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Consiglio Nazionale, Lamezia Terme 27 ottobre 2010
DOCUMENTO DI POSIZIONE
LE PROPOSTE ANCI PER IL “PIANO PER IL SUD”: DARE PRIORITA’ ALLO SVILUPPO
ECONOMICO E SOCIALE DELLE AREE URBANE NEL MEZZOGIORNO
1.1 Il contributo delle città allo sviluppo del sistema economico europeo
Le città rappresentano, nell’esperienza europea, uno dei principali propellenti dello
sviluppo economico e dell’innovazione produttiva sociale e culturale, al punto da
assurgere a “priorità” delle politiche di coesione comunitarie.
La qualità della vita, la sicurezza, l’inclusione sociale nei territori condizionano la
capacità di attrazione e il potenziale competitivo dell’intero sistemo economico. Le
condizioni di vita dei cittadini e l’accessibilità dei servizi costituiscono oggi, ovunque
in Europa, il metro dello sviluppo economico e sociale.
Un livello adeguato delle infrastrutture e dei servizi essenziali in ambito urbano ed una
qualità elevata dell’ambiente urbano, sono infatti elementi inscindibili: a) dall’obiettivo
della Strategia di Lisbona di rendere l’Europa più capace di attrarre investimenti e
lavoro; b) dalle priorità della Strategia Europa 2020 di una crescita intelligente,
sostenibile; inclusiva; c) dagli obiettivi dei programmi TEN - T di potenziamento delle
infrastrutture nodali quali porti, aeroporti e piattaforme logistiche e dell’intermodalità.
Dai dati dell’ Urban Audit effettuato in vista del ciclo 2007-2013, in Italia è emersa una
rete urbana nazionale che per peso economico e demografico e per conformazione si
distingue da molti Paesi europei: le 76 aree metropolitane potenziali hanno in Italia
una popolazione urbana pari al 57% del totale nazionale, grazie anche al contributo
delle numerose e vivaci città intermedie.
Le funzioni urbane superiori -alta formazione e ricerca, editoria e cultura, innovazione
delle attività produttive, produzione high-tech, attività di servizio specializzate (come
i servizi finanziari)- si concentrano, in Italia come pure negli altri paesi europei,
soprattutto nelle città.
1.2. Il deficit infrastrutturale delle aree urbane nel Mezzogiorno
Naturalmente nelle città sin concentrano anche i più acuti problemi di integrazione e di
disagio sociale ed occupazionale.
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Consiglio Nazionale, Lamezia Terme 27 ottobre 2010
In particolare nel Mezzogiorno, dai dati del Rapporto SVIMEZ 2010, emerge come le
aree urbane siano caratterizzate da una dotazione infrastrutturale inadeguata, da un
insufficiente livello dei servizi pubblici essenziali e da una difficile, e in alcuni
quartieri, a volte addirittura fallimentare gestione dell’ambiente urbano.
Tali carenze non incidono solamente sulla qualità della vita delle persone, ma
rappresentano un serio ostacolo allo sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali; così
come le difficoltà di gestione dell’ambiente urbano insieme con la scarsa integrazione
dei sistemi di trasporto incidono negativamente sull’economia turistica.
Quanto al deficit infrastrutturale in particolare, esso interessa nel Mezzogiorno
ciascuna delle principali modalità di trasporto; forte risulta inoltre il peso della scarsa
integrazione modale e di una debole magliatura delle reti ferroviarie e stradali che,
limitando il grado di accessibilità delle aree urbane pregiudicano pesantemente la
competitività dei territori.
Le aree urbane del Sud risentono di indici di dotazione autostradale (78,57 rispetto al
114,9 del Centro-Nord), di dotazione ferroviaria (66,8 rispetto al 122,9 del Centro
Nord), di stazioni ferroviarie (74,2 rispetto a 117,8) complessivamente insufficiente.
Le città restano tra loro scarsamente interrelate, ed invece lo sviluppo di reti di
relazioni e di imprese in grado di offrire soluzioni ai problemi dell’industria e dei
nuovi settori economici è condizione imprescindibile dell’introduzione di innovazioni,
fattore competitivo essenziale in epoca di globalizzazione dei mercati.
Per molte altre aree urbane meridionali l’indice di accessibilità è di parecchio inferiore
alla media nazionale (fatto 100 l’Italia, è tra il 43 ed il 58).
Anche l’operatività di porti ed aeroporti del Sud è fortemente condizionata dalla
carente disponibilità di infrastrutture a servizio degli scali, in particolare di
collegamenti che consentano l’integrazione logistica e lo scambio modale.
Gli aeroporti meridionali hanno collegamenti stradali, ma non collegamenti ferroviari;
presentano un’accettabile dotazione di infrastrutture sia nel numero di strutture (con
un indice di 101,9 fatto 100 l’Italia) che nel numero di piste (102,9), tuttavia le dotazioni
che consentono una adeguata capacità di servizio presentano indici molto bassi (71,7
area di sedime, 54,5 parcheggi).
Dei 263 porti italiani 178 sono localizzati nel Mezzogiorno e si tratta di aree portuali
per lo più urbane; la relativa dotazione “funzionale” non è adeguata in termini di
binari ferroviari, accosti, magazzini e piazzali e dunque per quel che riguarda la
movimentazione, lo stoccaggio e la lavorazione delle merci.
Del tutto insufficienti risultano infine le dotazioni finanziarie nel Mezzogiorno per
investimenti in opere per trasporto su ferro nelle aree metropolitane che invece è un
settore in grado di offrire sviluppi importanti su diversi aspetti del governo
metropolitano.
Il deficit infrastrutturale del Mezzogiorno risulta condizione tanto più grave se si pensa
che, come risulta anche dallo stato di attuazione della programmazione comunitaria, lo
sviluppo della dotazione infrastrutturale è uno dei principali veicoli per colmare i gap
socio-economici delle aree più svantaggiate.
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Consiglio Nazionale, Lamezia Terme 27 ottobre 2010
1.3. Il quadro generale del divario Nord-Sud
I forti deficit infrastrutturali che riguardano le città meridionali si inseriscono in un
contesto di grave regressione della situazione economica e sociale dell’intera area.
In base a valutazioni SVIMEZ nel 2009 il Pil ha segnato nel Mezzogiorno una riduzione
del 4,5%, un valore molto più negativo del -1,5% del 2008, leggermente inferiore al dato
del Centro-Nord (-5,2%).
Ormai da otto anni consecutivi il Sud cresce meno del Centro- Nord, cosa che non è
mai successa dal dopoguerra a oggi.
Una misura efficace del divario Nord-Sud la dà il Pil per abitante: nel 2009 nel
Mezzogiorno è stato 17.317 euro, circa il 58,8% del Centro- Nord (29.449 euro), con un
leggero recupero rispetto all’anno precedente (58,2%) e di oltre 2 punti percentuali dal
2000, dovuto però solo alla riduzione relativa della popolazione.
In base agli ultimi dati disponibili (2007) il 14% delle famiglie meridionali vive con meno
di 1.000 euro al mese, un dato quasi tre volte superiore all’altra ripartizione (5,5%).
Nemmeno una famiglia su 4 al Sud guadagna più di 3mila euro al mese, mentre al
Centro-Nord la percentuale è del 42%.
La povertà morde particolarmente nelle piccole scelte quotidiane: nel 2008 nel 30% delle
famiglie al Sud sono mancati i soldi per vestiti necessari e nel 16,7% dei casi si sono
pagate in ritardo bollette di luce, acqua e gas. Otto famiglie su cento hanno tirato la
cinghia rinunciando ad alimentari necessari (il 12% in Basilicata), il 21% non ha avuto
soldi per il riscaldamento (27,5% in Sicilia) e il 20% per andare dal medico (il 25,3% in
Campania e il 24,8% in Sicilia).
Sul fronte del lavoro, si registra che il tasso di occupazione nella media del 2009 è sceso
di quasi un punto percentuale rispetto al 2008, da 58,7% a 57,5%. Su 380mila posti di
lavoro in meno in tutto il Paese, 186 mila sono stati al Centro-Nord (- 1,1%). Situazione
più pesante nel Mezzogiorno, con 194mila unità in meno (-3%).
Dei circa 530mila posti di lavoro persi nell’ultimo anno e mezzo, 335mila sono al Sud.
6,5 milioni di persone vive in una zona grigia tra lavoro irregolare e economia
sommersa.
Infine, nel 2009 114mila persone si sono trasferite dal Sud al Nord, 8mila in meno
rispetto al 2008. In crescita invece i trasferimenti in direzione opposta, da Nord a Sud,
arrivati nel 2009 a 55mila unità (erano 50mila l’anno precedente).
Tra il 1990 e il 2009 circa 2 milioni 385mila persone hanno abbandonato il
Mezzogiorno.
Da questo quadro sintetico è escluso il peso negativo dell’economia criminale che
invece condiziona pesantemente lo sviluppo economico e sociale dell’area. Secondo
stime attendibile, il fatturato delle tre principali mafie supera ampiamente i 100
Miliardi di euro all’anno.
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Consiglio Nazionale, Lamezia Terme 27 ottobre 2010
1.4. Le proposte
Le mutate condizioni del contesto economico-finanziario nonché le esigenze di
revisione della programmazione in essere, il cui rendimento a metà percorso risulta
essere di gran lunga inferiore alle aspettative, stanno spingendo il Governo nazionale a
rivisitare le politiche di intervento a favore del Mezzogiorno.
Il “Piano per il Sud” non potrà non punterebbe che sulla “concentrazione” delle azioni
e dei fondi disponibili in alcuni specifici settori di intervento.
Anche le priorità dovrebbero essere attentamente selezionate:
a) lotta alla criminalità organizzata;
b) miglioramento della dotazione infrastrutturale e del livello dei servizi;
c) aumento della capacità imprenditoriale con la revisione dei regimi di aiuto
d) rilancio del credito attraverso l’istituzione della Banca per il Sud.
I Sindaci del Mezzogiorno, nel prendere atto della volontà del Governo di una nuova
impostazione, basata sulla identificazione di alcune priorità chiave, sottolineano come
le grandi città e le aree urbane in generale debbano continuare ad essere un target
fondamentale per lo sviluppo e la coesione sociale ed economica, anche nell’impianto
del “Piano per il Sud”.
La lettura ragionata dei dati più sopra sinteticamente ricordati ha portato ad
identificare alcune sfide necessarie per lo sviluppo della dimensione territoriale
nell’ambito del nuovo Piano per il Sud:
• considerare la centralità economica delle agglomerazioni urbane nei settori
della ricerca, dell’innovazione e dei servizi avanzati;
• convenire sulla necessità di individuare linee di intervento focalizzate sui temi
di lotta alla marginalità e al disagio sociale soprattutto nelle aree periferiche e
peri-urbane.
Le città del Sud, come abbiamo visto, scontano ancora condizioni di contesto
fortemente penalizzanti per svolgere adeguatamente il ruolo proprio di propellenti
dello sviluppo economico e dell’innovazione produttiva sociale e culturale.
L’ANCI ritiene che dall’insieme di queste valutazioni emerga con chiarezza un ruolo
“distintivo” delle aree urbane per lo sviluppo e la coesione economica e sociale del
Mezzogiorno e del Paese.
Occorre perciò un impegno serio del Governo nazionale per una politica di sviluppo
più attenta alle esigenze delle aree urbane meridionali.
Di conseguenza ANCI ritiene utile una caratterizzazione di una parte degli interventi
nel Piano che contempli la “concentrazione” anche su:
1) aumento della dotazione infrastrutturale delle aree urbane del Mezzogiorno,
con focalizzazione sulla modernizzazione e l’adeguamento delle reti della
mobilità urbana, delle reti materiali dell’accessibilità e dei collegamenti tra città,
dei nodi di servizio (piattaforme logistiche e centri intermodali);
2) miglioramento della capacità delle città di fornire dei servizi essenziali e di
qualità alle persone ed alle imprese, anche nei territori sovra comunali di
riferimento; miglioramento delle reti immateriali della conoscenza, delle
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Consiglio Nazionale, Lamezia Terme 27 ottobre 2010
condizioni ambientali e lotta ai disagi derivanti dalla congestione e dalle
situazioni di marginalità urbana;
3) innalzamento della competitività dei sistemi produttivi urbani e dell’attrattività
delle aree urbane per gli investimenti, con focalizzazione sulla diffusione di
funzioni urbane superiori nei settori dei servizi avanzati, della ricerca e
dell’innovazione tecnologica e produttiva;
4) impulso alla capacità imprenditoriale, agendo anche sulle opportunità di
accesso al credito da parte delle imprese del Sud e sulla capacità di attrazione
dei capitali dall’estero.
Alla luce di quanto fin qui ampiamente sottolineato e motivato, i Sindaci auspicano
quindi un’impostazione del “Piano per il Sud” che valorizzi adeguatamente le politiche
urbane, con l’adozione di linee di intervento in ambito urbano concentrate
sull’obiettivo generale del miglioramento della dotazione infrastrutturale (nodi di
servizio, reti della mobilità e intermodalità) e del livello dei servizi essenziali e
avanzati, fortemente convinti che le città e le aree urbane del Mezzogiorno, continuano
ad essere un target fondamentale per qualunque intervento nazionale finalizzato allo
sviluppo territoriale ed alla coesione interna del Paese.
Auspicano altresì che, nel rispetto di ruoli e compiti di ciascun livello istituzionale,
siano assicurate adeguate condizioni di autonomia e responsabilità nella
programmazione e attuazione dei diversi interventi, anche nella prospettiva indicata
dalla riforma federalista del nostro ordinamento.
5
Consiglio Nazionale, Lamezia Terme 27 ottobre 2010
condizioni ambientali e lotta ai disagi derivanti dalla congestione e dalle
situazioni di marginalità urbana;
3) innalzamento della competitività dei sistemi produttivi urbani e dell’attrattività
delle aree urbane per gli investimenti, con focalizzazione sulla diffusione di
funzioni urbane superiori nei settori dei servizi avanzati, della ricerca e
dell’innovazione tecnologica e produttiva;
4) impulso alla capacità imprenditoriale, agendo anche sulle opportunità di
accesso al credito da parte delle imprese del Sud e sulla capacità di attrazione
dei capitali dall’estero.
Alla luce di quanto fin qui ampiamente sottolineato e motivato, i Sindaci auspicano
quindi un’impostazione del “Piano per il Sud” che valorizzi adeguatamente le politiche
urbane, con l’adozione di linee di intervento in ambito urbano concentrate
sull’obiettivo generale del miglioramento della dotazione infrastrutturale (nodi di
servizio, reti della mobilità e intermodalità) e del livello dei servizi essenziali e
avanzati, fortemente convinti che le città e le aree urbane del Mezzogiorno, continuano
ad essere un target fondamentale per qualunque intervento nazionale finalizzato allo
sviluppo territoriale ed alla coesione interna del Paese.
Auspicano altresì che, nel rispetto di ruoli e compiti di ciascun livello istituzionale,
siano assicurate adeguate condizioni di autonomia e responsabilità nella
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O.d.G. Piano Sud

  • 1. Consiglio Nazionale, Lamezia Terme 27 ottobre 2010 DOCUMENTO DI POSIZIONE LE PROPOSTE ANCI PER IL “PIANO PER IL SUD”: DARE PRIORITA’ ALLO SVILUPPO ECONOMICO E SOCIALE DELLE AREE URBANE NEL MEZZOGIORNO 1.1 Il contributo delle città allo sviluppo del sistema economico europeo Le città rappresentano, nell’esperienza europea, uno dei principali propellenti dello sviluppo economico e dell’innovazione produttiva sociale e culturale, al punto da assurgere a “priorità” delle politiche di coesione comunitarie. La qualità della vita, la sicurezza, l’inclusione sociale nei territori condizionano la capacità di attrazione e il potenziale competitivo dell’intero sistemo economico. Le condizioni di vita dei cittadini e l’accessibilità dei servizi costituiscono oggi, ovunque in Europa, il metro dello sviluppo economico e sociale. Un livello adeguato delle infrastrutture e dei servizi essenziali in ambito urbano ed una qualità elevata dell’ambiente urbano, sono infatti elementi inscindibili: a) dall’obiettivo della Strategia di Lisbona di rendere l’Europa più capace di attrarre investimenti e lavoro; b) dalle priorità della Strategia Europa 2020 di una crescita intelligente, sostenibile; inclusiva; c) dagli obiettivi dei programmi TEN - T di potenziamento delle infrastrutture nodali quali porti, aeroporti e piattaforme logistiche e dell’intermodalità. Dai dati dell’ Urban Audit effettuato in vista del ciclo 2007-2013, in Italia è emersa una rete urbana nazionale che per peso economico e demografico e per conformazione si distingue da molti Paesi europei: le 76 aree metropolitane potenziali hanno in Italia una popolazione urbana pari al 57% del totale nazionale, grazie anche al contributo delle numerose e vivaci città intermedie. Le funzioni urbane superiori -alta formazione e ricerca, editoria e cultura, innovazione delle attività produttive, produzione high-tech, attività di servizio specializzate (come i servizi finanziari)- si concentrano, in Italia come pure negli altri paesi europei, soprattutto nelle città. 1.2. Il deficit infrastrutturale delle aree urbane nel Mezzogiorno Naturalmente nelle città sin concentrano anche i più acuti problemi di integrazione e di disagio sociale ed occupazionale. 1
  • 2. Consiglio Nazionale, Lamezia Terme 27 ottobre 2010 In particolare nel Mezzogiorno, dai dati del Rapporto SVIMEZ 2010, emerge come le aree urbane siano caratterizzate da una dotazione infrastrutturale inadeguata, da un insufficiente livello dei servizi pubblici essenziali e da una difficile, e in alcuni quartieri, a volte addirittura fallimentare gestione dell’ambiente urbano. Tali carenze non incidono solamente sulla qualità della vita delle persone, ma rappresentano un serio ostacolo allo sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali; così come le difficoltà di gestione dell’ambiente urbano insieme con la scarsa integrazione dei sistemi di trasporto incidono negativamente sull’economia turistica. Quanto al deficit infrastrutturale in particolare, esso interessa nel Mezzogiorno ciascuna delle principali modalità di trasporto; forte risulta inoltre il peso della scarsa integrazione modale e di una debole magliatura delle reti ferroviarie e stradali che, limitando il grado di accessibilità delle aree urbane pregiudicano pesantemente la competitività dei territori. Le aree urbane del Sud risentono di indici di dotazione autostradale (78,57 rispetto al 114,9 del Centro-Nord), di dotazione ferroviaria (66,8 rispetto al 122,9 del Centro Nord), di stazioni ferroviarie (74,2 rispetto a 117,8) complessivamente insufficiente. Le città restano tra loro scarsamente interrelate, ed invece lo sviluppo di reti di relazioni e di imprese in grado di offrire soluzioni ai problemi dell’industria e dei nuovi settori economici è condizione imprescindibile dell’introduzione di innovazioni, fattore competitivo essenziale in epoca di globalizzazione dei mercati. Per molte altre aree urbane meridionali l’indice di accessibilità è di parecchio inferiore alla media nazionale (fatto 100 l’Italia, è tra il 43 ed il 58). Anche l’operatività di porti ed aeroporti del Sud è fortemente condizionata dalla carente disponibilità di infrastrutture a servizio degli scali, in particolare di collegamenti che consentano l’integrazione logistica e lo scambio modale. Gli aeroporti meridionali hanno collegamenti stradali, ma non collegamenti ferroviari; presentano un’accettabile dotazione di infrastrutture sia nel numero di strutture (con un indice di 101,9 fatto 100 l’Italia) che nel numero di piste (102,9), tuttavia le dotazioni che consentono una adeguata capacità di servizio presentano indici molto bassi (71,7 area di sedime, 54,5 parcheggi). Dei 263 porti italiani 178 sono localizzati nel Mezzogiorno e si tratta di aree portuali per lo più urbane; la relativa dotazione “funzionale” non è adeguata in termini di binari ferroviari, accosti, magazzini e piazzali e dunque per quel che riguarda la movimentazione, lo stoccaggio e la lavorazione delle merci. Del tutto insufficienti risultano infine le dotazioni finanziarie nel Mezzogiorno per investimenti in opere per trasporto su ferro nelle aree metropolitane che invece è un settore in grado di offrire sviluppi importanti su diversi aspetti del governo metropolitano. Il deficit infrastrutturale del Mezzogiorno risulta condizione tanto più grave se si pensa che, come risulta anche dallo stato di attuazione della programmazione comunitaria, lo sviluppo della dotazione infrastrutturale è uno dei principali veicoli per colmare i gap socio-economici delle aree più svantaggiate. 2
  • 3. Consiglio Nazionale, Lamezia Terme 27 ottobre 2010 1.3. Il quadro generale del divario Nord-Sud I forti deficit infrastrutturali che riguardano le città meridionali si inseriscono in un contesto di grave regressione della situazione economica e sociale dell’intera area. In base a valutazioni SVIMEZ nel 2009 il Pil ha segnato nel Mezzogiorno una riduzione del 4,5%, un valore molto più negativo del -1,5% del 2008, leggermente inferiore al dato del Centro-Nord (-5,2%). Ormai da otto anni consecutivi il Sud cresce meno del Centro- Nord, cosa che non è mai successa dal dopoguerra a oggi. Una misura efficace del divario Nord-Sud la dà il Pil per abitante: nel 2009 nel Mezzogiorno è stato 17.317 euro, circa il 58,8% del Centro- Nord (29.449 euro), con un leggero recupero rispetto all’anno precedente (58,2%) e di oltre 2 punti percentuali dal 2000, dovuto però solo alla riduzione relativa della popolazione. In base agli ultimi dati disponibili (2007) il 14% delle famiglie meridionali vive con meno di 1.000 euro al mese, un dato quasi tre volte superiore all’altra ripartizione (5,5%). Nemmeno una famiglia su 4 al Sud guadagna più di 3mila euro al mese, mentre al Centro-Nord la percentuale è del 42%. La povertà morde particolarmente nelle piccole scelte quotidiane: nel 2008 nel 30% delle famiglie al Sud sono mancati i soldi per vestiti necessari e nel 16,7% dei casi si sono pagate in ritardo bollette di luce, acqua e gas. Otto famiglie su cento hanno tirato la cinghia rinunciando ad alimentari necessari (il 12% in Basilicata), il 21% non ha avuto soldi per il riscaldamento (27,5% in Sicilia) e il 20% per andare dal medico (il 25,3% in Campania e il 24,8% in Sicilia). Sul fronte del lavoro, si registra che il tasso di occupazione nella media del 2009 è sceso di quasi un punto percentuale rispetto al 2008, da 58,7% a 57,5%. Su 380mila posti di lavoro in meno in tutto il Paese, 186 mila sono stati al Centro-Nord (- 1,1%). Situazione più pesante nel Mezzogiorno, con 194mila unità in meno (-3%). Dei circa 530mila posti di lavoro persi nell’ultimo anno e mezzo, 335mila sono al Sud. 6,5 milioni di persone vive in una zona grigia tra lavoro irregolare e economia sommersa. Infine, nel 2009 114mila persone si sono trasferite dal Sud al Nord, 8mila in meno rispetto al 2008. In crescita invece i trasferimenti in direzione opposta, da Nord a Sud, arrivati nel 2009 a 55mila unità (erano 50mila l’anno precedente). Tra il 1990 e il 2009 circa 2 milioni 385mila persone hanno abbandonato il Mezzogiorno. Da questo quadro sintetico è escluso il peso negativo dell’economia criminale che invece condiziona pesantemente lo sviluppo economico e sociale dell’area. Secondo stime attendibile, il fatturato delle tre principali mafie supera ampiamente i 100 Miliardi di euro all’anno. 3
  • 4. Consiglio Nazionale, Lamezia Terme 27 ottobre 2010 1.4. Le proposte Le mutate condizioni del contesto economico-finanziario nonché le esigenze di revisione della programmazione in essere, il cui rendimento a metà percorso risulta essere di gran lunga inferiore alle aspettative, stanno spingendo il Governo nazionale a rivisitare le politiche di intervento a favore del Mezzogiorno. Il “Piano per il Sud” non potrà non punterebbe che sulla “concentrazione” delle azioni e dei fondi disponibili in alcuni specifici settori di intervento. Anche le priorità dovrebbero essere attentamente selezionate: a) lotta alla criminalità organizzata; b) miglioramento della dotazione infrastrutturale e del livello dei servizi; c) aumento della capacità imprenditoriale con la revisione dei regimi di aiuto d) rilancio del credito attraverso l’istituzione della Banca per il Sud. I Sindaci del Mezzogiorno, nel prendere atto della volontà del Governo di una nuova impostazione, basata sulla identificazione di alcune priorità chiave, sottolineano come le grandi città e le aree urbane in generale debbano continuare ad essere un target fondamentale per lo sviluppo e la coesione sociale ed economica, anche nell’impianto del “Piano per il Sud”. La lettura ragionata dei dati più sopra sinteticamente ricordati ha portato ad identificare alcune sfide necessarie per lo sviluppo della dimensione territoriale nell’ambito del nuovo Piano per il Sud: • considerare la centralità economica delle agglomerazioni urbane nei settori della ricerca, dell’innovazione e dei servizi avanzati; • convenire sulla necessità di individuare linee di intervento focalizzate sui temi di lotta alla marginalità e al disagio sociale soprattutto nelle aree periferiche e peri-urbane. Le città del Sud, come abbiamo visto, scontano ancora condizioni di contesto fortemente penalizzanti per svolgere adeguatamente il ruolo proprio di propellenti dello sviluppo economico e dell’innovazione produttiva sociale e culturale. L’ANCI ritiene che dall’insieme di queste valutazioni emerga con chiarezza un ruolo “distintivo” delle aree urbane per lo sviluppo e la coesione economica e sociale del Mezzogiorno e del Paese. Occorre perciò un impegno serio del Governo nazionale per una politica di sviluppo più attenta alle esigenze delle aree urbane meridionali. Di conseguenza ANCI ritiene utile una caratterizzazione di una parte degli interventi nel Piano che contempli la “concentrazione” anche su: 1) aumento della dotazione infrastrutturale delle aree urbane del Mezzogiorno, con focalizzazione sulla modernizzazione e l’adeguamento delle reti della mobilità urbana, delle reti materiali dell’accessibilità e dei collegamenti tra città, dei nodi di servizio (piattaforme logistiche e centri intermodali); 2) miglioramento della capacità delle città di fornire dei servizi essenziali e di qualità alle persone ed alle imprese, anche nei territori sovra comunali di riferimento; miglioramento delle reti immateriali della conoscenza, delle 4
  • 5. Consiglio Nazionale, Lamezia Terme 27 ottobre 2010 condizioni ambientali e lotta ai disagi derivanti dalla congestione e dalle situazioni di marginalità urbana; 3) innalzamento della competitività dei sistemi produttivi urbani e dell’attrattività delle aree urbane per gli investimenti, con focalizzazione sulla diffusione di funzioni urbane superiori nei settori dei servizi avanzati, della ricerca e dell’innovazione tecnologica e produttiva; 4) impulso alla capacità imprenditoriale, agendo anche sulle opportunità di accesso al credito da parte delle imprese del Sud e sulla capacità di attrazione dei capitali dall’estero. Alla luce di quanto fin qui ampiamente sottolineato e motivato, i Sindaci auspicano quindi un’impostazione del “Piano per il Sud” che valorizzi adeguatamente le politiche urbane, con l’adozione di linee di intervento in ambito urbano concentrate sull’obiettivo generale del miglioramento della dotazione infrastrutturale (nodi di servizio, reti della mobilità e intermodalità) e del livello dei servizi essenziali e avanzati, fortemente convinti che le città e le aree urbane del Mezzogiorno, continuano ad essere un target fondamentale per qualunque intervento nazionale finalizzato allo sviluppo territoriale ed alla coesione interna del Paese. Auspicano altresì che, nel rispetto di ruoli e compiti di ciascun livello istituzionale, siano assicurate adeguate condizioni di autonomia e responsabilità nella programmazione e attuazione dei diversi interventi, anche nella prospettiva indicata dalla riforma federalista del nostro ordinamento. 5
  • 6. Consiglio Nazionale, Lamezia Terme 27 ottobre 2010 condizioni ambientali e lotta ai disagi derivanti dalla congestione e dalle situazioni di marginalità urbana; 3) innalzamento della competitività dei sistemi produttivi urbani e dell’attrattività delle aree urbane per gli investimenti, con focalizzazione sulla diffusione di funzioni urbane superiori nei settori dei servizi avanzati, della ricerca e dell’innovazione tecnologica e produttiva; 4) impulso alla capacità imprenditoriale, agendo anche sulle opportunità di accesso al credito da parte delle imprese del Sud e sulla capacità di attrazione dei capitali dall’estero. Alla luce di quanto fin qui ampiamente sottolineato e motivato, i Sindaci auspicano quindi un’impostazione del “Piano per il Sud” che valorizzi adeguatamente le politiche urbane, con l’adozione di linee di intervento in ambito urbano concentrate sull’obiettivo generale del miglioramento della dotazione infrastrutturale (nodi di servizio, reti della mobilità e intermodalità) e del livello dei servizi essenziali e avanzati, fortemente convinti che le città e le aree urbane del Mezzogiorno, continuano ad essere un target fondamentale per qualunque intervento nazionale finalizzato allo sviluppo territoriale ed alla coesione interna del Paese. Auspicano altresì che, nel rispetto di ruoli e compiti di ciascun livello istituzionale, siano assicurate adeguate condizioni di autonomia e responsabilità nella programmazione e attuazione dei diversi interventi, anche nella prospettiva indicata dalla riforma federalista del nostro ordinamento. 5