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Sindacato Lavoratori Comunicazione - Segreteria Nazionale
Relazione introduttiva di Barbara Apuzzo
“Che genere di contrattazione”
martedì 18 giugno ore 10,00
CGIL, Sala di Vittorio
Corso Italia 25, Roma
Sindacato Lavoratori Comunicazione - Segreteria Nazionale
L’iniziativa di oggi rappresenta il nostro secondo appuntamento nell’ambito del
percorso confederale “Le donne cambiano…”.
Un percorso avviato con l’Assemblea Nazionale dell’anno scorso e alimentato dai
successivi tre seminari di dicembre, durante i quali, partendo da una analisi
approfondita della crisi, letta dalle donne della nostra organizzazione, e' risultato
evidente rilanciare il principio su quanto sia determinante il ruolo delle donne per
cambiare la società e costruire un'alternativa di pensiero, di politiche e di approccio
ai problemi che attanagliano il nostro paese e su quanto sia necessario fare - e quali
strumenti utilizzare - per cambiare la contrattazione, il welfare e il Paese.
Dentro questo solco, che va rapportato al Piano del Lavoro della CGIL, anche le
donne della nostra categoria si sono mosse, riprendendo questa discussione
all’interno della SLC con l’assemblea nazionale del 19 marzo scorso.
Ne è conseguita la condivisione di analisi e obiettivi, ritenuti necessari da
raggiungere con determinazione perché le donne, pur rappresentando una preziosa
risorsa per rilanciare l’economia del paese, anche per l’effetto moltiplicatore che
producono sulla creazione di nuovi posti di lavoro (penso alla richiesta di servizi che
va di pari passo con un maggiore impiego delle donne nel mercato del
lavoro), sono ancora le maggiori vittime di un sistema in cui la crisi sta continuando
a colpire pesantemente.
Senza voler ripercorrere l’analisi già fatta durante l’assemblea delle donne sullo
scenario politico che fa da sfondo a questa nostra discussione, che oggi punta ad
affrontare il tema della contrattazione, mi limiterò a fare qualche considerazione.
L’attuale condizione di penalizzazione delle donne ha origini assai lontane, ed è
frutto di una cultura familista che ha a sua volta generato regole e forme
comportamentali che oggi, nel momento di maggiore crisi che il Paese abbia
conosciuto dal dopoguerra, hanno finito per scaricare sulle donne tutto il peso di
scelte profondamente miopi e sbagliate.
I tagli lineari applicati senza alcuna attenzione riguardo agli effetti che avrebbero
prodotto, hanno ridotto ormai all’osso quel po’ di welfare che era rimasto in piedi,
spingendo verso una logica più assicurativa che solidale.
Questa idea del risanamento a tutti i costi, giustificata dal “ce lo chiede l’Europa”, ha
prodotto il deterioramento di quella situazione cui facevo accenno prima,
contrapponendo al vantaggio di discutibili risparmi economici un sovraccarico di
problemi sulle spalle delle donne; problemi che in altri paesi sono invece a carico
della collettività.
Sindacato Lavoratori Comunicazione - Segreteria Nazionale
Il risultato è che le donne continuano, tra difficoltà sempre crescenti, a fare i conti
con un equilibrio precario tra la propria attività lavorativa e la necessità di dover
accudire figli o anziani, il che le porta inevitabilmente ad essere le candidate ideali
per mansioni e condizioni lavorative di secondo piano, e a dover rinunciare o peggio,
ad essere escluse da percorsi di carriera che risultano essere impraticabili, anche per
effetto della rigidità tutta maschile con cui si organizza il lavoro.
Per non parlare delle pensioni, sempre più lontane oltre che più basse per le donne,
a fronte di una mole di lavoro supplementare, quello di cura, che non viene neanche
riconosciuto.
Eppure neanche di questo si è tenuto conto quando, per rispondere ad una
infrazione comminata dalla UE per violazione del principio di parità nei requisiti per
l’accesso alla pensione, l’ex Ministro Fornero ha pensato bene di allungare senza
alcuna gradualità il periodo di permanenza delle donne al lavoro.
Peccato non si sia tenuto conto del fatto che non era quella la “disparità” su cui era
necessario intervenire.
Sarebbe stato più giusto lavorare per superare le diseguaglianze che si presentano
nell’accesso e nelle modalità di permanenza al lavoro, per non parlare delle
differenze salariali.
Sempre per rimanere in Europa, e sempre per sottolineare quanto un approccio
neutrale alle questioni stia danneggiando la ripresa economica, in Italia, ma non
solo, basti pensare a quanto sbagliata sia stata la scelta di convertire il famoso
obiettivo di Lisbona, che puntava al raggiungimento del 60% dell’occupazione
femminile, in un generico 75%.
Questa scelta infatti, oltre a dimostrare l’assoluta noncuranza nei confronti delle
differenze presenti nei paesi membri, i cui progressi in termini di raggiungimento
delle pari opportunità sono quantomeno disomogenei,ha comportato il venir meno
di strumenti che avevano contribuito a creare lavoro per le donne, come nel caso
dei fondi strutturali dedicati, puntando dunque ad una neutralizzazione dei generi
per ciò che riguarda obiettivi, ma anche risorse.
Esattamente l’opposto di quello che serve!
L'obiettivo delle pari opportunità, infatti, per essere realmente raggiungibile ha
bisogno che siano colmate, con percorsi mirati, le diseguaglianze esistenti tra uomini
e donne. E la necessità di procedere in questa direzione è resa più urgente dal fatto
che la crisi sta rendendo abissale questa lontananza.
Sindacato Lavoratori Comunicazione - Segreteria Nazionale
Fotografando quindi la condizione attuale, caratterizzata da disparità e
discriminazioni, ma con lo sguardo al raggiungimento delle vere pari opportunità, è
necessario mettere in campo tutte le azioni possibili per colmare il gap attualmente
esistente tra la condizione maschile e quella femminile, nel mondo del lavoro, ma
non solo.
Per questo motivo, con l’avvio del percorso “Le donne cambiano…” la nostra
organizzazione ha puntato sulla necessità di riprendere il tema della differenza di
genere quale valore non da difendere, ma da rilanciare.
A partire dalla contrattazione, con la consapevolezza che la lettura della crisi e delle
questioni di coloro che rappresentiamo e le azioni che conseguentemente mettiamo
in campo per superare i problemi e dare risposte non possono dunque essere
neutrali, perché intervenendo su condizioni e soggetti differenti, determinano
impatti assolutamente diversi.
Questa è la sfida che SLC, insieme alla CGIL tutta si è data,
considerando dunque chiusa la stagione degli accordi generali,
che relegano solamente a specifici capitoli family friendly i temi delle pari
opportunità, perché il terreno non è solo quello.
Il tema oggi è un altro e rappresenta una sfida per tutta l’organizzazione, perché
l’obiettivo che ci poniamo è quello di rappresentare la complessità del mondo che
rappresentiamo attraverso la contrattazione.
Il che include ovviamente il ragionamento su quella immensa platea di precari che
stiamo faticosamente cercando di portare dentro il perimetro della contrattazione
collettiva e che, manco a dirlo, sono in prevalenza donne.
Avanzare nella contrattazione con una visione di genere significa anche dare corpo
a questo.
Significa essere in grado di leggere tutta la realtà, cogliere temi e problemi, ma
anche limiti e potenzialità del nostro agire, il che ci consente di attrezzarci per
modernizzare l’intero sistema contrattuale.
Ma significa anche riconoscere e contrastare azioni che nascondono discriminazioni
di genere su tutti i temi, partendo dalla consapevolezza che nessuno di questi può
essere considerato neutro.
Ovviamente, per contrattare bisogna saper leggere realtà diverse, e per farlo, ci
vogliono occhi e sguardi diversi. Per questo motivo le donne e gli uomini dell’SLC
hanno deciso che la differenza di genere deve essere adeguatamente rappresentata
Sindacato Lavoratori Comunicazione - Segreteria Nazionale
anche - e soprattutto - nei luoghi in cui si fa la contrattazione.
E lo hanno deciso già da tempo. Già dal 2009, il nostro comitato direttivo nazionale
ha votato all’unanimità la proposta di applicare la norma antidiscriminatoria anche
nelle delegazioni trattanti e nei coordinamenti nazionali di settore. Perché è
importante che le donne ci siano, ma se non hanno la possibilità di incidere
concretamente, nel sindacato, come in altri luoghi, servono a poco.
E allora, visto che la contrattazione rappresenta la nostra cassetta degli attrezzi, è
necessario dotarci degli strumenti giusti, partendo dalla conoscenza di ciò che
abbiamo fatto, ma anche dalla consapevolezza che spesso alcuni principi portati a
casa con la contrattazione nazionale trovano difficile la loro applicazione.Con questo
spirito abbiamo immaginato la giornata di oggi.
“Che genere di contrattazione” rappresenta, lo dicevo prima, il nostro secondo
appuntamento nell’ambito del percorso confederale “Le donne cambiano…”, un
appuntamento per il quale abbiamo voluto la partecipazione anche degli uomini,
perché la parola chiave a questo punto deve diventare CONDIVISIONE.
Ma per condividere bisogna prima conoscere.
Con i lavori di oggi, grazie al contributo di Salvo Leonardi dell’Associazione Trentin
ISF IRES, vorremmo allora fornire una fotografia di quanto è stato fatto, con un
focus specifico sulle “buone pratiche” presenti negli accordi e nei CCNL siglati dalla
SLC, consapevoli del fatto che la nostra categoria rappresenta lavoratrici e lavoratori
profondamente diversi tra loro, e che spesso il confine tra precarietà e rapporti di
lavoro genuinamente autonomi è molto labile.
In ogni caso, qualunque sia forma contrattuale applicata, facciamo nostre le parole
di Massimo D'Antona, che nel suo “lavoratore senza aggettivi” affermava che "...ci
sono dei diritti fondamentali del mercato del lavoro che devono riguardare il
lavoratore non in quanto parte di un qualsiasi tipo di rapporto contrattuale, ma in
quanto persona che sceglie il lavoro come programma di vita, che si aspetta dal
lavoro l'identità, il reddito, la sicurezza, cioè i fattori costitutivi della sua vita e della
sua personalità...".
Questo ragionamento vale due volte nel caso delle donne che, come dicevo
prima, alla precarietà lavorativa sono costrette ad abbinare quella esistenziale.
Il mercato del lavoro cambia rapidamente, lasciando fuori dal perimetro a noi più
familiare sempre più lavoratrici e sempre più diritti.
Noi abbiamo bisogno di comprenderne altrettanto rapidamente i mutamenti,
intervenendo per rendere la contrattazione più inclusiva, e far sì che i diritti,
Sindacato Lavoratori Comunicazione - Segreteria Nazionale
soprattutto quelli universali, vengano realmente riconosciuti a tutte le lavoratrici ed
i lavoratori.
A noi, in quanto soggetto negoziale spetta il compito di costruire percorsi che
abbattano le diseguaglianze presenti nel mercato del lavoro, adeguando la nostra
azione costantemente.
Il momento storico non ci aiuta, perché è evidente che gli anni che avremo davanti
ci porteranno a dover affrontare, come già accade praticamente in tutti i nostri
settori ulteriori chiusure e ristrutturazioni. Ma è proprio nel momento di maggiore
difficoltà che siamo chiamati a fare la nostra parte per evitare che siano ancora una
volta le donne ad essere massacrate, utilizzando tutti gli strumenti a nostra
disposizione.
In questo senso allora ad esempio la qualificazione e la
riqualificazione professionale diventano elementi indispensabili per competere.
E si può immaginare di considerare questo tema a parte rispetto alle cosiddette
questioni di genere? Ovviamente no.
Pensiamo poi ad esempio alla maternità. La legge la tutela in quanto diritto
universale.
Ma siamo convinti che la contrattazione che riusciamo a mettere in pratica riesca a
garantire tutele sufficienti alle future mamme?
Parlo di tutele immediate, quindi rivolte a tutte le tipologie di lavoratrici, ma
anche di quelle legate a ciò che accadrà subito dopo la nascita del bambino.
Perché il primo problema è sicuramente quello di scongiurare pratiche tribali
che spingono ancora alla fuoriuscita delle donne dal mercato del
lavoro anche perché è evidente che, in assenza di un welfare adeguato e di una
diversa cultura della condivisione, sopravviverà nei datori di lavoro il pregiudizio che
una donna, una volta diventata mamma si trasformi in un soggetto poco affidabile,
assenteista e poco produttivo.
Quali misure riusciamo concretamente a mettere in campo per contrastare questo
fenomeno?
Una risposta potrebbe essere quella di rivedere l’organizzazione del lavoro, troppo
spessa rigida e plasmata su modelli maschili, inconciliabili con il fatto che le donne,
nel poco tempo rimanente (perché si sa, gli uomini sono presenzialisti, confondendo
spesso la presenza con la sostanza del lavoro svolto e su quel terreno bisogna
competere, per scongiurare il rischio di essere messe da parte), devono farsi carico
Sindacato Lavoratori Comunicazione - Segreteria Nazionale
della famiglia, dei figli, magari hanno anche un anziano da accudire. mentre non
viene chiesto agli uomini di partecipare adeguatamente alla gestione delle esigenze
familiari.
Questo è il secondo punto. La condivisione dei carichi familiari rappresenta infatti
l’obiettivo da raggiungere per evitare quella discriminazione a monte cui ho appena
fatto riferimento e che ha ovviamente ripercussioni anche sulla possibilità di fare
carriera, perché impedisce di fatto una eguaglianza delle opportunità con gli uomini,
per i quali il tempo sembra essere scandito in maniera diversa.
Dovremmo invece incidere maggiormente per far sì che a partire dalla fruizione dei
congedi parentali quella discriminazione venga abolita, praticamente
e culturalmente, lavorando per incrementare il numero di giornate di congedo per i
padri.
Il diritto ad essere accudito è del bambino, non si capisce dunque perché ci debba
essere un “turno mamma” e non un “turno genitore”.
Torniamo dunque sempre lì, al fatto che l’atavica posizione di svantaggio che hanno
le donne va superata con azioni mirate, strutturali, che mettano le donne in
condizione di avere le stesse possibilità di partecipare alla vita lavorativa, sociale e
politica di un paese, azioni che rendano realmente conciliabile il diritto al lavoro e il
diritto ad una famiglia, in primis, ma anche il diritto a veder riconosciute qualità e
competenze, dal punto di vista della progressione di carriera e del salario.
Il problema dei tempi, però riguarda anche quelli della città. Anche in questo caso
l’intreccio è indissolubile e chiama a responsabilità che non possono essere solo del
sindacato. Perché se è vero che tanto può essere ancora fatto con la contrattazione,
non si può neanche ignorare il fatto che non si possono distribuire diritti universali
in formato aziendale.
La politica deve in questo senso intervenire per ricostruire questo tessuto e
produrre azioni concrete che concorrano al riequilibrio della società. Così come è
necessario che il Governo si misuri, con proposte concrete ed esigibili, con il
problema della creazione di nuovi posti di lavoro, che evidentemente per le donne
non può più essere “a tutti i costi” e “a qualsiasi condizione”.
Per questo sosteniamo con forza, che per non continuare ad aggravare la condizione
femminile, le cosiddette misure anticrisi devono essere in grado di leggere la realtà
e soprattutto le diversità, prevedendo interventi volti a favorire politiche di
conciliazione che devono necessariamente agganciarsi ad una diversa idea
dell’organizzazione del lavoro, tema rilevante anche per il ruolo che deve avere la
Sindacato Lavoratori Comunicazione - Segreteria Nazionale
contrattazione, in particolare quella di 2° livello.
Ma attenzione a non scaricare tutte le responsabilità sul piano politico, perché
soprattutto in un momento come quello attuale, in cui all’emergenza si contrappone
l’immobilismo della politica, rischiamo di essere travolti anche noi da giudizi
sbagliati o, peggio ancora, da ondate di corporativismo che come sempre, quando
gli spazi di conquista si ridimensionano, spingono verso logiche che in nome di
un’emergenza sempre più grande mettono in secondo piano anche questioni che
secondarie non sono, così come non esistono temi solamente delle donne.
A noi spetta quindi il compito di agire su una contrattazione che non affronti
questioni generali, per poi prevedere un paragrafo dedicato al tema della
conciliazione, quale improbabile incastro tra temi e tempi attualmente inconciliabili,
ma che provi piuttosto a interrogarsi su come si raggiunge il benessere e si creino le
condizioni per non alimentare l’idea che l’attività lavorativa debba essere
totalizzante.
Madri e padri devono dedicare al lavoro il tempo che scelgono. Non quello imposto
dalle aziende.
Questo è il concetto che deve stare alla base dello sviluppo di percorsi di flessibilità.
Per far si ad esempio che il part time possa rappresentare una scelta (non
obbligata!) per le donne e diventi un’opportunità anche per gli uomini.
Alla Confederazione chiediamo invece, ancora una volta, di adoperarsi per siglare
con CISL e UIL un avviso comune con Confindustria, ma non solo, che sancisca il
principio che la maternità non può e non deve rappresentare in nessun caso
elemento penalizzante per le donne, come è successo alle Poste con il PDR.
Il generale arretramento culturale cui siamo sottoposti, grazie anche al contributo di
un ventennio di televisioni berlusconiane, non aiuta, e anche su questo noi, che
siamo il sindacato della comunicazione abbiamo l’obbligo, come abbiamo già fatto,
di dire qualcosa.
E’ necessario infatti chiedere al Governo di attivarsi per far sì che la dignità della
donna e della soggettività femminile non sia più ostaggio di interessi commerciali né
tantomeno di palinsesti televisivi o contenuti giornalistici che rimandano ad
immagini degradanti e arretranti, per tutto il Paese.
Bisogna mettere ordine su questo problema e bisogna farlo ponendo attenzione a
come viene esercitata l'attività giornalistica, per scongiurare il reiterarsi di vicende
simili a quella del servizio delle Iene dedicato al caso della violenza sessuale subita, e
tale giudicata dalla magistratura, da una giovane donna in Sardegna e ai due uomini
protagonisti della vicenda.
Sindacato Lavoratori Comunicazione - Segreteria Nazionale
In un periodo in cui si riscontra la recrudescenza della violenza ai danni delle donne,
che sfocia a volte nella tragedia del femminicidio, bisogna essere consapevoli del
grande potere della televisione, potere che rischia di lanciare messaggi
pericolosamente ambigui in grado di alimentare una cultura sessista e
discriminatoria.
Su questo noi lavoreremo, anche in raccordo con i movimenti delle donne,
chiedendo, anche se è superfluo farlo, di essere supportati dalla CGIL.
Per contro nostro, per dare un segnale importante sul fronte della lotta alla violenza
sulle donne, in tutte le sue manifestazioni, lavoreremo per il recepimento in tutti i
CCNL e in tutti gli accordi dell’avviso comune siglato da CGIL, CISL E UIL contro la
violenza sulle donne nei luoghi di lavoro.
Questa è un po’ la sintesi del nostro lavoro e dei nostri obiettivi.
Adesso dunque, analizzate e condivise le ragioni, si tratta di dare un’organizzazione
a tutto questo, e di farlo secondo le migliori pratiche, che vanno condivise per
mettere a sistema il grande lavoro fin qui fatto.
A donne e lavoratrici profondamente diverse che rappresentiamo vogliamo provare
ad offrire una contrattazione che tenga alcuni punti fermi, in tutti i settori.
La contrattazione rappresenta infatti lo strumento migliore per tradurre in azioni
concrete, immediatamente esigibili, le nostre enunciazioni su principi generali e
sull’affermazione di diritti.
Fatta con l’aiuto dell’IRES nazionale l’analisi di quanto già presente nei nostri CCNL e
nei nostri accordi e assunto il principio che la visione e la contrattazione di genere
rappresentano per la nostra organizzazione una risorsa preziosa, è necessario
arrivare all’utilizzo delle nostre “migliori pratiche” in maniera omogenea in tutti i
settori, a partire dai prossimi rinnovi contrattuali, senza trascurare il delicato ruolo
che deve avere la contrattazione di 2° livello.
Infine, per chiudere il cerchio, bisogna veicolare tra le lavoratrici e i lavoratori
l’elaborazione fin qui fatta, ma anche le informazioni su ciò che riguarda la sfera dei
diritti e la contrattazione di genere e sulle battaglie che stiamo conducendo per
renderli realmente universali.
Abbiamo immaginato dunque di dedicare uno spazio fisico e temporale ad una
campagna di sensibilizzazione specifica su tutte queste questioni, per allargare la
platea di coloro che possono condividere con noi idee e progetti e che sapranno di
avere ancora una volta nella SLC e nella CGIL il proprio punto di riferimento.
Sindacato Lavoratori Comunicazione - Segreteria Nazionale
L’idea prevede la realizzazione di info point, da parte delle nostre RSU, presso il
maggior numero di aziende possibili, in collaborazione con l’INCA e, ove possibile
con i centri antiviolenza, per dare un contributo, anche di semplice orientamento a
quelle donne che più delle altre hanno bisogno di aiuto.
Concludo ringraziando i compagni che oggi partecipano ai lavori. La loro presenza è
incoraggiante, ma non può limitarsi ad un momento di attenzione isolato e
scollegato da tutto il resto.
Oggi il tema non è “le donne”, ma un cambiamento culturale fondato sul rilancio
strategico dell’azione politica e contrattuale di SLC e della CGIL tutta.
Siamo finalmente usciti dalla fase in cui si dibatteva se aveva un senso mantenere la
norma antidiscriminatoria o meno.
Il ragionamento che stiamo affrontando oggi e' figlio di una fase nuova, di grande
maturità.
Lo dimostra il fatto che la discussione riguarda tutto il gruppo dirigente.
In questo senso allora dobbiamo continuare a lavorare, affinché la cultura che
cerchiamo di esportare ci appartenga profondamente.
Per questo motivo dovremmo avere qualche attenzione in più' nei confronti di
alcuni nostri comportamenti: assunto il fatto che le donne sono le più precarie, nel
lavoro, ma anche nella vita, dovendo conciliare situazioni e orari impossibili, come
possiamo pensare che possano essere affascinate dall'idea di impegnarsi in attività
sindacali che, come e' noto, continuano spesso ad avere riti ed orari non
esattamente family friendly?
E allora, a meno che non pensiamo (ma sarebbe incoerente) che l'inserimento e la
permanenza delle giovani donne (ma non solo) nel sindacato, si possa fondare su
una loro estrema vocazione al sacrificio, dovremmo modificare qualche nostra
abitudine.
Immaginare ad esempio di convocare le riunioni, quelle che dipendono da noi,
fissando e comunicando l'orario di chiusura dei lavori, e' un modo di rispettare il
nostro tempo valorizzandolo, così come possiamo immaginare di poter evitare di
convocare le riunioni delle segreterie (a meno che non ce ne sia lo straordinario
bisogno) nel tardo pomeriggio o, peggio ancora la sera.
Si tratta di piccoli segnali che danno tuttavia il senso di una diversa cultura anche in
Sindacato Lavoratori Comunicazione - Segreteria Nazionale
relazione ai nostri tempi.
Lao Tze diceva che "un viaggio di 1000 km inizia con un piccolo passo", questo e'
quello che in sostanza sentivo sempre dire quando ho iniziato a fare sindacato, alla
fine delle riunioni dei coordinamenti donne, per certificare il fatto che qualcosa
iniziava ogni volta.
Per fortuna oggi possiamo affermare che a quel primo passo ne sono seguiti tanti
altri e che la nostra organizzazione sta decisamente marciando a passo spedito,
questo e' il motivo, credo, per cui la discussione di oggi viene fatta alla presenza di
donne, ma anche di tanti uomini.

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Relazione barbara apuzzo del 18 6-2013 2-

  • 1. Sindacato Lavoratori Comunicazione - Segreteria Nazionale Relazione introduttiva di Barbara Apuzzo “Che genere di contrattazione” martedì 18 giugno ore 10,00 CGIL, Sala di Vittorio Corso Italia 25, Roma
  • 2. Sindacato Lavoratori Comunicazione - Segreteria Nazionale L’iniziativa di oggi rappresenta il nostro secondo appuntamento nell’ambito del percorso confederale “Le donne cambiano…”. Un percorso avviato con l’Assemblea Nazionale dell’anno scorso e alimentato dai successivi tre seminari di dicembre, durante i quali, partendo da una analisi approfondita della crisi, letta dalle donne della nostra organizzazione, e' risultato evidente rilanciare il principio su quanto sia determinante il ruolo delle donne per cambiare la società e costruire un'alternativa di pensiero, di politiche e di approccio ai problemi che attanagliano il nostro paese e su quanto sia necessario fare - e quali strumenti utilizzare - per cambiare la contrattazione, il welfare e il Paese. Dentro questo solco, che va rapportato al Piano del Lavoro della CGIL, anche le donne della nostra categoria si sono mosse, riprendendo questa discussione all’interno della SLC con l’assemblea nazionale del 19 marzo scorso. Ne è conseguita la condivisione di analisi e obiettivi, ritenuti necessari da raggiungere con determinazione perché le donne, pur rappresentando una preziosa risorsa per rilanciare l’economia del paese, anche per l’effetto moltiplicatore che producono sulla creazione di nuovi posti di lavoro (penso alla richiesta di servizi che va di pari passo con un maggiore impiego delle donne nel mercato del lavoro), sono ancora le maggiori vittime di un sistema in cui la crisi sta continuando a colpire pesantemente. Senza voler ripercorrere l’analisi già fatta durante l’assemblea delle donne sullo scenario politico che fa da sfondo a questa nostra discussione, che oggi punta ad affrontare il tema della contrattazione, mi limiterò a fare qualche considerazione. L’attuale condizione di penalizzazione delle donne ha origini assai lontane, ed è frutto di una cultura familista che ha a sua volta generato regole e forme comportamentali che oggi, nel momento di maggiore crisi che il Paese abbia conosciuto dal dopoguerra, hanno finito per scaricare sulle donne tutto il peso di scelte profondamente miopi e sbagliate. I tagli lineari applicati senza alcuna attenzione riguardo agli effetti che avrebbero prodotto, hanno ridotto ormai all’osso quel po’ di welfare che era rimasto in piedi, spingendo verso una logica più assicurativa che solidale. Questa idea del risanamento a tutti i costi, giustificata dal “ce lo chiede l’Europa”, ha prodotto il deterioramento di quella situazione cui facevo accenno prima, contrapponendo al vantaggio di discutibili risparmi economici un sovraccarico di problemi sulle spalle delle donne; problemi che in altri paesi sono invece a carico della collettività.
  • 3. Sindacato Lavoratori Comunicazione - Segreteria Nazionale Il risultato è che le donne continuano, tra difficoltà sempre crescenti, a fare i conti con un equilibrio precario tra la propria attività lavorativa e la necessità di dover accudire figli o anziani, il che le porta inevitabilmente ad essere le candidate ideali per mansioni e condizioni lavorative di secondo piano, e a dover rinunciare o peggio, ad essere escluse da percorsi di carriera che risultano essere impraticabili, anche per effetto della rigidità tutta maschile con cui si organizza il lavoro. Per non parlare delle pensioni, sempre più lontane oltre che più basse per le donne, a fronte di una mole di lavoro supplementare, quello di cura, che non viene neanche riconosciuto. Eppure neanche di questo si è tenuto conto quando, per rispondere ad una infrazione comminata dalla UE per violazione del principio di parità nei requisiti per l’accesso alla pensione, l’ex Ministro Fornero ha pensato bene di allungare senza alcuna gradualità il periodo di permanenza delle donne al lavoro. Peccato non si sia tenuto conto del fatto che non era quella la “disparità” su cui era necessario intervenire. Sarebbe stato più giusto lavorare per superare le diseguaglianze che si presentano nell’accesso e nelle modalità di permanenza al lavoro, per non parlare delle differenze salariali. Sempre per rimanere in Europa, e sempre per sottolineare quanto un approccio neutrale alle questioni stia danneggiando la ripresa economica, in Italia, ma non solo, basti pensare a quanto sbagliata sia stata la scelta di convertire il famoso obiettivo di Lisbona, che puntava al raggiungimento del 60% dell’occupazione femminile, in un generico 75%. Questa scelta infatti, oltre a dimostrare l’assoluta noncuranza nei confronti delle differenze presenti nei paesi membri, i cui progressi in termini di raggiungimento delle pari opportunità sono quantomeno disomogenei,ha comportato il venir meno di strumenti che avevano contribuito a creare lavoro per le donne, come nel caso dei fondi strutturali dedicati, puntando dunque ad una neutralizzazione dei generi per ciò che riguarda obiettivi, ma anche risorse. Esattamente l’opposto di quello che serve! L'obiettivo delle pari opportunità, infatti, per essere realmente raggiungibile ha bisogno che siano colmate, con percorsi mirati, le diseguaglianze esistenti tra uomini e donne. E la necessità di procedere in questa direzione è resa più urgente dal fatto che la crisi sta rendendo abissale questa lontananza.
  • 4. Sindacato Lavoratori Comunicazione - Segreteria Nazionale Fotografando quindi la condizione attuale, caratterizzata da disparità e discriminazioni, ma con lo sguardo al raggiungimento delle vere pari opportunità, è necessario mettere in campo tutte le azioni possibili per colmare il gap attualmente esistente tra la condizione maschile e quella femminile, nel mondo del lavoro, ma non solo. Per questo motivo, con l’avvio del percorso “Le donne cambiano…” la nostra organizzazione ha puntato sulla necessità di riprendere il tema della differenza di genere quale valore non da difendere, ma da rilanciare. A partire dalla contrattazione, con la consapevolezza che la lettura della crisi e delle questioni di coloro che rappresentiamo e le azioni che conseguentemente mettiamo in campo per superare i problemi e dare risposte non possono dunque essere neutrali, perché intervenendo su condizioni e soggetti differenti, determinano impatti assolutamente diversi. Questa è la sfida che SLC, insieme alla CGIL tutta si è data, considerando dunque chiusa la stagione degli accordi generali, che relegano solamente a specifici capitoli family friendly i temi delle pari opportunità, perché il terreno non è solo quello. Il tema oggi è un altro e rappresenta una sfida per tutta l’organizzazione, perché l’obiettivo che ci poniamo è quello di rappresentare la complessità del mondo che rappresentiamo attraverso la contrattazione. Il che include ovviamente il ragionamento su quella immensa platea di precari che stiamo faticosamente cercando di portare dentro il perimetro della contrattazione collettiva e che, manco a dirlo, sono in prevalenza donne. Avanzare nella contrattazione con una visione di genere significa anche dare corpo a questo. Significa essere in grado di leggere tutta la realtà, cogliere temi e problemi, ma anche limiti e potenzialità del nostro agire, il che ci consente di attrezzarci per modernizzare l’intero sistema contrattuale. Ma significa anche riconoscere e contrastare azioni che nascondono discriminazioni di genere su tutti i temi, partendo dalla consapevolezza che nessuno di questi può essere considerato neutro. Ovviamente, per contrattare bisogna saper leggere realtà diverse, e per farlo, ci vogliono occhi e sguardi diversi. Per questo motivo le donne e gli uomini dell’SLC hanno deciso che la differenza di genere deve essere adeguatamente rappresentata
  • 5. Sindacato Lavoratori Comunicazione - Segreteria Nazionale anche - e soprattutto - nei luoghi in cui si fa la contrattazione. E lo hanno deciso già da tempo. Già dal 2009, il nostro comitato direttivo nazionale ha votato all’unanimità la proposta di applicare la norma antidiscriminatoria anche nelle delegazioni trattanti e nei coordinamenti nazionali di settore. Perché è importante che le donne ci siano, ma se non hanno la possibilità di incidere concretamente, nel sindacato, come in altri luoghi, servono a poco. E allora, visto che la contrattazione rappresenta la nostra cassetta degli attrezzi, è necessario dotarci degli strumenti giusti, partendo dalla conoscenza di ciò che abbiamo fatto, ma anche dalla consapevolezza che spesso alcuni principi portati a casa con la contrattazione nazionale trovano difficile la loro applicazione.Con questo spirito abbiamo immaginato la giornata di oggi. “Che genere di contrattazione” rappresenta, lo dicevo prima, il nostro secondo appuntamento nell’ambito del percorso confederale “Le donne cambiano…”, un appuntamento per il quale abbiamo voluto la partecipazione anche degli uomini, perché la parola chiave a questo punto deve diventare CONDIVISIONE. Ma per condividere bisogna prima conoscere. Con i lavori di oggi, grazie al contributo di Salvo Leonardi dell’Associazione Trentin ISF IRES, vorremmo allora fornire una fotografia di quanto è stato fatto, con un focus specifico sulle “buone pratiche” presenti negli accordi e nei CCNL siglati dalla SLC, consapevoli del fatto che la nostra categoria rappresenta lavoratrici e lavoratori profondamente diversi tra loro, e che spesso il confine tra precarietà e rapporti di lavoro genuinamente autonomi è molto labile. In ogni caso, qualunque sia forma contrattuale applicata, facciamo nostre le parole di Massimo D'Antona, che nel suo “lavoratore senza aggettivi” affermava che "...ci sono dei diritti fondamentali del mercato del lavoro che devono riguardare il lavoratore non in quanto parte di un qualsiasi tipo di rapporto contrattuale, ma in quanto persona che sceglie il lavoro come programma di vita, che si aspetta dal lavoro l'identità, il reddito, la sicurezza, cioè i fattori costitutivi della sua vita e della sua personalità...". Questo ragionamento vale due volte nel caso delle donne che, come dicevo prima, alla precarietà lavorativa sono costrette ad abbinare quella esistenziale. Il mercato del lavoro cambia rapidamente, lasciando fuori dal perimetro a noi più familiare sempre più lavoratrici e sempre più diritti. Noi abbiamo bisogno di comprenderne altrettanto rapidamente i mutamenti, intervenendo per rendere la contrattazione più inclusiva, e far sì che i diritti,
  • 6. Sindacato Lavoratori Comunicazione - Segreteria Nazionale soprattutto quelli universali, vengano realmente riconosciuti a tutte le lavoratrici ed i lavoratori. A noi, in quanto soggetto negoziale spetta il compito di costruire percorsi che abbattano le diseguaglianze presenti nel mercato del lavoro, adeguando la nostra azione costantemente. Il momento storico non ci aiuta, perché è evidente che gli anni che avremo davanti ci porteranno a dover affrontare, come già accade praticamente in tutti i nostri settori ulteriori chiusure e ristrutturazioni. Ma è proprio nel momento di maggiore difficoltà che siamo chiamati a fare la nostra parte per evitare che siano ancora una volta le donne ad essere massacrate, utilizzando tutti gli strumenti a nostra disposizione. In questo senso allora ad esempio la qualificazione e la riqualificazione professionale diventano elementi indispensabili per competere. E si può immaginare di considerare questo tema a parte rispetto alle cosiddette questioni di genere? Ovviamente no. Pensiamo poi ad esempio alla maternità. La legge la tutela in quanto diritto universale. Ma siamo convinti che la contrattazione che riusciamo a mettere in pratica riesca a garantire tutele sufficienti alle future mamme? Parlo di tutele immediate, quindi rivolte a tutte le tipologie di lavoratrici, ma anche di quelle legate a ciò che accadrà subito dopo la nascita del bambino. Perché il primo problema è sicuramente quello di scongiurare pratiche tribali che spingono ancora alla fuoriuscita delle donne dal mercato del lavoro anche perché è evidente che, in assenza di un welfare adeguato e di una diversa cultura della condivisione, sopravviverà nei datori di lavoro il pregiudizio che una donna, una volta diventata mamma si trasformi in un soggetto poco affidabile, assenteista e poco produttivo. Quali misure riusciamo concretamente a mettere in campo per contrastare questo fenomeno? Una risposta potrebbe essere quella di rivedere l’organizzazione del lavoro, troppo spessa rigida e plasmata su modelli maschili, inconciliabili con il fatto che le donne, nel poco tempo rimanente (perché si sa, gli uomini sono presenzialisti, confondendo spesso la presenza con la sostanza del lavoro svolto e su quel terreno bisogna competere, per scongiurare il rischio di essere messe da parte), devono farsi carico
  • 7. Sindacato Lavoratori Comunicazione - Segreteria Nazionale della famiglia, dei figli, magari hanno anche un anziano da accudire. mentre non viene chiesto agli uomini di partecipare adeguatamente alla gestione delle esigenze familiari. Questo è il secondo punto. La condivisione dei carichi familiari rappresenta infatti l’obiettivo da raggiungere per evitare quella discriminazione a monte cui ho appena fatto riferimento e che ha ovviamente ripercussioni anche sulla possibilità di fare carriera, perché impedisce di fatto una eguaglianza delle opportunità con gli uomini, per i quali il tempo sembra essere scandito in maniera diversa. Dovremmo invece incidere maggiormente per far sì che a partire dalla fruizione dei congedi parentali quella discriminazione venga abolita, praticamente e culturalmente, lavorando per incrementare il numero di giornate di congedo per i padri. Il diritto ad essere accudito è del bambino, non si capisce dunque perché ci debba essere un “turno mamma” e non un “turno genitore”. Torniamo dunque sempre lì, al fatto che l’atavica posizione di svantaggio che hanno le donne va superata con azioni mirate, strutturali, che mettano le donne in condizione di avere le stesse possibilità di partecipare alla vita lavorativa, sociale e politica di un paese, azioni che rendano realmente conciliabile il diritto al lavoro e il diritto ad una famiglia, in primis, ma anche il diritto a veder riconosciute qualità e competenze, dal punto di vista della progressione di carriera e del salario. Il problema dei tempi, però riguarda anche quelli della città. Anche in questo caso l’intreccio è indissolubile e chiama a responsabilità che non possono essere solo del sindacato. Perché se è vero che tanto può essere ancora fatto con la contrattazione, non si può neanche ignorare il fatto che non si possono distribuire diritti universali in formato aziendale. La politica deve in questo senso intervenire per ricostruire questo tessuto e produrre azioni concrete che concorrano al riequilibrio della società. Così come è necessario che il Governo si misuri, con proposte concrete ed esigibili, con il problema della creazione di nuovi posti di lavoro, che evidentemente per le donne non può più essere “a tutti i costi” e “a qualsiasi condizione”. Per questo sosteniamo con forza, che per non continuare ad aggravare la condizione femminile, le cosiddette misure anticrisi devono essere in grado di leggere la realtà e soprattutto le diversità, prevedendo interventi volti a favorire politiche di conciliazione che devono necessariamente agganciarsi ad una diversa idea dell’organizzazione del lavoro, tema rilevante anche per il ruolo che deve avere la
  • 8. Sindacato Lavoratori Comunicazione - Segreteria Nazionale contrattazione, in particolare quella di 2° livello. Ma attenzione a non scaricare tutte le responsabilità sul piano politico, perché soprattutto in un momento come quello attuale, in cui all’emergenza si contrappone l’immobilismo della politica, rischiamo di essere travolti anche noi da giudizi sbagliati o, peggio ancora, da ondate di corporativismo che come sempre, quando gli spazi di conquista si ridimensionano, spingono verso logiche che in nome di un’emergenza sempre più grande mettono in secondo piano anche questioni che secondarie non sono, così come non esistono temi solamente delle donne. A noi spetta quindi il compito di agire su una contrattazione che non affronti questioni generali, per poi prevedere un paragrafo dedicato al tema della conciliazione, quale improbabile incastro tra temi e tempi attualmente inconciliabili, ma che provi piuttosto a interrogarsi su come si raggiunge il benessere e si creino le condizioni per non alimentare l’idea che l’attività lavorativa debba essere totalizzante. Madri e padri devono dedicare al lavoro il tempo che scelgono. Non quello imposto dalle aziende. Questo è il concetto che deve stare alla base dello sviluppo di percorsi di flessibilità. Per far si ad esempio che il part time possa rappresentare una scelta (non obbligata!) per le donne e diventi un’opportunità anche per gli uomini. Alla Confederazione chiediamo invece, ancora una volta, di adoperarsi per siglare con CISL e UIL un avviso comune con Confindustria, ma non solo, che sancisca il principio che la maternità non può e non deve rappresentare in nessun caso elemento penalizzante per le donne, come è successo alle Poste con il PDR. Il generale arretramento culturale cui siamo sottoposti, grazie anche al contributo di un ventennio di televisioni berlusconiane, non aiuta, e anche su questo noi, che siamo il sindacato della comunicazione abbiamo l’obbligo, come abbiamo già fatto, di dire qualcosa. E’ necessario infatti chiedere al Governo di attivarsi per far sì che la dignità della donna e della soggettività femminile non sia più ostaggio di interessi commerciali né tantomeno di palinsesti televisivi o contenuti giornalistici che rimandano ad immagini degradanti e arretranti, per tutto il Paese. Bisogna mettere ordine su questo problema e bisogna farlo ponendo attenzione a come viene esercitata l'attività giornalistica, per scongiurare il reiterarsi di vicende simili a quella del servizio delle Iene dedicato al caso della violenza sessuale subita, e tale giudicata dalla magistratura, da una giovane donna in Sardegna e ai due uomini protagonisti della vicenda.
  • 9. Sindacato Lavoratori Comunicazione - Segreteria Nazionale In un periodo in cui si riscontra la recrudescenza della violenza ai danni delle donne, che sfocia a volte nella tragedia del femminicidio, bisogna essere consapevoli del grande potere della televisione, potere che rischia di lanciare messaggi pericolosamente ambigui in grado di alimentare una cultura sessista e discriminatoria. Su questo noi lavoreremo, anche in raccordo con i movimenti delle donne, chiedendo, anche se è superfluo farlo, di essere supportati dalla CGIL. Per contro nostro, per dare un segnale importante sul fronte della lotta alla violenza sulle donne, in tutte le sue manifestazioni, lavoreremo per il recepimento in tutti i CCNL e in tutti gli accordi dell’avviso comune siglato da CGIL, CISL E UIL contro la violenza sulle donne nei luoghi di lavoro. Questa è un po’ la sintesi del nostro lavoro e dei nostri obiettivi. Adesso dunque, analizzate e condivise le ragioni, si tratta di dare un’organizzazione a tutto questo, e di farlo secondo le migliori pratiche, che vanno condivise per mettere a sistema il grande lavoro fin qui fatto. A donne e lavoratrici profondamente diverse che rappresentiamo vogliamo provare ad offrire una contrattazione che tenga alcuni punti fermi, in tutti i settori. La contrattazione rappresenta infatti lo strumento migliore per tradurre in azioni concrete, immediatamente esigibili, le nostre enunciazioni su principi generali e sull’affermazione di diritti. Fatta con l’aiuto dell’IRES nazionale l’analisi di quanto già presente nei nostri CCNL e nei nostri accordi e assunto il principio che la visione e la contrattazione di genere rappresentano per la nostra organizzazione una risorsa preziosa, è necessario arrivare all’utilizzo delle nostre “migliori pratiche” in maniera omogenea in tutti i settori, a partire dai prossimi rinnovi contrattuali, senza trascurare il delicato ruolo che deve avere la contrattazione di 2° livello. Infine, per chiudere il cerchio, bisogna veicolare tra le lavoratrici e i lavoratori l’elaborazione fin qui fatta, ma anche le informazioni su ciò che riguarda la sfera dei diritti e la contrattazione di genere e sulle battaglie che stiamo conducendo per renderli realmente universali. Abbiamo immaginato dunque di dedicare uno spazio fisico e temporale ad una campagna di sensibilizzazione specifica su tutte queste questioni, per allargare la platea di coloro che possono condividere con noi idee e progetti e che sapranno di avere ancora una volta nella SLC e nella CGIL il proprio punto di riferimento.
  • 10. Sindacato Lavoratori Comunicazione - Segreteria Nazionale L’idea prevede la realizzazione di info point, da parte delle nostre RSU, presso il maggior numero di aziende possibili, in collaborazione con l’INCA e, ove possibile con i centri antiviolenza, per dare un contributo, anche di semplice orientamento a quelle donne che più delle altre hanno bisogno di aiuto. Concludo ringraziando i compagni che oggi partecipano ai lavori. La loro presenza è incoraggiante, ma non può limitarsi ad un momento di attenzione isolato e scollegato da tutto il resto. Oggi il tema non è “le donne”, ma un cambiamento culturale fondato sul rilancio strategico dell’azione politica e contrattuale di SLC e della CGIL tutta. Siamo finalmente usciti dalla fase in cui si dibatteva se aveva un senso mantenere la norma antidiscriminatoria o meno. Il ragionamento che stiamo affrontando oggi e' figlio di una fase nuova, di grande maturità. Lo dimostra il fatto che la discussione riguarda tutto il gruppo dirigente. In questo senso allora dobbiamo continuare a lavorare, affinché la cultura che cerchiamo di esportare ci appartenga profondamente. Per questo motivo dovremmo avere qualche attenzione in più' nei confronti di alcuni nostri comportamenti: assunto il fatto che le donne sono le più precarie, nel lavoro, ma anche nella vita, dovendo conciliare situazioni e orari impossibili, come possiamo pensare che possano essere affascinate dall'idea di impegnarsi in attività sindacali che, come e' noto, continuano spesso ad avere riti ed orari non esattamente family friendly? E allora, a meno che non pensiamo (ma sarebbe incoerente) che l'inserimento e la permanenza delle giovani donne (ma non solo) nel sindacato, si possa fondare su una loro estrema vocazione al sacrificio, dovremmo modificare qualche nostra abitudine. Immaginare ad esempio di convocare le riunioni, quelle che dipendono da noi, fissando e comunicando l'orario di chiusura dei lavori, e' un modo di rispettare il nostro tempo valorizzandolo, così come possiamo immaginare di poter evitare di convocare le riunioni delle segreterie (a meno che non ce ne sia lo straordinario bisogno) nel tardo pomeriggio o, peggio ancora la sera. Si tratta di piccoli segnali che danno tuttavia il senso di una diversa cultura anche in
  • 11. Sindacato Lavoratori Comunicazione - Segreteria Nazionale relazione ai nostri tempi. Lao Tze diceva che "un viaggio di 1000 km inizia con un piccolo passo", questo e' quello che in sostanza sentivo sempre dire quando ho iniziato a fare sindacato, alla fine delle riunioni dei coordinamenti donne, per certificare il fatto che qualcosa iniziava ogni volta. Per fortuna oggi possiamo affermare che a quel primo passo ne sono seguiti tanti altri e che la nostra organizzazione sta decisamente marciando a passo spedito, questo e' il motivo, credo, per cui la discussione di oggi viene fatta alla presenza di donne, ma anche di tanti uomini.