2. ...............................................................................................
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Mazzarino
Niscemi
Resuttano
Caltanissetta
Butera
Riesi
San Cataldo
Sommatino
Delia
Santa Caterina
Mussomeli
Marianopoli
Sutera
Acquaviva Platani
Montedoro
Campofranco
Milena
Bompensiere
Gela
Serradifalco
Vallelunga
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Mazzarino
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3. ................................................................................................
pagina 01
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“Cos’è una festa religiosa in Sicilia? Sarebbe facile rispondere dicendo
che è tutto tranne che una festa religiosa… poiché è soltanto in
quest’occasione che il siciliano esce dalla sua condizione di uomo
solo…”. Con queste parole, Leonardo Sciascia spiegava le ragioni del
forte sentimento religioso del popolo siciliano. Un sentimento rimasto
pressoché inalterato nel tempo, fermo a rappresentare l’identità e il
senso di appartenenza alla cultura e alla storia dell’isola. Elementi tuttora
riconoscibili negli antichi ed evocativi culti mariani, nei suggestivi riti
della Settimana Santa, nella partecipazione corale alle feste patronali.
Ciò che vi proponiamo in questa guida è un breve viaggio alla scoperta
delle principali feste dei comuni della provincia nissena, un approccio
conoscitivo e un ulteriore stimolo a visitare nuovi luoghi e scoprire da
vicino devozioni, tradizioni e colori diversi e sempre affascinanti.
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4. ...............................................................................................
pagina 02
Riti di origine agreste
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“ La chiesa sorge su una
piazza vasta da
sembrare quasi deserta,
ma nella ricorrenza è
animatissima: cavalli e
muli con le criniere e le
code intrecciate di nastri
vistosi e sovente
sfarzosi…”
(da “Viaggio in Italia” J.W.
Goethe)
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5. ................................................................................................
pagina 03
Riti di origine agreste
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SANT’ANTONIO ABATE
Nella tradizione pagana il periodo
dell’anno precedente l’arrivo della
primavera era dedicato alla
celebrazione di cerimonie a
carattere propiziatorio e purificatorio
di animali e campi. Una serie di
rituali di analogo valore iniziarono
ad essere celebrati anche in epoca
cristiana e la festa in onore di
Sant’Antonio Abate, il 17 gennaio,
ne è una testimonianza. Tra le più
attese nel vecchio mondo contadino,
la ricorrenza mantiene tuttora la sua
valenza simbolica in diverse località
del Nisseno, come a Campo-franco,
dove pare che un tempo
esistesse una chiesa dedicata al
santo, patriarca egiziano del
monachesimo vissuto all’incirca nel
250 d.C.
Presso la Chiesa Madre del paese
ne è custodita un’ antica statua che
in occasione della festa è portata in
processione, su un carro
sfarzosamente addobbato, fino a
raggiungere un’edicoletta votiva
dinanzi alla quale viene accesso un
grande falò. Secondo la tradizione,
l'accensione dei fuochi è da
ricollegare al potere attribuito al
santo di guarire dal cosiddetto “fuoco
di Sant'Antonio” (l’herpes zoster).
Suggestiva è senza dubbio la
benedizione beneaugurante degli
animali domestici e della
“pruvenna”, i sacchi contenenti fave,
frumento, orzo e altre provviste.
Nella vicina Sutera, Sant’Antonio
Abate si celebra la domenica
successiva al 17 gennaio. Alla
vigilia, per le viuzze del paese, alla
luce delle “vampe”, si svolge la
processione del palio che si
conclude in piazza Umberto I con
l’accensione del falò attorno al
quale si riunisce una moltitudine di
persone. Fino a qualche anno fa,
gli organizzatori della festa
acquistavano un maialino che
lasciavano libero per le strade del
centro suterese affinché chiunque
potesse dargli da mangiare. Nei
giorni precedenti la ricorrenza il
maialino veniva venduto e il ricavato
speso per l’organizzazione dei
festeggiamenti.
A Milena, il santo è invece ricordato
la seconda domenica d’agosto,
perpetuando una tradizione
secondo la quale le feste invernali
di origine agreste dovevano
celebrarsi durante la stagione estiva
e in maniera più sfarzosa in segno
di ringraziamento per il raccolto.
Caratteristica è l’offerta dei sacchi
pieni di provviste, caricati su cavalli
r i c c a m e n t e b a r d a t i , e
successivamente benedetti sul
sagrato della Chiesa Madre.
(pagina accanto)
Processione di “U Signuri di Bilici”
Foto di Giuseppe Cannavò
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6. pagina 04
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Riti di origine agreste
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“U SIGNURI DI BILICI”
Il 3 maggio, il paese di Marianopoli è meta di pellegrini che a piedi nudi
raggiungono una chiesetta posta poco fuori il paese, nell’ex feudo di
Castel Bilici, proprio nel punto dove s’incrociano le strade per Marianopoli,
Villalba e Vallelunga. In questa chiesetta si venera un Crocifisso
antichissimo, considerato miracoloso. Già secoli addietro la venerazione
del Crocifisso, opera di frate Innocenzo da Petralia, era molto conosciuta
e fino a non molti anni fa il pellegrinaggio a Castel Bilici rappresentava
per le giovani coppie prive di mezzi economici il tradizionale “viaggio
di nozze”.
SAN GIUSEPPE DELLA CAMPAGNA
La ricorrenza si celebra la seconda domenica del mese di maggio a
Milena, paese la cui storia indelebilmente s’intreccia con la civiltà
contadina. Si tratta di una vera e propria festa campestre che ha inizio
con la processione “cu lu stinnardu”, per poi proseguire e concludersi
in modo più profano e cioè con il tradizionale gioco dell’albero della
cuccagna sulla cui sommità sono poste ciotole di terracotta ricolme di
premi, chiamate “baccareddi”.
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Marianopoli: “U signori du Bilici” . Foto Giuseppe Cannavò
7. ................................................................................................
pagina 05
Le confraternite
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Tracce della loro esistenza si ritrovano già nel Medioevo, fu allora che
iniziarono a formarsi associazioni religiose il cui fine era il raggiungimento
della perfezione cristiana attraverso l’esercizio della carità, l’assistenza
agli infermi e il canto delle laudi sacre. Testimoni della fede popolare
e di culti delle quali sono state custodi nel tempo, le confraternite, nella
tradizione religiosa della provincia nissena, hanno un ruolo fondamentale
soprattutto per la preparazione dei riti della Settimana Santa, come
avviene a Mussomeli, o in altre feste dal forte impatto simbolico. Un
esempio ne è “U signuruzzu di maju” che si celebra a Mazzarino.
IL CROCIFISSO DELL’OLMO
La prima domenica di maggio a
Mazzarino si rinnova il culto del
“SS. Crocifisso dell’Olmo”.
La festa si lega ad un’antichissima
leggenda secondo la quale due ladri
si introdussero nottetempo nella
Chiesa della Madonna delle Grazie
con l’intenzione di trafugarne il
prezioso Crocifisso ivi custodito.
Ma il loro tentativo andò a vuoto,
perché al momento della fuga i due
trovarono dinanzi al portone
d’ingresso della chiesa un enorme
albero di olmo, prodigiosamente
germogliato, che sbarrò loro la
strada facendoli pentire del sacrilego
gesto. Un’altra leggenda narra di
Il giorno dei festeggiamenti l’antico
un “voto” fatto da Branciforti, signore
Crocifisso è sistemato al centro di
di Mazzarino, questi sorpreso da
una vara, sostenuta da due lunghe
una tempesta in mare e rischiando
aste di legno, portata a spalla da
naufragare fece solenne promessa
più di centro confratelli scalzi e
di far costruire un’enorme “vara”
vestiti con un saio bianco: “ i nudi”.
destinata a portare in processione
Durante la processione viene
il Crocifisso.
distribuito ai fedeli il cotone
E’ molto probabile, invece, che
benedetto mentre il tragitto è
l’origine della festa sia da far risalire
segnato dal lancio delle “collane di
al “voto” dei mazzarinesi scampati
sciuri”, delle vere e proprie collane
al terribile terremoto dell’11 gennaio
di margherite gialle, nel tempo
del 1693.
diventate il simbolo della festa.
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Mazzarino: “Festa del Crocifisso dell’Olmo”. Foto Jo
8. pagina 06
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Pani e banchetti votivi
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“A San Giuseppi cci fici stu
votu, la seggia ‘mparaddisu
nn’ha sarvatu a cu ’mmita a
tri poveri assolutu, Diu
l’aspetta a lu cielu biatu”.
(Canto di un “tammurinaru” tratto
da “Uomini e Santi” di A.
Amitrano Savarese).
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9. ................................................................................................
pagina 07
Pani e banchetti votivi
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SAN GIUSEPPE
Per i siciliani San Giuseppe è il
santo patrono per eccellenza della
famiglia nonché “avvocato delle
cause impossibili”. Oltre ad aprire il
ciclo delle feste primaverili, in Sicilia
la ricorrenza si caratterizza per una
serie di manifestazioni rituali
pubbliche e private di grande
coinvolgimento popolare, non si
potrebbero definire diversamente le
preparazioni di meravigliosi altari e
soprattutto di banchetti votivi in suo
onore: “ li tavulati di li vicchiareddi”
o “di li povireddi”.
Una delle celebrazioni più belle e
suggestive è quella che si svolge a
Gela. Diversi giorni prima della festa,
numerose famiglie si dedicano
all’allestimento di straordinari “altari”
sui quali sono sistemate statuine e
immagini del Patriarca e della Sacra
Famiglia. Gli altari sono decorati con
fiori, ricami, ramoscelli di alloro, mirto,
arance e pani votivi, quest’ultimi
lavorati con tale maestrìa da
sembrare “scolpiti”. I “pani” hanno
un importante significato sacrale
intimamente legato agli ancestrali
simbolismi della natura che si
rinnova. Stessa grande preparazione
richiedono “li tavulati”, in questo caso
la scelta delle pietanze ha un preciso
significato dato che esse prevedono
l’impiego soprattutto di verdure e
frutti legati all’arrivo della primavera,
anche se poi ogni centro segue una
sua precisa tradizione.
A Milena, San Giuseppe è
festeggiato con grande solennità
poiché il santo è il patrono del
paese. Qui, sulle lunghe tavole
allestite vengono disposti:
minestroni e frittate di verdure,
polpette, pani dalle varie forme,
sfinci, pignolata, cannoli e arance.
A conclusione del pranzo i
“vicchiariddi”, che rappresentano i
personaggi della Sacra Famiglia,
ricevono la tradizionale “truscia”
contenente pane, arance, dolci e
quant’altro. Nel pomeriggio ha
luogo la solenne processione del
simulacro.
A Mussomeli la festa, organizzata
dalla congregazione dei falegnami,
si realizza con la preparazione delle
“tavulate di li vicchiareddi” sulle
quali tradizionalmente trovano
posto: pasta con finocchi selvatici,
cardi panati, frittate di fave e
asparagi, i pani votivi chiamati
“cuddure” e poi ancora tanti dolci
della tradizione siciliana.
A Butera, alla preparazione dei
banchetti votivi si unisce la
rappresentazione della “Sacra
Famiglia”, così come avviene pure
a Bompensiere. Nel piccolissimo
centro del Nisseno la festa vive il
suo momento più importante
quando tre figuranti, nelle vesti di
San Giuseppe, della Madonna e di
Gesù, dopo aver percorso le strade
del paese raggiungono la piazza
principale dove è allestita la
“tavulata”, sulla quale sono posti
numerosi pani la cui forma richiama
simboli religiosi.
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(pagina accanto) Milena: “Tavula di San Giuseppe”. Foto Salvatore Farina
10. pagina 08
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Pani e banchetti votivi
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I pani vengono distribuiti ai fedeli e quindi ha inizio la processione.
Il banchetto votivo a Sommatino prende il nome di “tavula sbampata”
e accanto ad esso ogni anno si rinnova il tradizionale appuntamento
detto del “Tuppi tuppi”, (traduzione dall’onomatopeico toc-toc), ovvero
la rappresentazione in lingua siciliana della “Fuga in Egitto”. Tale usanza,
risalente alla fine dell’Ottocento, si ripete due volte l’anno: il 19 marzo
e all’inizio di agosto. La rappresentazione ha per scenario l’antico centro
storico del paese addobbato a festa e si avvale di una corale
partecipazione popolare.
A Niscemi la festa in onore di San Giuseppe si arricchisce del particolare
rito dell’accensione dei falò: i “luminari di lu focu santu”, accesi per
ricordare l’arrivo della luce primaverile dopo il buio dell’inverno. La
legna viene accatastata ai crocicchi delle strade, nei pressi degli altari
e degli “avutari”, le tavole riccamente imbandite e offerte ai poveri.
Infine, a Resuttano, San Giuseppe, è festeggiato con grande solennità.
La processione è accompagnata attraverso la “via dei Santi” dai confratelli
con il caratteristico saio, mentre le “tavulate” preparate dai devoti
prendono il nome di “virgini”, perché l’usanza vuole che ad esse siedano
i "virginiddi": dodici bambini che stanno a rappresentare gli Apostoli.
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“Particolare di pane votivo”. Foto di Salvatore Farina
11. ................................................................................................
pagina 09
Pani e banchetti votivi
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SAN BIAGIO
Convertito dal paganesimo alla religione cristiana, San Biagio, eletto
vescovo a Sebaste, città dell’Armenia, venne condannato al supplizio
durante le persecuzioni di Licinio. Racconta la leggenda che proprio
mentre lo conducevano sul luogo del martirio, il santo avrebbe compiuto
il miracolo di salvare un bimbo che stava soffocando a causa di una
lisca di pesce. Per tale ragione, San Biagio è considerato protettore
della “gola”. Celebrata in tutta l’isola, la sua festa, il 3 febbraio, è
caratterizzata da una serie di riti dedicati proprio alla benedizione della
“gola”. L’usanza si mantiene ancora viva in diversi centri: Acquaviva
Platani, Sutera, Montedoro, Bompensiere, Campofranco. Per
l’occasione si preparano tipici pani votivi: “ i cuddureddi”, ai quali un
tempo era attribuito il “potere” di proteggere dalle malattie della gola.
SANTA LUCIA
Un’antica tradizione siciliana vuole che il 13 dicembre non si mangino
né pasta né pane quanto piuttosto riso e piatti di grano bollito e salato
o altrimenti condito con zucchero o miele: “la cuccìa”. Tipica pietanza
da consumare nel giorno dedicato alla festa di Santa Lucia, la sua
preparazione si ricollega, secondo il racconto, all’intervento miracoloso
con il quale la santa siracusana salvò la Sicilia da una terribile carestia.
Accadde agli inizi del XVIII secolo, nell’isola non c’era più un chicco di
frumento e la popolazione allo stremo rivolse le sue suppliche disperate
alla santa siracusana. Le preghiere non rimasero inascoltate e avvenne
il miracolo: una flotta di navi cariche di frumento e dirette verso altra
rotta approdarono sulle coste siciliane.
La festa di Santa Lucia in provincia di Caltanissetta viene celebrata con
grande e sentita partecipazione a Campofranco, Sutera, Mussomeli
e Montedoro. Oltre alla distribuzione della “callara di cuccia”, è uso
accatastare lungo le strade la legna per l’accensione delle “vampe” .
A Niscemi, per ricordare che la santa è considerata protettrice della
vista, si preparano dei piccoli impasti di farina e zucchero cui viene
data la forma degli occhi: “i cuddureddi”.
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12. pagina 10
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Le suggestioni della Pasqua
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“In piazza c’era un gruppo di
gente che faceva cerchio
intorno a un uomo e a una
donna del popolo. L’uomo,
vestito di nero, con la mano
dietro l’orecchio ricantava la
nenia con una mirabile
espressione d’accorazione
come se Cristo veramente gli
fosse padre, figlio, fratello, e la
donna gli faceva da cuntravuci,
con un grido che tagliava in
due la notte d’aprile come
cristallo…”
(“Il Venerdì Santo a Caltanissetta”
tratto da “Italia del Bonincontro” di
Antonio Baldini )
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Caltanissetta: “Il Cristo Nero”. Foto Giuseppe Cannavò
13. ................................................................................................
pagina 11
Le suggestioni della Pasqua
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Le sfilate delle maestranze, i gruppi sacri, i sepolcri addobbati, le
commoventi processioni del Venerdì Santo, le sacre rappresentazioni
della Passione ed infine l’atmosfera gioiosa della “Giunta”. La Pasqua
in provincia di Caltanissetta è tutto questo, in un continuo richiamo agli
ori, ai colori e alla teatralità di gusto barocco ereditati della cultura
spagnola. La Settimana Santa nel Nisseno assume un fascino unico
nel quale misticismo e folclore si fondono regalando emozioni antiche
e indimenticabili.
La Settimana Santa di
Caltanissetta è tra le più popolari
e affascinanti dell’isola, chi vi assiste
non può fare a meno di ammirarne
le suggestioni che ricordano la
Pasqua di Siviglia e di Murcia.
Nel capoluogo le celebrazioni
hanno inizio il pomeriggio della
Domenica delle Palme con la
processione del simulacro di Gesù
Nazareno. Posto su una vara a
forma di barca ricoperta di fiori, la
statua viene condotta lungo le vie
del centro storico.
A partire dal mattino del Mercoledì,
per tradizione ormai secolare, il
corteo della Real Maestranza dà
inizio alle celebrazioni ufficiali della
Pasqua nissena. Unica nel suo
genere, la “Maestranza” apre i riti
della Settimana Santa riportando
al passato, alla memoria e alla
storia di questa città. Le sue origini
risalgono alla costituzione delle
antiche corporazioni delle arti e dei
mestieri. Nel 1806, quando re
Ferdinando IV giunse in città, i
componenti delle maestranze
nissene sfilarono in suo onore.
Il corteo per il fasto e la maestosità
colpì vivamente l’animo del sovrano
che la definì “Reale”.
Ancora oggi la Real Maestranza
mantiene inalterato tutto il fascino
storico delle sue origini.
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Caltanissetta: “Gesù Nazareno”. Foto Giuseppe Cannavò
14. pagina 12
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Le suggestioni della Pasqua
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Due le contrapposte atmosfere che
ne segnano l’uscita del Mercoledì:
la mestizia per la Passione e Morte
di Nostro Signore cui segue la gioia
della Resurrezione. Sentimenti
manifesti soprattutto nei “segni”
che i componenti mostrano nel
corso della processione. In un
primo tempo il Capitano - eletto
ogni anno tra gli appartenenti alle
varie categorie artigiane – si pone
alla guida del corteo portando un
Crocifisso velato di nero.
La giornata del Mercoledì Santo
prosegue e si conclude con l’uscita
delle “varicedde”, i gruppi statuari
in miniatura riproducenti le “vare”
che sfilano durante la sera del
Giovedì Santo.
Sia il capitano,sia gli altri
componenti portano quali segni di
lutto: cravatte, calze e guanti neri.
Dopo avere raggiunto e sostato
all’interno della Cattedrale per
l’adorazione del SS. Sacramento,
la solenne processione riprende
a sfilare, stavolta in un clima di
gioia accompagnato dal suono di
allegre marce.
Anche la tradizione delle “vare”
affonda le sue radici in epoca
antica. Secondo alcuni storici fu
istituita nel 1780 su iniziativa della
Congregazione di San Filippo Neri.
Una ricostruzione fatta dallo storico
Michele Alesso narra che in quel
tempo: “Era uso a due ore di notte
circa, uscire in processione con
grande entusiasmo religioso
portando in giro per le vie della città
cinque barette, su cui stavano delle
statuette di cartapesta dell’altezza
di due palmi, raffiguranti cinque
dei principali Misteri della Passione
e Morte di Gesù Cristo, e con esse
visitare i sepolcri, entrando in
cinque chiese poste nelle vie che
essa percorreva”.
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Caltanissetta: “Real Maestranza - Crocifisso velato”; “Varicedda”. Foto G. Cannavò
15. ................................................................................................
pagina 13
Le suggestioni della Pasqua
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Ripresa nel 1840, fu soltanto nel 1882 che la processione divenne
grande momento di partecipazione mistica e popolare grazie al “voto”
fatto dagli zolfatai scampati alla tragedia della miniera di Gessolungo.
I sedici gruppi statuari sono opera dei due scultori di origine napoletana
Vincenzo e Francesco Biangardi.
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Caltanissetta: “La Pietà”. Foto Giuseppe Cannavò
16. pagina 14
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Le suggestioni della Pasqua
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La struggente processione del “Cristo Nero” segna la giornata del
Venerdì Santo. Secondo la leggenda, il piccolo Crocifisso di legno nero
sarebbe stato trovato in una grotta fra due candele accese. Ricca di
misticismo e di commovente partecipazione la processione si snoda
lungo un percorso che attraversa buona parte della zona vecchia della
città. Nell’aria pregna dell’odore intenso e penetrante di incenso, una
lunghissima fila di fedeli a piedi nudi accompagna il simulacro in un
silenzio rotto solo dalle “lamintanze” dei “fogliamari”.
Non meno ricche di emozioni e fascino sono le celebrazioni pasquali
degli altri centri della provincia.
Singolare e altamente simbolico è il Giovedì Santo a Villalba, dove sul
sagrato della chiesa principale del paese è allestita un’enorme tavola
sulla quale vengono esposti tredici agnelli di zucchero, il più grande dei
quali, posto a centro, viene diviso in pezzetti e offerto dal sacerdote ai
fedeli.
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Villalba: “Il Giovedì Santo”. Foto Salvatore Farina
17. ................................................................................................
pagina 15
Le suggestioni della Pasqua
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Sempre il Giovedì Santo, ma
spostandosi a Mazzarino, intorno
alla mezzanotte ha luogo la
processione del “Signore di
camoscio” portato a spalla dai
confratelli incappucciati. Si tratta di
un Crocifisso antichissimo giunto in
paese nel Seicento durante la
dominazione spagnola e proprio in
Spagna pare che si trovi l’altro unico
esemplare.
Nel centro mazzarinese, i riti
proseguono il Venerdì con la
processione dei simulacri
dell’Addolorata, di San Giovanni,
della Veronica e del Cristo mentre
in tarda serata dalla Chiesa di San
Domenico muove lentamente
l’Urna. A guidare la processione è
il “mastro incappucciato”, di cui
nessuno conosce il nome dato che
viene nominato poco prima
dell’inizio del corteo religioso.
Particolarmente commovente è la
processione, all’alba del Venerdì
Santo, a Santa Caterina
Villarmosa. Il corteo religioso si
muove lentamente lungo le stradine
avvolte ancora nel buio e nel
silenzio, mentre ad intervalli i
“ladatori” che seguono l’Addolorata
e la Sacra Urna, intonano in coro
le “lamintanze”. La presenza dei
“ladatori” è una costante in quasi
tutti i riti pasquali nel Nisseno.
A Montedoro accompagnano la
processione del Venerdì Santo
eseguendo un repertorio di canti
polivocali dialettali ritenuto in
assoluto tra i più interessanti.
Protagoniste della Pasqua di
Mussomeli sono le sei antiche
congregazioni religiose che la sera
del Giovedì Santo portano in
processione i rispettivi simulacri.
Un’atmosfera di grande misticismo
caratterizza, la mattina del Venerdì
Santo, la processione della
Addolorata durante la quale
vengono eseguite le “lamintate“ in
lingua latina. Il corteo riprende nel
primo pomeriggio con il simulacro
del Nazareno che esce dalla
Chiesa Madre per raggiungere il
Calvario dove, dopo la lettura della
“ P a s s i o ” , s i s v o l g e l a
rappresentazione della cro-cifissione.
In tarda serata ha luogo
la processione dell’Urna.
A Butera, la Settimana Santa vive
tre momenti importanti: il primo la
domenica delle Palme, quando
viene ricordato l’ingresso di Gesù
a Gerusalemme con la processione
del simulacro del Cristo seguito da
dodici uomini nelle vesti degli
Apostoli; il secondo il Giovedì
Santo, nel corso della processione
del Cristo incatenato. Infine, il
Venerdì Santo ha luogo l’uscita di
tre “vare”: l’Ecce Homo (u signuri
‘a canna) al mattino; il Cristo con
la croce (u signuri ca cruci ‘ncoddu)
nel primo pomeriggio e la sera la
Sacra Urna (‘u catalettu).
Tra le giornate del Giovedì e del
Venerdì Santo numerose
processioni si svolgono in tutti i
comuni del Nisseno: da Gela
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18. pagina 16
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Le suggestioni della Pasqua
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ad Acquaviva, Bompensiere,
Campofranco, Delia, Milena,
Marianopoli, Sommatino, San
Cataldo, Serradifalco, Sutera,
Vallelunga, Niscemi e Riesi in
particolare, in quest’ultimo centro
i riti del Venerdì Santo hanno inizio
all’alba con l’uscita dei simulacri
di Gesù, di Giovanni e
dell’Addolorata. Verso le tre del
pomeriggio, in un punto del paese
detto dei “quattru cantuneri”, allo
squillo delle trombe avviene
l’incontro tra l’Addolorata e il Cristo.
Le due statue vengono trasportate
verso una collinetta, “il Calvario”,
per la rappresentazione della
Crocifissione. In tarda serata,
disteso nell’Urna, il Crocifisso
viene accompagnato in
processione dai portatori che
muovendosi con andatura lenta,
tre passi avanti e due indietro,
percorrono le vie del paese alla
luce delle fiaccole.
Altra tradizione pasquale è la
rappresentazione, da parte di attori
locali, degli episodi della Passione
di Gesù Cristo. Le più importanti si
svolgono a Delia, Sommatino,
San Cataldo e Serradifalco.
La Domenica di Pasqua si rinnova
il rito gioioso della “Giunta”:
l’incontro tra i simulacri della
Madonna e del Cristo Risorto.
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Delia: “La Giunta”
Serradifalco: “Un momento del Venerdì Santo”. Foto Lillo Miccichè
19. ................................................................................................
pagina 17
Le suggestioni della Pasqua
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A San Cataldo spettacolare è la
sfilata dei “Sampauluna”, grandi
statue di cartapesta raffiguranti gli
Apostoli. Nel pomeriggio queste
vengono riunite dinanzi alla Chiesa
della Mercede assieme al
simulacro della Madonna e alla
piccola “vara” della Maddalena. Di
lì a poco ha inizio la celebrazione
della festa con la statua della
Maddalena che si avvia verso il
luogo del “Sepolcro” e trovandolo
vuoto ritorna indietro per
annunciare agli Apostoli e alla
Vergine la Resurrezione del Cristo.
La “vara” della Maddalena percorre
il tragitto altre due volte: la prima
accompagnata dalle figure di Pietro
e Paolo, e la seconda da quella
della Madonna.
Solo a questo punto, da una stretta
traversa laterale, appare la statua
del Cristo Risorto che dà il via al
corteo degli undici “Sampauluna”,
preceduti dai simulacri del Cristo,
della Madonna e di San Giovanni.
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San Cataldo: “I Sampauluna” (in alto).
“La corsa del simulacro della Madonna”. Foto di Salvatore Cravotta
20. pagina 18
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I culti mariani
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“Più del Cristo stesso è la figura
di Maria Addolorata che
colpisce e commuove… La
Madre è viva, dolente, chiusa
nel nero manto della pena,
trafitta, gemente, immagine e
simbolo di tutte le madri…”
(“Le feste religiose” . L. Sciascia)
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Museo Diocesano di Caltanissetta: “L’Addolorata” (1700- Fra’ Fedele di San Biagio).
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I culti mariani
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La devozione nei confronti della Madonna in Sicilia è antichissima, come
testimoniano i dipinti delle prime comunità cristiane ritrovati in alcune
grotte dell’isola. Già intorno al VI secolo erano moltissimi i luoghi di
preghiera a lei dedicati, ma fu soprattutto durante la dominazione
normanna che il culto della Vergine si estese ovunque. A questo periodo,
infatti, devono essere ascritti i ritrovamenti, spesso leggendari, di quadri
ed immagini della Madonna nascosti durante l’invasione araba.
Il rapporto che i siciliani hanno mantenuto con la figura della Madre di
Dio è particolarmente intenso, viscerale e vero. E’ lei che rappresenta
l’unione tra l’umano e il divino, é lei che interpreta il dolore terreno e il
dramma dell’uomo.
MADONNA DELLE GRAZIE E DELL’ALEMANNA
Nel convento dei Padri Cappuccini Minori di Gela si venera la Madonna
delle Grazie verso la quale gli abitanti della città nutrono grande
devozione. La festa in suo onore si celebra il 2 luglio con la solenne
processione del simulacro raffigurante la Vergine con il Bambin Gesù.
In occasione della ricorrenza, oltre alla “promessa del viaggio scalzo”
per le grazie ricevute, i fedeli recano in segno di omaggio dei grandi
ceri votivi: “i cannili”. Un’antica usanza tramandata fino ai nostri giorni
vuole che la festa sia dedicata alla benedizione dei bimbi.
Rimanendo a Gela, un’altra tradizione mariana che si rinnova da oltre
cinque secoli è quella in onore di Maria Santissima dell’Alemanna,
patrona di Gela. Leggenda vuole che l’antica e sacra icona della Beata
Vergine, nascosta durante il periodo iconoclasta della dominazione
musulmana, sia stata rinvenuta intorno al 1450 da un contadino intento
ad arare le sue terre.
Momento cruciale dei festeggiamenti, l’8 settembre, è la processione
della sacra immagine seguita da una folla di fedeli provenienti anche
dai centri limitrofi. La festa si conclude con un inconsueto epilogo di
sapore decisamente profano: la divertente gara di “ u palliantinu a mari”
una sorta di albero della cuccagna sul quale i concorrenti dovranno
arrampicarsi per conquistare gli ambiti premi.
E sempre a Gela, non va dimenticato un altro culto mariano, si tratta
della “Madonna di Bittalemmi” venerata presso una cappella votiva
situata vicino la foce del fiume Gela. Una volta le donne del popolo
arrivavano sin qui recando dei recipienti di olio che servivano ad
alimentare la fiamma della lucerna.
Sul luogo dove è costruita la cappella votiva pare che un tempo esistesse
un’ara destinata al culto di Demetra e Persefone.
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22. pagina 20
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I culti mariani
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MADONNA DELLE VIGNE
Il culto rievoca l’evento miracoloso
compiuto dalla Vergine allorché
un padre in compagnia della figlia
sordomuta si recò da Cammarata
a Mussomeli, presso il santuario
della Madonna delle Vanelle, per
invocare la guarigione della
giovane. Secondo la leggenda le
preghiere e le suppliche del padre
dapprima non sortirono effetto e
al pover’uomo non rimase che
riprendere sconfortato la strada
di casa ma la mula che li
accompagnava stramazzò a terra.
L’uomo, allora, prese sulle spalle
la figlioletta, il resto del carico e
ricominciò il cammino verso casa.
Aveva appena ripreso la strada,
quand’ecco all’improvviso avvenne
il miracolo: la giovane chiamò il
padre con voce squillante e iniziò
a parlare. La notizia del prodigio
si diffuse in breve tempo tanto che
sul luogo fu edificata una cappella
votiva, oggi meta di pellegrinaggio
ogni primo agosto.
MADONNA DEL BOSCO
La tradizionale festa della
Madonna del Bosco celebrata a
Niscemi, la seconda domenica di
agosto, è anch’essa legata
all’antica leggenda del
ritrovamento di un’effigie della
Vergine Maria. Si racconta che
correva l’anno 1599 quando un
bue, di proprietà di tale Armao,
ritrovò presso una sorgente una
tela sulla quale era dipinta
l’immagine della Madonna col
Bambino Gesù. Dal momento del
miracoloso ritrovamento del
dipinto, i fedeli iniziarono ad
attribuire all’acqua della sorgente
proprietà taumaturgiche e pertanto
due secoli dopo su questo luogo
fu costruito il santuario conosciuto
come “dell’Acqua Santa”.
Due i periodi dell’anno dedicati alla
celebrazione della Madonna del
Bosco: dal 21 aprile al 21 maggio
con un pellegrinaggio al santuario,
e la festa ufficiale in agosto. Per
l’occasione si svolge la disputa del
palio con i fantini che montano i
cavalli a “sdosa” cioè senza sella.
MADONNA DEL MAZZARO
Da quasi dieci secoli a Mazzarino,
la terza domenica del mese di
settembre, si festeggia nella
Madonna del Mazzaro, la patrona
del paese. Il simulacro, portato a
spalla dai confrati della
congregazione “Figli di Maria”, è
un’opera di pregevole fattura
risalente al 1800, realizzata a
ricordo del ritrovamento avvenuto
nel 1125 di un’ effigie della Vergine
dipinta su legno.
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Mazzarino: “Chiesa della Madonna del Mazzaro”. Foto Giuseppe Cannavò
23. ................................................................................................
pagina 21
I culti mariani
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Il ritratto prima di andare distrutto
in un incendio, rimase esposto
per lungo tempo in una cappella
votiva fatta costruire da re
Manfredi.
L’ADDOLORATA
In diversi centri del Nisseno si
venera l’Addolorata. Considerata
la protettrice dei minatori, a
Serradifalco l’Addolorata si
festeggia la seconda domenica
di settembre, e anche a
Resuttano la festa si svolge nel
corso dello stesso mese.
Nell’ambito dei festeggiamenti si
organizzano numerose
manifestazioni folcloristiche,
spettacoli, mostre e degustazioni
di prodotti tipici.
LA FESTA DELL’IMMACOLATA
Un tempo la ricorrenza, tra le più
importanti del calendario liturgico,
veniva celebrata con suggestive
e simboliche cerimonie, oggi per
lo più dimenticate tranne che in
alcuni centri come: Delia,
Campofranco, Milena, Sutera e
Mussomeli.
In questi paesi si attende l’arrivo
della festa con l’accensione delle
“vampe”, falò i cui significati
simbolici sono evidenti. Con la
nascita di Maria, infatti, si accende
la luce dell’Attesa con la certezza
nella futura nascita del Sole di
Giustizia.
Attorno ai fuochi i fedeli si
riuniscono per recitare il Rosario
e intonare canti religiosi, mentre
in quasi tutti i comuni del Nisseno
l’8 dicembre si perpetua la
tradizionale processione religiosa.
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Caltanissetta: “Processione dell’Immacolata”. Foto Salvatore Lo Bianco
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I Santi patroni
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“Tutti i rituali hanno la capacità di
svolgersi adesso in questo
istante”.
(“Trattato di storia delle religioni”
Mircea Elide)
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25. ................................................................................................
pagina 23
I Santi patroni
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“Santi a dimensione d’uomo” questi
sono i santi patroni per i siciliani,
un rapporto speciale e con-traddittorio,
mistico e nel contempo
umano che esplode nelle feste
vissute in un clima di attesa
familiare e di partecipazione corale
nella quale, come diceva Sciascia,
il siciliano esce finalmente dalla sua
condizione di uomo solo.
SAN PAOLINO
A Sutera lo chiamano, il
“Pasquone” perché viene celebrato
il martedì dopo Pasqua. E’ la festa
di San Paolino, compatrono del
paese assieme a Sant’Onofrio. La
venerazione nei confronti del santo
è molto antica e risale al 1220, anno
nel quale le reliquie di Sant’Onofrio
e di San Paolino furono donate alla
famiglia del principe Federico
Chiaramonte. La nobile famiglia le
custodì fino a quando fu costruito
il santuario che ancora oggi domina
la rocca ai piedi della quale sorge
il paese. Infatti, fu solo allora che
i Chiaramonte donarono alla
popolazione suterese le sacre
reliquie. In occasione della festa,
le statue dei due santi e le urne
contenenti le loro reliquie vengono
portate in processione lungo il
sentiero che congiunge la rocca al
paese. Accompagnati dalle
confraternite, i simulacri e le urne
raggiungono la chiesa di
Sant’Agata, dove rimangono
esposti per cinque giorni prima di
fare ritorno al santuario.
SAN CATALDO
Patrono del paese che porta il suo
nome, il santo invocato contro le
guerre e le epidemie viene
solennemente ricordato il 10
maggio.
Durante la processione, tra le mani
della statua viene posto un fascio
di grano, “i musciareddi”, come
segno beneaugurate di protezione
in vista dell’imminente raccolto.
Inoltre, per l’occasione i panificatori
di San Cataldo preparano centinaia
di chili di pane che dopo essere
stati benedetti vengono distribuiti
ai devoti.
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Sutera: “Festa di San Paolino”. Foto Silvana Noto
“Veduta di Sutera e Santuario di San Paolino”. Foto Giuseppe Cannavò
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I Santi patroni .........................................................................................................................
SAN CALOGERO
Secondo la tradizione, il santo visse da eremita in una grotta posta sulla
cima del monte Cronio dove morì il 18 giugno del 561.
Venerato soprattutto nell’Agrigentino e nel Nisseno, San Calogero è
a buon titolo tra i più amati e invocati dai siciliani che in suo onore
praticano il digiuno (u dijunu addumannatu), facendo, inoltre, preparare
come ex voto dei “pani” cui viene data la forma delle parti del corpo
risanate. Sebbene, secondo il calendario liturgico, la festa ricada il 18
giugno, a Campofranco la ricorrenza ha luogo l’ultima domenica di
luglio. Una scelta probabilmente da ricollegare al rientro in paese dei
numerosi emigranti e al perpetuarsi dell’usanza di ringraziare il santo
per il raccolto. Annunciata all’alba dallo sparo di mortaretti, la festa si
svolge in due tempi: al mattino il simulacro raffigurante San Calogero
lascia la chiesa dove è custodito per raggiungere la Madrice. Da qui,
nel tardo pomeriggio, riprende la processione di ritorno durante la quale
si osservano diverse soste per permettere la benedizione e distribuzione
dei pani devozionali.
SAN ROCCO
Originario di Montpellier, San Rocco operò in Italia, intorno al 1315
prodigandosi durante le epidemie nella cura degli appestati.
Particolarmente venerato nell’Italia del Sud, ancora oggi viene invocato
contro le catastrofi naturali e le malattie del bestiame. Nell’iconografia
tradizionale, il santo viene raffigurato come un giovane pellegrino
accompagnato da un cane, ciò sarebbe da far risalire alla leggenda
secondo la quale proprio un cane gli avrebbe portato il cibo quando il
santo, colpito da peste, si ritirò in assoluta solitudine.
Di Butera, San Rocco è considerato il patrono. Il giorno di Ferragosto,
vigilia della sua festa, si rinnova la tradizionale rappresentazione di “u
sirpintazzu”, un’usanza che affonda le radici nella leggenda. Per le
strade del paese viene portato in giro un grosso serpente di cartapesta,
che una volta raggiunta la piazza tenta di rompere, con due palette di
legno poste sulla bocca, le pentole di terracotta sospese su un filo e
contenenti premi e dolciumi vari. Questa manifestazione rievocherebbe
un’antica storia buterese. Si narra che un pericoloso serpente seminasse
terrore per una contrada di campagna del paese.
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I Santi patroni
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I tentativi di cattura si rivelarono
vani ma proprio il giorno di San
Rocco, alcuni audaci abitanti
riuscirono a catturarlo, riportando
finalmente la serenità in paese.
Tornando alla festa del 16 agosto,
un’enorme folla di fedeli, molti
provenienti dai centri limitrofi,
partecipa alla solenne processione
che si conclude in tarda serata con
il rientro di San Rocco nella chiesa
a lui intitolata. I festeggiamenti si
ripetono in occasione dell’ottava, il
23 agosto.
MADONNA DELLA CATENA
Venerata un po’ in tutta la Sicilia,
la Madonna della Catena è la
patrona di Riesi. La sua festa si
celebra la seconda domenica di
settembre. Momento di grande
partecipazione e commozione
popolare è la processione di fedeli
che, nella notte fra il sabato e la
domenica di festa, si snoda lungo
le vie del paese. Il folto corteo di
devoti dopo avere raggiunto il
santuario intitolato alla Vergine,
aspetta l’alba per la celebrazione
della Santa Messa e l’accensione
della lampada votiva. Anche il culto
della Madonna della Catena trae
origine da fatti prodigiosi tramandati
attraverso il racconto di diverse
leggende. Una di queste narra di
un miracolo verificatosi a Palermo
nel 1392: mentre era in corso
l’esecuzione capitale di tre
condannati a morte, si abbatté sulla
città un violento temporale che
costrinse i condannati e i loro
sorveglianti a trovare riparo nella
vicina chiesetta di Santa Maria del
Porto. Disperati per l’imminente
fine, i prigionieri si raccolsero in
preghiera dinanzi all’immagine
della Vergine, illuminata solo dalla
luce di una lampada. Stavano
pregando i condannati, quando le
pesanti catene che legavano le
loro mani improvvisamente ed
inspiegabilmente si spezzarono.
Informato dell’accaduto, il Capitano
di Giustizia riferì i fatti al Re. Questi
colpito e commosso dal prodigio,
quale prova della loro innocenza,
decise di restituire la libertà ai
prigionieri e di rendere omaggio
all’immagine miracolosa della
Madonna “della Catena”.
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Riesi: “Madonna della Catena”. Foto Giuseppe Cannavò
28. pagina 26 ...............................................................................................
I Santi patroni .........................................................................................................................
SAN LEONARDO ABATE
Leonardo, frate minore, dedicò la sua vita alle missioni popolari nell’Italia
centro-meridionale, alla fondazione delle confraternite religiose e
soprattutto alle conversioni. Efficace predicatore, diffuse la pratica della
Via Crucis. A Serradifalco, paese che lo ha eletto a suo patrono, i
festeggiamenti si svolgono la seconda domenica di agosto.
La festa è caratterizzata, durante la suggestiva processione, dalla
raccolta delle “prumisioni” ovvero preghiere, denaro e quant’altro viene
offerto in onore di San Leonardo Abate per grazia ricevuta.
MADONNA DEI MIRACOLI
Ventuno colpi di cannone, all’alba dell’8 settembre, annunciano a
Mussomeli l’inizio dei festeggiamenti in onore della patrona: la Madonna
dei Miracoli. Anche in questo caso, la venerazione della Vergine si
ricollega ad un evento miracoloso per il quale sembra addirittura esista
negli archivi storici una documentazione ufficiale risalente alla fine del
Cinquecento, il prodigio invece risalirebbe al 1530. Si racconta che in
un caldo giorno d’estate, un uomo privo dell’uso delle gambe giacesse
addormentato sotto l’ombra di un albero. Durante il sonno gli apparve
in visione la Vergine che gli disse di avere esaudito le sue suppliche
e che presto egli avrebbe ripreso a camminare. Destatosi dal sogno,
l’uomo si accorse di essere realmente in grado di muoversi e con il
cuore colmo di gioia corse in paese ad annunciare il miracolo. Ebbe
così inizio un pellegrinaggio incessante di fedeli sul luogo della visione
miracolosa dove pare fu rinvenuta impressa su una pietra l’immagine
della Vergine col Bambino: la Madonna dei Miracoli. In breve, sul posto
venne costruito l’omonimo santuario al cui interno ancora si custodisce
la pietra con la sacra effigie e il simulacro, opera dello scultore Biangardi.
MADONNA DI LORETO
Pare che la Chiesa Madre di Vallelunga sorga proprio sul punto esatto
del rinvenimento di una statua della Madonna, avvolta in un sontuoso
manto ricco di decorazioni d’oro. Dunque, anche in questo caso la
venerazione della Vergine si lega al racconto di un prodigioso
ritrovamento. Secondo una delle storie tramandate dalla tradizione
popolare, una coppia di buoi trainanti un carro sul quale era trasportato
il simulacro di Maria, si fermarono improvvisamente, rifiutandosi in tutti
modi di proseguire il tragitto. Alla fine, dopo vari tentativi, ciò fu interpretato
come un preciso segno della Vergine di volere che in quel luogo fosse
edificata una chiesa a lei intitolata.
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I Santi patroni
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SAN MICHELE
Racconta il Pitrè, che Caltanissetta
riconobbe a San Michele Arcangelo
la miracolosa intercessione che salvò
la città dalla peste e per tale ragione
“… lo acclamò a suo patrono invece
del Crocifisso che essa avea sempre
avuto”. La venerazione dei nisseni
nei confronti del loro santo protettore
si è sempre manifestata con grande
fede e in passato c’era tra i devoti
chi osservava un particolare digiuno
a partire dal primo lunedì dopo
Pasqua. Questa pratica doveva
essere rinnovata sempre nello stesso
giorno e per nove anni consecutivi,
al termine dei quali venivano fatte
benedire nove candele da accendere
al momento della morte della
persona che in vita aveva osservato
il digiuno, al fine di farle ottenere la protezione e la compagnia degli
angeli nel momento del trapasso. Il 29 settembre, in occasione della
festa, la statua dell’Arcangelo, un’opera del 1600 scolpita da Stefano
Livolsi, è portata in processione dai fedeli scalzi in segno di “voto”.
Attorno alla realizzazione del simulacro sono fiorite molte leggende,
racconta una di queste che al Livolsi per completare l’opera mancasse
solo di scolpire il viso dell’Arcangelo. Più volte aveva provato ma il
risultato non era quello sperato. Dopo vari tentativi, stremato dalla fatica
si addormentò e al suo risveglio trovò il volto del Santo già scolpito.
SANTA BARBARA
Appartenente a una famiglia pagana, Barbara dopo essersi convertita
al Cristianesimo venne consegnata dal padre al Prefetto della città.
Fu proprio il padre a trasformarsi in carnefice della figlia, ma subito dopo
averle inflitto il martirio un fulmine lo incenerì.
Nel calendario liturgico la martire viene ricordata il 4 dicembre. Il paese
di Sommatino, che la venera come patrona, le dedica solenni
festeggiamenti culminanti nella suggestiva processione a cui prendono
parte gli “zolfatai” nella vecchia tenuta da lavoro. Sommatino vanta una
secolare cultura mineraria e Santa Barbara era appunto considerata
patrona di quanti lavoravano in miniera.
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Caltanissetta: “San Michele”. Foto Salvatore Lo Bianco
30. pagina 28 ...............................................................................................
Tradizioni religiose
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In questa pagina passeremo in breve rassegna alcune tradizioni religiose
della provincia, citando, per ragioni di sintesi, le più significative.
SS. CROCIFISSO
Tradizione antica è quella che si svolge a Gela, l’11 gennaio, in onore
del SS. Crocifisso, molto sentita dagli abitanti dalla città e in particolar
modo dagli appartenenti alla marineria.
Si narra che grazie all’intercessione del Crocifisso, nei primi del Novecento,
un gruppo di navi da pesca scampò a una violentissima mareggiata.
Per questo sono proprio i marinai gelese a donare il panno di cotone
nel quale il Crocifisso è avvolto.
SANTA GERMANA
In epoca antica, la benedizione delle campagne prima del raccolto era
evento atteso da tutta la comunità contadina. Un rituale che ancora oggi
rivive nel corso della festa di Santa Germana, alla quale è intitolata una
piccola chiesa di Borgo Turolifi, in territorio di Santa Caterina Villarmosa.
Il simulacro della santa, custodito nell’omonima chiesetta, agli inizi di
giugno, è portato in processione attraverso i campi in segno di buon
auspicio.
FESTA DEL REDENTORE
Dall’alto di Monte San Giuliano
domina il capoluogo nisseno.
il monumento del Redentore, uno
dei venti realizzati in Italia nel
1899. Da allora, per i nisseni si
è mantenuta la tradizione di
dedicare il 6 agosto proprio alla
festa del “Redentore”. Oltre alla
Santa Messa, celebrata sul
piazzale antistante il monumento,
si rinnovano una serie di
manifestazioni a margine, che si
concludono con la tradizionale
passeggiata a Monte San
Giuliano.
SAN FRANCESCO
In occasione della festa dedicata al “poverello di Assisi”, a Delia viene
organizzata una caratteristica corsa di cavalli.
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Caltanissetta: “ (Cattedrale) Il Redentore” . Foto Salvatore Lo Bianco
31. ................................................................................................
pagina 29
Altre feste
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CARNEVALE
Sfilate di carri allegorici, di maschere e mascherine, musica e spettacoli
in piazza sono gli ingredienti del Carnevale nella provincia nissena. Tra
i più rinomati quelli di Milena, Mazzarino, Gela e Riesi.
LA RICORRENZA DEI “MORTI”
“Si nun vennu li morti nun
camminanu li vivi”, recita un antico
proverbio siciliano a testimoniare il
rapporto che il siciliano vive con
l’aldilà.
Un tempo le mamme siciliane
raccontavano ai loro bimbi che nella
notte tra l’1 e il 2 novembre i defunti
tornassero sulla terra per regalare
dolci e regali a quanti avessero
pregato per loro. E così, il giorno
della commemorazione dei defunti,
assumeva per i bimbi il tono di un
giorno atteso e vissuto con grande
gioia, profumante di frutta martorana
e pupi di zucchero.
NATALE
Del Natale il presepe è la prima icona, la più bella ed evocativa, antica
e genuina per la capacità di riportare a ricordi di infanzia e a un
sentimento di fede genuino che rivive anche nei presepi viventi. Uno
dei più affascinanti, per lo scenario naturale che gli fa da cornice, è il
presepe vivente di Sutera. Nelle viuzze del quartiere arabo, il “Rabato”,
dalle quali si gode il meraviglioso panorama di tutta l’Alta Valle del
Platani, ogni anno si organizza il presepe vivente. Alcuni figuranti, nei
tradizionali abiti dei primi del Novecento, animano gli angoli del quartiere
riproponendo nelle vecchie botteghe artigiane arti e mestieri ormai
scomparsi. Ad accompagnare i visitatori lungo questo ideale percorso
nella memoria c’ é il suono di musiche e canti tradizionali.
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“Pupo di zucchero”. Foto di Salvatore Farina
32. pagina 30 ...............................................................................................
Sagre
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“Ecco un paese a cui la colomba diè in prestito il suo collare,
ed il pavone lo vestì del manto delle sue penne”.
'(Ibn Hamdis - 1075)
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33. ................................................................................................
pagina 31
Sagre
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Al carciofo, prodotto “principe” dell’agricoltura e dell’economia di
Niscemi, è dedicata la sagra che si svolge tra la fine di marzo e gli
inizi di aprile. La manifestazione si articola in diverse giornate nel corso
delle quali si svolgono incontri e convegni volti alla valorizzazione e
alla commercializzazione del prodotto. A conclusione della
manifestazione, nel corso di una grande festa di piazza, quintali di
carciofi vengono arrostiti su un’enorme brace e distribuiti per la
degustazione.
L’mbriulata, una focaccia di pasta lievitata ripiena di salsiccia, olive
nere, cipolla, pecorino grattugiato ed olio, è pietanza tipica del paese
di Milena. Nel piccolo centro del Nisseno, il terzo lunedì di agosto, ha
luogo una sagra che ne celebra la bontà assieme ad altri prodotti tipici
della gastronomia locale.
Cresce nei terreni aridi ed è per tale ragione che è denominato
“siccagnu”. Si tratta del pomodoro di Villalba. Per degustare questo
ottimo prodotto dell’agricoltura nissena, a metà agosto, si tiene un
appuntamento diventato ormai fisso nell’estate villalbese nonché
occasione di incontro per i numerosi emigranti che d’estate fanno
rientro in paese. Momento clou della sagra è la grande spaghettata
conclusiva. Nella notte tra il 14 e il 15 agosto, quintali di spaghetti
vengono cucinati, conditi con il pomodoro “siccagnu” e distribuiti ai
presenti.
Ai primi di settembre a Santa Caterina Villarmosa si svolge la sagra
del “muffuletto”, gustosa focaccia aromatizzata con semi di finocchio
selvatico e zafferano e condita con salsa e tritato di carne. In diversi
altri comuni della provincia: Marianopoli, Villalba e Riesi, la
degustazione di questo tipico prodotto della gastronomia nostrana ha
luogo l’11 novembre, giorno di San Martino, assieme all’assaggio del
vino novello. Il “muffuletto” viene condito con olio, sale, ricotta, olive
nere e acciughe. A Montedoro e San Cataldo la tradizione locale,
invece, vuole che esso sia condito con miele, zucchero e ricotta.
A Delia, la sagra si svolge la vigilia della festa dell’Immacolata.
Giochi e divertimento in occasione della sagra del “peperone”, in
programma a Sutera nella seconda domenica di settembre. I peperoni
arrostiti sono distribuiti assieme al vino locale e ad altre specialità del
paese. La sagra ha luogo in occasione della festa che il paese dedica
a San Francesco.
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34. pagina 32 ...............................................................................................
Calendario ricorrenze
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GENNAIO
Sant’Antonio Abate pag. 03
SS. Crocifisso pag. 28
FEBBRAIO
San Biagio pag. 09
Carnevale pag. 29
MARZO
San Giuseppe pag. 07
APRILE
I riti della Pasqua pagg. 10-17
San Paolino pag. 23
MAGGIO
“U Signuri du Bilici”Ê pag. 04Ê
San Giuseppe della Campagna pag. 04
“ Il Crocifisso dell’Olmo” pag. 05
San Cataldo pag. 20
GIUGNO
San Calogero pag. 24
Santa Germana pag. 28
LUGLIO
Madonna delle Grazie pag. 19
AGOSTO
Madonna delle Vigne pag. 20
Madonna del Bosco pag. 20
San Rocco pag. 24
San Leonardo Abate pag. 26
Festa del Redentore pag. 28
SETTEMBRE
Madonna dell’Alemanna pag. 19
Madonna del Mazzaro pag. 20
L’Addolorata pag. 21
Madonna della Catena pag. 25
Madonna dei Miracoli pag. 26
Madonna di Loreto pag. 26
San Michele pag. 27
OTTOBRE
San Francesco pag. 28
NOVEMBRE
Ricorrenza dei “morti” pag. 29
DICEMBRE
Santa Lucia pag. 09
L’Immacolata pag. 21
Santa Barbara pag. 27
Natale pag. 29
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