19. GEERT HODSTEDE
Distanza dal potere
Individualismo – Collettivismo
Rifiuto dell'incertezza
Mascolinità
Orientamento al lungo termine
Indulenza - Autocontrollo
Buongiorno a tutti, il mio nome è Andrea Scarpetta e a quanto pare sono stato invitato a parlare perché sono stato collega di Massimo Fattoretto uno degli organizzatori di questo evento. Chiaramente si tratta di uno scambio di persona, Massimo probabilmente voleva invitare qualche vero esperto, ma probabilmente si è distratto e ha invitato me. Tempo che si è accorto dell’errore era già tardi e avevo già accettato.
Questa sarà una presentazione un poco atipica rispetto alle mie solite: chi mi conosce sa che generalmente parlo di tematiche molto tecniche, invece oggi cercherò di trasmettere dei concetti tramite il content marketing. Vi racconterò alcuni fatti che mi sono capitati dal 2013 e come questi fatti hanno finito per influenzare il mio ruolo come Seo e la mia visione di come si fa seo in modo internazionale. Metterò in mezzo alcuni dettagli tecnici, ma se tutto andrà come spero saranno meno interessanti rispetto alla narrazione.
Salto la solita slide su chi sono, il tempo è poco, riassumo dicendo che nella mia storia recente ci sono stati tre anni in cui ho lavorato in Fullplan (ex Sems) fino all’inizio del 2014. A gennaio dello scorso anno mi sono spostato nel Regno unito e una delle ragioni è stato un evento a cui ho partecipato nel 2013, ovvero la Searchlove organizzata da Distilled a Londra.
Generalmente la searchlove è un evento di altissimo livello: gli speaker sono davvero bravi, arrivano da diverse nazioni e si torna a casa con un bagaglio di idee da provare e da trasmettere.
Sicuramente non inviterebbero mai a parlare uno come me, prendi nota Massimo.
Uno di questi eventi è stato tenuto da Natalie Nahai, che si definisce la “Psicologa del Web”.
L'evento è stato talmente importante per me che mi ha poi spinto a lasciare l'italia nel 2014 per mettermi in gioco in nuove culture.
Natalie durante il suo intervento ha spiegato che nel business le differenze culturali sono la barriera probabilmente più complessa da oltrepassare. E ha assolutamente ragione, perché queste barriere influenzano anche noi che ci occupiamo di marketing per le aziende.
Da questo punto di vista noi italiani partiamo da una situazione assolutamente unica e per certi versi incredibilmente svantaggiosa.
Tanto per cominciare il fattore linguistico, l’italiano è la 21 esima lingua più parlata al mondo, ma in ambito commerciale la usiamo solo tra di noi.
Abbiamo una storia antichissima che spazia per quasi 4000 anni, abbiamo monumenti che si sono preservati fino ad oggi (nonostante tutto), abbiamo una varietà di tradizioni, usi e cibi che il mondo adora e ci invidia.
Tutto questo ci ha resi un pochettino superbi e nonostante le mazzate prese negli ultimi secoli, dovremmo renderci conto che per fare affari con le altre culture, dobbiamo cercare di appianare le differenze culturale. Questo non vuol dire annullarci, ma semplicemente significa accettare il fatto che queste differenze esistono e che dobbiamo porci nella condizione migliore di comunicare con gli altri.
Risolvere queste differenze richiede un notevole sforzo e non è per nulla banale.
Vi faccio un esempio con la lingua inglese, che dovrebbe essere più o meno una lingua franca e comune a diverse nazioni.
Parliamo di pancakes, chi non sa cos’è un pancake? Ok bene, sono una ricetta che pensiamo essere tipicamente americana e difatti anche io ho assaggiato i miei primi pancake intorno al 1998 a New York.
Beh non si chiamano così in tutti i posti, per esempio in inghilterrà vengono chiamate “flapjack” mentre in Australia rimangono pancakes.
In Sud Africa, dove c’e’ ancora una grossa parte di popolazione che parla inglese, i pancake vengono comunemente chiamati “Crèpe”, ma quando si parla dei pancake all’americana, allora vengono chiamati “flapjack” come gli inglesi.
Nelle filippine dove l’inglese è sostanzialmente la seconda lingua ufficiale, vengono chiamate “hotcakes”.
Chiaramente se chiedete a Wikipedia o a Google stesso, le cose cambiano ancora, perché i flapjack secondo Google sono delle barre di cereali e secondo wikipedia potrebbero essere sia le barre di cereali nel regno unito, sia i pancake.
Il discorso è complesso, ma non voglio fare una presentazione sui pancake. Il punto è queste culture che hanno la stessa lingua, descrivono un alimento di base in maniera completamente differente.
Ecco che quindi le differenze culturali incidono sia sulla capacità di vendere in una cultura differente, ma anche nel far marketing . Per esempio se io dovessi scrivere un articolo, devo fare attenzione a queste variazioni già nella fase di keyword research.
Già questo dovrebbe darci spunti interessanti: quando preparo dei contenuti devo adattarli alla cultura di chi lo leggerà.
E questo è un concetto che bisogna far comprendere a quasi tutti i nostri clienti italiani che pensano che basti tradurre i loro siti in altre lingue per aprire nuovi mercati. Non è così. Come fanno i possibili clienti di altre nazioni a capire se siamo credibili se non gli rendiamo agevole la comprensione? I contenuti vanno localizzati, non semplicemente tradotti.
Ma cosa significa davvero LOCALIZZARE ?
Vi faccio un altro esempio pratico e vi racconto un aneddoto.
All'inizio di quest'anno sono stato in visita per due mesi da un amico im Brasile. ho avuto modo di seguire diverse trasmissioni televisive, tra cui partite di calcio, notiziari e “imperio” la telenovela che andava avanti da circa un anno e si è conclusa più o meno a marzo di quest’anno prima che io ritornassi in italia.
Verso la fine dei due mesi in cui sono stato li, avevo cominciato a “orecchiare” il portoghese, nonostante non lo parlassi, riuscivo a comprendere il senso abbastanza bene, dopotutto abbiamo origini linguistiche comuni.
Ecco verso la fine del periodo, facendo zapping in tv mi hanno fatto sentire una telenovela del portogallo. Non ci ho capito una mezza parola, parlavano praticamente senza usare le vocali. Bbvzzzxxzzz zzzzxxzz.
E li mi sono reso conto del divario culturale tra due nazioni che sulla carta parlano la stessa lingua, ma che nella realtà dei fatti hanno modi di dire drasticamente differenti.
L’esempio pratico ve lo mostro con mercadolivre o mercadolibre, insomma mercato libero.
Si tratta di un marketplace, sul tipo di Amazon, che è sostanzialmente diffuso nell’america latino americana…e in portogallo.
Anche se i due siti sembrano praticamente identici come tipologia di architettura, le differenze linguistiche saltano subito all’occhio, fin dall'inizio della navigazione.
Top menu’ portogallo
Top menu’ Brasile
La prima voce sulla sinistra è per registrarsi al sito, in portogallo si dice Regìstre-se, mentre in Brasile è Cadastrese, il login, cioè l'accesso, viene detto rispettivamente ACEDA e ENTRE e l'ultima differenza è il link alla sezione di supporto, che in portogallo è rimpiazzata dal punto interrogativo mentre in brasile è scritto "Contato". Come mai ?
Un altro esempio, sempre preso dalla navigazione dei due siti, questa volta riguarda la tassonomia dei prodotti. Ho scelto come esempio frigoriferi e congelatori.
Frigoriferi e congelatori in portogallo
Frigoriferi e congelatori in brasile
Quindi a seconda di come viene descritto un prodotto, l'interlocutore può capire se ci stiamo rivolgendo al suo mercato oppure no.
E poi ci sono le cose che magari trovi solo in un certo paese, per esempio un frigorifero dedicato a tenere la birra in fresco, detto cervejeira.
che come potete immaginare è tipico del portogallo…
Ah, no, scusate, li trovate solo in Brasile. E se vi chiedete il perché, ve lo spiego in termini pratici. Perché in Brasile la birra la si beve in una sola maniera “stupidamente gelata”, e va mantenuta ad una temperatura tra 10 e -6 gradi. E se vi sembra troppo fredda, fate un giro in estate in brasile e ne riparliamo.
Quindi per fare le cose davvero per bene, potrebbe essere necessario per i nostri clienti dotarsi della condizione tecnica ideale, per esempio
Potrebbe essere necessario dotarsi di un dominio internet nazionale con dei contenuti dedicati
O quantomeno dedicare diverse sottocartelle dedicate alle varie nazioni.
Una collega spagnola, ha fatto un ottimo lavoro creando una checklist cheriassumere le linee guida tecniche per l'internazionalizzazione: è stata pubblicata sul blog di Moz nel 2013 ma è ancora validissima.
Quello che vedete è uno schema che aiuta a scegliere se quando dotarsi di domini nazionali o quando è possibile usare sottodirectory o sottodomini. Vi ho messso un link per leggerla nella sua interezza.
Google ci mette già degli strumenti a disposizione per gestire queste situazioni e quello che abbiamo detto fin’ora vi farà comprendere perché quando nella Google Webmaster Console si setta la località geografica, viene indicata la nazione invece della lingua.
Esiste un altro sistema per indicare in maniera approfondita la località e la lingua dei contenuti è il tag HrefLang, che consente appunto di indicare le varianti di una pagina dedicate a nazioni differenti: in questo modo si dovrebbero evitare problemi di duplicazione di contenuti. Per esempio sezioni come il “chi siamo” potrebbe essere identico, mentre la parte dei prodotti o dei punti vendita potrebbe essere differente.
Ritorniamo agli spunti di Natalie!
Natalie aveva parlato delle dimensioni di Hofstede. Geert Hofstede è un professore di Antropologia e Psicologia sociale. Come si deduce dal nome è olandese.
Nel corso degli anni Hofstede ha continuato le sue analisi su varie culture e ha finito per ipotizzare le caratteristiche culturali con 6 metriche, che sono:
La distanza dal potere, ossia quanto è rigida la gerarchia sociale di una cultura. In paesi dove c’e’ una minima distanza dal potere, questo potere è distribuito in maniera uniforme, viceversa si va verso una piramide di potere.
Individualismo che agli estremi diventa collettivismo, ossia quando la società valuta l’importanza dell’iniziativa individuale o all’estremo quando la collettività è più importante del singolo.
Rifiuto dell’incertezza, ossia la capacità dell’individuo di far fronte agli imprevisti
Mascolinità che si contrappone alla femminilità, le culture più mascoline sono fortemente competitive, le culture più femminili danno più valore alle relazioni e alla qualità della vita.
Orientamento al lungo termine, descrive la capacità culturale di pianificare ed onorare le tradizioni, confrontato ad una cultura che si mette in discussione continuamente e cerca sempre di rinnovarsi.
Infine indulgenza contrapposta all’autocontrollo, quanta resistenza cioè una cultura è in grado di oppure agli stimoli esterni.
Questa ipotesi, che potete testare voi stessi sul sito http://geert-hofstede.com/countries.html ha senso soltanto come raffronto tra culture, perché altrimenti questi valori presi da soli non hanno alcun senso.
Questi siamo noi italiani, in media. Non mi dice molto.
Proviamo a metterci a confronto con gli Stati uniti.
Ok da questo raffronto emergono le prime differenze, per esempio noi abbiamo un forte orientamento al lungo termine, mentre gli americani preferiscono avere tutto e subito.
Proviamo a fare lo stesso check con la Cina…
Qua le differenza sembrano essere marcatamente più evidenti, soprattutto in due ambiti: la distanza dal potere e l’individualismo.
E questi due valori sono in qualche modo collegati, perché in China la burocrazia è di gran lunga più complessa e multistrato rispetto alla nostra…e allo stesso tempo il concetto di “nazione” e “bene comune” sovrastano quello dell’individuo.
Voglio ribadire che questi numeri sono solo dei raffronti basati su degli studi e non devono essere considerati come delle metriche precise.
Come Nathalie ha interpretato la cultura sul web marketing ?
Il punto di vista di Nathalie, che condivido pienamente, è che queste dimensioni ci devono far comprendere che culture specifiche esigono strategie diverse di comunicazione e nel web questo si traduce in soluzioni grafiche differenti.
In una sola parola che va molto di moda “usabilità”.
Quando c’è di mezzo questa parola, andiamo a impattare sui tassi di conversione, che fanno parte del processo della Seo: spero che nessuno abbia dubbi su questo.
Come traduciamo le dimensioni di hofstede in azioni che favoriscono l’usabilità ?
Nathalie ha posto l'accento sulla capacità di comunicare, usando le dimensioni di hostede per come una indicazione per cambiare il modo in cui si fruiscono le informazioni.
Dati i limiti di tempo mi sono focalizzato su una dimensione: il rifiuto dell’incertezza (RDi). Alcune culture sono più rigide e non riescono a gestire l’ambiguità data dalla troppa scelta. Altre culture sono più liberali e non gradiscono essere “ingabbiate” nel processo decisionale che porta all’acquisto.
In culture con alto UAI è bene:
Ridurre le l’ambiguità
Creare una stuttura di navigazione semplice
Evitare pop-up che distolgono l’attenzione
Usare più immagini autoesplicative
Un esempio che ho presso è wildberries.ru
la cultura russa ha un alto indicie di rifiuto dell'incertezza.
La navigazione è semplice e senza orpelli, le immagini sono di semplice comprensione, il focus è sull’offerta economica.
in culture con basso UAI è bene:
Essere aperti al dialogo diretto, quindi mettere in evidenza i metodi di contatto per dare un’esperienza personalizzata
Favorire la complessità per dare un’esperienza “esplorativa” all’utente
Non mettere troppi “binari” quindi permettere di fare percorsi differenti per arrivare al risultato
Quello che segue è un esempio di ellos.se, un sito svedese, che un basso rifiuto dell'incertezza.
Gli svedesi hanno un basso indicie UAI e quindi preferiscono avere libertà di azione.
Il sito inizia immediatamente proponendo un popup enorme.
E poi tra i menu’ di navigazione ne ha uno di “inspiration” visiva contenente solo immagini.
Un sito di questo tipo invita all’esplorazione e a perderci anche parecchio tempo.
Vi invito a visionare le slide complete della presentazione di Natalie, dove ci sono altri esempi relativi alle altre dimensioni.
E' importante fare questo tipo di analisi, perchè migliorare la nostra capacità di comuniicare, ci fa acquisire credibilità e la credibilità è sicuramente uno dei fattori più importanti al giorno d'oggi per fare marketing e vendere in maniera efficace.
Vorrei concludere questa presentazione con tre spunti:
CONCLUDENDO 1
Spero che giunti a questo punto sia chiaro che aprire nuovi mercati non è semplicemente un problema SEO o di limiti tecnici, ma è soprattutto un problema di comprensione delle altre culture.
Io spero di non sentire più clienti che mi dicano "ho fatto tradurre il sito in inglese perchè voglio vendere all'estero", purtroppo mi è successo giusto 2 mesi fa.
Se siete consulenti cercate di far capire che ogni nazione estera è un mercato singolo e va trattato di conseguenza, con rispetto dei possibil interlocutori.
il secondo punto è un invito a viaggiare e perdersi in altre culture, ogni volta che ne avete la possibilità.
Davvero. Fatelo. La vostra capacità di comunicare migliorerà sensibilmente se riuscirete ad abbandonare i preconcetti.
Infine consentitemi una conclusione legata alla situazione geo-politica attuale: se volete aprire nuovi mercati, come ci dimostra la storia, i muri piuttosto che alzarli, è meglio abbatterli.