La relazione di Progetto Itaca Parma all'evento "Auto Mutuo Aiuto e dintorni", organizzato dall'Ausl di Parma nell'ambito della rassegna "La Salute della Salute Mentale"
Progetto Itaca Parma: l'esperienza dei Gruppi di Auto Aiuto
1. Progetto Itaca Parma:
l’esperienza dei
Gruppi di Auto Aiuto
Progetto Itaca Parma – Associazione Volontari per la Salute Mentale
Borgo Pipa 3/a – 43121 – Parma - Tel. 0521 508806
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2. Progetto Itaca Parma – Associazione Volontari per la Salute Mentale
Borgo Pipa 3/a – 43121 – Parma - Tel. 0521 508806
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PROGETTO ITACA
Onlus nata a Milano nel 2000
www.progettoitaca.com
Ora: Fondazione Progetto Itaca ONLUS
Offre gratuitamente servizi e iniziative di informazione, prevenzione, supporto e
riabilitazione rivolti a persone affette da disturbi della salute mentale e di sostegno alle
loro famiglie
Sull’esperienza di NAMI, National Alliance on Mental Illness, USA
www.nami.org
Sedi attive in Italia:
Milano, Roma, Firenze, Napoli, Palermo, Genova, Asti, Padova, Parma, Lecce, Catanzaro
3. Progetto Itaca Parma – Associazione Volontari per la Salute Mentale
Borgo Pipa 3/a – 43121 – Parma - Tel. 0521 508806
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PROGETTO ITACA PARMA
• L’associazione è nata nel 2013
• Da settembre 2015 gestisce 1 Gruppo di Auto Aiuto
destinato ai familiari di persone con una storia di malattia mentale
• Il gruppo è composto da una decina di persone, a cui viene richiesta assiduità
(gruppi non “spontanei”)
• Ci si riunisce ogni 15 giorni e il gruppo dura di norma 2 anni
• Per ogni gruppo: 2 facilitatori, anch’essi familiari (concetto: PARITÀ) che hanno svolto un
percorso di formazione a cura di Progetto Itaca Milano e che vengono seguiti nella loro
funzione dai responsabili dell’associazione + un professionista (psicologo/psichiatra)
4. Progetto Itaca Parma – Associazione Volontari per la Salute Mentale
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…A COSA SERVE?
Questionario finale sottoposto ai partecipanti del gruppo a conclusione dei due anni:
«Cosa portate a casa dopo due anni di gruppo?»
In sintesi, i risultati vertono sue due punti:
• Condivisione/Liberazione: «poter parlare con qualcuno di qualcosa di cui non si
parla con nessuno» in un ambiente protetto, di fiducia e rispetto reciproco…con
persone che «ci sono passate» o «ci stanno passando»… “Un’ora d’aria”…“Alla fine si
respira quasi sempre un’atmosfera di leggerezza d'animo, ricarica, calore umano”…
“Liberazione dal senso di colpa”…
• Consapevolezza/Cambiamento: rileggere la propria storia nelle storie degli altri…da
un’altra prospettiva. “Vedo nella tua storia la mia storia”… “Parlo a te parlando di me”…
E uscirne arricchiti, con nuova consapevolezza, lucidità, stimoli, idee…
5. Progetto Itaca Parma – Associazione Volontari per la Salute Mentale
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CHE COSA È UN GAA
• superamento della solitudine;
• incontro;
• conforto;
• comunicazione e confronto;
• ascolto senza giudizio;
• scambio emotivo;
• alleanza costruttiva e non recriminatoria;
• supporto nelle difficoltà;
• informazione.
CHE COSA NON È UN GAA
• una terapia di gruppo;
• un “salotto”;
• l’occasione per sfoghi sterili;
Dal manuale per facilitatori di Progetto Itaca:
LE LINEE GUIDA
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Cominciare e finire per tempo
Limitare il tempo per le storie d’apertura
Garantire la riservatezza assoluta
Essere rispettosi
Attenersi al ‘qui e ora’
Immedesimarsi nelle situazioni degli altri
Garantire continuità e puntualità
LE REGOLE
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I PRINCIPI DI SUPPORTO
• Guardiamo prima l’individuo, non la malattia.
• Riconosciamo che le malattie mentali sono disturbi
del cervello.
• Vogliamo migliorarci nel “coping” (far fronte).
• Traiamo forza dalla condivisione delle esperienze.
• Respingiamo lo stigma, per noi stessi e per gli altri.
• Non giudicheremo alcun dolore minore del nostro.
• Ci perdoniamo e respingiamo la colpa.
• Accogliamo il buon umore in quanto salutare.
• Accettiamo di non poter risolvere tutti i problemi.
• Ci aspettiamo un futuro migliore, in maniera
realistica.
• Non abbandoneremo mai la speranza!
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LE FASI DELLE RISPOSTE EMOTIVE
I. AFFRONTARE EVENTI CATASTROFICI
Crisi/Caos/Shock
RIFIUTO; “normalizzazione”
Sperare contro ogni speranza
BISOGNI: *Sostegno *Conforto *Empatia per la confusione *Aiuto nel trovare risorse *Intervento in caso di crisi *Prognosi *
Empatia per il dolore *Progetto Itaca
II. IMPARARE AD ACCETTARE LA SITUAZIONE
Rabbia/Colpa/Risentimento
Riconoscimento/Dolore
BISOGNI: *Esprimere i propri sentimenti *Continuare a sperare *Istruzione *Auto-aiuto *Stabilire una rete di contatti
*Formazione delle competenze *Lasciarsi andare *Collaborazione dal sistema *Progetto Itaca
III. PASSARE AL SOSTEGNO ATTIVO
Comprensione
Accettazione
Sostegno attivo/Azione
BISOGNI: *Attivismo *Recuperare l’equilibrio nella propria vita *Reattività del Sistema * Progetto Itaca
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I FACILITATORI
• Sono volontari dell’Associazione che hanno fatto esperienza della malattia psichica,
restando a strettissimo contatto con un familiare affetto da disturbo mentale.
• Al termine della formazione, che prevede, fra l'altro, un anno di partecipazione a un
G.A.A. come membro, e una volta ritenuto idoneo, il nuovo facilitatore è pronto per
affiancare un facilitatore “anziano” nella conduzione di un nuovo gruppo.
• Lavorando in coppia, i due facilitatori esplicitano un modello di relazione corretta, in
cui ci siano rispetto, fiducia e accettazione reciproca, condivisione, nella diversità, del
rispettivo modo di pensare ed emozionarsi.
• Prima di ciascun incontro, i due facilitatori devono aggiornarsi su eventuali episodi
accaduti nelle ultime due settimane, ricollegarsi all’incontro precedente, condividere
idee, problemi, comunicare al collega la propria intenzione di portare al gruppo una
problematica personale. Terminato l’incontro, è buona norma che i due facilitatori
abbiano un momento per scambiarsi feedback sull’andamento del gruppo e sui propri
comportamenti e facilitazioni
10. Progetto Itaca Parma – Associazione Volontari per la Salute Mentale
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LA CASSETTA DEGLI ATTREZZI dei facilitatori:
come iniziare? «Qualcuno ha qualcosa da condividere?»
Se, invece, non ci sono urgenze…
In cerchio, vi chiederemo di raccontarci brevemente la vicenda del vostro familiare, ma di
concentrarvi su dove è adesso, qual è la situazione oggi. Vi chiediamo soprattutto di
raccontarci come state voi. Abbiamo deciso di porre un limite di tempo in modo da avere
molto tempo per parlare insieme. Cominceremo noi.
Il facilitatore deve essere disponibile a esporre i suoi sentimenti e le sue esperienze,
comprese le emozioni e le esperienze negative. Quando un facilitatore ammette la propria
imperfezione, gli altri si sentiranno liberi di parlare.
In alternativa, i facilitatori possono proporre al gruppo dei temi comuni di cui discutere, in
cui si chiede a ciascuno di raccontare la propria esperienza (l’autonomia dei familiari, il “dopo
di noi”, i rapporti con gli altri familiari, amici e/o conoscenti…)
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• Il silenzio
Il facilitatore non dovrebbe insistere se le persone non desiderano parlare dei propri
problemi. Se hanno qualcosa da dire, si faranno sentire.
Un'eccezione: il facilitatore è certo che il mutismo nasconda un forte malessere.
• I consigli
E’ fondamentale che il facilitatore si astenga dall’uso di parole quali “dovresti” o
“occorre”, poiché implicano un giudizio di valore e fanno sì che il membro del gruppo
possa sentirsi squalificato.
• Il «qui e ora»
Il facilitatore deve continuamente riportare la discussione alla situazione presente.
Quando un familiare divaga e il passato prende il sopravvento, lo si ferma. “Qual è
secondo te il problema più pressante adesso?” Mantenersi nel presente significa che
i membri focalizzano su ciò che accade ora e sui problemi da risolvere.
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• Riportare tutto al gruppo
Ogni volta che può, il facilitatore rinvia al gruppo il problema del singolo membro.
UN ESEMPIO: LE “PATATE BOLLENTI”
Chiunque conviva con una malattia mentale grave e persistente, teme il verificarsi della
catastrofe. Gli argomenti traumatici sono il suicidio, il tentato suicidio, il ricovero coatto,
la violenza, l’omicidio e la scomparsa di una persona cara.
Come fa, dunque, il facilitatore a maneggiare la “patata bollente”?
Dapprima, si “appropria” della patata bollente
Poi “fa entrare in sintonia” tutto il gruppo con l’argomento, per alzata di mano: “Quanti
si sono sentiti malissimo a causa di una possibile violenza, suicidio, ecc
In questo modo, la “patata bollente” è rivendicata dal gruppo. Si convalida il trauma e
tutti hanno facoltà di parlare dell'indicibile e condividere i propri sentimenti.
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• L’ascolto attivo
È la funzione più importante del facilitatore, che deve integrare la sua abilità di ascolto a quella di osservazione
del linguaggio non verbale: linguaggio del corpo, espressioni facciali e cambi nella voce.
Le tecniche dell’ascolto attivo includono:
o Empatia: “mettersi nei panni di un altro ”. È la comprensione intima dei suoi pensieri e dei suoi sentimenti,
che si dimostra ascoltandolo attentamente e inviandogli segnali che fanno capire stiamo comprendendo ciò
che comunica e quello che prova. I facilitatori fungono da modello. Mostrano rispetto ed empatia nei
confronti dei membri del gruppo e, così facendo, creano un’atmosfera accogliente e sicura.
o Il rispecchiamento. Il facilitatore restituisce alla persona ciò che essa ha appena detto con altre parole. Le
dichiarazioni ‘rispecchianti’ hanno maggior effetto quando riflettono lo stato emotivo della persona.
o I parallelismi. Tracciare parallelismi significa identificare i punti in comune tra due o più membri del
gruppo. L’identificazione di queste similitudini aiuta le persone a capire che le loro esperienze non sono
uniche. Nel momento in cui i membri del gruppo capiscono di condividere esperienze e sentimenti, il gruppo
diventa più unito e solidale.
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• Quando…
….Qualcuno cerca di risolvere tutti i problemi, anche quelli di un altro membro
Il facilitatore può chiedere a entrambi di osservare la tabella per capire quale sia il proprio stadio emotivo. Può
suggerire che chi stava parlando non è pronto per risolvere il suo problema o, se lo fosse, potrebbe essere una buona
idea affrontarlo assieme al gruppo.
…Qualcuno continua a fare domande.
Capita che qualcuno faccia molte domande alla persona che sta parlando. Può capitare anche che forzi gli altri a parlare
quando non se la sentono, perché a suo giudizio devono esprimersi di più. Il facilitatore potrebbe rivolgersi alla persona
cui è stata in precedenza rivolta la domanda, dicendogli: “Nel gruppo, è importante rispettare i confini di tutti. C’è
qualcos’altro che vuoi aggiungere?”. Ciò permette, a chi era interrogato, di porre fine all’interrogatorio.
…Qualcuno monopolizza il gruppo. Può darsi che un membro del gruppo occupi molto tempo del gruppo: vorrà
parlare della propria situazione o s’identificherà in quella di qualcun altro; in entrambi i casi, può essere difficile
intervenire per chiunque altro…Qui il facilitatore può intervenire portando l’attenzione del gruppo sulle regole: «Limite
di Tempo» e «Manteniamoci al qui e ora».
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Tutti gli incontri devono finire con una nota positiva.
• Qualora l’incontro sia stato particolarmente negativo, il «riassunto finale» fornisce al
facilitatore l’opportunità di trovare una chiusura più costruttiva. Il facilitatore potrebbe dire:
“Abbiamo vissuto dei momenti difficili stasera, tutti sembrano davvero in difficoltà. Facciamo
ancora un giro, e ciascuno di noi ci dica almeno una cosa buona che è successa dall’ultima volta
che ci siamo incontrati”.
• Un altro approccio potrebbe essere quello di chiedere a ciascuno quale sia quella cosa speciale
che faranno per prendersi cura di sé fino al prossimo incontro.
• Se è capitato il peggio a un famigliare (violenza o suicidio), l’incontro potrebbe terminare con
alcuni impegni concreti da parte dei membri del gruppo per assistere chi è stato colpito dal
dolore.
LA CASSETTA DEGLI ATTREZZI dei facilitatori:
come finire?
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Progetto Itaca Parma - Associazione Volontari per la Salute Mentale
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Aperta dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 12
www.progettoitacaparma.org, www.facebook.com/ClubItacaParma
INFO E CONTATTI SUL GRUPPO DI AUTO AIUTO:
Giorgio Michelotti - 329 2506078 – giorgio_michelotti@libero.it
Ilaria Gandolfi – 335 6848068 – gandolfi.ilaria1980@gmail.com