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AEROMOBILI CIVILI E DIRITTO DI SORVOLO DEL TERRITORIO DEGLI STATI STRANIERI
1. INDICE
INTRODUZIONE..............................................................................3
CAPITOLO PRIMO...........................................................................6
STORIA DELLA SOVRANITÀ AEREA.......................................6
1.1 Gli inizi del volo e le prime teorie......................................................................6
1.2. Definizione dei limiti. Il criterio spaziale e il criterio funzionale.......................8
1.3. La Convenzione di Parigi del 1919..................................................................11
1.4. La Convenzione di Chicago del 1944..............................................................13
1.5. La sovranità aerea sul mare: la Convenzione di Montego Bay del 1982..........15
1.6 Lo spazio aereo internazionale..........................................................................17
1.7 La zona contigua aerea e la zona di difesa aerea...............................................18
1.8 Le zone pericolose............................................................................................22
CAPITOLO SECONDO...................................................................23
IL DIRITTO DI SORVOLO..........................................................23
2.1 Definizione.......................................................................................................23
2.2 Il diritto di sorvolo nella Convenzione di Chicago............................................24
2.3 Le “Libertà dell’aria”........................................................................................27
2.4 Gli accordi relativo al transito dei servizi aerei internazionali e al trasporto aereo
internazionale.........................................................................................................29
2.5 La struttura degli accordi bilaterali...................................................................31
2.6 Il processo di liberalizzazione all’interno dell’Unione europea........................33
2.7 Gli accordi sul trasporto aereo extracomunitario dell’Unione europea e degli
Stati membri...........................................................................................................35
CAPITOLO TERZO.........................................................................39
1
2. GLI AEROMOBILI CIVILI E LA LORO TUTELA NELLA
CONVENZIONE DI CHICAGO.....................................................39
3.1Aeromobili civili e di Stato................................................................................39
3.2 Gli sconfinamenti aerei.....................................................................................44
3.2.2 Sorvolo involontario di un aeromobile civile.....................................................................................45
3.3 L’articolo 3 bis. ................................................................................................47
CONCLUSIONI................................................................................55
ALLEGATO 1..................................................................................61
CONVENTION
ON INTERNATIONAL CIVIL AVIATION
.............................................................................................................61
BIBLIOGRAFIA.............................................................................105
2
3. INTRODUZIONE
Il diritto aeronautico è la disciplina che studia le norme regolatrici dell’attività
aeronautica. Da quando è stato attuato il lancio di oggetti che si sostengono nell’aria
ci si è resi conto dell’importanza che l’aviazione avrebbe avuto in futuro per lo
sviluppo sia economico che militare degli Stati di tutto il mondo, che furono
concordi nello stabilire che il neonato diritto necessitasse di una disciplina
internazionale. Già dai primi del XX secolo la dottrina si impegnò in numerosi
dibattiti che confluirono nelle convocazioni di diverse convenzioni.
Nella prima parte di questo lavoro si analizzeranno la storia della nascita del diritto
di sovranità aerea e le principali convenzioni sottoscritte a livello internazionale. La
prima Convenzione fu quella di Parigi, firmata nel 1919, in cui veniva riconosciuto
formalmente per la prima volta il diritto di sovranità assoluta di uno Stato
sull’atmosfera sovrastante. Inoltre, questa Convenzione istituiva anche la prima
organizzazione internazionale per la regolamentazione del volo internazionale, la
CINA.
Negli anni ’40, sul finire della Seconda Guerra Mondiale, molti Stati convennero
che l’attuale disciplina dei cieli non fosse sufficiente. Gli Stati Uniti convocarono
perciò, nel 1944 a Chicago, una conferenza sull’aviazione civile internazionale.
La Convenzione, che all’epoca venne siglata da 54 paesi, si fonda sui principi, i
elencati nel preambolo, che mirano a sviluppare l’aviazione civile internazionale
per creare e preservare la collaborazione tra le Nazioni, impedire l’abuso
dell’aviazione civile per proteggere la sicurezza generale, impedire i contrasti tra gli
Stati, promuoverne la cooperazione. La Convenzione, inoltre, ha lo scopo di
sviluppare l’aviazione civile internazionale in modo ordinato e sicuro, e di creare le
condizioni tali per cui il trasporto aereo internazionale possa operare su basi di
eguaglianza, di opportunità ed economicità.
Il secondo capitolo affronterà in particolare la disciplina del diritto di sorvolo e i
diritti ad esso collegati. La Convenzione di Chicago, infatti, seppur ribadisca la
completa sovranità dello Stato sull’aria sovrastante il suo territorio riconosce su
3
4. base convenzionale le libertà dell’aria che permettono il sorvolo, l’atterraggio per
scopi non commerciali (si tratta delle cosiddette libertà tecniche) e, tramite i trattati
multilaterali, il trasporto e lo scalo posta e passeggeri da uno stato all’altro (sono le
cosiddette libertà commerciali). Inoltre verranno analizzati gli accordi relativi al
transito e al trasporto dei servizi aerei internazionali che completano l’Atto finale
della Conferenza di Chicago. Se la convenzione si è rivelata piuttosto restrittiva in
termini di concessione di libertà dell’aria, questi due accordi siglati su base
multilaterale hanno lo scopo di creare una disciplina universale del diritto dell’aria
per i voli civili. L’Accordo relativo al transito dei servizi aerei internazionali ha
avuto molto successo ed è stato siglato dalla maggior parte dei paesi firmatari della
Convenzione di Chicago. Al contrario l’Accordo sul trasporto dei servizi aerei
internazionali non ha avuto fortuna essendo siglato attualmente da soli dodici Stati.
La ragione di questo insuccesso è da spiegarsi essenzialmente nel fatto che
l’accordo prevede lo scambio multilaterale di tutte e cinque le libertà riconosciute,
mentre gli Stati a tal proposito hanno manifestato la preferenza a sottoscrivere
accordi bilaterali che regolano lo scambio di diritti, le frequenze e la capacità.
Verrà in seguito analizzata la regolamentazione dell’Unione Europea relativa alla
gestione dello spazio aereo comunitario. Emergerà l’obiettivo della UE di
armonizzare la legislazione della materia, diventando essa stessa interlocutore per
ogni accordo sui servizi aerei internazionali. Lo scopo dell’Unione Europea, infatti,
è quello di giungere ad uno spazio aereo comune, che comprenda oltre agli Stati
membri anche le Nazioni limitrofe, come Svizzera, Norvegia e l’Islanda, ma anche
i paesi balcanici e dell’est europeo in cui tutti i vettori che abbiano insediato la loro
attività produttiva nei paesi coinvolti possano accedere a tutti i servizi aerei come se
si fosse in un unico Paese. Inoltre, l’UE e gli USA hanno, in questi ultimi anni,
posto le basi per siglare un accordo “open skies” che permetterà di potenziare le
comunicazioni civili internazionali su entrambe le sponde dell’atlantico.
Il terzo e ultimo capitolo, infine, affronterà le tematiche relative all’analisi degli
articoli 3 e 3 bis della Convenzione di Chicago. Come detto in precedenza questa
Convenzione si occupa unicamente dell’aviazione civile secondo il dettato
dell’articolo 3. Esso però si rivela piuttosto ambiguo nella sua definizione. Verrà
4
5. quindi proposto un metodo per cercare di determinare quali aeromobili possano
essere considerati civili e quali di stato.
A seguito di ripetuti abbattimenti di aerei civili soprattutto nel corso della guerra
fredda, l’ICAO convocò nel 1984 un’Assemblea straordinaria che produsse
l’emendamento della Convenzione di Chicago che ha introdotto l’art. 3 bis. Questo
articolo ribadisce il concetto che già fa parte del diritto internazionale generale che
impedisce l’abbattimento di aerei civili in volo. Disciplina inoltre le regole a cui
dovranno attenersi gli aerei intercettori al fine di evitare malintesi con gli
aeromobili intercettati causati da diversità di procedure, di lingua o da qualsiasi
altro equivoco. Solo creando una procedura comune e universalmente riconosciuta
si potranno ridurre al minimo questo tipo di incidenti.
Questo lavoro, che ha come oggetto l’analisi della libertà di sorvolo per gli
aeromobili civili, dovrebbe, oltre che fornire una descrizione di come si è evoluta
nel corso degli ultimi cento anni la legislazione relativa al diritto dell’aria, mostrare
come sia nell’interesse della comunità internazionale giungere ad una disciplina
universale della materia che renda possibile il massimo sviluppo dell’aviazione
civile in tutto il mondo.
5
6. CAPITOLO PRIMO
STORIA DELLA SOVRANITÀ AEREA
1.1 Gli inizi del volo e le prime teorie
La regolamentazione del diritto dell’aria si era resa necessaria sin dal 1784, a
meno di un anno dalla rivoluzionaria invenzione dei fratelli Joseph Michel e Jacques
Etienne Mongolfier; il 23 aprile di quell’anno, infatti, la polizia parigina emanò una
direttiva che dettava le norme di sicurezza per il volo dei palloni aerostatici.
L’importanza della regolamentazione del volo e della sovranità dell’aria crebbe
ulteriormente al termine della guerra franco-prussiana del 1870-71, in cui le
mongolfiere trovarono impiego militare, anche se con risultati non sempre
soddisfacenti. Alla fine del conflitto venne adottata una Convenzione multilaterale
sull’uso dei palloni aerostatici durante i conflitti armati1 e ciò pose l’attenzione degli
studiosi su una nuova problematica riguardante la determinazione dell’ambito in cui
uno Stato potesse esercitare dei diritti sullo spazio aereo ad esso sovrastante. Diversi
articoli ed interi libri furono dedicati a questa materia. Con l’inizio della navigazione
aerea, il quadro giuridico dell’atmosfera usciva dalla sfera del diritto privato2 per
passare all’esercizio della potestà dello Stato. In quegli anni differenti teorie vennero
formulate riguardo alla condizione dell’atmosfera: tra le principali correnti di
pensiero troviamo la teoria della libertà illimitata, che riteneva che l’atmosfera
costituisse un’entità continua, impossibile da scomporre in senso orizzontale, né in
altro modo. I sostenitori di questa teoria erano convinti che i benefici portati
dall’affermazione della libertà dei mari alla comunità internazionale, sembrava
opportuno applicare gli stessi criteri a questo nuovo settore del diritto internazionale.
1
“Le potenze contraenti consentono il divieto di lanciare proiettili ed esplosivi dall’alto degli aerostati
o con analoghi nuovi mezzi.”
2
La dottrina giuridica precedente all’utilizzo di mezzi volanti più pesanti dell’aria si era posta
esclusivamente problemi di carattere privatistico, concernenti, da una parte, la concezione dell’aria
come cosa, dall’altra i limiti verticali della proprietà fondiaria che si riteneva assoluta, anche nel
senso dell’altezza.
6
7. Questa teoria perse di credibilità via via che venivano perfezionati i mezzi di
navigazione aerea ed apparivano chiari i pericoli di una libertà di sorvolo senza
limiti.
Un’altra teoria, opposta alla precedente, è la teoria della sovranità assoluta, che
respingeva il principio di libertà dell’aria e trasferiva all’atmosfera sovrastante lo
Stato il concetto che il diritto romano applicava alla proprietà fondiaria, per definire
il carattere assoluto e l’esclusione di ogni pretesa degli altri Stati. Un esponente di
tale tesi fu Franz von Holtzendroff che, nel 1887, nel secondo volume del
“Handbuch des Volkerrechts ” dichiarò che lo spazio aereo era una ‘Pertinenz’ del
territorio terrestre fino a 1000 metri di altezza, che corrispondeva all’altitudine
massima alla quale i palloni aerostatici potevano arrivare3. Un ultimo fronte delle
teorie sullo spazio aereo è quello delle teorie intermedie che cercavano in qualche
modo di conciliare le pretese degli Stati con la realizzazione di un sistema efficiente
di navigazione aerea internazionale. Il più importante rappresentante di tali teorie fu
il francese Paul Fauchille che iniziò a scrivere sull’argomento nel 1901 per la Revue
Générale de Droit International Public4 e stilò dei rapporti per l’Institut de Droit
International. Nella sua prima pubblicazione sulla “Revue” del 1901, teorizzava la
libertà dell’aria limitata solo dalla necessità della sicurezza nazionale. Le ragioni di
Fauchille erano semplici: ogni diritto di sovranità discende dalla possibilità di
impossessarsi del suo oggetto. Ne conseguiva che il padrone della terra può
appropriarsi dello spazio aereo solo fino all’altezza alla quale è capace di erigere
edifici ed altre costruzioni. Secondo l’opinione di Fauchille lo spazio aereo è, quindi,
una res communis omnium, tesi a cui si allineò l’Institut de Droit International.
Secondo il suo pensiero quindi, la zona di sicurezza doveva essere stabilita nei primi
1500 metri di altezza dal suolo, un’altezza che venne ridotta a 500 metri nel 1910.
Nel 1911, il Comité Juridique International de l’Aviation tenne una Conferenza a
Parigi dove venne redatta una bozza del “Code de l’Air”, ed il primo articolo del
Codice fu ispirato proprio dalla teoria di Fauchille, rigettando la tesi britannica che
proponeva l’assoluta sovranità dello Stato sullo spazio aereo sovrastante. Tuttavia
3
A tal proposito cfr. W. P. HEERE, Problems of jurisdiction in air and outer space, in Air & Space
LAW, Vol. XXIV n. 2, 1999.
4
FAUCHILLE, Le domaine aérien et le règime juridique des aèrostats, in Revue generale de droit
7
8. nel 1913, a temperare quanto stabilito due anni prima, l’Institut de Droit
International accolse una teoria che sanciva il diritto di ogni Stato a promulgare
divieti e restrizioni al passaggio di aerei sul proprio territorio e acque territoriali.
Allo stesso tempo la discussione tra i diversi autori e teorici andava avanti
concentrandosi sulla questione dell’effettivo controllo dello spazio aereo.
Diversi Stati decisero di non attendere la maturazione della discussione e decisero di
promulgare Codici dell’aria propri. Nel 1913 il Regno Unito emanò l’“Aerial
Navigation Act” che istituiva divieti e zone di sicurezza lungo le coste britanniche.
Nel 1912 la Russia proclamò il divieto di sorvolo delle frontiere Occidentali. La
Prima Guerra Mondiale mostrò l’importanza che potevano avere le operazioni
dell’arma aerea e si rafforzò ulteriormente la tendenza degli Stati ad affermare il
proprio potere esclusivo sull’atmosfera. All’inizio del conflitto la Svizzera chiuse il
proprio spazio aereo, seguita poi dalla Svezia nel 1916; nel novembre del 1914,
invece, gli Stati Uniti d’America interdirono il diritto di sorvolo sul canale di
Panama.
1.2. Definizione dei limiti. Il criterio spaziale e il criterio funzionale
A seguito dell’affermazione del principio di sovranità assoluta dello Stato sullo
spazio aereo ad esso sovrastante, uno dei principali problemi che dovettero
affrontare gli studiosi del diritto dell’aria fu quello di determinare quali fossero i
limiti laterali e verticali di questo spazio. Nella definizione delle modalità operative
con cui si è affrontata tale problematica si sono affermati due approcci praticamente
antitetici: l’approccio spaziale e quello funzionale5.
Per quanto riguarda i criteri di definizione spaziale concernenti i limiti laterali di uno
Stato, il francese Grovalet e il tedesco Kroell6 tentarono l’elaborazione di due teorie.
Il primo definì l’area assoggettata alla sovranità dello Stato sottostante come il
5
Sul dibattito tra spazialisti e funzionalismi: MATEESCO MATTE, Spatialisme ou fonctionalisme
juridique?, in Annales de droit marittime et aérien, VI, 1982, pag. 405 ss.; GOEDHUIS, The never
ending dispute. Delimitation of air space and outer space, Parigi, 1996.
6
KROELL, Elements createurs d’un droit astronatique, in RGA, 1953, pagg. 223 ss.
8
9. volume generato da un cono di rivoluzione che ha come vertice il centro di gravità
della Terra e per direttrice la linea di confine terrestre.
Il secondo, invece, ipotizzò la frontiera volume, ossia un volume identificato da due
piani verticali rispetto alla superficie terrestre/marina, simmetrici a quello passante
per la linea di confine al suolo. La distanza dei piani esterni doveva dipendere dai
progressi tecnologici nella precisione della navigazione aerea. Tale metodo, però, fu
subito rigettato durante la stesura del trattato di pace di Versailles del 1919, poiché
gli errori di navigazione potevano avvenire sia all’interno che all’esterno del volume
di tolleranza.
Tuttavia, nonostante questi criteri siano di facile intuizione, è problematica la loro
effettiva applicazione. Tenuto conto di queste difficoltà, gli studiosi tendono a
preferire un piano che sia perpendicolare alla morfologia media del terreno lungo la
linea di tale confine, ma anche questa definizione solleva molti dubbi. Basti pensare
che se una linea di confine segue un elemento della morfologia del terreno come
fiumi o catene montuose, non sussistono problemi, ma su territori con pochi e non
ben visibili punti di riferimento, l’identificazione dell’andamento della linea di
confine diventa difficoltosa.
Solo con la Convenzione di Parigi del 1919 venne stabilito come criterio spaziale
per la demarcazione laterale degli spazi aerei la proiezione verticale dei punti della
linea di confine terrestre, della delimitazione laterale e frontale del mare territoriale7.
Anche per ciò che riguarda la determinazione del confine verticale di uno Stato si
sono presentate differenti teorie. Primi metodi di delimitazione verticale furono
quelli che, basandosi sugli scritti riguardanti il diritto marittimo, proponevano che il
concetto di territorialità aerea fosse misurabile in modo pari alla “portata di tiro dei
cannoni”, concetto già utilizzato per definire la sovranità marina. Rolland in un
articolo sulla “Revue” del 1906, propose di stabilire la zona di sicurezza fino a 330
metri, l’altezza della torre Eiffel che, all’epoca, era l’edificio più alto del mondo.
River, nel 1876, ipotizzò che si trovava sotto la sovranità dello Stato sottostante la
colonna d’aria sovrastante il territorio dello Stato e le acque territoriali, per
un’estensione pari alla gittata di un fucile. Ovviamente lo sviluppo tecnologico delle
armi ha completamente reso inutilizzabile queste metodologie.
7
Per l’origine della dottrina spazialista: DE LA PRADELLE, Les frontières de l’air, in RC, 1954, II pagg.
132 ss.
9
10. La problematica pratica di porre un limite verticale al concetto di sovranità aerea di
uno Stato nacque al momento del primo lancio di un satellite nello spazio, che
concretizzò la possibilità di utilizzare il nuovo ambiente chiamato spazio cosmico.
Per individuare i limiti verticali di questo spazio si è ricorso in passato al metodo
della divisione dell’atmosfera in strati: troposfera, stratosfera, mesosfera, termosfera
ed esosfera. Tuttavia, la fisica dell’atmosfera offre una visione dinamica e non
statica, per cui essa si è rivelata una metodologia non praticabile e arbitraria.
Un altro tentativo di limitare verticalmente lo spazio aereo è stato effettuato
considerando l’effettiva possibilità di arrivare con i velivoli fino ad una certa quota,
ma questo limite varia in base al progresso tecnologico.
Altri limiti proposti fanno appello a diversi fenomeni e attività che si esplicano
intorno alla Terra, come ad esempio la teoria biologica8, la teoria delle tre zone9, il
perigeo dei satelliti10, l’altitudine garante della sicurezza dello Stato11 ecc. Tutti
questi metodi non offrono, purtroppo, la sicurezza e la permanenza di un confine
sicuro ed oggettivo praticamente rispettabile.
In conclusione si può dire che i metodi spaziali non offrono un criterio univoco e
risultano instabili nel tempo.
Se il criterio di determinazione spaziale è volto all’individuazione dei confini
verticali della sovranità nazionale, sul presupposto che solo lo spazio atmosferico o
inferiore e tutte le attività in esso svolte sarebbero sottoposte alla sovranità degli
Stati sottostanti, e lo spazio extra-atmosferico o superiore sarebbe libero e tutte le
attività ivi effettuate sarebbero sottoposte unicamente alla sovranità degli Stati che le
esercitano, con l’approccio funzionale, invece, tutto ruota intorno all’esercitabilità
8
Proposta con l’inizio dei voli spaziali nel 1957. Si basava sulla capacità umana di salire in quota
senza l’aiuto di bombole o di altro aiuto tecnologico. Si tratta di un metodo poco affidabile
oggettivamente poiché dipende da innumerevoli fattori biologici.
9
È un concetto che divide lo spazio al di sopra del suolo in tre fasce concentriche e riprende la
suddivisione dei confini del mare.
10
L’ex Unione sovietica propose di determinare come limite superiore del volume d’aria la quota del
perigeo delle orbite satellitari, ossia del punto dell’orbita più vicina alla superficie della Terra.
11
Questo criterio più che risolvere la questione è all’origine del problema stesso. Ogni Stato ha
proposto limiti differenti, passando dai 64 km proposti dal Canada ai 100 dell’Italia.
10
11. della sovranità sui mezzi spaziali, di qualsiasi natura essa siano. Ove non è possibile
esercitare la propria sovranità, l’utilizzo dello spazio diviene libero. Quindi solo le
attività aeree, ovunque esse si svolgano, potrebbero essere sottoposte, per i loro
tradizionali caratteri che le collegano al territorio sorvolato, alla sovranità degli Stati
eventualmente sottostanti12.
Purtroppo, il Trattato relativo ai principi che regolano le attività spaziali degli Stati
in materia di esplorazione e di utilizzo dello spazio extra-atmosferico non ha risolto
il problema della definizione dei limiti che segnerebbero il passaggio dallo spazio
aereo, soggetto alla sovranità degli Stati, a quello extra-atmosferico. Anche il
Comitato delle Nazioni Unite per l’uso pacifico dello spazio aereo, dopo numerosi
dibattiti, ha concluso che la questione non era di carattere pregiudiziale e prioritaria.
Non essendo stata stabilita nessuna linea di confine tra l’attività soggetta a sovranità
ed attività libera, l’unico criterio a cui fare riferimento pare essere quello che vuole
che la sovranità non esista dove non sia effettivamente esercitabile.
1.3. La Convenzione di Parigi del 1919
Quando terminò la Prima Guerra Mondiale i progressivi sviluppi nel campo
dell’aviazione fecero sì che diventasse necessario introdurre delle regole
internazionali in questa materia. Ciò avvenne durante la Conferenza di Parigi del
1919, nata ai margini della Conferenza di Versailles, quando un gruppo di lavoro
formato dai rappresentanti di 12 potenze venne istituito per delineare delle norme
apposite. Il Regolamento della Navigazione Aerea emanato dalla Conferenza fissava
i principi giuridici fondamentali del diritto dell’aria e regolava in maniera universale
le questioni essenziali della circolazione aerea. Il documento si apriva con l’articolo
1 che riconosceva la completa e assoluta sovranità di ogni Stato sull’atmosfera
sovrastante il suo territorio e le sue acque territoriali e il diritto di ogni Stato di
esercitare la giurisdizione sullo spazio aereo al di sopra del suo territorio. Il termine
“riconosce” significa che questo diritto era considerato norma consuetudinaria, e
12
Tra gli studiosi della teoria funzionale: CHAUMONT, Droit de l’éspace, Parigi, 1960; LANZA, Fenomeni
di contiguità aerea nel diritto internazionale, Napoli, 1961.
11
12. veniva applicata a tutti gli Stati a prescindere che avessero aderito alla Convenzione.
L’articolo 2, come vedremo in seguito, mitiga il dettato dell’articolo di apertura
disciplinando il passaggio inoffensivo13.
Nella Convenzione di Parigi era prevista anche la creazione di un organismo
permanente, posto sotto l’autorità della Società delle Nazioni, competente per le
questioni amministrative nascenti del volo e per gli altri particolari tecnici della
navigazione internazionale, chiamato CINA (Commissione Internazionale di
Navigazione Aerea) che, agendo sotto il controllo formale della Società delle
Nazioni, si configurava come il centro di raccolta e di diffusione delle informazioni
di qualsiasi genere relative al settore in questione. La CINA, composta degli Stati
membri della Convenzione, era anche l’unico centro decisionale con funzioni
legislative, amministrative, giurisdizionali e consultive.
Il testo della Convenzione entrò in vigore nel 1922: nel 1939, alla vigilia della
Seconda Guerra Mondiale, contava su 32 adesioni, tra le quali mancavano però,
quelle di Stati molto importanti come URSS e USA, Brasile, Cina e Germania
determinata da motivi pratici e politici che ne impedì, di fatto, l’applicazione e
l’accettazione universale, limitando la sua portata e l’azione della Commissione
integrativa.
Nonostante le numerose critiche ad essa mosse, la Convezione di Parigi si è rivelata
molto importante poiché rappresenta il primo sforzo riuscito di raccogliere
l’adesione di numerosi Stati su di un testo internazionale e per la creazione di
un’organizzazione internazionale permanente regolatrice del volo aereo.
Alla Convenzione di Parigi non seguirono grandi realizzazioni nella disciplina di un
regime internazionale della navigazione aerea, ma si affermò un tipo di
collaborazione su base regionale, detto “regionalismo aereo”. Esso si concretizzò
con la stipulazione di altre due convenzioni aeronautiche che raggruppavano Stati
della stessa regione geografica con stretti rapporti politici ed economici. Si tratta
della Convenzione Ibero-Americana del 1926 sulla navigazione aerea, che ottenne
pochissime ratifiche e della Convenzione PanAmericana sull’Aviazione
Commerciale conclusa all’Havana nel 1928 a cui aderirono anche gli Stati Uniti.
Essa prevedeva, tra l’altro, che ogni aeromobile appartenente ad uno Stato
13
W. P. HEERE, op. cit., pag 3.
12
13. contraente ed operante il commercio aereo internazionale avrebbe potuto deporre dei
passeggeri e una parte delle sue merci in un aeroporto di arrivo di un altro stato
contraente e recarsi in un altro o in altri aeroporti dello stesso stato o di più Stati
stranieri. Questa norma anticipa il regime che si affermerà in seguito, con la
Convenzione di Chicago sulle libertà commerciali. Quindi, nel periodo tra le due
Guerre Mondiali, la navigazione aerea, essendo sottoposta ad un doppio regime di
diritto pubblico fissato da due diverse convenzioni regionali (Parigi 1919 e l’Havana
1928) non presentava ancora una disciplina uniforme ed universale: ne conseguiva,
quindi, una situazione di caos a livello giuridico che rendeva difficile non solo
l’applicazione delle suddette convenzioni ma anche lo svolgimento pratico delle
attività.
1.4. La Convenzione di Chicago del 1944
Come avvenne durante la Grande Guerra, il secondo conflitto mondiale vide un
grande sviluppo nella costruzione di moderni aeromobili, e dopo il 1939 fu
addirittura possibile effettuare voli transoceanici.
Se da un lato la rapida crescita del settore aeronautico imposta dalle esigenze
belliche aveva fatto dell’aereo lo strumento decisivo per il capovolgimento delle
sorti del conflitto, dall’altro la creazione di rotte intercontinentali e l’instaurazione di
servizi aerei regolari di collegamento avevano segnato l’inizio di una nuova era.
Le nuove dimensioni raggiunte dal settore, grazie ai costanti e rapidi progressi
tecnologici, il peso via via maggiore che esso aveva ormai assunto in campo
economico e commerciale e le nuove prospettive che si presentavano nell’immediato
futuro convinsero gli Stati Uniti a prendere l’iniziativa per la convocazione di una
Conferenza aeronautica internazionale che si riunì a Chicago nel novembre del
1944. La Conferenza aveva lo scopo di riesaminare tutta la disciplina giuridica
ancora vigente nel settore della navigazione aerea e dell’aviazione civile. Inoltre si
era reso necessario elaborare un nuovo ed unico statuto internazionale della
navigazione aerea che costituisse sia il nuovo quadro giuridico in cui doveva
13
14. realizzarsi la cooperazione tra gli Stati, sia il presupposto e il fondamento dello
sviluppo del trasporto aereo e dell’aviazione civile internazionale.
Le sedute della Conferenza furono caratterizzate dal contrasto tra gli Stati Uniti e la
Gran Bretagna, due delle più importanti potenze mondiali dell’epoca, sui principali
problemi in discussione.
Gli Stati Uniti, per la loro capacità industriale e la tradizione politico-economica,
erano favorevoli alla creazione di un regime internazionale basato sul principio di
massima libertà dell’aria e di un’assoluta concorrenza ed indipendenza del traffico
aereo che consentisse loro di sfruttare la netta superiorità già acquisita nel settore
negli ultimi vent’anni nonché di affermare definitivamente il loro primato nel
dominio dell’aria.
La Gran Bretagna, come del resto la maggior parte degli Stati europei, invece, era
consapevole di aver bisogno di un periodo di tempo adeguato per poter essere
competitiva al pari degli Stati Uniti; temeva perciò, che un’eccessiva libertà dei cieli
favorisse la creazione di un grande impero commerciale americano che potesse
estrometterla dal mercato delle linee aeree.
Gli Stati Uniti proposero un progetto di Convenzione, che ribadiva i concetti di
sovranità territoriale espressi dall’art. 1 della Convenzione di Parigi e riconosceva
tra gli Stati firmatari della Convenzione le due libertà tecniche dell’aria: il sorvolo e
l’atterraggio14. Per quanto concerneva le libertà commerciali, esse dovevano essere
sottoposte, a speciali accordi tra gli Stati interessati.
L’art. 1, quindi, riproponeva il testo dell’articolo di apertura della Convenzione di
Parigi: “Gli Stati contraenti riconoscono che ogni Stato ha la completa ed esclusiva
sovranità sullo spazio aereo sovrastante il proprio territorio”, intendendo per
territorio “le aree terrestri e le acque territoriali ad essa adiacenti sotto la sovranità, la
supremazia, la protezione od il mandato di tale Stato.”15
Con la Convenzione di Chicago, quindi, il sistema di Parigi non viene sovvertito ma
soltanto perfezionato e migliorato in alcuni punti.
Anche se la preponderanza industriale degli Stati Uniti veniva parzialmente limitata,
agli inglesi l’Accordo non piacque e, nel timore di essere schiacciati dalla loro
14
Vedasi Cap. 2 pagg. 24 ss.
15
Art. 1 Convenzione di Chicago 1944
14
15. supremazia nelle trattative bilaterali, proposero la creazione di un organismo
internazionale fornito dell’autorità necessaria per controllare il traffico aereo
mondiale. In questo modo nessuno Stato avrebbe potuto egemonizzare il traffico
aereo. Ovviamente, gli Stati uniti erano contrari a questo sistema centralistico che
avrebbe limitato l’espansione della loro industria. Essi ammettevano che
un’organizzazione internazionale doveva esserci, ma volevano ridurre al minimo i
suoi poteri.
Nacque così l’ICAO16, espressione del compromesso tra la posizione inglese e quella
americana. Esso venne costituito sin dal 1947 e ottenne lo status di Istituto
Specializzato dell’ONU con sede a Montreal.
Gli obiettivi dell’ICAO sono fissati dall’art. 44 della Convenzione e consistono nello
sviluppare i principi e le tecniche della navigazione internazionale e nel favorire i
piani e lo sviluppo dei trasporti aerei internazionali.
L’ICAO adotta degli standard e delle raccomandazioni riguardanti la navigazione
aerea e l'aviazione civile. Inoltre, definisce i protocolli per le indagine sugli incidenti
aerei seguiti dalle autorità per la sicurezza del trasporto dei Paesi parti della
Convenzione.
1.5. La sovranità aerea sul mare: la Convenzione di Montego Bay del 1982
Un ulteriore aspetto che completa l’analisi del principio di sovranità aerea
riguarda il concetto di sovranità aerea sul mare.
La prima regolamentazione di questa materia risale alla Convenzione di Ginevra
sull’alto mare del 1958, la quale afferma, all’art. 2, che “la sovranità dello Stato
rivierasco si estende allo spazio aereo al di sopra del mare territoriale”. Questo
principio, anche se non forniva una definizione quantitativa sull’estensione di tale
diritto, fu ripreso dalla Convenzione di Montego Bay sul diritto del mare del 1982
16
International Civil Aviation Organization
15
16. (detta anche Convenzione UNCLOS), che ha sostituito in larga parte la Convenzione
del 1958 ed è stata ratificata da ben 12417 nazioni.
Viene in questo ambito fornita la definizione di mare territoriale, termine con cui si
indica la porzione di mare assoggettata alla sovranità del Paese costiero. Secondo il
diritto consuetudinario, l’acquisto della sovranità è automatico: la sovranità
esercitata sulla costa implica la sovranità sul mare territoriale. Secondo l’articolo 2
della Convenzione di Montego Bay, infatti, “la sovranità dello Stato costiero si
estende al di là del suo territorio e delle sue acque interne o arcipelagiche18, nel caso
di uno stato arcipelagico, a una fascia adiacente di mare denominata mare
territoriale. Tale sovranità si estende allo spazio aereo sovrastante il mare territoriale
e al relativo fondo marino e al suo sottosuolo”. La Convenzione, inoltre, ha risolto il
nodo relativo alla determinazione dell’estensione del mare territoriale tramite il
dettato dell’art. 3, che ha sancito il limite massimo della sovranità in 12 miglia
marine dalla linea di base. L’articolo 5 di tale Convenzione stabilisce che “la linea di
base normale dalla quale si misura la larghezza del mare territoriale è la linea di
bassa marea lungo la costa, come indicata dalle carte nautiche di grande scala
ufficialmente riconosciute dallo Stato costiero”. Si tratta di una norma
consuetudinaria, ma essa può essere derogata in casi particolari, ad esempio nei casi
in cui vi sia uno Stato con una costa particolarmente frastagliata, oppure quando vi
sia una frangia di isole lungo la costa nelle sue immediate vicinanze. A tal proposito
interviene l’articolo 7 che introduce il metodo delle linee base rette e le regole per la
sua corretta applicazione19. Al di là del limite di 12 miglia dalla costa, lo Stato
17
Fonte http://untreaty.un.org/ENGLISH/bible/englishinternetbible/partI/chapterXXI/treaty7.asp#N2.
18
Secondo l’art. 47 della Convenzione di Montego Bay uno Stato arcipelago può tracciare linee di
base arcipelagiche diritte che congiungano i punti estremi delle isole più esterne e delle scogliere
affioranti dall’arcipelago se queste linee di base racchiudano le isole principali e definiscano una
zona in cui il rapporto tra superficie marina e la superficie terrestre non superi il rapporto di 9 a 1.
19
In questi casi la Convenzione stabilisce con l’articolo 7 comma 1 l’uso del metodo delle linee rette
che collegano “punti appropriati”. Secondo tale sistema, la linea di base del mare territoriale è
segnata seguendo le sinuosità della costa, congiungendo i punti sporgenti di questa, o se vi sono isole
o scogli in prossimità, congiungendo le estremità di questi, o ancora in presenza di caratteristiche
naturali che rendano la costa instabile unendo i punti più avanzati. La sporgenza massima utilizzabile
deve essere stabilita secondo un criterio piuttosto elastico previsto dallo stesso art. 7. Innanzitutto, il
tracciato delle linee rette non deve discostarsi in misura sensibile dalla morfologia della costa;
16
17. beneficia, inoltre, di una zona contigua adiacente alle acque territoriali, per una
larghezza massima di 24 miglia marine dalla linea di base (art. 33), nella quale ha il
diritto di esercitare i controlli necessari per prevenire le violazioni delle proprie leggi
e regolamenti doganali, fiscali, sanitari e di immigrazione.
Esiste, infine, una zona marittima adiacente al mare territoriale detta economica
esclusiva (ZEE), non eccedente le 200 miglia marine dalla costa (art. 57), in cui lo
stato rivierasco esercita la competenza esclusiva sulle risorse della zona.
1.6 Lo spazio aereo internazionale
Il concetto di sovranità aerea è ovviamente collegato a quello di spazio aereo
internazionale, cioè lo spazio non soggetto alla sovranità di alcuno Stato in cui tutti
gli aeromobili, civili e militari, hanno completa libertà di sorvolo.
La definizione dello spazio aereo internazionale deriva dalla definizione del termine
“alto mare”.
Per "alto mare" si intendono tutte quelle parti del mare che non appartengono né al
mare territoriale né alle acque interne20. Per quanto ancora valida, questa nozione va
vista alla luce del principio secondo cui le disposizioni relative al regime dell'alto
mare non si applicano alle aree marine incluse nella zona economica esclusiva. In
sostanza il regime della ZEE non è identico a quello dell'alto mare in quanto
mancante di alcune delle libertà relative21.
inoltre, gli spazi marini che giacciono all’interno delle linee devono essere sufficientemente collegati
al dominio terrestre per essere sottoposte al regime delle acque interne; occorre poi tenere conto
degli interessi della regione in oggetto; infine, il metodo delle linee rette non può essere impiegato al
fine di separare il mare territoriale di uno Stato terzo dall’alto mare e o da una zona economica
esclusiva.
20
www.marina.difesa.it
21
A. LEFEBVRE D’OVIDIO, G. PESCATORE, L. TULLIO, Manuale di diritto della navigazione, Milano, 2004,
pagg. 90 ss.
17
18. Anche se la zona economica esclusiva non rientra nel campo di azione dell’alto mare
la maggioranza degli autori trattano il problema del sorvolo sulla ZEE, concludendo
che il regime dello spazio aereo al di sopra di questa zona debba essere assimilato a
quello dell’alto mare, salvo eccezioni. Il sorvolo della ZEE è quindi libero, omesso il
caso di sorvolo che possa incidere sull’esclusività dello sfruttamento economico
della zona, che cade sotto la giurisdizione degli stati costieri.
Riassumendo, lo spazio aereo internazionale corrisponde allo spazio aereo situato al
di sopra di tutte le zone (ovviamente marine), sottratte alla giurisdizione di uno
Stato, nel senso che nessuno Stato può proclamare la sua sovranità su tutto o su parte
dell’alto mare, né sullo spazio aereo sopra giacente. La regolamentazione del
sorvolo dello spazio aereo internazionale è fornita dalle raccomandazioni e pratiche
internazionali adottate dall’ICAO, relative alle regole dell’aria e pratiche di controllo
della circolazione aerea. Esse figurano nell’allegato 2 e in una parte dell’allegato 11
della Convenzione di Chicago22 e sono obbligatori al di sopra dell’alto mare,
secondo il dettato dell’art. 12.
1.7 La zona contigua aerea e la zona di difesa aerea
Nel corso degli anni successivi allo scoppio della Guerra Fredda si è affermata la
tendenza di alcuni Stati costieri ad esercitare propri diritti di sovranità aerea anche in
zone che superano il limite delle 12 miglia dalla costa23. Ciò ha dato spesso luogo a
22 22
L’ICAO ha raccomandato nell’allegato 11 sui servizi di circolazione aerea, la creazione di
porzioni di spazio aereo al fine di controllare la sicurezza aerea. Gli stati incaricati di questi controlli
devono pubblicare il NOTAM – (NOtice To AirMen), che ha un valore puramente tecnico ma che
resta indispensabile per l’aviazione civile internazionale. Esso viene utilizzato dai piloti di
aeromobili o elicotteri per essere aggiornati sulle ultime informazioni di un determinato aeroporto. È
emesso dagli enti governativi per l'aviazione (in Italia dall'ENAV e dall'Aeronautica Militare)
secondo le convenzioni precise indicate nell'Annesso 15 della Convenzione Internazionale per
l'Aviazione Civile e Servizi Informativi Aeronautici.
23
Già la Francia, nel 1926 aveva limitato ed in alcuni casi interdetto, nell’ambito di alcune zone, il
sorvolo delle acque nelle vicinanze delle proprie coste. Tali zone, indicate in varie ordinanze
emanate dal Ministero dell’aria francese a partire da tale anno, erano generalmente delimitate da
linee ideali poste a sei miglia al largo della costa della Francia. Ma, anche in assenza di espresse
18
19. fenomeni che possiamo definire di contiguità aerea, e talora all’istituzione da parte
degli Stati costieri di vere e proprie zone contigue allo spazio aereo territoriale.
L’esempio più importante è costituito dal comportamento di vari Stati costieri che
hanno realizzato alcuni sistemi, definiti di sicurezza, e giustificati con l’intento di
difendere i rispettivi territori nazionali da eventuali attacchi aerei di sorpresa
provenienti dal mare. La creazione di una zona contigua comporta in questi casi,
l’istituzione di speciali zone di identificazione aerea che si estendono per centinaia
di miglia nello spazio sovrastante l’alto mare, intorno alle coste di questi Stati, in
modo da rendere necessario il transito in tali zone per penetrare, provenendo dal
mare, nello spazio aereo degli Stati in questione. Inoltre, ciò determina l’imposizione
a carico di tutti gli aerei, sia nazionali che stranieri, dell’obbligo di sottoporsi di
propria iniziativa all’identificazione ed alla localizzazione, da parte di speciali
stazioni poste a terra, nel momento stesso in cui penetrino in dette zone, ed al
continuo controllo di queste stesse stazioni per tutto il tempo in cui transitino in esse.
Gli stessi aeromobili che tentino di sottrarsi all’osservanza di tali obblighi si
espongono ad essere intercettati in volo da aerei da caccia, ed al conseguente rischio
di essere costretti ad atterrare.
Una zona di identificazione aerea molto importante è quella creata dagli Stati Uniti,
nel 1950, che hanno incorporato nella loro giurisdizione territoriale una larga
porzione di spazio aereo internazionale per timore dell’estensione su scala mondiale
regolamentazioni al riguardo, lo spazio aereo sovrastante la zona contigua marittima, istituita per
scopi di sicurezza, era sempre stato considerato dalle autorità francesi come costituente di fatto
una zona contigua aerea di sicurezza. Le speciali misure concernenti la navigazione aerea, adottate
nell’ambito di tali zone, non provocarono mai proteste da parte di altri Stati. D’altro canto, gli Stati
Uniti avevano già istituito, in base alla sezione 4 dell’Air Commerce Act del 1926, varie riserve di
spazio aereo sulle acque adiacenti alle proprie coste. Dal febbraio 1929 furono istituite per scopi di
sicurezza e di difesa dagli Stati Uniti riserve di spazio aereo che solo in qualche punto eccedevano
di poco le tre miglia dalla costa americana, costituenti i limiti tradizionali del cosiddetto spazio
aereo territoriale. A sua volta, il Regno Unito nel 1949 emanò l’Air Navigation Order con il quale
rese applicabile anche agli aeromobili il Custom Consolidation Act emanato nel 1876, e fino a
quel momento applicabile ai soli mezzi navali. Esso istituiva una zona contigua marittima di
quattro leghe, pari a dodici miglia per scopi doganali e fiscali. In tal modo, con l’Air Navigation
Order si è istituita una zona contigua aerea della stessa ampiezza e per gli stessi scopi della zona
contigua marittima.
19
20. della guerra di Corea.24 Nella legislazione dei Paesi che hanno istituito delle zone di
difesa aerea, le zone di identificazione aerea possono essere costiere (ossia quelle
zone di interdizione situate sopra le acque territoriali e l’alto mare), domestiche
(ovvero quelle al di sopra del territorio terrestre), e le zone in cui un sistema radar è
attivo.
Le zone di identificazione aerea sono molto differenti le une dalle altre, in quanto
sono soventemente legate agli avvenimenti politici propri degli Stati che le
istituiscono e per questo è difficile fare un discorso generale. Tuttavia si distingue
abitualmente in due categorie di zone di identificazione differenti: quelle instaurate
in circostanze eccezionali e quindi temporanee, e quelle puramente preventive che
hanno lo scopo di contrastare un eventuale attacco aereo e quindi permanenti25.
Le zone di identificazione aerea temporanee sono istituite, invece, non in periodo di
pace ma in periodo di crisi. Si tratta quindi di zone di difesa aerea di durata
limitata26.
La nascita di quest’area è riconducibile all’ipostesi funzionale della determinazione
dei confini aerei che viene portata alle sue estreme conseguenze proprio con
l’istituto della zona di interdizione.
Se una zona di interdizione istituita sullo spazio aereo sovrastante il territorio del
proprio Stato suscita sotto il profilo della liceità pochi problemi, dal punto di vista
24
E’ sulla base di un ordine esecutivo del presidente Americano dell’epoca, il presidente Truman,
che il Governo degli Stati Uniti ha istituito nel dicembre dello stesso anno l’”US Civil Aeronautics
Administraion”, atto unilaterale che ha dato origine all’ADIZ americana.
25
Si è sviluppato anche un altro tipo di zona di difesa aerea più marginale, che fa riferimento a
situazioni di Stati costieri che rivendicano la sovranità su una regione di alto mare e relativo spazio
aereo soprastante.
26
Per illustrare questo tipo di ADIZ possiamo citare il caso della Francia durante la crisi di Algeria.
Nel 1956 la francia istituì la zona regolamentata n. 230, di una larghezza di 70 miglia marine di
costa algerina, al fine di impedire che aeromobili civili stranieri potessero essere coinvolti nel
conflitto franco-algerino. Un altro esempio significativo è quello della crisi delle Falkland
(Malvinas) del 1982. Nel contesto del suo conflitto con l’Argentina, il Regno Unito dichiarò una
“Zona di esclusione marittima” di 200 miglia marine attorno alle isole Falkland e precisò che
“tutte le navi argentine scoperte all’interno di questa zona saranno considerate come ostili e per
tanto saranno esposte ad un attacco delle forze britanniche”. A tal proposito N. RONZITTI, Diritto
internazionale dei conflitti armati, Giappichelli, pag. 283.
20
21. del diritto internazionale tradizionale l’istituzione di una zona di interdizione nello
spazio aereo internazionale non potrebbe considerarsi lecita27. È infatti principio
ben fermo che sopra l’alto mare nessun aereo è soggetto al controllo di altri Stati
(salvo l’esercizio da parte di questi della legittima difesa in caso di pericolo
imminente)28.
Tuttavia. una drastica conclusione negativa sul problema della liceità internazionale
del fenomeno delle zone contigue aeree sarebbe alquanto affrettata e non
valuterebbe adeguatamente l’atteggiamento della più recente prassi internazionale
nei confronti del fenomeno in questione che denota, da un lato, l’assenza di
opposizioni da parte dei membri della Comunità internazionale al sorgere di tali
pretese, dall’altro, una graduale tendenza del fenomeno stesso ad estendersi sempre
di più. L’istituzione delle zone contigue aeree deve essere considerata almeno entro
certi limiti lecita per il diritto internazionale generale. Il fondamento giuridico
dell’istituzione di tali zone può essere rinvenuto proprio nel particolare modo di
essere e di atteggiarsi della sovranità degli Stati e delle norme internazionali che
tutelano la manifestazione nell’ambito dei cosiddetti spazi liberi. In altri termini, è
possibile individuare l’esatto fondamento giuridico dell’estensione della potestà
degli stati costieri alle attività aeree straniere che si esplicano negli spazi aerei ad
essi adiacenti, ed i limiti in cui l’esercizio di tale podestà è giuridicamente lecito, se
si riconosce che il diritto internazionale procede solo in alcuni casi dal punto di
vista spaziale, e, anche in tali casi, mai a titolo principale. Ciò significa riconoscere
che, al fine del regolamento di una determinata attività, per il diritto internazionale
sia di essenziale importanza, non la localizzazione di tale attività, ma l’esistenza di
un collegamento di diversa natura tra essa ed uno o più Stati. Collegamento in cui
solo talvolta la localizzazione assume rilevanza. Ciò significa aderire a
quell’orientamento dottrinario secondo il quale il diritto internazionale si pone
sempre da un punto di vista prevalentemente funzionale e solo eventualmente anche
dal punto di vista spaziale29.
27
Principio riconosciuto, come detto in precedenza, sia dalla convenzione di Ginevra che dalla
convenzione UNCLOS.
28
T. BALLARINO, S. BUSTI, Diritto aeronautico e spaziale, Milano, 1988 pag. 100.
29
U. LEANZA, Il diritto degli spazi internazionali, parte prima, Giappichelli 1999, pag. 375.
21
22. 1.8 Le zone pericolose
Limitazioni alla libertà di navigazione e di sorvolo dell’alto mare non possono
essere poste da alcuna nazione30. Abbastanza frequentemente, però, certe porzioni
di spazio aereo internazionale dalle dimensioni ben definite vengono chiuse al
traffico marittimo ed aereo, per una durata determinata.
Le zone pericolose o danger zone portano questo nome in ragione della natura delle
attività che vengono svolte all’interno di esse. Infatti, gli Stati decretano una zona di
pericolo al di sopra dell’alto mare, nella maggior parte dei casi, al fine di effettuarvi
delle manovre militari.
Gli Stati Uniti per primi hanno creato una zona pericolosa nel 1947. Si trattava di
una zona esperimenti relativi a bombe atomiche e bombe all’idrogeno negli atolli
d’Eniwetok31 e di Bikini, nell’arcipelago delle isole Marshall nell’Oceano Pacifico.
Questa zona all’inizio era di 18.000 miglia quadrate di mare e di terre libere; fu
estesa sette anni più tardi a 400.000 miglia quadrate in ragione di un
“perfezionamento” delle armi nucleari e a seguito degl’incidenti con dei
pescherecci giapponesi.
L’Unione Sovietica istituì nel 1957 una zona di pericolo di 100.000 miglia marine a
ridosso del mare del Giappone. Destinata a poligono di tiro missilistico.
Anche la Francia creò una danger zone nel 1972 destinata a poligono militare
nell’atollo di Mururoa nella Polinesia Francese. La dichiarazione di danger zone ha
la particolarità di essere unilaterale e non è quindi necessario raccogliere il
consenso degli altri Stati, anche se in materia esiste qualche accordo bilaterale.
E’ importante rilevare che uno Stato che crea una zona di pericolo nell’alto mare
non può interdire né regolare i voli aerei, che sono semplicemente avvertiti
dell’esistenza di questa zone e del pericolo di sorvolarla. Nel perimetro di queste
30
Articolo 89 UNCLOS.
31
Detto anche Enewetak.
22
23. zone gli aeromobili possono penetrare a loro rischio e pericolo e lo Stato creatore
della zona pericolosa rigetta tutte le responsabilità32.
CAPITOLO SECONDO
IL DIRITTO DI SORVOLO
2.1 Definizione
Il dibattito nato intorno al diritto dell’aria non comprende soltanto il concetto
di sovranità territoriale aerea, ma anche quello di diritto di sorvolo.
Per diritto di sorvolo si intende la possibilità da parte di un aeromobile di sorvolare
lo spazio aereo sotto la sovranità di un altro Stato. Esso costituisce quindi un
32
cfr. www.difesa.marina.it
23
24. importante limite al diritto di sovranità sullo spazio aereo che uno Stato può
esercitare.
Una prima importante disciplina di questo diritto la si ritrova nell’art. 2 della
Convenzione di Parigi del 1919, che consente il cosiddetto “passaggio inoffensivo”:
“ogni Stato contraente s’impegna in tempo di pace ad accordare libertà di passaggio
inoffensivo al di sopra del suo territorio agli aerei degli altri Stati contraenti, nel
rispetto delle condizioni previste dalla Convenzione”33.
Si tratta di una norma convenzionale e ciò viene ribadito dal dettato dell’art. 5 il
quale dispone che nessuno Stato contraente autorizzerà, se non in maniera speciale e
temporanea, che il suo territorio sia sorvolato da un aereo che non ha la nazionalità
di uno Stato firmatario della Convenzione. Come osservano Ballarino e Busti34
l’esercizio di questo diritto è comunque subordinato all’impiego di determinate rotte
fissate dallo Stato sorvolato.
2.2 Il diritto di sorvolo nella Convenzione di Chicago
Nel 1944, la Convenzione di Chicago sull’Aviazione Civile Internazionale si
è diffusamente occupata della disciplina del diritto di sorvolo restando ferma,
comunque, l’applicazione di tale diritto su base convenzionale, affermata nella
seconda sezione del trattato. La Convenzione di Chicago è formata da un complesso
normativo più ampio e articolato rispetto alle norme previste nella Convenzione di
Parigi, che il trattato firmato nel dicembre del 1944 ha sostituito, garantendo una
disciplina della navigazione aerea ispirata a principi più liberali.
Il sistema di accordi elaborato nella Conferenza può essere considerato come il
risultato del compromesso tra la posizione dirigista espressa dalla Gran Bretagna e la
posizione liberista espressa dagli Stati Uniti35. Infatti, per attenuare il contrasto tra i
33
Art. 2 Convenzione di Parigi 1919.
34
S. BALLARINO, T. BUSTI, op. cit., pag. 14.
35
Cfr. cap. 1 pag.
24
25. due diversi atteggiamenti, fu necessario elaborare tre diversi accordi separati36 che,
se da una parte fissavano un regime generale molto restrittivo, nello stesso tempo
consentivano a ciascuno Stato di renderlo più o meno liberale secondo le sue
esigenze attraverso la concessione e l’uso multilaterale delle libertà dell’aria37.
Il regime generale, quello della Convenzione, pone in essere una disciplina
differente a seconda che gli aeromobili effettuino servizio di trasporto internazionale
regolare (di linea), o meno. L’ICAO ha definito il servizio internazionale di trasporto
aereo regolare come una serie di voli che siano effettuati attraverso lo spazio aereo
di più Stati e allo scopo di trasportare merci, passeggeri, o effetti postali verso
corrispettivo, in modo che ogni volo sia accessibile al pubblico e che tali voli
mettano in collegamento due o più punti che restano gli stessi, osservando un orario
reso pubblico o che abbiano una regolarità o una frequenza tale da assumere il
carattere di una serie sistematica di voli.38
La Convenzione non stabilisce, peraltro, a quale Stato appartenga la competenza a
determinare la distinzione tra voli regolari e voli non regolari; nell’incertezza
applicativa del testo la prassi è pervenuta alla conseguenza di attribuire allo Stato di
destinazione la competenza a fissare anche i relativi criteri distintivi39.
La disciplina dei voli di linea è affidata al dettato dell’art. 6 della Convenzione che,
in accordo con il disposto dell’art. 1 sulla sovranità aerea, stabilisce che “nessun
servizio regolare internazionale di trasporto aereo può essere esercitato al di sopra
del territorio di uno Stato contraente senza autorizzazione speciale di detto Stato.”
Mentre non vi sono dubbi sulla portata di tale articolo, la posizione dell’art. 5, che
riguarda i voli charter40 è meno chiara e semplice.
Innanzitutto, l’articolo distingue tra aerei non di linea che effettuano servizio
commerciale e non commerciale. La prima parte dell’articolo concede agli
aeromobili di uno Stato contraente, impiegati in voli non commerciali, il diritto di
sorvolare senza particolari autorizzazioni il territorio degli altri Stati contraenti e di
36
La Convenzione, l’Accordo sul transito dei servizi aerei internazionali e l’Accordo sul trasporto
aereo internazionale. Per questi due accordi si veda par. 2.4.
37
vedi paragrafo 2.3.
38
Ris. ICAO 7278-C/841 del 10 Maggio 1952.
39
M. SPADA, Diritto della navigazione aerea e spaziale, Milano, 1999 pag. 8.
40
I charter sono aeromobili civili impiegati nel trasporto di passeggeri, merci e posta dietro compenso
o noleggio in servizi non regolari o registrati.
25
26. effettuarvi atterraggi non commerciali, permettendo allo Stato sorvolato di effettuare
controlli per ragioni tecniche; la seconda parte prevede, per i voli non regolari con
carattere commerciale, effettuati cioè con remunerazione, il diritto degli Stati
contraenti di imporre regolamentazioni, condizioni e restrizioni.
La distinzione si rivela sibillina e, nel secondo caso, il diritto dello Stato di
regolamentare e porre condizioni e restrizioni può riportare nondimeno alla
procedura di autorizzazione stabilita dall’art. 6 per il servizio regolare.
Emerge, da quanto si è detto, la notevolissima discriminazione tra volo regolare e
volo charter. Ai tempi della Convenzione i voli charter avevano un carattere
sporadico e potevano beneficiare del regime di tolleranza previsto per i voli isolati;
oggi invece, soprattutto nei periodi di alta stagione sono più frequenti degli stessi
voli di linea. Rispetto ai voli regolari vi è la differenza che per questi è sempre
necessaria una esplicita volontà positiva del governo, mentre i voli charter possono
essere effettuati tutte le volte che non vi sia un’esplicita volontà contraria della
pubblica autorità. Nel corso degli anni le restrizioni applicate nei confronti dei voli
charter, però, sono via via aumentate, penalizzando le compagnie che svolgono tali
tipi di attività.
Simili limitazioni e restrizioni sono state poste in essere principalmente per ragioni
protezionistiche da parte degli Stati, che spesso prevalgono sull’interesse dello
sviluppo del trasporto aereo internazionale su larga scala e sulla necessità di
contenere i costi.
L’appendice 1 del documento ICAO 9587/1999 fornisce, a tal proposito, le linee
direttive riguardanti la disciplina corretta per tutelare il servizio aereo non regolare.
Il gruppo di esperti sulla regolamentazione dei servizi aerei aveva rilevato che, se il
disposto dell’art. 5 si poneva l’obiettivo di arrivare a delle politiche che mirassero a
fare si che l’insieme dei voli internazionali regolari e non regolari corrispondesse
effettivamente ai bisogni del pubblico in modo da permettere uno sviluppo efficace
ed efficiente delle due categorie di volo, non era stato possibile in questi anni
giungere ad un accordo di applicazione riconosciuto a livello mondiale su tali
politiche. Di conseguenza, nel 1985 si era deciso di stabilire dei principi direttivi che
inglobassero una gamma di politiche e obiettivi nazionali.
26
27. Viene indicata, quindi, agli Stati nei 28 principi che costituiscono l’appendice, una
serie di raccomandazioni sull’atteggiamento che essi dovrebbero tenere nella
regolamentazione dei voli charter. Viene auspicato tra l’altro, di evitare le situazioni
nelle quali i dispositivi di regolamentazione siano troppo restrittivi e tali da rendere
impossibile o inefficace il trasporto aereo non regolare, al fine di tutelare le
compagnie che espletano voli regolari, dato che questi due tipi di attività soddisfano
insieme la domanda del pubblico seppur in maniera differente; viene raccomandato
di non applicare dispositivi o misure di regolamentazione che portino vantaggi
unicamente ai servizi regolari, in modo da ottenere uno sviluppo sicuro e ordinato
del mercato nel suo insieme e cercando di ridurre al minimo le regolamentazioni
applicate ai voli charter.
2.3 Le “Libertà dell’aria”
Se a Chicago venne a mancare un Accordo per la libertà dei cieli, furono,
però, enunciate le cosiddette libertà dell’aria, che sono riconosciute di diritto ai voli
non regolari, salvo restrizioni imposte dallo Stato sorvolato e che, mediante
l’autorizzazione indicata all’art. 6, possono essere esercitate dai vettori di linea dei
Paesi firmatari della Convenzione.
Le libertà dell’aria sono cinque e sono state enumerate nell’Accordo sul trasporto
aereo allegato alla Convenzione41. Si dividono in libertà tecniche e libertà
commerciali. Le libertà tecniche comprendono il diritto di sorvolo e il diritto di
atterraggio per scopi non commerciali. Quest’ultima libertà è stata riconosciuta per
la prima volta dall’art. 2 della Convenzione di Chicago, in quanto dalla Convenzione
di Parigi del 1919 se ne poteva solamente desumere l’esistenza dall’analisi
41
Vedasi par. 2.4
27
28. complessiva di alcuni suoi articoli42. Le libertà commerciali43 annoverano la
cosiddetta terza libertà, che consiste nel diritto di trasportare passeggeri, merce e
posta dal Paese di cui l’aeromobile ha la bandiera ad un altro; la quarta libertà, cioè
il privilegio di trasportare passeggeri, merci e posta nel Paese dell’aeromobile; la
quinta libertà, cioè la facoltà di imbarcare passeggeri e merci verso qualsiasi altro
Stato contraente e il diritto di sbarcare passeggeri, merce e posta provenienti da
qualsiasi altro Stato contraente quando questo non è quello della bandiera, dal quale
in ogni modo il volo proviene o verso il quale è diretto.
Inoltre, nella prassi del trasporto aereo internazionale si sono aggiunte altre libertà:
la sesta, che consta nel diritto, nell’ambito dei servizi aerei regolari, di trasportare,
passando dallo Stato di cui il trasportatore ha la nazionalità, persone, merci e posta
tra due altri Stati e la settima, ossia la libertà di un vettore di effettuare operazioni
commerciali tra i territori di due Stati terzi senza far scalo sul proprio territorio
nazionale44. Infine è stato riconosciuto il cosiddetto cabotaggio aereo 45. Esso si
manifesta attraverso l’ottava e nona libertà. L’ottava libertà consiste nel privilegio di
effettuare cabotaggio tra due punti situati all’interno dello Stato che accorda il
privilegio per mezzo di un servizio che comincia o termina nel territorio dello Stato
di cui il vettore ha la nazionalità (cabotaggio consecutivo). La nona libertà, infine, è
42
Dall’art. 22 che accorda agli aeromobili degli Stati contraenti il diritto, in caso di atterraggio, alla
stessa assistenza accordata agli aeromobili nazionali, l’art. 18 che prevede che durante il passaggio o
il transito attraverso l’atmosfera di uno stato contraente, comprese le fermate ragionevolmente
necessarie, un aeromobile potrà sottrarsi al sequestro per contraffazione di un brevetto ecc e l’art. 24
secondo il quale per ciascuno degli aeroporti vi sarà una tariffa di atterraggio e di soggiorno unica
applicabile senza alcuna differenza agli aeromobili nazionali e stranieri.
43
Il regime delle libertà commerciali si desume dallo stesso art. 5 il cui secondo comma dispone: “tali
aeromobili, se impiegati nel trasporto di passeggeri, merce o posta dietro compenso o dietro noleggio
in servizi aerei internazionali diversi da quelli registrati, avranno anche la facoltà di imbarcare o
sbarcare passeggeri, merci e posta fermo restando il diritto dello stato in cui è stato effettuato
l’imbarco di porre le norme, le condizioni e le limitazioni che ritenga desiderabili.”
44
E’ necessario rilevare che, comunque, nella pratica del traffico di linea questa libertà non compare mai.
45
L’art 7 della Convenzione dispone che ogni Stato contraente abbia il diritto di rifiutare agli
aeromobili degli altri Stati contraenti il permesso di imbarcare sul proprio territorio passeggeri, merci
o posta, trasportato verso compenso o a noleggio e destinati ad un punto dello stesso territorio. Per
cabotaggio aereo si intende il trasporto di passeggeri, merci o posta da una località all’altra
appartenenti al medesimo Stato .
28
29. il diritto di effettuare trasporto di passeggeri, merci o posta nello Stato che concede il
diritto all’interno del territorio di quello Stato (cabotaggio autonomo).
2.4 Gli accordi relativo al transito dei servizi aerei internazionali e al
trasporto aereo internazionale
L’atto finale della Conferenza dell’Aviazione Civile Internazionale
comprende due accordi relativi al transito dei servizi aerei internazionali, il primo, e
al trasporto aereo internazionale, il secondo. In essi si rispecchia la posizione
liberista statunitense e, per il loro contenuto innovativo, rappresentavano, pertanto,
rispetto al regime generale creato con la Convenzione una vera e propria eccezione.46
L’Accordo relativo al transito dei servizi aerei internazionali prevede uno scambio
multilaterale di diritti oltre che di traffico per i servizi regolari.
Questo Accordo ha riscosso una pressoché unanime approvazione dagli Stati
contraenti che, alla fine del 1998 avevano sottoscritto in 115 il cosiddetto ”Transit
agreement”. In esso vengono riconosciute a tutti gli Stati contraenti le prime due
libertà dell’aria, ossia la libertà di attraversare lo spazio aereo di un'altro Stato senza
effettuare scali e la possibilità di atterrare negli aeroporti di altri Stati per scopi non
commerciali.47 Lo Stato contraente che concede alle imprese di trasporto aereo di un
altro Stato il sorvolo e l’atterraggio per scopi non commerciali può esigere che tali
imprese offrano un adeguato servizio commerciale tra le località in cui sono
effettuati tali scali48. Questi privilegi vengono però limitati dalla impossibilità
dell’utilizzo di aeroporti militari e dalla necessità di richiedere l’approvazione al
sorvolo di zone di guerra alle autorità militari competenti. L’Accordo, inoltre,
garantisce alcuni diritti già citati dalla Convenzione: ad esempio, la sez. 4 dell’art. 1
richiama l’art. 15 della Convenzione a proposito delle tasse aeroportuali.
46
GIANNINI, La Convenzione di Chicago sull’Aviazione Civile Internazionale, in Riv. Dir. Comm.,
1946, pagg. 85 ss.
47
Ad esempio rifornimenti, guasti, emergenze.
48
Art. 1 sez. 3 dell’Accordo sul trasferimento dei servizi aerei internazionali.
29
30. Nella sezione 5 dell’art. 1 viene concessa la possibilità allo Stato contraente di
sospendere o revocare il permesso ad una compagnia aerea se questa non soddisfa
gli standard imposti dai Trattati e dalle leggi statali del Paese sorvolato. Il dettato
dell’art. 2, disciplina le possibili controversie tra i firmatari, ove spicca la centralità
del Consiglio nella procedura di inchiesta e consultazione tra le parti. Esso ha la
facoltà, ove vi siano riscontrate gravi inadempienze, di sospendere uno o più Stati
dall’“International Air Services Transit Agreement”.
L’Accordo relativo al transito riveste una grande importanza in seno alla Conferenza
di Chicago e a più riprese l’ICAO ha sollecitato tutti gli Stati aderenti alla
Convenzione a sottoscrivere anche il Transit Agreement49.
Il secondo Accordo contenuto nell’atto finale della Convenzione di Chicago è quello
relativo al Trasporto Aereo Internazionale, detto anche “delle cinque libertà”. Questo
Accordo sullo scambio multilaterale di diritti è entrato in vigore nel 1945 e
attualmente risulta sottoscritto da soli dodici Stati e lo si può pertanto, considerare
quasi inesistente. Tra il 1946 e il 1947 l’assemblea della PICAO50 ha cercato
insistentemente di far accogliere agli Stati firmatari un Accordo multilaterale sullo
scambio dei diritti di traffico e per regolamentare sia la capacità che la concorrenza.
Questi sforzi sono stati tuttavia, vani e attualmente si ritiene che un Accordo in tal
senso approvato su larga scala non vedrà mai luce.
In conclusione, con la creazione dell’ICAO, furono gettate le basi perché la materia
dello scambio dei diritti di traffico aereo trovasse una regolamentazione di tipo
univoco e sovranazionale. Ma se da un lato la Convenzione di Chicago orientò la
comunità internazionale degli Stati aderenti all’unificazione degli aspetti tecnici ed
operativi, d’altro canto costituì la conferma giuridica del principio di sovranità di
ciascuno Stato sullo spazio aereo di propria giurisdizione.
Questa caratteristica finì dunque col negare l’idea stessa di libertà nell’area
commerciale del trasporto aereo; da tale impostazione deriva che le
regolamentazioni dei servizi aerei sono disciplinate da accordi bilaterali.51
49
Risoluzione A-32-17/1998
50
Organizzazione Internazionale dell’Aviazione Civile Provvisoria.
51
MATEESCO MATTE, Les services aériens réguliers et non réguliers dans le systeme de Chicago,
Annuaire de Droit Maritime et Aérien, 1980, pag 362 ss.
30
31. 2.5 La struttura degli accordi bilaterali
A seguito del fallimento dell’Accordo sul trasporto aereo, per mettere in atto il
dettato dell’art. 6, cioè per consentire ai vettori di linea di usufruire delle libertà
dell’aria, si è reso necessario fare uso della formula dell’accordo aereo bilaterale per
regolare i rapporti tra i due contraenti riguardo all’accesso al mercato e la
concorrenza, vale a dire la capacità di trasporto52 e le tariffe5354. La sovranità sugli
spazi aerei affermata dalla Convenzione di Parigi del 1919 e confermata dalla
Convenzione di Chicago del 1944 ha favorito numerosissimi accordi bilaterali che
consentivano agli Stati il diritto di esercitare il trasporto aereo con compagnie
controllate dagli Stati stessi. In tale maniera la struttura del mercato del trasporto
aereo si può configurare come monopolio nelle rotte nazionali mentre, nelle rotte
internazionali, si configurano regimi di oligopolio regolati appunto da accordi
bilaterali.
L’accordo aereo bilaterale si compone di due parti distinte:
- L’accordo, che comprende il complesso delle clausole che pongono in essere
la concessione e ne stabiliscono le condizioni e le modalità di esercizio.
- L’annesso, che contiene la tabella delle rotte lungo le quali i servizi delle due
parti potranno rispettivamente articolarsi.
Le clausole che compongono l’accordo possono raggrupparsi in due categorie:
quelle comuni ad ogni accordo aereo con gli adattamenti necessari ai vari casi
52
La capacità di trasporto aereo è la misura quantitativa dei servizi di trasporto aereo che uno o più
vettori offrono o propongono di offrire in un mercato, o su una rotta. Essa può essere espressa in
termini di stazza degli aeromobili, della loro tipologia, del numero di posti o di spazi per il noleggio
(espressi in termini di volume o di peso), di frequenze o di qualche combinazione di questi termini.
53
Le tariffe dei trasporti aerei sono uno dei tre elementi maggiori di regolamentazione del trasporto
aereo internazionale insieme con l’accesso al mercato e alla capacità, anche se la loro importanza in
materia regolamentare si è via via ridotta con la tendenza generale alla liberalizzazione del trasporto
aereo.
54
Nel 1946 fu siglato il primo accordo bilaterale concluso tra Regno Unito e Stati Uniti. Si tratta del
cosiddetto accordo delle Bermuda e divenne il modello su cui si baserà negli anni successivi
l’impianto dei successivi accordi bilaterali.
31
32. particolari, e quelle specifiche ad ogni accordo. Le clausole dell’accordo aereo
hanno la funzione di regolare e disciplinare, nei suoi diversi aspetti giuridici,
amministrativi, tecnici e commerciali, l’esercizio da parte delle imprese
rispettivamente designate dai due Stati contraenti, dei diritti garantiti dall’accordo
stesso. Sono quindi di importanza fondamentale, e in particolar modo lo è la clausola
relativa alla capacità, cioè alla formula adottata, nel caso concreto, dai contraenti per
stabilire la quantità dei servizi da effettuarsi dai rispettivi vettori, avuto riguardo al
tipo di aeromobile impiegato.
La parte che conferisce all’accordo il suo contenuto effettivo e sostanziale è la
tabella delle rotte. Essa contiene la descrizione dei percorsi e degli scali lungo i quali
le imprese designate possono articolare i servizi. Le libertà che possono essere
oggetto di accordo sono solo le cinque riconosciute dall’ICAO. Le libertà di sorvolo
e di atterraggio, che sono le prime due libertà dell’aria, vengono di norma concesse
senza difficoltà. Talvolta, è attribuito un valore economico al sorvolo per il
vantaggio che può offrire all’esercente. In tal caso anche il sorvolo, è oggetto di
negoziati, come avviene per i diritti commerciali.
Di solito l’accordo aereo si fonda principalmente sullo scambio dei diritti di terza e
quarta libertà che sono concessi con una certa ampiezza e senza limitazioni sulla
base di un numero uguale di scali fra le parti.
Le restrizioni protezionistiche che a volte vengono introdotte riguardano il settore
della quinta libertà, che viene considerata accessoria e aggiuntiva rispetto ai diritti di
terza e quarta libertà.
Nel campo degli accordi aerei vige il principio della reciprocità, che consiste, in
linea generale, nell’assunzione, da parte di uno Stato, dell’impegno di riservare ai
cittadini e agli enti di un altro Stato il medesimo trattamento offerto ai propri
cittadini ed enti in un determinato campo di attività.
Il principio di reciprocità è servito anche agli Stati per tutelare le imprese nazionali,
per sostenerle a fronte della concorrenza internazionale, dalle regolamentazioni
poste in essere dagli altri Stati. La concessione dei diritti di traffico discende dalla
valutazione di una serie di elementi economici, politici, turistici e dalla grande
importanza che riveste la posizione geografica del territorio. Un elemento che può
definirsi comune è quello negativo costituito dalla volontà protezionistica
32
33. riscontrabile in via generale, che è in contrasto con l’interesse dello sviluppo del
trasporto aereo internazionale su più vasta scala.
La reciprocità dell’accordo viene inteso come rapporto di equivalenza di diritti e
trova nella tabella delle rotte la sua concreta espressione, anche se è da considerare
che, a seconda del tipo di accordo prescelto, la formula della capacità possa
esercitare un suo peso non indifferente, nel senso di poter produrre un’alterazione
dell’equilibrio dell’accordo stipulato.
2.6 Il processo di liberalizzazione all’interno dell’Unione europea
In seguito all’adozione del regime di Chicago, l’Europa si era orientata verso
una politica di protezione dei mercati nazionali attraverso un sistema di negoziazioni
bilaterali che dovevano rispondere a norme la cui applicazione tendeva a favorire le
rispettive compagnie di bandiera.
Nel corso degli anni settanta, però, l’opinione pubblica in Europa, influenzata da
movimenti di tutela dei consumatori, riscontrava nel regime degli accordi bilaterali il
motivo di tariffe del trasporto aereo più elevate di quelle praticate dalle compagnie
aeree statunitensi. Contemporaneamente, negli USA fu avviata una nuova politica
orientata verso una revisione degli accordi bilaterali e verso una deregulation posta
in essere dall’Airline Deregulation Act (1978).
Tutto ciò condusse, nel corso degli anni successivi, all’avvio di un processo di
liberalizzazione del trasporto aereo all’interno dell’Europa unita. Esso si è realizzato
a seguito di un complesso di regolamenti del Consiglio, emessi nel corso degli ultimi
20 anni e suddivisi in tre fasi differenti. Le prime due fasi (dal 1987 al 1990 55 e dal
1990 al 199256) hanno costituito una disciplina transitoria, mentre la terza fase (1992
– 1997) ha concluso la regolamentazione in modo definitivo nel campo del trasporto
55
La fase 1 ammorbidì soltanto le norme fino ad allora operanti. Non risolse, eliminandolo, il regime
bilaterale vigente. Con esso vennero soppresse le restrizioni che avevano impedito a più di un vettore
nazionale di operare sulla stessa rotta. Ciò permise a compagnie “non di bandiera” di inserire nel
proprio network rotte internazionali. Scomparvero molte restrizioni relative alla capacità, ovvero la
possibilità di mutare la frequenza di operazioni su di una data rotta.
33
34. aereo. L’esame della normativa introdotta dai regolamenti comunitari di “terza fase”
nel Mercato comunitario consente di osservare che gli Stati membri si trovano ad
esercitare la propria sovranità nel settore del trasporto aereo in due modi
completante differenti; uno in qualità di membri della Comunità per i servizi
intracomunitari, ed uno nei confronti dei paesi terzi esterni alla Comunità. Infatti, gli
Stati membri appartenenti alla UE non hanno necessità di stipulare accordi bilaterali
con altri Stati membri per l’esercizio dei trasporti aerei intracomunitari poiché la
Comunità dal 1996 ha facoltà di emanare regolamenti in tema di trasporti aerei,
come del resto per altri settori previsti dai Trattati comunitari. Nell’ambito della
disciplina del trasporto aereo nella Comunità risultano regolamentati il sistema ed i
criteri per l’assegnazione delle rotte, la designazione dei vettori abilitati,
l’effettuazione dei collegamenti di cosiddetta “quinta libertà” e il cabotaggio nei
collegamenti domestici di ogni Stato.
Con l’attuazione della terza fase di liberalizzazione viene definitivamente a cadere
per i vettori comunitari l’esercizio delle rotte all’interno della Comunità mediante il
sistema incentrato sugli accordi bilaterali e viene quindi a presentarsi un nuovo
assetto di relazioni tra Stati sovrani.
In questi ultimi anni l'UE ha puntato ad espandere il mercato interno per creare uno
spazio aereo regionale a tutti gli effetti. La Commissione ha ottenuto il pieno
appoggio degli Stati membri in questa iniziativa e ha negoziato in questo settore
sulla base dei mandati ottenuti dal Consiglio con l'obiettivo di ottenere un vasto
mercato, costituito da circa trenta paesi57, che operi in base alla normativa
comunitaria. All'interno di questo spazio tutte le compagnie aeree avranno gli stessi
diritti di cui oggi godono i vettori comunitari58. L’accordo che istituisce lo Spazio
56
La fase 2 incrementò ulteriormente la zona di flessibilità in cui le aviolinee avrebbero potuto
scegliere le tariffe, inoltre assicurò il libero accesso alle prestazioni dei servizi di linea per i diritti di
traffico di terza e quarta libertà sulle rotte intracomunitarie.
57
Alla data del 9 Giugno 2006 sono 35 Paesi (oltre ai 25 membri UE vi fanno parte Albania, Bulgaria,
Bosnia, Croazia, Repubblica di Jugoslavia e Macedonia, Islanda, Montenegro, Norvegia, Romania,
Serbia) con circa 500 milioni di utenti.
58
Finora sono già stati compiuti passi importanti per conseguire tale obiettivo. La Norvegia e l'Islanda,
ad esempio, fanno già parte di questo mercato in virtù della partecipazione allo Spazio economico
europeo (SEE): tutta la legislazione comunitaria è pertanto applicabile a questi paesi e le loro
34
35. aereo comune europeo offrirà a tutti i paesi candidati la possibilità di entrare a far
parte del mercato interno dell'aviazione, con particolari benefici per i paesi per i
quali l'adesione non è imminente.
2.7 Gli accordi sul trasporto aereo extracomunitario dell’Unione europea
e degli Stati membri
Anche dopo che il mercato interno comunitario è diventato realtà, gli Stati
membri hanno continuato a concludere accordi bilaterali di trasporto aereo di
stampo tradizionale: la maggior parte di essi ha un numero rilevante di accordi
di questo genere con paesi stranieri59. Tali accordi si presentano sotto molte
forme diverse e possono essere improntati ad un forte liberalismo o essere molto
restrittivi: alcuni consentono una concorrenza aperta tra i vari vettori delle due
parti, mentre altri impediscono praticamente la concorrenza tra gli operatori. Gli
accordi "open skies" che di solito vengono negoziati dagli Stati Uniti sono
accordi bilaterali tradizionali, nel senso che riservano diritti di traffico solo alle
compagnie aeree delle due parti che sottoscrivono l'accordo. Essi prevedono
però l'eliminazione di restrizioni quantitative riguardo alla frequenza dei voli,
alla capacità da garantire e al numero di vettori aerei autorizzati. Un elemento
importante per l'UE è che tali accordi consentono alle compagnie aeree delle
due parti interessate di estendere le rotte tra tali parti per offrire servizi illimitati
di quinta libertà ad altri paesi60. Tali servizi non hanno molto valore negli Stati
compagnie aeree godono di tutti i diritti dei vettori comunitari. Un accordo siglato tra la CE e la
Svizzera liberalizza sostanzialmente il trasporto aereo secondo la normativa comunitaria. Come per
la Norvegia e l'Islanda, la legislazione comunitaria nel settore del trasporto aereo si applica anche ai
vettori aerei elvetici e la Svizzera fa parte a tutti gli effetti del mercato interno dei trasporti aerei.
L'unica eccezione in questo quadro è l'esclusione del cabotaggio all'interno dei singoli Stati membri e
della stessa Svizzera.
59
si calcola una media di 60-70 per Stato membro.
60
Come risultato di tali accordi, gli USA godono di ciò che può essere considerato quasi un diritto di
cabotaggio con l’UE. In altri termini, nonostante i vettori USA non possano operare veramente su
rotte domestiche, essi hanno creato il cosiddetto hub and spoke network entro i confini europei. Il
sistema hub and spoke consiste nello sviluppo di servizi che si irradiano in forma stellare da un
aeroporto centrale verso quelli regionali. Ad esempio una compagnia americana con un hub a
Francoforte può dialogare sia con Parigi che con Marsiglia.
35
36. Uniti, visto che le destinazioni ulteriori da servire, ritenute interessanti sotto il
profilo economico, sono relativamente poche, ma in altre parti del mondo, dove
coesistono molti mercati internazionali vicini tra loro - ed è il caso dell'UE -,
essi si rivelano molto utili. In pratica tali diritti offrono ai vettori statunitensi
l'accesso al mercato interno europeo, mentre il mercato interno USA rimane
strettamente chiuso agli operatori stranieri. Questo tipo di diritti viene
attualmente utilizzato soprattutto dalle compagnie di trasporto merci
statunitensi, che forniscono servizi di consegna all'interno dell'UE. In Europa il
primo open skies fu siglato nell’ottobre 1992 tra Stati Uniti e Paesi Bassi, e
negli anni successivi venne firmato dalla maggior parte degli Stati europei. Dal
1992, quando è stato realizzato il mercato unico europeo, ci si è resi conto che
all'Unione Europea mancava ancora una politica coerente nel settore del
trasporto aereo internazionale e sono state presentate alcune proposte a favore di
un approccio europeo nelle relazioni internazionali in questo comparto61. La
Commissione ha insistentemente sostenuto che gli Stati membri devono operare
attraverso le istituzioni comunitarie per la gestione dei servizi aerei
internazionali. Da tempo, infatti, la Commissione è convinta che il trasporto
aereo trarrebbe beneficio da un approccio comunitario coerente, fondato sui
principi e sulle procedure stabiliti nel trattato e orientato verso obiettivi comuni.
Oggi le iniziative comunitarie riguardano molti aspetti del trasporto aereo, dalla
sicurezza in senso lato alla tutela dei passeggeri, e per questo è sempre meno
opportuno che le relazioni internazionali vengano gestite dai singoli Stati
membri individualmente. Nel corso degli anni, però, i trasporti aerei
internazionali hanno continuato ad evolversi nel contesto di accordi bilaterali,
ma la natura stessa del sistema e l'individualismo con cui è stato applicato dagli
Stati membri sono in conflitto con il sistema unificato di regole che è venuto a
costituirsi nella Comunità. Essendo chiamata in causa sempre più spesso in caso
di controversie, la Commissione ha avviato un procedimento contro otto Stati
61
Il potere di negoziazione della Commissione della Comunità si fonda sull’art. 228 par. 1 del
trattato: tale articolo infatti dispone che “quando le disposizioni del Trattato prevedono la
conclusione di accordi fra la Comunità e uno o più Stati, oppure una Organizzazioni internazioni,
tali accordi sono negoziati dalla Commissione”.
36
37. membri che avevano sottoscritto accordi bilaterali con gli Stati Uniti: sette di
essi (Belgio, Danimarca, Germania, Lussemburgo, Austria, Finlandia e Svezia)
hanno concluso accordi di tipo open skies come quelli descritti e uno (Regno
Unito)62 ha sottoscritto un accordo bilaterale più restrittivo. Il 5 novembre 2002
la Corte di giustizia europea si è pronunciata nei confronti di questi otto Stati
membri63. Questa sentenza ha segnato l’inizio della politica estera in termini di
aviazione comunitaria chiarendo i poteri della comunità nel campo dei servizi
aerei internazionali.
Dal punto di vista giuridico, la sentenza open skies comporta che gli Stati membri
non possano più agire isolatamente quando negoziano i servizi aerei internazionali in
Trattati. Questi servizi necessariamente devono essere affrontati come oggetto di
interesse comunitario. Ciò significa, innanzitutto, che gli accordi bilaterali esistenti
necessitano di essere adattati per riportarli in linea con il diritto comunitario.
La sentenza rilevò che un accordo di servizio aereo tra uno Stato membro e uno
Stato terzo che permette la designazione solo di compagnie di proprietà o controllate
da soggetti di nazionalità dello Stato membro firmatario dell’accordo è
discriminatorio e infrange le norme comunitarie. Come risultato, ogni Stato membro
deve garantire pari accesso al mercato per rotte di destinazione all’esterno della UE
ad ogni vettore UE che sia stabilito sul suo territorio. I tradizionali servizi aerei sono
quindi contrari ai principi del mercato dell’aviazione che si è stabilito in Europa.
Nel giugno del 2003 il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri si sono
accordati sulle modalità per risolvere le problematiche rilevate dalla Corte. Due
metodi furono identificati per emendare gli accordi bilaterali esistenti sul servizio
62
Cause C-466/98, C-467/98, C-468/98, C-469/98, C-471/98, C-472/98, C-475/98 e C-476/98 contro
Regno Unito, Danimarca, Svezia, Finlandia, Belgio, Lussemburgo, Austria, Germania.
63
La Corte ha stabilito che gli otto accordi citati in precedenza contengono elementi che
privano i vettori aerei comunitari dei diritti sanciti dal trattato, in quanto le clausole
riguardanti la nazionalità contenute negli accordi rappresentano un'evidente violazione del
diritto di stabilimento sancito dall'articolo 43. Pertanto, anche se la Corte non avrebbe potuto
invalidare gli accordi a norma del diritto internazionale, essi comunque costituiscono una
violazione del diritto comunitario di cui gli Stati membri sono responsabili nei confronti di chi
beneficia del diritto di stabilimento.
37
38. aereo. Essi potevano essere adeguati alla normativa UE modificando ogni ASA64
singolarmente, o effettuando la negoziazione di ogni singolo accordo orizzontale con
l’azione della Commissione su mandato degli Stati membri della UE65. Nella
medesima riunione stabilì di predisporre dei negoziati tra la Comunità e gli Stati
Uniti per predisporre un nuovo accordo sui servizi aerei internazionali. Per lungo
tempo, però, i negoziati rimasero bloccati a causa delle differenti esigenze ed
opinioni degli Stati che paiono rendere difficile il proseguimento degli accordi. Nel
novembre 2005, comunque, le parti hanno annunciato la ripresa delle trattative e la
firma di un testo di accordo preliminare. L’accordo garantisce nuove opportunità per
i vettori europei ed americani, una salutare competizione per una crescita del
mercato e maggiori connessioni tra metropoli e città su entrambe le sponde
dell’atlantico.
Una volta entrato in vigore, questo nuovo accordo detto soventemente open aviation
area (o transatlantic common aviation area) sostituirà definitivamente gli esistenti
accordi bilaterali siglati dagli Stati membri con gli USA.
64
Air Services Agreement.
65
Un accordo orizzontale è un accordo negoziato dalla Commissione nell’interesse degli Stati
membri, per ricondurre tutti gli accordi bilaterali sui servizi aerei tra gli Stati membri e un dato
Stato terzo in linea con le leggi comunitarie. Ogni accordo orizzontale ha lo scopo di emendare
rilevanti norme di tutti gli ASA bilaterali nel contesto di una singola negoziazione con una terza
nazione.
38
39. CAPITOLO TERZO
GLI AEROMOBILI CIVILI E LA LORO TUTELA NELLA
CONVENZIONE DI CHICAGO
3.1 Aeromobili civili e di Stato
La Convenzione di Chicago, secondo il dettato dell’art. 3, si occupa
unicamente degli aeromobili civili; non disciplina, invece, i cosiddetti aeromobili di
Stato. La distinzione tra aviazione civile e di Stato vede le sue radici agli inizi del
ventesimo secolo, quando Fauchille propose un progetto di divisione tra aeromobili
pubblici e privati. Il progetto di Fauchille rappresenta un documento molto
39
40. importante in seno alla Conference of Aerial Navigation di Parigi del 1910 in cui
essa venne discussa.
Molti Stati convennero sulla necessità di creare almeno due diverse categorie di
aeromobili, ma non riuscirono poi nell’intento di determinare un esatto metodo
distintivo.
Nemmeno la Convenzione di Parigi del 1919 riuscì a delineare una corretta
classificazione degli aeromobili: nonostante distinguesse tra aeromobili pubblici e
privati, non venivano regolate in modo chiaro alcune categorie di aeromobili, come
quelli militari, doganali e di polizia. Inoltre, quando venne siglata la Convenzione
Pan-Americana (che ricalcava la Convenzione di Parigi) che asseriva in modo
esplicito che il suo ambito di applicazione era rivolto unicamente agli aeromobili
civili, la dottrina si interrogò sull’inclusione nella trattazione della Convenzione di
Parigi degli aeromobili di Stato.66
La risoluzione n. 1055 della CINA fornì il definitivo chiarimento sull’argomento
asserendo che “[…] la Convenzione non si applica agli aeromobili militari, doganali
e di polizia”.
Si giunse, così, alla Convenzione di Chicago, che riguardava unicamente e in modo
esplicito gli aeromobili civili. L’art. 3 della Convenzione, infatti, dispone: “la
presente Convenzione è applicabile solo agli aeromobili civili e non si applica agli
aeromobili di Stato”, specificando che “gli aeromobili impiegati nei servizi militari
doganali o di polizia sono aeromobili di Stato67”.
L’art. 3 a tal proposito si rivela ambiguo in quanto non fornisce una definizione
esauriente del concetto di aeromobile di Stato e, di conseguenza, il dettato del
paragrafo b) è stato oggetto di una attenta analisi interpretativa.
Secondo parte della dottrina, l’art. 3 non può essere annoverato tra le definizioni
chiare68, ma ciò sembra non creare nessun problema interpretativo nella pratica
66
In molti articoli della Convenzione di Parigi, infatti, veniva utilizzato il termine “ogni
aeromobile”. Questa dicitura può essere ricondotta anche agli aerei non civili. Ad esempio l’art.
25: “ogni Stato contraente adotta misure per assicurare che ogni aeromobile che supera i limiti del
suo territorio […] deve seguire le regole stabilite dall’allegato D”(regole dell’aria).
67
Art. 3 lettera b) Convenzione di Chicago.
68
Cooper, tra i redattori della Convenzione di Chicago, asserisce che la definizione di aeromobili di
Stato non è sufficiente. Essa va interpretata secondo un principio di funzionalità secondo cui un
40
41. quotidiana, nonostante la stringatezza dell’articolo sia ampiamente riconosciuta:
infatti, ogni Stato applica questa norma secondo la propria interpretazione. Questa
situazione non è però conforme allo lo scopo della Convenzione che è quello di
essere strumento di unificazione, e, inoltre, crea un ampio campo di incertezza.
Alcuni autori hanno espresso l’opinione che il paragrafo b) dell’art. 3 non dia una
definizione di aeromobili di Stato, concludendo che gli aeromobili di Stato
includono quelli menzionati nel paragrafo b) che diventa una elencazione
esemplificativa.69
Hornik70 ritiene, invece, che il disposto del paragrafo b) possa essere letto in tali
termini: “gli aeromobili civili utilizzati in servizi militari, doganali e di polizia
devono essere considerati aeromobili di Stato”. Il paragrafo b) si rivela quindi essere
una norma che predispone le condizioni per cui un aeromobile civile debba venire
considerato come aeromobile di Stato. Inoltre, il termine “servizio” significa che
l’aeromobile in quel momento è subordinato alla disciplina militare, doganale, di
polizia e sottoposto alle relative norme. In pratica, se un aeromobile effettua tale tipo
di servizio, è chiamato aeromobile militare, doganale o di polizia, ma non è vera ad
esempio l’identità tra “aeromobili militari” e “aeromobili in servizio militare”.
Per comprendere meglio la definizione di aeromobili civili e di Stato è utile ricorrere
al significato giuridico dei termini. La parola civile, che è utilizzata al primo comma
in contrapposizione con il termine Stato, ha la stessa connotazione del termine
privato usato in antitesi al termine pubblico. La terminologia che è stata utilizzata
per la Convenzione di Chicago di fatto segue i vecchi termini nel loro significato,
che sono stati utilizzati in un’altra veste linguistica71.
Generalmente, per distinguere tra aerei civili e di Stato si utilizzano tre approcci
differenti sulla cui base la distinzione può essere effettuata. Il primo approccio
aeromobile diventa di Stato se è utilizzato in certi tipi di servizi. In tutti gli altri casi è considerato un
aereo civile. In J. HORNIK, “Article 3 of the Chicago convention”, in Air & Space Law, vol. XXVII/3
June 2002, pag. 8
69
Cfr. M. MILDE “Status of military aircraft in international air law” in Proceedings of the third
international law seminar – public international air law, 28 august 1999, pp. 28-29.
70
J. HORNIK, op. cit, pag. 3.
71
Questa conclusione può essere dedotta dalla definizione data dalle note esplicative alla
Convenzione: “il termine aereo civile è stato usato come suggerito, in luogo del termine aerei privati
usato nella Convenzione di Parigi”.
41