Testo dell’intervento nella XIII Riunione Nazionale di Sicurezza
organizzata da ASSOGASTECNICI FEDERCHIMICA "La sicurezza nelle organizzazioni Complesse". Stresa 19 novembre 2015
4. Progettare sistemi resilienti
QUANDO UN SISTEMA COMPLICATO
PUÒ DIVENTARE COMPLESSO
Quando si aprono e si moltiplicano interfacce tra il
sistema e il contesto in cui esso è messo in opera.
5. Progettare sistemi resilienti
QUANDO UN SISTEMA COMPLICATO
PUÒ DIVENTARE COMPLESSO
Quando si aprono e si moltiplicano interfacce tra il
sistema e il contesto in cui esso è messo in opera.
Quando i fattori culturali dati per scontati dal
progettista non coincidono con quelli degli
operatori.
6. Progettare sistemi resilienti
QUANDO UN SISTEMA COMPLICATO
PUÒ DIVENTARE COMPLESSO
Quando si aprono e si moltiplicano interfacce tra il
sistema e il contesto in cui esso è messo in opera.
Quando i fattori culturali dati per scontati dal
progettista non coincidono con quelli degli
operatori.
7. Progettare sistemi resilienti
AL VARIARE DELLE CARATTERISTICHE
AMBIENTALI, TECNICHE E SOCIALI
I sistemi complicati si mostrano più FRAGILI.
I sistemi complessi si mostrano più RESILIENTI.
8. Progettare sistemi resilienti
AL VARIARE DELLE CARATTERISTICHE
AMBIENTALI, TECNICHE E SOCIALI
I sistemi complicati si mostrano più FRAGILI.
I sistemi complessi si mostrano più RESILIENTI.
Dobbiamo imparare a portare
dentro i nostri sistemi socio-tecnici,
i benefici della complessità
e non solo rassegnarci a subirne i problemi.
11. Progettare sistemi resilienti
SI PUÒ PROGETTARE LA RESILIENZA?
Nella concezione tradizionale della progettazione,
NO.
Ma si possono progettare e realizzare le
condizioni da cui la resilienza può più
facilmente emergere come qualità del
sistema complesso.
15. Progettare sistemi resilienti
1
23
1 = SENTIRE E CONTROLLARE L’AMBIENTE
2 = CONFRONTARE QUESTE INFORMAZIONI CON LE NORME
OPERATIVE
MODELLO DI APPRENDIMENTO
A ANELLO SINGOLO
16. Progettare sistemi resilienti
1
23
1 = SENTIRE E CONTROLLARE L’AMBIENTE
2 = CONFRONTARE QUESTE INFORMAZIONI CON LE NORME
OPERATIVE
3 = EVENTUALMENTE INIZIARE LE OPERAZIONI DI CORREZIONE
MODELLO DI APPRENDIMENTO
A ANELLO SINGOLO
17. Progettare sistemi resilienti
1
23
1 = SENTIRE E CONTROLLARE L’AMBIENTE
2 = CONFRONTARE QUESTE INFORMAZIONI CON LE NORME
OPERATIVE
3 = EVENTUALMENTE INIZIARE LE OPERAZIONI DI CORREZIONE
2a = CHIEDERSI SE LE NORME OPERATIVE SONO
ADEGUATE
1
23
2a
MODELLO DI APPRENDIMENTO
A DOPPIO ANELLO
MODELLO DI APPRENDIMENTO
A ANELLO SINGOLO
18. Progettare sistemi resilienti
LE INTERAZIONI TRA MANAGER, PROGETTISTI E OPERATORI
VANNO BASATE SU DOPPI ANELLI DI RETROAZIONE
E NON SU LINEE DI COMANDO.
UN ESEMPIO DI IMPLICAZIONE DELLA RESILIENZA
SUI PROCESSI ORGANIZZATIVI
20. Progettare sistemi resilienti
UN ESEMPIO DI
AUTO-ORGANIZZAZIONE S-GOVERNATA
L’AUTO-ORGANIZZAZIONE È INEVITABILE
LA «FRETTA OCCASIONALMENTE NECESSARIA»
DIVENTA «FRETTA ORDINARIA»
APRENDO UN ORIZZONTE DI
NORMALIZZAZIONE DELLA DEVIANZA
21. Progettare sistemi resilienti
FAVORIRE IL
GOVERNO DELL’AUTO-ORGANIZZAZIONE
CON IL COINVOLGIMENTO DEI LAVORATORI
IN UN PROGETTO DI
FORMAZIONE E TRAINING ON THE JOB
L’AUTO-ORGANIZZAZIONE È INEVITABILE
23. Progettare sistemi resilienti
Le ipotesi del progetto partono da un cambio di paradigma.
Non concentrarsi solo sull’errore umano e/o il comportamento
corretto.
L’AUTO-ORGANIZZAZIONE È INEVITABILE
24. Progettare sistemi resilienti
Le ipotesi del progetto partono da un cambio di paradigma.
Non concentrarsi solo sull’errore umano e/o il comportamento
corretto.
Spostare il focus dal perché gli eventi accadono al perché gli
eventi non accadono.
L’AUTO-ORGANIZZAZIONE È INEVITABILE
25. Progettare sistemi resilienti
Le ipotesi del progetto partono da un cambio di paradigma.
Non concentrarsi solo sull’errore umano e/o il comportamento
corretto.
Spostare il focus dal perché gli eventi accadono al perché gli
eventi non accadono.
La gestione del rischio residuo richiede una comprensione del
comportamento contestualizzato (e lo sviluppo della
consapevolezza situazionale).
L’AUTO-ORGANIZZAZIONE È INEVITABILE
26. Progettare sistemi resilienti
Il lavoratore, nel gestire il rischio residuo, può
trovarsi in difficoltà per:
non essere in grado di vedere variazioni
nel contesto operativo.
28. Progettare sistemi resilienti
L’attenzione è limitata dalla novità o difficoltà
del compito che sta svolgendo o, all’opposto,
dall’affidamento a routine operative iperapprese
ed eseguite “con il pilota automatico”.
29. Progettare sistemi resilienti
Io non vedo le variazioni nel contesto operativo
perché sono troppo assorbito dal lavoro o
troppo abituato a svolgerlo con il “pilota
automatico”.
Ma un altro osservatore, che non sta lavorando,
potrebbe, invece, vederle.
30. Progettare sistemi resilienti
IL FONDAMENTO TEORICO DELLA RICERCA
CHE HA CONDOTTO AL PROTOCOLLO
FORMATIVO
PER LO SVILUPPO DELLA RESILIENZA
INDIVIDUALE
Sapere osservare il lavoro di un collega è
propedeutico all’autosservazione e al
controllo autonomo del comportamento.
31. Progettare sistemi resilienti
L’evoluzione necessaria del training on the
job.
IL NOSTRO
PROTOCOLLO
Pensare e prepararsi
a fare le cose giuste
anche nel variare
delle condizioni.
LA TRADIZIONE
Fare le cose giuste
data una gamma
di condizioni
possibili e previste.
32. Progettare sistemi resilienti
Obiettivo di apprendimento è sviluppare la
capacità di ciascun lavoratore di
autosservarsi nello svolgimento di una
prestazione abituale in un contesto
variabile.
33. Progettare sistemi resilienti
Le fasi del protocollo formativo per lo sviluppo
della resilienza individuale
1 Formazione iniziale
2 Incontro di preparazione alle osservazioni
3 Osservazioni assistite dai formatori
4 Commento sull’esperienza e assegnazione
dell’obiettivo individuale
5 Due osservazioni svolte senza l’assistenza dei
formatori
6 Colloquio individuale con i lavoratori