’immagine cessa di essere solo un’entità
visiva e inizia a racchiudere in sé anche altre forme di comunicazione, diventa una
nostra memoria e una nostra estensione attraverso la possibilità di più elaborazioni. Una
volta rotto il binomio fra fotografia e realtà, superata la crisi ontologica, acquisite
dimestichezza con il nuovo strumento, presa coscienza delle difficoltà compositive e
comunicative di un media complesso, la nuova fotografia deve ripensarsi e re-inventare
il rapporto fra tecnologia e creatività.
36
37
4. Avvento della fotografia nei social network e nei photo-sharing websites
Nuovi metodi di condivisione
Nell’era del digitale le cose sono molto cambiate. Non si fa più fatica a inviare le
proprie foto, poiché alla fatica di sviluppare le foto, stamparle e poi mandarle, si
sostituisce il semplice copiare dei file nel proprio computer, il minimo di
postproduzione e l’invio per mail oppure l’upload nel sito d’interesse.
Chi lo fa come mestiere ricorre alla creazione di un sito web personale, dove
espone i propri lavori e, attraverso carte da visita, si pubblicizzano e con un poca di
fortuna riescono a mettere su un portfolio clienti. Facile, direbbe qualcuno, ma è molto
più difficile di quanto si pensi (ne parleremo meglio nel sottocapitolo successivo). Molti
fotografi ricorrono anche ai social network e ai fotoblog per far conoscere i propri lavori
e per trovare possibili clienti. Chi però è furbo abbastanza, crea dei portfolio
personalizzati dei propri lavori e va a proporli in giro alle aziende – un modo
decisamente professionale per proporre le proprie prestazioni.
Il mondo amatoriale invece si limita alla condivisione dei propri lavori sui blog,
nei social network oppure nei photo-sharing websites, e qui hanno l’imbarazzo della
scelta: più di 200 social network nel mondo40
; 18 comunità virtuali con più di 100
milioni di user attivi 41
, tra i più frequentati Facebook, Google+, Skype, Twitter,
Linkedin, Instagram, Tumblr; più di 30 photo-sharing websites, tra i più noti 500px,
DeviantART, Flickr, Instagram, Photobucket, Picasa, Pinterest. Bisogna considerare
inoltre che la maggior parte di questi siti possono essere sia dei social network che dei
photo-sharing website, ad esempio su Flick si possono svolgere gran parte delle azioni
svolte su Facebook: condividere fotografie con il mondo attraverso la propria pagina,
oppure mettendole nei gruppi a tema, commentare le foto o degli argomenti; la
differenza tra i due sta nel fatto che Flickr è un sito esclusivamente per le foto, mentre
su Facebook è possibile trattare qualsiasi tipo di argomento.
Chi non possiede oggi un account Facebook o Instagram? Chi non ha un account
40 Wikipedia, voce List of social networking websites,
https://en.wikipedia.org/wiki/List_of_social_networking_websites#N, consultato il 16.04.2014
41 Wikipedia, voce List of virtual communities with more than 100 million active users,
https://en.wikipedia.org/wiki/List_of_virtual_communities_with_more_than_100_million_users,
consultato il 16.04.2014
38
su un social network, non possiede la vena narcisista tipica di molte persone nei giorni
nostri – si tratta del desiderio di mettersi in mostra, di far vedere quello che si fa ogni
giorno, di far sapere al mondo i “propri affari” oppure i propri traguardi raggiunti. Chi
naviga sui social è spesso un narcisista convinto oppure una persona che ha mancanza di
autostima ed è alla ricerca di essa attraverso l’accettazione da parte degli altri, amici o
sconosciuti.
Tralasciando però le speculazioni riguardo alla natura dei frequentatori dei social
network, vediamo di analizzare il fenomeno fotografico in questo ambito.
Ogni giorno vengono scattate milioni di fotografie, più della metà vengono
spesso cestinate, ma dove vanno a finire le altre? Prendiamo in considerazione il social
più alla moda di questi tempi, Instagram: ogni giorno i contatori raggiungono quasi
cento milioni di foto caricate42
, si tratta di
quasi mille foto caricate ogni secondo. Se
consideriamo che prima di postare una foto se
ne scattano in media tre, il numero di
fotografie scattate arriva a trecento milioni.
Flickr ha annunciato nel 2011 il
raggiungimento di sei miliardi di foto caricate.
Solo nel 2013 sono state caricate 585.789.736
fotografie, con una media di 48.8 milioni al
mese e 1.6 milioni al giorno, più di 2500
immagini al minuto.43
Non è molto diverso il discorso delle
immagini. Su Tumblr vengono creati quasi
centoventi milioni di post al giorno, ognuno di
loro contenenti da una a tre o anche dieci
immagini (il massimo consentito per ogni
post). Si tratta di quasi 1300 post al secondo.
42 Fonte: http://www.internetlivestats.com/. Raccolta dati delle immagini 18 e 19 eseguita alle ore 23:00
CET.
43 Flickr, post di Frank Michel, https://secure.flickr.com/photos/franckmichel/6855169886/, consultato il
16.04.2014
22. Foto/giorno su Instagram
23. Post/giorno su Tumblr
39
Abbiamo preso in considerazione soltanto tre siti diversissimi tra di loro, ma si
tratta di numeri esorbitanti se consideriamo tutti i social network, che hanno preso
sempre più volume dal 2004 ad oggi, periodo in cui è stato registrato un aumento
esponenziale degli utenti in rete. In questo momento ci sono quasi tre miliardi di utenti
in rete, e si prevede che nel 2017 la metà della popolazione mondiale sarà connessa a
Internet.44
Questo vuol dire che nel 2017 il traffico dati come minimo raddoppierà!
Fine della professionalità?
Il maggiore problema che ci ha portato il mondo del digitale sta nel fatto che
ognuno possiede una macchina fotografica che lavora ad alti livelli di professionalità,
ma un ulteriore problema lo rappresentano i committenti, spesso ignari in materia di
fotografia o professionalità fotografica, e chi si considera fotografo, quando in realtà è
solo un fotoamatore.
Oggi, molti giovanissimi vogliono fare carriera nella fotografia prima di
intraprendere qualsiasi altro tipo di lavoro. Non molti riescono a capire le difficoltà che
possono incontrare in un mondo così caotico come quello della fotografia. Pensano che
con una macchinetta entry-level45
, un obiettivo fotografico base e un cavalletto possono
svolgere un lavoro professionale. Dei committenti accettano il loro lavoro per non dover
pagare le spese che comporterebbero l’assunzione di un fotografo professionista, e
questa cosa danneggia sia chi è in strada verso la professionalità e sia chi svolge un
lavoro professionale: accettando sempre più le prestazioni dai principianti, che
accettano qualsiasi lavoro sottopagato e “in nero”, si svaluta il valore e l’impegno dei
fotografi professionisti, che oltre ad avere esperienza in campo da anni, possiedono un
corredo fotografico migliore, uno studio professionale, ma soprattutto pagano le tasse
allo Stato per mantenere la fotografia allo stato di “lavoro” e non di “passatempo”.
Dall’altro lato, i principianti si troveranno ad avere a che fare con committenti che non
accettano le loro prestazioni poco professionali, viste quelle che hanno svolto per
44 01net.nets, Cisco: nel 2017 metà della popolazione mondiale connessa a Internet
http://www.01net.it/cisco-nel-2017-meta-della-popolazione-mondiale-connessa-a-
internet/0,1254,3_ART_154211,00.html, consultato il 16.04.2014
45 Macchina fotografica che monta un sensore di dimensioni ridotte (non il 35 mm che montano le
macchine full frame). Sono considerate macchine non professionali, il loro prezzo è accessibile a
chiunque e sono consigliate per chi fa i primi passi nella fotografia digitale reflex.
40
committenti inconsapevoli del valore della fotografia e del fotografo – si tratta del
“muro” davanti al quale ognuno, prima o poi, ci si trova nella propria carriera, ma è una
situazione dalla quale bisogna trarre una lezione. Svalutando il lavoro dei professionisti,
i principianti di oggi si troveranno a dover lavorare in futuro secondo le regole che si
sono dati oggi: sottopagati e senza contratto. La passione che diventa lavoro sarà più
che lontana dalla sua realizzazione.
Ma parliamo di una questione che è fiorita proprio l’anno scorso, e che dimostra
il deterioramento della fotografia come lavoro. Marissa Mayer, amministratore delegato
di Yahoo, in una sua conferenza del 2013 riguardo a Flickr e all’aumento dello spazio
disponibile per ogni utente (che prima di allora era ridotto a 300 fotografie per ogni
utente, mentre oggi ognuno ha a disposizione un terabyte gratis), afferma: “[…] oggi,
con l’ubiquità delle fotocamere, non esistono più concretamente fotografi professionisti,
poiché chiunque è professionale. Certo, ci sono diversi livelli di abilità, ma non c’è più
bisogno di fornire una sezione speciale per professionisti [riferendosi a Flickr],
vogliamo dare a tutti la possibilità di avere, archiviare e condividere foto di qualità
professionale”.46
Dinanzi a tali affermazioni, il mondo dei fotografi si è rivoltato. Edoardo Agresti,
fotografo e blogger fiorentino, riporta qualche ragionamento nel suo blog.47
Egli parte
dalla definizione di Wikipedia del termine “libero professionista”: “è un lavoratore che
svolge un’attività economica, a favore di terzi, volta alla prestazione di servizi mediante
lavoro intellettuale”. In seguito definisce la professionalità (a scapito di coloro che
pensano che per essere professionale basta fare delle “belle foto”, dove il bello viene
deciso dalla quantità di “mi piace” ottenuti dal popolo dei social network), prendendo in
46 Dichiarazione rilasciata al minuto 46 del video all’indirizzo https://screen.yahoo.com/yahoo-event-
155000760.html, scritta e riportata da un membro del forum di dpreview.com,
http://www.dpreview.com/forums/post/51504444, consultato il 16.04.2014
47 Edoardo Agresti, Il fotografo professionista è morto, ma la professionalità…,
http://www.blog.edoardoagresti.it/?p=1967, consultato il 16.04.2014
41
considerazione il fatto che un fotografo professionista lavora con un assistente, utilizza
più di una macchina fotografica (e si sa molto bene che le macchine durano per un certo
numero di scatti), utilizza un software licenziato, un sistema di memorizzazione dei
servizi completi e almeno un backup (copia di sicurezza), un monitor con i colori tarati;
ma non solo, dopo la consegna del lavoro commissionato, un professionista emette una
relativa fattura.
Forse, dice il signor Agresti, la signora Mayer non sa cosa voglia dire essere
professionali, però ha le sue ragioni nel dire queste cose. La svalutazione del lavoro
professionale ha raggiunto livelli impensabili, e i fotografi dignitosi si vendono a cifre
impossibili, con cui non possono sostenere per niente la propria attività. E ce lo dice
anche il signor Agresti: “Una volta è l’amico che si diletta nella fotografia, una volta è il
giovane che si deve far conoscere, una volta è il professionista che vuole entrare in un
certo mercato, una volta è colui che lo fa come secondo lavoro – troppo comodo avere
le spalle coperte e fare il fotografo per hobby – e che quindi può permettersi di
guadagnare zero. Ma ci rendiamo conto che questo modo di vedere la fotografia ci porta
inesorabilmente alla fine, perché se non mettiamo delle regole di mercato dietro di noi
ci saranno sempre dei ‘nuovi’ che lavoreranno a troppo poco. E non mi venite a parlare
di libero mercato e di legittima e sana concorrenza che fa scendere i prezzi. Oggi stiamo
arrivando a lavorare praticamente a rimborso spese e se il trend continuerà ad essere
questo si arriverà presto al paradosso che la fotografia sarà un ‘lavoro’ da ricchi.”
La comparsa della fotografia digitale ha compiuto una rivoluzione sul mercato di
portata più ampia della rivoluzione tecnologica di riferimento. Se tutti sono diventati
fotografi è perché i mezzi a disposizione si sono diffusi e permettono all’utente di fare
tutto da solo, con facilità e con risultati che non deludono le aspettative. Rimane che per
costruire immagini perfette anche in ambito professionale la conoscenza del mezzo deve
essere di altissimo livello, pari a quella dedicata all’uso della macchina fotografica
analogica.
42
43
5. Fotografia Digitale: evoluzione o rivoluzione?
Ricerca personale: “Cos’è per voi la fotografia?”
Mi ha sempre affascinato l’interazione dell’uomo con la tecnologia sempre in
trasformazione. Questo studio è stato per me una grande opportunità di avere delle
risposte concrete riguardo a quel che pensavo della realtà in cui vivo.
Ho condotto uno studio su un campione di 239 persone, studenti, lavoratori, per
la metà femmine e per l’altra metà maschi. Tutti accomunati da un’unica passione: la
fotografia. Mi interessava maggiormente capire cosa ne pensano le persone della
trasformazione tecnologica, della comparsa dei social, e come essi interagiscono con
tutto quel che sta avvenendo a livello tecnologico e sociale.
Ho tenuto in considerazione le mie abitudini invariabili prima di andare a
interrogare quelle delle altre persone, e in seguito ne elencherò alcune:
 Quando esco di casa mi porto dietro il cellulare e la macchina reflex
 Ho uno smartphone
 Mi collego regolarmente ai social network (Facebook, Google+ e Tumblr)
 Condivido le mie foto in rete regolarmente
 La fotografia per me è passione, ma anche un lavoro.
44
Molte persone potrebbero considerare le domande banali, però dinanzi ai dati
ottenuti devo dire che sono rimasta abbastanza stupita. Sul campione totale di 239
persone, ben 31% scatta “di solito” le fotografie con uno smartphone, neanche con una
macchina compatta oppure con una reflex. Si può ben notare come l’analogico sia stato
rimpiazzato per bene.
Per quanto riguarda i social network, lo si sa già, ma la conferma lascia a bocca
aperta (chi ha compilato il sondaggio aveva l’opportunità di selezionare più risposte):
Facebook ha il picco degli utilizzi, mentre Google+, nonostante abbia lo stesso numero
di utilizzatori che ha Facebook, viene utilizzato molto meno. Sembra strano, però
Instagram non è utilizzato tanto quanto Facebook (persino io non lo utilizzo così come
lo utilizzano gli altri).
45
Si confermano ulteriormente i dati quando pensiamo a come il social network
abbia cambiato il modo di interagire con la fotografia e la tecnologia:
Il linguaggio fotografico è in continua evoluzione. Con l’avvento della rete, dei
social media e dei grandi investimenti nelle tecnologie mobili cambia ancora una volta
il modo di essere concepito. Lo smartphone diviene così strumento di racconto e di
condivisione di esperienze sostituendosi, talvolta, alla macchina fotografica. La
possibilità di fotografare e condividere in rete il proprio punto di vista ha cambiato il
metodo di raccontare le nostre storie. Possedere uno smartphone con un sensore che
permette di fare delle foto in media molto buone, quasi all’altezza di una definizione
fatta con le reflex, di postprodurle direttamente con il software dei telefoni, e aumenta la
pubblicazione online di esse.
46
Per quanto riguarda invece il guadagnare con la fotografia, è veramente difficile.
Bisogna considerare che la tecnologia a basso costo abbia permesso a chiunque di poter
fare fotografie di alto livello, a basso costo, e che chi abbia voluto dei servizi
professionali si sia rivolto a chi si fa pagare relativamente poco per la produzione e la
postproduzione, piuttosto che a dei professionisti che trattano la fotografia come un vero
e proprio lavoro. Molti, infatti, trovano difficile farne della fotografia un vero e proprio
lavoro, mentre solo il 3% riesce a guadagnarci – e anche se pensiamo in grande, solo il
10% dei fotografi oggi riesce a tenere un negozio, pagare le tasse e fare della fotografia
un lavoro.
Il problema maggiore si pone quando ci si trova dinanzi a persone che lavorano
con la fotografia e non hanno delle conoscenze ben ampliate. Qui nasce uno studio che
richiede molta più attenzione.
47
Evoluzione o rivoluzione?
L’evoluzione viene definita dal dizionario Treccani come un “processo di
trasformazione, graduale e continuo, per cui una data realtà passa da uno stato all’altro –
quest’ultimo inteso generalmente come più perfezionato – attraverso cambiamenti
successivi”.
La rivoluzione invece, viene definita come “Mutamento, trasformazione,
innovazione radicale: quella scoperta è stata una r., una vera r.; l’elettronica ha
portato una r. in quasi tutti i settori”.
Molte persone, o per pigrizia, o per la poca abitudine di utilizzo di questi termini,
potrebbero non fare una differenza tra i due, spacciandoli spesso per sinonimi. Ma
quando si pensa al cambiamento tecnologico che sta avvenendo nella nostra società,
evoluzione e rivoluzione sono termini con cui abbiamo a che fare ogni giorno.
Dallo studio emerge come il 31% consideri la fotografia digitale una rivoluzione,
e non si può dare torto in ogni caso. Dal punto di vista tecnologico possiamo dire che il
passaggio al digitale sia un’evoluzione, poiché passo per passo la fotografia ha trovato
un modo sempre più facile di registrare un dato sotto forma numerica, in modo da
poterlo elaborare più velocemente e adeguarlo ai nostri tempi così frenetici. Se
consideriamo però la risvolta al digitale come “mutamento, trasformazione” da una
tappa ad un’altra, la fotografia ha fatto un passo enorme da uno stato analogico, in cui si
faceva fatica ad essere dei bravissimi fotografi e a farsi pagare per il proprio lavoro, a
uno stato digitale, dove tutti sono fotografi. Diventa molto interessante il dato del 2%, le
48
5 persone che considerano il digitale un’involuzione, cioè un regresso della fotografia –
non si può dare torto nemmeno a loro: il fatto di utilizzare una tecnologia “facile” ha
introdotto nelle generazioni correnti una lacuna per quanto riguarda il mezzo primitivo;
così, le nuove generazioni tentano di fare la bella fotografia, però per mancanza di basi
storiche, si trovano ad adeguarsi a uno sguardo digitale che non ha nulla a che fare con
lo sguardo analogico. Quello che colpisce di questo dato particolarmente è che la
risposta è stata data da persone prettamente giovani, tra i 20 e i 30 anni di età.
Lo studio è stato eseguito su un campione di varie età, di persone nate tra gli
anni 1947 e il 1997.
Da questo campione di persone ho voluto mettere in evidenza dei dati particolari,
in base alle varie età delle persone partecipanti allo studio.
49
Alla domanda “Hai mai studiato storia della fotografia?”, tutti coloro che hanno
risposto “Sì”, hanno avuto un’ulteriore parte di sondaggio in cui dovevano riconoscere i
tre fotografi delle tre fotografie esposte nel sondaggio (vedi pagina seguente). Soltanto 5
persone hanno saputo dire in seguito chi sono stati i tre fotografi, cioè rispettivamente di
Kubrick, Ebbets e Bresson:
 Per quanto riguarda Kubrick, l’83% non ha saputo riconoscerlo, soltanto 19
persone hanno tentato la risposta, e soltanto 17 ha risposto giustamente con il
nome del fotografo. Considerando il numero di fotografie “allo specchio” che
oggi i giovani si fanno dovunque, le così chiamate oggi selfie, mi chiedo soltanto
se abbiano mai visto l’originalità di un Kubrick, che non è stato comunque
l’unico a fotografarsi allo specchio.
 Il favoloso Ebbets, la sua foto è diventata l’emblema della modernità: dei
lavoratori pranzano sulle impalcature in cima al Rockfeller Center di New York.
La fotografia è stata mpiamente riconosciuta, però il 67% non ha saputo il nome
del fotografo – si capisce quant’è importante oggi l’immagine e meno l’autore.
Soltanto il 33% ha provato a dare una risposta, ma soltanto 18 persone su 37
hanno saputo dare il nome esatto dell’autore.
 Il sempre citato Bresson, pioniere del foto-giornalismo, non è stato riconosciuto
da ben il 76% dei sondaggisti, mentre di 27 che hanno tentato a rispondere,
soltanto 20 persone hanno indicato il nome dell’artista. Eppure è impossibile
non riconoscerlo, c’è una struttura geometrica in quasi tutte le sue fotografie.
50
51
Dei dati strabilianti, pensando che quasi la metà dei sondaggisti ha affermato di
aver studiato la storia della fotografia. Si tratta maggiormente di persone che hanno
studiato all’università, e che hanno studiato i due secoli di trasformazione della
fotografia; si nota però chi è un piccolo cultore della fotografia. Pensavo di trovare
persone di età medio alte che sappiano molto di più rispetto ai giovani degli anni ’80
e ’90.48
Ci si pone ora una domanda abbastanza interessante: coloro che stanno già
lavorando nel mondo della fotografia, ne sa qualcosa della sua storia? Soltanto il 3%
afferma di lavorarci già nella difficile industria fotografica: mentre i più anziani
ammettono che sia un lavoro difficile da applicare per guadagnarsi dei soldi, i più
giovani si fanno avanti, ma solo 5 su 7 hanno veramente studiato la storia della
fotografia, quindi hanno una minima cultura di quello che stanno praticando.
Si tratta della triste verità del mondo digitale. Si pensa di non aver bisogno di
conoscere la storia per farsi avanti nel presente. Si parla, a questo punto, sia di
evoluzione, che di rivoluzione, che di involuzione. I giovani fotografi cercano di
avventarsi nell’industria fotografica senza conoscere l’analogico, le fatiche del passato,
il profumo della stampa fotografica: i book fotografici ora sono fatti in digitale e
raramente vengono stampati, tutto va a finire sul web. Un’evoluzione nel vero senso
della parola, perché oggi possiamo fotografare qualsiasi cosa, dal fiore, alle persone,
alla luna e alle stelle, senza preoccuparci di niente: abbiamo un esposimetro, dei
diaframmi che si aprono e si chiudono a tutti i valori desiderati, lavoriamo con dei tempi
e delle sensibilità ISO/ASA che ci lasciano a bocca aperta. Ma anche una rivoluzione,
perché i nostri nonni mai avrebbero pensato di poter vedere le loro fotografie sugli
schermi, la fotografia non era fotografia se non era un pezzo di carta con l’immagine
stampata.
48 Non è stato specificato nei momenti precedenti, però oltre ai dati grafici che il sondaggio mi ha creato,
mi è stata fornita una tabella Excel in cui compaiono tutti i dati concernenti le compilazioni eseguite dai
sondaggisti, dal quale sono riuscita ad estrarre dati come le varie età, e le compilazioni delle persone in
base alle loro età.
52
53
Webgrafia
www.treccani.it
www.wikipedia.org
Kapusons, Dall’analogico al digitale,
http://www.kapusons.com/document/it/dall_analogico_al_digitale/campagne_di_comun
icazione, consultato il 06.05.2014
Fotografare in digitale, I formati delle pellicole fotografiche,
http://www.fotografareindigitale.com/2012/11/i-formati-delle-pellicole-fotografiche/,
consultato il 07.05.2014
SeustPhoto, Capire il rapporto d’aspetto (aspect ratio e cropping),
http://www.seust.it/blog/?p=1265, consultato il 07.05.2014
Marco Crupi, Blog fotografico: L'avvento del digitale - Storia della fotografia,
http://marcocrupifoto.blogspot.it/2011/04/lavvento-del-digitale-storia-della.html,
consultato il 09.04.2014
A Picture of Innovation, http://www.nasa.gov/offices/oct/home/tech_life_aptina_prt.htm,
consultato il 12.04.2014
Image Consult, Partner per un’Era Digitale, Dorsi digitali,
http://www.imageconsult.it/pagina.phtml?_id_articolo=98-CCD-vs-CMOS-tecnologie-
a-confronto.html, consultato il 14.04.2014
Lomography Magazine, Perché amare il rullino, articolo del 12 marzo 2014,
http://www.lomography.it/magazine/lifestyle/2014/04/03/your-reasons-to-love-film,
consultato il 16.04.2014
54
http://www.internetlivestats.com/ - contatori live dei dati che girano nel web ogni
secondo
Flickr, post di Frank Michel,
https://secure.flickr.com/photos/franckmichel/6855169886/, consultato il 16.04.2014
01net.nets, Cisco: nel 2017 metà della popolazione mondiale connessa a Internet
http://www.01net.it/cisco-nel-2017-meta-della-popolazione-mondiale-connessa-a-
internet/0,1254,3_ART_154211,00.html, consultato il 16.04.2014
Dichiarazione rilasciata al minuto 46 del video all’indirizzo
https://screen.yahoo.com/yahoo-event-155000760.html, scritta e riportata da un
membro del forum di dpreview.com, http://www.dpreview.com/forums/post/51504444,
consultato il 16.04.2014
Edoardo Agresti, Il fotografo professionista è morto, ma la professionalità…,
http://www.blog.edoardoagresti.it/?p=1967, consultato il 16.04.2014
55
Indice delle immagini
Immagine 1, http://www.fotografareindigitale.com/2012/11/i-formati-delle-
pellicole-fotografiche/
Immagine 2, https://it.wikipedia.org/wiki/APS-C
Immagine 3 e 4,
http://www.arteco.org/video_lab/htm/archivio_appunti_precedenti/08_09/htm1
/06varie/06-rapporto_d'aspetto.htm
Immagine 5, https://blog.the-impossible-project.com/sx-70-s-make-great-
valentines-day-gifts
Immagine 6, http://blog.memory-life.com/fr/tags/argentique/
Immagine 7,
https://it.wikipedia.org/wiki/Dispositivo_ad_accoppiamento_di_carica#mediavie
wer/File:CCD_charge_transfer_animation.gif
Immagine 8, http://eggy.egloos.com/m/3790945
Immagine 9,
https://it.wikipedia.org/wiki/Sony_Mavica#mediaviewer/File:Sony_Mavica_1981_
prototype_CP%2B_2011.jpg
Immagine 10,
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Sony_Mavica_FD5_4040.jpg
Immagine 11,
https://it.wikipedia.org/wiki/Nikon_F3#mediaviewer/File:F3big.jpg
Immagine 12, http://www.acecam.com/magazine/nikon-d1.html
Immagine 13, https://en.wikipedia.org/wiki/File:Matrixw.jpg
Immagine 14, http://www.polygrafia-fotografia.sk/wp-
content/uploads/2012/02/4_D800.jpg
Immagine 15, postproduzione propria in Lightroom
Immagine 16, immagine al link (stock photo) a confronto con digital art di Oana
Zavoianu,
https://gs1.wac.edgecastcdn.net/8019B6/data.tumblr.com/e3845a2ca48bde72d9
303b0f6a935f7b/tumblr_mfuh06s7051s1l6ejo1_1280.jpg
56
Immagine 17, http://st-listas.20minutos.es/images/2011-
03/280732/2925711_640px.jpg?1300507610
Immagine 18, https://weheartit.com/entry/14621945
Immagine 19, http://www.graphis.com/entry/d50d41d8-4b2e-11e2-a2c9-
f23c91dffdec/
Immagine 20-21,
http://www.lomography.it/magazine/lifestyle/2014/04/03/your-reasons-to-
love-film
Immagine 22-23, http://www.internetlivestats.com/

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  • 1. Università degli Studi di Padova Dipartimento dei Beni Culturali: archeologia, storia dell’arte, del cinema e della musica Corso di Laurea Triennale in Discipline Delle Arti, Della Musica e Dello Spettacolo Fotografia Digitale: Evoluzione o Rivoluzione? Professore: Carlo Alberto Zotti Minici Laureando: Hannelore Elena Liciu Matr. 1031230 Anno Accademico 2013/2014
  • 2.
  • 3. Indice 1. Introduzione 2. I formati analogici e digitali  Un passaggio essenziale e necessario  I vari formati  Questioni tecniche, ma anche estetiche 3. Conseguenze sociali delle innovazioni tecnologiche  Dalla nascita dell’amatorialità al digitale  L’avvento del digitale  Le conseguenze  Perché amare il rullino? 4. Avvento della fotografia nei social network e nei photo-sharing websites  Nuovi metodi di condivisione  Fine della professionalità? 5. Fotografia Digitale: evoluzione o rivoluzione?  Ricerca personale: “Cos’è per voi la fotografia?”  Evoluzione o rivoluzione?
  • 4.
  • 5. 5 1. Introduzione Questa ricerca porrà la propria attenzione sulla trasformazione che si è attuata negli ultimi anni nel campo della fotografia, a causa di una serie di eventi in continuo cambiamento nell'ambito sociale e quello della tecnologia. Verranno affrontati gli effetti dello sviluppo tecnologico della fotografia, dalla nascita della cultura fotografica amatoriale fino ad oggi, transitando per quei momenti rilevanti per la nascita del digitale e le conseguenze che essa portò dal punto di vista sociale. La tecnologia si è sviluppata talmente tanto negli ultimi duecento anni, che non riusciamo nemmeno a renderci conto: il digitale ha preso piede in meno di cento anni, e ogni anno ci sono miglioramenti e innovazioni che spesso ci lasciano a bocca aperta. Ci si chiede a questo punto, come abbia portato a un nuovo comportamento sociale l’innovazione tecnologica (in questo caso) della macchina fotografica, dall’analogico al digitale, e quali siano le nuove abitudini sociali nei confronti della fotografia del XXI secolo, cercando di fornire dei dati aggiornati dal web, dalle conoscenze personali e da una ricerca personale attuata su un campione di persone non classificate secondo il proprio ambito lavorativo, ma praticanti della fotografia. L’obiettivo finale di questo studio è capire se attraverso gli anni la tecnologia dello sviluppo digitale abbia portato a un’evoluzione, oppure a una rivoluzione fotografica, e si cercherà di capire tutto ciò anche dallo studio effettuato. Lo studio verrà affrontato con materiali provenienti principalmente dal web, in quanto nei libri cartacei queste informazioni vengono trovate molto difficilmente.
  • 6. 6
  • 7. 7 2. I formati analogici e digitali Un passaggio essenziale e necessario La fine del secondo millennio, tra le numerose immagini, metafore e definizioni con cui è stata rappresentata, viene oggi comunemente stigmatizzata nei termini di un passaggio dall'analogico al digitale. Un passaggio inevitabile, dato il grosso bisogno di trasferire e assimilare le informazioni, tipicamente delle società delle reti: ipertestualità, multimedialità, interattività – termini con cui abbiamo a che fare ogni giorno, dalle mail che ci scambiamo, alle fotografie o dai video che vediamo online, agli amici con cui scambiamo due parole sulle piattaforme social. Tutti sono a conoscenza di questo grande passaggio, almeno a livello macroscopico, però molta parte della generazione anni ’90 e duemila non ne sanno molto poiché non l’hanno vissuta “sulla propria pelle”. Per analogico si intende un sistema in cui una quantità fisica continuamente variabile (ad esempio, l'intensità di un'onda audio) viene rappresentata da un'altra (ad esempio, la tensione di un segnale elettrico) nel modo più fedele possibile. È il sistema dell’imitazione, dell’opposizione originale/falso, dell’imprecisione. È digitale invece un sistema o dispositivo che sfrutta segnali discreti per rappresentare e riprodurre segnali continui sotto forma di numeri o altri caratteri. È l’universo nel quale le informazioni vengono rappresentate da stringhe di 0 e 1, attivo/inattivo, alto/basso, vero/falso. La rivoluzione digitale parte dalla rivoluzione delle comunicazioni degli anni ’80 e ’90, quando si passa da un’interfaccia statica a un’interfaccia multimediale. Così, il sistema mediale comincia ad interferire con tutti i sistemi che lo circondano, inglobando nella sua cerchia tutti i sistemi mediatici dalla televisione, alla stampa, alla radio (considerati media ”primitivi”, in quanto con essi non si poteva interagire). Questo è il risultato dell'incontro tra arte e scienza, della formazione di una nuova cultura che ha carattere popolare e si basa sulle conseguenze di una tecnologia che ha invaso il nostro ambiente culturale e promuove un processo di sviluppo automatico sostenuto dalle stesse innovazioni tecnologiche e da un permanente desiderio di cambiamento. L’equivoco contemporaneo risiede nella confusione tra due mondi ancora distanti: quello della conoscenza e quello della programmazione. Il digitale si configura come una possibilità di rappresentazione del reale, ma pur sempre come una modalità di semplice trasmissione dei contenuti. Fornire i contenuti è (e
  • 8. 8 resterà sempre) compito dell’homo analogicus.1 I vari formati Sia nel mondo analogico che in quello digitale ci troviamo dinanzi a una moltitudine di formati. Non c’è un motivo preciso alla base dell’esistenza di così tanti formati, se non il fatto che ogni marca ha lavorato diversamente dalle altre nella produzione delle proprie macchine. Il formato più famoso e più utilizzato è certamente il formato 35mm, chiamato anche 135. Questa pellicola fu creata appositamente per la cinematografia, infatti, presenta dei fori nella parte alta e nella parte bassa che permettono il suo avanzamento a manovella. Il formato 35mm è stato adottato anche dal mondo della fotografia, però l’altezza fu raddoppiata: da un’area fotosensibile tipica cinematografica di 18×24mm, a un’area di 36×24mm per la fotografia statica. Un altro tipo di formato ancora utilizzato nella fotografia è la pellicola definita medio formato, che permette un’area di esposizione maggiore rispetto al formato 135, soprattutto se si lavora con un banco ottico. Si tratta dei formati 120 e 220mm, la cui caratteristica è l’altezza del fotogramma pari a 6cm. La differenza tra le due sta nella lunghezza della pellicola: la 220 permette circa il doppio delle pose rispetto al 120. 1. Formati pellicole 1 Kapusons, Dall’analogico al digitale, http://www.kapusons.com/document/it/dall_analogico_al_digitale/campagne_di_comunicazione, consultato il 06.05.2014
  • 9. 9 Il formato 4,5×6 è un formato “rettangolare” e permette di di ricavare 15 scatti da una pellicola 120 o 30 da una 220. Il formato 6×6 è al contrario adatto a soggetti quadrati e da un rullo 120 è possibile ricavare 12 scatti contro i 24 del formato 220. Il formato 6×7 ed il 6×9 sono i più utilizzati in quanto ripropongono una dissimmetria tra le due dimensioni, con il 6×9 identico, per rapporto, al 135. Il numero dei fotogrammi ricavabili è pari a circa 9-10 esposizioni dal rullo 120 e 18-20 esposizioni dal rullo 220. Entrambi i rulli furono introdotti da Kodak rispettivamente nel 1901 e nel 1965. La pellicola da 35mm, per quanto oramai sia quasi solo relegata alla lomografia (con tutti i maggiori produttori che hanno chiuso le fabbriche), è divenuta un punto di riferimento anche nel mondo digitale: tutti i sensori sono, infatti, dimensionati su di essa. Le reflex full frame2 sono infatti dotati di sensori dalla dimensione pari a 36x24mm mentre tutte le compatte esprimono la dimensione del proprio sensore rapportandole ad essa (per esempio 1/2.5, 1/1.6 e via discorrendo).3 L’anno 2008 è segnato particolarmente dal passaggio dall’analogico al digitale, e se ne parlerà meglio del processo nel capitolo 3. Il bisogno di velocità di riproduzione, di trasmissione e di pubblicazione ha fatto sì che il digitale prenda piede sempre di più. La rapidità del digitale va a sostituire i processi analogici, che richiedono troppo tempo, però, anche se non bisogna più badare alla conservazione delle pellicole ad una determinata temperatura4 , con il digitale bisogna essere muniti di grosse memorie per conservare i file, per non rischiare di perdere il lavoro svolto. Ci si chiede costantemente se il passaggio al digitale sarà definitivo, e direi che oggi abbiamo la risposta più che mai. Ci si avvia sempre di più verso un’era di solo digitale, mentre l’analogico diventa un sistema ricercato dai soli appassionati. Il “problema” di oggi consiste nel fatto che le macchine full frame sono ancora molto costose per il pubblico, infatti, molto spesso le chiamiamo macchine professionali. 2 Reflex digitali a pieno formato (35mm). 3 Fotografare in digitale, I formati delle pellicole fotografiche, http://www.fotografareindigitale.com/2012/11/i-formati-delle-pellicole-fotografiche/, consultato il 07.05.2014 4 La conservazione delle pellicole non ancora esposte richiede temperature inferiori a 15°C per l'uso nel medio periodo, inferiori a 0 °C per l'utilizzo nel lungo periodo. Questo evita il naturale degrado degli alogenuri che possono portare a dominanti cromatiche o variazioni della sensibilità. Per le pellicole esposte sono sufficienti temperature inferiori a 25°C per il medio periodo e inferiori a 10 °C per il lungo periodo, sempre con umidità compresa tra il 30% e il 50%. È importante comunque sviluppare la pellicola il prima possibile, per evitare il decadimento degli alogenuri.
  • 10. 10 Ci sono però le macchine APS-C 5 , che montano un formato ridotto di sensore dell’immagine, e che sono oggi tra i più utilizzati nel settore delle fotocamere reflex digitali. Si tratta di un formato “croppato”, tagliato, che non ha quindi le dimensioni di un 35mm, ma si presenta in varie dimensioni a seconda della marca di produzione della macchina. 2. Formati digitali Così, ci troviamo dinanzi a una vasta scelta di formati, se dovessimo decidere di comprare una macchina reflex oppure una semplice macchinetta compatta. Sta a noi decidere e capire a che livello vogliamo che sia la nostra esperienza fotografica. La maggior parte delle persone utilizzano una semplice macchinetta compatta: piccola, tascabile, ci sta nella nostra borsetta. Chi si appassiona al mondo reflex di solito parte acquistando una APS-C, poi man mano si rende conto degli svantaggi del sensore della propria macchina: maggior rumore d’immagine, minore luminosità e ampiezza del mirino, una riduzione dell’angolo di campo, risultante nella moltiplicazione apparente della lunghezza focale dell’obiettivo utilizzato di un fattore 1.5 – 1.66 (quindi solo se utilizziamo un’ottica come il 35mm avremo il famoso 50mm che non dovrebbe mancare nel corredo di un fotografo appassionato). Questi motivi portano chi vuole lavorare nel 5 Advanced Photo System Classic. 6 Wikipedia, APS-C, https://it.wikipedia.org/wiki/APS-C, consultato il 07.05.2014
  • 11. 11 mondo della fotografia ad acquistare una macchina full frame, per avere i vantaggi che si avevano una volta con la macchina fotografica analogica, solo che questa volta, in digitale. Questioni tecniche, ma anche estetiche La convergenza dei vari media ha portato grosse trasformazioni in tutti gli ambiti tecnologici. Lavorando nella fotografia digitale, inevitabilmente dovremo scaricare dalla memoria della macchina le nostre foto sul nostro computer per fare una selezione delle migliori, per ritoccare i particolari che non ci piacciono o semplicemente per fare qualche correzione del bianco, che non è mai facile ottenere direttamente con un semplice scatto. Tutte operazioni che richiedono l’utilizzo di uno schermo con i colori calibrati e un software che possa eseguire le operazioni. Nel secolo scorso chiunque possedeva uno schermo a tubo catodico, nella propria televisione oppure nel monitor del PC. Si sono dimostrati una tecnologia duratura rispetto a quella che acquistiamo oggi, anche se sono diventati obsoleti a causa della loro ingombranza e del alto costo di produzione che prevedono. Vari produttori hanno comunque provveduto a immettere nuovi modelli a basso ingombro, e la tecnologia è stata utilizzata moltissimo anche dopo la metà degli anni duemila. La tecnologia del tubo catodico è tuttora apprezzata per la sua velocità di reazione (la minor latenza, soprattutto nell’uso dei videogiochi), i suoi colori fedeli delle immagini riprodotte e il consumo minore di elettricità, che si riduce ulteriormente in caso di riproduzione di immagini scure.7 Un appassionato della tecnologia in trasformazione non bada oggi ai vantaggi offerti dallo schermo a tubo catodico, affidandosi al nuovo mercato molto accessibile dei plasma, degli LCD o degli schermi a tecnologia LED. Soltanto la tecnologia LED può competere al momento con i vecchi schermi a tubo catodico, grazie alla loro lunga durata, l’elevata efficienza e il basso consumo; resta un’incognita la fedeltà del colore, molto importante per chi lavora nel mondo fotografico oppure nel mondo del montaggio video. 7 Wikipedia, Schermo a tubo catodico, https://it.wikipedia.org/wiki/Schermo_a_tubo_catodico, consultato il 07.05.2014
  • 12. 12 Il passaggio a nuove tecnologie ha adottato i cambiamenti che erano già avvenuti per televisori e monitor a tubo catodico. Sto parlando del cambiamento del aspect ratio 8 , che in origine era di 4:3 (indicato anche come 1.33:1 in campo cinematografico) come dal formato cinematografico che venne standardizzato dall’avvento del cinema sonoro. Si tratta di un formato che si avvicina alla visione umana, che è di 155° orizzontale per 120° verticale. Dagli anni cinquanta vengono definiti una serie di formati panoramici che vennero adottati dall’industria cinematografica allo scopo di aumentare la spettacolarità delle immagini. 3. Aspect ratio, le scale più comuni: area rossa 4:3, area verde 16:9, area blu 2.35:1 (Cinemascope) Oggi, nel campo cinematografico, un formato molto popolare è il 16:9, ed è alla base della TV ad alta definizione (HDTV), però oggi è comunemente utilizzato anche nella televisione standard. Questo formato permette di avere un campo visivo di area maggiore, però viene ridotto dalle televisioni in formato 4:3 oppure, se la televisione ha possibilità di cambiare il ratio, l’immagine verrà proporzionata allo schermo e sopra e sotto di essa verranno visionate due bande nere di dimensioni uguali da 72 pixel l’una. 8 L'aspect ratio (ratio), o in italiano rapporto d'aspetto, indica il rapporto matematico tra la larghezza e l'altezza di un'immagine.
  • 13. 13 4. La varietà dei formati cinematografici Ci sono molti altri formati, tra cui il 14:9 testato dalla BBC in Inghilterra, Irlanda e Australia, che però è soltanto un formato di trasmissione e non di registrazione; c’è anche il formato Cinemascope, che è ulteriormente più ampio del 16:9, però ha poca compatibilità dal punto di vista trasmissivo. Dal punto di vista della fotografia il discorso vale allo stesso modo. La maggior parte delle macchine fotografiche scatta fotografie in proporzioni al 35mm, quindi quel che estraiamo dalle nostre macchine ha un aspect ratio di 3:2 (1.5:1). Altre macchine, come le Olympus per esempio, utilizzano un aspect ratio di 4:3.9 Il problema si pone quando nei programmi di editing utilizziamo lo strumento “taglierina”, che ci permette di tagliare fuori dalle fotografie quel che non ci piace dell’inquadratura. Molti non tengono conto però del fatto che tagliando secondo delle proporzioni sbagliate, si rischia 9 Wikipedia, voce Aspect ratio (immagine), https://it.wikipedia.org/wiki/Aspect_ratio_(immagine), consultato il 09.05.2014
  • 14. 14 di avere una foto tagliata ulteriormente in stampa oppure durante una proiezione video. In sostanza, quando si va a tagliare una fotografia, bisogna tenere conto delle proporzioni originali della fotografia oppure, se si manda in stampa, bisogna fare attenzione che il laboratorio non esegua un taglio della nostra fotografia per farla rientrare nelle dimensioni della carta di stampa. Può anche succedere di peggio: se non manteniamo le proporzioni, l’immagine potrà anche non essere tagliata in stampa, però può subire alterazioni delle proporzioni da parte della macchina di stampa – cosa non molto gradita se si tratta di ritratti, per esempio.10 Nella stessa direzione si sono mossi anche i produttori di schermi per il computer. Oggi troviamo molto raramente degli schermi 4:3 sul mercato, la maggior parte e i più acquistati sono i monitor widescreen11 , che hanno proporzioni pari al 16:9. Perché questa scelta da parte del pubblico? Perché oggi moltissime persone interagiscono con la tecnologia molto diversamente da come veniva fatto anche soltanto dieci anni fa. Possediamo in casa dei computer che possono essere anche televisioni, anche radio, e con cui si può navigare nel web. La vita “frenetica” che abbiamo di giorno in giorno ci porta a inseguire tale tecnologia. In questo modo, su uno schermo possiamo allo stesso momento vedere un film, chattare con gli amici e navigare nel web. E spesso chi lavora nel mondo fotografico oppure nel mondo video ha bisogno di molti più schermi, in modo da dividere i lavori tra uno schermo e un altro, per lavorare sull’immagine su uno schermo e fare eventuali modifiche dall’altro. 10 SeustPhoto, Capire il rapporto d’aspetto (aspect ratio e cropping), http://www.seust.it/blog/?p=1265, consultato il 07.05.2014 11 Widescreen, letteralmente traducibile in italiano come schermo largo, è la locuzione che si usa, principalmente nel campo dell'home entertainment, per indicare che un formato video occupa orizzontalmente tutto lo schermo.
  • 15. 15 3. Conseguenze sociali delle innovazioni tecnologiche Dalla nascita dell’amatorialità al digitale Prima dell’arrivo del digitale, nella società della seconda metà del Novecento nacque una cultura fotografica amatoriale. Questo processo è stato favorito dalla comparsa delle pellicole 35 mm e di apparecchi adatti a questo nuovo format, il cui costo molto basso (di solito dai 3 ai 15 dollari) permetteva ad ogni famiglia di possederne uno. La prima macchina amatoriale fu la Polaroid Land Camera, del 1948, che permetteva di ottenere immagini in bianco e nero con sviluppo automatico e istantaneo. In seguito anche la Kodak fa uscire una propria macchina, la Instamatic12 – introdotta nel 1963, è una macchina semplice a fuoco fisso, con flash incorporato, che funziona con una pellicola di formato 126 – per venire incontro ai consumatori che si lamentavano della difficoltà nel cambiare i rullini. 5. Polaroid Land Camera 12 Quentin Bajac, Dopo la fotografia. Dall’immagine analogica alla rivoluzione digitale, Roma, 2011, pp. 14-16.
  • 16. 16 6. Kodak Instamatic 100 In questo clima, l’industria fotografica si evolve tecnologicamente, spostandosi dall’ambito statunitense all’Europa, ma prevalentemente al Giappone, che diventa il leader nel secondo dopoguerra. Aziende come Olympus, Canon, Fuji, Konica diventano molto rilevanti dal punto di vista dell’ottica e dell’elettronica degli apparecchi, mentre Nikon, Pentax e Sigma si specializzano nel settore ottico, che tutt’oggi è apprezzato dai fotografi più appassionati. 13 La potenzialità degli apparecchi e la loro maneggevolezza permetteva a chiunque di poter scattare delle fotografie, incluse le classi sociali basse, indipendentemente dalla sfera di appartenenza sociale (cittadina o rurale). Tra gli anni ’50 e ’60, infatti, il numero di fotografie scattate aumenta esponenzialmente. In questo periodo inoltre, si viene a formare anche quella che oggi chiamiamo Pop Art nel senso di “popular art”, “espressione riferita inizialmente alla cultura di massa e alle sue manifestazioni, estesa quindi al movimento artistico che a queste principalmente s’ispira”14 . Il piacere del fotografare è favorito inoltre anche dal progresso delle società dell’immagine, come il cinema e la televisione, e soprattutto dall’introduzione delle pellicole a colore Kodacolor e in seguito delle Ektachrome, da parte della Kodak. 13 Idem. 14 Voce “Pop Art” in dizionario Treccani, www.treccani.it.
  • 17. 17 Avendo a disposizione un tale apparecchio, nella società degli anni ’50 e ’60 nasce anche una particolare tipologia di iconografia e stile, che va in una direzione più libera e spontanea – si preferirà infatti la «fotografia istantanea», che non sta più alle regole ferree della fotografia del dopoguerra, e che va verso un’originalità legata ai costumi dell’epoca, ai comportamenti spontanei, alla minor consapevolezza dell’apparecchio fotografico. 15 I fotografi amatoriali tralasciano però quelle che sono le regole della «buona fotografia» dei canoni classici, andando incontro ai comuni errori che vengono fatti tutt’oggi: primi piani mossi, sfuocature non desiderate, inquadrature tagliate. Senza rendersene conto, la società dell’immagine amatoriale svolge una grossa importanza per gli artisti degli anni ’60, che “impadronendosi delle pratiche e dell’iconografia amatoriali, pongono queste al centro della loro ricerca”, costruendo così un’estetica più completa e articolata. Nonostante l’avanzamento dell’immagine animata e quindi dell’era della televisione, la fotografia rimane un mezzo importante per chi deve lavorare nel mondo del giornalismo o dell’editoria in generale. Chi ci lavora in questo ambiente deve però badare ai nuovi modi di fotografare, che sono spesso ripresi dalla tipologia di immagine televisiva dell’epoca – il mondo contemporaneo necessita di una nuova forma di rappresentazione dinanzi a una nuova tipologia di pubblico. Questo accade principalmente negli Stati Uniti, mentre in Europa e in Giappone “la televisione ancora non ha avuto il suo grande sviluppo e dove importanti riviste di informazione continuano ad avvalersi in modo consistente della fotografia”16 . Ed è in Europa che il fotogiornalismo si sviluppa, accanto all’emergere di nuove agenzie fotografiche ma anche di quelle già presenti, come Magnum, in opposizione ai grandi periodici e al proprio staff di fotografi – infatti, le cooperative di fotografi mirano sia a far guadagnare i fotografi che a far mantenere loro la proprietà dei negativi e la scelta dei soggetti da affrontare. In ambiti simili, i fotografi erano specializzati in fotografia da studio, ma avevano anche esperienza in ambito fotogiornalistico, dove dagli anni ’60 si affiancano a riviste e giornali dove potevano condividere i propri lavori come autori delle opere, e quindi con il proprio punto di vista nelle realtà affrontate. In 15 Bajac, op. cit. pp. 18-27 16 Bajac, op. cit. pp. 33-54.
  • 18. 18 molti casi, i fotografi ricorrono anche alla creazione di libri fotografici, dove mostrano i loro lavori in durata ed evoluzione, e dove la loro arte è maggiormente privilegiata. “Nell’ultimo quarto del Novecento, la fotografia è considerata a pieno titolo nella sua dimensione artistica, culturale e mercantile. L’interesse verso il mezzo fotografico e l’importanza datagli aumentano sempre più.”. Si attua in questi decenni una “lotta” per far diventare la fotografia un’arte alla pari con le altre arti come la pittura o la scultura. Vengono fatte mostre private, poi la fotografia accede anche alle varie biennali (la prima ad ospitarla è quella di Kassel, dalla sua quinta edizione del ’72), vengono fatte manifestazioni dedicate alla fotografia e vengono assegnati premi ai fotografi. Molti critici e storici si occupano di scrivere del linguaggio fotografico, in modo da colmare la sua continua perdita di funzione e di utilità, favorita dallo sviluppo dei nuovi mezzi di diffusione dei media, ma anche di registrazione – ci si avvicina sempre più al mondo video. L’avvento del digitale Oggi ci troviamo dinanzi a una tecnologia formidabile: piccole macchinette che ci stanno nelle tasche riescono a catturare delle fotografie che dieci anni fa erano impensabili. Affascinati tutt’ora dall’amatorialità, per pura passione o spesso per lavoro, ci rechiamo nei maggiori negozi di elettronica e ci troviamo in un imbarazzo della scelta mai provato finora: macchinette compatte digitali, macchinette reflex digitali e i loro rispettivi obiettivi, foto/videocamere sportive, accessori per accompagnare gli scatti delle proprie macchinette. Non troviamo più le vecchie analogiche – ora le reperiamo solamente in negozi specializzati, spesso anche lontani dalla propria residenza; soltanto i più appassionati ne vanno in cerca, le custodiscono come reliquie oppure cercano in tutti i modi di farle lavorare ancora come lavoravano una volta. Spesso quando qualcuno deve scegliere la “compagna di avventure” per i prossimi anni, non ci si pone il “perché” sulla scelta che andrà a fare – il venditore del negozio di elettronica, spesso inesperto in materia, ci dice sempre la stessa storiella: “questa macchinetta digitale ha 16.000 pixel, scatta velocemente e si accende anche molto velocemente” – tra l’altro di cosa può avere bisogno oggi una qualsiasi persona che vuole “solo scattare delle fotografie”? Chiunque vuole delle foto di qualità, e vuole
  • 19. 19 che la macchinetta risponda immediatamente alle proprie esigenze, come per esempio accendersi subito non appena si vede qualcosa di molto bello da fotografare. La fotografia attraversa in questo periodo un momento di frattura: da un lato entra in crisi la sua caratteristica principale, l’oggettività, dall’altro si apre la possibilità di una nuova giovinezza, un rinascimento fatto di diverse possibilità espressive legate allo sviluppo tecnologico, tempi di lavoro, modi di relazionarsi all’oggetto. La fotografia chiaramente non è rimasta immune da questa rivoluzione, in quanto l’informazione visiva luminosa è traducibile in bits e può entrare così nel regno digitale. Con l’introduzione di dispositivi digitali, gli apparecchi fotografici a pellicola sono stati quasi del tutto sostituiti dalle fotocamere, dotate di un sistema di codificazione informatica, che traducono l’immagine in impulsi elettrici. Tali impulsi vengono registrati in un file, che è archiviato nella memoria dell’apparecchio e può essere trasferito in un computer attraverso cavi o tramite connessioni wireless. Il funzionamento di una fotocamera digitale è tuttavia molto simile a quello di una fotocamera tradizionale, poiché entrambe contengono un obiettivo, un diaframma (il meccanismo che regola, in base al grado di luminosità dell’ambiente, le dimensioni di apertura del foro da cui penetra il fascio di luce) e un otturatore che controlla la durata dell’esposizione alla luce. Nelle fotocamere digitali la pellicola è sostituita da un dispositivo elettronico chiamato «sensore di immagini», sulla cui superficie si trovano milioni di piccolissimi elementi fotosensibili detti photosite. I photosite sono porzioni di spazio contenenti un solo photodetector o tre photodetector, sensibili rispettivamente a una sola o a tutte e tre le componenti cromatiche fondamentali del sistema additivo RGB (Red, Green, Blue, ossia rosso, verde e blu). Questo genere di codifica aiuta in seguito la trasmissione del file a video, dove lo schermo elabora i vari impulsi nei milioni di colori dell’immagine riprodotta. La qualità di un’immagine digitale, per quanto concerne la visualizzazione su uno schermo e la stampa, dipende in gran parte dalla sua risoluzione, ossia dal numero di pixel contenuto in ogni pollice (unità di misura in uso nel sistema anglosassone pari a 2,54 cm). L'origine della fotografia digitale risale alle esplorazioni spaziali e alla necessità di trasmettere a lunghissima distanza le immagini riprese dai satelliti artificiali e dalle
  • 20. 20 missioni spaziali. 17 La tecnologia utilizzata era quella del CCD (Charge-Coupled Device, in italiano DAC, dispositivo ad accoppiamento di carica)18 , che consiste in un circuito integrato (microchip) formato da una griglia di elementi semiconduttori in grado di accumulare una carica elettrica proporzionale all’intensità della radiazione elettromagnetica che li colpisce – gli elementi sono accoppiati, in modo che si trasmettano tra di loro la carica. Inviando al dispositivo una carica temporizzata di impulsi, si ottiene in uscita un segnale elettrico grazie al quale si costruisce una matrice dei pixel che compongono l’immagine proiettata sulla superficie del CCD stesso. Questa informazione può essere in seguito utilizzata per riprodurre immagini su un monitor o per registrarla su supporti magnetici (cassette, VHS) oppure viene convertita in formato digitale (file). 17 Marco Crupi, Blog fotografico: L'avvento del digitale - Storia della fotografia, http://marcocrupifoto.blogspot.it/2011/04/lavvento-del-digitale-storia-della.html, consultato il 09.04.2014 18 Wikipedia, voce Dispositivo a carica accoppiata, https://it.wikipedia.org/wiki/Dispositivo_a_carica_accoppiata#cite_ref-1, consultato il 09.04.2014
  • 21. 21 7. Funzionamento di un CCD trifase: i pacchetti di carica (gli elettroni, blu) sono raccolti in buche di potenziale (gialle) create applicando una tensione positiva agli elettrodi (G). Applicando una tensione positiva a G nella sequenza corretta, trasferisce i pacchetti di carica.
  • 22. 22 Questa magnifica ideazione è opera di Willard S. Boyle e George E. Smith, due fisici operanti nella Bell Laboratories19 , nel 1969. Grazie alla loro scoperta, nel 1975, Steven Sasson (ricercatore della Kodak) lavora alla prima fotocamera digitale. Il suo primo prototipo pesava poco meno di quattro chili, aveva la dimensione di un tostapane e produceva un’immagine di 0,01 megapixel, che in un tempo di 23 secondi veniva registrata su cassetta digitale. Il prototipo venne regolarmente brevettato e finì nel cassetto, etichettato come progetto divertente ma troppo in anticipo rispetto ai tempi. “Quando sarebbe giunta sul mercato quest'invenzione? I progettisti seppero rispondere con chiarezza solo a quest'ultima domanda, applicando la legge di Moore e stimando 15-20 anni di tempo, ovvero un anno fra il 1990 e il 1995.”20 Nel 1981 La Sony presenta la Mavica, la prima macchina fotografica che utilizza un supporto magnetico al posto della pellicola. Mavica (Magnetic Video Camera) è un marchio di Sony per le fotocamere che utilizzavano un floppy come supporto di memorizzazione principale. I modelli Mavica erano i primi a registrare le immagini su un supporto digitale mobile invece che su una normale pellicola.21 19 I Bell Laboratories (noti anche come Bell Labs, Bell e Laboratori Bell e precedentemente denominati AT&T Bell Laboratory e Bell Telephone Laboratories) sono un laboratorio di ricerca e sviluppo di proprietà di Alcatel-Lucent e precedentemente della Bell System. 20 Marco Crupi, Blog fotografico: La prima macchina fotografica digitale [1975] – Le foto che hanno fatto la storia, http://marcocrupifoto.blogspot.it/2009/11/le-foto-che-hanno-fatto-la-storia-la_18.html, consultato il 09.04.2014. 21 Wikipedia, voce Sony Mavica, https://it.wikipedia.org/wiki/Sony_Mavica, consultato il 09.04.2014 8. Steven Sasson con la sua prima fotocamera digitale 9. Sony Mavica e floppy in esposizione
  • 23. 23 Sempre Mavica farà uscire la prima compatta, Sony Mavica FD5, che utilizzava sempre un floppy come supporto di memorizzazione, aveva delle dimensioni contenute e a livello elettronico presentava già degli automatismi molto elevati. Il vantaggio era enorme: le fotografie venivano scaricate sul computer, venivano evitate spese di pellicola e di sviluppo, veniva ottenuto un maggiore numero di immagini a prezzo zero (escludendo il primo investimento fatto per comprare la fotocamera). Il digitale non fu però accolto a braccia aperte da parte dei fotografi. Molti continuarono a utilizzare l’analogico, che si sviluppò a sua volta, portando alcuni automatismi nelle macchine, come per esempio il mirino elettronico. Si rimase fedeli all’analogico soprattutto perché le fotocamere digitali non disponevano della meccanica e delle ottiche intercambiabili, delle regolazioni manuali e del mirino (al posto di cui si trovava invece uno schermo). Lo sviluppo di software come Photoshop, a partire dagli anni ’90, fece aumentare sempre di più lo scetticismo verso la fotografia digitale da parte dei professionisti, consapevoli del fatto che la nuova tecnologia riduceva l’esclusività delle loro competenze – l’immagine perfetta poteva essere creata da chiunque avesse in mano una macchinetta e il famoso software. Solo dagli anni ’90 sono introdotti gli apparecchi reflex digitali, con cui è di nuovo possibile agire su tempi e diaframmi e avere obiettivi intercambiabili. La prima reflex digitale introdotta dalla Kodak fu la Nikon F3, messa a fuoco manuale e 35 mm, con soli 1.3 megapixel, un motore MD-4 modificato per contenere il 10. Sony Mavica FD5 11. Nikon F3
  • 24. 24 convertitore analogico-digitale, una unità esterna di storage e un display da 4”. I modelli seguenti saranno dotati del sistema autofocus, già sperimentato e messo in atto dalla rivale Pentax nel 1981.22 Il 1999 segna l’era del digitale con la nascita di Nikon reflex D1, la prima SLR23 digitale progettata in quanto tale: sensore CCD, risoluzione di 2.66 megapixel, raggiunge una raffica di 5 fotogrammi al secondo. 12. Nikon D1 Questo è l’inizio di un continuo abbandono del mondo analogico, in quanto il digitale sostituì la pellicola nei settori dove l’istantanea valeva molto di più (come nel giornalismo), soprattutto per la sua facilità di trasmissione attraverso il web. Il mercato della fotografia digitale non è comunque da subito accessibile a tutti, deve passare una decina di anni affinché la tecnologia possa avanzare, abbassare i prezzi e quindi permettere a chiunque di possedere una reflex digitale. 22 Marco Crupi, Blog fotografico: L'avvento del digitale - Storia della fotografia, http://marcocrupifoto.blogspot.it/2011/04/lavvento-del-digitale-storia-della.html, consultato il 09.04.2014 23 Single-Lens Reflex, macchine fotografiche dotate di un sistema di mira che permette di osservare dal mirino l’inquadratura in ingresso dallo stesso obiettivo. Ciò è possibile grazie ad un pentaprisma che riflette l’immagine dallo schermo opaco di messa a fuoco della macchina, attraverso una lente di condensazione, sul mirino.
  • 25. 25 Una risvolta decisiva nel abbassamento del prezzo delle reflex digitali è stata la sostituzione dei costosi sensori CCD con i sensori APS (Active-Pixel Sensor), costituiti da un circuito integrato contenente una matrice di sensori a pixel, ognuno dei pixel contenenti un fotodiodo (che rivela le radiazioni elettromagnetiche) e un amplificatore attivo. I sensori APS montano tecnologie CMOS, che in precedenza erano studiati e progettati come alternativa ai dispositivi di funzionamento di immagine a tubo catodico – e questo già dal 1968. I CMOS non furono subito utilizzati però a causa della loro continua instabilità, causata dalla variabilità del processo MOS (Metal-Oxide- Semiconductor) e dalle caratteristiche dei transistor che cambiavano nel tempo. Questi problemi furono colmati solo nei primi anni del 1990, però i CCD erano i più affidabili grazie al basso disturbo temporale che dimostravano.24 La tecnologia CMOS fu migliorata negli anni ’90 da Eric Fossum, mentre lavorava in un team al JPL (Jet Propulsion Laboratory)25 . Il suo lavoro prevedeva il miglioramento del sistema complementario MOS, in modo da miniaturizzare le 24 Wikipedia, voce CMOS sensor, https://en.wikipedia.org/wiki/CMOS_sensor, consultato il 10.04.2014 25 Il Jet Propulsion Laboratory (JPL) del California Institute of Technology è un laboratorio statunitense, nei pressi di Pasadena, in California, attualmente dedicato al progetto, allo sviluppo e alla costruzione delle sonde spaziali senza equipaggio della NASA, che hanno visto i prodotti del JPL raggiungere tutti i pianeti del sistema solare. 13. Sensore di immagine CMOS
  • 26. 26 fotocamere sulle astronavi interspaziali per ottenere immagini scientificamente qualitative. Grazie alla sua invenzione, il sensore CMOS è stato implementato e distribuito commercialmente dal ’95 a livello internazionale, ed è stato utilizzato anche nelle altre tecnologie, come per esempio nelle web camera (popolarmente webcam), nella radiografia dentale, e persino nei telefoni cellulari.26 Nonostante la tecnologia CCD sia tuttora utilizzata in molti apparecchi elettronici, tra cui anche molte fotocamere, il suo alto costo di produzione e l’apporto di utilizzo di energia rispetto al nuovo sensore, ha fatto sì che il CMOS diventasse la tecnologia principale utilizzata nei nuovi sistemi di acquisizione dell’immagine in pixel. La tecnologia CMOS-APS è stata comprata da molte companie grazie ad un fattore molto determinante: il suo funzionamento non prevede un consumo eccessivo di energia, è più veloce e non prevede alti costi di produzione. L’unica maggiore differenza tra i due sensori sta nel fatto che il CCD crea un’immagine di alta qualità e basso livello di rumore27 , mentre il CMOS è più suscettibile al rumore – questo dato diventa molto importante per chi deve scattare fotografie in ambienti poco luminosi.28 Dal 2003 si registra un effettivo calo di prezzi per quanto riguarda il mondo fotografico digitale: la Canon annuncia la sua prima DSLR con un prezzo sotto ai 1000$ (si tratta di una macchina che utilizza il sensore CMOS). L’orizzonte del digitale si allarga sempre di più, fino a portare a sconvolgimenti industriali: Canon e Nikon annunciano nel 2007 di rinunciare all’industria analogica, in quanto il digitale si sta affermando sempre più29 ; la carta sensibile viene prodotta sempre meno, la Kodak cessa la sua attività di produzione di apparecchi fotografici nel 2012, così come la produzione di pellicole a colore (mentre continua a produrre pellicole negative per la fotografia professionale e per il cinema).30 26 A Picture of Innovation, http://www.nasa.gov/offices/oct/home/tech_life_aptina_prt.htm, consultato il 12.04.2014 27 Il rumore dell’immagine è la variazione casuale della luminosità o delle informazioni sul colore delle immagini, che ha l’aspetto di un rumore elettronico; ciò avviene in condizioni di scarsa luce quando si lavora ad alta sensibilità (ISO) oppure in tempi di posa molto lunghi, a causa delle correnti di dispersione che avvengono nel fotodiodo. 28 Image Consult, Partner per un’Era Digitale, Dorsi digitali, http://www.imageconsult.it/pagina.phtml?_id_articolo=98-CCD-vs-CMOS-tecnologie-a-confronto.html, consultato il 14.04.2014 29 Bajac, op. cit. pp. 101 30 Wikipedia, voce Kodak, https://it.wikipedia.org/wiki/Kodak, consultato il 14.04.2014
  • 27. 27 Oggi? Non abbiamo molta alternativa: il digitale fa parte della nostra vita. C’è chi tiene stretta a se la cara vecchia analogica, i rullini e la passione di stampare qualsiasi scatto, perché ogni scatto è un ricordo. C’è invece chi aspira alla migliore macchina digitale sul mercato, serva essa per il lavoro o puramente per passione. 14. Scheletro del corpo macchina della Nikon D800
  • 28. 28 Le conseguenze Per gli appassionati della tecnologia, il digitale ha portato nuovi orizzonti. Il poter visualizzare subito lo scatto, decidere se tenerlo oppure no, condividerlo all’istante oppure stampare gli scatti più belli (a casa con la propria stampante oppure nei centri stampa), il poter modificare e trasformare le immagini a proprio piacimento grazie ai software come Photoshop, sono i motivi per cui la fotografia digitale ha preso piede sempre di più. Si è in cerca della rapidità, della diminuzione dei tempi lavorativi, della facilità di trasmissione e maneggevolezza.31 Per molti invece, il digitale è una grossa perdita: il dover sempre ricaricare le batterie, scaricare la memoria su dei supporti di cui non ci si fida perché si teme di perdere i dati, l’elaborazione su schermi che non mantengono i colori o peggio ancora li alterano. Ciò non ha fermato i professionisti dall’andare in cerca dei famosi battery pack32 , dei migliori dischi di archiviazione (e recentemente delle memorie di massa SSD – Solid State Drive33 ), oppure dei display professionali migliori sul mercato, che permettono una calibrazione ideale del colore. L’abbassamento del costo della tecnologia, la rapidità della trasmissione delle immagini e la crescente moltiplicazione degli apparecchi fotografici, soprattutto nella tecnologia mobile, ha fatto sì che il mondo dei professionisti e dei fotoreporter abbia una concorrenza amatoriale, infatti “l’attentato dell’11 settembre 2001 ha reso pubbliche innumerevoli testimonianze fotografiche, realizzate da non professionisti, la cui diversità contrastava in modo singolare con la copertura «ufficiale», assicurata dalle grandi agenzie”.34 31 Bajac, op. cit. pp. 104-106 32 Batteria addizionale al corpo macchina. 33 Dispositivo di memoria di massa che utilizza memoria a stato solido (memoria flash). Non avendo un disco rigido come i soliti hard drive, permettono l’archiviazione dei dati in modo non volatile, garantisce l’integrità dei dati e permettono il trasferimento dei dati fino ad una velocità di 20Gb/s. 34 Bajac, op. cit. pp. 112
  • 29. 29 Con la fotografia digitale si perde però il rapporto con la realtà che si aveva con l’analogico. Spesso, o meglio, quasi sempre ci troviamo dinanzi a delle fotografie che non sono ottenibili con un singolo scatto. Ci piacciono, ne siamo meravigliati, ma sotto ognuna c’è un grosso lavoro di postproduzione e fotoritocco. In questo caso si tende a parlare non più di fotografie, ma di immagini.35 Nasce il detto “tutti fotografi”, e lo possiamo vedere oggi più che mai. Possedendo una macchina nella media, un buon computer e un programma come Photoshop oppure Lightroom, tutti riescono ad ottenere risultati strabilianti – tra l’altro, basta fare una ricerca su Google per capire come eseguire determinate operazioni con la macchinetta oppure come ritoccare le fotografie per ottenere i risultati desiderati. Chi lavora nel mondo della fotografia deve però ricorrere alla postproduzione, poiché le macchine digitali spesso calibrano male i colori a causa dell’ambiente atmosferico in cui ci si trova (immagine 12); ed è utile anche per chi lavora in 35 Bajac, op. cit. pp. 115 15. Postproduzione dei colori in Lightroom
  • 30. 30 condizioni di lavoro che prevedono tempi stretti per cui non si ha tempo di aggiustare tempi e diaframmi ad ogni scatto – in questo modo in postproduzione si prevede a lavorare sulla luce e i colori, per neutralizzare le alterazioni subite durante lo scatto. Altri invece utilizzano il fotoritocco, e si tratta dell’alterazione del soggetto della foto, del trasferimento del soggetto in altre fotografie, oppure dell’alterazione dei colori originali delle foto – non si tende più a dare sostanza a quel che la macchina non vede, si tratta di realizzare un’immagine costruita, con parametri del tutto nuovi rispetto alla fotografia di partenza. Ci si trova oggi nell’“era del sospetto”, non si sa cosa pensare davanti a qualsiasi foto: “Sarà reale, o è solo Photoshop?”. Molti blog ci svelano la verità, e molto spesso rimaniamo a bocca aperta. Il nostro idolo, la ragazza copertina perfetta, sono il risultato di un lavoro digitale. E non solo: le fotografie spesso servono come base per la creazione di nuove immagini. Molti artisti oppure chi lavora per aziende di grafica vanno in cerca di stock images36 che possono modificare a proprio piacimento. Qui sotto c’è un esempio di digital art realizzato in Photoshop da una fotografia di partenza di stock. Impressionante! 16. A sinistra, stock image da Tumblr. A destra, “From the Darkness”, digital art di Oana Zavoianu. 36 Immagini concesse in licenza dall’autore per usi specifici, trovabili su database consultabili online.
  • 31. 31 Se un digital artist riesce a maneggiare in tal modo una fotografia, non c’è più da meravigliarsi dinanzi alle scoperte che ci mostrano i blog: il viso perfetto di Madonna è solo una “maschera” per gli anni, che ovviamente sono passati anche per lei. Prendiamo di nuovo in considerazione l’attentato alle Torri Gemelle di New York: si tratta di un evento che ha segnato il passaggio dal novecento al secolo successivo. In questo preciso momento della storia, “dopo aver visto le immagini dell’attacco in diretta, aver visto il secondo aereo schiantarsi contro la torre sud […], il rapporto con le immagini è radicalmente mutato”. Ci troviamo oggi a dover interpretare delle immagini che sono incapaci di rendere il reale nella sua totalità, perché c’è bisogno da parte di ognuno di un passo ulteriore: l’indagine del accaduto e la presa di una posizione, “non bisogna dunque riporre passivamente fiducia nelle immagini bensì ripensare a partire dalla loro produzione il rapporto con il reale a cui si intende dare forma”. Così, l’evento dell’11 settembre 2001 non è solo la caduta delle Torri Gemelle, simbolo della città per i newyorkesi, ma è anche la caduta di un punto di riferimento nello spostamento tra le streets e le avenues, cosa che implica una ristrutturazione dei propri punti di riferimento per gli abitanti della città. Avviene quindi una presa di coscienza collettiva dell’evento, e lo vediamo anche dalle modalità di rappresentazione dell’evento da parte dei cittadini, attraverso la condivisione delle fotografie da loro scattate.37 A distanza di dieci anni, l’accaduto viene ricordato soprattutto sui social 37 Crescimanno Emanuele, Dall’analogico al digitale, Aesthetica Preprint, n° 97, Aprile 2013 17. Madonna prima e dopo Photoshop
  • 32. 32 network: il famoso hashtag38 #neverforget compare ogni mese su Twitter o Tumblr. 18. #neverforget #TwinTowers nel web 19. #neverforget #TwinTowers nel web 38 In alcuni motori di ricerca e, in particolare, in siti di micro blogging, parola o frase (composta da più parole scritte unite), preceduta dal simbolo cancelletto (#), che serve per etichettare e rintracciare soggetti di interesse.
  • 33. 33 “Perché amare il rullino?”39 Nonostante la tecnologia ci abbia portati a un nuovo livello, il digitale governi il nostro mondo e molti credano che la pellicola non sarà qui per molto tempo ancora, molte persone, prevalentemente i più appassionati di fotografia, utilizzano ancora le macchine analogiche e il rullino. Nella maggior parte dei casi, i lavori odierni che implicano la fotografia non prevedono l’utilizzo di una macchina analogica, però chi ci è nato nell’era dell’analogico, non può staccarsi da esso così facilmente, e anche se non sembra, è una questione di sentimento. 20. La borsa di un amante del rullino Ho trovato molto interessante l’inchiesta di Lomography Magazine sul “Perché amare il rullino”. Dinanzi alla domanda, le risposte sono state “delle fonti di ispirazione”! 39 Lomography Magazine, Perché amare il rullino, articolo del 12 marzo 2014, http://www.lomography.it/magazine/lifestyle/2014/04/03/your-reasons-to-love-film, consultato il 16.04.2014
  • 34. 34
  • 35. 35 21. Maniaco di rullini Ci presentano nelle loro raccolte di fotografie un maniaco di rullini, intento a mangiare un rullino di ricambio Kodak per la Polaroid. Questo è l’amore che si prova ancora oggi per il bellissimo passato della fotografia. Oggi, entriamo nell’era post-fotografica, in cui è entrata definitivamente in crisi la distinzione fra immaginario e reale in fotografia, in cui si sono mescolati a tal punto i confini fra l’immagine reale e quella costruita che è impossibile stabilire un limite fra una e l’altra. Attraverso le nuove tecnologie l’immagine cessa di essere solo un’entità visiva e inizia a racchiudere in sé anche altre forme di comunicazione, diventa una nostra memoria e una nostra estensione attraverso la possibilità di più elaborazioni. Una volta rotto il binomio fra fotografia e realtà, superata la crisi ontologica, acquisite dimestichezza con il nuovo strumento, presa coscienza delle difficoltà compositive e comunicative di un media complesso, la nuova fotografia deve ripensarsi e re-inventare il rapporto fra tecnologia e creatività.
  • 36. 36
  • 37. 37 4. Avvento della fotografia nei social network e nei photo-sharing websites Nuovi metodi di condivisione Nell’era del digitale le cose sono molto cambiate. Non si fa più fatica a inviare le proprie foto, poiché alla fatica di sviluppare le foto, stamparle e poi mandarle, si sostituisce il semplice copiare dei file nel proprio computer, il minimo di postproduzione e l’invio per mail oppure l’upload nel sito d’interesse. Chi lo fa come mestiere ricorre alla creazione di un sito web personale, dove espone i propri lavori e, attraverso carte da visita, si pubblicizzano e con un poca di fortuna riescono a mettere su un portfolio clienti. Facile, direbbe qualcuno, ma è molto più difficile di quanto si pensi (ne parleremo meglio nel sottocapitolo successivo). Molti fotografi ricorrono anche ai social network e ai fotoblog per far conoscere i propri lavori e per trovare possibili clienti. Chi però è furbo abbastanza, crea dei portfolio personalizzati dei propri lavori e va a proporli in giro alle aziende – un modo decisamente professionale per proporre le proprie prestazioni. Il mondo amatoriale invece si limita alla condivisione dei propri lavori sui blog, nei social network oppure nei photo-sharing websites, e qui hanno l’imbarazzo della scelta: più di 200 social network nel mondo40 ; 18 comunità virtuali con più di 100 milioni di user attivi 41 , tra i più frequentati Facebook, Google+, Skype, Twitter, Linkedin, Instagram, Tumblr; più di 30 photo-sharing websites, tra i più noti 500px, DeviantART, Flickr, Instagram, Photobucket, Picasa, Pinterest. Bisogna considerare inoltre che la maggior parte di questi siti possono essere sia dei social network che dei photo-sharing website, ad esempio su Flick si possono svolgere gran parte delle azioni svolte su Facebook: condividere fotografie con il mondo attraverso la propria pagina, oppure mettendole nei gruppi a tema, commentare le foto o degli argomenti; la differenza tra i due sta nel fatto che Flickr è un sito esclusivamente per le foto, mentre su Facebook è possibile trattare qualsiasi tipo di argomento. Chi non possiede oggi un account Facebook o Instagram? Chi non ha un account 40 Wikipedia, voce List of social networking websites, https://en.wikipedia.org/wiki/List_of_social_networking_websites#N, consultato il 16.04.2014 41 Wikipedia, voce List of virtual communities with more than 100 million active users, https://en.wikipedia.org/wiki/List_of_virtual_communities_with_more_than_100_million_users, consultato il 16.04.2014
  • 38. 38 su un social network, non possiede la vena narcisista tipica di molte persone nei giorni nostri – si tratta del desiderio di mettersi in mostra, di far vedere quello che si fa ogni giorno, di far sapere al mondo i “propri affari” oppure i propri traguardi raggiunti. Chi naviga sui social è spesso un narcisista convinto oppure una persona che ha mancanza di autostima ed è alla ricerca di essa attraverso l’accettazione da parte degli altri, amici o sconosciuti. Tralasciando però le speculazioni riguardo alla natura dei frequentatori dei social network, vediamo di analizzare il fenomeno fotografico in questo ambito. Ogni giorno vengono scattate milioni di fotografie, più della metà vengono spesso cestinate, ma dove vanno a finire le altre? Prendiamo in considerazione il social più alla moda di questi tempi, Instagram: ogni giorno i contatori raggiungono quasi cento milioni di foto caricate42 , si tratta di quasi mille foto caricate ogni secondo. Se consideriamo che prima di postare una foto se ne scattano in media tre, il numero di fotografie scattate arriva a trecento milioni. Flickr ha annunciato nel 2011 il raggiungimento di sei miliardi di foto caricate. Solo nel 2013 sono state caricate 585.789.736 fotografie, con una media di 48.8 milioni al mese e 1.6 milioni al giorno, più di 2500 immagini al minuto.43 Non è molto diverso il discorso delle immagini. Su Tumblr vengono creati quasi centoventi milioni di post al giorno, ognuno di loro contenenti da una a tre o anche dieci immagini (il massimo consentito per ogni post). Si tratta di quasi 1300 post al secondo. 42 Fonte: http://www.internetlivestats.com/. Raccolta dati delle immagini 18 e 19 eseguita alle ore 23:00 CET. 43 Flickr, post di Frank Michel, https://secure.flickr.com/photos/franckmichel/6855169886/, consultato il 16.04.2014 22. Foto/giorno su Instagram 23. Post/giorno su Tumblr
  • 39. 39 Abbiamo preso in considerazione soltanto tre siti diversissimi tra di loro, ma si tratta di numeri esorbitanti se consideriamo tutti i social network, che hanno preso sempre più volume dal 2004 ad oggi, periodo in cui è stato registrato un aumento esponenziale degli utenti in rete. In questo momento ci sono quasi tre miliardi di utenti in rete, e si prevede che nel 2017 la metà della popolazione mondiale sarà connessa a Internet.44 Questo vuol dire che nel 2017 il traffico dati come minimo raddoppierà! Fine della professionalità? Il maggiore problema che ci ha portato il mondo del digitale sta nel fatto che ognuno possiede una macchina fotografica che lavora ad alti livelli di professionalità, ma un ulteriore problema lo rappresentano i committenti, spesso ignari in materia di fotografia o professionalità fotografica, e chi si considera fotografo, quando in realtà è solo un fotoamatore. Oggi, molti giovanissimi vogliono fare carriera nella fotografia prima di intraprendere qualsiasi altro tipo di lavoro. Non molti riescono a capire le difficoltà che possono incontrare in un mondo così caotico come quello della fotografia. Pensano che con una macchinetta entry-level45 , un obiettivo fotografico base e un cavalletto possono svolgere un lavoro professionale. Dei committenti accettano il loro lavoro per non dover pagare le spese che comporterebbero l’assunzione di un fotografo professionista, e questa cosa danneggia sia chi è in strada verso la professionalità e sia chi svolge un lavoro professionale: accettando sempre più le prestazioni dai principianti, che accettano qualsiasi lavoro sottopagato e “in nero”, si svaluta il valore e l’impegno dei fotografi professionisti, che oltre ad avere esperienza in campo da anni, possiedono un corredo fotografico migliore, uno studio professionale, ma soprattutto pagano le tasse allo Stato per mantenere la fotografia allo stato di “lavoro” e non di “passatempo”. Dall’altro lato, i principianti si troveranno ad avere a che fare con committenti che non accettano le loro prestazioni poco professionali, viste quelle che hanno svolto per 44 01net.nets, Cisco: nel 2017 metà della popolazione mondiale connessa a Internet http://www.01net.it/cisco-nel-2017-meta-della-popolazione-mondiale-connessa-a- internet/0,1254,3_ART_154211,00.html, consultato il 16.04.2014 45 Macchina fotografica che monta un sensore di dimensioni ridotte (non il 35 mm che montano le macchine full frame). Sono considerate macchine non professionali, il loro prezzo è accessibile a chiunque e sono consigliate per chi fa i primi passi nella fotografia digitale reflex.
  • 40. 40 committenti inconsapevoli del valore della fotografia e del fotografo – si tratta del “muro” davanti al quale ognuno, prima o poi, ci si trova nella propria carriera, ma è una situazione dalla quale bisogna trarre una lezione. Svalutando il lavoro dei professionisti, i principianti di oggi si troveranno a dover lavorare in futuro secondo le regole che si sono dati oggi: sottopagati e senza contratto. La passione che diventa lavoro sarà più che lontana dalla sua realizzazione. Ma parliamo di una questione che è fiorita proprio l’anno scorso, e che dimostra il deterioramento della fotografia come lavoro. Marissa Mayer, amministratore delegato di Yahoo, in una sua conferenza del 2013 riguardo a Flickr e all’aumento dello spazio disponibile per ogni utente (che prima di allora era ridotto a 300 fotografie per ogni utente, mentre oggi ognuno ha a disposizione un terabyte gratis), afferma: “[…] oggi, con l’ubiquità delle fotocamere, non esistono più concretamente fotografi professionisti, poiché chiunque è professionale. Certo, ci sono diversi livelli di abilità, ma non c’è più bisogno di fornire una sezione speciale per professionisti [riferendosi a Flickr], vogliamo dare a tutti la possibilità di avere, archiviare e condividere foto di qualità professionale”.46 Dinanzi a tali affermazioni, il mondo dei fotografi si è rivoltato. Edoardo Agresti, fotografo e blogger fiorentino, riporta qualche ragionamento nel suo blog.47 Egli parte dalla definizione di Wikipedia del termine “libero professionista”: “è un lavoratore che svolge un’attività economica, a favore di terzi, volta alla prestazione di servizi mediante lavoro intellettuale”. In seguito definisce la professionalità (a scapito di coloro che pensano che per essere professionale basta fare delle “belle foto”, dove il bello viene deciso dalla quantità di “mi piace” ottenuti dal popolo dei social network), prendendo in 46 Dichiarazione rilasciata al minuto 46 del video all’indirizzo https://screen.yahoo.com/yahoo-event- 155000760.html, scritta e riportata da un membro del forum di dpreview.com, http://www.dpreview.com/forums/post/51504444, consultato il 16.04.2014 47 Edoardo Agresti, Il fotografo professionista è morto, ma la professionalità…, http://www.blog.edoardoagresti.it/?p=1967, consultato il 16.04.2014
  • 41. 41 considerazione il fatto che un fotografo professionista lavora con un assistente, utilizza più di una macchina fotografica (e si sa molto bene che le macchine durano per un certo numero di scatti), utilizza un software licenziato, un sistema di memorizzazione dei servizi completi e almeno un backup (copia di sicurezza), un monitor con i colori tarati; ma non solo, dopo la consegna del lavoro commissionato, un professionista emette una relativa fattura. Forse, dice il signor Agresti, la signora Mayer non sa cosa voglia dire essere professionali, però ha le sue ragioni nel dire queste cose. La svalutazione del lavoro professionale ha raggiunto livelli impensabili, e i fotografi dignitosi si vendono a cifre impossibili, con cui non possono sostenere per niente la propria attività. E ce lo dice anche il signor Agresti: “Una volta è l’amico che si diletta nella fotografia, una volta è il giovane che si deve far conoscere, una volta è il professionista che vuole entrare in un certo mercato, una volta è colui che lo fa come secondo lavoro – troppo comodo avere le spalle coperte e fare il fotografo per hobby – e che quindi può permettersi di guadagnare zero. Ma ci rendiamo conto che questo modo di vedere la fotografia ci porta inesorabilmente alla fine, perché se non mettiamo delle regole di mercato dietro di noi ci saranno sempre dei ‘nuovi’ che lavoreranno a troppo poco. E non mi venite a parlare di libero mercato e di legittima e sana concorrenza che fa scendere i prezzi. Oggi stiamo arrivando a lavorare praticamente a rimborso spese e se il trend continuerà ad essere questo si arriverà presto al paradosso che la fotografia sarà un ‘lavoro’ da ricchi.” La comparsa della fotografia digitale ha compiuto una rivoluzione sul mercato di portata più ampia della rivoluzione tecnologica di riferimento. Se tutti sono diventati fotografi è perché i mezzi a disposizione si sono diffusi e permettono all’utente di fare tutto da solo, con facilità e con risultati che non deludono le aspettative. Rimane che per costruire immagini perfette anche in ambito professionale la conoscenza del mezzo deve essere di altissimo livello, pari a quella dedicata all’uso della macchina fotografica analogica.
  • 42. 42
  • 43. 43 5. Fotografia Digitale: evoluzione o rivoluzione? Ricerca personale: “Cos’è per voi la fotografia?” Mi ha sempre affascinato l’interazione dell’uomo con la tecnologia sempre in trasformazione. Questo studio è stato per me una grande opportunità di avere delle risposte concrete riguardo a quel che pensavo della realtà in cui vivo. Ho condotto uno studio su un campione di 239 persone, studenti, lavoratori, per la metà femmine e per l’altra metà maschi. Tutti accomunati da un’unica passione: la fotografia. Mi interessava maggiormente capire cosa ne pensano le persone della trasformazione tecnologica, della comparsa dei social, e come essi interagiscono con tutto quel che sta avvenendo a livello tecnologico e sociale. Ho tenuto in considerazione le mie abitudini invariabili prima di andare a interrogare quelle delle altre persone, e in seguito ne elencherò alcune:  Quando esco di casa mi porto dietro il cellulare e la macchina reflex  Ho uno smartphone  Mi collego regolarmente ai social network (Facebook, Google+ e Tumblr)  Condivido le mie foto in rete regolarmente  La fotografia per me è passione, ma anche un lavoro.
  • 44. 44 Molte persone potrebbero considerare le domande banali, però dinanzi ai dati ottenuti devo dire che sono rimasta abbastanza stupita. Sul campione totale di 239 persone, ben 31% scatta “di solito” le fotografie con uno smartphone, neanche con una macchina compatta oppure con una reflex. Si può ben notare come l’analogico sia stato rimpiazzato per bene. Per quanto riguarda i social network, lo si sa già, ma la conferma lascia a bocca aperta (chi ha compilato il sondaggio aveva l’opportunità di selezionare più risposte): Facebook ha il picco degli utilizzi, mentre Google+, nonostante abbia lo stesso numero di utilizzatori che ha Facebook, viene utilizzato molto meno. Sembra strano, però Instagram non è utilizzato tanto quanto Facebook (persino io non lo utilizzo così come lo utilizzano gli altri).
  • 45. 45 Si confermano ulteriormente i dati quando pensiamo a come il social network abbia cambiato il modo di interagire con la fotografia e la tecnologia: Il linguaggio fotografico è in continua evoluzione. Con l’avvento della rete, dei social media e dei grandi investimenti nelle tecnologie mobili cambia ancora una volta il modo di essere concepito. Lo smartphone diviene così strumento di racconto e di condivisione di esperienze sostituendosi, talvolta, alla macchina fotografica. La possibilità di fotografare e condividere in rete il proprio punto di vista ha cambiato il metodo di raccontare le nostre storie. Possedere uno smartphone con un sensore che permette di fare delle foto in media molto buone, quasi all’altezza di una definizione fatta con le reflex, di postprodurle direttamente con il software dei telefoni, e aumenta la pubblicazione online di esse.
  • 46. 46 Per quanto riguarda invece il guadagnare con la fotografia, è veramente difficile. Bisogna considerare che la tecnologia a basso costo abbia permesso a chiunque di poter fare fotografie di alto livello, a basso costo, e che chi abbia voluto dei servizi professionali si sia rivolto a chi si fa pagare relativamente poco per la produzione e la postproduzione, piuttosto che a dei professionisti che trattano la fotografia come un vero e proprio lavoro. Molti, infatti, trovano difficile farne della fotografia un vero e proprio lavoro, mentre solo il 3% riesce a guadagnarci – e anche se pensiamo in grande, solo il 10% dei fotografi oggi riesce a tenere un negozio, pagare le tasse e fare della fotografia un lavoro. Il problema maggiore si pone quando ci si trova dinanzi a persone che lavorano con la fotografia e non hanno delle conoscenze ben ampliate. Qui nasce uno studio che richiede molta più attenzione.
  • 47. 47 Evoluzione o rivoluzione? L’evoluzione viene definita dal dizionario Treccani come un “processo di trasformazione, graduale e continuo, per cui una data realtà passa da uno stato all’altro – quest’ultimo inteso generalmente come più perfezionato – attraverso cambiamenti successivi”. La rivoluzione invece, viene definita come “Mutamento, trasformazione, innovazione radicale: quella scoperta è stata una r., una vera r.; l’elettronica ha portato una r. in quasi tutti i settori”. Molte persone, o per pigrizia, o per la poca abitudine di utilizzo di questi termini, potrebbero non fare una differenza tra i due, spacciandoli spesso per sinonimi. Ma quando si pensa al cambiamento tecnologico che sta avvenendo nella nostra società, evoluzione e rivoluzione sono termini con cui abbiamo a che fare ogni giorno. Dallo studio emerge come il 31% consideri la fotografia digitale una rivoluzione, e non si può dare torto in ogni caso. Dal punto di vista tecnologico possiamo dire che il passaggio al digitale sia un’evoluzione, poiché passo per passo la fotografia ha trovato un modo sempre più facile di registrare un dato sotto forma numerica, in modo da poterlo elaborare più velocemente e adeguarlo ai nostri tempi così frenetici. Se consideriamo però la risvolta al digitale come “mutamento, trasformazione” da una tappa ad un’altra, la fotografia ha fatto un passo enorme da uno stato analogico, in cui si faceva fatica ad essere dei bravissimi fotografi e a farsi pagare per il proprio lavoro, a uno stato digitale, dove tutti sono fotografi. Diventa molto interessante il dato del 2%, le
  • 48. 48 5 persone che considerano il digitale un’involuzione, cioè un regresso della fotografia – non si può dare torto nemmeno a loro: il fatto di utilizzare una tecnologia “facile” ha introdotto nelle generazioni correnti una lacuna per quanto riguarda il mezzo primitivo; così, le nuove generazioni tentano di fare la bella fotografia, però per mancanza di basi storiche, si trovano ad adeguarsi a uno sguardo digitale che non ha nulla a che fare con lo sguardo analogico. Quello che colpisce di questo dato particolarmente è che la risposta è stata data da persone prettamente giovani, tra i 20 e i 30 anni di età. Lo studio è stato eseguito su un campione di varie età, di persone nate tra gli anni 1947 e il 1997. Da questo campione di persone ho voluto mettere in evidenza dei dati particolari, in base alle varie età delle persone partecipanti allo studio.
  • 49. 49 Alla domanda “Hai mai studiato storia della fotografia?”, tutti coloro che hanno risposto “Sì”, hanno avuto un’ulteriore parte di sondaggio in cui dovevano riconoscere i tre fotografi delle tre fotografie esposte nel sondaggio (vedi pagina seguente). Soltanto 5 persone hanno saputo dire in seguito chi sono stati i tre fotografi, cioè rispettivamente di Kubrick, Ebbets e Bresson:  Per quanto riguarda Kubrick, l’83% non ha saputo riconoscerlo, soltanto 19 persone hanno tentato la risposta, e soltanto 17 ha risposto giustamente con il nome del fotografo. Considerando il numero di fotografie “allo specchio” che oggi i giovani si fanno dovunque, le così chiamate oggi selfie, mi chiedo soltanto se abbiano mai visto l’originalità di un Kubrick, che non è stato comunque l’unico a fotografarsi allo specchio.  Il favoloso Ebbets, la sua foto è diventata l’emblema della modernità: dei lavoratori pranzano sulle impalcature in cima al Rockfeller Center di New York. La fotografia è stata mpiamente riconosciuta, però il 67% non ha saputo il nome del fotografo – si capisce quant’è importante oggi l’immagine e meno l’autore. Soltanto il 33% ha provato a dare una risposta, ma soltanto 18 persone su 37 hanno saputo dare il nome esatto dell’autore.  Il sempre citato Bresson, pioniere del foto-giornalismo, non è stato riconosciuto da ben il 76% dei sondaggisti, mentre di 27 che hanno tentato a rispondere, soltanto 20 persone hanno indicato il nome dell’artista. Eppure è impossibile non riconoscerlo, c’è una struttura geometrica in quasi tutte le sue fotografie.
  • 50. 50
  • 51. 51 Dei dati strabilianti, pensando che quasi la metà dei sondaggisti ha affermato di aver studiato la storia della fotografia. Si tratta maggiormente di persone che hanno studiato all’università, e che hanno studiato i due secoli di trasformazione della fotografia; si nota però chi è un piccolo cultore della fotografia. Pensavo di trovare persone di età medio alte che sappiano molto di più rispetto ai giovani degli anni ’80 e ’90.48 Ci si pone ora una domanda abbastanza interessante: coloro che stanno già lavorando nel mondo della fotografia, ne sa qualcosa della sua storia? Soltanto il 3% afferma di lavorarci già nella difficile industria fotografica: mentre i più anziani ammettono che sia un lavoro difficile da applicare per guadagnarsi dei soldi, i più giovani si fanno avanti, ma solo 5 su 7 hanno veramente studiato la storia della fotografia, quindi hanno una minima cultura di quello che stanno praticando. Si tratta della triste verità del mondo digitale. Si pensa di non aver bisogno di conoscere la storia per farsi avanti nel presente. Si parla, a questo punto, sia di evoluzione, che di rivoluzione, che di involuzione. I giovani fotografi cercano di avventarsi nell’industria fotografica senza conoscere l’analogico, le fatiche del passato, il profumo della stampa fotografica: i book fotografici ora sono fatti in digitale e raramente vengono stampati, tutto va a finire sul web. Un’evoluzione nel vero senso della parola, perché oggi possiamo fotografare qualsiasi cosa, dal fiore, alle persone, alla luna e alle stelle, senza preoccuparci di niente: abbiamo un esposimetro, dei diaframmi che si aprono e si chiudono a tutti i valori desiderati, lavoriamo con dei tempi e delle sensibilità ISO/ASA che ci lasciano a bocca aperta. Ma anche una rivoluzione, perché i nostri nonni mai avrebbero pensato di poter vedere le loro fotografie sugli schermi, la fotografia non era fotografia se non era un pezzo di carta con l’immagine stampata. 48 Non è stato specificato nei momenti precedenti, però oltre ai dati grafici che il sondaggio mi ha creato, mi è stata fornita una tabella Excel in cui compaiono tutti i dati concernenti le compilazioni eseguite dai sondaggisti, dal quale sono riuscita ad estrarre dati come le varie età, e le compilazioni delle persone in base alle loro età.
  • 52. 52
  • 53. 53 Webgrafia www.treccani.it www.wikipedia.org Kapusons, Dall’analogico al digitale, http://www.kapusons.com/document/it/dall_analogico_al_digitale/campagne_di_comun icazione, consultato il 06.05.2014 Fotografare in digitale, I formati delle pellicole fotografiche, http://www.fotografareindigitale.com/2012/11/i-formati-delle-pellicole-fotografiche/, consultato il 07.05.2014 SeustPhoto, Capire il rapporto d’aspetto (aspect ratio e cropping), http://www.seust.it/blog/?p=1265, consultato il 07.05.2014 Marco Crupi, Blog fotografico: L'avvento del digitale - Storia della fotografia, http://marcocrupifoto.blogspot.it/2011/04/lavvento-del-digitale-storia-della.html, consultato il 09.04.2014 A Picture of Innovation, http://www.nasa.gov/offices/oct/home/tech_life_aptina_prt.htm, consultato il 12.04.2014 Image Consult, Partner per un’Era Digitale, Dorsi digitali, http://www.imageconsult.it/pagina.phtml?_id_articolo=98-CCD-vs-CMOS-tecnologie- a-confronto.html, consultato il 14.04.2014 Lomography Magazine, Perché amare il rullino, articolo del 12 marzo 2014, http://www.lomography.it/magazine/lifestyle/2014/04/03/your-reasons-to-love-film, consultato il 16.04.2014
  • 54. 54 http://www.internetlivestats.com/ - contatori live dei dati che girano nel web ogni secondo Flickr, post di Frank Michel, https://secure.flickr.com/photos/franckmichel/6855169886/, consultato il 16.04.2014 01net.nets, Cisco: nel 2017 metà della popolazione mondiale connessa a Internet http://www.01net.it/cisco-nel-2017-meta-della-popolazione-mondiale-connessa-a- internet/0,1254,3_ART_154211,00.html, consultato il 16.04.2014 Dichiarazione rilasciata al minuto 46 del video all’indirizzo https://screen.yahoo.com/yahoo-event-155000760.html, scritta e riportata da un membro del forum di dpreview.com, http://www.dpreview.com/forums/post/51504444, consultato il 16.04.2014 Edoardo Agresti, Il fotografo professionista è morto, ma la professionalità…, http://www.blog.edoardoagresti.it/?p=1967, consultato il 16.04.2014
  • 55. 55 Indice delle immagini Immagine 1, http://www.fotografareindigitale.com/2012/11/i-formati-delle- pellicole-fotografiche/ Immagine 2, https://it.wikipedia.org/wiki/APS-C Immagine 3 e 4, http://www.arteco.org/video_lab/htm/archivio_appunti_precedenti/08_09/htm1 /06varie/06-rapporto_d'aspetto.htm Immagine 5, https://blog.the-impossible-project.com/sx-70-s-make-great- valentines-day-gifts Immagine 6, http://blog.memory-life.com/fr/tags/argentique/ Immagine 7, https://it.wikipedia.org/wiki/Dispositivo_ad_accoppiamento_di_carica#mediavie wer/File:CCD_charge_transfer_animation.gif Immagine 8, http://eggy.egloos.com/m/3790945 Immagine 9, https://it.wikipedia.org/wiki/Sony_Mavica#mediaviewer/File:Sony_Mavica_1981_ prototype_CP%2B_2011.jpg Immagine 10, https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Sony_Mavica_FD5_4040.jpg Immagine 11, https://it.wikipedia.org/wiki/Nikon_F3#mediaviewer/File:F3big.jpg Immagine 12, http://www.acecam.com/magazine/nikon-d1.html Immagine 13, https://en.wikipedia.org/wiki/File:Matrixw.jpg Immagine 14, http://www.polygrafia-fotografia.sk/wp- content/uploads/2012/02/4_D800.jpg Immagine 15, postproduzione propria in Lightroom Immagine 16, immagine al link (stock photo) a confronto con digital art di Oana Zavoianu, https://gs1.wac.edgecastcdn.net/8019B6/data.tumblr.com/e3845a2ca48bde72d9 303b0f6a935f7b/tumblr_mfuh06s7051s1l6ejo1_1280.jpg
  • 56. 56 Immagine 17, http://st-listas.20minutos.es/images/2011- 03/280732/2925711_640px.jpg?1300507610 Immagine 18, https://weheartit.com/entry/14621945 Immagine 19, http://www.graphis.com/entry/d50d41d8-4b2e-11e2-a2c9- f23c91dffdec/ Immagine 20-21, http://www.lomography.it/magazine/lifestyle/2014/04/03/your-reasons-to- love-film Immagine 22-23, http://www.internetlivestats.com/