4. • che
vuol
dire
“ada2arsi”,
nella
vita
di
tu8
i
giorni?
• arrovellarsi
per
risolvere
problemi
• usare
le
proprie
capacità
di
ragionamento
per
modificare
situazioni
che
ci
danneggiano,
o
per
rimuovere
gli
ostacoli
che
ci
impediscono
di
raggiungere
un
qualche
obie8vo
– oltre
a
capacità
motorie,
sensoriali,
a2enAve,
di
memoria
ecc.
• Tra
pensiero
e
azione:
la
maggior
parte
del
problem
solving
coinvolge
ragionamento
orientato
all’azione
– E
convolge
azioni
che
possono
richiedere
maggiori
o
minori
livelli
di
abilità
– Eccezione:
“problemi”
esclusivamente
intelle2uali
5. Definizione
(K.Duncker,
1935)
Un
problema
sorge
quando
una
creatura
vivente
ha
un
obie6vo,
ma
non
sa
come
conseguirlo.
Quando
uno
non
può
muoversi
da
una
data
situazione
alla
situazione
desiderata
semplicemente
agendo,
deve
far
ricorso
al
pensiero
6. ComponenA
del
problem
solving
• Rilevazione
del
problema
– Confronto
tra
obie8vi
e
ambiente
• Rappresentazione
iniziale
del
problema
– Insieme
di
possibili
soluzioni
• “spazio
del
problema”
• Ricerca
della
soluzione
– Controllo
delle
possibili
soluzioni
– Revisione
iteraAva
della
rappresentazione,
se
nessuna
soluzione
si
rivela
adeguata
7. Esempio
della
stru2ura
ipoteAco
dedu8va
del
problem
solving
Sono
nella
mia
camera
in
albergo,
e
non
trovo
un
libro
che
stavo
leggendo.
Ricordo
che
oggi
l’ho
le2o
solamente
in
camera
e
nel
ristorante
dell’albergo.
Potrebbe
essere
scivolato
da
qualche
parte
in
camera,
o
potrei
averlo
dimenAcato
al
ristorante,
o
potrebbe
essermi
caduto
dalla
tasca
nel
tragi2o
tra
la
camera
e
il
ristorante
(premessa
A).Dopo
un
a8mo
di
riflessione
e
dopo
essermi
controllato
le
tasche,
profonde
e
non
bucate,
sono
ragionevolmente
certo
di
poter
escludere
l’ulAma
possibilità:
non
può
essere
lungo
il
tragi2o
(premessa
B).
Dunque,
o
è
al
ristorante,
o
è
in
camera
(conclusione
1).
Telefono
alla
recep=on
del
ristorante
e
chiedo:
mi
confermano
che
il
libro,
lì,
non
c’è
(premessa
C).
Quindi
deve
essere
in
camera
(conclusione
2).
Cerco,
e
infine
lo
trovo,
infilato
tra
il
materasso
e
la
tesAera
del
le2o.
Ho
risolto
il
problema!
10. Diversi
approcci
• Nonostante
la
complessità
dell’interazione
tra
diversi
processi
di
pensiero,
percezioni
e
azioni,
percepiamo
il
problem
solving
come
un
processo
fluido
• Per
questo
studiare
i
casi
in
cui
si
“inceppa”
ha
aiutato
a
capire
meglio
le
sue
componenA
fondamentali
• Due
approcci
– Globale,
olisAco
(Es.,
Gestalt)
• si
studia
il
problem
solving
nel
suo
complesso,
uAlizzando
problemi
complessi
che
richiedono
molA
Api
di
pensiero
e
altri
skill,
senza
occuparsi
della
suddivisione
fine
in
so2ocompomenA
• L’obie8vo
è
idenAficare
e
descrivere
alcuni
“fenomeni”
ricorrenA
nel
PS,
che
richiedono
una
spiegazione
– AnaliAco
(Es.,
Newell
&
Simon)
• Si
cerca
di
descrivere
quali
meccanismi
psicologici
siano
alla
base
di
diversi
Api
di
ragionamenA
• A
loro
volta
alla
base
del
problem
solving
11. L’approccio
della
Gestalt
Una
fenomenologia
sperimentale
del
problem
solving
W.
Köhler
Intelligenzenprüfungen
an
Anthropoiden
K.
Duncker
Zur
Psychologie
des
produk=ven
Denkens
M.
Wertheimer
Produc=ve
Thinking
Wolfgang
Köhler
(1887-‐1967)
Max
Wetheimer
(1880-‐1943)
Karl
Duncker
(1903-‐1940)
12. pensiero
riprodu>vo
e
pensiero
produ>vo
• Per
gli
studiosi
GestalAsA,
il
pensiero
riprodu>vo
consiste
nella
capacità
di
replicare
schemi
appresi
in
passato
– Esempio:
il
ga2o
di
Thorndike
apprende
come
risolvere
il
problema
“uscire
dalla
gabbia”,
e
poi
riproduce
ciò
che
ha
appreso
• Il
pensiero
produ>vo
perme2e
invece
di
ricombinare
conce8
e
nozioni
in
forme
nuove
– Senza
ricorrere
a
“prove
ed
errori”
esperienziali
– “ristru2ura
la
rappresentazione
del
campo
perce8vo”
13. Le
scimmie
di
Köhler
• Studi
presso
il
centro
primatologico
di
Tenerife,
1913-‐1920
• Köhler
dimostra
capacità
di
detouring
in
molte
specie,
poi
si
concentra
sugli
scimpanzé
– Il
detouring
è
la
capacità
di
avvicinarsi
ad
un
obie8vo
in
modo
indire2o,
seguendo
un
percorso
mai
seguito
prima
e
che
non
è
il
più
breve
tra
quelli
disponibili,
né
quello
appreso
e
comunemente
seguito
– Richiede
la
rappresentazione
mentale
di
una
mappa
sulla
quale
pianificare
il
percorso
– Primo
indizio
di
presenza
di
un
pensiero
di
Apo
produ8vo
quindi non vale solo
stimoloe risposta
14. Gabbie
e
banane
• Köhler
crea
diverse
situazioni
problemiche
ponendo
alcune
banane
in
posizioni
non
dire2amente
raggiungibili
dagli
scimpanzé
• Nelle
gabbie
erano
presenA
altri
ogge8,
apparentemente
non
collegaA
al
problema
– Casse,
canne,
pali
• Alcuni
scimpanzè
si
rivelarono
in
grado
di
generare
soluzioni
creaAve
– Esempio:
accatastare
le
casse
per
raggiungere
banane
appese
in
alto;
collegare
tra
loro
due
canneper
raggiungere
banane
poste
fuori
della
gabbia,
al
di
la
della
portata
di
un
braccio
e
di
una
sola
canna
• Le
soluzioni
erano
talvolta
raggiunte
in
forma
cooperaAva
15.
16. Osservazioni
di
Köhler
• di
fronte
a
un
problema
nuovo,
gli
scimpanzé
tendevano
a
produrre
tentaAvi
dire8,
e
non
efficaci
– saltare,
protendere
il
braccio
fuori
dalla
gabbia;
• talvolta
si
“fissavano”
su
un
certo
Apo
di
soluzione,
ripetendola
più
volte,
anche
dopo
aver
constatato
che
non
era
efficace;
• innervosiA
e
irritaA,
si
riAravano
in
una
pausa
di
ina8vità,
durante
la
quale
guardavano
le
banane,
le
casse,
i
pali,
e
tu8
gli
altri
componenA
della
scena;
• talvolta,
quando
emergevano
dalla
pausa,
si
dirigevano
dire2amente
verso
alcuni
ogge8
–
ormai
veri
e
propri
strumen=
–
e
li
combinavano
e
uAlizzavano
per
tentare
una
soluzione
nuova
rispe2o
alle
precedenA
(talvolta,
con
successo).
17. Processi
coinvolA
• Il
Apo
di
processo
che
segue
uno
scimpanzé,
per
raggiungere
una
banana
posta
fuori
dalla
gabbia
ha
stru2ura
ipoteAco-‐dedu8va
itera=va
– Sultan
rappresenta
un
insieme
di
prime
possibilità
• protendere
il
braccio,
usare
una
sola
canna
– le
controlla
sistemaAcamente
e
le
trova
insufficienA
a
raggiungere
la
soluzione
– Prova
e
riprova
invano,
con
diverse
canne
(fissazione)
– revisiona
(o
ristruKura)
la
rappresentazione
del
compito,
avvalendosi
delle
sue
conoscenze
causali
• Se
una
sola
canna
non
raggiunge
la
banana,
due
canne
possono
raggiungerla
– Supera
per
prove
ed
errori
gli
ostacoli
di
esecuzione
posA
dal
so2oproblema
“congiungere
due
canne”
– Esplora
la
nuova
possibilità,
risolvendo
il
compito
18. Differenze
individuali
• Non
tu8
gli
scimpanzé
esaminaA
sapevano
risolvere
i
problemi
trovando
soluzioni
nuove,
dopo
che
altre
avevano
fallito
• alcuni
erano
più
capaci
di
risolvere
i
problemi
complessi
che
l’ambiente
poneva
loro,
e
altri
meno
• se
si
definisce
l’intelligenza
come
capacità
di
ada2amento
all’ambiente,
alcuni
erano
più
intelligen=
di
altri.
19. Fenomenologia
del
problem
solving
• Köhler,
e
poi
Duncker
(1935)
e
Wertheimer
(1945),
descrissero
alcune
manifestazioni
comportamentali
frequentemente
osservate
durante
la
risoluzione
di
alcuni
Api
di
problemi
• In
parAcolare
nei
problemi
per
insight
• Ma
oggi
sappiamo
che
possono
presentarsi
in
in
ogni
altro
Apo
di
problema
20. • Impasse:
il
partecipante
ha
esplorato
tu2e
le
possibilità
a
sua
disposizione;
ha
prodo2o
una
serie
di
tentaAvi,
compresi
i
più
dire8,
senza
raggiungere
un
buon
esito.
Si
blocca,
può
abbandonare
il
compito.
• Fissità
o
fissazione:
il
partecipante
tenta
e
ritenta
una
strategia
già
provata,
e
rivelatasi
inefficace.
Non
riesce
a
“disancorarsi”
da
vecchie
ipotesi
per
sviluppare
nuove
possibilità
21. • Incubazione:
una
pausa
temporale
interposta
tra
diversi
tentaAvi
di
soluzione
e
durante
la
quale
non
ci
si
dedica
al
problema
può
aiutare
a
trovare
una
nuova
possibilità
di
soluzione
• Aha-‐Erlebnis:
è
un
termine
tedesco,
che
significa
“esperienza
ah-‐ah!!!”,
a
indicare
il
momento
in
cui
“si
accende
una
lampadina
in
testa”,
e
uno
esclama
“ho
trovato!”.
Dopo
staA
di
impasse,
fissazione,
ed
eventuali
incubazioni,
la
soluzione
può
repenAnamente
svelarsi.
25. • Condizione
di
preuAlizzazione:
i
partecipanA
ricevevano
le
punAne
dentro
la
scatola
delle
punAne
• Condizione
di
non-‐preuAlizzazione:
i
partecipanA
ricevevano
la
scatola
vuota,
e
le
punAne
rovesciate
sul
tavolo
• I
partecipanA
del
secondo
gruppo
trovarono
la
soluzione
più
frequentemente
di
quelli
del
primo
26. Fissità
funzionale
e
conoscenze
precedenA
• se
la
fissità
funzionale
discende
dalle
conoscenze
precedenA,
allora
individui
con
minor
disponibilità
di
conoscenze
precedenA
dovrebbero
esserne
meno
sogge8
• German
e
Defeyter
(2000)
hanno
manipolato
la
quanAtà
di
conoscenze
precedenA
in
due
modi:
– Classico
confronto
tra
situazioni
di
preuAlizzazione
e
di
non-‐preuAlizzazione
– Confronto
tra
bambini
di
diverse
età
(5,
6,
7
anni)
Fissita e
conoscenze
precedenti
L conosc precedenti
xhe di aolito
aiutano nella vita,
possono diventare un
27. • Ai
bambini
era
mostrata
una
piccola
stanza
gioca2olo
(“stanza
dell’orso
Bobo”).
• Sulla
parete
in
fondovc’era
uno
scaffale
con
sopra
un
gioca2olo,
troppo
in
alto
perché
Bobo
potesse
raggiungerlo.
• Ai
bambini
era
de2o
che
Bobo
possedeva
alcuni
ogge8
(qua2ro
blocchi
da
costruzioni,
una
maAta,
un
magnete
ecc.),
ed
era
chiesto
• loro
di
mostrare
a
Bobo
come
usare
quegli
ogge8
per
raggiungere
il
gioca2olo
sullo
scaffale.
• Nessuna
combinazione
degli
ogge8
consenAva
all’orse2o
di
arrampicarsi
fino
allo
scaffale
• Nella
condizione
di
preuIlizzazione
gli
averi
di
Bobo
erano
tu8
contenuA
dentro
una
scatola
di
legno
• Nella
condizione
di
non
preuIlizzazione
erano
ammucchiaA
fuori
dalla
scatola,
e
la
scatola
era
presentata
vuota.
• La
scatola,
se
usata
come
piedistallo,
consenAva
a
Bobo
di
raggiungere
lo
scaffale.
28. RisultaA
Senza preutilizzaz
subiscono meno
effetti di fissita:
Lasciare aperto e
non decider subtio
alla prima
CI METTONO DI PIU MA
SONO POU CREATIVI
29. Vincoli
imposA
dalle
conoscenze
precedenA
• Se
le
conoscenze
precedenA
sono
fondamentali,
è
anche
vero
che
talvolta
possono
“imbrigliare”
la
nostra
fantasia
• Le
conoscenze
precedenA
possono
essere
viste
come
“vincoli”,
e
il
raggiungimento
di
una
soluzione
creaAva
può
essere
più
difficile
se
i
“vincoli
da
rilassare”
sono
più
numerosi
30. Knoblich
et
al
(1999):
problemi
dei
fiammiferi
• Rendete
vera
l’equazione
spostando
un
solo
fiammifero
(problema
Apo
A):
31. • Rendete
vera
l’equazione
spostando
un
solo
fiammifero
(problema
Apo
C):
32. Tipi
di
problema
• Tipo
A:
“vincolo
sui
valori”.
Il
fiammifero
spostato
modifica
la
numerosità
di
uno
degli
argomenA
dell’equazione.
– Per
esempio,
vi
=
vii
+
i
è
risolta
spostando
un
fiammifero
dal
vii
e
associandolo
al
vi,
o2enendo
vii
=
vi
+
i.
33. • Tipo
B:
“vincolo
sui
valori
e
sugli
operatori”.
Il
fiammifero
modifica
sia
il
valore
numerico
di
un
argomento,
sia
un
operatore.
– Per
esempio,
da
i
=
ii
+
ii
si
passa
a
i
=
iii
–
i.
• Tipo
C:
“vincolo
sull’operatore
e
sulla
tautologia”.
Il
fiammifero
spostato
modifica
un
operatore,
ma
trasforma
l’equazione
in
una
tautologia.
– Per
esempio,
si
passa
da
iii
=
iii
+
iii
a
iii
=
iii
=
iii.
34. Previsioni
• Nel
dominio
dei
calcoli
aritmeAci,
le
conoscenze
precedenA
ci
inducono
ad
assumere
che,
per
modificare
il
risultato
di
un
calcolo,
occorre
modificare
il
valore
numerico
dei
suoi
argomenA
– problemi
di
Apo
A
• Considerare
la
possibilità
di
trasformare
un
operatore,
o
di
trasformare
un
calcolo
in
un’eguaglianza
tautologica,
dovrebbe
quindi
rivelarsi
più
difficile
– Problemi
di
Apo
B
e
C
36. Reverberi
et
al.
(2005)
• l’imposizione
di
vincoli
di
controllo
all’elaborazione
delle
informazioni
è
mediata
dalla
corteccia
frontolaterale
• individui
con
lesioni
in
quell’area
dovrebbero
essere
maggiormente
in
grado
di
risolvere
problemi
come
quelli
dei
fiammiferi,
rispe2o
a
individui
privi
di
quelle
lesioni
• RisultaI:
i
partecipanA
con
lesioni
frontali
risolsero
le
versioni
più
difficili
dei
problemi
dei
fiammiferi
nell’82%
dei
casi,
contro
il
43%
di
soluzioni
osservato
nel
gruppo
di
controllo
– Effe2o
“vaso
sulla
testa”
nelle
storie
di
Paperino
J
Corteccia frontolaterale è quella che crea vicoli
di fissita
(È un equazione quindi non cqmbiqre operatork non
crare tautologie etc
Smettere conosc vincolanti e PROCEDERE X
TENATIVI ED ERRORI
37. Einstellung
(set
mentale)
Problema
dei
vasi
d’acqua
• A
=
100
l,
B
=128
l,
C=
3
l:
o2enere
esa2amente
22
l
• A
=
63
l,
B
=
90
l,
C
=
4
l:
o2enere
esa2amente
19
l
• A
=
57
l,
B
=
66
l,
C
=
2
l:
o2enere
esa2amente
5
l
• A
=
15
l,
B
=
42
l,
C
=
5
l:
o2enere
esa2amente
17
l
• A
=
23
l,
B
=
49
l,
C
=
3
l:
o2enere
esa2amente
20
l
• A
=
17
l,
B
=
30
l,
C
=
2
l:
o2enere
esa2amente
9
l
Edith
(1921-‐2002)
e
Abraham
(1914-‐2005)
Luchins
No conosc per
pregresse,te le
davano loro
Volevano indure una
MECCANIZZAZIONE
38. RisultaA
• Nella
maggior
parte
dei
casi
la
procedura
B
–
A
–
2C,
imparata
sul
problema
originale
e
corre2amente
applicata
ai
problemi
1-‐4,
era
applicata
anche
al
problema
5
– solo
una
minoranza
di
partecipanA
fu
in
grado
di
vedere
la
più
semplice
procedura
A
–
C.
• i
partecipanA
di
controllo
che
vedevano
per
primo
il
problema
5
erano
perfe2amente
in
grado
di
risolverlo
ado2ando
la
procedura
A
–
C
• RisultaA
poi
replicaA
in
molA
studi
con
compiA
diversi
39. In
ergonomia
cogniAva:
• Gli
errori
dovuA
a
“meccanizzazione”
sono
ricondo8
alla
classe
di
errori
“strong
but
wrong”
• tendenza
ad
applicare
procedure
acquisite
molto
bene
a
compiA
simili
solo
superficialmente
a
quelli
originali
Unacosa che assomiglia a un MANICOsara afferrato, se
non voglio che persone afferrino non devo farlo simile
a un manico
40. Effe8
di
incubazione
• Incubazione:
ignorare
il
problema
per
un
po’
aiuta
a
uscire
da
un’impasse
o
da
una
fissazione
(Wallas,
1926)
• Sio
e
Ormerod
(2009)
hanno
fa2o
una
meta-‐analisi
su
117
ricerche
sul
fenomeno
• I
risultaA
mostrano
che
esiste
un
significaAvo
–
anche
se
modesto
–
effe2o
del
tempo
di
incubazione
• L’effe2o
è
maggiore
per
i
problemi
che
richiedono
una
soluzione
creaAva,
• tende
a
crescere
all’aumentare
del
tempo
dedicato
al
problema
prima
della
fase
di
incubazione.
41. “Dormirci
sopra”
• L’incubazione
può
davvero
avvenire
durante
il
sonno?
• Wagner
et
al
(2004):
– problema
matemaAco
abbastanza
complicato
– Quasi
tu8,
al
primo
tentaAvo,
seguivano
una
via
piu2osto
complessa
e
non
o8male
• era
possibile
una
strategia
molto
più
semplice
– Problema
riproposto
se2e
ore
dopo
– Metà
dei
partecipanA
nel
fra2empo
avevano
dormito,
l’altra
metà
no
42. RisultaA
• PartecipanA
che
avevano
dormito:
59%
di
soluzioni
per
la
via
semplice
• PartecipanA
che
non
avevano
dormito:
25%
di
soluzioni
per
la
via
semplice
• Elaborazione
inconscia
o
oblio
sele8vo
(cioè,
allentamento
dei
vincoli
di
fissità
imposA
dalle
soluzioni
tentate
precedentemente)?
44. Soluzioni
improvvise
• Spesso
la
revisione
della
rappresentazione
iniziale
di
un
problema
può
avvenire
tramite
consapevole
e
progressiva
esplorazione
di
possibilità
alternaAve
• altre
volte
le
ipotesi
e
le
possibilità
a
nostra
disposizione
si
esauriscono,
e
ci
senAamo
smarriA
in
un
problema
apparentemente
insolubile
• In
questo
Apo
di
situazioni
può
giungerci
in
soccorso
una
“intuizione
improvvisa”
45. Insight
• “I
punA
decisivi
nei
processi
di
pensiero,
o
momenA
di
comprensione
improvvisa,
del
‘Aha!’,
della
novità,
sono
sempre,
allo
stesso
tempo,
momenA
in
cui
avviene
un’improvvisa
ristru2urazione
del
materiale
di
pensiero”
(Duncker,
1935)
• Il
termine
insight
si
riferisce
a
questa
improvvisa
ristruLurazione
o
ricentramento
del
campo
perce8vo
Passo da una rappr del problema a una nuova
46. • Per
i
gestalAsA,
l’insight
è
un
processo
creaAvo
• l’esperienza
sogge8va
corrispondente
è
quella
di
una
scoperta
o
illuminazione
improvvisa
– Aha-‐Erlebnis
47. Ma
l’insight
esiste?
• è
rimasto
a
lungo
il
dubbio
che
il
processo
di
scoperta
chiamato
insight
sia
qualitaAvamente
diverso
da
ogni
altro
processo
di
scoperta
passo-‐dopo-‐passo
• Metafora:
il
pensiero
normale
è
come
cercare
il
“clic”
di
una
serratura
a
combinazione.
Si
cerca
e
si
esplora,
e
quando
alla
fine
si
inciampa
nella
soluzione,
certamente
questa
si
presenta
improvvisa!
48. • Il
problema
se
l’insight
esista
in
specie
non
umane
non
è
risolto
• Le
scimmie
di
Kohler
potevano
avvalersi
di
conoscenze
precedenA
(Birch,
1944)
– Avevano
trascorso
i
primi
mesi
della
loro
vita
in
libertà,
dove
potevano
avere
imparato
ad
usare
strumenA
– MolA
altri
animali
sanno
usare
e
costruire
strumenA,
ma
sembra
che
il
loro
modo
di
capire
le
relazioni
causali
tra
le
parA
di
uno
strumento
sia
diverso
da
quello
umano:
– più
basato
sulle
relazioni
che
intercorrono
tra
a2ribuA
concreA
e
visibili,
che
sulla
rappresentazione
e
ristru2urazione
di
relazioni
astra2e
49. Prove
dell’insight
negli
umani
• Metcalfe
et
al
(per
es.
1987)
• Confrontarono
molA
problemi,
alcuni
tradizionalmente
consideraA
“per
insight”
e
altri
“incrementali”
– Cioè,
con
soluzione
raggiungibile
passo
dopo
passo
• I
partecipanA
dovevano
esprimere
la
loro
fiducia
verso
la
loro
capacità
di
risolvere
ciascun
problema,
prima
di
cimentarvisi
• Inoltre,
mentre
cercavano
la
soluzione,
dovevano
esprimere
la
loro
sensazione
di
esservi
vicini
o
meno
50. RisultaA
• Problemi
incrementali:
– il
grado
di
fiducia
a
priori
correlava
con
l’effe8va
capacità
di
risolvere
il
problema
– la
sensazione
di
essere
vicini
alla
soluzione
cresceva
progressivamente
nel
tempo,
e
si
faceva
massima
subito
prima
di
raggiungerla
• Problemi
per
insight:
• nessuno
dei
due
giudizi
correlava
con
la
prestazione
effe8va
– Alcuni
partecipanA
erano
convinA
di
poter
facilmente
risolvere
un
qualche
compito,
e
che
poi
non
vi
riuscivano
(o
viceversa)
– Alcuni
partecipanA
esprimevano
la
sensazione
di
essere
in
un’impasse,
ma
poi
repenAnamente
risolvevano
il
problema
– infine,
alcuni
partecipanA
erano
convinA
di
star
procedendo
con
sicurezza
verso
la
conclusione,
ma
poi
fallivano
51. Conclusioni
• I
risultaA
suggeriscono
che
le
soluzioni
incrementali
scaturiscano
da
un
processo
controllato,
sugli
esiA
del
quale
il
solutore
può
fare
alcune
previsioni
affidabili
• viceversa,
le
soluzioni
per
insight
scaturiscano
da
processi
fuori
dal
controllo
consapevole
del
solutore,
e
sull’esito
dei
quali
non
sono
possibili
previsioni
accurate
52. Dissociazione
tra
soluzioni
pop-‐out
e
seriali
• Jung-‐Beeman
et
al
(2004,
2005)
• compiA
semplici,
passibili
di
entrambi
i
Api
di
soluzione
– Compound
remote
associate:
trovare
una
parola
che
possa
associarsi
a
tre
parole
sAmolo,
in
modo
da
formare
tre
parole
composte
dotate
di
significato
– Esempio:
mobile,
elevato,
luogo
– Soluzione:
sopra-‐
• I
partecipanA
sanno
disAnguere
se
la
soluzione
si
è
presentata
improvvisamente,
o
se
l’hanno
cercata
serialmente,
consentendo
di
confrontare
i
correlaA
comportamentali
e
fisiologici
dei
due
sAli
53. RisultaA
• Pop-‐out
vs
seriali:
maggiore
a8vazione
del
giro
temporale
anterosuperiore
destro
54. Conclusioni
• il
coinvolgimento
dell’emisfero
destro
nelle
soluzioni
per
insight
indica
che
esse
sono
basate
sulla
costruzione
di
nuove
associazioni
tra
materiale
prima
non
connesso
• coerente
con
la
proposta
di
Duncker:
secondo
il
quale
i
blocchi
dovuA
alla
fissità
funzionale
possono
risolversi
solo
creando
nuove
associazioni
tra
ogge8
e
funzioni
prima
non
associaA
55. Elaborazione
inconscia?
• Novick
e
Sherman
(2003)
confrontarono
solutori
di
anagrammi
poco
esperA,
mediamente
esperA,
e
molto
esperA
– Studi
precedenA
avevano
già
stabilito
che
le
soluzioni
pop-‐out
sono
più
frequenA
nei
molto
esperA
• Gli
sAmoli
erano
anagrammi
o
non-‐anagrammi
– Cioè,
anagrammi
di
non-‐parole
• PresentaA
per
tempi
brevissimi:
469
ms
oppure
953
ms
• Compito:
giudicare
se
lo
sAmolo
era
un
anagramma
o
un
non-‐anagramma
56. RisultaA
• molto
esperA:
la
precisione
era
superiore
al
caso
in
entrambe
le
condizioni
• Tu8
i
partecipanA:
la
precisione
con
tempo
di
presentazione
più
lungo
era
significaAvamente
superiore
a
quella
con
tempo
di
presentazione
più
breve.
– Si
noA
che
nessuno
sapeva
dire
di
quale
parole
le
stringhe
fossero
anagrammi:
solo
stabilire
se
probabilmente
erano
anagrammi,
o
no
57. Conclusioni
• Alla
base
di
soluzioni
che
appaiono
improvvisamente
alla
consapevolezza
c’è
un
processo
di
elaborazione
incrementale,
– simile
a
quello
che
avviene
nelle
revisioni
consapevoli
della
rappresentazione
del
problema.
• Ma
quel
processo
è
inconsapevole
– probabilmente
avviene
in
parallelo
invece
che
in
serie
58. Modelli
neodarwiniani
della
creaAvità
• Come
può
aver
luogo
laricerca
inconscia
di
idee
nuove?
• Le
a2uali
teorie
computazionali
si
avvalgono
di
una
analogia
con
le
teorie
neodarwiniane
dell’evoluzione
naturale:
– processo
di
ricombinazione
e
mutazione
massiccia
di
geni
in
una
pluralità
di
forme
di
vita
diverse
– poi
selezionate
so2o
la
pressione
di
sAmoli
ambientali
– Dando
luogo
a
un
processo
che
–
pur
non
essendo
“intelligente”
in
sé
–
si
è
rivelato
in
grado
di
produrre
soluzioni
sempre
“nuove
e
intelligenA”
ai
problemi
dell’ada2amento
della
vita
sulla
Terra
Idee generate in modo casuale, poi SELEZIONATE DA ,esperienza
59. Stadi
dell’elaborazione
inconscia
• Generazione:
si
formulano
in
modo
non
determinisAco
idee
arbitrarie,
combinando
insieme
a
caso
gli
elemenA
di
conoscenza
preesistenA
– RappresentaA
da
regole
di
produzione
e
loro
sezioni
• Valutazione:
filtro
basato
su
criteri
prestabiliA;
valuta
le
idee
prodo2e,
a2ribuendo
loro
una
“forza”
maggiore
o
minore;
lascia
passare
solo
le
idee
più
prome2enA
– alla
luce
delle
cara2erisAche
del
problema
considerato
60. • Le
eventuali
idee
che
sopravvivono
servono
da
input
per
una
nuova
fase
generaAva,
che
le
ricombina
tra
loro.
• La
forza
di
ogni
regola
è
proporzionale
alla
probabilità
che
quella
regola
sarà
uAlizzata
per
ricombinazioni,
in
successivi
stadi
di
generazione
• Il
processo
può
essere
ripetuto
a
oltranza,
con
l’output
di
un’iterazione
uAlizzato
come
input
per
la
successiva
• Se
una
singola
applicazione
di
una
strategia
neodarwiniana
è
poco
potente,
il
suo
uso
reiterato
può
essere
molto
potente
61. Conclusione
• Le
idee
nuove
e
creaAve
si
svilupperebbero
nel
cervello
inconsciamente
e
senza
controllo
consapevole,
seguendo
un
processo
analogo
a
quello
che
ha
permesso
al
cervello
stesso
di
svilupparsi
in
seno
alla
natura
• Johnson-‐Laird
sosAene
che
quesA
generatori
iteraAvi
inconsci
di
nuove
idee
potrebbero
inserirsi
in
un
più
ampio
ciclo
iteraAvo:
• le
idee
che
emergono
alla
consapevolezza
dall’inconscio
possono
essere
consapevolmente
valutate,
ritoccate,
scartate
o
acce2ate,
e
l’esito
potrebbe
rientrare
come
input
in
un
nuovo
ciclo
di
generazione
e
valutazione.
– Simile
al
processo
che
a2ua
un
grande
arAsta,
guidato
da
eccellenA
ispirazioni
improvvise,
che
poi
però
modifica,
perfeziona,
scartandone
alcune,
sviluppandone
altre,
creando
commisAoni
tra
altre
ancora,
e
che
solo
alla
fine
vede
nascere,
qualche
volta,
il
“capolavoro”.
62. Ostacoli
di
esecuzione
• La
difficoltà
nel
“rilassare”
vincoli
cogniAvi
non
è
l’unico
ostacolo
al
problem
solving
• Altri
ostacoli
sono
presenA
a
livello
esecuAvo:
– Sappiamo
cosa
dovremmo
fare,
ma
non
riusciamo
a
eseguirlo
– Ostacoli
osservabili
quando
rimuoviamo
i
vincoli
cogniAvi
principali,
e
ciò
nonostante
non
riusciamo
a
risolvere.
63. Esempio
• Problema
dei
9
punA:
conne2ere
i
nove
punA
con
qua2ro
segmenA
senza
mai
staccare
la
penna
dal
foglio
(Maier,
1931)
• Rimozione
del
principale
vincolo
cogniAvo:
per
riuscirci,
alcuni
segmenA
DEVONO
fuoriuscire
dalla
configurazione
quadrata
suggerita
dai
punA
(Kershaw
e
Ohlsson,
2004;
Weisberg
e
Alba,
1981)
64. • Il
rilassamento
di
quel
vincolo
non
facilita
di
molto
il
raggiungimento
della
soluzione
del
problema
65. • blocchi
mentali
e
il
rilassamento
dei
vincoli
consente,
più
che
di
risolvere
il
problema,
di
esplorare
un
maggior
numero
di
possibilità
• Se
a2raverso
queste
nuove
possibilità
riusciamo
a
giungere
alla
soluzione,
è
anche
dovuto
alla
presenza
o
meno
di
ostacoli
di
esecuzione
66. SPAZI
DEL
PROBLEMA
E
PROCEDURE
DI
RICERCA
Newell,
A.,
Simon,
H.A.
(1972),
Human
Problem
Solving.
PrenAce-‐Hall,
Englewood
Cliffs,
NJ.
La
prima
teoria
ben
formalizzata
sulla
RICERCA
DI
SOLUZIONI
ai
problemi
Herbert
Simon
(1916-‐2001)
Allen
Newell
(1927-‐1992)
67. Logical
Theorist
(LT)
• 1955:
Newell,
Simon
e
Shaw
svilupparono
un
programma
in
grado
di
dimostrare
automaAcamente
alcuni
teoremi
matemaAci
– Unico
programma
eseguibile
presentato
alla
conferenza
del
1956
che
fondò
gli
studi
di
intelligenza
arAficiale
68. Razionalità
limitata
• Un
solutore
di
problemi
deve
essere
considerato
un
agente
a
razionalità
limitata
(bounded
raIonality).
– Memorie
finite
– Capacità
di
calcolo
finite
– Tempo
a
disposizione
finito
69. SaAsficing
• Neologismo
tra
saAsfy
e
suffice
• Termine
usato
da
Simon
per
indicare
che
un
solutore
non
cerca
la
soluzione
o8male…
– …cioè,
la
soluzione
migliore
possibile
• …
ma
una
soluzione
“buona
abbastanza”
alla
luce
degli
obie8vi
e
delle
risorse
disponibili
70. General
Problem
Solver
• Per
costruire
programmi,
quesA
autori
raccoglievano
“protocolli
di
pensiero
a
voce
alta”
– Autodescrizioni
di
ciò
che
un
solutore
umano
fa
e
pensa,
mentre
sta
risolvendo
un
problema
– Poi
cercavano
di
simulare
quella
strategia
estraendone
un
algoritmo
e
programmandolo
in
un
computer
• E’
in
questo
modo
che
individuarono
un
primo,
importante,
“algoritmo
di
ricerca
eurisAca
in
grado
di
comprimere
lo
spazio
degli
staA”
– L’eurisAca
dell’analisi
mezzi-‐fini
• Alla
fine
degli
anni
‘60
presentarono
General
Problem
Solver
(GPS),
un
programma
più
evoluto
di
LT
e
basato
su
diverse
eurisAche
– Le
conce2ualizzazioni
alla
base
di
GPS,
e
il
confronto
sistemaAco
tra
performance
umana
e
performance
di
GPS
per
affinare
sempre
più
il
modello,
furono
alla
base
del
libro
del
1972
71. SOAR
• GPS
è
il
nonno
di
SOAR,
sviluppato
dallo
stesso
Newell
(e
successori)
• Archite2ura
cogniAva
basata
regole
di
produzione
• A2ualmente
alla
base
di
molA
modelli
computazionali
delle
cognizione
umana,
e
di
molA
programmai
IA
72. • La
prospe8va
teorica
di
Newell
e
Simon
ha
il
grande
vantaggio
di
essere
molto
precisa
nella
sua
formalizzazione
matemaAca
• Lo
svantaggio,
è
la
prospe8va
limitata:
– Non
si
occupa
dei
processi
che
portano
alla
rappresentazione
del
problema
– Parte
da
una
data
rappresentazione
del
problema
(spazio
degli
staI
generato
dallo
spazio
del
problema),
e
descrive
minuziosamente
i
processi
a2uaA
durante
la
ricerca
della
soluzione
73. • La
teoria
e
le
sperimentazione
ad
essa
collegata
si
concentrano
su
problemi
ben
definiI
• gli
operatori
uAlizzabili
per
passare
da
uno
stato
all’altro
sono
chiari,
semplici
e
circoscri8
• gli
obie8vi
da
conseguire
sono
altre2anto
chiaramente
descri8
74. Problemi
ben
definiA
dal
punto
di
vista
matemaAco
• Ogni
problema
è
esausAvamente
descri2o
da:
1. uno
stato
iniziale:
un
ve2ore
finito
di
cara2erisAche
o
parametri,
ciascuno
dei
quali
può
assumere
un
numero
finito
di
valori,
con
ogni
parametro
istanziato
a
un
valore
specifico;
2. uno
stato
obie>vo
(o
goal)
o
terminale:
lo
stesso
ve2ore
di
parametri
che
descrive
lo
stato
iniziale,
ma
istanziato
a
valori
diversi;
3. un
insieme
finito
di
funzioni
o
operatori,
ciascuno
dei
quali
acce2a
in
ingresso
un
ve2ore
di
stato,
modifica
il
valore
di
uno
o
più
parametri
in
modo
univoco
e
ben
definito,
e
ritorna
in
uscita
un
diverso
ve2ore
di
stato;
4. una
metrica
in
grado
di
misurare
la
differenza
(o
distanza)
tra
due
ve2ori
di
stato.
75. • Lo
“spazio”
da
colmare
per
andare
dallo
stato
iniziale
a
quello
terminale
è
il
problema
– Metaforicamente:
trovare
l’uscita
di
un
labirinto
• Le
mosse
da
fare
(operatori
da
applicare)
per
colmare
quello
spazio,
o
completare
quel
viaggio,
è
la
soluzione
– Metaforicamente:
trovare
il
percorso
giusto
tre
i
mol=
possibili
nel
labirinto
76. Algoritmi
di
ricerca
della
soluzione
• L’unico
modo
che
ha
un
sistema
non
intelligente
per
andare
dalla
partenza
alla
meta
è
quello
di
procedere
per
prove
ed
errori,
con
ripeAzione
– Metaforicamente:
bendarsi,
disorientarsi,
e
poi
muoversi
nel
labirinto
a
tentoni;
ogni
volta
che
il
si
arriva
a
un
bivio
o
a
un
muro,
scegliere
a
caso
da
che
parte
girare,
anche
reimboccando
vie
già
percorse
– Esempio:
organismi
esclusivamente
rea8vi
e
senza
memorie
• Un
modo
leggermente
più
intelligente
è
quello
per
prove
ed
errori
con
memoria
– a
ogni
svolta
del
labirinto,
il
sistema
sceglie
una
direzione
a
caso,
ma
non
reimbocca
mai
un
vicolo
cieco
già
esplorato
– Prima
o
poi
l’uscita
la
trova,
ma
non
è
efficiente
È stupido!
Genero a
caso
soluzioni,
ma potrei
geneare
soluz gi
viste
eriprovarl
e comunque
77. EsausAvi
ed
eurisAci
• Ogni
altra
procedura
di
ricerca
richiede
sia
una
“mappa
del
labirinto”,
sia
una
“bussola”
per
sapere
in
che
direzione
ci
si
sta
muovendo
– Cioè,
una
rappresentazione
mentale
delle
diverse
possibilità,
e
il
sapere
se
un
passaggio
avvicina
o
no
all’obie8vo
• Gli
algoritmi
di
ricerca
esausIvi,
talvolta
usaA
in
alcune
forme
di
problem
solving
automaAzzato,
controllano
sistemaAcamente
tu8
i
possibili
percorsi
e
scelgono
quello
o8male
– Se
i
percorsi
sono
molA,
sono
inapplicabili
• Gli
algoritmi
di
ricerca
eurisIci,
invece,
non
esplorano
tu8
i
percorsi,
e
quindi
non
garanAscono
né
di
trovare
l’uscita
del
labirinto,
né
di
trovare
la
più
breve.
• sono
però
strategie
molto
uAli,
che
molte
volte
consentono
di
trovare
una
soluzione
“buona
abbastanza”
(saIsficing)
risparmiando
risorse
di
elaborazione,
di
memoria,
e
di
tempo
di
esecuzione
78. La
mappa:
lo
spazio
degli
staA
• Dato
un
problema
ben
definito,
lo
spazio
degli
staA
è:
•
l’insieme
di
tuLe
le
possibilità
che
si
oLengono
applicando
al
veLore
iniziale
tu>
gli
operatori
disponibili,
e
poi
riapplicandoli
iteraIvamente
a
tu>
i
veLori
output
79. • Tu8
i
giochi
da
tavolo
o
da
scacchiera
determinisAci
possono
essere
descri8
come
uno
spazio
degli
staA
• Ma
per
molA
di
essi
è
teoricamente
finito,
ma
talmente
vasto
da
non
consenAre
l’applicazione
di
algoritmi
esausAvi
di
ricerca
80. Torre
di
Hanoi
• Un
puzzle
che
consente
di
esemplificare
con
facilità
lo
spazio
degli
staA
• UAlizzato
in
molA
studi
di
Simon
e
colleghi
• Nella
versione
“Torre
di
Londra”,
uAlizzato
per
il
tesAng
neuropsicologico
81. • Obie8vo:
spostare
tu8
i
dischi
sul
terzo
piolo,
esa2amente
nell’ordine
in
cui
sono
sul
primo
• Regole:
spostare
un
solo
disco
alla
volta;
non
si
può
mai
me2ere
un
disco
più
grande
sopra
uno
più
piccolo.
82. • Il
gioco
è
semplice
con
pochi
dischi,
diventa
sempre
più
complicato
non
imboccare
percorsi
inuAli
via
via
che
si
aumentano
i
dischi
• Spazio
degli
staA
nella
versione
a
3
dischi:
83. • Lo
spazio
del
problema
è
la
comprensione
iniziale
del
problema:
– Ve2ore
iniziale
– Ve2ore
goal
– Operatori
ammissibili
– Metrica
• Lo
spazio
del
problema
consente
di
generare
lo
spazio
degli
staA
• Nella
versione
a
64
dischi
della
TdH,
l’esplorazione
esausAva
dello
spazio
degli
staA
è
ingesAbile
anche
per
un
supercomputer
• Occorre
trovare
scorciatoie:
algoritmi
di
ricerca
eurisIca
84. Analisi
mezzi-‐fini
• Come
“tagliare”
il
numero
delle
possibilità
da
generare,
e
“comprimere”
il
problema?
• quanto
più
breve
è
la
distanza
(in
termini
di
operazioni)
da
uno
stato
iniziale
a
un
obie8vo,
tanto
minori
sono
gli
staA
possibili
che
possono
intercorrere
tra
i
due
• Generando
dei
so2o-‐obie8vi
da
cui
si
possa
raggiungere
l’obie8vo
in
un
solo
passaggio,
si
riduce
lo
spazio
degli
staA
da
esplorare
• Quindi,
generando
itera=vamente
dei
so2o-‐
obie8vi,
si
può
ridurre
il
problema.
Spezzo il problema
generale in
sottoobiettivi piu
piccoli
Diventa piu gestibile e posso utilizzare anche STRATEGIE
ESAUSTIVE
85. • Si
confronta
lo
stadio
iniziale
e
lo
stadio
finale,
alla
luce
degli
operatori
disponibili
• Si
generano
so2o-‐obie8vi:
staA
da
cui,
in
un
solo
passaggio,
si
possa
raggiungere
o
un
so2o-‐obie8vo
o
l’obie8vo.
• La
stru2ura
logica
della
decomposizione
è
un
albero
AND-‐OR
– I
nodi
AND
indicano
catene
di
di
staA
che,
se
tu8
soddisfa8,
consentono
di
raggiungere
un
obie8vo
– I
nodi
OR
indicano
staA
alternaAvi
tali
per
cui,
qualora
uno
di
loro
sia
soddisfa2o,
si
può
raggiungere
un
obie8vo
88. • la
decomposizione
del
problema
in
un
albero
AND-‐ORillustra
la
natura
ipoteAco-‐dedu8va
del
problem
solving
• I
nodi
AND
sono
previsioni
dedu6ve,
“in
avanA”:
– “se
faccio
quelle
operazioni,
conseguirò
quello
stato”
• Le
regole
non-‐terminali
vanno
da
una
“conseguenza”
(per
esempio,
lo
stato
terminale)
ai
possibili
“antecedenA”
– i
possibili
staA
che
potevano
precedere
quella
consegunez
– Sono
quindi
di
natura
abdu6va
89. Strategia
general
purpose
• L’analisi
mezzi-‐fini
è
una
strategia
di
ricerca
eurisAca
general
purpose
• uAlizzabile
in
molA
Api
di
problemi,
astra8
o
non
astra8.
• Newell
e
Simon
la
indicano
come
una
delle
principali
strategie
psicologiche
volte
alla
ricerca
di
una
soluzione
in
uno
spazio
problemico
• in
praAca,
è
un
modo
spesso
efficace
per
trovare
una
via
verso
la
meta,
senza
dover
misurare
sulla
mappa
tuKe
le
vie
possibili.
90. Hill
climbing
• Strategia
più
parsimoniosa,
ma
con
maggiori
probabilità
di
insuccesso
– Non
richiede
memoria
degli
staA
precedenA,
ma
solo
conoscenza
dell’obie8vo
e
una
metrica
in
grado
di
misurare
la
distanza
da
uno
stato
all’obie8vo
• “Avvicinamento
all’obie8vo
in
linea
dire2a”
• Metaforicamente:
uno
scalatore
cieco,
che
per
raggiungere
la
ve2a
di
una
collina
fa
solo
passi
in
salita
– se
più
passi
in
salita
sono
disponibili,
sceglie
a
caso
91. • si
confronta
il
ve2ore
che
descrive
lo
stato
iniziale
con
il
ve2ore
che
descrive
lo
stato
terminale
• Si
valuta
la
distanza
di
ciascun
parametro
del
primo
da
ciascun
parametro
del
secondo.
• si
sceglie
una
mossa
che
riduce
la
distanza
di
almeno
uno
dei
parametri,
senza
aumentare
quella
degli
altri
– se
invece
si
considera
una
distanza
basata
su
tu8
i
parametri,
consideraA
insieme,
la
strategia
si
chiama
discesa
lungo
il
gradiente
(è
la
strategia
eurisAca
usata
nelle
reA
neurali
arAficiali
introdo2e
nel
cap.
1)
Mi disinteresso
completamente dall
avere uno spazio
del problema
92. • Lì
hill
climbing
è
molto
efficiente
– Richiede
pochissime
risorse
computazionali
• Ma
può
essere
molto
poco
efficace
– può
non
incrementare
molto
la
possibilità
di
raggiungere
l’obie8vo
– Esempio:
una
strategia
hill-‐climbing
non
risolverà
mai
un
problema
di
detouring
• Può
portare
a
massimi
locali:
punA
che
non
coincidono
con
l’obie8vo,
ma
dai
quali
ogni
operazione
allontana
dall’obie8vo
– In
un
compito
di
detouring,
l’apice
dell’ostacolo
a
V
Se ginpoco tempo,
spazionproblema
molto amoio e poche
risorse, hill
climbing puó essere
una soluzione!
93. • Robertson
(2001)
ha
descri2o
la
strategia
di
hill-‐climbing
come
“una
metafora
per
quando
risolviamo
problemi
al
buio”
– cioè,
senza
capirli
un
granché.
• per
quanto
rozza,
è
una
strategia
che
applichiamo
spesso
94. Problema
delle
monete
• Regole:
date
sei
monete
disposte
come
in
A,
cercate
di
disporle
come
in
B
esa2amente
in
tre
mosse.
• Ogni
mossa
consiste
nel
far
scivolare
una
moneta
sul
piano
verso
una
posizione
dove
tocca
esa2amente
altre
due
monete,
senza
spingere
o
spostare
le
altre
monete
in
alcun
modo.
Rendere lo stato
iniziale piu simile
al finale
Qui Hill Climbing
porta a un MASSIMO
LOCALE:
95. Problema
del
21
• Regole:
Scegliete
6
ge2oni
la
cui
somma
dia
21.
Risposta: partire
dal piu basso
Molti invece partono
dal piu altro: hill
climbing, obiettivo
è 21, PORTIAMOCI PIU
RAPIDAMENTE VERSO LA
META
96. Il
backtracking
• Alcune
strategie
di
ricerca
eurisAca
sono
più
efficaci
– Ma
richiedono
più
risorse
• Altre
meno
efficaci
– Ma
richiedono
meno
risorse
• Tu2avia,
nessuna
garanAsce,
in
generale,
la
certezza
di
raggiungere
il
risultato
• Quando
ci
accorgiamo
che
la
via
imboccata
non
porta
alla
soluzione,
non
possiamo
far
altro
che
tornare
sui
nostri
passi:
backtracking
• Nella
teoria
di
N&S
il
backtracking
è
una
“riArata”
a
uno
stato
precedente
– Che
può
essere
lo
stato
iniziale
– Da
cui
si
procede
a
cercare
una
soluzione
alternaAva
97. • Ripiegare
può
essere
difficile
– Esempio:
impossibile
se
sAamo
seguendo
una
strategia
hill
climbing
– Esempio:
fissazione
• Può
generare
staA
di
impasse,
e
abbandono
del
compito
• Se
vi
riusciamo,
possiamo
cercare
una
nuova
soluzione
• In
alcuni
casi
questo
comporta
una
ristru2urazione
del
problema
98. • Simon
arrivò
a
considerare
la
ristru2urazione
per
insight
descri2a
dall’approccio
gestalAco
come
una
vera
e
propria
ridefinizione
dello
spazio
del
problema
– Quindi,
con
la
generazione
di
un
nuovo
spazio
degli
staA
• prospe8va
teorica
non
facilmente
traducibile
in
modelli
computazionali:
“Lo
spazio
dei
possibili
spazi
del
problema
è
eccessivamente
mal
definito:
di
fa2o,
è
infinito”
(Kaplane
e
Simon,
1990)
99. CONOSCENZE
PRECEDENTI
E
PROBLEM
SOLVING
Le
conoscenze
precedenA
non
sono
solo
una
fonte
di
ostacoli,
ma
anzi
sono
spesso
la
chiave
per
un
efficace
a8vità
di
problem
solving
Keith
Holyoak
(UCLA)
Dedre
Gentner
(Northwestern)
101. Problema
del
tumore
(Duncker,
1935)
Immaginate
di
essere
un
do2ore
che
deve
distruggere
un
tumore
maligno
nello
stomaco
di
un
paziente.
È
impossibile
operare
il
paziente,
ma
se
il
tumore
non
verrà
distru2o
il
paziente
morirà.
L’unico
mezzo
a
vostra
disposizione
sono
le
radiazioni.
Ma
l’intensità
delle
radiazioni
necessarie
a
distruggere
il
tumore
distruggerebbe
anche
i
tessuA
sani
intorno
al
tumore
stesso,
che
possono
sopportare
solo
basse
intensità
di
radiazioni.
Come
fare
a
distruggere
il
tumore
senzadanneggiare
i
tessuA?
102. Un
generale
deve
prendere
d’assalto
una
fortezza
nemica.
Diverse
strade
portano
alla
fortezza,
ma
sono
tu2e
minate,
e
se
facesse
passare
tu2e
le
sue
forze
su
una
singola
strada
subirebbe
ingenA
perdite.
D’altra
parte,
sa
che
piccoli
conAngenA
possono
spostarsi
lungo
una
strada
minata
senza
correre
troppi
rischi.
Di
conseguenza,
divide
le
sue
forze
in
piccoli
conAngenA,
e
le
fa
convergere
sulla
fortezza
seguendo
strade
diverse,
in
modo
da
poterla
assalire
con
tu2e
le
sue
forze
contemporaneamente.
Ora
rispondete
nuovamente
al
problema
del
tumore.
103. Gick
e
Holyoak
(1980,
1983)
• presentarono
al
gruppo
sperimentale
(non
al
gruppo
di
controllo)
la
seconda
storiella,
insieme
ad
altre
due
irrilevanA,
in
un
compito
“di
memoria”.
• Pochi
minuA
dopo
presentarono
il
problema
del
tumore.
• RisultaI:
– circa
il
10%
dei
controlli
risolveva
il
problema
per
convergenza
sul
fuoco
– Dei
partecipanA
che
avevano
le2o
la
storia
del
generale,
ma
non
erano
staA
avvisaA
che
una
delle
storie
poteva
aiutare
a
risolvere
il
compito,
circa
il
20%
risolsero
per
convergenza
– Invece,
i
partecipanA
che
avevano
le2o
la
storia
del
generale,
ed
erano
staA
avvisaA
che
una
delle
storie
poteva
aiutarli,
risolvevano
per
convergenza
nel
75%
dei
casi
104. RagionamenA
per
analogia
• individuiamo
alcune
“speciali”
somiglianze
tra
un
insieme
di
conoscenze
passate
relaAve
a
un
problema
già
risolto
(la
storia
del
generale)
e
un
problema
nuovo
con
cui
ci
sAamo
confrontando
(il
problema
del
tumore).
• In
base
a
quelle
somiglianze
ipoAzziamo
che
la
“vecchia”
soluzione
possa,
una
volta
ada2ata,
applicarsi
anche
al
“nuovo”
caso.
105. Fasi
del
ragionamento
per
analogia
Sfrutto conoscenza
precedente e
esperienza passata
per risolvere
problema attuale
MAPPING: cpire cosa
corrisponde a cosa e
due
storie,riconowciment
o somiglianze
Tumore=citta
Radiazioni= citta
TRANSFER:
trasferisco
lamsoluzione del
problema precedente
a quello attutal
schema mentLe
ASTRATTO,
estraggonelementi
strutturali
interessanti
106. Ricerca
di
isomorfismi
• la
ricerca
di
analogie
consiste
nel
“far
coincidere”
alcune
cara2erisAche
del
problema
bersaglio
con
alcune
cara2erisAche
del
problema
sorgente
– Il
generale
con
il
medico,
le
radiazioni
con
l’esercito,
il
tumore
con
la
fortezza
nemica
• Ciascuna
di
queste
coppie
comprende
elemenA
ben
diversi,
ma
che
assumono
un
ruolo
struLuralmente
idenAco
• ciò
che
viene
messo
in
corrispondenza
non
sono
tanto
i
singoli
elemenA
(di
per
sé
privi
di
somiglianze),
quanto
le
relazioni
che
intercorrono
tra
loro
• si
cerca
di
idenAficare
un
isomorfismo
tra
le
stru2ure
dei
due
problemi
107. Ragionamento
analogico
e
intelligenza
• CompiA
di
Apo
analogico
sono
presenA
in
tu8
i
“test
di
intelligenza”
– spesso
nella
forma
di
“problemi
a
qua2ro
termini”
(per
esempio,
“la
mano
sta
al
pollice
come
il
piede
sta
a…?”).
• Sono
altamente
correlaA
al
fa2ore
di
intelligenza
generale
G
• Il
test
delle
“matrici
progressive”
di
Raven
(1938),
esclusivamente
composto
da
problemi
grafici
risolvibili
per
analogia,
correla
altamente
con
tu8
i
principali
compiA
che
sAmano
diversi
aspe8
centrali
del
funzionamento
intelle8vo
• Alcuni
autori
sospe2ano
che
la
differenza
tra
il
pensiero
causale
“concreto”
osservato
negli
altri
animali,
e
quello
più
“astra2o”
riscontrato
nella
specie
umana,
dipendano
dalla
capacità
di
eseguire
ragionamenA
per
analogia
– Intrinsezamente
basaA
su
allineamenA
di
stru2ure
astra2e
108.
109. Funzioni
del
ragionamento
per
analogie
• Ogni
volta
che
non
abbiamo
sufficienA
informazioni
specifiche
per
stabilire
come
comportarci
in
una
situazione
nuova,
cerchiamo
analogie
– cioè
cerchiamo
di
“reclutare”
conoscenze
da
un
altro
dominio
per
applicarle
alla
nuova
situazione
• Per
aumentare
le
probabilità
che
le
conoscenze
“reclutate”
siano
adeguate,
è
necessario
che
i
due
domini
siano
stru2uralmente
simili.
• La
capaciytà
di
reclutare
conoscenze
basandosi
su
analogie
pare
permeare
i
ragionamenA
umani,
dai
più
semplici
ai
più
complessi
– Ragionamento
giuridico,
medico,
scienAfico,
ma
anche
il
ragionamento
dei
bambini
110. Analogie
complesse
hanno
portato
a
grandi
salA
in
avanA
nella
scienza
• Niels
Bohr:
l’atomo
“è
come”
il
sistema
solare
• Konrad
Lorenz:
l’aggressività
animale
“è
come”
un
sistema
idraulico
• CogniAvismo:
La
mente
“è
come”
un
computer
• Charles
Darwin:
La
selezione
naturale
“è
come”
la
selezione
operata
da
allevatori
Mente: software =
cervello : hardware
111. Analogie
semplici
(relaAvamente)
• -‐nel
cercare
di
far
funzionare
ele2rodomesAci
che
non
conosciamo
stabiliamo
analogie
con
quelli
che
conosciamo,
per
cercare
di
capirne
i
comandi
• Nel
“leggere”
una
mappa,
stabiliamo
analogie
tra
linee
e
punA
tracciaA
su
un
foglio
di
carta
e
cara2erisAche
di
un
territorio.
• Ogni
volta
che
ci
troviamo
in
un
ambiente
nuovo
(un
nuovo
Apo
di
ristorante,
un
nuovo
gruppo
di
persone,
un
nuovo
lavoro
ecc.),
sviluppiamo
analogie
con
altre2anA
ambienA
noA
per
cercare
comportamenA
adeguaA
Analogia è x similitudin, non è rievocazione diretta di
un problema identico
112. L’analogia
è
un
processo
indu8vo
• L’individuazione
di
analogie
genera
ipotesi,
non
certezze
• può
condurre
a
conclusioni
errate,
che
richiedono
un
controllo.
• Solo
se
quelle
conclusioni
si
dimostrano
adeguate
possono
poi
essere
apprese
in
forma
di
schema.
113. Somiglianze
tra
stru2ure
• Per
Gentner,
“somiglianze”
e
“analogie”
sono
il
fru2o
dei
medesimi
processi,
applicaA
a
differen=
livelli.
• La
somiglianza
scaturisce
dal
confronto
tra
le
cara2erisAche
di
due
ogge8
o
evenA
(Tversky,
77)
– Un
“allineamento”
tra
cara2erisAche
• L’analogia
è
anch’essa
un
allineamento,
che
però
privilegia
le
relazioni,
invece
delle
cara2erisAche
superficiali.
• i
criteri
per
il
giudizio
di
somiglianze
possono
variare,
dal
livello
superficiale
al
livello
stru2urale,
a
seguito
di
semplici
modifiche
degli
sAmoli
(Glodstone
et
al,
91)
114. La
terna
A
somiglia
di
più
alla
coppia
B
o
alla
coppia
C?
La
maggior
parte
delle
persone
giudica
che
A
sia
più
simile
a
B
che
a
C:
ha
due
elemenA
in
comune
e
una
differenza
rispe2o
a
B,
mentre
ha
tre
differenze
rispe2o
a
C.
Aggiungendo
un’invariante
(il
numero
7)
alle
coppie
B
e
C,
in
modo
da
o2enere
le
tre
terne
A’,
B’,
e
C’,
il
giudizio
di
somiglianza
cambia.
Anche
se
al
livello
dei
singoli
numeri
A’
resta
più
simile
a
B’
che
a
C’,
si
può
procedere
a
valutare
le
relazioni
che
intercorrono
tra
i
numeri
(relazioni
di
primo
ordine),
e
–
iteraAvamente
–
le
relazioni
che
intercorrono
tra
relazioni
(relazioni
di
secondo
ordine
ecc.).
115. Forza
di
un’analogia
• qua2ro
criteri
determinano
la
forza
di
un
allineamento
analogico:
1. conne>vità
parallela:
le
relazioni
poste
in
corrispondenza
hanno
argomenA
anch’essi
in
corrispondenza
2. Biunivocità:
ogni
elemento
in
una
stru2ura
è
allineabile
a
uno
e
uno
solo
degli
elemenA
nell’altra
stru2ura
3. focus
sulle
relazioni:
l’analogia
si
basa
principalmente
su
allineamenA
di
relazioni,
piu2osto
che
di
componenA
superficialmente
idenAche
4. SistemaIcità:
l’analogia
coinvolge
sistemi
altamente
interconnessi
da
relazioni
interne;
in
altre
parole,
l’analogia
coinvolge
relazioni
di
ordine
superiore
al
primo
2corriap a 3,
non a 7
Si
relazioni
nnsomigl
suoerfici
ali
Fare!!
116. • I
criteri
possono
essere
soddisfa8
in
varia
misura
– la
forza
dell’ipotesi
generata
dall’allineamento
stru2urale
cresce
o
si
riduce
di
conseguenza
• Gentner
e
colleghi
hanno
uAlizzato
quesA
principi
per
simulare
vari
Api
di
analogie
– come
l’analogia
tra
i
circuiA
ele2rici
e
i
tubi
dell’acqua,
o
tra
le
resistenze
ele2riche
e
i
cancelle8
contapersone
dei
corridoi
della
metropolitana
• Il
loro
modello
computazionale
si
chiama
Structure
Mapping
Engine
(SME)
AnLogia è induttiva,
e per come tutti rag
induttivi devo
capire la sua FORZA
(sono GENIALI O
IMPLAUSIBILI?)
117. • Gli
stessi
principi
si
applicano
anche
ad
alcune
delle
geniali
analogie
che
hanno
consenAto
salA
in
avanA
della
scienza
• Per
esempio,
l’analogia
tra
l’atomo
di
idrogeno
e
il
sistema
solare
si
contraddisAngue
per
il
buon
soddisfacimento
di
tu8
i
requisiA,
compreso
il
coinvolgimento
di
relazioni
di
ordine
superiore
al
primo
– che
spesso
consistono
in
relazioni
di
causalità,
o
di
permissibilità
118.
119. L’uso
di
analogie
come
strumenA
di
persuasione:
il
tentaAvo
di
mantenere
coerenza
• L’analogia
è
molto
usata
nel
discorso
poliAco,
per
portare
sostegno
alle
argomentazioni
di
una
qualche
fazione
• Spesso
queste
analogie
sono
“pasAcciate”
e
deboli
• Ma
risultano
efficaci,
perché
gli
ascoltatori
le
sviluppano
cercando
di
“mantenerle
coerenA”
Uso analogia
nela retorica
120. Esempio
(Spellman,
Holyoak,
1992)
• durante
la
Prima
guerra
del
Golfo
il
presidente
George
Bush
senior
propose
l’analogia
“Saddam
Hussein
è
come
Hitler”.
– Saddam
Hussein
capo
Iraq
– Hitler
capo
Germania
Nazista
– L’allineamento
di
S.H.
con
H
porta
a
allineare
Iraq
e
Germania
Nazista
• Conne8vità
parallela
soddisfa2a
– Ma
Bush
con
chi
si
allinea?
Con
Churchill,
allineando
USA
anni
90
con
UK
anni
40,
o
con
Roosvelt,
allineando
USA
anni
90
con
USA
anni
40?
• Biunivocità
non
soddisfa2a
121. Mantenimento
della
coerenza
• Chi
sceglieva
di
allineare
Bush
senior
con
Roosevelt:
–
poi
sceglieva
di
allineare
USA
90
con
USA
40
– E
l’Arabia
Saudita
del
1991
con
l’Inghilterra
del
1940
• cioè,
un
paese
che
rischiava
di
essere
invaso.
• Chi
sceglieva
di
allineare
Bush
senior
con
Churchill:
–
poi
sceglieva
di
allineare
USA
90
con
GB
40
– E
l’Arabia
Saudita
con
la
Francia,
o
altri
paesi
invasi
dai
nazisA
122. Manipolabilità
• presentando
ai
partecipanA
brevi
compendi
di
storia
della
seconda
guerra
mondiale
di
due
Api:
– uno
che
enfaAzzava
il
ruolo
eroico
dell’Inghilterra
dall’inizio
del
confli2o
– L’altro
che
enfaAzzava
l’importante
ruolo
degli
USA
nel
chiudere
il
confli2o
• Si
o2eneva
nel
primo
caso,
una
propensione
di
allineamenA
Bush-‐Churchill,
e
nel
secondo,
Bush-‐
Roosvelt
• A2enzione:
questo
Apo
di
analogie
possono
essere
manipolate
anche
fornendo
informazioni
false
– Come
la
presenza
di
WMD
in
Iraq
nel
2003
123. Recupero
spontaneo
di
analogie
• Negli
esperimenA,
le
sorgenA
di
anologia
sono
fornite
dallo
sperimentatore
qualche
tempo
prima
del
problema
• Nella
vita
reale,
invece,
sviluppiamo
analogie
sondando
la
nostra
memoria,
e
a8vando
qualche
possibile
fonte
• Gli
studi
di
Gick
e
Holyoak
sembravano
indicare
che
le
analogie
fossero
poco
spontanee,
eppure
l’osservazione
di
tu8
i
giorni
ci
mostra
che
anche
i
bambini
ragionano
per
analogia
• I
criteri
che
guidano
il
recupero
spontaneo
di
un’analogia
sono
gli
stessi
che
determinano
la
sua
forza?
124. Analogie
spontanee:
somiglianza
superficiale
e
di
obie8vi
(Keane,
87)
• Sources
presentate
da
1
a
3
giorni
prima
del
target
• La
source
simile
al
target
era
spontaneamente
recuperata
nell’88%
dei
casi
– Storia
su
un
chirurgo
che
interviene
su
un
tumore
al
cervello
• La
source
dissimile
(storia
del
generale)
il
12%
• Se
la
storia
era
recuperata,
le
soluzioni
per
convergenza
erano
in
entrambi
i
casi
l’86%
– Il
mapping
è
indipendente
dal
retrieval
125. • nel
cercare
analogie
per
risolvere
un
nuovo
problema
si
esplorano
inizialmente
le
conoscenze
precedenA
relaAve
a
problemi:
– con
obie8vi
simili
– con
contenuA
superficiali
simili.
• Tu2avia,
gioca
un
ruolo
anche
il
grado
di
somiglianza
stru2urale
126. I
tre
criteri
che
rendono
facilmente
visibile
un’analogia
• somiglianza
superficiale:
l’analogia
è
tanto
più
visibile
quanto
più
i
componenA
del
dominio
sorgente
sono
simili
ai
componenA
del
dominio
bersaglio;
• somiglianza
struLurale:
l’analogia
è
tanto
più
visibile
quanto
maggiore
è
la
somiglianza
stru2urale
tra
dominio
sorgente
e
dominio
bersaglio;
• somiglianza
di
obie>vi:
l’analogia
è
tanto
più
visibile
quanto
più
gli
obie8vi
conseguiA
nel
dominio
sorgente
sono
simili
a
quelli
da
conseguire
nel
dominio
bersaglio.
• Anche
in
questo
caso,
non
si
tra2a
di
criteri
tu2o-‐o-‐
niente,
ma
di
“vincoli”
presi
in
considerazione
in
parallelo
COSA DETERMIN CHE UN ANALOGIA SIA RECUPERATA
127. “RelaAonal
Shi•”
• L’importanza
relaAva
dei
tre
Api
di
somiglianza
può
variare
con
l’età
degli
individui
• Gentner
e
Toupin
(1986)
indicano
che
i
bambini
molto
piccoli
tendono
a
fare
analogie
basate
sopra2u2o
su
somiglianze
superficiali
– con
allineamenA
anche
in
aperta
violazione
delle
relazioni
stru2urali.
• Solo
successivamente
avverrebbe
un
passaggio
a
privilegiare
somiglianze
stru2urali
e
di
obie8vi
– Questo
passaggio
prende
il
nome
di
rela=onal
shiX.
ASPETTI EVOLUTIVI
128. Estrazione
di
schemi
dalle
analogie
• le
analogie
spontanee
sono
guidate
in
larga
misura
dalla
somiglianza
superficiale
e
di
obie8vi
tra
sorgente
e
bersaglio
• Come
è
possibile
allora
che
talvolta
si
stabiliscono
analogie
tra
domini
totalmente
differenA?
– Per
esempio,
le
grandi
analogie
nella
scienza
129. • lo
sviluppo
e
l’uso
di
un’analogia
può
risolversi
nell’apprendimento
di
uno
schema
di
ragionamento
astraLo
• successivamente,
lo
schema
può
essere
applicato
a
contesA
stru2uralmente
simili,
ma
superficialmente
dissimili
da
quelli
in
cui
è
stato
acquisito.
– In
questo
modo,
è
il
“fare
analogie”
che
ci
rende
gradualmente
sempre
più
in
grado
di
fare
altre
analogie,
anche
tra
contenuA
remoA
130. Gick
e
Holyoak
(83)
• Osservarono
che
l’analogia
poteva
essere
facilitata
dalla
presentazione
di
diagrammi
schemaAci
astra8
– o
del
suggerimento
“se
c’è
bisogno
di
una
grande
forza
per
o2enere
uno
scopo,
ma
non
la
si
può
applicare
dire2amente,
l’applicazione
di
molte
forze
deboli
convergenA
può
conseguire
lo
stesso
scopo”.
È MOLTO PIU ASTRATTO
DELLA STORIA
ESERCITO
131. • Anche
se
una
sola
analogia
tra
due
esempi
può
già
dar
vita
ad
uno
schema,
gli
schemi
si
possono
sviluppare,
affinare,
ed
astrarre
maggiormente
con
l’aumento
degli
esempi
a
disposizione
(Catrambone
e
Holyoak,
1989)
• Il
“trasferimento
a
lungo
termine”
migliora
con
il
migliorare
degli
schemi
che
sono
staA
astra8
132. • In
Catambrone
e
Holyoak
(89),
i
partecipanA
ricevevano
prima
due
problemi
analoghi
basaA
su
convergenza,
con
domande
che
li
aiutavano
a
focalizzarsi
sulla
loro
stru2ura
• Poi
ricevevano
un
terzo
analogo,
che
nella
maggior
parte
dei
casi
risolvevano
(comunque,
la
soluzione
era
poi
comunicata
loro)
• Una
se8mana
dopo
ricevevano
il
problema
del
tumore,
senza
alcun
suggerimento
di
associarlo
agli
esempi
precedenA
– 80%
di
soluzioni
per
convergenza
• Pedone,
Hummel
e
Holyoak
(2001)
o2ennero
risultaA
simili
uAlizzando,
come
indu2ori
di
schemi,
diagrammi
dinamici
STRATEGIA
INDUZIONE SCHEMA
ASTRATTO
134. Schemi
dominio-‐specifici
• l’aver
stabilito
una
prima
analogia
tra
due
domini
di
conoscenza
perme2e
di
estendere
l’analogia
con
maggiore
facilità
ad
altri
domini.
• Le
prime
analogie
astraggono
uno
schema,
libero
da
vincoli
di
contenuto.
• Può
quindi
essere
applicato
a
qualsiasi
contenuto,
purché
con
stru2ura
simile
(schemi
dominio-‐specifici).
• Cheng
e
Holyoak
(1985;
Cheng,
Holyoak,
Nisbe2
et
al.,
1986;
Holyoak,
Cheng,
1995)
svilupparono
questa
proposta
nella
teoria
degli
schemi
pragmaIci
di
ragionamento,
che
intervengono
in
alcune
forme
di
deduzione
135. • “se
non
mangi
la
minestra
non
potrai
avere
il
gelato”
• “Se
non
mangi
i
cavoli
non
potrai
avere
il
dolce”
Esempio
di
origine
analogica
degli
“schemi
pragmaAci”
per
il
ragionamento
deonAco
RAGIONMENTO DWONTOCO
È IL RAGIONAM SUI
DOVERI
136. • “se
non
mangi
la
minestra
non
potrai
avere
il
gelato”
• “Se
non
mangi
i
cavoli
non
potrai
avere
il
dolce”
137. • “se
non
mangi
la
minestra
non
potrai
avere
il
gelato”
• “Se
non
mangi
i
cavoli
non
potrai
avere
il
dolce”
• “Se
non
mangi
X
non
potrai
avere
Y
138. • “se
non
mangi
la
minestra
non
potrai
avere
il
gelato”
• “Se
non
mangi
i
cavoli
non
potrai
avere
il
dolce”
• “Se
non
mangi
X
non
potrai
avere
Y
• Se
non
riordini
la
camera
non
potrai
andare
a
giocare
139. • “se
non
mangi
la
minestra
non
potrai
avere
il
gelato”
• “Se
non
mangi
i
cavoli
non
potrai
avere
il
dolce”
• “Se
non
mangi
X
non
potrai
avere
Y
• Se
non
riordini
la
camera
non
potrai
andare
a
giocare
• Se
non
X
allora
non
Y
140. Schemi
acquisiA
e
experAse
• Via
via
che
le
persone
acquistano
esperienza
in
una
parAcolare
area,
acquisiscono
un
numero
crescente
di
schemi,
sempre
più
facili
da
recuperare
per
risolvere
problemi
nuovi.
• Pur
appresi
tramite
esempi
specifici,
gli
schemi
guidano
e
supportano
futuri
allineamenA
e
inferenze.
L
• L’aver
acquisito
numerosi
schemi
è
la
caraLerisIca
fondamentale
che
disIngue
la
prestazione
di
un
esperto
da
quella
di
un
non
esperto.
• Tu2avia,
se
considerare
nuove
analogie
è
uno
sAle
di
pensiero
produ>vo,
acquisirne
gli
schemi
e
recuperarli
in
modo
pressoché
automaAco
per
risolvere
problemi
segna
il
passaggio
verso
il
pensiero
riprodu>vo.
– Con
i
rischi
di
fissità
e
meccanizzazione
che
esso
comporta
141. EXPERTISE
E
SOLUZIONE
DI
PROBLEMI
Cosa
c’è
alla
base
dell’essere
esperA
nel
risolvere
cerA
Api
di
problema?
“I’m
Winston
Wolfe.
I
solve
problems.”
(Harvey
Keitel
in
“Pulp
ficAon”,
1991)
142. • ExperIse:
perizia,
competenza,
a
indicare
ciò
che
rende
qualcuno
molto
abile,
in
una
determinata
classe
di
compiA
• L’esperto
è
cara2erizzato
da
vaste
conoscenze
precedenA
e
addestramento
in
quel
dominio
– “regola
delle
10.000
ore”:
l’ordine
di
grandezza
delle
ore
da
dedicare
a
praAca
per
diventare
davvero
“esperA”
di
qualcosa
(studi
su
musicisA,
scacchisA,
medici,
sporAvi)
143. • Le
conoscenze
precedenA
hanno
due
effe8:
1. effeLo
negaIvo,
quando
provocano
fissità,
rigidità,
meccanizzazione
del
pensiero
e
mental
set
2. effeLo
posiIvo,
quando
gli
schemi
favoriscono
la
rapida
soluzione
di
problemi
che,
per
altri,
sarebbero
impossibili
da
risolvere.
144. • Entrambe
queste
proprietà
si
osservano
nel
problem
solving
degli
esperA.
• MolA
“cosidde8
esperA”
spesso
“guardano
le
cose
col
paraocchi”,
suggerendo
sempre
gli
stessi
rimedi
– Meccanizzazione,
che
può
comportare
errori
di
giudizio,
di
decisione,
e
di
categorizzazione
• Ma
talvolta
capita
di
incontrare
esperA
“davvero
bravi”,
che
in
qua2ro
e
qua2r’o2o
idenAficano
un
problema
per
noi
invisibile,
lo
diagnosAcano,
e
propongono
un
rimedio
efficace.
– effe2o
posi=vo
delle
conoscenze
precedenA,
basato
sull’uso
flessibile
e
controllato
degli
schemi
conce2uali
astra8
dall’esperienza.
145. Differenze
tra
aree
di
experAse
• ogni
area
di
esperienza
è
a
sé
stante
– essere
esperA
nel
gioco
degli
scacchi,
di
motori
a
scoppio,
o
di
medicina,
non
è
la
stessa
cosa,
né
per
i
contenuA
dell’exper=se,
né
per
la
Apologia
di
problemi
che
l’esperto
affronta,
né
per
lo
sAle
di
pensiero
con
cui
deve
provare
a
risolverli.
• Esistono
molA
studi
che
rilevano
le
peculiarità
e
le
diverse
sfacce2ature
di
diverse
aree
di
exper=se.
• Qui
ci
chiediamo
quale
sia
il
“minimo
comun
denominatore”:
cosa
accomuna
tu>
gli
esperI,
quale
che
sia
la
loro
area
di
exper2se,
e
li
differenzia
dai
non
esperI?
146. Gli
esperA
sono
più
“intelligenA”
di
altri?
• Se
intendiamo
come
intelligenza
l’insieme
delle
capacità
cogniAve
di
base…
– capacità
di
memoria
di
lavoro,
di
a2enzione,
di
discriminazione
perce8va,
di
apprendimento,
di
ragionamento
astra2o
ecc.
• …gli
esperA
di
una
data
area,
nella
media,
non
sono
diversi
da
qualsiasi
non
esperto
di
quell’area.
• Non
occorre
essere
dei
geni
per
diventare
degli
esperA
in
una
qualche
disciplina.
– Basta
l’apprendimento
guidato
dall’esperienza,
le
cui
norme
generali
sono,
più
o
meno,
eguali
per
tu8
(Cap.
7)
147. Studi
sull’experAse
negli
scacchi
• Chase
e
Simon
(1973)
ipoAzzarono
che
gli
esperA
giocatori
di
scacchi
possedevano
una
gran
quanAtà
di
configurazioni
di
pezzi
note
depositate
in
memoria
a
lungo
termine
• chiamavano
chunks
quesA
grappoli
di
informazione
• I
chunks
consenAvano
agli
esperA
di
riconoscere
“a
colpo
d’occhio”
lo
stato
di
una
parAta,
mandarlo
a
memoria
più
rapidamente,
e
selezionare
solo
poche
mosse
acce2abili
da
considerare
– riducendo
così
di
gran
lunga
lo
“spazio
degli
staA”,
rispe2o
ai
non
esperA.
148. Dai
chunks
ai
templates
• Gobet
e
Waters
(2003)
hanno
sviluppato
le
idee
di
Chase
e
Simon.
• I
giocatori
esperA
possiedono
schemi
(templates),
in
grado
di
conne2ere
tra
loro
in
modo
sensato
molA
pezzi
di
una
configurazione
su
una
scacchiera.
• Basta
a8vare
due
o
tre
di
quesA
schemi
per
riconoscere
e
ricordare
una
configurazione
di
gioco
(Gobet,
Clarkson,
2004).
• Il
corrispondente
risparmio
di
risorse
cogniAve
consente
di
dedicarne
di
più
all’analisi
delle
poche
mosse
che
è
sensato
considerare
in
quella
situazione.
• Gli
schemi
prediligono
relazioni
dense
di
significato
– per
esempio,
relazioni
d’a2acco
o
di
difesa,
che
dipendono
dalla
posizione
relaAva
dei
pezzi,
piu2osto
che
dalle
posizioni
assolute.
149. • Gobet
e
Simon,
1996:
meta-‐analisi
su
molA
studi
precedenA
– gli
esperA
di
scacchi
hanno
solo
un
vantaggio
lievissimo,
relaAvamente
ai
non
esperA,
per
quanto
riguarda
la
memorizzazione
di
scacchiere
con
posizioni
casuali
– Per
quelle
configurazioni,
gli
schemi
appresi
non
possono
aiutare.
• Gobet
e
Waters,
2003:
rassegna
di
vari
studi.
– Concludono
che
non
vi
è
una
correlazione
tra
capacità
di
gioco
degli
scacchi
e
intelligenza
generale
150. experAse
negli
scacchi:
conclusioni
• Le
“incredibili”
prestazioni
di
gioco
dei
gran
maestri
di
scacchi
non
sono
dovute
non
a
parAcolari
doA
individuali
• Piu2osto,
l’esperienza,
ha
depositato
nelle
loro
memorie
un
insieme
di
schemi
usaA
flessibilmente:
– Che
perme2ono
di
riconoscere
rapidamente
una
situazione
di
gioco
– E
di
selezionare
poche
mosse
adeguate
a
quella
situazione,
per
approfondire
solo
quelle
151. Studi
sull’experAse
medica
• principale
disAnzione
tra
gli
sAli
di
ragionamento
di
un
medico
esperto
e
di
uno
non
esperto:
– L’esperto
si
avvale
in
misura
maggiore
di
processi
impliciA
e
automaAci
– L’inesperto
si
avvale
di
più
di
processi
espliciA
e
analiAci
(Heiberg
Engel,
2008).
152. Alcuni
esempi
• Krupinsky
et
al.,
2006
• presentano
a
studenA
di
medicina,
specializzandi,
ed
esperA
patologi
alcune
diaposiAve
di
biopsie
al
seno
• controllano
i
movimenA
oculari
• Risultato:
– gli
esperA
guardano
per
meno
tempo
(4,5
s,
vs
7,1
s
degli
specializzandi,
e
11
degli
studenA)
– Gli
esperA
usano
poche
fissazioni,
in
punA
criAci
(i
meno
esperA
invece
esplorano
serialmente
l’intera
diaposiAva)
153. • Kundel
et
al,
2007
• SImoli:
diaposiAve
di
mammografie,
alcune
delle
quali
indicavano
la
probabile
presenza
di
un
tumore
al
seno
• RisultaI:
la
precisione
diagnosAca
è
nega=vamente
correlata
al
tempo
impiegato
per
fissare
lo
sguardo
sulla
prima
lesione
significaAva
• Conclusioni:
i
più
competenA
riescono
a
passare
rapidamente
dal
quadro
globale
a
fissazioni
specifiche
sui
punA
criAci.
I
meno
esperA
procedono
serialmente,
esplorando
l’intero
sAmolo
punto
per
punto.